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ARCHEOLOGANDO...


FLAVIO BARBIERO: ROTTA VERSO ATLANTIDE

di Mauro Paoletti
per Edicolaweb

[Antartide - 25K .jpg] [Antartide - 22K .jpg] [ghiaccio antartico - 23K .jpg]
 

Le notizie che giungono dal mondo politico, economico, scientifico e, recentemente, sportivo, evidenziano che tutto quanto è marcato Italia non gode di assoluta e buona credibilità, considerazione e rispetto; non ha più, come si usa dire, "il peso politico" di una volta; salvo si tratti di mete turistiche e vacanziere o specialità culinarie. Difatti i paesi stranieri, europei in particolare, cercano di emulare i nostri prodotti regionali e nazionali e privarci dell’esclusiva con strane leggi che prendono a pretesto norme igieniche. In tal modo vorrebbero appropriarsi di produzioni che sono il nostro vanto come il parmigiano, il lardo di Colonnata, gli spaghetti nostra bandiera nel mondo. Ciò che è italiano "fa gola", ma il marchio disturba gli invidiosi. Si rileva la quasi totale mancanza di qualcuno che sappia battere il pugno sul tavolo e ottenga il rispetto che gli altri ci devono.
Non voglio disquisire su tematiche di economia o politica; se è giusto essere tolleranti con coloro che giunti nel nostro territorio dimostrano di non esserlo con noi; se siano giuste le scelte dei nostri amministratori politici; se il loro operato è rivolto alla tutela del nostro patrimonio, dei nostri usi e costumi nei confronti di un’Europa che sembra ci consideri il fanalino di coda; voglio solo riappropriarmi di ciò che è mio da sempre: l’essere Italiano. E non credo di essere il solo a sentire tale bisogno.
Se l’Europa non si sporca più le dita a tavola è merito di un italiano che ha inventato la forchetta; è a Firenze che si dettarono le regole di come comportarsi a tavola ad opera di Monsignor Della Casa; mentre nel rinascimento alle mense dei regnanti si faceva uso delle dita, a Firenze si sperimentavano due nuovi utensili: il coltello e la forchetta. Sono trascorsi molti secoli ma la Comunità Europea non ha ancora imparato a stare insieme agli altri commensali.
Noi Italiani subiamo soprusi in ogni campo e in modo palese; l’ultimo nel corso dei mondiali di calcio in modo clamoroso... Ve ne sono altri che passano inosservati agli occhi dei media, quelli verso i nostri scienziati, archeologi e ricercatori.

Nel 1997 Flem Rand e Rose pubblicarono un libro: "La fine di Atlantide" ove indicavano l’ubicazione del continente perduto nella terra antartica.
Riguardo a tale argomento ho letto molto di quanto è stato scritto; ma a causa delle circostanze della vita, che ci portano talvolta a trascurare i nostri interessi, mi sono perso alcune letture compreso il libro che Flavio Barbiero scrisse nel 1974: "Una civiltà sotto ghiaccio".

Non sappiamo il vero nome di quella civiltà che visse prima della nostra, ma credo che sia realmente esistita da qualche parte, oltre dodicimila anni fa e che molti dei megalitici monumenti di pietra ne siano in qualche modo l’eredità.
Sono anche fermamente convinto che siamo solo i sopravvissuti di quella grande civilizzazione perché tutte le ricerche riguardo al nostro passato si fermano a quella data e davanti al continente perduto.
Ma non divaghiamo troppo dall’argomento.
Tempo fa girovagando fra gli scaffali di una nota libreria mi sono trovato davanti al libro di Barbiero; una ristampa. Dopo ben 28 anni ho potuto leggere quanto dedotto dall’Ammiraglio italiano scoprendo che non è stato dato il giusto risalto a quest’opera.

Flem e Ath hanno indicato nell’Antartide l’Atlantide perduta, hanno parlato dello spostamento dei poli, citato la teoria di C.Hapgood e altri antichi testi, ma non hanno fornito i dettagli, le deduzioni, le conclusioni di Flavio Barbiero. Mi sembra invece ne abbiamo copiata l’intuizione. Perché considerarli come coloro che hanno indicato il continente perduto sotto il ghiaccio dell’Antartide? Perché assegnare loro il riconoscimento di un’intuizione fatta da un italiano molto tempo prima? Perché non si operano scavi sistematici nel punto indicato dall’Ammiraglio Barbiero?
La ragione è il marchio Italia?
Diamo a Cesare quel che è di Cesare; anzi "a Flavio quel che è di Flavio"!

