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ARCHEOLOGANDO...


LE STELI DI HAKKARI

di Mauro Paoletti
per Edicolaweb

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Innumerevoli strane pietre erette in posizione verticale, in blocchi singoli o in grandiose costruzioni, hanno costellato Europa e Asia tra il quinto e il secondo millennio a.C., a testimoniare l'apogeo di una cultura sviluppatasi in ben dodici paesi.
Per un arco di quattromila anni vi è stata una frenesia costruttiva di steli, menhir, dolmen, sepolcri, templi, allineamenti, costruzioni ovali e circolari, ornati con spirali, zig zag, motivi geometrici.
È stato stimato che siano in totale circa 50.000; solo nella campagna francese, a Carnac, si contano ben 2.934 giganteschi menhir allineati in lunghe file.
Non abbiamo ancora scoperto con certezza per quale scopo e quale uso furono eretti e quale impulso spinse l'uomo a edificare questo tipo di pietre; per quale motivo improvvisamente e inspiegabilmente smise di farlo, in Europa intorno al 1500 a.C., in Asia ai primi del 1000 a.C.
Si può solo ipotizzare, in alcuni casi specifici, che i sacerdoti astronomi seguirono le indicazioni dei loro predecessori ma non furono capaci di aggiornare la loro conoscenza, ma non si può fornire una spiegazione per tutti gli altri casi.
Le nuove generazioni hanno preferito edificare palazzi e fortezze al posto di queste ciclopiche pietre, a volte appena abbozzate, altre finemente cesellate, a raffigurare gli oggetti e i momenti ritenuti più importanti nella vita di un popolo.
Certo è che nello sforzo comune per erigerle si manifestava una forte coesione, una consistente amalgama fra quei popoli, una unità che li rendeva forti e che si è persa nel tempo con le nuove usanze; forse questa è stata la funzione principale di quelle pietre.
È possibile attribuire a questi megaliti una varietà di scopi sociali e religiosi. È probabile che siano stati eretti a ricordo di grandi personaggi o avvenimenti, o servissero in alcuni casi come osservatori o puntatori astronomici, come nel caso del Gran Menhir di Locmariaquer (Bretagna), che serviva appunto come linea di mira per le osservazioni astronomiche.
Da quanto narra Aristotele sappiamo che era uso nel Mediterraneo erigere intorno alla tomba tali pietre in un numero uguale a quello dei nemici uccisi, tesi confermata anche dagli archeologi.
Le costruzioni e i dolmen dell'Europa occidentale sono i più antichi, anteriori di migliaia di anni a quelli del Tibet, del territorio asiatico, del Giappone e dell'Africa e molto più complessi.
Evitando di parlare di Stonehenge, sito per il quale si sono versati fiumi di inchiostro, rimaniano nel Mediterraneo, con un breve cenno ad un grande centro megalitico quale Filitosa, in Corsica. Occupato dal 6000 a.C. fino all’occupazione romana, conserva fra i suoi monumenti circolari, i suoi Menhirs, il segreto del culto praticato e lo scopo per cui fu eretto. Cinque grandi steli, simili a soldati armati a guardia del passato, si trovano poste davanti ad un millenario olivo, testimone e custode dei misteri che aleggiano sopra il sito corso.
Considerando che la stele di Filitosa IV, in Corsica, raggiunge i tre metri e quella situata a Locmariaquer pesava 382 tonnellate, si deduce che per erigere tali pietre, pur nell'arco di quattromila anni, occorse una avanzata conoscenza dell'architettura e la forza muscolare di migliaia di uomini.
Erigere pietre inoltre, comporta considerevoli problemi tecnici e molti altri nel collocare architravi sopra steli poste in verticale. Problemi ampiamente risolti, anche se per molto tempo si è ritenuto che la popolazione di quel periodo non fosse in grado di eseguire tali imprese. Al contrario, risulta che i costruttori dei megaliti possedevano progredite nozioni di astronomia e matematica, tanto da disporre le pietre come punti di riferimento nell'osservazione degli astri, oppure utilizzarle per eseguire i complessi calcoli che permettono di prevedere le eclissi.
Nulla eguaglia la precisione delle costruzioni tanto da essere regolate da una misura "campione" conosciuta con il nome di "metro megalitico", corrispondente a metri 0,82.
