Il
terribile segreto di Rennes-Le-Chateau
Gerusalemme, Anno
del Signore 1160. Quartier generale dell'Ordine dei Cavalieri Templari, sulla
spianata di Al-Aqsa (vedi
foto 1), dove sorgeva il Tempio di Salomone. E' notte, mentre le
sentinelle sono sempre all'erta, le torce rischiarano con la loro luce
rossastra i vari camminamenti ed i corridoi interni del palazzo fortificato.
L'ora è tarda, e quei corridoi di solito sono deserti. Ma quella notte non era
così: si udiva un ritmico e regolare rumore di passi, ma non frettolosi,
piuttosto sembravano passi di qualcuno che stesse passeggiando avanti e
indietro. E così era. Nella grande stanza dove avvenivano le riunioni,
riservata agli Ufficiali, il Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri Templari,
Bertrand de Blanchefort, misurava a grandi passi, avanti e indietro, il
pavimento di pietra, con aria insieme pensosa e preoccupata. Non era solo: con
lui, il Maresciallo del Tempio, Alain de Montdidier. Il Gran Maestro sembrava
avesse grossi pensieri: le mani dietro la schiena, espressione assorta. Il
Maresciallo del Tempio non era meno preoccupato: aveva un piccolo pugnale tra
le mani che agitava nervosamente. Ma cosa stava succedendo? Forse la
preparazione ad una battaglia imminente? Forse l'ansia di un prossimo attacco musulmano?
No… niente di tutto questo. Ad un tratto, il Gran Maestro aprì un piccolo
scrigno dal quale prese una chiave e fece cenno al suo Maresciallo di seguirlo.
I due si incamminarono silenziosamente verso la parte più nascosta del quartier
generale, presero ognuno una torcia e scesero una scala a chiocciola di pietra
che portava nel sottosuolo. Dopo diversi giri viziosi seguendo alcuni corridoi
sotterranei, i due arrivarono davanti ad una pesante porta di legno, che era
sorvegliata da due uomini armati. Ad un gesto del Gran Maestro, le sentinelle
si spostarono, e lui infilò così la chiave nella toppa: diede ordine ai due
armati di allontanarsi, quindi fece fare due giri alla chiave e la pesante
porta di legno si aprì. Il Gran Maestro ed il suo Maresciallo entrarono,
richiudendo la porta dietro di loro. Usando le loro torce, accesero quelle che
erano sui muri di questa stanza sotterranea; quando la luce dissolse le
tenebre, apparì ai loro occhi il più grande tesoro di tutti i tempi:
suppellettili, vasi d'oro e di bronzo, pezzi di colonne e trabeazioni, ma
soprattutto tanti, tantissimi documenti, in papiro o in fogli di rame,
antichissimi. Ma c'era dell'altro in quella grande stanza, qualcosa che era di
capitale importanza per le religioni del luogo e che aveva fatto la storia del
mondo: la Sacra Sindone, contenuta in una scatola di legno di cedro finemente
lavorata a mano; l'Arca dell'Alleanza, con i suoi cherubini d'oro sul
coperchio; la Menorah, il candeliere a sette braccia completamente in oro,
simbolo principe della religione ebraica; il Graal, la coppa dove Gesù Cristo bevve
durante l'Ultima Cena e dove Giuseppe d'Arimatea raccolse, non facendolo però
apposta, il sangue di Gesù morente; la Vera Croce, lo strumento di morte a cui
fu affisso Gesù. Ma come i Templari erano giunti in possesso di queste reliquie
così importanti? Erano oltre trent'anni che i cavalieri dal bianco mantello
avevano intrapreso ricerche archeologiche, effettuando scavi importanti,
proprio sotto al Tempio di Salomone, ritrovando nei sotterranei, più
precisamente in una stanza segreta, detta "Sancta Sanctorum", ossia
il Santo dei Santi, tutte le reliquie che erano state poi portate in quella
stanza. Perciò, quello che era racchiuso là dentro aveva un valore immenso, più
di qualsiasi tesoro al mondo. Il Gran Maestro era consapevole di questo, e si
rendeva anche conto che tali reliquie, se fossero cadute in mano ai musulmani,
sarebbero state distrutte, ma che ugualmente, se fossero state preda degli
ebrei, non avrebbero avuto miglior sorte. Da qui la sua grande preoccupazione e
quella del suo fido Maresciallo, amico di mille battaglie sugli ardenti deserti
della Palestina. In quel periodo, Gerusalemme era continuamente sotto attacco
musulmano, e più di una volta i soldati islamici si erano pericolosamente
avvicinati, con le loro pattuglie, al quartier generale templare. Quindi, per
evitare problemi, come fare a portare in salvo quelle reliquie di vitale
importanza, soprattutto per la cristianità? All'improvviso, la soluzione
illuminò gli occhi di Bertrand de Blanchefort: l'unica cosa da fare, seppure
pericolosa, era di portare in Europa tutto. Così, dopo un rapido consulto con
il suo Maresciallo, fu deciso di trasportare in Europa, per nave, tutto ciò che
era possibile portare via, per sottrarlo così alla furia islamica e per poter
mettere a disposizione e all'adorazione di tutti i fedeli cristiani queste
reliquie, trovate e rimosse con tanta fatica e con immenso amore. Si era deciso
di non trasportare le reliquie via terra, per evitare eventuali attacchi sia
delle truppe islamiche, sia di bande di briganti che infestavano le zone
intorno a Gerusalemme. Il porto d'imbarco delle reliquie sarebbe stato San
Giovanni d'Acri. Così, su dei carri, scortati dai migliori cavalieri del
Tempio, furono caricate queste reliquie, assieme ad una consistente parte del
Tesoro del Tempio, che sarebbe servito in Europa per le spese di costruzione di
edifici adatti alla conservazione delle reliquie. Le tecniche costruttive di
tali edifici furono estratte dai tantissimi documenti trovati assieme alle
reliquie, documenti in papiro di importanza capitale e sui quali erano scritti
segreti di natura immensa. Caricate su una nave, assieme al Gran Maestro
Bertrand de Blanchefort ed al suo Maresciallo, le reliquie presero la via
dell'Europa, scortate da altre due navi del Tempio, cariche di uomini armati
fino ai denti: la preoccupazione maggiore era data dai pirati saraceni, ma essi
si tenevano sempre lontani dalle navi che battevano le bandiere dell'Ordine del
Tempio, essi sapevano che erano praticamente inattaccabili. Ma la prudenza
faceva parte delle virtù di ogni templare, quindi furono prese tutte le
precauzioni necessarie. L'unica reliquia che non fu caricata e portata via, fu
la Vera Croce, in quanto fu deciso di trasportarla in un secondo tempo, ed
anche perché troppo grande e troppo vistosa, e certo non si poteva smontarla,
sarebbe stato sacrilegio. Questo fu un errore, perché la Vera Croce non venne
più trasportata in Europa e, molti anni più tardi, sarebbe stata distrutta da
Saladino. Queste navi, dopo una lunga traversata, arrivarono in Francia, per la
precisione in Provenza, nel porto di Marsiglia, dove vennero caricate
nottetempo su altri carri fatti venire appositamente dalla Precettoria Templare
di Marsiglia. Forse sarebbe stato logico portare le reliquie a Parigi, alla
Precettoria Generale dell'Ordine del Tempio, ma il Gran Maestro, con mossa
saggia, decise di non farlo. Questo perché un tesoro simile poteva far gola a
chiunque, e sarebbe stato ben difficile poi poterlo proteggere adeguatamente.
