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USCIAMO DAL TUNNEL...

 
Dai Sumeri ai Somari...

di Corrado Malanga
per Edicolaweb

 

Nel campo della ricerca ufologica ed in quella più largamente intesa, di frontiera, ci si dovrebbe appellare ad una certa ragion d’essere. Bisognerebbe che, chi si lascia andare a dichiarazioni in pubblico, o scrive libri su un certo aspetto dell’argomento, o chi tende a fare lezioni o corsi o semplicemente seminari su questi aspetti, debba essere informato sugli accadimenti ufologici, ma non solo.
Per fare un buon ufologo non basta sapere quale è l’ultimo avvistamento nel Kazakistan, non basta avere ventimila libri sull’argomento e non basta nemmeno averli letti. Bisognerebbe averli almeno capiti.
L’ufologo che non capisce produce inevitabilmente ignoranza sull’argomento.
Pensate, per esempio, all’ufologo che non si è mai occupato di abduction. È forse oggi concepibile un ufologo che non si è occupato di uno solo dei rami della ricerca sulle civiltà aliene? NO! Per noi non è possibile dire: "Io mi interesso di rapimenti ma non faccio le indagini sul campo…", oppure, "Io sono un ufologo da tavolino…".
Io, a quell’ufologo, il tavolino glie lo darei in capo, poiché un ufologo da tavolino non è in grado di produrre idee ma solo di archiviare cose scritte da altri. L’archiviazione è una caratteristica del modo aristotelico di vivere la scienza. Assistiamo ad argute dissertazioni che ti dicono quanti tipi di alieni ci sono e come classificarli in base all’aspetto morfologico. Il noto ricercatore sudamericano Pereira, del gruppo GCICOANI, negli anni sessanta aveva fatto un ottimo lavoro di classificazione che, anche se rivelato lacunoso, aveva dato comunque un’idea del numero di alieni che venivano sul nostro pianeta, in base alle testimonianze di decine di osservatori.
Allora non si parlava di abduction!
Quella prima parte della ricerca doveva però essere supportata da dati che sarebbero dovuti scaturire da una profonda indagine sul campo che avrebbe visto Bud Hopkins, in USA, darsi da fare nel tentare di capire, non come sono fatti gli alieni, ma cosa pensano.
Invece dopo di lui e pochi altri, non ci sono stati tentativi di applicare una metodologia più moderna e corretta di stampo galileiano al problema abduction.
C’è stata invece un’inversione di tendenza. Chi dava delle spiegazioni al fenomeno, qualunque esse fossero, veniva tacciato per visionario. L’ufologo serio non diceva perché gli alieni ci stavano facendo vedere i sorci verdi, anzi ancora peggio: "chi l’ha detto che esistono gli alieni sulla Terra?" La regressione storica della ricerca ufologica era chiara. L’ufologo, come si doveva scoprire più tardi, è una persona comune, e quindi spesso dotato di poca cultura, poco spirito critico, incapace di gestire la ricerca: un bidello della ricerca universitaria sugli ufo. Se all’inizio degli anni sessanta questa figura poteva forse reggere ad un impatto con la popolazione desiderosa di notizie sulla fenomenologia ufo, ma non in grado di subire i violenti attacchi della scienza, oggi avevamo un ufologo che arrivava a miti consigli con il potere della scienza perché sperava di avere delle garanzie future, nel dividere la torta di un potere post-ufologico.
"Quando lo Stato dirà che gli alieni ci sono, allora chiamerà gli ufologi di stato a gestire le informazioni e quant’altro, magari farà anche un ministero degli affari alieni ed il consiglio direttivo di qualche importante centro ufologico verrà investito di cariche e lodi..." sembra il pensiero di qualcuno.
È evidente che quello che interessa agli ufologi di stato è solo, in un ottica futuribile, il riconoscimento da parte delle autorità. Questo perché la ricerca del riconoscimento da parte della società è uno dei bisogni che muove l’intera umanità occidentale. "Faccio tutto questo perché voglio che gli altri mi dicano che sono bravo..." Ma questo è l’atteggiamento di un bambino che fa quello che vuole il padre padrone e non è in grado di liberarsi del fardello di essere succube della sua autorità. Ci troviamo dunque di fronte ad un tipo senza spina dorsale, probabilmente caratterizzato da una figura genitoriale troppo oppressiva, che dopo aver prodotto la sublimazione della propria impotenza, si trasforma in reazionario.
