UPANISAD

A CURA DI CARLO DELLA CASA

UTET EDIZIONI

INTRODUZIONE

Le Upanisad sono trattati di varia estensione, di varia epoca e di varia forma, alcune in prosa, altre versificate, altre ancora miste di prosa e di strofe, son dedicate alla contemplazione o all'illustrazione delle verità supreme e son dirette a rispondere alle domande pressanti dell'individuo, che si chiede quali siano l'origine e il destino dell'uomo, quale ragione regga le varie vicende dell'esistenza, quale sia il fondamento ultimo dell'universo e della vita.

Trattati di questo tipo e di questo nome furono nell'India sempre composti per le esigenze di sette diverse 1. Ma le Upanisad veramente importanti e tipiche sono poco più d'una dozzina, sono denominate Upanisad antiche e medie oppure vediche, appartengono alle varie scuole che si rifanno alle Samhita vediche e quindi fanno parte della rivelazione, e risalgono a un periodo compreso, con tutta probabilità, tra il 700 e il 300 a. C.

Il termine, nell'interpretazione che per lungo tempo ha goduto maggior fortuna e che s'attiene al significato più evidente (upa-nisad = sedersi vicino) sembra alludere al carattere esoterico dell'insegnamento, partecipato dal maestro al discepolo che, convenientemente preparato e disposto, appunto vicino sedeva 2.


E veramente assai spesso nelle Upanisad s'afferma che l'insegnamento deve essere tenuto segreto e comunicato soltanto a chi è iniziato, sia per l'audacia innovatrice dell'insegnamento stesso, sia per la difficoltà di essere compreso da orecchio impreparato. Ma è veramente innovatore questo insegnamento? Non tutto naturalmente è detto nelle Upanisad in contrapposizione con quanto prima era stato affermato, spesso non v'è distacco dalle osservazioni e dalle speculazioni precedenti, talvolta non è visibile differenza di forma, contenuto, atteggiamento fra alcuni testi accolti nelle Upanisad e testi appartenenti a raccolte anteriori.

Chi consideri tuttavia la dottrina monistico-idealistica in cui sembra culminare il pensiero upanishadico, chi osservi il rivolgimento portato nella concezione della vita dal dogma del ciclo delle esistenze, che proprio nelle Upanisad s'afferma per non più abbandonare il suolo dell'India, chi valuti nella giusta misura la difficoltà di staccarsi dalla concezione mitica dell'universo e dal dominio più o meno esclusivo del rito e della magia per guardare con occhio spassionatamente limpido ai fatti della vita e della morte, dovrà riconoscere che nelle Upanisad, al di là degli innegabili apriorismi e delle sopravvivenze del passato, lo spirito umano ha lasciato una documentazione notevolissima d'un travaglio spirituale che cerca, propone e ancor dubita delle soluzioni proposte, che accetta e combina spregiudicatamente elementi e nozioni di varia origine, che per rappresentare la complessità dell'inconoscibile non esita ad ammettere contraddizioni e contrasti. E la validità non già delle risposte date, ma dell'atteggiamento assunto, è dimostrata dal fatto che la storia del pensiero indiano è incomprensibile ove si trascuri il periodo delle Upanisad antiche e medie.


"La maggior parte degli studiosi delle Upanisad vediche considera più antiche, nell'ordine, la Brhadàranyaka Up., la Chandogya Up., la Taittiriya Up., l'Aitareya Up., la Kausitaki Up., la Kena Up., le quali sono tutte in prosa con qualche strofa lirica o gnomica. Segue un gruppo di testi in forma quasi totalmente metrica (Isa Up., Katha Up., Mundaka Up., Prasna Up., Svetasvatara Up.); quindi vengono, di poco più tarde, la Màndukya Up., la Maitrayaniya Up. e la Mahanarayana Up. Lo studio della lingua, la considerazione della forma e del contenuto hanno permesso di stabilire questo ordine cronologico, che è soggetto comunque a dubbi e controversie anche per le varie rielaborazioni a cui il materiale raccolto sembra sia andato soggetto. Mentre è probabile che i testi confluiti nelle Upanisad del primo gruppo siano prebuddhistici e in ogni caso non posteriori alla predicazione del Buddha (ca. 500 a. C.) 3, per le Upanisad medie si dovrà scendere di qualche secolo, rimanendo comunque sempre prima dell'inizio della nostra era. Più recenti invece le Upanisad cosiddette del Yoga e quelle settarie, di cui si parlerà in seguito. Ancora va ricordato che le singole Upanisad non sono attribuite a un autore determinato, ma in esse compaiono nomi di sapienti o di maestri che figurano depositari d'un sapere che, spesso a malincuore, acconsentono a rivelare. E in verità le Upanisad, specialmente le più antiche, non sono opere organiche che rivelino la mano d'un unico autore, ma sono piuttosto collezioni di brani giustapposti, ossia raccolte di tutto quanto fu ritenuto degno d'essere conservato, come testimonianza del travaglio spirituale di generazioni di ricercatori."

"La prosa delle Upanisad più antiche è assai vicina, per lingua e stile, a quella dei Brahmana, in cui esse sono state incorporate; le Upanisad metriche presentano schemi prosodici abbastanza semplici e sono inclini a riassumere in brevi frasi dogmatiche i risultati, considerati ormai acquisiti, delle ricerche compiute; nelle Upanisad del terzo gruppo la dizione è molto più elaborata e assai vicina a quella del sanscrito classico. Frequenti sono i dialoghi, che permettono di rappresentare con vivacità le diverse posizioni dottrinali e il carattere degli interlocutori; spesso assai ardui sono i passaggi dall'uno all'altro argomento, non di rado motivati dal ricorrere d'un numero, d'un vocabolo, d'una frase che richiamano, per analogia o per antifrasi, altri concetti; assolutamente spregiudicato l'uso di aforismi, enigmi, similitudini, che devono introdurre il discente alle ultime verità, al superamento del rito per raggiungere quello che acutamente è stato definito il piano del ""metaritualismo""."

"I dati geografici tratti dagli stessi testi permettono di localizzare le Upanisad vediche nella parte orientale del Doab gangetico e nella regione posta tra esso e il Bihar, che fu il centro spirituale dell'India al tempo del Buddha. La regione apparisce divisa in stati piuttosto limitati, dove la piazza del villaggio è il luogo dell'assemblea, la ricchezza è costituita da armenti e greggi e i premi ai vincitori sono vacche e modeste quantità d'oro. La vita contadina raffigurata nelle Upanisad è in netto contrasto con la cultura cittadina documentata nelle opere del canone buddhistico, che rappresenterebbe quindi una realtà sicuramente posteriore; ma può essere che le Upanisad abbiano mantenuto una visione tradizionale della vita, conservatasi nella letteratura ma non più attuale 4."

L'ambiente sociale delle upanisad è assai vario: come interlocutori compaiono brahmani, ma anche guerrieri, servi e figli di servi e persino donne, che sono interessate a problemi teologici, mentre in seguito è noto che saranno poste in una condizione di minorità che continuerà fin quasi al nostro secolo. L'ordinamento castale non separa ancora nettamente la popolazione secondo la nascita: l'umiltà dell'origine non impedisce infatti a Satyakama, figlio d'una serva e di padre ignoto, di accedere allo studio e alla discussione (Ch. Up., 4, 4), mentre in seguito la lettura dei Veda sarà riservata, secondo la legge, soltanto ai membri delle tre caste più alte.
Di frequente guerrieri e principi non sono soltanto ansiosi di discussione, ma sono in possesso, e la stessa cosa succede in testi brahmanici precedenti, d'una scienza che ai sacerdoti è sconosciuta 5, sicché sono i brahmani a prendere la legna per il fuoco, simbolo dell'alunnato e della completa soggezione al maestro, e a recarsi alla scuola del guerriero o del principe.