Betrand de Blanchefort pensò allora che la cosa migliore era trasportare questo
tesoro nelle sue terre, o meglio nel suo feudo, nel sud della Francia, in
Linguadoca, quasi al confine con la Spagna, davanti ai Pirenei. E così fece.
Tutto quello che i carri trasportavano fu scaricato nel suo castello, a poca
distanza da Rennes-Les-Bains ed Arques. Esso impartì severissime disposizioni
su come conservare e soprattutto nascondere le reliquie, ed anche dove, in
posti conosciuti solo ai Templari e da poterci arrivare solo sapendo
determinati codici ed altro ancora. Fatto ciò, Blanchefort tornò in Terrasanta,
e da qui si perdono le tracce del favoloso tesoro religioso da esso riportato
in Europa. Ma sempre da qui comincia il mistero, un mistero ancora insoluto,
sul destino di queste reliquie: l'unica che è stata trovata e poi resa pubblica
è la Sacra Sindone; delle altre, non vi è traccia, se non nei codici miniati
dell'epoca che non dicono che fine abbiano fatto le altre cose. Ed assieme a
queste reliquie, si dice che Blanchefort abbia riportato anche dell'altro dalla
Terrasanta, qualcosa di talmente importante che ancor oggi, chi solo intuisce
cosa sia, evita accuratamente di parlarne.
Proprio da qui,
da quest'ultima cosa così importante, si inserisce un mistero ancora più fitto
ed oscuro. Nel sud della Francia, quasi al confine con i Pirenei, nel
dipartimento dell’Aude, precisamente nella regione della Linguadoca, ad appena
30 Km. a sud di Carcassonne, si erge una collina abbastanza elevata, sulla
quale è abbarbicato un minuscolo paese, di poche case e poche anime. Questo
paesino si chiama Rennes-Le-Chateau (vedi
foto 2). Questo paesino faceva parte del feudo dei Blanchefort, che
avevano il loro castello a pochi chilometri; ma nelle frazioni vicine, la
famiglia Blanchefort aveva una serie di fabbricati e palazzetti. Intorno
all'anno 1780, era abate di Rennes-Le-Chateau un tale Antoine Bigou, che curava
anche la parrocchia del piccolo paese sottostante, Couiza. Un giorno, esso fu chiamato
d'urgenza al palazzetto di Maria d'Arles Haupoul, dama di Blanchefort, ultima
discendente diretta del Gran Maestro dei Cavalieri Templari, perché gli venne
detto che la marchesa era in punto di morte. Bigou si precipitò dalla marchesa,
ma essa non era ancora in condizioni critiche, anche se gravi. Allora Bigou si
meravigliò, ma la marchesa gli disse che lo aveva convocato perché doveva
confidare a lui un segreto, segreto che prima di lui conoscevano soltanto
alcuni membri della famiglia Blanchefort e gli altri preti alternatisi a
Rennes-Le-Chateau, segreto che tutti si erano portati nella tomba. Il segreto
che la marchesa rivelò a Bigou doveva essere terribile, in quanto per un buon
periodo di tempo, il prete fu visto "parlare da solo". Quindi, arrivò
il tempo della morte della marchesa di Blanchefort, il 17 gennaio 1781. Con
grande meraviglia, invece di essere sepolta nella cripta di famiglia, che è
nella chiesa di Rennes-Le-Chateau, la marchesa venne tumulata in una tomba nel
cimitero esterno alla chiesa, sotto alla torre campanaria, e in una tomba con
iscrizioni assai strane, che vedremo tra poco. Passa ora un bel po' di tempo, e
verso la fine del 1800, un sacerdote, tale Berengèr Saunière (vedi foto 3), di umili
origini contadine, era parroco nella piccola cittadina di Arques, poco lontano
da Rennes-Le-Chateau. Essendo deceduto il prete in quest’ultimo paese, Saunière
viene trasferito dall’autorità ecclesiastica a Rennes-Le-Chateau, ma chiede e
ottiene di poter continuare ad amministrare anche i suoi parrocchiani di
Arques. Il prete era estremamente povero, ma molto motivato e voglioso di far
bene il suo uffizio. Appena giunto a Rennes-Le-Chateau, Saunière si rese conto
di aver a che fare con una realtà assai dura e con una assoluta povertà dei suoi
nuovi e schivi parrocchiani. Il paese era piccolo ed assolutamente fuori da
ogni traffico commerciale, ma era molto antico. Difatti, prima di assumere
l’attuale nome, il paese era chiamato Haereda, ed era nientemeno che una
roccaforte dei Visigoti, i barbari di Francia. La piccola chiesa del paese (vedi foto 4), risalente al
X secolo, fatta costruire da Dagoberto II, era in condizioni assolutamente
pietose, ed aveva bisogno di urgenti restauri. Non avendo certo il vescovado la
possibilità economica per far fronte ai lavori, Saunière cercò attraverso
diverse collette dei suoi parrocchiani e mettendoci anche denaro suo di avere
una somma iniziale per far dare almeno il via ai lavori di restauro della
chiesa. Riuscì nell’intento, ed i lavori poterono così iniziare. Vennero
smantellate alcune pareti per rifarle e venne smontato il tetto. I lavori
fervevano alacremente, ed il prete era assai contento di come procedeva il
restauro delle varie parti. Ma il momento che doveva sconvolgere la vita di
Saunière (e non solo la sua) arrivò quando l’attenzione del prete e dei suoi
operai si rivolse verso l’altare maggiore della chiesa, una lastra di marmo del
XII secolo posta su una colonna di base di altrettanta vetustà. Quando Saunière
diede ordine agli operai di rimuovere la lastra di marmo, si accorse che la
