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ARCHEOLOGANDO...
NAZCA: GEOMETRIE
AERONAUTICHEdi Mauro Paoletti per
Edicolaweb Situata nella
parte meridionale del Perù, poco distante da Lima, si trova la
Pampas di Nazca, una regione ai piedi delle Ande, dove si
registrano solo sporadiche e lievi precipitazioni ogni due
anni e non piove regolarmente almeno da 10.000 anni. Un luogo
dove si possono ammirare spirali, ragni, scimmie, uccelli con
le ali spiegate, linee e strane forme geometriche che
si stendono a perdita d’occhio su di una superficie di
cinquecento chilometri quadrati. L’aridità ha protetto per
migliaia di anni, conservandole intatte fino a noi, le strane
e incomprensibili linee prodotte, su un terreno pulito,
allineando semplicemente sassi ferrosi che trattengono il
calore diurno e formano un fronte caldo che allontana i venti
impetuosi. Il terreno contiene del gesso che nelle ore
notturne, a causa della forte escursione termica, diviene una
specie di collante e fissa al suolo le pietre impedendone lo
spostamento. Le linee diritte, lunghe a volte decine di
chilometri e visibili solo dall’alto, fanno pensare a piste di
atterraggio; interpretate al contrario dagli studiosi come un
grande calendario astronomico con il quale i sacerdoti Nazca
calcolavano i movimenti del sole, della luna e delle stelle;
oppure considerate sentieri sacri per la preghiera, chiamati
"seques". Scavi effettuati nelle tombe rinvenute nella
regione non hanno portato alla luce resti di esseri non umani,
oltre ai migliori reperti tessili e una straordinaria serie di
disegni impressi su splendide ceramiche policrome che ripetono
i motivi dei disegni impressi sulla piana. Gli
interrogativi a Nazca sono molti e privi di risposte certe.
Non si comprende come un popolo sia riuscito a tracciare linee
rigorosamente diritte su terreni irregolari senza usare
strumenti di precisione come quelli di cui noi disponiamo.
Secondo il Prof. Orefici, direttore del "Centro Studi e
Ricerche Archeologiche Precolombiane" di Brescia, le rette e
le spirali possono essere tracciate servendosi di tre pali di
legno e del filo. Posto un primo paletto come punto di inizio,
si pone il secondo a cento metri e lateralmente, allineandolo
al terzo piazzato in un punto ancora più lontano. Non è
conosciuto il sistema adottato per vedere dall’alto tali forme
e quale fu la necessità che spinse quel popolo a tali
realizzazioni. Se il tutto raffigura un planetario quali
stelle e costellazioni vi sono riprodotte? I Nazca,
diversamente da noi, non ricavavano le figure nel cielo unendo
le stelle con delle linee, ma osservando lo spazio all'interno
degli astri, quindi si ipotizza che alcune figure nella piana
possano rappresentare delle forme composte dalla Via Lattea
durante l'equinozio di autunno. Sappiamo che le figure sono
state tracciate usando la misura del "cubito", o gomito,
corrispondente a 40 centimetri usato anche da Egizi, Romani e
Ebrei. Dividendo la misura metrica dei disegni in cubiti si
ricavano numeri precisi come 365 o 28 che corrispondono,
rispettivamente, ai giorni dell'anno e ai giorni del ciclo
lunare. Non è semplice fornire la giusta spiegazione,
qualunque sia la domanda che ognuno può porsi. Il terreno
friabile non si presterebbe all’atterraggio di velivoli
provenienti dallo spazio e non vi sono tracce fisiche di
questo, almeno secondo le nostre conoscenze
scientifiche. Potrebbero al contrario essersi serviti di
tali disegni come punti di riferimento per raggiungere altre
zone. Alcune di esse non sono altro che delle immense frecce lunghe alcuni
chilometri che sembrano indicare la direzione da seguire. Gli
obbiettivi spaziali testimonierebbero però che dallo spazio
tali piste non si scorgono, come invece la Grande Muraglia
Cinese. Sembrerebbe quindi che siano state formate per poterle
vedere a una quota più bassa. La necessità di fornire una
spiegazione plausibile e logica ha spinto molti studiosi ha
