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ARCHEOLOGANDO...


LE SFERE DEL MISTERO

di Mauro Paoletti
per Edicolaweb

[in piazza - 21K .jpg] [in città - 21K .jpg] [davanti alle ville - 29K .jpg] [come monumenti - 19K .jpg] [ai bordi delle strade - 34K .jpg] [sepolte nel terreno - 20K .jpg] [nei punti di origine - 36K .jpg] [nel podere "il Silenzio" - 37K .jpg] [nel punto del ritrovamento - 41K .jpg] [di oltre due metri di diametro - 37K .jpg] [nel parco di Corcovado - 27K .jpg] [nel Museo Antropologico - 16K .jpg] [in Nuova Zelanda - 32K .jpg]
 

Il 18 settembre del 1502 imperversava sull’oceano una violenta tempesta. Una nave e il suo equipaggio lottavano con ostinazione contro i marosi. Onde gigantesche si abbattevano sul ponte schiacciando carico e uomini. La furia del vento stracciava la velatura, il mare sballottava la nave tanto da rendere arduo tenere il timone e la rotta. Il tempo passava e la tempesta non accennava a calmarsi, l'equipaggio era all'estremo delle forze. Sembrava tutto perduto quando all’orizzonte si profilarono i contorni di una costa non riportata dalle carte nautiche. Pareva spuntata dal nulla, come inviata dalla provvidenza. Fu all’interno di quelle coste che trovarono rifugio e salvezza.
Era una terra mai vista, con un abbondante vegetazione da frutto, un paesaggio magnifico e una popolazione generosa e ospitale che si prodigò a portare aiuto e ristoro. L’ammiraglio al comando degli uomini era Cristoforo Colombo, al suo quarto viaggio che lo doveva portare verso il Catai. Egli rimase impressionato da quel luogo e lo chiamò " costa ricca", cioè Costarica.
Da quel momento iniziò la colonizzazione del posto. Con gli anni i popoli di quella terra si fusero con i colonizzatori e diedero vita ad una nuova e ben distinta razza.
Del popolo che migliaia di anni fa abitò quei luoghi rimangono numerosi, enigmatici reperti, unici nel loro genere e non comuni a nessun'altra civiltà, rimasti senza soluzione: centinaia e centinaia di "sfere di pietra".
Chi visita il Costarica le può vedere ovunque, nelle piazze, fra i monumenti, davanti alle ville, nei giardini, notate solo dai turisti, perché per gli abitanti sono divenuti solo un tipo comune di ornamento. Se ne vedono di tutte le grandezze, fino a 2 metri e mezzo di diametro, ritrovate nel sud del paese e disseminate in ogni dove.
Sono talmente numerose che si possono trovare anche abbandonate lungo le solitarie strade periferiche a sud di San José. Solo una minoranza si trova ancora nel suo alloggiamento originale, sepolte nel terreno o fra la vegetazione a causa del loro considerevole peso.
Non si comprende perché siano state sparse per migliaia di chilometri, anche in luoghi lontani dalle zone abitate e a volte inaccessibili per l’uomo.
Furono scoperte per la prima volta durante il disboscamento della foresta, operato dalla United Fruit nord americana per impiantare piantagioni di banane. Durante i lavori iniziarono ad apparire decine e decine di sfere. Il luogo fra l’altro è uno dei più inospitali e selvaggi dell’America; vi proliferano serpenti e ragni fra i più velenosi e insetti fastidiosissimi. Molte sono state scoperte nel delta del fiume Diquis, ma anche a Palmar Sur, Buenos Aires, nel Guanacate. La maggior parte è stata rinvenuta a Palmar Sur.
Non siamo in grado di stabilire con precisione a quale epoca risalgono, chi le ha scolpite e il motivo di questo notevole lavoro. Dal materiale di cui sono costituite si presumono antiche di duemila anni. Le proporzioni geometriche sono pressoché perfette: con 4 metri e mezzo di circonferenza si verifica solo uno scarto di soli 6 millimetri. Particolare dal quale si desume che la popolazione conosceva la matematica. Il tipo di granito usato proviene da luoghi lontani, la cava più vicina si trovava sui monti a 50 chilometri dal delta del Diquis.
Un vero mistero il loro trasporto e la collocazione.
Se gli artefatti venivano formati nella cava non era affatto facile controllare la discesa delle sfere di sedici tonnellate. Non era semplice neanche lo spostamento, attraverso luoghi impervi, dei blocchi di pietra di 3 metri di lato dal ragguardevole peso di ventiquattro tonnellate, dai quali si ricavavano le sfere più grandi.
Alcune sfere sono state ricavate dal "coquina", pietra simile al calcare presente sulla foce del Diquis, più semplice da trasportare utilizzando alcune zattere.
Il loro peso senz’altro ha determinato la difficoltà del trasporto tant’è che a causa della loro mole sono sprofondate a poco a poco nel corso di duemila anni nel terreno dove sono rimaste fino al momento della loro scoperta.
Per quanto riguarda il metodo di lavorazione usato, è stato dedotto dagli studiosi, osservando la manifattura degli oggetti in oro rinvenuti, che la pietra veniva sottoposta ad alte temperature e successivamente raffreddata. Questo permetteva la rimozione degli strati esterni. L'ultima levigazione veniva eseguita con sabbia o con cuoio.
Ne sono state ritrovate a centinaia concentrate per lo più nella regione meridionale nei pressi di un paese chiamato Bolas, che non a caso significa "Sfere".
L’unico che ha cercato di fornire una plausibile spiegazione a questi strani reperti è stato lo studioso russo Ivan Zapp.
Studiando la carta geografica del luogo si avvide che tracciando una rotta da Bolas, si giungeva a Uvita sulla costa del Pacifico, altro importante luogo ove si trovavano moltissime sfere.