colonna di base (vedi foto 5)
non era piena, ma cava, e che l’interno di essa non era vuoto. Avvicinatosi,
Saunière trovò con sua somma sorpresa alcuni piccoli e lunghi contenitori
cilindrici di legno, stretti e lunghi. Su ognuno di questi cilindri, era
impressa la croce dell’Ordine del Cavalieri Templari, e le date del 1270 e 1274
ed i sigilli di Bianca di Castiglia. Il prete era ovviamente emozionato, anche
perché aveva già sentito in giro alcuni racconti nei quali si favoleggiava dei
cavalieri templari e di un tesoro nascosto in quella zona: ma stavolta non era
una semplice storia, ora vi erano prove concrete. Raccolti con molta
circospezione i cilindri, Saunière li portò nella sua canonica per esaminarne
il contenuto, dopo aver rimosso con molta cura i sigilli dell’Ordine Templare e
di Bianca di Castiglia. Sperava di trovare dentro i cilindri oro e gemme, che
avrebbero portato ricchezza a lui ed a tutto il paese, il che avrebbe così
consentito di terminare i lavori alla chiesa e di avere una vita un po’ più
agiata, sia lui, che i suoi parrocchiani. Ma la delusione fu forte quando si
accorse che dentro i cilindri di legno c’erano soltanto delle pergamene
raggrinzite dal tempo, ma comunque ancora perfettamente leggibili, redatte in
lingua latina, e nient’altro. La delusione fu ancora più forte quando si
accorse che su una pergamena, particolarmente la prima (vedi foto 6), fosse solo
scritto un passo del Vangelo, quello nel quale i farisei chiedono a Gesù lumi
sul fatto che i discepoli mangiavano durante il sabato (lo "shabbat"
ebraico). Anche questa pergamena era completamente redatta in latino. Ma una
domanda iniziava a farsi strada nella mente di Saunière: se quelle pergamene
contenevano soltanto brani del Vangelo, come sembrava, perché erano state
chiuse in cilindri di legno e nascoste in una colonna cava di un altare? Allora
non erano forse semplici pergamene? E se non lo erano, cosa stavano a
significare? Esaminando meglio il documento, Saunière trasalì: aveva scoperto
un segreto sulla pergamena, lo stesso che ora vi faremo vedere anche noi. Come
detto, si può osservare che la pergamena, narra in lingua latina un passo del
Vangelo di Luca. Ma quello che è sorprendente non è il contenuto della
pergamena, cioè il racconto evangelico, ma come lo stesso è stato vergato sulla
carta della pergamena! Se iniziamo una minuziosa analisi dalla seconda riga del
racconto, noteremo che alcune lettere sono volutamente scritte più alte delle
altre sulla riga immaginaria di scrittura. Per esempio, nella parola
"sabbato", notiamo che la seconda "a" è rialzata rispetto
alle altre lettere della parola stessa. In definitiva, è scritta "sabbato".
Esaminiamo che anche la parola seguente è scritta "secundo",
e dopo la parola "primo" c’è la "a" rialzata. Andando
avanti così su tutto il documento, vediamo che queste lettere rialzate, posta
una dietro l’altra, formano una sequela di lettere che sembrano non avere alcun
significato, o almeno nessun senso logico : adagobertiiroietasionestcetresoretilestlamort.
Abbiamo detto che sembrano
senza senso, senza una successione logica, lessicale ed ortografica, ma se noi
le scomponiamo arriveremo a leggere : A DAGOBERT II ROI ET A SION EST CE TRESOR
ET IL EST LA MORT. E’ una frase francese, che significa "A DAGOBERTO II RE
E A SION C’È IL TESORO, DOVE È LA MORTE". Saunière sobbalzò, e capì che
aveva in mano qualcosa di grosso. Ma cosa? La mappa del tesoro dei templari?
No, o almeno non sembrava. Forse l’indicazione di dove il tesoro era sepolto? O
cos’altro? Così, il prete iniziò anni di dura decifrazione di queste pergamene,
che dovevano poi portarlo molto più oltre di quanto lui stesso non avrebbe mai
immaginato. Queste pergamene, soprattutto le uniche due giunte sino a noi, sono
piene di segreti e di rivelazioni esoteriche. Osserviamo ora un particolare
della pergamena, particolare che, chissà per quale recondito motivo, è sfuggito
a moltissimi ricercatori, compreso Saunière, che non ha riportato nessun
appunto su questo particolare, invece così interessante (vedi foto 7). Come si può
vedere, sembrano due lettere, ed in effetti è proprio così.. Le lettere in
questione sono una "P" ed una "S" dentro una specie di aura
circolare. Cosa staranno a significare? La firma dell’autore della pergamena?
Non lo crediamo, anche perché ritroveremo questo strano criptogramma da
tutt’altra parte. La stessa parola "criptogramma" deriva dal greco, e
significa in modo letterale "cryptos", cioè nascosto e
"grammas" cioè "derivato da scrittura". Quindi è un codice,
o qualcosa del genere. Potrebbe essere una specie di firma, con due iniziali,
ed in effetti pensiamo sia proprio così. E' chiaro che dobbiamo considerare la
lingua latina, od al massimo quella greca come base, per ricalcare l’intera
pergamena. Allora, P come Prioratus ed ed ed S come Sion. Proprio così, il Priorato di Sion,
organizzazione potente e segreta, che sembra ancora oggi esista. Ma ora
riesaminiamo ancora la pergamena che finora abbiamo avuto sotto i nostri occhi
(vedi foto 8).