Ciò ha indotto alcuni studiosi a ritenere che le dottrine prevalenti nelle Upanisad, in particolare la dottrina dell'unica realtà dell'Atman-Brahman e il dogma della trasmigrazione delle anime, siano sorte, in opposizione alle concezioni ritualistiche propugnate dagli esponenti della religione per così dire ufficiale, per opera di rappresentanti di correnti razionalistiche laiche, che ora soltanto avrebbero potuto sottrarsi all'egemonia d'un potere sacerdotale estremamente oppressivo, gretto e geloso dei propri privilegi 6. In effetti l'atmosfera dominante nelle Upanisad è di superamento della presunzione d'onnipotenza attribuita alla pratica sacrificale, che nelle Upanisad vediche non viene ripudiata, ma è considerata inferiore e limitata di fronte alla conoscenza, e il monismo in esse affermato è in netto contrasto con il pluralismo e il politeismo
vedici.
"È anche vero tuttavia che dubbi sul potere e sull'esistenza degli dei, esitazioni sul valore del sacrificio o di certe sue forme e la tendenza a interpretare simbolicamente il sacrificio, alle complesse pratiche rituali sostituendo la meditazione o il compimento di atti della vita comune, sempre ce ne furono e non necessariamente al di fuori della casta brahmanica, che comunque accolse l'espressione di quei dubbi e di quelle incertezze nelle sue raccolte sacre; ed è ancor più vero che è il brahmano Yajnavalkya il più convinto e convincente assertore del monismo idealistico e che la redazione giuntaci delle Upanisad si rivela con assoluta certezza proveniente da mano sacerdotale. Se opposizione ci fu, essa fu rivolta contro la parte più retriva del sacerdozio e le Upanisad, ripetiamo nella"
"redazione in cui ci sono pervenute, testimoniano ormai il superamento di contrasti e conflitti. La conclusione che ci sembra più vicina al vero è che alla formulazione delle dottrine più caratteristiche abbiano partecipato in misura notevole appartenenti ad altre caste, perché non è pensabile che i brahmani, estensori dei testi, abbiano spinto l'ossequio per la classe depositaria del potere politico ed economico fino a inventare una situazione del tutto fantastica; ma ben presto quelle dottrine furono accettate e fatte proprie dai brahmani, che in esse finirono per vedere la continuazione e la conclusione di meditazioni che non sentivano affatto estranee alla propria tradizione e alla propria forma mentis. E infatti Vedanta furono dalla tradizione indiana chiamate le Upanisad vediche, ossia ""conclusione del Veda"", sia nel senso di parte finale di tutta la rivelazione, sia nel senso di parte ultima, e più complessa, dell'insegnamento impartito al discepolo, sia nel senso di culmine dell'intero pensiero vedico, stabilito in questa forma e affidato alla posterità."

Formalmente le Upanisad appariscono come l'appendice dei testi di epoca precedente: e anche qui si sorprende una delle caratteristiche più evidenti della civiltà letteraria e religiosa dell'India, voglio dire quella fedeltà almeno formale alla parola del passato che giustifica il proliferare di commenti e supercommenti, nei quali con interpretazioni non raramente forzate si cerca di trovare nella tradizione lo spunto per nuove concezioni e nuovi atteggiamenti.

"Lo sviluppo del culto e della pratica sacrificale nei più antichi tempi vedici aveva portato alla formazione di tre distinti manuali, il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, contenenti gli inni, le formule sacre, i canti melodici per i tre preti principali attori del sacrificio (rispettivamente hotar, adhvaryu, udgatar). A queste tre raccolte, che costituivano la ""triplice scienza"" religiosa, fu in seguito aggiunto come quarto l'Atharvaveda, ""Veda dell'atharvan o sacerdote del fuoco"", la cui sacertà fu a lungo discussa, poiché s'occupava per buona parte di scongiuri e di esorcismi di magia bianca e nera per scopi quasi sempre del tutto privati. L'Atharvaveda fu considerato il manuale del quarto sacerdote o brahmàn, che sorvegliava l'andamento del sacrificio e interveniva, grazie alla superiore conoscenza che possedeva della ""formulazione"" della verità, pronunciando mentalmente o espressamente le preghiere e"
gli scongiuri adatti per liberare il sacrificio dai difetti eventualmente riscontrati.

"Quando il sacrificio assunse funzione di operazione magica, valida di per sé purché fosse ritualmente perfetta, capace di costringere la volontà degli stessi dei e quindi fulcro della vita dell'uomo e del cosmo, ad ognuna di quelle raccolte s'aggiunsero degli imponenti trattati liturgici, i cosiddetti Brahmana, o libri riferentisi al Brahman, ossia alla ""formulazione"", delle verità eterne, diretti a illustrare il sacrificio, le cui operazioni materiali venivano date per conosciute, mentre ampio spazio veniva dato al racconto dell'origine del rito, all'affermazione della sua efficacia, all'interpretazione degli strumenti usati nel sacrificio e all'identificazione di essi con le varie parti del cosmo. Il sacrificio era infatti considerato rappresentazione simbolica dell'universo e quindi, secondo i principi della magia per identificazione, dominando gli strumenti del sacrificio s'otteneva il dominio sul fenomeno cosmico identificato con lo strumento."

"Ai Brahmana, testi farraginosi e pletorici, ricchi di assurdità rituali e di elucubrazioni etimologiche, fanno seguito gli Aranyaka, ""testi silvestri "", ossia da recitarsi e da insegnarsi nella foresta, in un isolamento dovuto alla pericolosità magica delle azioni e dei riti in essi raccomandati. In questi si ritrova la convinzione che fili misteriosi colleghino tutte le apparizioni in una solidarietà che abbraccia l'intero universo, fisico e morale, e che risiede in ultima analisi sulla fede che a tutti i fenomeni sottenda una realtà unica che si manifesta in una poliedrica visibile varietà di oggetti ovvero di nomi, poiché nome e oggetto sono tutt'uno e la relazione stabilita tra i nomi sottintende la stessa relazione tra gli oggetti. Per colui che ""così sa "", ossia per colui che ravvisa queste misteriose correlazioni, che conosce l'intima essenza d'un atto o d'un rito, sarà indifferente compiere quell'atto o quel rito oppure uno sostitutivo: in altre parole potrà raggiungere per via di successive identificazioni ciò che è lontano e invisibile per mezzo di ciò che è vicino e tangibile e l'adempimento di funzioni naturali, come il respirare o il mangiare, sarà considerato equivalente al sacrificio più solenne."

Questi stessi atteggiamenti si continuano nella Upanisad, che sono le parti ultime e più propriamente filosofiche dei trattati liturgici testé citati, staccate dal contesto, in maniera tuttavia avventurosa e arbitraria, cosicché il taglio non è netto e molti testi importanti dal punto di vista filosofico sono rimasti nei Brahmana e negli Aranyaka e viceversa elucubrazioni ritualistiche e magiche sono incorporate nelle Upanisad. L'appartenenza dei singoli testi a questa o quella raccolta vedica non incide se non per questioni di dettaglio (come ad esempio nella Chandogya Up., che appartiene al Samaveda, l'attenzione rivolta al saman, ossia alla melodia, piuttosto che all'inno sacrificale) ed è quindi parso opportuno seguire un ordinamento cronologico, per incerto che possa essere, piuttosto che la divisione liturgica.