Durante il periodo della crescita il giovane bambino capisce di essere diverso dalla figura del padre e normalmente tenta di sfuggire dal pesante fardello del suo controllo applicandosi ad un mestiere diverso, evitando così di entrare in competizione con una figura paterna oppressiva.
In questo caso il soggetto scansa il conflitto, evitando paragoni che potrebbero saltar fuori.
Così un padre militare potrà produrre un figlio pacifista e viceversa, soprattutto se il padre è famoso e cioè riconosciuto dalla società.
Più fama e riconoscimento ha la figura paterna e più il figlio cercherà un altro lavoro a meno che il figlio stesso, in anni a venire, non maturi una sua personalità distinta dal soggetto paterno non dovendo più sublimarne il potere.
La maggior di noi non ha spiccate caratteristiche di maturità, forse perché la società e la famiglia del dopoguerra non sono state in grado di offrire un modello di genitore sicuro di se ma una figura di genitore i cui valori sono solo i soldi e l’aspetto estetico, che hanno finito per strutturare una società consumistica in cui il giovane si riconosce non come singolo, ma purtroppo come appartenente ad un gruppo ed assoggettato alle leggi di questo.
È però evidente che mentre i pochi, che hanno seguito modelli imitativi diversi da quelli paterni, hanno avuto più opportunità di sperimentare e maturare atteggiamenti costruttivi nel comportamento, in grado di condurre a maturazione nel fare e nell’agire, gli altri ripropongono un modello comportamentale come brutta copia paterna o materna, mostrando poi continuamente, sotto forma di terribili frustrazioni, la sofferenza per non essere riusciti ad emulare il genitore.
Tali comportamenti sono evidenti dunque nei nostri ufologi contemporanei che, sempre più frustrati e spasmodicamente superattivi nel cercare il riconoscimento, si dimenticano di adempiere alle loro ricerche che diventano nel tempo un fardello insopportabile. Chi sono i nostri ufologi?
Impiegati di banca frustrati dalla mancanza di libero pensiero? Disoccupati alla ricerca della riscossa sociale? O soggetti socialmente falliti con tendenza alla distruzione del loro nucleo familiare? A volte sono giovani delusi dalle aspettative scolastiche, con tendenti gelosie per il fratellino o la sorellina più intelligente, che sfogano la loro libido in un campo in cui credono di non avere tra i familiari un concorrente più bravo di loro.
Forse l’ufologo di oggi è qualcuno che fa un lavoro che non vorrebbe fare, un fantozziano essere umano che spera in una civiltà migliore, ovviamente molto diversa dalla nostra e cioè aliena. Solo gli alieni, avendo concetti di giudizio differenti dai nostri, potrebbero ben giudicare il fallito sociale che qui, su questa terra, non avrebbe scampo di fronte al giudizio dei suoi simili. Con l’andare avanti dell’età del nostro ufologo ci troviamo di fronte ad una sempre più marcata strumentalizzazione del problema alieno a scopi personali. Si usa l’alieno per scrivere un libro o per andare in TV ma, ovviamente, visto che si è perso tempo nel combattere la figura paterna che è dentro di noi e che non si è riusciti ad esorcizzare, non si è veramente avuto il tempo per studiare il fenomeno e non si possono che dire le stesse fesserie reiterate nel tempo.
Dunque, la maggior parte degli ufologi moderni sarebbero dei frustrati sociali, che si sentono gambizzati dalla società ma che, come sempre accade in queste cose, si sono annientati da soli ,non essendo stati in grado di rispondere alle aspettative paterne, elaborando modelli di comportamento rivoluzionari.
Ed ecco che assistiamo al fenomeno delle etichette false.
Stanton Friedman, noto ufologo americano-canadese dicesi "fisico nucleare" ma si scopre in una sua bibliografia che non ha mai esercitato tale professione: questo nulla toglie al suo paziente e fortunato lavoro sui documenti Majestic ma non si vede perché star sempre a dire che sei un fisico se in realtà non ti ricordi niente di quella materia. Alcuni ufologi italiani, alla stessa stregua ed alla ricerca di conferme sulla propria identità, si fregiano di etichette che non hanno. Non è importante essere laureati, credetemi, ma non si deve dire che lo sei se non è vero, perché questo gioca a sfavore della propria immagine. Cerca di farsi chiamare dottore e si scopre che ha la terza media… Si dunque alla ricerca della falsificazione della propria identità sociale proprio mentre si cerca di guadagnarsi un accettabile riconoscimento da parte della società, che sembra più propensa ad accettare valori falsi che ideali veri.