Quello che meraviglia è il ritrovamento, in un luogo come Hakkari, di pietre scolpite, chiaro segno di un legame con le culture euro asiatiche.
Hakkari è una cittadina situata in un territorio ai confini fra Turchia, Iraq e Iran, ove la neve staziona per metà dell'anno. Le costruzioni sono arroccate intorno al picco della montagna sopra la quale si possono ancora osservare le rovine del castello ottomano.
La forte erosione cui è sottoposto il suolo rende necessarie, periodicamente, opere di consolidamento intorno alle costruzioni che si trovano sotto la parete nord della rocca. Proprio durante uno scavo, eseguito a tale scopo, è stata riportata alla luce una pietra con una figura scolpita. Alla prima ne è seguita una seconda e una terza.
Per la città si è trattato di un evento straordinario. Al rapido diffondersi della notizia l'intera popolazione si è precipitata sul luogo a curiosare, rendendo difficile l'opera delle forze dell'ordine poste a salvaguardia del luogo.
Il gruppo di ricerca, coordinato dal Prof. Dr. Veli Sevin, della Onsekiz Mart University di Canakkale, ha riportato in superficie tredici steli, mai rinvenute prima in Anatolia o nel vicino est, sparse in modo del tutto casuale nel pendio a nord, in un punto dove non vi era niente di importante dal punto di vista archeologico.
Gli scavi, come ci ha gentilmente informato il Prof. Dr. Sevin, sono tuttora in corso.
Scolpite in un tipo di pietra presente in loco, di notevole durezza, ritrovate in posizione eretta e inclinate in avanti, a causa della pressione del suolo, presentano sulla loro superficie figure umane. I volti rappresentati, non molto espressivi, hanno occhi con orbite rotonde, la bocca chiusa, un copricapo; il resto del corpo mostra braccia e mani accuratamente dettagliate.
Le figure mostrano alla vita una cintura decorata con incisioni a zigzag e losanghe, a sorreggere pugnali, decorati a volte, con una mezza luna crescente. Tutt'intorno alla figura armi di vario genere ben riprodotte, comprendenti lance, asce piatte di bronzo, oltre a piccole figure umane e animali. Le evidenti variazioni presenti nelle raffigurazioni dei vasi, dei recipienti e degli oggetti, suggeriscono che le steli potrebbero essere state scolpite in diversi periodi e da diversi artigiani del luogo.
I recipienti raffigurati nelle steli, pur non presentando similitudini con quelli in pelle rinvenuti nel Pazyryk Kurgans dell'Asia Centrale, confermano la tradizione, iniziata nel 700 a.C., di raffigurare i guerrieri nell'atto di bere.
Dal momento che nel vicino est si usava tali raffigurazioni come simbolo di forza e di potere, la presenza delle pietre fa presumere che possa trattarsi di un popolo di una certa importanza per quel luogo. Le scene dipinte sembrano rappresentazioni della vita di un popolo nomade. Vi sono raffigurate scene di caccia con cervi, caprioli, capre selvatiche; leopardi mentre cacciano capre selvatiche, un serpente che attacca un leopardo, anche un uomo che brandendo una mazza con una mano afferra, con l'altra, un leopardo per la coda. Tutto nella più assoluta tradizione delle steppe del vicino est.
Le piccole giovani figure in esse visibili sono forse appartenenti alla casta regnante, cioè gli eventuali eredi al trono.
Non è facile identificare il popolo rappresentato su di esse. Le cose più sicure per fornire una datazione sono le armi. I pugnali riprodotti sono quelli usati in passato nel nord ovest, nell'Iran, nell'Azerbaijan, nella Russia. Se ne riscontrano uguali nel sito di Hasanlu, nel nord ovest dell'Iran e risalirebbero al 900 a.C. Le asce raffigurate sono simili a quelle del Nord della Siria e ritrovate nella città di Nimrod, sulle rive del Tigri, a Ras Shamra, l'antica Ugarit, sulle coste della Siria e nell'Anatolia Centrale, tutte databili dal 1500 a.C. in poi. Da tutto ciò si può affermare che i rilievi possano risalire al periodo che va dalla fine del 2000 a.C. ai primissimi anni del 1000 a.C.
