|
|
|
|
ARCHEOLOGANDO...
IL "GEODE DI COSO" E IL "MARTELLO DI
LONDON" NON SONO OOPARTS?di Mauro
Paoletti per Edicolaweb Precisiamo che
l’argomento affrontato qui di seguito è stato sollecitato da
un nostro lettore. Non era nostra intenzione disquisire in
merito a reperti la cui veridicità viene determinata da alcuni
parametri, come vedremo, a volte difficilmente reperibili
perché gli stessi oggetti non vengono mostrati, o spariscono
nel buio dal quale sono improvvisamente emersi. Diversi
manufatti denominati "OOPARTS" - oggetti fuori posto - che
riaffiorano dal passato dai luoghi più disparati, vengono
considerati da molti ricercatori prove dell'uso di avanzate
tecnologie in tempi remoti. Fra i più noti, elencati anche nel
libro di Michael Cremo e Richard Thompson "Archeologia
proibita", un tubo metallico trovato in Francia in un
giacimento di gesso risalente a 65 milioni di anni; la suola
fossilizzata di una scarpa in una roccia del triassico in
Nevada, databile a 200 milioni di anni; un mortaio con
pestello in un giacimento californiano del terziario antico di
50 milioni di anni; una catena d'oro trovata in una miniera di
carbone americana in uno strato risalente a 250 milioni di
anni fa. Un medaglione, finemente lavorato composto da una
lega di rame, apparso nel 1870, da una profondità di oltre 100
piedi, durante la perforazione di un pozzo in Illinois, con su
entrambi i lati figure e caratteri indecifrabili incisi usando
l'acido. Un processo complicato ancora non compreso ai nostri
giorni; forse troppo avanzato per una popolazione vissuta
150.000 anni fa, periodo cui risalirebbe il
medaglione. Negli archivi di Madrid esiste l'annotazione
del ritrovamento, avvenuto nel 1572 in Perù, di un chiodo di
considerevole lunghezza, all'interno di una roccia risalente a
100.000 anni prima. Il ferro non era conosciuto dai
peruviani. Tutti oggetti considerati "scomodi" dal momento
che narrano storie diverse da quelle conosciute, secondo le
quali l'uomo avrebbe iniziato a lavorare i metalli solo 8.000
anni fa. Per ritenere tali reperti autentiche testimonianze
devono, come abbiamo già detto, rispondere ad alcuni requisiti
e comunque essere visionati, esaminati, deve essere noto il
luogo del ritrovamento per determinarne l'età attraverso
l’identificazione dello strato geologico che li conteneva.
Osservarli solo nelle riproduzioni fotografiche perché
irreperibili, negarli alle consuete rilevazioni scientifiche,
pone in dubbio la loro veridicità. In questa ottica
rientrano due reperti: quello noto come "geode di Coso" e
il "martello di
London".