intraprendere una serie di esperimenti pratici che hanno
permesso di appurare che è relativamente facile tracciare
figure di grandi dimensioni e che per vederle interamente non
è necessario salire su di un mezzo aereo, dato che sono
visibili dalla colline circostanti. Ma altri punti restano
ancora da chiarire. Intanto chi erano i Nazca e da dove
venivano? Perché negli indumenti rinvenuti vi sono raffigurati
"uomini volanti" in volo orizzontale oppure disegnati mentre
scendono verso il suolo in picchiata? I tessuti ricamati
dei vicini Paracas rappresentano uomini volanti che vomitano
serpenti cobra, uguali a quelli che troviamo in Egitto a
Saccara e in Cambogia ad Angkor, e con essi il mito del
serpente, che poteva abitare sia in terra che in cielo. Si
identificano in quei disegni i Nazca. Ma in Perù non sono mai
esistiti "cobra dagli occhiali", comuni invece in India, dove
vengono chiamati "Naga". Qui il mistero si infittisce. In
India esiste una tribù che viene chiamata "Naka", i cui
componenti dicono di essere i discendenti del Dio Nag, una
divinità benefica. I documenti storici dell’antico Perù ci
dicono che i sacerdoti destinati ai sacrifici, raffigurati con
i serpenti fra i capelli, erano chiamati Naka. Adesso è più
facile comprendere perché gli uomini volanti, sia a Paracas e
a Nazca, venivano rappresentati nella loro evoluzioni in mezzo
a numerosi serpenti cobra dai grandissimi occhiali, che
sembrano sostenere gli uomini nel volo, creando una chiara
connessione con i "cervi volanti". Numerose leggende
indiane, cinesi, delle isole dell’Oceania e del popolo Inca
parlano di macchine volanti che si accostano immediatamente
alla figura del "cervo volante". Se pensiamo che
nell’antichità erano note molte nozioni scientifiche avanzate,
non è escluso che qualcuno abbia costruito una macchina,
appunto il "cervo volante", per permettere ad un uomo di
levarsi da terra con il solo aiuto del vento. Alcuni disegni a
Nazca presentano figure alate, fornite di un lungo filo che
ricorda quello che trattiene un cervo volante. La scrittrice
Simone Waisbarg ci mette al corrente che tale Felix Peaucou,
il 15 ottobre del 1976, si alzò in aria fino a 650 metri di
altezza, in una giornata di forte vento, aggrappato ad un
cervo volante utilizzato per scopi militari. Nella
mitologia del popolo Maori troviamo un eroe di nome Tawaki che
salì in cielo su di un aquilone che raffigurava un uccello con
la testa umana. L’uomo alato aveva una "pelle rossa e lucente"
e il suo nome ha qualcosa in comune con Kawachi, il grande
santuario Nazca. I misteri maggiori a Nazca sono però nelle
figure tracciate in terra o sui fianchi delle colline. Una
di queste è "il ragno". Si tratterebbe del tipo
"Ricinulei", dell’Amazzonia, un insetto di sei millimetri
dotato di una rara caratteristica: nei maschi l’organo
genitale è separato dall’apparato riproduttivo. I maschi di
questa specie depongono le uova su un filo d’erba mentre
copulano con la femmina usando una escrescenza appuntita
situata sulla terza gamba, visibile solo al
microscopio. Guarda caso il ragno di Nazca presenta tale
caratteristica, perché quindi dedicare un geoglifo a un ragno
che vive lontano da lì e come facevano a sapere di questa
particolarità senza disporre di uno strumento come il
microscopio? Il ragno, per gli aztechi era il simbolo
dell’averno, nelle Indie la tela del ragno viene considerata
il simbolo del sole, mentre in Perù era collegato al dio
Huari. L’isola Berù, nell'arcipelago Gilbert, sarebbe stata
creata da una divinità simbolizzata da un ragno; secondo le
cronache spagnole il nome dato dai nativi al territorio
peruviano era Berù. Alcuni vedono nel ragno la
rappresentazione della costellazione di Orione in terra,
perché la linea dorsale del disegno coincide con il punto
dell'orizzonte dal quale sorge la Costellazione. Vi sono
anche altre figure che hanno del mistero. Una è la scimmia;
anch’essa sarebbe la scimmia ragno dell’Amazzonia dalla coda
arrotolata, la "maquisapa"; una scimmia nera di alta statura,
