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ARCHEOLOGANDO...
MARAND: L'IMPRONTA DEL
SIGNOREdi Mauro Paoletti per
Edicolaweb Tutti conoscono
il passo della Bibbia ove Ezechiele racconta della visione
avuta sulle rive del Chebar quando, insieme agli altri ebrei
deportati, viveva a Babilonia. Il profeta fu protagonista di
altri episodi che lo videro in volo sul veicolo oggetto della
sua visione. Ezechiele nel passo 40, 1-4 illustra un viaggio
avvenuto circa nel settembre del 573 a.C.: "Nell'anno 35°
della nostra deportazione, all'inizio dell'anno, il dieci del
mese, quattordici anni dopo la conquista della città (la
caduta di Gerusalemme, avvenuta nel 587 nda), proprio in quel
giorno, la mano di Jahve si posò su di me, e mi trasportò
laggiù. Mi trasportò in visioni divine nel paese di Israele e
mi depose su un monte altissimo, dove mi stava di fronte
qualcosa come la costruzione di una città. Mi trasportò dunque
là, ed ecco un uomo che dall'aspetto pareva di bronzo, con una
corda di lino e una canna da misura in mano ed era fermo sulla
porta. Egli mi rivolse la parola: 'figlio dell’uomo, guarda
attentamente, ascolta con attenzione e poni mente a tutte le
cose che ora ti indicherò, sei stato, infatti, portato qui
perché io te le mostri'". Ezechiele fornisce una
dettagliata descrizione, nonché tutte le misure della
costruzione. Menziona quattro porte principali orientate verso
i quattro punti cardinali e un ruscello, che sgorga a fianco
del tempio, diviene un fiume immenso nella valle. "Poi mi
condusse alla porta orientale. Vidi la gloriosa
presenza del Dio d’Israele venire da est. Il suo rumore era
simile al fragore di un’enorme massa d’acqua e la sua luce
splendente illuminava la terra. Questa visione era simile a
quella che avevo visto quando fu distrutta Gerusalemme e a
quella avuta sulle rive del Chebar… ...La gloria di Jahve
entrò nel tempio per la porta che volge a oriente". (43,
1-4). Blumrich e Daniken, non a torto, sono rimasti
affascinati da questo passo e hanno indagato per conoscere in
quale luogo della terra fu condotto Ezechiele. Daniken in
un suo libro racconta che, grazie all’indicazione di un certo
Karl Maier, fu indirizzato a Marand, sito a 30 Km da Srinagar,
alta valle del Kashmir, zona piena di templi, uno dei quali è
indicato come il "Tempio degli Ebrei", detto anche "Tempio dei
Giudei" o "Tempio del Sole". È il più grande fra gli
antichi edifici esistenti nel Kashmir, ha quattro porte, un
"pronao" e accanto sgorga un ruscello, che diviene fiume nella
valle, mentre sullo sfondo si erge l’Himalaia, il "monte
altissimo" descritto da Ezechiele. Daniken è stato sul posto,
ha visitato il tempio, controllato le sue misure, esaminato il
terreno con apparecchi impiegati per rilevare radiazioni alfa,
beta, gamma e quelle neutroniche. Gli aghi hanno registrato
tracce di radioattività in una zona, larga un metro e mezzo,
di una retta immaginaria tracciata partendo dalla porta
principale. Secondo quanto dichiarato dagli esperti sembrava
di camminare sopra un giacimento di metalli
radioattivi. All’interno del tempio è stato rinvenuto un
enorme parallelepipedo di pietra, simile ad un getto di
calcestruzzo, lungo due metri e ottanta, di altezza