Lo stesso sito citato da Lothrop, archeologo dell’università di Harward, che ha studiato a lungo il fenomeno. Le pietre sono state quasi tutte rimosse ma la cittadina era stata un importante porto pre-colombiano. Prolungando le linee sulla carta, si incrociava il Monte Chiripò di 3.800 metri, zona attualmente divenuta parco nazionale. Sul monte vi è un sentiero chiamato "Sentiero del camposanto della macchina dell’oro".
Una leggenda racconta che vi fu sepolto migliaia di anni fa un oggetto definito una "macchina volante". Sulla sua vetta esistono le tracce dell’intervento umano sulle pietre conosciute come le "creste".
Nonostante che le sfere siano state rimosse dal luogo di origine, attraverso le testimonianze dei nativi e sulla base di quelle trovate ancora in loco, è stato possibile annotare sulle carte la loro iniziale ubicazione. Di conseguenza sono state stilate, da Samuel Lothrop, nuove mappe che riportano il punto esatto in cui erano state situate queste sfere. È emerso così che queste erano allineate con le stelle e indicavano rotte navali sconosciute che partendo dal Costarica, toccano le Galapagos e arrivano fino all’isola di Pasqua. Quindi le sfere indicano le stelle che guidano i marinai attraverso l’oceano e anche dove fare scalo durante il lungo viaggio verso l’arcipelago della Polinesia.
Sembra che alcune di queste rotte attraversino gli oceani e conducano fino all’Asia Minore.
Una dimostrazione indiretta che le sfere segnalavano rotte marine ci viene dal libro di David Lewis "We the navigators", nel quale l’autore racconta che gli antichi navigatori polinesiani si chiamavano "Teuvitas" e insegnavano ai loro figli come riconoscere le stelle che servivano come punti di riferimento per raggiungere terre lontane.
Per far questo usavano delle pietre con le quali indicavano dove si sarebbe trovata una determinata stella in un dato giorno dell’anno. Il giorno della partenza veniva indicato dall’allineamento delle pietre con le stelle che a loro volta tracciavano la rotta da seguire per giungere al luogo desiderato.
Nel podere "Il silenzio", a Palmar Sur, un gruppo di quattro sfere, lasciate nel loro punto originale, formano un quadrilatero con direzione Nord Sud. In questo luogo si trova anche la sfera più grande, il cui diametro supera i 2 metri.
Come si è accennato Uvita è il nome della cittadina ove si trovarono numerose pietre e anche quello dell’isola davanti alla quale fece scalo Cristoforo Colombo. Un'usanza comune nello stilare le vie di navigazione.
A venti chilometri dalle coste del Costarica si trova l'isola di Cano, riserva biologica del Parco Nazionale di Corcovado, di circa duecento ettari, una volta sacra necropoli indiana. Anche qui vi sono numerose sfere di pietra, simili a quelle del Diquis.
Comunque il mistero rimane senza soluzione perché non vi è niente di certo, siamo all’oscuro del perché di questa strana lavorazione, chi furono gli artefici e quale tecnica usarono per ottenere una perfetta sfericità da pietre di venti tonnellate.
La loro rimozione per trasformarle in oggetti ornamentali non ha facilitato la ricostruzione della loro storia, anzi ha dato adito a speculazioni di ogni genere.
Ricercatori come Eric Von Daniken le presentano come raffigurazioni di oggetti volanti dalla forma sferica, più idonei, a suo dire, a intraprendere viaggi interstellari.
La forma sferica, col suo movimento rotatorio, darebbe origine a una forza di gravità artificiale così da permettere all’equipaggio un viaggio comodo e sicuro.
A supportare la tesi vengono presentati i disegni di astronavi sferiche dei grafici delle collane di fantascienza. Viene citata una serie di reperti archeologici che si riferiscono a raffigurazioni di oggetti sferici.
Nel Museo Antropologico di Città del Messico, sopra un attrezzo da cerimonia si può osservare un dio al centro di una sfera; il famoso Disco Azteco viene presentato come la raffigurazione di un astronauta dentro una sfera. Nei sigilli sumeri gli Dèi fuoriescono da sfere o, addirittura, le cavalcano.
In Egitto, nella Valle dei re, e nel Tempio di Luxor si trovano sfere alate.
La famosa stele di Naram-Sin riporta in alto il sole, la luna e una sfera volante.
Le sfere del Costarica non sono i soli reperti sferici in pietra ritrovati, se ne possono osservare altri, seppur di foggia diversa e non perfettamente sferici, sparsi sulla spiaggia di Moeraki, in Nuova Zelanda.
Reperti simili sono stati casualmente dissepolti in Serbia nei pressi di un fiume . Le sfere presentano un diametro compreso fra i 30cm. e i 3 metri.
Anticamente nel territorio era presente la cultura Vinca (4.500 a.C.) di cui rimangono rappresentazioni di divinità simili a quelle di Ubaid e Sumere.
Le sfere rinvenute non si possono ascrivere a tale cultura.
Oltre che ipotizzarle come rappresentazioni di "navi extraterrestri" si considerano oggetti di culto, indicatori di siti astronomici, oppure "accumulatori di energia tellurica".
Sono solo supposizioni, ma è singolare che le sfere rinvenute in Serbia sembra emettano vibrazioni di natura elettrica, registrate anche dagli apparecchi audio visivi.
Le evidenze suggeriscono che le sfere Costaricane risalgano a più di 12.000 anni fa e siano i resti di un antica e tecnologicamente avanzata cultura marinara andata perduta nel tempo.


                  

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