dalle gambe lunghissime, con la caratteristica coda che tiene
sempre arrotolata. È raffigurata con solo quattro dita nella
mano sinistra. Una leggenda racconta che un altro tipo di
scimmia, nel fare uno scherzo alla Maquisapa, le mostrò una
mano nascondendo al suo interno il pollice e la scimmia ragno,
per emularla, si amputò il dito in più. La figura a Nazca
sembra riportare tale leggenda. La coda della scimmia è una
grande spirale, una delle tante rappresentate a Nazca. Ovunque
la spirale simbolizzava l'eternità, il principio che nulla
muore ma si trasforma. Con la spirale si rappresentavano le
evoluzioni delle fasi lunari e certamente servivano come
tracciato per processioni e rituali magici. L'altra figura,
che pone qualche interrogativo, è l'uomo dai grandi occhi
chiamato l'Astronauta perché sembra indossare un casco. È una
delle figure della cultura Paracas e simbolizza gli opposti:
il giorno e la notte, il sole e la luna, il passato e il
futuro. L'Astronauta è realizzato con una tecnica diversa,
asportando la terra e accumulando le pietre al centro della
figura, lasciando i bordi liberi. Fra le incredibili figure
geometriche si osservano griglie e figure trapezoidali che
potevano servire a registrare le evoluzioni e i movimenti
lunari. In un disegno, stilato in seguito a un rilevamento
aereo effettuato dall'aviazione peruviana, sono state
evidenziate ventuno linee rosse, per indicare gli spostamenti
della luna. Stando alle cronache antiche il nostro
satellite era certamente tenuto sotto osservazione e venerato
come la Sovrana Celeste. Le scritture precolombiane rivelano
che i Nazca conoscevano i giorni del calendario sidereo e i
movimenti della Luna, che venivano rappresentati dai "sacri
viali" chiamati "seques". Le seques sono dei monticelli di
pietre, dei tumuli, situati lungo i bordi delle figure
geometriche, nel centro e alle estremità di rettangoli e
lettere alfabetiche disegnate sul terreno, come fossero punti
di riferimento per segnalare qualcosa. Ne parlano anche le
cronache spagnole "…dove si trovano gli Huacas (cose
consacrate) esistono certi segnali denominati 'seques' ove si
trovano le offerte...". Questi punti sarebbero orientati verso
il tramonto del sole del 21 giugno, ossia il solstizio
d'estate. Molti tumuli hanno all'estremità un cerchio
lastricato, o una piattaforme rettangolare, delimitata da
grosse pietre conficcate verticalmente lungo il loro
perimetro, considerati da qualche studioso come luoghi sacri
ove veniva celebrata la preghiera e altre attività
rituali. I ladri di tesori, ritenendo che sotto queste
figure si trovassero alcune tombe, hanno deturpato il punto
con profondi scavi lasciando solo una enorme quantità di
ceramiche frantumate facendo supporre l'esistenza di vaste
necropoli. Nella zona non è stato operato una scavo
sistematico e non si può dimostrare l'esistenza delle
necropoli. Fatto è che le "seques" erano segnali sopra
percorsi sacri, che si dipartivano in ogni direzione come la
tela di un ragno e anche le rette connesse al calendario
astronomico. I luoghi sacri situati lungo queste linee rette
indicavano i punti in cui il sole sorgeva e tramontava in
certi giorni dell'anno, collegandole quindi con gli astri e il
calendario del popolo Inca. Non escluso che le "seques"
siano collegate al culto funerario degli antenati perché
esistono dei lunghi viali, nelle pampas, segnati dai
monticelli di pietra, ai quali corrispondono tombe sotterranee
appartenenti a vari periodi. Le "seques" sarebbero linee
conosciute nella forma orientale della geomanzia come il
"Sentiero del Drago". Sempre nella regione di Nazca vi sono
disegni geometrici considerati
evidenze di un sistema visivo d’atterraggio. Si tratta di tre
distinti diagrammi, formati da cerchi concentrici, a suo tempo
citati da Eric Von Daniken, nel suo libro "L’arrivo degli Dei"
e da lui fotografati nel 1997. Vengono descritti come "una
forma geometrica di cinquecento metri di diametro, con un