imprecisata, perché la base affonda nel terreno. Gli aghi
degli apparecchi, puntati sopra il blocco, hanno oscillato
come impazziti; tutti si sono convinti che all’interno vi
possa essere un anima di materiale metallico. A Parhaspur,
vicino a Srinagar, si trovano altri tre templi in rovina con
altrettanti parallelepipedi simili al primo. "Il Signore mi
parlò dall’interno del tempio: Uomo guarda! Qui c’è il mio
trono, il luogo ove poso i miei piedi". Daniken quindi pone
un quesito: E se il Signore avesse detto "Ecco il luogo ove
rimarrà la mia impronta?" Se ci fosse qualcosa "murato" nel
blocco? Un annuncio alle generazioni future, un retaggio
intenzionale destinato ad una futura umanità in grado di
comprenderlo? La conclusione di Daniken è intrigante e
affascina, per questo condividiamo il suo desiderio: che
qualcuno apra uno dei blocchi per vedere cosa contiene. Forse
non è necessario arrivare a tanto, basterà utilizzare la
tecnologia in nostro possesso, in grado di rivelare cosa è
celato al suo interno. Può darsi però che nessuno abbia
interesse a risolvere l’enigma, considerato a torto, di scarsa
importanza. O forse qualcuno si è già dato da fare ma,
naturalmente, tace. Osservando una cartina geografica
scopriremo che intorno a Srinagar si trovano il Kailash, vetta
piramidale sacra per molti culti religiosi; il Choistan, ove
sono state rinvenute carte celesti risalenti a 15.000 anni fa;
il deserto di Gobi con la mitica Shamballa; quello del Tacla
Macan con i resti vetrificati di antiche città. Il fiume di
Srinagar, il Jhelum, si getta nel Chenab, affluente dell’Indo,
nella cui valle si trova Moenhjo Daro; l’antica Lanka di
Ravana, menzionata nel Ramayana. Parliamo pure di
coincidenze ma, rinnoviamo l’invito di Eric Von Daniken a
rivelare il messaggio contenuto in quella pietra. Altri
episodi biblici ci parlano di antichi astronauti, ci
illustrano i loro racconti che ci conducono in luoghi
lontani. Nell’apocrifo "L’Apocalisse di Abramo", il profeta
narra in prima persona quando lasciò la casa di suo padre
Terac, un fabbricante di idoli, esortato dalla voce di
Dio: "Uscii, poco prima del portone del cortile rimbombò il
tuono e dal cielo cadde il fuoco che arse la casa e tutto
quanto conteneva, sino ad una profondità di 40
cubiti". Sempre Abramo, con dovizia di particolari descrive
il suo incontro con una entità che definisce "angelo", ma che
lo spaventa così tanto da cadere quasi svenuto: "Non era un
suono di voce umana e perciò il mio spirito ne ebbe grande
spavento e la mia anima mi abbandonò. Divenni tal quale una
pietra e caddi a terra, dacché non possedevo più le forze
necessarie per reggermi in piedi. Mentre giacevo con la faccia
al suolo, ecco che sento la voce dire: 'Va, Javel, sollevami
quell’uomo. Lascia che si riprenda'. L’angelo si avvicina, con
aspetto umano, mi afferra la destra e mi rimette in piedi.
Allora guardai colui che mi aveva afferrato. Il suo corpo era
simile ad uno zaffiro, il suo volto un crisolito, la sua
chioma pareva neve e il chiarore sul suo capo un
arcobaleno". Anche Abramo viene portato in
cielo: "Avvenne all’ora del tramonto. C’era fumo come
quello della stufa… fui condotto al limite delle fiamme.
Quindi salimmo come trasportati da molti venti verso il cielo.