"L'affermazione dell'unicità dell'origine e della sostanziale medesimezza delle manifestazioni empiriche non è soggetta nelle Upanisad al minimo dubbio, mentre il metodo delle identificazioni è tanto comune che qualche studioso, come si è detto, interpreta il termine Upanisad come ""equivalenza"". Ma se la fede nell'unità dell'Essere, che si configura come il modello immobile e la meta suprema, è veramente la caratteristica più evidente delle Upanisad (anzi in Ch. Up., 7, 4, 1, sembra che il concetto d'esistenza sia inscindibile da quello d'unità), la forza delle apparenze concrete ha pure il suo peso. Da questo complesso di sentimenti ci sembra che traggano origine alcuni dei tratti più tipici delle Upanisad: e vogliamo dire la dedizione e l'entusiasmo nella ricerca (così ben rappresentati nell'episodio di Naciketas) e nella contemplazione di quell'Uno che sta oltre il velame delle apparenze, ma anche il riconoscimento dell'impossibilità di raggiungerlo con mezzi umani, cosicché per avere un lampo d'intelligibilità (un lampo soltanto, ché altro si sa di non poter pretendere) s'ammetteranno tutte le vie, dalla rinuncia al rito, dall'illuminazione mistica e dalla grazia sovrannaturale alla moralità comune, e si tenteranno tutti gli espedienti, dalle affermazioni che soltanto nella ripetizione trovano la loro forza, ai paragoni più suggestivi che persuasivi, dalle indagini sugli elementi del culto e sui nomi alle osservazioni naturalistiche, al tentativo di far della scienza, alle pseudo dimostrazioni, convinti d'altra parte che tutta la realtà visibile ha una sua dignità in quanto rispecchia in qualche modo la sublimità di quell'Uno di cui essa è la manifestazione."
"La fortuna delle Upanisad nell'India è testimoniata dai numerosi commenti che ad esse furono dedicati (Gaudapada, VIII sec.?, Sankara, IX sec., Madhva, XIII sec., Sankarananda, XIV sec., Narayana, XIV sec., Rangaramanuja, XVI sec., Bhaskararaya, XVIII sec., Aurobindo Ghosh, XX sec.). Inoltre esse furono il punto di partenza delle costruzioni filosofiche posteriori, che, pur allontanandosi dal pensiero o meglio dai pensieri delle Upanisad, di queste si sono servite per trovarvi la conferma delle proprie affermazioni. È ovvio che in questi casi il testo è sottoposto a interpretazioni forzate: anzi si giunge a tali punti (ma l'interpretazione è quasi sempre giustificata con il ricorso a sottigliezze tecniche veramente mirabolanti, consentite anche dalla particolare struttura dei composti sanscriti e dalla scrittura stessa in devanagari) che a stento si crederebbe che i commentatori abbiano avuto sott'occhio lo stesso testo. Del resto l'abitudine di rifarsi al passato nell'India è almeno tanto antica quanto le Upanisad medesime, che dai Veda traggono strofe isolate e fuor del contesto le interpretano piuttosto liberamente, e non si limita soltanto all'ambiente brahmanico. Citeremo a mo' d'esempio i casi dei già citati Sankara e Madhva e di Ramanuja (XI-XII sec.), tutti e tre appartenenti al Vedanta (propriamente Vedantamimamsa, ""indagine sulla parte finale dei Veda""), ossia di quel sistema filosofico che si vanta d'essere l'erede autentico del pensiero upanisadico, di cui accentua e sviluppa determinati aspetti. Sankara commentò undici Upanisad 6bis, in esse vedendo il sostegno alla propria dottrina dell'idealismo monistico assoluto, per cui soltanto lo spirito esiste, essendo il mondo l'obiettivazione illusoria dello spirito, la corda creduta serpente da chi è immerso nelle tenebre dell'ignoranza (ma nelle Upanisad antiche il mondo è ben reale e la pluralità fenomenica, una volta prodottasi dall'unità originaria, vive per così dire di vita propria). Ramanuja invece nelle più recenti tra le Upanisad vediche ritrovava soprattutto il seme della bhakti, ossia della devozione fidente in un dio personale, Narayana-Visnu, del quale sono modi o forme le anime individuali e la materia, che?"
"inscindibili dal dio ma distinte da lui, costituiscono dunque una triplice unità in una costruzione religioso-filosofica che fu definita visistadvaita, ""monismo differenziato "", o, forse meglio, ""non dualità del [l'Uno che pur è] ricco di attributi o di qualificazioni ''. Madhva infine, con interpretazioni d'un'artificiosità e d'una faziosità straordinarie, nelle Upanisad vedeva, in netta polemica con le altre forme di Vedanta, l'affermazione d'un vero dualismo: da una parte il Brahman supremo, che si configura nella persona di Hari-Visnu, dall'altra le anime individuali e la materia. Queste son completamente dipendenti dall'arbitrio di Visnu, che è quindi l'unica causa efficiente del divenire e dell'ordine cosmico, ma la differenza tra i due principi permane invalicabile ed eterna."

"Ancor in epoca contemporanea le Upanisad sono state e sono fonte d'ispirazione per poeti e pensatori: secondo Ram Mohan Ray (1772-1833), il ""padre della nuova India"", il primo dei riformatori indiani dell'epoca moderna, la base d'ogni religione è il puro monoteismo che gli sembrava il succo del pensiero upanisadico; Tagore (1861-1941) nelle Upanisad ritrovava la dottrina dell'armonia della natura, Aurobindo Ghosh (1872-1950) e Sarvepalli Radhakrishnan (1888-1975) le pongono a fondamento delle loro costruzioni filosofiche, dirette alla ricerca e all'esaltazione d'un equilibrio universale che si giustifica in ultima analisi per la divinità dell'esistente."

"In Europa le Upanisad furono dapprima conosciute nella traduzione latina di Abraham Hyacinthe Anquetil-Duperron (Oupnek'hat, i.e. secretum tegendam, Strasburgo, 1801-02), eseguita sulla traduzione persiana di cinquanta Upanisad, che nel 1657, poco prima d'essere giustiziato per ordine del fratello Aurangzeb, fece compiere il principe moghul Dara Shukoh, studioso delle religioni indiane e desideroso di giungere, sull'esempio dell'avo Akbar, a un sincretismo che ponesse fine alle lotte religiose tra Indù e Musulmani che dilaniavano il suo impero. Dall'Oupnek'hat vennero a conoscenza di Arthur Schopenhauer quelle ""concezioni quasi sovrumane"" nelle quali a suo giudizio si compendiava la saggezza primeva dell'umanità; ed è noto il suo elogio di quella ""lettura più d'ogni altra al mondo fruttuosa ed edificante"", che, come era stata il conforto della sua vita, sarebbe stata la consolazione della sua morte (Parerga und Paralipomena, II, par. 184). Schopenhauer,"
con atteggiamento tipicamente romantico che doveva persistere nella cultura, o meglio nel sentimento comune, per decenni, trasfigurava l'immagine dell'India e al suo entusiastico apprezzamento ben pochi davvero saprebbero unirsi. Le Upanisad rimangono tuttavia un momento culminante del pensiero indiano antico e come tali son sempre state l'oggetto di studi approfonditi da parte dei maggiori indologi d'ogni tempo.
Tema preferito delle Upanisad antiche e medie è la contemplazione dell'identità fra Brahman e Atman, ossia dell'identità fra ciò che è infinitamente grande e ciò che è infinitamente piccolo, fra il principio dell'universo, che a questo dà vita e fornisce la base, e il proprio sé, che è quello cui si giunge dopo aver spogliato la propria individualità di tutto quanto di transeunte, provvisorio, accidentale è legato a essa.

L'origine dei due vocaboli, Brahman e Atman, è nettamente distinta e nettamente distinti furono anche i modi e gli oggetti della speculazione.

"Brahman è parola della speculazione sacerdotale, che proprio nella fortuna della parola rivela la sua importanza 7. Abbiamo visto come il sacrificio fosse considerato l'immagine e il centro dell'universo; ma la parte essenziale del sacrificio è la parola sacro-magica"
"e la "" formulazione "" di essa è il Brahman. Quindi il Brahman è la forza sovrannaturale e misteriosa della parola magica: per esso il sacrificio è efficace, il brahmano ha il suo potere, i Veda hanno la loro onnipotenza; esso è la forza che è il fondamento di tutto l'esistente, che dà il potere agli stessi dei, che è difesa contro i mali, che è la fonte immortale di tutto ciò che è mortale: ""Ciò da cui tutti gli esseri son nati, ciò che li mantiene in vita, ciò in cui morendo vanno a finire"" (Taittiriya Up., 3, 1)."