Tutte le ricerche riguardo alle origini dell’umanità, la sua storia, la sua provenienza e la sua evoluzione si fermano a 12.000 anni fa. I ricordi si perdono nella parola "Atlantide" e in quella parola nascono i miti e le leggende dei popoli. Fra questi miti si nasconde la verità che la scienza ufficiale e i suoi rappresentanti si ostinano a disconoscere; un po’ per non perdere faccia e potere, un po’ per esorcizzare quelle paure ancestrali insite ancora dentro di noi; il timore che l’evento catastrofico avvenuto in quel remoto passato possa ripetersi decretando la nostra estinzione e con essa ogni credo e ogni schema costruito per gestire l’intero sistema.
Siamo consapevoli che la storia dell’uomo non inizia dodicimila o trentamila anni fa, bensì milioni e milioni di anni prima; come del resto la vita su questo pianeta. Tutto quanto concerne l’evoluzione dei grandi sauri, dei mammiferi, dell’uomo, rimane inalterata finché non si proverà sia andata in modo diverso; ma per quanto riguarda Atlantide e la sua storia è cosa ben diversa.
Sportivamente parlando dobbiamo rendere l’oro a colui che ha centrato per primo il bersaglio e invitando tutti a leggere "Una civiltà sotto ghiaccio" evidenziamone i punti più interessanti auspicandoci che qualcuno si decida, finalmente, ad eseguire i sopralluoghi del caso nella terra di Berkner.

L’immagine del nostro pianeta, oltre diciottomila anni fa, presentava una coltre di ghiaccio di nove milioni di chilometri quadrati; dodicimila anni fa almeno sei milioni di chilometri quadrati. L’Europa vedeva la Danimarca e parte della Germania sotto il ghiaccio. Di contro, la Siberia godeva di un clima temperato e nelle sue vaste praterie pascolavano milioni di mammut. Nell’emisfero sud metà dell’Antartide era libero dai ghiacci; il polo si trovava nelle isole Mariquarie, quindi la penisola di Palmer, l’area di Weddel, la terra della Regina Maud erano prive di ghiaccio. Qui l’ammiraglio colloca la mitica Atlantide.
L’inclinazione terrestre era fra i 6 e gli 8 gradi, la calda corrente equatoriale rendeva mite e stabile la temperatura e garantiva la regolarità delle piogge in tutto il globo.
Stando a quanto narrano le cronache egizie il sole era tramontato due volte nel punto in cui precedentemente era sorto e per due volte si era levato dove era uso tramontare, di conseguenza contando i cicli precessionali si può dedurre che fossero trascorsi oltre cinquantamila anni. Quarantamila anni fa l’uomo può aver colonizzato l’Australia; ventimila anni dopo poteva aver popolato l’America del Sud e attraverso la Terra del Fuoco invaso l'Antartide.
A causa di una corrente proveniente dall’oceano indiano qualunque imbarcazione veniva diretta verso quella terra rendendola un approccio forzato, facilitando la costituzione di una civiltà di alto livello come quelle che la circondavano; per la maggior parte originarie del Sud America. Come del resto asserisce Platone.
L’ammiraglio, seguendo proprio quanto descritto da Platone nei suoi poemi, è riuscito ad identificare quale in effetti era la terra al di là delle colonne d’Ercole squassata da un corpo celeste, forse una cometa, dodicimila anni fa.
Una terra molto vasta, 14 kmq, con la capitale posizionata in un’ampia pianura presso il mare e al centro dell’isola; dove oggi si trovano le banchise di Filchner e Lassiter. Tenendo conto che il livello del mare era 130 chilometri più basso e non esistevano ghiacci, come scrive Barbiero: "ritroviamo un’immensa pianura di poco al di sopra delle acque".
Oggi la banchisa è circondata da una catena di montagne a picco sul mare, liscia e uniforme per 500 chilometri di larghezza e 350 di altezza. Dodicimila anni fa era esposta a mezzogiorno e i monti situati alle sue spalle la riparavano dai venti freddi. Nel centro di essa, a nove chilometri dal mare, c’era un monte non molto alto ove sorgeva il tempio di Nettuno; l’autore identifica il luogo con l’attuale isola di Berkner: "Sulla base della descrizione di Platone la posizione del monte sacro di Atlantide è esattamente individuata, senza possibilità di errore: esso si trova a 79° di latitudine sud e 45° longitudine ovest, nella parte orientale della cosiddetta isola di Berkner".
Non basta: "le acque interne del mare di Weddell sono delimitate dalle Sandwich, un arco di piccole isole distanziate in modo regolare: le coste a picco sul mare, che allora era 130 metri più basso, danno tutt’oggi l’idea di enormi colonne che si elevano dal fondo dell’oceano". Ecco quindi le vere "Colonne d’Ercole" di cui parla Platone. Come afferma l’ammiraglio: "la corrispondenza è totale ed impressionante".