Nel 1998 la scoperta di una tomba rettangolare di circa venticinque metri risalente al primo millennio a.C. ha fornito altri particolari interessanti. All'interno molti scheletri e una grande quantità di bracciali d'oro, ferro e lame di spade. Il ferro era già in uso per scopi ornamentali già intorno al 1000 a.C. in Azerbaijan, Irak e Turchia, come dimostrano i resti archeologici ritrovati in quelle località. Le tombe e le steli testimonierebbero l'esistenza di un importante centro, che molti credono sia stato l'antico regno di Hubushkia, nominato anche negli annali degli Assiri. In tali documenti storici si parla delle relazioni fra l'impero Assiro e questo regno e si trova riscontro con i nomi dei principali re del regno, tali Kaki e Data, meglio noto col nome di Dadi. Nei documenti vi è annotato che alcuni rappresentanti del regno di Hubushkia erano presenti quando Assurbanipal II inaugurò la sua nuova capitale Kalhu, a noi nota col nome di Nimrod.
Come documentato dagli antichi scritti redatti sotto il regno di Shalmaneser III (858 - 824 a. C.), gli Assiri compirono svariate incursioni nel regno turco al fine di ottenere tributi, volontariamente o con la forza, se vi era opposizione, e, anche in conseguenza di ciò, il regno di Hubushkia, costantemente conteso fra l'Assiria a sud est e il regno di Urartu a nord ovest, ben presto perse la sua indipendenza.
Dato però che le steli non presentano nessun segno dell'influenza Assira riguardo allo stile dei rilievi, esse possono essere appartenute ai regnanti e prodotte in loco quando il regno era ancora indipendente.
Nell'Azerbaijan Iraniano e nel sud ovest del Mar Caspio sono state ritrovate altre steli similari, alte da tre a dieci piedi, di struttura rozza dipinte con figure maschili con indosso una larga cintura a sorreggere un pugnale o una spada riposta nel fodero; probabilmente databili al 1500 a.C. o più tardi al 1000.
Steli di fattura diversa si trovano a Mudjebir, nel nord Iraq, vicino al confine turco, alte da quattro piedi a sette pollici.
Documenti cinesi attestano che le pietre rinvenute nelle steppe euro asiatiche, simili a quelle di Hakkari, rappresentano una caratteristica dell'ovest turco e, in seguito all'occupazione turca, si trovano disperse in un area che comprende il Kyrystan, il Kazakistan, il Caucaso, l'Altai, la Siberia, il territorio del Tuva e la Mongolia.
Le steli di Hakkari ci collegano a quelle rinvenute in Sardegna e in Corsica, erette dai pastori e dagli agricoltori per onorare i morti. Secondo la credenza locale l'anima del defunto dimorava nella stele. In principio elaborati di fattura grezza e appena abbozzati, divennero, nel corso del secondo millennio a.C., lavori raffinati e precise raffigurazioni, ben distinti i volti e nei corpi apparvero le tuniche, le cinture, le daghe e le spade.
Sopra le steli Corse, gli elmi e armature ritratte sono uguali a quelle degli Shardana, uno dei così detti "popoli del mare" che funestarono i paesi costieri del Mediterraneo e invasero l'isola dove utilizzarono i Menhir, edificati a suo tempo dai locali, per costruire, dopo averli abbattuti, mura per la difesa dei loro accampamenti.

Concludendo, la scoperta delle steli di Hakkari non ha fornito una indicazione certa riguardo al loro uso, in ogni modo il rinvenimento di una tomba, anche se parzialmente distrutta, nello stesso luogo ove erano situate le pietre, getta una nuova luce sull'intera questione e permette altre ipotesi.
I numerosi scheletri rinvenuti in essa, la varia quantità di vasellame, pugnali di bronzo, spille e orecchini d'oro e d'argento, fanno pensare che le steli possano essere state erette come monumenti mortuari nel culto dei morti, praticato del resto in tutta la regione.
D'altro canto possono rappresentare i regnanti del famoso regno di Hubushkia, riallacciandosi in tal modo alla cultura euro asiatica del vicino est.

Qui finisce il nostro viaggio fra le testimonianze di antiche civiltà che un tempo si sono ritrovate unite da culti e costumi simili, manifestati nella posa in opera di semplici pietre, o ciclopiche monumenti, a suggellare la profonda conoscenza scientifica e astronomica di cui erano in possesso. Costruzioni e manufatti circondati da un alone di fascino e mistero che non mancheremo di sottolineare nella nostra ricerca della chiave di lettura.


                  

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