"Atman è invece parola che originariamente indica il respiro (cfr. germ. Atem, con cui è etimologicamente congiunto), fu l'oggetto di osservazioni e di esperimenti diretti ad accertarne le caratteristiche e l'eventuale indispensabilità, e presto venne a indicare la parte essenziale della personalità umana, che è vista nel pensiero e nella conoscenza. Ora, poiché esiste un'analogia fra la costituzione del microcosmo e la costituzione del macrocosmo (ed essa, d'origine probabilmente indoeuropea 8, era un dato di fatto accettato dalla speculazione, incline ad attribuire ai fatti cosmici gli stessi connotati dell'esperienza terrena, tanto più che era assente ogni distinzione di principio tra spirito e materia), il principio vitale dell'uomo sarà eguale al principio vitale dell'universo ed eguali saranno pure le caratteristiche: l'Atman è dunque il Brahman e la conoscenza è l'essenza di entrambi. Ciò viene espresso nelle due ""grandi parole"" che compendiano l'insegnamento delle Upanisad: Tat tvam asi, ""Tu [, anima individuale,] sei il Tat, il principio supremo"" (Ch. Up., 6, 8 sgg.) e Aham Brahmasmi: ""Io sono il Brahman"" (B. Up., 1, 4, 10)."

È probabile che l'idealismo monistico espresso nell'identità Brahman-Atman non sia stato soltanto il prodotto d'una giustapposizione voluta, ma che sia il risultato ultimo di osservazioni di filosofia naturale, e precisamente di successive meditazioni sul fuoco, considerato principio vitale 9. Mentre è attestata, in tempi
"probabilmente diversi, una primazia attribuita all'acqua o al vento-respiro, della quale parleremo più avanti, il punto di partenza della cosiddetta dottrina del fuoco è l'osservazione che il calore corporeo è l'ultimo ad abbandonare il corpo alla morte, quindi supera sotto questo punto di vista anche il respiro. Il calore, ossia il fuoco, causa il brusio che si ode quando ci si tura le orecchie e provoca pure la digestione del cibo ingerito. Il fuoco proviene dal sole attraverso i raggi solari che si continuano nelle vene dello stesso colore confluenti nel cuore dell'individuo. Percorrendo a ritroso la stessa via, dall'individuo il fuoco ritorna nel sole in un ciclo continuo che congiunge terra e cielo, ossia mondo dei vivi e mondo dei morti, e che offre una risposta plausibile alle domande intorno all'origine e al destino dell'individuo. Ben presto si fa strada il pensiero che il fuoco è luce e che la luce è il simbolo o l'essenza della conoscenza, che, simile a lampada, appunto illumina gli uomini. Il principio vitale unico è allora conoscenza e la conoscenza è quella che vivifica le varie facoltà dell'uomo, in esse penetrando e da esse ritraendosi nel sonno, quando ogni attività sensoriale viene sospesa. Mentre nel sonno con sogni ancor si hanno le immagini dell'esperienza terrena (o perché tutto si ritrova nella cavità del cuore, che, simile allo spazio cosmico, tutto contiene, o perché ancora permangono l'impressione o il ricordo di quell'esperienza), nel sonno profondo è scomparsa ogni coscienza: il principio vitale, l'Atman, s'è ritirato nelle arterie che dal cuore si dipartono, ossia viene a cessare ogni collegamento con tutto quanto s'attiene alla terra. L'Atman rimane solo con se stesso, in una condizione di appagamento totale e dimentico, quale può aversi nella riunione di due amanti, in uno stato di quiete immobile e di beatitudine incosciente, della quale vien data una spiegazione che per il tempo in cui fu formulata apparisce straordinaria. Si ha conoscenza infatti quando esistono un soggetto e un oggetto della conoscenza; ma quando tutto s'è ridotto all'unità, quando l'Atman è solo con se stesso, con che cosa e chi potrebbe conoscersi? chi potrebbe conoscere il conoscitore? La beatitudine incosciente che è propria del sonno profondo, da cui tuttavia si ritorna, ricreandosi così tutta l'esperienza terrena, è poi trasferita allo stato dopo la morte, che nel sonno trova la sua immagine più vicina, per la tendenza, o l'abitudine, di trasferire al secondo termine della comparazione tutte le caratteristiche del primo, anche se non si riferiscono al medium comparationis. Lo stato dopo morte, che è lo stato comune a tutti e definitivo, è quindi una condizione di beatitudine priva di coscienza 10, ovvero di coscienza pura senza oggetto di fruizione e questo Atman perfetto è tanto lo stato finale quanto lo stato originario (poiché come dal sonno si ritorna allo stato di veglia così dalla morte si rinasce alla vita), è il tutto, è il Brahman. La contemplazione del principio universale da cui tutto si produce, che è identico al più vero, all'intimo se stesso, stupisce ed esalta. E infatti i vati delle Upanisad non si stancano di parlare della scoperta della divinità, potremmo dire, della propria essenza individuale, alla quale Sandilya (Ch. Up., 3, 14) scioglie quello che non a torto H. Oldenberg chiama un inno in prosa"

Di fronte alla possibilità di conoscere, e quindi di essere, l'Atman-Brahman ogni altra cosa perde di valore: infatti quisquis deum intellegit, dens fit 10 bis. Per esso si rinuncia al desiderio di ricchezze, al desiderio di prole. Chi lo conosce abbandona tutto e non è più toccato dalle transeunti vicissitudini della vita, la quale,
come la veglia è il contrario del sonno, è l'opposto dell'Atman perfetto e sarà pertanto dolore, turbamento, angoscia, conoscenza del particolare, azione e fruizione incessanti.

"Ma come si giunge all'Atman-Brahman? Questo è al di là d'ogni conoscenza distintiva, al di là d'ogni concepimento e d'ogni immaginazione umani; lo si può definire soltanto negativamente o come la coincidentia oppositorum, il che significa soltanto che esso è al di là delle umane distinzioni. La rivelazione di esso non s'ottiene con l'istruzione, ma avviene per un lampo improvviso, per un'estasi o per la grazia dell'Assoluto, che sceglie colui al quale palesarsi. In altre parole è una cosa straordinaria da raggiungersi per mezzo d'una norma straordinaria, soltanto staccandosi da tutto ciò che è umano è possibile raggiungerlo. In effetti l'atteggiamento mistico, con la sottintesa negazione dell'umano e l'ovvia elezione dell'ascesi, che è il rifiuto della vita e delle sue esigenze, è la conclusione logica di quelle premesse; e quando si dice che per chi ha raggiunto la verità tutto è indifferente, che bene e male sono superati, che la colpa non più macchia, è difficile non pensare a quei gruppi che secoli dopo alterneranno licenza e ascesi, perché son legate alla provvisorietà terrena e in fondo prive d'ogni intima validità, perché colui che conosce ciò che è superiore a tutto diventa superiore a tutto, dato che si diventa ciò che si conosce. Ma giunte a questo punto a noi sembra che le Upanisad esitino a proclamare il distacco completo dal mondo e abbiamo già accennato a quella che può esserne una causa: la convinzione nella sola realtà dell'Uno induce cioè a pensare che tutte le apparizioni contengano una parte di verità in quanto riflesso dell'Uno, e perciò infinite e tutte giustificate saranno le vie dell'accostamento, che considerano soltanto un aspetto, momentaneo e transitorio, della realtà. E allora la vita viene accettata, né può eludersi, ci si preoccupa del cibo e s'apprezzano gli allettamenti dei sensi, si desidera prole che continui la stirpe, si paragonano le età della vita alle varie tappe del sacrificio, si considera somma ascesi il vivere la vita. La rinuncia è sì raccomandata, ma la vita, con le sue esigenze di compassione, generosità, dominio di sé, vien prima, e se la conoscenza del rito in ultima analisi esime dal compierlo, al culto vien riconosciuta un'indubbia importanza propedeutica. Si va anzi più in là, e così non è assente il pensiero che di fronte"
"alla necessità può venir meno l'applicazione di qualsiasi norma e che la considerazione della molteplicità apparente deve venir prima dell'intuizione della realtà unica, che senza la prima è mutila""."