Nell’aria, dall’altezza raggiunta, vedevo una luce fortissima,
impossibile da descrivere. E nella luce un fuoco violento e
all’interno una schiera di figure poderose, le quali gridavano
parole che non avevo mai udito". La lue riflessa dalla nave
spaziale per Abramo è abbagliante e l’incendio non sono altro
che le fiamme che a tratti escono dai propulsori. Abramo viene
portato a bordo di un astronave più grande e la descrizione
che ne fornisce collima con le nostre
conoscenze. All’interno era stata creata una forza di
gravità artificiale attraverso la rotazione continua del
velivolo intorno al proprio asse: "l’alto luogo in cui
eravamo, a volte se ne stava diritto, a volte si rigirava
capovolgendosi". La storia di Enoch, figlio di Jared e
padre di Matusalemme, giunge in Europa solo verso la metà del
1700 in seguito ai ritrovamenti di James Bruce. Nel 1851 la
traduzione dell’orientalista tedesco August Dillmann rivela la
cronaca di un evento accaduto in un’epoca nella quale non
erano familiari i termini tecnologici per descriverlo. I
particolari dell’accaduto sono narrati, in prima persona dal
protagonista, in ben 360 libri, scritti durante trenta giorni
e trenta notti, con l’aiuto di un "angelo" di nome Bretil. Di
quanto era destinato alla conoscenza degli uomini non è
rimasto molto, ma pur sufficiente a ricostruire l’intera
vicenda vissuta da un profeta che la Chiesa considerandolo
Apocrifo ha escluso dal Vecchio Testamento. All’età di 365
anni, Enoch, riceve la visita di due giganti "dal volto
splendente come il sole, con gli occhi così ardenti da
sembrare torce". Sono apparsi si piedi del suo letto e lo
chiamano per nome, ed egli si sveglia e si alza. Il Signore lo
vuole al suo cospetto, deve avvertire i figli che sarà assente
per un certo periodo e lasciare detto loro cosa dovranno fare
durante la sua assenza. Viene fatto salire su di un veicolo
che si stacca da terra e volando attraverso il cielo giunge
davanti ad un altro, più grande, sospeso nello spazio: "Mi
condussero in cielo, avanzai verso un muro fatto di pietre
cristalline, circondato da lingue di fuoco, con le fondamenta
di cristallo e il soffitto simile alla strada che percorrono
le stelle. Fulmini e cherubini ardenti lo solcavano rapidi. E
c’era una seconda casa, più grande della prima, con le porte
spalancate. Ammirevole per la bellezza, la sontuosità le
dimensioni. Il pavimento di fuoco. Fulmini e stelle orbitanti
ne formavano la parte superiore. Mi portarono in un altro
posto. Vidi i luoghi delle luci, i magazzini dei fulmini e dei
tuoni". Sembra un racconto irreale, ma il profeta non
conosce altre parole per narrare ciò che ha visto. La seconda
casa è una vera e propria "astronave madre", il rivestimento
esterno rammenta le pietre cristalline usate nella costruzione
dei templi; i reattori emettono vampate di fuoco e l’intensa
luce solare che batte sulla superficie del velivolo diviene
quel mare di fuoco che circonda tutto. Quello che vede
attraverso un finestrino, che definisce "soffitto", sono
stelle e costellazioni; sono le masse nuvolose cicloniche, i
bagliori dei fulmini attraverso le nuvole che si spostano
sotto l’azione dei venti. Oggi ci basta osservare una delle
tante immagini della Terra che pervengono dai satelliti per
capire cosa intendeva con "segreti dei fulmini e dei venti che
muovono la pioggia". Conobbe quelle leggi fisiche che muovono
l’universo, osservò come una ripresa contrastata veniva
utilizzata per le ricerche geologiche e minerarie; geodetiche
e idrologiche. Oggi perfino l’archeologia si avvale dei
rilevamenti delle sonde spaziali: "miei occhi scorsero tutte
le cose che sono celate... un monte di ferro, di rame, uno
d'argento, uno d'oro… vidi in che modo si ricava l’argento
dalla polvere terrestre e dalla terra il metallo
molle". Sono conoscenze apprese dall’uomo solo in questo
secolo. Il suo nome significa "iniziato", e a istruirlo
furono, a suo dire, "angeli", ben 160 per essere esatti. Tutti
a conoscenza di tecnologie sconosciute a quel tempo. Di alcuni
ne fa il nome: Jequn condusse gli angeli in terra, Asbeel