L'"Oggetto di Coso" è apparso casualmente
quando il 14 febbraio del 1961 Mike Mikesell tagliava, nel
laboratorio del suo negozio a Olancha, California, una pietra
creduta un geode, raccolta il giorno precedente insieme a Lane
Wallace e Virginia Maxey, geologa. Era una delle pietre
raccolte, sul monte Coso, a pochi chilometri di distanza dalla
cittadina, ma l'interno del "geode" non presentava la
caratteristica cavità con cristalli, né la superficie di
calcedonio; al centro conteneva una sezione circolare di
porcellana con del metallo magnetizzato. Uno strato di rame in
decomposizione circondava la porcellana. Incrostati sulla
parte esterna conchiglie fossili, un chiodo e una
rondella. Chi lo ha esaminato la prima volta, tuttora
persona sconosciuta, lo ha classificato antico di ben 500.000
anni. Ron Calais ha avuto modo di esaminarlo ai raggi X e ne
ha scattato le foto, uniche testimonianze rimaste dal momento
che l'oggetto è sparito e si ritiene sia stato addirittura
distrutto. Dall’esame dei Raggi X è stata riscontrata la
somiglianza con una candela d’accensione di tipo moderno ma
non di quello in uso nel 1961. Certamente la prima
speculazione è stata fatta da Virginia Maxey, la quale al
principio ha dichiarato che poteva avere meno di 100 anni,
trattandosi di qualcosa imprigionato nel fango indurito dal
sole; successivamente, considerando che un tale ritrovamento
non era interessante, ha giudicato il "geode" antico di almeno
500.000 anni perché un geologo, esaminando i fossili
incrostati sulla superficie del reperto, ha dichiarato che
questi si formano in un così lungo periodo di
tempo. Scrittori e ricercatori hanno poi sposato tali
dichiarazioni speculando a loro volta sull'antichità
dell'oggetto, citando Atlantide come luogo di provenienza. Un
nome che ricorre ogni qualvolta si ha l'esigenza di fornire
un'affrettata spiegazione che ponga fine alle problematiche
poste da un "oggetto fuori posto". Atlantide rappresenta
anche la voglia interna di dimostrare l'appartenenza ad una
grande civiltà tecnologica; la ricerca delle proprie origini e
la necessità di vantarsene per sottolineare la supremazia; il
bisogno di un punto di riferimento per sentirsi protetti, in
certo qual modo giustificati. Un bisogno tanto impellente da
trasformare una leggenda in realtà e la realtà in
leggenda. Le speculazioni hanno contribuito a confermare la
natura dell'oggetto all'interno del presunto geode e stabilire
che si tratta in effetti di una candela di accensione, ma allo
stesso tempo hanno posto alcuni quesiti. Se il dispositivo
elettrico era stato in effetti progettato nel passato; come
era potuto accadere che una candela fosse finita incassata
nella roccia? Per quale motivo Wallace Lane chiedeva ben
25.000 dollari per esaminarlo ed era disposto a venderlo per
la stessa somma? Per quale motivo l'oggetto era sparito? Gli
oggetti incrostati su di esso, il chiodo e la rondella, sono
stati datati e quale e quale è stato il responso, per
verificare se effettivamente si tratta di un reperto
recente? La svolta risolutiva nel 1999, quando Chad
Windham, presidente dei collezionisti di "candele
d’accensione" mette al corrente Pierre Stromberg (fondatore
della Pacific Northwest Sceptis e ricercatore per hobby) che
ha identificato, nelle foto di Calais, un dispositivo di
accensione del tipo Champion in uso nel 1920. Sempre
attraverso Windham, il ricercatore riceve due esemplari simili
al manufatto in esame. Stromberg insieme al geologo Paul
Einrich esamina i due oggetti e li confronta con le foto del
manufatto originale. La conclusione di tali indagini ha
portato i due ricercatori a dichiarare che non può trattarsi
di un geode, mancando le caratteristiche idonee a
classificarlo tale, ossia i cristalli all’interno e la crosta
di calcedonio; di conseguenza non sono stati necessari 500.000
anni alla sua formazione, ma un periodo di gran lunga più
breve. La questione per adesso, salvo nuovi sviluppi, sembra
decisamente chiusa.