Insomma, nelle Upanisad è fermissima la convinzione che esista una verità trascendente i sensi e l'immaginazione umani, cui l'uomo aspira pur non sapendo configurarsela al di fuori della sua misura, ma è pur chiaro che l'uomo, ancorato alla terra, non può astrarre dalle esperienze della sua condizione: e nel trarre le conseguenze di queste affermazioni consiste l'umanità delle Upanisad.

"Che cosa tiene l'individuo lontano dall'Atman-Brahman e lo lascia perciò preda della molteplicità, del dolore, ossia di tutto ciò che dall'Atman-Brahman è diverso? È il karman, ossia l'azione e la forza immanente in essa, che agisce automaticamente, per il fatto stesso d'esistere e che si pensa determini la pluralità fenomenica, costringendo l'Assoluto, essenza costituita di puro spirito, in forme individuali che obliterano la coscienza dell'unità universale e originaria. L'azione è la caratteristica più propria dell'individuo, e sembra quindi abbastanza logico che in essa sia vista la causa dell'individuazione, mentre il mutamento del significato attribuito al vocabolo karman (che prima delle Upanisad designa l'atto rituale) è indicativo del sopraggiunto cambiamento degli interessi e dell'attenzione sempre più viva rivolta all'uomo. In alcuni punti si ritrovano ancora tracce dell'antica concezione per cui i pensieri nell'ora della morte determinano la condizione della futura esistenza 12; poi, con un evidente approfondimento del senso etico, la dottrina del karman come determinante della futura condizione d'esistenza s'afferma, dapprima come dottrina segreta (B. Up., 3, 2, 13), poi come postulato indiscusso. Difficile è tuttavia tracciarne la storia e individuarne l'origine. La dottrina del karman è sorta come naturale sviluppo di concezioni affermate nelle raccolte vediche o si tratta del risultato d'infiltrazioni d'un sostrato culturale"
"diverso che affiora adesso alla luce? In realtà nulla possiamo affermare con sicurezza, poiché del mondo culturale e in particolare religioso anario e preario non abbiamo alcuna conoscenza certa. È chiaro che due momenti sono di particolare importanza per il sorgere della credenza nel samsara, come sarà chiamato a partire dalla Katha Up. il ciclo delle esistenze determinato dalla qualità morale dell'azione compiuta dall'individuo: e sono la convinzione che l'atto abbia un'efficacia che supera i termini di questa vita e la fede che l'azione abbia il suo rimerito, nel mondo in cui è stata effettuata, per mezzo d'una nuova esistenza 13. La prima convinzione è alla base d'ogni pratica cultuale, intesa a ottenere benessere nell'aldilà o benefici terreni più o meno immediati, ed è ben documentata per l'epoca vedica. Più difficile è rintracciare nei testi vedici i diretti precedenti della dottrina della reincarnazione o della rinascita. Il timore che la dimora nell'aldilà non fosse eterna e che una nuova morte (punarmrtyu) attendesse il trapassato (e, poiché l'uno e l'altro timore derivavano dal raffigurarsi la vita oltretomba a somiglianza di quella terrena, una morte nell'aldilà non poteva non significare un passaggio al di qua della morte) può aver preparato l'idea del ritorno sulla terra, che fu visto talvolta come un premio (vedi Ch. Up., 5, 10, dove si dice che la fede del trapassato gli assicura, attraverso varie tappe, il ritorno su questa terra; vedi anche Satapatha Brahmana, 1, 5, 3, 14: ""La primavera torna dall'inverno e così questo da quella. Di nuovo nasce in questo mondo colui che così sa"")."

Introdotta o preparata dall'osservazione di fatti naturali, come appunto il ritorno delle stagioni o delle messi, facilitata dal pensiero che il figlio rinnova le qualità del padre, accettata forse anche per illuminare certe rimembranze inspiegabili che s'osservano presso popoli di svariato grado di cultura, aiutata soprattutto, a nostro giudizio, dal pensiero che la morte sia simile in tutto al sonno, permetta cioè il ritorno, e dalla considerazione del ciclo del fuoco e specialmente dell'acqua, che offriva l'esempio più convincente
d'un rapporto fra la terra e il cielo, sede tradizionale dei morti, e indicava anche i modi del ritorno sulla terra, la dottrina del samsara determinato dal karman s'accordava in qualche modo con la dottrina dell'Uno-tutto. Se l'Assoluto immortale è identico alla parte essenziale dell'individuo, come può parlarsi di morte per questa parte immortale? D'altra parte se l'Assoluto è penetrato nell'individuo, per ciò individualizzandosi, dovrà essere la caratteristica dell'individuo, ossia l'azione, a condizionare questa individualità.

"È certo dunque che è il karman a determinare una serie successiva di esistenze, ma non è ben stabilito come agisca il meccanismo delle reincarnazioni o delle rinascite e in che cosa consista il legame che unisce la nuova vita con quella precedente. Sono infatti prospettate varie soluzioni. La prima nega il persistere d'ogni sostrato della personalità (B. Up., 3, 2, 13): dissoltisi tutti gli elementi che costituivano l'individuo, esiste soltanto l'azione che, analogamente a quanto è insegnato dalla dottrina del Buddha, produce la formazione d'una nuova creatura, la quale potrà indifferentemente appartenere, secondo la qualità morale dell'azione compiuta, al mondo umano, all'animale, all'infernale o al divino, poiché anche gli dei sono condizionati, nel loro stato di potenza e di perfezione, dall'opera compiuta, che non può non produrre effetti limitati nel tempo. La cosiddetta ""dottrina dei cinque fuochi e delle due vie"" (B. Up., 6, 2, 9-16; Ch. Up., 5, 3-10; Kaus. Up., 1) sembra invece ammettere la persistenza d'una sorta di anima, cioè d'una sostanza immateriale ed eterna. I defunti, o meglio quella parte o scintilla dell'Assoluto che è penetrata nel loro corpo dando vita e coscienza all'aggregato di elementi, salgono al cielo dalla fiamma del rogo. Alcuni giungono al mondo della folgore, da cui, lungo la via degli dei, arrivano al mondo del Brahman donde non più ritornano. Altri invece, giunti alla luna, dopo aver qui dimorato e aver consumato il frutto delle loro azioni, attraverso l'etere, il vento, la pioggia, la terra, il cibo giungono, per la via dei padri, nell'uomo e nella matrice femminile, che è scelta in base alle loro opere. Altre creature sono poi condannate a una sorta d'inferno, cui si fa oscura allusione. La via che le anime percorrono ripete evidentemente il ciclo dell'acqua, ma le tappe sono immaginate come altrettanti sacrifici e questo ci conferma come profondamente abbia inciso sulla formulazione"
"delle dottrine accolte nelle Upanisad la manipolazione dovuta a mani sacerdotali. Benché i testi non siano univoci, la condizione per essere liberati dal samsara sembra che sia la fede o la conoscenza dell'unicità di tutto l'esistente. Lo stato di colui che è liberato è descritto come incomparabilmente superiore a qualsiasi gioia del mondo e al di là di qualsiasi valore materiale, etico, spirituale. La liberazione assai spesso è rappresentata come raggiungibile dopo la morte, con un'ascesa al cielo (e qui si continua la vetusta dottrina escatologica del cielo troppo lontano per essere raggiunto con il corpo); ma non mancano i luoghi (B. Up., 4, 4, 6; Kath. Up., 2, 6, 14) dove s'afferma che non occorre raggiungere il decesso del corpo e che continuare o no la vita terrena è del tutto indifferente: si preannuncia quindi il concetto di jivanmukta, ""liberato in vita"", che sarà sviluppato nei sistemi induisti e che sembra accordarsi pienamente con la dottrina del riconoscimento della natura eterna della propria essenza individuale 13 bis."