facilitò l’unione degli angeli con le figlie degli uomini
contaminando la specie, Gadreel sedusse Eva e insegnò ai figli
degli uomini la biologia e la scienza delle armi, Penemue
portò la scrittura, insegnò l’uso della carta e
dell’inchiostro e rivelò alcuni segreti, Kasdeja addestrò gli
uomini ai combattimenti corpo a corpo, a prestare i primi
soccorsi, a provocare l’aborto. Asasel mostrò i metalli e
l’arte di lavorarli, alle donne come usare i cosmetici e le
pietre come gioielli. Fu Michele, architetto, a fondare la
terra sopra le acque. I dati astronomici elencati negli
scritti di Enoch corrispondono a quelli oggi conosciuti e
comprovati solo dal 1534 in poi, grazie agli studi effettuati
da uomini come Copernico, Galileo e Keplero. "Vidi le
stelle nel cielo e come gli angeli le pesavano usando una
bilancia esatta; le classificavano secondo l’intensità
luminosa, secondo l’ampiezza degli spazi e dal momento della
loro comparsa… quel giorno il sole sorge da quella seconda
porta e scende a Ovest; ritorna a est e sorge per 31 mattine
dalla terza porta e scompare nel cielo d’occidente. Quel
giorno la notte s’accorcia e si divide in 9 parti e il giorno
si suddivide in 9 parti, giorno e notte si equivalgono, e
l’anno è composto di 364 giorni. La lunghezza del giorno e
della notte sono diversi per effetto del corso della luna. La
debole sorgente chiamata Luna sorge e tramonta diversamente
tutti i mesi; le sue giornate sono come le giornate del sole e
la sua luce, quand’è uniforme, corrisponde alla settima parte
della luce solare ed è così che si alza nel cielo… Una sua
metà è visibile per 1/7 mentre il resto del disco è deserto e
non emana luce, tranne che per 1/7 e ¼ della metà della sua
luce…" Pur considerando il racconto frutto di fantasia non
si spiega come Enoch sia stato in possesso di nozioni
sconosciute a tutti in quel tempo.
Le storie che
arrivano dal passato ci mostrano anche che il profeta non era
il solo a conoscenza di cose definibili "fuori tempo". Cose
che l’uomo nel corso dei secoli ha dimenticato, ha escluso
classificandole "impossibili" e che rifiuta fedele al suo
dogma con riverente timore. "Non occultate i libri che vi
sono stati dati da Dio; parlatene a tutti coloro che lo
desiderano, affinché imparino a conoscere le opere del
Signore". A questo punto della storia va attirata
l’attenzione sul Messico centromeridionale, quando era
dominato da una tribù della etnia Nahua, affine agli Indios e
agli Shoshoni del Nuovo Messico, che diede origine ad un vasto
impero, distrutto in seguito dagli Spagnoli. Quando la
civiltà Tolteca cadde, il territorio intorno al lago Texcoco
venne occupato da popoli provenienti da altri luoghi. Gli
Aztechi, che affermavano di provenire da una mitica terra
chiamata Aztlan, giunsero per ultimi e occuparono l’area delle
paludi a ovest del lago. Eressero delle palafitte,
bonificarono il letto del lago trasformandolo in orti
produttivi, costruirono col fango tolto dal Texcoco delle
isole artificiali e le collegarono, fra loro e alla
terraferma, con ponti e strade rialzate. La città che si venne
a formare si stendeva su di un sistema reticolare di canali
posti intorno ad un nucleo centrale ove furono innalzate
maestose e imponenti piramidi a gradini, templi e palazzi. In
virtù della sua posizione e alla magnifica organizzazione
instaurata la città prosperò e divenne la capitale dell’impero
col nome di Tenochtitlan. Le alleanze militari con i popoli
vicini contribuirono a creare un impero che si estese dal
Messico centrale fino ai confini dell’attuale Guatemala,
all’inizio del XV secolo, Texcoco, Tlataloco e Tenochtitlan ne
erano i tre centri principali. Quando le truppe spagnole di
Hernan Cortes conquistarono la capitale Azteca, il suo
mercato, attirava 60.000 persone al giorno e tutto il
commercio dell’America Centrale. Tutti sanno che sulle sue
rovine, adesso, sorge Città del Messico; ma pochi sono a
conoscenza che Tenochtitlan significa "Città di
Enoch". Qualunque commento è superfluo… lasciamo che ognuno
ne tragga la propria interpretazione.
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