E' stupefacente. Osserviamo con molta attenzione la pergamena: abbiamo segnato
alcune particolarità. La casellina in basso sta a mette in evidenza le quattro
lettere della parola SION, cioè sempre Gerusalemme; la linea A-B, che passa
attraverso due piccole croci, interseca le lettera S-I-O-N, cioè sempre SION,
Gerusalemme. In basso a sinistra, c’è un’altra parola molto significativa,
evidenziata dalla cornicetta: CUMERAN, cioè Qumran, il sito culla degli Esseni,
il luogo dove sono stati ritrovati i rotoli del Mar Morto. "Esseno",
in lingua arcaica, significa "santo". E la seconda pergamena (vedi foto 9) doveva
riservare sorprese ancora più grosse: anch'essa contiene un passo del Vangelo,
ma, fra una lettera e l'altra del testo ve ne sono alcune che non c'entrano
nulla. Tutte queste lettere, unite insieme, non stanno ad indicare proprio
nulla, né sono disposte in modo da formare una o più frasi come nel caso della
prima pergamena, che abbiamo visto. Anche però a questo si è trovata la
soluzione. Il messaggio della seconda pergamena, perché di messaggio si tratta,
è crittografato, cioè nascosto, ed occorre quindi un codice di decrittazione
per leggerlo. Tale codice è quello che si ricava da una tabella, detta tabella
di Vigenere, alchimista del XIV secolo, il cui funzionamento non è semplicissimo,
ed anche per questo, vi rimandiamo a fra poco tempo, quando nel nostro sito
saranno aperte delle pagine specifiche per le decrittazioni. Fatto sta che alla
fine, dalla decifrazione di questa pergamena, esce questa frase a dir poco
enigmatica: "BERGERE PAS DE TENTATION QUE POUSSIN TENIERS GARDENT LA CLEF
PAX DCLXXXI PAR LA CROIX ET LE CHEVAL DE DIEU J'ACHEVE CE DAEMON DE GARDIEN A
MIDI POMMES BLEUES". E' ovviamente una frase in francese, che più o meno
suona così: "Pastorella nessuna tentazione che Poussin Teniers tengono la
chiave pace 681 per la croce questo cavallo di Dio finisco questo demonio di
guardiano a mezzogiorno pomi blu". E' un'espressione a dir poco
enigmatica, ma la soluzione, lampante, la vedremo poi. Dopo il rinvenimento
delle pergamene, stranamente, Saunière cominciò ad avere a disposizione somme
ingentissime, assolutamente in distonia con la vita di un povero prete di
campagna. Questo denaro era sempre di più, sembrava inesauribile. Tanto che i
lavori di restauro che Saunière aveva iniziato nella chiesa non solo furono
rinvigoriti, ma divennero addirittura sfarzosi, quasi principeschi: cosa assai
strana per una piccola parrocchia sperduta nelle brulle colline del sud della
Francia, quasi al confine con i Pirenei. Per rendere meglio l’idea, immaginiamo
di essere turisti non poi così sprovveduti, come noi abbiamo fatto, ed iniziamo
il giro di visita della canonica e dintorni, con occhio attento. Arrivando al
portale della chiesa, dedicata a Santa Maria Maddalena, alzando gli occhi, ci
colpisce immediatamente un particolare macabro ed inquietante. Sull’architrave
del piccolo portale si può leggere una frase non certo allegra:
"Terribilis est locus iste". E’ una frase latina, che significa
"questo è un luogo terribile" (vedi
foto 10). Poco sopra la scritta, una raffigurazione di Maria
Maddalena. Entrando in chiesa, sembra veramente di entrare in una specie di
festival delle stranezze e delle cose insolite, almeno per una chiesa, e
cercheremo di esaminare queste stranezze per dare loro una spiegazione logica,
o che almeno si avvicini alla verità. Un particolare che chiamare insolito è
veramente poco ci colpisce immediatamente: sulla sinistra, vi è una
acquasantiera, molto ben fatta, ma la cosa strana è che la colonna che sorregge
la conca in pietra che contiene l’acqua santa è…un diavolo (vedi foto 11). Già,
proprio così, è un demonio, identificato come Asmodeus, di cui si racconta la
leggenda nella quale il re Salomone, il "rex mundi", avendolo
catturato, lo costrinse a fare da guardia, per sempre, all’oro ed alle
ricchezze contenute nel Tempio di Gerusalemme. Chissà, forse Saunière voleva
intendere questo con il "luogo terribile" cui accennava all’ingresso
della chiesa? Comunque, il fatto certo è che una acquasantiera sorretta da un
diavolo non è presente in nessun’altra chiesa cattolica o di altro culto in
tutto il mondo. Sopra all’acquasantiera, vi sono quattro angeli (vedi foto 12), ed ognuno
fa una parte del segno della croce, e sovrastano una frase scolpita, stavolta
in lingua francese: "Par ce signe tu le vaincras", cioè "con
questo segno lo vincerai". Una vittoria contro il diavolo, quindi. Ma ora
che siamo arrivati in chiesa, osserviamola molto attentamente (vedi foto 13): è
abbastanza piccola, con il soffitto di colore blu con dipinte delle stelle, e
fino a qui tutto normale, ma osserviamo bene le pareti. Appunto lungo le
pareti, vi è una originalissima Via Crucis, che particolare curioso, è posta in
senso antiorario. Stranezza numero tre: nella citata Via Crucis, vi sono
particolari curiosi, ed uno è nella III stazione, ove è raffigurato un negro,
ed un altro, forse particolare ancora più curioso, è nella VIII stazione (vedi foto 14), dove si
nota fra i personaggi un bimbo con un gonnellino scozzese ed una donna con veli
da vedova. Volgendo il nostro sguardo in giro, notiamo che esistono nella
chiesa alcune statue di santi, della Vergine, di Gesù, di S.Giovanni Battista
e, da un lato, un bassorilievo che raffigura Maria Maddalena. Le statue
raffigurano Santa Germana, San Rocco, Sant’Antonio da Padova, Sant’Antonio
l’Eremita e San Luca. Sotto l'altare maggiore esiste un bassorilievo bellissimo
che riproduce Maria Maddalena (vedi
foto 15). La santa così controversa nelle cronache ecclesiastiche
ed evangeliche è raffigurata in ginocchio, mentre prega davanti ad una croce.