Affermatasi come spiegazione del vario destino dell'uomo, dell'incomprensibilità della distribuzione attuale del bene e del male e perciò certamente favorita, anche se non inventata, dalle classi privilegiate che potevano così giustificare la propria posizione e offrire d'altra parte una speranza agli oppressi e ai disperati, sempre però nel quadro dell'accettazione della condizione attuale determinata dal proprio agire, la dottrina del samsara, unita alla dottrina dell'identità Atman-Brahman e della sua assolutezza, determinò un rivolgimento delle concezioni della vita e dei suoi valori, sia pure con le limitazioni che abbiamo prima cercato di lumeggiare. Da questo momento l'aspirazione è certamente il raggiungimento della liberazione: nel seguito incessante di vite e soprattutto di morti, perdono il loro valore di unicità e d'irripetibilità le ricchezze, la famiglia, l'esistenza stessa. Della dottrina del ciclo delle esistenze non tanto si valuta positivamente la possibilità a ciascuno offerta di rendersi artefice della propria sorte, ma si pone in risalto la provvisorietà d'ogni situazione, l'unica certezza della morte. Benché le Upanisad siano saldamente ancorate alla vita,
che è reale, è indiscutibile che si prepara il terreno e ci si predispone a quell'atteggiamento di rinuncia che culmina nell'ascesi e che ha sempre colpito, come caratteristica, anche se non esclusiva, dell'India, gli osservatori stranieri. È la stessa frequenza della ricerca d'un quid medium tra rinuncia e vita, che a noi sembra essere il tratto dominante tanto dei movimenti monastici del Buddhismo e del Giainismo, nei quali vivissima è l'esigenza morale, quanto dell'istituzione del trivarga e degli asrama, che cercano di contemperare l'aspirazione al superamento della vita con la necessità d'adempiere ai doveri inerenti alla casta e all'età, per non parlare della filosofia dell'attivismo della Bhagavadgita, testimonia di quanto diffusa e profondamente sentita sia stata nell'India l'inclinazione alla negazione del mondo e dei suoi problemi.

"Ma nelle Upanisad l'io personale non è ancora l'obiettivazione illusoria e transeunte d'un Assoluto immoto e impassibile, la maya (il termine compare in Svet. Up., 4, 9) non ha ancora il significato di ""illusione cosmica"" che gli attribuirà Sankara, e l'immagine del mondo che fuoriesce dal Brahman-Atman come la scintilla dal fuoco è indicativa del rapporto che si pensa legare fenomeno e Assoluto."

Conseguentemente, la rinuncia upanisadica presuppone l'adempimento dei doveri rituali, familiari, morali e ben ci sembra rappresentativo del pensiero upanisadico antico il nucleo centrale dell'Isa. Up., che non a caso nelle raccolte indigene occupa il primo posto: per giungere
"alla luce sopracosciente dell'Assoluto, che è privo di tutte le qualità umane, bisogna partire dall'uomo, sublimando le capacità meditative e astrattive dopo che sono state soddisfatte le esigenze terrene. È vero che s'attribuisce onnipotenza e invulnerabilità alla conoscenza e s'afferma, come s'è già ricordato, che la norma comune non vincola colui che conosce, il quale è al di sopra del bene e del male e non è tocco dal peccato 14; ma questo pensiero, che pur anticipa l'ammissione d'una doppia morale, non è certamente il più diffuso nelle Upanisad, che, dalla considerazione dell'unicità del Brahman-Atman, sembrano piuttosto esser tratte al rifiuto dell'egoismo in una superiore armonia che abbraccia tutto il creato: il che è quanto dire che anticipano l'ahimsa panindiana e la karuna buddhista."

"Se il monismo idealistico, con i limiti che s'è cercato di mettere in luce, costituisce il punto d'arrivo delle Upanisad e sembra essersi sviluppato dalla considerazione del fuoco come principio vitale, nelle Upanisad stesse esiste la documentazione di varie correnti di pensiero che ricercarono in altre entità la fonte unica che, diversa da tutti i fenomeni singoli, a essi dà vita fornendone la base. Alcuni veggenti ravvisarono il primo principio nell'acqua, nel vento, nello spazio etereo; altri ritennero che quest'origine comune non potesse essere definita che come Sat, ""esistente"", o Asat, ""non esistente ""; altri infine sottolinearono l'importanza di capacità o facoltà individuali, come la parola o il pensiero."

"La dottrina dell'acqua ha come punto di partenza la constatazione dell'essenzialità dell'acqua per il mondo vegetale e per il mondo animale, e trova la sua espressione più completa nella già ricordata "" dottrina dei cinque fuochi"", nella quale confluiscono inoltre concezioni antichissime relative alla luna, ora considerata come una specie di coppa che alternatamente si riempie e si svuota, ora immaginata come la porta dei mondi celesti, sbarrata o aperta secondo il vario alternarsi delle fasi. Il rapporto tra la terra e il cielo che il ciclo percorso dall'acqua dimostrava possibile fornì forse uno dei primi avvii alla concezione del passaggio d'una parte della personalità dei defunti, e in ultima analisi dell'anima, dalla terra al cielo, mentre la manipolazione brahmanica, evidente nella rappresentazione delle varie tappe come altrettanti fuochi sacrificali, fa pensare che si tratti non d'una dottrina in via di formazione, bensì della canonizzazione d'un'osservazione di filosofia naturale."

Altri pensatori videro il sostegno della vita e il primo principio nel respiro, cui corrisponde sul piano cosmico, per l'equivalenza tra manifestazioni del microcosmo e manifestazioni del macrocosmo da sempre usuale nell'India, il vento. Ovvia è l'importanza del respiro nei confronti di altre forze e capacità dell'uomo
"ed essa viene affermata in una serie di narrazioni 15 che sembrano implicare una sorta di polemica contro chi intendeva negare la posizione di predominio del respiro; tipica inoltre è la personificazione delle varie forze dell'individuo, come nell'apologo di Menenio Agrippa. Altro gruppo di narrazioni insiste sull'inesausto vigore del vento-respiro, che sussiste e continua a operare quando le altre forze o gli altri fenomeni cessano o mancano: il vento permane quando il sole è tramontato, il respiro continua quando mancano la vista o l'udito o la parola, il respiro vince il sonno che è così simile alla morte, cosicché è facile giungere ad affermare che tutto rientra o viene assorbito nel vento-respiro, che è quindi il ""Pigliatutto"", come s'esprime Raikva in quella che è forse l'esposizione più tipica della ""dottrina del respiro"" (Ch. Up., 4, 1-3). Ma la difficoltà di spiegare la capacità intellettiva e la coscienza in rapporto o in dipendenza del respiro sembra che abbia impedito uno sviluppo ulteriore della dottrina, che inoltre non comprende alcuna concezione escatologica e non utilizza alcune osservazioni già fatte in epoca antica sulle funzioni corporee, come la concezione dei cinque soffi o forze vitali che si pensa esistano nel corpo (respiro, soffio ascendente, soffio discendente, soffio trasversale, soffio generale) e che saranno oggetto di lunghe indagini nei sistemi classici di filosofia."

