Stefano Beverini



Quando la telepatia salva la vita


Un caso spontaneo di ESP - Il tragico
imprevisto  e  la  strana   visione -
Guidato dal mistero.








La parola: arma a doppio taglio, strumento di coesione o di distacco tra gli esseri umani. Basta scendere per strada o utilizzare gli affollati mezzi pubblici per subire, nostro malgrado, quel solito martellante profluvio di chiacchiere incessanti e spesso superficiali. Oppure essere subissati, attraverso i media, dagli slogan propagandistici, o dall'ostentazione di sterile culturalismo. E così, dai dialoghi insipienti alle frasi pletoriche o d'effetto, frutto di sofisticate tecniche di elaborazione mentale, ben raramente si può affermare che le parole coincidano con l'interiorità dell'essere umano. Ma talvolta è possibile instaurare quella tanto agognata comunione tra gli uomini, così difficilmente realizzabile nel vivere comune, con un linguaggio immediato ed essenziale: quello della telepatia.
Stoneham, Massachussetts, 14 giugno 1955. Jack Sullivan era un saldatore, troppo occupato a mantenere i suoi cinque figli per dedicarsi a qualche lettura. Ovviamente ignorava anche la possibilità che esistessero fenomeni paranormali.  Quel giorno stava lavorando sulle condutture dell'acqua sotto via Washington, una  affollata strada di Boston. Era rimasto solo, nel tardo pomeriggio, per le ultime saldature. Una breve risalita in superficie, per controllare il funzionamento del generatore, posto sull'autocarro, per poi fare ritorno nella galleria.
All'improvviso il fossato franò. Terra, argilla e pietre lo schiacciarono contro il tubo in parte ancora rovente, immobilizzandolo. Egli gridò, ma rimase presto senza fiato: nessuno poteva udirlo, sia per il traffico, sia perché il generatore, sempre in moto sull'autocarro, copriva la sua voce.
Gli era difficile respirare, ma grazie alla maschera che portava sul viso i detriti non gli riempirono la bocca. Si rese conto che la sua mano destra fuoriusciva leggermente dalle macerie, ma era improbabile che i passanti la scorgessero, perché si trovava sul fondo di un grande fossato, in quella parte di strada delimitata dal piccolo cantiere di lavoro. Per accorgersene, qualche curioso avrebbe dovuto fermarsi, guardando attentamente dentro la fossa.
Sullivan pensò alla sua famiglia, e come avrebbero potuto vivere i suoi cinque figli, ancora molto giovani, senza di lui. Iniziò a visualizzarli chiaramente, come se gli fossero davanti. Una chiara immagine si sostituì improvvisamente a quella dei figli: era Tommy Whittaker, il suo migliore amico, anch'egli saldatore. Jack sapeva che Tommy stava lavorando in un altro punto della conduttura, lontano qualche miglia.
L'altro, invece, ignorava che Sullivan si trovasse in via Washington, dove -- in modo non previsto - erano stati ripresi i lavori interrotti in un'altra parte della città, per l'impossibilità di proseguirli a causa di uno strato di roccia. Intanto il sangue che colava nella gola, da una ferita al naso, rendeva a Sullivan sempre più difficile la respirazione. Gli rimanevano solo la preghiera, e la speranza. Pensò nuovamente a Tommy...
Lontano, in Westwood, due saldatori erano intenti a terminare una giuntura. Per Whittaker era ormai un lavoro automatico, e un'infinità di pensieri attraversavano la sua mente. All'improvviso gli balenò l'idea di dover correre in via Washington. Tale illogica convinzione diventava persistente. Doveva andare là, senza comprenderne il motivo. Interruppe lo svolgimento del servizio, anche se mancava circa solo una mezz'ora alla sua conclusione. Nonostante le proteste del suo compagno di lavoro, egli salì in auto, per seguire la propria idea fissa.
Non provò neppure il desiderio di tornare a casa. Whittaker si diresse, nel gran traffico, verso via Washington. Percepiva in modo netto che fosse qualcosa o qualcuno a trascinarlo là. Si fermò un attimo, per salutare un collega che stata lavorando in un altro cantiere lungo la  strada percorsa. Invano questi cercò di dissuaderlo, essendo anch'egli convinto che in quel giorno nessuno stesse lavorando in via Washington. Ma Tommy proseguì finché giunse sul posto.
Vide l'autocarro della sua impresa con il generatore in funzione. Raggiunse il fossato e capì che vi era stata una frana. Quindi distinse la mano che sporgeva dal terriccio. Corse ad avvertire i pompieri, per tornare subito sul posto e tentare di scavare intorno all'uomo imprigionato dai detriti. Dopo pochi minuti giunsero i soccorsi, ma furono necessari ben venti minuti per liberare il malcapitato. Era seriamente ferito ma respirava ancora, nonostante fosse trascorsa più di un'ora dal momento dell'incidente. Rimarrà molte settimane in ospedale e non recupererà mai completamente l'uso della spalla, e del braccio gravemente ustionati. Tuttavia si considerò già molto fortunato ad essere ancora vivo.
Tommy Whittaker non spiegherà mai a se stesso quale forza lo spinse a interrompere il lavoro, e a percorrere circa cinque miglia verso un luogo in cui razionalmente non avrebbe avuto alcun motivo per recarvisi. Semplicemente, doveva andare là, e in fretta. Non ne conosceva lo scopo, ma si sarebbe sentito tranquillo solo se l'avesse fatto.
"Questo rimase il solo caso di telepatia che coinvolse i due protagonisti. Essi non avranno in seguito più alcun fenomeno paranormale. Ma l'esempio è più che sufficiente per comprendere come la parapsicologia della vita quotidiana, raccolta da Leo Talamonti, e confermata dalle recenti inchieste di Dettore, Cassoli, Rinaldi, Giovetti... si affacci prepotentemente, e in modo inaspettato, nella nostra esistenza. E ci fa comprendere, ancora una volta, che esiste un ""qualcosa"" che va oltre la materia, oltre le traversie della nostra comunque imprevedibile vita. "




Nota: il caso era stato divulgato da Betty e Fraser Nicol, assistenti alla Duke University (USA), sulla rivista Tomorrow, n.3, 1957.