Entrando in chiesa, ci sono le statue di Gesù e di Giovanni Battista. La statua
di Gesù guarda la pavimentazione della Chiesa, fatta in quel punto di 64
caselle bianche e nere, come appunto una scacchiera. Passiamo ora ad esaminare
più concretamente queste stranezze, cercando di dar loro una spiegazione
logica. La prima riguarda la presenza di un diavolo, e nientemeno che Asmodeus,
nella chiesa. La spiegazione forse sta, come detto, nella vittoria contro il
diavolo che il Re Salomone ebbe, costringendo, secondo la leggenda, lo stesso
Asmodeus a far da guardiano al tesoro del Tempio di Salomone. Gli angeli
sovrastanti indicano che con il segno della croce il diavolo verrà vinto, come
in tempi antichi l’imperatore Costantino, primo imperatore cristiano nella
storia di Roma, nella battaglia su Ponte Milvio contro Massenzio, vide la croce
in cielo con scritto "In hoc signo vinces", cioè "con questo
segno vincerai". Ma, per tornare ad Asmodeus, egli era guardiano del
tesoro del Tempio a Gerusalemme, proprio dove erano poi acquartierati i
Cavalieri Templari. Poi abbiamo visto la stranezza della Via Crucis,
estremamente policroma e posta, a differenza delle altre chiese, in senso
antiorario. Il perché, ed è una ragione prettamente religiosa, è presto
spiegato: Saunière non ha fatto altro che ricalcare le orme degli antichi
templari, che ponevano in quel modo le loro Via Crucis, in modo che si partisse
da una parte della chiesa (la parete verso nord) che simboleggiava la mancanza
di luce e la tenebra, fino ad arrivare, passando per la parete ovest, alla
parete sud, ove il sole è più alto, e quindi dove c’è la maggior manifestazione
di luce, perciò andare verso la luce. La stranezza della Via Crucis necessita
di maggior attenzione: che ci fanno un negro, un bimbo vestito con un
gonnellino scozzese ed una donna con veli da vedova nelle raffigurazioni della
Via Crucis? La risposta è qui più articolata. Per ciò che riguarda il negro, la
sua presenza è oscura, a meno che non si tratti della raffigurazione di uno
degli apostoli, San Tommaso, che nei Vangeli gnostici di Nag-Hammadi (dalla
località dove sono stati trovati) viene detto che era di pelle nera. Ma il
bimbo e la vedova? Occorre sapere che Saunière era si un prete ma, da documenti
storici inoppugnabili, si rileva che era anche un massone. Anche se le cose
potevano sembrare antitetiche, questa è la verità. L’ineffabile parroco faceva
parte della Loggia del Rito Scozzese Antico e Accettato (questo il nome), ed
ecco spiegata la presenza di un bimbo con un gonnellino scozzese nella Via
Crucis. Ma la vedova? Stessa risposta, infatti i massoni, soprattutto quelli
che appartenevano alla Loggia Scozzese poc’anzi detta, amavano farsi chiamare
"figli della vedova", ed ecco spiegata anche la presenza della donna
in veli neri nella Via Crucis, che nulla ha a che vedere con le "pie
donne" di evangelica memoria. La stranezza delle statue della chiesa, sta
non tanto chi raffigurano, quanto come sono poste nella chiesa. Infatti,
riportando la planimetria della chiesa (vedi
foto 16), osserviamo la precisa disposizione delle statue. Disposte
anch’esse in senso rigorosamente antiorario, sono: la statua di S.Germano,
quindi quella di San Rocco, poi quella di S. Antonio Abate, poi quella di S.
Antonio l’Eremita, e per ultima quella di S. Luca. Ora, unendole con un tratto
di penna, viene fuori il pentacolo, noto a tutti gli esoteristi, ma non solo.
Se noi uniamo tutte le iniziali dei santi, viene fuori la parola GRAAL.
L’ultima stranezza di cui parleremo, è quella che riguarda il bassorilievo
raffigurante la Maddalena (vedi
foto 15). Lo stesso Saunière, che aveva una venerazione particolare
per lei, eseguì gli ultimi ritocchi del bassorilievo. La Maddalena, detta anche
Maria di Magdala, che viveva a Betania insieme alla sorella Marta ed al
fratello Lazzaro, è ritratta in ginocchio, con accanto un teschio
(raffigurazione tipica di Maria Maddalena), davanti ad una croce che però non è
quella tradizionale, ma è ricavata da un albero, che esotericamente è fonte di
vita, ma a parte il teschio accanto alla croce, che qui vuole simboleggiare il
Golgota (monte del teschio)...è proprio il paesaggio sullo sfondo che sembra
non c'entri assolutamente nulla con tutto il resto... Abbiamo già parlato di
alcune delle particolarità o stranezze che dir si voglia della chiesa di Santa
Maria Maddalena a Rennes-Le-Chateau, di cui Berenger Saunière era il curato, ma
le abbiamo appena descritte e non in modo così preciso come meriterebbero. A
nostro modesto avviso, riteniamo che prima ancora di parlare dell'annesso
cimitero, per capire meglio come stanno le cose, sia il caso di tornare ad
esaminare meglio l'interno della chiesa per focalizzare alcuni punti, che ci
aiuteranno senz'altro a farci poi capire il senso di altre curiosità di questo
luogo incredibile. Pensiamo che un posto importante lo rivestano le statue dei
santi raffigurati nelle navate. Come abbiamo detto, oltre alle statue di Gesù
con Giovanni Battista, ci sono quelle di Santa Germana, Santa Maria Maddalena,
Sant'Antonio da Padova, Sant'Antonio l'Eremita, San Rocco e San Luca. Come
detto, nella chiesa ci sono ben tre raffigurazioni diverse della Maddalena, il
che fa già pensare qualcosa di strano, tanti richiami alla stessa santa in un
luogo così piccolo. Nella statua in esame (vedi
foto 17) vediamo che la santa è raffigurata con una croce che essa