In alcuni casi le considerazioni personali risultano parole al vento, spesso affermazioni gratuite o puerili e inutili; ma non si può fare a meno di esprimerle. Il mondo di oggi è decisamente carente di fantasia dal momento che l’uomo è catturato dalla fredda logica politico economica del vigente sistema, non riesce più a fantasticare e di conseguenza si rende necessario mantenere vivi miti, leggende e favole.
Personalmente credo sia molto più dispersivo e dispendioso, sia in tema di energia seppur mentale, sia di risorse economiche, mantenere il livello speculativo riguardante l’ubicazione di Atlantide, rispetto al finanziamento di una mirata spedizione in loco, al fine di accertare se il ghiaccio antartico nasconde le spoglie del continente perduto. Oltretutto pensando al possibile immenso tesoro che dovrebbe trovarsi ancora in loco, "a disposizione del primo che vorrà prendersi la briga di andare a controllare".
Siamo saturi di ipotesi e teorie che vogliono Atlantide in ogni luogo e in nessun luogo, di improvvisi ritrovamenti sottomarini che la segnalano oggi in un posto, domani in un altro, trasformando l’isola di Poseidone in una specie di "primula rossa" inafferrabile.
Le Azzorre sarebbero solo i picchi più alti dei rilievi del continente perduto; lo si sposta più a sud quando si segnalano resti sottomarini al largo di Cuba; abbiamo già trattato l’argomento in una nostra news; lo si ritrova fra le piramidi rilevate sotto il mare delle Bahamas; lascito del continente i misteriosi meccanismi racchiusi negli edifici sommersi sotto le acque delle Bermuda, che generano sconosciute forze elettro magnetiche che trasformano l’intera zona in un "Triangolo maledetto": Atlantide non può essere in ogni dove.
In considerazione di un aumento di 130 metri del livello marino, come ci racconta l’ammiraglio Barbiero, tali vestigia potrebbero essere solo quanto resta delle colonie, o dei primi insediamenti dei sopravvissuti.

Atlantide era un vasto impero marinaro con una conoscenza tecnologica in grado di accorgersi con anticipo di un’eventuale collisione di un corpo celeste e cercare una via di scampo prima dell’evento catastrofico. Per questo le navi di Atlantide salparono per porre in salvo la popolazione, ma a causa della violenza dell’impatto l’onda di marea sollevò il livello dei mari e spazzò terre, città, popoli e navi. I superstiti approdarono in ogni luogo e incontrarono i primitivi di terre a volte mai viste; li conquistarono, li istruirono, iniziarono una nuova civiltà.
Si unirono alle donne e agli uomini di quei popoli e procrearono figli ai quali tramandarono la storia del continente perduto. Col passare del tempo però i ricordi si affievolirono, le conquiste tecnologiche furono dimenticate e inutilizzate e le popolazioni ritornarono allo stato primitivo; rimase solo il mito di una grande civiltà sperduta su di un’isola dell’oceano.
Tante le speculazioni che si possono fare. Diviene semplice collegare lo sbarco del popolo di Atlantide agli Dèi venuti dal mare menzionati dai Maya e dagli Aztechi. I duecento veglianti del Monte Hermon possono essere stati i duecento marinai di Atlantide che si unirono con "le figlie degli uomini" procreando giganti. Forse uomini di grande sapienza più che statura. Ricordiamoci che solo in questi ultimi anni la statura fisica dell’uomo è cresciuta; dai primi uomini fino al Medio Evo l’uomo raggiungeva i 160 centimetri, le armature conservate nei musei ne sono la prova concreta. Quindi un individuo di un metro e novanta centimetri, appariva senza dubbio un gigante. Pensiamo ai nostri atleti della pallacanestro! Di contro vi sono testimonianze concrete della presenza di giganti, sia nei riferimenti di vari testi, sia negli utensili e nelle suppellettili conservati nei musei. Colossali asce che solo un individuo di grande statura poteva impugnare; il letto di circa quattro metri di Og di Basan, citato anche nella Bibbia la quale come tanti altri testi fa riferimenti ai giganti; vedi i Danava e i Rakshasa dei testi vedici. Riguardo al letto dobbiamo dubitare che non esista più, come forse altri antichi reperti, in conseguenza ai noti eventi bellici che hanno interessato la terra Irachena.

Atlantide era una civiltà multi razziale, vista la provenienza dei popoli che l’abitarono, bianchi, neri e asiatici, facili le speculazioni delle correnti teosofiche ed ufologiche riguardo alla presenza di esseri astrali ed extraterrestri. Tanto da riadattare l’antico detto che la vita non è solo una sequenza in bianco e nero, ma esistono molte sfumature di "grigi".
La ricostruzione di Barbiero si può anche adattare ad una versione "spaziale" sposando la tesi di Alford, le navi diverrebbero "astronavi", Atlantide un pianeta distrutto, o esploso, che avrebbe creato la cintura degli asteroidi; oppure anche una terra situata in un oceano di Marte andata perduta in seguito allo sconvolgimento causato dal passaggio di Venere.