Simile sorte sembrerebbe toccata anche ad
un altro reperto: il "Martello di London", una cittadina del
Texas della contea di Kimball. Nel 1936 due escursionisti,
nel corso di una passeggiata, scorgono un pezzo di legno
fuoriuscire da una concrezione di una roccia. La prelevano e
la tengono come souvenir. Dieci anni dopo viene aperta
rivelando all’interno la testa di un martello con il resto del
manico di legno. Pur non potendolo associare a nessuna
formazione geologica perché prelevato dal luogo di
ritrovamento, viene considerato un oggetto antico. Non
potendo documentare le circostante esatte del ritrovamento si
può solo dedurre, per la mancanza di contrassegni taglienti,
che non era fissato alle rocce circostanti e quindi non è
stato estratto da nessuna roccia. La testa del martello è
rettangolare, lunga 15,24 cm. con un diametro di 2,54 cm.,
suggerendo un utilizzo nei lavori leggeri. Dagli esami
condotti risulta composto di ferro puro, privo di bolle e
variazioni di densità. Questo giustifica la poca ossidazione
presente e l’assenza di corrosione, dopo circa sessant’anni,
nel punto in cui è stato limato per verificare se si trattava
di metallo. A detta degli esperti la moderna industria non è
in grado di produrre ferro con tale purezza. Si vocifera
che sia stato effettuato un esame sulla parte interna del
manico stabilendo un’età fra il presente e 700 anni, ma non si
hanno ragguagli per determinare come, dove, quando e da chi
sia stato condotto tale esame. Forte il sospetto che la
notizia non corrisponda al vero. I fossili incrostati sulla
superficie rocciosa risultano simili a quelli presenti nella
zona circostante e appartenenti ad una specie recente. È
possibile che possa contenere una miscela dei sedimenti
antichi e moderni, o resti organici provenienti dal fango
rimasto appiccicato dopo il suo uso in miniera. Il legno
del manico risulta abbastanza fresco, non molto diverso dal
legno duro recente, ma non pietrificato; quindi improbabile
sia stato parte di basi cretacee vicine. Più facile sia caduto
o scartato da un minatore o da un artigiano locale negli
ultimi cento anni. Nel 1983 viene acquistato da un
ricercatore, Carl Baugh. Nel 1986 esaminato e fotografato alla
presenza del proprietario. Per anni Baugh ha sostenuto che
apparteneva ad una formazione del periodo Ordoviciano, mentre
altri, come Walter Lang e Bartz, hanno segnalato che il
martello sia stato trovato in una roccia del periodo
siluriano. In entrambi i casi la sua antichità risalirebbe a
300 o 400 milioni di anni. In effetti gli strati della roccia
del luogo appartengono al cretaceo superiore della fase di
formazione di Travis, considerato antico di circa 115 milioni
anni dalla geologia convenzionale. Baugh ha promosso il
martello come un manufatto pre sommerso e lo ha tenuto sotto
la sua protezione negandolo alle analisi dettagliate degli
scienziati convenzionali. Anche in questa vicenda il
giudizio di un altro ricercatore, nel caso John Cole,
determina una svolta. Egli ha precisato che "Chi non è pratico
dei processi geologici non è a conoscenza che la concrezione
del martello non è ordoviciana; ma i minerali dissolti degli
strati antichi possono indurirsi intorno ad un oggetto recente
caduto in una crepa o abbandonato sul terreno se la roccia di
fonte, nel caso ordoviciana, è chimicamente solubile". Cole
inoltre ha notato che il martello è di stile storico americano
e probabilmente del diciannovesimo secolo. Per considerare
il martello un manufatto fuori posto si dovrebbe essere sicuri
che sia stato incassato naturalmente nella roccia; dovremmo
essere in grado di stabilire la sua età attraverso l’esame del
carbonio 14 condotto sul manico di legno; ma da anni Baugh
rifiuta di eseguire tale esame. Se Baugh non mostra interesse
nella determinazione della verità significa che vuole
nascondere qualcosa o teme il risultato degli
accertamenti. Quindi anche su questo reperto grava il
dubbio della sua autenticità; sembra piuttosto frutto di
speculazioni nate da un’errata valutazione, con la complicità
del suo ultimo acquirente.
In definitiva, per concludere, in
entrambi i casi sopra descritti, si tratta di oggetti
imprigionati, casualmente, dai minerali di una roccia
chimicamente solubile che, nel corso di qualche decina di
anni, tornano ad indurirsi intorno all’oggetto imprigionandolo
e fornendo quella parvenza di antichità dovuta solo
all’origine della roccia che si è disciolta.
vai alla visualizzazione
stampabile
invia questa notizia ad un
amico
imposta Edicolaweb come
Home aggiungi Edicolaweb a
Preferiti
Copyright © 2002
EdicolaWeb - Tutti i diritti riservati. Riproduzione
vietata.
| |
Tutti gli
articoli di ARCHEOLOGANDO...
|
| |