regge con il braccio destro, mentre nella mano sinistra regge un'anfora. Ai
suoi piedi, ovviamente un teschio. Il motivo del teschio è ricorrente in tutte
le raffigurazioni della Maddalena, sia in quelle scultoree che pittoriche. E'
un palese richiamo al Calvario, il Monte della Crocifissione, che in ebraico si
chiama "Golgota" che significa "monte del teschio". Ma è
anche un monito ed un richiamo al mistero della morte. Una curiosità della statua
della Maddalena è l'anfora che essa regge nella mano sinistra. Sembrerebbe non
entrarci nulla con la sua figura di peccatrice redenta da Gesù, ma poi dai
Vangeli apprendiamo che essa portò gli unguenti per cospargere il corpo di Gesù
in un'anfora, simbolo che sta anche a significare vita e resurrezione. Come
detto, le statue nella chiesa sono comunque tutte assai belle e policrome, come
è policroma la Via Crucis... ma tutta la chiesa presenta delle curiosità che
con un occhio attento, possiamo ben vedere. Ad esempio, a sud vi sono delle
vetrate con raffigurate tre mele di un colore assolutamente inusuale, in quanto
sono blu. L'abside della chiesa, posto rigorosamente ad est come tutte le
chiese che hanno a che fare con i templari, nel soffitto è decorato con stelle
su un cielo blu intenso, ma vi è raffigurato anche il sole…nero. Il pavimento
della chiesa è formato da mattonelle bianche e nere alternate poste in modo del
tutto strano per un pavimento di chiesa. Tutti i crocifissi della chiesa hanno
inoltre la dicitura INRI (Iesus Nazarenus Rex Iudaeis, cioè Gesù Nazzareno Re
dei Giudei) con la N rovesciata. Questo è tipico di molte raffigurazioni del
Cristo, ma perché con la N rovesciata? Si potrebbe pensare ad un errore, ma non
può essere, in quanto la lettera N era ben conosciuta e la sua scrittura
altrettanto. Qui si innesta un discorso particolare: la N rovesciata era usata
dai cosiddetti "cristiani gnostici" cioè cristiani che cercavano, con
la loro ricerca, di svelare i misteri, e che avevano fatto una dottrina di
questa ricerca, come ad esempio i Catari della Linguadoca, tacciati di eresia
dalla Chiesa di Roma e quindi sterminati con una crociata cruenta e sanguinosa.
Quando cadde la città di Albi, a poca distanza da Rennes-Le-Chateau e da
Carcassonne, alla fine i Catari uccisi furono oltre diecimila, e quasi
altrettanti finirono i loro giorni sotto le torture dell'Inquisizione. Tornando
alla nostra N rovesciata, se letta diritta sta per NAZARETH rovesciata si deve
leggere necessariamente HTERAZAN, che non è niente altri che una espressione
antica ebraica, che sta a significare "CAMERA MISTERIOSA" ossia un
chiaro riferimento al Sancta Sanctorum (come dice il Talmud ebraico) del Tempio
di Salomone. E ora passiamo ad esaminare ancor meglio la chiesa e la sua
struttura. Esiste un altro "pezzo forte" nella chiesa. Oltre alle
statue dei santi, di Asmodeus e di Gesù con Giovanni Battista, del bassorilievo
della Maddalena sotto l'altare, appena dopo l'entrata il pavimento non è uguale
a quello che lo circonda, ma è posto in modo inverso, formando una vera e
propria scacchiera di 64 caselle bianche e nere. Lo sguardo delle statue di
Gesù e del diavolo Asmodeus guardano proprio questa scacchiera, come se
dovessero giocare una partita. Negli appunti dell'abate Saunière troviamo
scritto: "Quei due nella chiesa non fanno altro che giocare una partita
senza fine, che però non è quella eterna fra il bene ed il male…". Una
frase enigmatica riferita proprio alle statue suddette. Ma quale partita stanno
giocando Gesù e il diavolo Asmodeus? Quella eterna del bene e del male? No,
perché Saunière stesso ci dice che non è così. In tutta, e ripetiamo tutta la
chiesa troviamo riferimenti ai templari, alle loro opere e soprattutto
riferimenti alla cosiddetta "geometria sacra", quella geometria che i
templari usarono per costruire le loro imponenti cattedrali gotiche. Ritornando
alla geometria sacra, abbiamo pensato di provare questa sulla chiesa di
Rennes-Le-Chateau. Abbiamo scoperto qualcosa di stupefacente. Abbiamo riportato
qui il risultato di una parte dello studio (lungo e complesso) effettuato (vedi foto 18). Tirando le
linee ed usando la geometria sacra, abbiamo scoperto che è possibile costruire
la stella a sei punte, il sigillo di Salomone, trovando ad est un punto, che altri
non è che l'ingresso di una cripta, della quale parleremo poi. Ma non solo.
Effettuando ancora altro studio ed usando di nuovo la geometria sacra (vedi foto 19), si è
rilevato che è possibile costruire un altro sigillo di Salomone, più grande del
precedente, e che indica un altro punto, ben preciso ed importantissimo, di cui
parleremo fra poco. Tornando ai festival delle stranezze e delle cose insolite,
abbiamo lasciato il nostro Saunière alle prese con i lavori della chiesa:
quando venne il momento della pavimentazione, proprio davanti all'altare,
sollevando il pavimento, ci si accorse che quello che era stato tolto altro non
era che una lastra tombale, che però era stata messa sul posto... rovesciata.
Su questa pietra era raffigurato un cavaliere con lancia ed un'altra figura
indistinta, posata in modo che questa scena potesse vedersi solo.. dal disotto
(vedi foto 20).
Questa lastra stava ad indicare l'ingresso di una cripta, quella dei
Blanchefort. Rimuovendo inolre questa lastra, Saunière trovò sotto di essa uno
strato di monete d'oro e d'argento, contenute in alcuni vasi di terracotta.