Barbiero però segue a pieno il racconto di Platone e individua Atlantide sull’isola di Berkner nell’Antartide.
Quanto scrive non è la risposta finale, è solo un tassello nel grande mosaico del passato; molte le domande che rimangono senza risposta, ma senza dubbio l’autore fornisce una veritiera ricostruzione dei fatti.
Seguendo i ragionamenti logici e le relative deduzioni dell’ammiraglio italiano, sembra impossibile che nessuno vi abbia pensato vista la loro assoluta semplicità; neanche i coniugi Flath. Gli effetti devastanti di un terremoto o di una tromba d’aria non si cancellano nello spazio di ventiquattro ore, occorre procedere allo sgombero dei detriti, alla riparazione dei danni, alla sistemazione dei feriti e dei superstiti e infine alla ricostruzione. Occorrono giorni. Il tempo che il ghiaccio, presente nella zona divenuta temperata, si sciolga; che l’onda di piena dovuta all’innalzamento dei mari si stabilizzi. Occorrono millenni. Per essere esatti 5.000 anni, prima che spuntino dal nulla piramidi e zigurat, sfingi e templi monolitici, che segnano l’inizio della nuova storia.

Si è discusso a lungo sul cambiamento del clima imputandolo alla corrente del golfo che, non trovando più sul suo percorso l’ipotetica terra in mezzo all’oceano Atlantico, è risalita verso il nord liberando la baia di New York dai 20 Km. di ghiaccio che la sommergeva.
Eppure eminenti scienziati sono sempre stati al corrente dello spostamento dei poli, delle diverse inclinazioni assunte, nei milioni di anni, dall’asse di rotazione terrestre.
Si parla ancora di due continenti perduti, ma se guardiamo l’Antartide dall’alto si comprende che si è sempre trattato dello stesso territorio posto al centro degli oceani e delle terre emerse; forse la parte asiatica lo ha sempre chiamato Mu o Lemuria.
Credo che molti di questi "luminari" della Paleoastronautica, dell’Ufologia, dell’Archeologia, abbiano letto il libro di Barbiero e siano da tempo a conoscenza delle sue teorie.
Come mai nessuno si è mosso per indagare più a fondo, lasciando modo ad altri di scopiazzare?
Perché nessuno ha considerato nella giusta luce quanto esposto dall’ammiraglio?
Vi sono personaggi più seguiti, considerati e ascoltati; ma che in fondo non hanno contribuito più di tanto alla risoluzione dei misteri che aleggiano sulle vicende di questo pianeta e del suo popolo.
Si ricade sempre nella solita triste storia: si corre dietro ad una luce che appare improvvisa nel cielo e si muove in modo diverso dai canoni tradizionali, piuttosto che armarsi di vanga e piccone e andare in capo al mondo a scavare nel nostro passato.
Attirano molto di più, anche dal lato economico e speculativo, un paio di piramidi lasciate in eredità da una sconosciuta civiltà, non certo dal popolo egizio, rispetto ai miseri resti di antiche città sepolte sotto la polvere del passato, ad antiche vestigia che magari una coltre di ghiaccio ha conservato, per narrare ai posteri una storia che può tramutare la fantasia in realtà o stravolgere quest’ultima trasformandola in fantasia.

Troppe le costruzioni piramidali sparse per il mondo per pensare che il popolo egizio abbia allargato i suoi confini al di là degli oceani in terre per loro forse sconosciute; più facile pensare ad una matrice comune.
Logica la domanda che ne scaturisce, una delle tante: quelle navi rinvenute sotto le sabbie del deserto di Abido, per gli esperti idonee a solcare i mari più impetuosi, possono essere state quelle con le quali i superstiti di Atlantide giunsero in quella terra? Oppure sono quelle utilizzate dalla colonia atlantidea nel mare interno che esisteva decine di migliaia di anni fa al posto del Sahara? Non scordiamoci che il Nilo era collegato al Mar Rosso da un canale ancora esistente all’epoca dei primi faraoni.

Convegni, conferenze, simposi, riviste specializzate, trasmissioni televisive, documentari, siti web; è stato fatto di tutto e si continua a fare di tutto; mi chiedo a quale scopo, dal momento che ben ventotto anni fa qualcuno prospettò qualcosa di nuovo e nessuno lo ha considerato.
Trovo abbastanza curioso che nessuno dei signori impegnati nella risoluzione dei misteri intenda approfondire l’argomento e rimanere, come dire, "prigionieri" all’interno di questi dodicimila anni, senza sentire il bisogno di vedere e conoscere gli scenari che esistevano oltre tale data.


                  

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