"Esistono poi tracce ben consistenti d'un'antica identificazione del primo principio con lo spazio etereo, che sembrò simbolo adatto dell'Assoluto forse per la sua onnipresenza, ma anche per la sua illimitatezza, la sua incorporeità e la conseguente indefettibilità (cfr. ad es. B. Up., 3, 8, 7; Ch. Up., 1, 9, 1). Ma particolarmente importante è il rapporto d'identità che s'ammette fra lo spazio etereo e lo spazio entro il cuore: come lo spazio tutto comprende, così nello spazio entro il cuore tutto è compreso, cielo e terra, fuoco e vento, sole e luna, lampo e stelle, ciò che si possiede e ciò che non si possiede, realtà e desideri (Ch. Up., 3, 12, 7-9; 8, 1, 3). Possedendo il cuore, dunque, tutto si avrà: e quando i sensi non più sono attivi e ogni facoltà dell'individuo sembra ritirata entro"
il cuore, tutto lì si ritrova nel sogno, il ricordo dell'esperienza vissuta e il presagio dell'avvenire.

"Secondo Ch. Up., 3, 19 e T. Up., 1, 7, al principio esisteva soltanto l'Asat, il non esistente; in tutta la sesta lettura della Ch. Up. invece si dice che tutto deriva dal Sat e si controbatte la teoria dell'Asat (6, 2, 1-2). Le denominazioni sono ben antiche: la teoria che il Sat si sia prodotto dall'Asat si ritrova in R. V., 10, 72, 2-3, contro cui sembra polemizzare la Ch. Up., anzi l'opposizione tra i due concetti è superata in R. V., 10, 129, 1-2 ("" Né il Sat c'era allora, né l'Asat""), dove, al di là delle coppie di contrari, tutto discende dall'Uno, che è quindi il vero principio. La scelta del termine Sat sembra significare che del primo principio non può dirsi altro se non che esiste; Asat sembra invece alludere non a un nulla assoluto, bensì a una sorta di caos precedente a ogni differenziazione e assolutamente incomparabile con la realtà attuale, dove l'ordine cosmico è la controparte celeste dell'ordinamento morale e sociale. Nella Ch. Up. la dottrina del Sat, che è l'Atman, l'essenza sottile identica nel microcosmo e nel macrocosmo, è sviluppata in un sistema completo degli elementi e delle loro combinazioni, estremamente importante per lo spirito da cui è animato il suo espositore Uddalaka Aruni. Si parte invero da un postulato, che è l'ammissione d'una unità originaria che è insieme spirito e materia; ma nelle successive osservazioni dei vari fenomeni che si producono dai tre elementi primordiali creati dal Sat, ossia calore, acqua, terra, c'è un rigore deduttivo e una spregiudicatezza tali (basti pensare alla derivazione del pensiero dal cibo e del respiro dall'acqua) che a ragione s'è parlato d'un atteggiamento parascientifico. Dal vario combinarsi dei tre elementi primordiali, cui sono attribuiti i colori rosso, bianco, nero, derivano tutte le cose: ora qualche cosa d'analogo è insegnato nel samkhya, sistema classico di filosofia che approderà a un sostanziale dualismo tra spirito e materia. Il Samkhya attribuisce alla materia tre qualità o modi di essere (guna): una volta rottosi l'equilibrio tra i guna, caratterizzati dagli stessi colori degli elementi della Ch. Up., s'inizia l'evoluzione e s'ottiene, a seconda delle infinite possibilità di combinazione, l'infinita molteplicità delle cose, che tuttavia risalgono all'unica materia originaria."
"Infine si hanno nelle Upanisad parecchie affermazioni che attestano come una posizione di privilegio fosse assegnata, almeno in certi ambienti, alla parola e al pensiero. Il pensiero (manas) è identificato con il Brahman in Ch. Up., 3, 18, 1 (altrove, ad es. B. Up., 4, 1, 6; Ch. Up., 7, 3, 2, l'identificazione è respinta perché insufficiente); quanto alla parola (vac) l'importanza a essa attribuita è testimoniata dalla frequentissima esaltazione della sillaba Om, che è l'essenza della parola, il suono per eccellenza. Anche queste concezioni sono antiche: il Veda è esso stesso parola e ""formulazione"" della parola è il Brahman, sicché è più che giustificato affermare che "" le speculazioni vediche... riposano su una sorta di primato della parola "". Di quest'ultima però si dice che una parte soltanto si realizza nel mondo, poiché la parte maggiore e migliore è celata nel mistero (R. V., 1, 164, 45; 8, 100, 11): si ha cioè una contrapposizione tra espresso e inespresso e l'affermazione che il primo non esaurisce l'infinita potenzialità del secondo. Nei Brahmana, a quanto sembra di poter ricavare dai dati in nostro possesso, la contrapposizione si verifica tra la parola e il pensiero, considerati il simbolo del limitato e dell'illimitato. E infatti al silenzio, che è per così dire il modo d'essere del pensiero, viene attribuita una parte importante nello svolgimento del sacrificio, di contro alle melodie, alle strofe e alle formule magiche; è con il pensiero che il sacerdote brahman, immobile e silenzioso, corregge gli eventuali errori dei sacerdoti recitanti, medica cioè i difetti della parola; e si afferma che due sono le vie del sacrificio, vac e manas, ma più spesso s'afferma che la parola segue il pensiero o al contrario che il pensiero nulla può se manca la parola 16. Il contrasto continua nelle Upanisad più antiche (vedi ad es. Ch. Up., 7, 3, 1: (( il manas è superiore alla vac""), mentre nelle Upanisad più recenti la differenziazione, a nostro avviso, è assai più sfumata, in quanto parola e pensiero sono considerati entrambi facies diverse, non opposte, della realtà: esistono cioè lo sabdabrahman, l'Assoluto in forma di suono, espresso o inespresso, e l'asabdabrahman, che è superiore al suono, pura trascendenza silenziosa (Brahmabindu Up., 17). Al secondo si giunge immergendosi nello"
"sabdabrahman, ossia soltanto esperimentando ciò che è conoscibile si perviene a ciò che sta al di là d'ogni possibilità umana. E questo è anche il punto d'arrivo di certe scuole tantriche, per le quali la conoscenza delle formule, che sono parola, è il mezzo indispensabile per giungere all'Assoluto, il quale nella sua ultima realtà è però silenzioso, quel silenzio originario che sembra regnare nella desolata solitudine cui allude B. Up., 1, 2, 1: ""Quaggiù al principio non c'era che il nulla. Tutto era avvolto dalla morte o dalla fame, perché la fame è la morte""."

Come s'è detto, le Upanisad vediche sono il punto di partenza e di riferimento di quasi tutte le speculazioni successive, che si rifaranno a esse come a un paradigma d'indiscussa autorità. Si è visto infatti che nelle Upanisad c'è il germe e talora, più che il germe, una prima formulazione di dottrine e di concetti che in seguito avranno larghissima fortuna. Vogliamo ancora accennare al caso della bhakti e del teismo con essa congiunto e alla dottrina del corpo sottile.

"La bhakti, ""devozione fidente"", in una divinità pronta a soccorrere il fedele che a lei si rivolga con totale abbandono, s'affermerà con la Bhagavadgita (II sec. a. C. ?) e conquisterà favore sempre crescente di santi e di folle nel primo millennio d. C. Il vocabolo sottintende una ""partecipazione '' dell'umano al divino: ma ciò implica tanto una omosostanzialità tra i due termini, quanto un desiderio del divino a lasciarsi partecipare."