Forse una parte del tesoro templare o di un tesoro visigoto, questo non lo
sapremo probabilmente mai, visto che Saunière scrisse al suo vescovo, a tal
proposito, che quello che aveva rinvenuto non era un tesoro, ma piccole
medagliette con la Madonna di Lourdes, secondo il buon prete di nessun valore.
Dopo poco tempo, Saunière iniziò il lavori nel piccolo cimitero annesso alla
chiesa. E da qui cominciarono illazioni e manovre oscure. Prima di tutto,
Saunière trovò che c'era una qualche attinenza fra le pergamene trovate
nell'altare e la lastra tombale assieme alla lapide della marchesa di
Blanchefort: entrambe furono distrutte da Saunière, che così cercò di far
sparire ciò che era scolpito sulle due pietre della tomba: esso era sicuro
della riuscita del suo tentativo, ma non poteva sapere che delle due pietre
sacre erano stati fatti dei disegni dall'Istituto d'Arte di Carcassonne, quindi
i suoi sforzi si rivelarono inutili. Inoltre Saunière, che intanto aveva
assunto per la sua cura personale una perpetua, tale Marie Denarnaud, lavorava
nel cimitero quasi soltanto di notte, scavando e distruggendo lapidi e lastre
tombali. Questa cosa non mancò di suscitare proteste nella popolazione, che
prima si rivolse al Prefetto, infine al Vescovo di Carcassonne, dal quale
Saunière dipendeva. Questo ritardò i lavori nel cimitero, qualsiasi essi
fossero: ma furono comunque terminati, con la sparizione completa della tomba
della dama di Blanchefort. Ma cosa c'era scritto di tanto importante su queste
pietre tombali? E perché Saunière le distrusse? Cerchiamo di capirlo.
Osserviamo attentamente la lapide (vedi
foto 21). Vi è scritto, in un modo assai impreciso, che "qui è
sepolta la nobile Maria de Negre d'Arles dama d'Haupul di Blanchefort, di
sessantasette anni, deceduta il 17 gennaio 1781, riposa in pace.". Vi sono
alcuni errori sulla lapide, ma errori strani, anzi che avrebbero dovuto
suscitare l'indignazione dei familiari della marchesa. Difatti, la parte in cui
è scritto "DAME D'HAUPOUL" è errata, perché il marito era d'HAUTPUL,
e l'espressione riportata sulla lapide era usata, in quei tempi, come
contrazione di HAUTEPOULE, letteralmente "alta gallina", come
venivano definite le prostitute di alto bordo. Ma quello che avrebbe dovuto
scatenare le ire dei parenti della marchesa è scritto nelle ultime due righe,
"REQUIES CATIN PACE". Ora, in francese la parola "catin"
significa letteralmente, e ci si passi il termine, "puttana". E'
pensabile ipotizzare un errore dello scalpellino, ma questa ipotesi cade quando
sappiamo che l'abate Bigou era un fine latinista ed un uomo di grande cultura,
che mai avrebbe permesso un errore simile, e se anche fosse avvenuto, sarebbe
stato immediatamente corretto. Allora, è ipotizzabile che tale scrittura sia
stata voluta. Ma perché? Cercheremo di spiegare anche questo. Secondo il metodo
di decrittazione usato per la seconda pergamena, abbiamo visto quale enigmatica
frase ne scaturisce; ebbene, la stessa frase in francese, è l'esatto anagramma
della lapide della marchesa di cui abbiamo or ora parlato. Ora osserviamo la
lastra tombale (vedi foto 22).
Anche qui vi è qualcosa di estremamente strano: vi è la dicitura, mezza in
latino e mezza in greco, che non vuol dire nulla: in pratica è scritto "ET
IN ARCADIA EGO". Letteralmente significa "e in arcadia io", ma
non vuol dire niente, perché manca in verbo: se ad esempio ci fosse stato il
verbo essere, la frase corretta poteva essere formulata in questo modo: "ET IN ARCADIA EGO
SUM", che vorrebbe dire "e io sono in Arcadia", che ha già un
suo senso. Ma così non è, quindi vediamo la disposizione delle lettere: quello
che colpisce è sulla parte destra, dove la prima è la lettera greca Alfa, e
l'ultima è la lettera Omega: Alfa e Omega, inizio e fine, cioè quello che
identifica Gesù Cristo, perché, come Lui disse, "io sono l'inizio e la
fine". E le parole latine centrali: "REDDIS REGIS CELLIS ARCIS",
che potrebbe significare "restituisci il regno ai sotterranei della
fortezza", che anche qui sembra non avere significato. E anche qui il
criptogramma PS…. Comunque noi siamo sicuri che le pietre tombali della
marchesa nascondano ben altro, in quanto Saunière, se fosse stato solo questo,
non si sarebbe affannato a cancellare e distruggere ogni cosa di queste lapide
e lastra tombali. Ora, riallacciamoci al discorso della seconda pergamena dalla
quale, dopo averla decifrata, ne scaturiva quella stranissima frase, che
riportiamo: "PASTORELLA NESSUNA TENTAZIONE CHE POUSSIN TENIERS TENGONO LA
CHIAVE PACE 681 PER LA CROCE E QUESTO CAVALLO DI DIO FINISCO QUESTO DEMONIO DI
GUARDIANO A MEZZOGIORNO POMI BLU.". Occorre dire che Poussin e Teniers
erano due pittori, di grande talento. Soprattutto il primo aveva dipinto due
quadri, ambedue intitolati "I pastori di Arcadia", ed in questi
quadri, soprattutto nel secondo, vi è raffigurata una pastorella. In tutti
questi quadri, i pastori sono davanti ad una tomba, dove indicano con le dita
dei punti precisi (vedi foto
23). Sta proprio qui la chiave del mistero: però occorre capire
cosa è PACE 681 PER LA CROCE e tutto il resto. Qualcosa potrebbe stare sulla
lapide della marchesa: difatti non è strano che le due ultime righe siano
scritte in latino, ma quello che è strano è il fatto che l'ultima parola che
dovrebbe essere scritta in latino PAX, è invece scritta come PACE; e due righe
più sopra c'è scritto DCLXXXI, cioè 681, e la croce potrebbe essere quella
della lapide, ultima in alto….. tutto è da considerare. Comunque, ripetiamo, la
chiave del mistero è in questa indicazione, compresa quella dei pomi blu, che
sono raffigurati sulle vetrate della chiesa, e che in un certo periodo