Sei pubblicista? Fai credere di essere giornalista che fa più scena…
Ho notato, negli ultimi anni, anche uno stuolo di persone che si sono fatte i biglietti da visita più strani.
"Mario Rossi… Ufologo", "Giuseppe Verdi… abile conferenziere ufologo". Ne ho trovato uno che recitava così: "Mario Bianchi studente in ufologia…"!
Se poi hai a che fare con lo spazio, sarai colui che guiderà per lo Stato italiano la ricerca del Seti ufologico. Ed ecco comparire le etichette più strane, come quella di "ricercatore aerospaziale".
Ma chi è un ricercatore aerospaziale? C'è forse una laurea in aerospazio?
C’era un periodo che andava di moda la "sociologa in ufologia": la maggior parte della commissione Condon americana era fatta da psichiatri e sociologi che dovevano dimostrare che il fenomeno ufo era frutto di malattie mentali. Chi meglio di un "sociologo ufologo" può essere più esperto degli esperti? Il problema è che abbiamo dei sociologi-ufologi laureati in sociologia in città dove la laurea in sociologia non esisteva.
Nascondersi dietro titoli ed etichette false e mistificanti è una caratteristica del fantozziano frustrato che peraltro non sarà in grado di dare alla ricerca quell’imput che può venir fuori da un contadino intelligente e senza lauree che però ha superato da un pezzo il complesso di Edipo.
Mi ricordo che in una mia intervista su "RAI 2", qualche anno fa, come sottotitolo scrissero "fisico" e non "chimico" come sarebbe stato corretto citare.
Quando tornai in Dipartimento notai che i miei colleghi erano furenti per quel sottotitolo e non tanto per le cose che avevo detto: era come se la società mi avesse laureato un’altra volta, senza il loro consenso. In parole povere erano invidiosi di un titolo che non avevo…
Un’altra volta, sapendo bene a cosa andavo incontro, chiesi ai miei intervistatori di mettere la giusta didascalia: "Ricercatore del dipartimento di chimica e chimica industriale dell’università di Pisa". "Troppo lungo - mi disse l’operatore - ma lei fa il professore all’università? Insegna?" Io risposi sì. "Bene… per noi è professore"!
Tornai in Dipartimento e venni immediatamente chiamato da un professore di fascia A, perché mi dovevo discolpare del titolo che mi avevano erroneamente voluto assegnare. "…perché qui, di professore ci sono solo io…" disse.
Ovviamente risi sotto i baffi, perché ancora una volta non importava a nessuno quello che avevo detto ma come ero stato presentato. Era dunque evidente che quel professore teneva solo all’aspetto estetico delle cose, all’apparenza e non alla sostanza. Forse era per questo che aveva potuto fare carriera nel mitico post-'68...
L’importanza delle etichette nel mondo di oggi ha evidentemente e forse giustamente colpito anche i nostri ufologi che, sempre più volentieri, tendono a presentarsi per quello che non sono. Lo ripeto, non ha importanza essere professori multilaureati o contadini dell’Amazzonia, basta però non nascondersi dietro titoli che non hai perché questo è un atto di debolezza che mostra come di quello di cui parli non ti importa niente a discapito invece dell’immagine che tu stesso cerchi di mantenerti addosso.
Oggi, che la paleoastronautica la fa da padrone, ecco che abbiamo una nuova sorta di esperti: gli ufo-egitto-assurbanipallologi, che con il bene placito di alcuni presentatori televisivi, si sono riciclati quali esperti multilaureati. Lo studio della sfinge, enigmatica creatura del passato, rappresenta un territorio in cui in questo momento si può dire tutto ed il contrario di tutto… tanto vai a provare che stai dicendo una fesseria…
Noi crediamo che per parlare di paleoastronautica non basti aver letto dei libri sull’argomento. Bisognerebbe avere almeno tre o quattro lauree, altrimenti come si fa a passare dagli antichi Egizi agli antichi Sumeri?
Al massimo si passerà dagli antichi Sumeri ai moderni Somari…


                  

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