grande cerchio nella cui circonferenza si contano più di 60
punti. Accanto al primo, un secondo cerchio con punti più
piccoli; nel mezzo due quadrati separati da linee che
incrociano da ogni angolo. Il tutto incluso in due quadrati
giganteschi rinchiusi diagonalmente, uno sul vertice
dell’altro. Tutte e tre le forme si estendono per più di un
chilometro. Una fenditura geologica la percorre nel mezzo e la
circonferenza, i punti, le linee, passano sopra la fenditura,
come se il creatore del disegno non lo avesse ritenuto
importante. Il complesso è situato nella regione di Palpa,
vicino a Nazca non è mai stato menzionato, né mostrato dalle
guide turistiche, nemmeno a Maria Reiche, tanto meno nei
lavori di disegno che riguardano la regione". Questo è
quanto scriveva Daniken, il quale si è chiesto anche se si
tratta di un falso. Sembra che il pilota dell’aereo, con il
quale sorvolò la zona, lo abbia rassicurato affermando che
quel disegno è sempre stato in quel punto da decenni. I
raggi che si dipartono verso l’esterno richiamano la
raffigurazione di una stella, o di un sole. Considerando anche
l’allineamento della figura rispetto ai punti cardinali, si
scopre che i raggi, o le assi tracciate dal centro, puntano
verso stelle note quali Cappella, Aldebaran, Rigel e Sirio; ma
il tutto può essere semplice coincidenza. Occorrono ulteriori
e approfonditi accertamenti per emettere una conclusione certa
e definitiva. Esiste anche un altro disegno sulla sommità
di una montagna: una gigantesca scacchiera rettangolare formata da 36
linee diagonali e 15 longitudinali, ordinate in punti e linee,
come l’alfabeto Morse. La scacchiera presenta una profonda
fenditura che la percorre nel mezzo. Ogni pilota conosce
modelli simili. Peter Belting brillante pilota e ufficiale
comandante radarista dell’aeronautica tedesca, ha spiegato che
sono modelli noti con i nomi di VASIS (Visual Approach Side
Indicator System) e di PAPI (Precision Approach Path
Indicator), un sistema visuale di atterraggio in grado di
indicare al pilota se la traiettoria è troppo bassa, alta,
spostata, o se il corridoio di atterraggio è chiuso. Ogni
aiuto nella manovra di atterraggio consiste in messaggi
formati da luci e colori codificati facilmente comprensibili;
ogni Vasis o Papi, possiede luci elettriche ma può funzionare
anche senza. L’argomento riportato è molto interessante e
merita un approfondimento, piuttosto ci domandiamo perché è
stato tenuto nascosto. Quanto conferma Belting trova riscontro
nel fatto che per facilitare l’atterraggio sulle portaerei è
stata escogitata una griglia luminosa, visibile solo da
vicino, divenuta fondamentale per ogni pilota in quanto la
nave su cui atterrare naviga alla velocità di cinquanta
chilometri orari e si sposta continuamente sulle onde. Inoltre
durante i voli notturni ci si avvale esclusivamente delle
luci. Viene da ipotizzare che un tempo molto remoto
qualcuno volava nei nostri cieli. Esistono anche altri due
disegni, o griglie simili: uno sulla Pietra Pintada e l’altro
a Machu Picchu, scoperto casualmente dalla studiosa di
Geomanzia Kathy Doore. Come affermato dalla stessa studiosa,
non è facilmente rintracciabile dalla strada e abbastanza
sconosciuto alle guide. Anche il disegno di Machu Picchu ha
gli stessi sedici punti, definiti "stellari". Guardando da una
diversa angolazione, l’interpretazione fornita dalla studiosa
verte più sul suggestivo, chiamando l’energia che emanerebbe
il luogo. Avrebbe scoperto che la "Stella di Lemuria" sarebbe un astro a
otto punte e che un portale dimensionale conosciuto come la
doppia stella di Lemuria sarebbe rappresentato con un disegno
di un sole a sedici raggi. Rappresentazioni similari sono
note nella storia dell’umanità, in particolare sono visibili
sulle tavolette sumere e babilonesi, dove sono chiaramente
mostrate stelle con otto o sedici punte. Per i sumeri la
stella a otto punte era il simbolo del creatore Anu e quella a