dell'anno vengono proiettati dalla luce del sole. Fatto sta che, da questo
punto, Saunière cominciò ad avere fra le mani soldi a profusione, una quantità
incredibile per quei tempi, tanto che fece ultimare i lavori della chiesa in
modo faraonico, fece costruire un serbatoio per l'acqua a beneficio di tutto il
paese e, alla fine, fece costruire addirittura una strada moderna con manto
asfaltato, una spesa folle per quei tempi e soprattutto per un prete di
campagna. Convocato da suo vescovo, Saunière disse candidamente che tutti i
soldi venivano dalle offerte per le Sante Messe, ma ovviamente non venne
creduto. Cominciò anche a circondarsi di amici influenti, tra i quali la
cantante Emma Calvè, che anzi qualcuno dice che divenne anche la sua amante; ma
la sua opera più incredibile e faraonica fu quando commissionò la costruzione
della sua biblioteca, che chiamò Villa Bethania, e che fece completare con una
torre circolare che chiamò Torre di Magdala (vedi
foto 24), sempre in onore di Maria Maddalena. La spesa della
biblioteca e della torre si aggirò, in denaro odierno, intorno ai 3 miliardi di
lire, una cifra per quei tempi che nemmeno la città di Carcassonne poteva
permettersi di spendere a cuor leggero. Più volte convocato dal vescovo,
Saunière rifiutò sempre di rivelare dove prendesse tutto quel denaro, tanto che
fu sospeso "a divinis", per poi essere reintegrato poco prima della
sua morte, che, guarda il caso, fu preceduta da un ictus cerebrale proprio il
17 gennaio, per poi morire il 21 dello stesso mese. Nel frattempo, Saunière
aveva fatto intestare tutti i beni a Marie Denarnaud, proprio la sua perpetua,
giacché essa, alla morte di lui, si trovasse ricca e benestante, cosa che
avvenne puntualmente: ma anche lei non volle mai rivelare il segreto di cotanta
ricchezza, e non volle mai vendere nulla, tranne che a un tale Noel Corbu, suo
amico, al quale disse "Quando sarà il momento, vi rivelerò un segreto che
vi farà così ricco da dover passare il resto dei vostri giorni a contare
denaro". Ma non fece in tempo, in quanto una paralisi la rese muta e le
provocò una demenza, che la portò alla morte, anche lei con il suo segreto. Corbu,
che era divenuto proprietario, fece scavi ed altro, ma non trovò nulla. Ma
anche lui, alla fine, morì in un tragico incidente stradale. Tutti e tre sono
ora sepolti nel cimitero annesso alla chiesa, in terra consacrata (vedi foto 25), anche se
Saunière, in punto di morte, si confessò con un altro prete, tale Rivière, che
non gli diede però l'assoluzione. Ma allora, il segreto di Rennes-Le-Chateau in
che cosa consiste? Si fanno ormai da anni una ridda di ipotesi, ma la più
accreditata, anche perché suffragata da elementi obiettivi, è quella che nella
tomba della dama di Blanchefort, sia invece stata sepolta nientemeno che Maria
Maddalena. Proprio così, e tale ipotesi è supportata non solo dalle iscrizioni
che sono sulle pietre tombali, che si richiamano ad una donna dai facili
costumi, ma anche da ciò che si può ammirare nella straordinaria cattedrale di
Chartres: in una delle vetrate policrome, risalente al 1200, si narra la storia
di Maria Maddalena, ed in una scena è chiaramente raffigurato, oltre che scritto,
il suo sbarco sulle coste francesi della Provenza, fino ad arrivare in
Linguadoca, dove lei ha continuato a diffondere la parola di Cristo, come hanno
fatto gli altri apostoli. Ma una domanda rimane: se nel sepolcro della dama di
Blanchefort è sepolta Maria Maddalena, quale importanza può avere? E quale
segreto possono nascondere solo povere ossa, se pure appartenute a colei che fu
più vicina di tutti a Gesù? O piuttosto il segreto sta in qualcosa che è
sepolto con lei, magari documenti di importanza eccezionale? Ricordiamo che,
quando Saunière fu sospeso dal Vaticano, per parlare di questo problema proprio
con Saunière intervenne sul posto il nunzio pontificio, che era nientemeno che
Angelo Roncalli, poi divenuto Papa con il nome caro a tutti di Giovanni XXIII.
Forse lui era a conoscenza di questo segreto? Qualcuno, che dice di essere bene
informato, ha detto che il segreto è di tale portata che, se conosciuto,
farebbe tremare la Chiesa di Roma dalle fondamenta, come in Francia, nel 1250,
si disse che i Templari custodi di un segreto (probabilmente lo stesso)
avrebbero messo a morte chiunque, compreso il re, se avesse visto o saputo il
segreto in questione. Ora noi non sappiamo in cosa consista questo segreto, ma
ci rendiamo conto che deve essere forzatamente qualcosa di grosso, troppo
grosso, se addirittura la Chiesa non vuole parlarne e chi se ne interessa, se
stimolato in tal senso, fa finta di non capire. Noi siamo stati a
Rennes-Le-Chateau: possiamo dire che l'atmosfera è veramente strana,
dappertutto, anche se il paese consta di poche anime. E' come se su tutto
gravasse un peso, un mistero troppo pesante da portare, ma che occorre
conservare a tutti i costi. Quando abbiamo tentato di parlare con la gente del
luogo di questo, tutti si sono irrigiditi, altri non hanno risposto, altri ci
hanno voltato le spalle e sono andati via, un comportamento certo non normale.
Quello che possiamo dire è solo questo: i Templari erano custodi di un segreto
che hanno trovato nelle viscere del Tempio di Salomone a Gerusalemme, un
segreto così importante che nessuno, tranne gli Alti Ufficiali potevano
saperlo, e che nessuno poteva vedere o toccare. Anche da qui, la storia dei
Templari diviene leggenda e si ammanta di mistero: un arcano che noi, con
caparbietà e con costanza tutta templare, cercheremo comunque di scoprire,
sempre che il Padre Onnipotente ce ne dia forza e merito