sedici indicava il punto di passaggio fra i mondi, una specie
di porta stellare; oggi definita all’inglese come
"Stargate". La signora Doore aveva anche affermato di
possedere un flauto che porta incisi sui lati le immagini
della stella a otto punte e di quella doppia con sedici. I
resoconti spagnoli indicano Machu Picchu come quella città
inaccessibile ove si rifugiò l’ultimo Inca, il luogo
dell’ultima Casa del Sole, che ospitava le "Vergini del Sole",
ossia, le fidanzate dell’Inca, perché la poligamia era
permessa. Le Sacerdotesse Sacre che avevano il compito di
vegliare il fuoco sacro acceso alla festa di Raymi e che solo
il Re Inca e la Regina potevano avvicinare. Sotto le rovine
della città esisterebbero una serie di tunnel e caverne
sigillate dal governo e interdette al pubblico senza un motivo
apparente. Proprio sotto il santuario esiste un’immensa
caverna dalla quale si accede a un intricato labirinto. La
Prova? Basta lanciare un sasso e seguirne con l’orecchio la
caduta. Secondo Kathy Doore nel luogo si troverebbero
riferimenti alla rete mondiale di energia e alla frequenza
elettromagnetica dei siti sacri, che sembrano collegati fra
loro attraverso questa energia. Di conseguenza Machu
Picchu, Sacsahuaman, Tiahuanaco, Nazca sarebbero collegati e i
disegni geometrici testimonierebbero questa unione. Secondo
le cronache del frate spagnolo Bernardo Cobo, esiste nella
città di Cuzco uno schieramento di linee radianti di energia,
le "seques" di cui accennato sopra, che partono dal tempio del
Sole in tutte le direzioni. Lungo le linee si ritrovano i
resti di ben 333 punti sacri, gli Huacas. Riguardo sempre
le "seques", si possono anche riscontrare interessanti
relazioni con i "cerchi" rinvenuti lungo le strisce
energetiche del castello di Barbury, dove alcuni pittogrammi
somigliano a quelli fotografati da Daniken e molto simili allo
Yantra Indù, al quale si attribuiscono matematiche sconosciute
nella geometria sacra, basate sul principio dell’uovo cosmico
descritto anche nella Cabala, nello Zodiaco e nella
letteratura dell’antica Cristianità. Il ritrovamento dei
centri urbani incastonati fra le colline di Nazca, l'ultimo di
ventiquattro chilometri quadrati, ha posto in evidenza anche
la presenza di alcune grandi piramidi, strutture
architettoniche e numerose necropoli. Tra gli ultimi
ritrovamenti: resti di ceramiche, un flauto di Pan in ceramica
e tumuli di un metro, al centro di rette disposte a raggiera,
generalmente rivolte verso le colline e il punto in cui sorge
il sole nel periodo delle piogge a testimoniare la pratica di
cerimonie propiziatorie della pioggia. Gli incredibili
tracciati di Nazca non sono gli unici, a Bratton,
duecentottanta chilometri da Londra, è visibile un cavallo
bianco di ottanta metri, sopra una collina gessosa e nella
zona vi sono altri disegni raffiguranti cavalli. Nell'Ohio si
ammira il disegno di un serpente lungo trecento metri e largo
sette; sulle pareti del Titus Canyon incisioni gigantesche di
animali, figure geometriche e un candelabro simile a quello
presente sulle colline che circondano Nazca. Nel deserto del
Mojave, in California, il famoso labirinto formato da una
griglia di canali artificiali, simili a quelli che si
intrecciano in Cile e visibili solo dall'alto. Sulle Ande
un'altra Nazca ma con figure più piccole. Di recente è
stata scoperta sul fondo del mare di Aral in Russia, un lago
che si sta prosciugando, un'area di cinquecento chilometri
quadrati come quella di Nazca; piena di geoglifi rivolti verso
un punto ove è disegnata una gigantesca freccia visibile solo
dall'alto. Da qualsiasi punto di vista si osservino, questi
disegni sono senza dubbio la misteriosa eredita di una
civilizzazione precedente, molto più progredita
tecnologicamente, spazzata via migliaia di anni fa da un
evento catastrofico e la loro funzione o il loro significato
rappresentano un rebus affascinante che ci auguriamo non
rimanga senza soluzione.
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