"La bhakti è quindi strettamente congiunta con il sorgere e l'affermarsi di divinità personali e trova le sue espressioni più tipiche da un lato nell'amore del devoto, spinto fino all'esaltazione mistica, dall'altro nella possibilità che ha il dio di discendere sulla terra per dare aiuto e protezione dal male e dai malvagi. I presupposti di queste concezioni si trovano già nelle Upanisad più antiche, nelle quali l'Assoluto, il Brahman-Atman nel quale tutto finisce e dal quale tutto promana come scintilla da fuoco, si configura talvolta come esterno alle cose (K. Up., 2, 5, 9-11), come un dio da adorare (Ch. Up., 3, 14), come l'interno controllore (antaryamin), come il dio degli dei, al cui comando si muovono cielo e terra (B. Up., 3, 7; 3, 8, 9). La transizione dal monismo al teismo è evidente soprattutto nella Svetasvatara Up., per la quale l'Essere Supremo è Rudra-Siva, il Signore datore di benedizioni che si manifesta a chi Egli sceglie (Svet. Up., 3, 20 = Kath. Up., 1, 2, 20 = Mahanarayana Up., 202). Il vocabolo bhakti compare poi nella stessa Svet. Up., 6, 23, che non a caso è stata quindi chiamata la ""porta d'ingresso dell'Induismo"". Che poi il teismo che s'affermerà nel Medioevo indiano sia il prodotto e il risultato dell'affiorare alla luce della storia di culti prearii e anarii e che pure le concezioni della bhakti e della grazia divina siano una reazione del sostrato indigeno è stato spesso affermato 17 e l'ipotesi in sé non è per nulla improbabile. In ogni modo bisogna guardarsi dall'attribuire al teismo indiano i caratteri del monoteismo giudeo-cristiano e la massima differenza è che in India non esiste il concetto di creazione ex nihilo: l'Assoluto, sia esso configurato come divinità personale o come potenza impersonale, è in India sempre causa efficiente e materiale dell'universo, che emana da esso e nel quale esso penetra (vedi ad es. B. Up., 1, 4, 7; Kaus. Up., 4, 20)."

Secondo una dottrina propria del sistema Samkhya ma che si ritrova, più o meno modificata, in quasi tutte le correnti indiane, intermedio tra il corpo grossolano, che si dissolve con la morte, e l'anima, immobile e immateriale, esiste un corpo sottile (suksma sarira). Esso è costituito dai cinque elementi sottili, rappresentanti la materia allo stato potenziale, è impercepibile, accompagna l'anima di esistenza in esistenza fin a che non sia raggiunta la liberazione e serve come supporto quasi materiale dell'organismo psichico e della personalità, costituendo il principio della continuità attraverso le varie esistenze determinate dal karman, delle cui engrafie esso è il portatore. Anche questa dottrina del corpo sottile è adombrata in B. Up., 4, 4, 2, dove si dice che alla morte abbandonano il corpo non soltanto l'anima, ma anche le opere compiute, la conoscenza e le forze vitali.

"Già s'è detto che con il nome di upanisad ci sono pervenute numerosissime composizioni di varia epoca: tra esse abbiamo fatto una scelta ristretta. Alcune ci sono sembrate interessanti per la forma o il contenuto, riassuntivo o esplicativo di determinate dottrine delle Upanisad vediche (Chagaleya Up., Kaivalya Up., Baskala-mantra Up., Pranagnihotra Up.); altre sono dedicate all'esaltazione di singole divinità del pantheon induista; altre infine espongono principi, metodi e pratiche del Yoga."

Le cosiddette Upanisad settarie (Atharvasiras Up., Mudgala Up., Ganapati Up., Devi Up.) non sono anteriori alla seconda metà del primo millennio d. C. e testimoniano la tendenza a recuperare, alla luce di concezioni nuove, il passato vedico, che viene interpretato in armonia con le esigenze proprie di determinate sette. Notevole attenzione viene rivolta in queste composizioni ai mantra, ossia alle formule magiche, che sono considerati rappresentativi delle divinità e analizzati secondo i principi d'una scienza che è sempre stata curata nell'India, ma che si precisa in un sistema minuzioso nei Tantra, cioè in quei testi di carattere dichiaratamente iniziatico costituenti le scritture sacre delle varie correnti religiose dell'India medievale.

"Le Upanisad del Yoga comprendono una ventina di opere d'epoca indeterminata, comunque piuttosto tarda. Esse sistemano, in una veste simile a quella delle Upanisad vediche, dottrine e regole del Yoga, ossia di quel metodo d'approfondimento e di realizzazione spirituale che nell'India è antichissimo, è d'origine probabilmente prearia, è diffuso presso tutte le correnti religiose ed ha il suo testo normativo classico nel Yogasutra di Patanjali (sec. IV d. C. ?). In queste Upanisad è da vedersi un tentativo d'inserire nel contesto brahmanico, fornendo trattati che si pretendeva riallacciare alla tradizione sacra, la teoria e la pratica d'un procedimento fondamentalmente estraneo alla civiltà vedica, come quello che predicava una via di salvezza individuale, mentre la società vedica è rigidamente strutturata in un insieme dove a ognuno è riservata una funzione precisa. Ricordato già nelle più recenti delle Upanisad vediche (T. Up., 2, 4, Kath. Up., 2, 6, 11, Svet. Up., passim) e d'altra parte preannunciato da certe pratiche attestate nei Brahmana, come il silenzio rituale e la preghiera silenziosa, la meditazione, la trasformazione interiore provocata da esercizi fisici (ma non si tratterrà piuttosto di concezioni tipicamente yogiche penetrate già in ambiente vedico?), Yoga significa ""controllo"", e poi ""metodo"" per controllare le funzioni del corpo e della mente"
"e raggiungere uno stato d'isolamento da tutto ciò che è legato con la materia. Spesso, e ciò specialmente nelle Upanisad del Yoga, la liberazione è identificata con la gioia e la pace che si godono nell'unione con il Signore Supremo, sia egli Siva o Visnu, e in tal modo si giustifica anche il significato di ""congiungimento, unione"" spesso assegnato al vocabolo."

"Secondo le dottrine del Yoga 18 esiste una gerarchia di mondi, ai cui estremi stanno il nostro mondo e il mondo del Brahman, al di là d'ogni definizione e d'ogni concezione. È a quest'ultimo che aspirano coloro che sanno. Il traguardo da raggiungere non è quindi diverso dalla meta delle Upanisad vediche o dei sistemi teisti; diverso e proprio del Yoga è invece il sistema di tecniche che devono tagliare i legami che tengono prigioniera l'anima. Secondo il Yoga infatti il corpo, che è reale ed è anzi il mezzo della salvezza, ottenibile con la disciplina del corpo e del pensiero, è strettamente congiunto con l'anima, che, estranea per natura al corpo, ne è tuttavia condizionata anche se a sua volta influisce su di esso per mezzo della buddhi, ossia dell'intelligenza che riflette la sua luce sulla ragione individuale, inducendola a riconoscere la necessità della liberazione e la possibilità di trovarla nella pratica del Yoga. Ben rappresentative dei rapporti tra anima e corpo sono le frequenti similitudini che rappresentano l'anima come il passeggero che divide fino alla fine del viaggio il destino del cocchio e del cocchiere, che sono rispettivamente il corpo e la mente, oppure come l'uccello che è tenuto prigioniero da un filo legato a un'ala. L'anima è parte dello spirito universale, chiamato Sommo Signore, Brahman, Siva o Naràyana-Visnu: particolarmente interessante è la denominazione dell'anima universale come Narayana, ""colui che viene nell'uomo"", che ha il merito di rendere evidente uno degli elementi più significativi del Yoga, ossia la presenza nel cuore dell'uomo del Signore, ciò che lo lega strettamente ai movimenti devozionali ispirati alla bhakti, così come a questi lo lega il pensiero che l'illuminazione può avvenire, oltre che per il merito accumulato in molte esistenze anteriori, per la grazia del Signore. Caratteristica del Yoga è la concezione che il distacco dalla materia e l'ascesa alla perfezione avvengono nel senso non d'una rinuncia, bensì nel senso d'una sublimazione delle capacità e delle virtualità proprie dell'individuo e ciò si realizza per mezzo di tecniche fisiche e psichiche minutamente articolate e fruttuose di risultati estremamente interessanti."

Secondo la fisiologia del Yoga, esiste nel corpo umano una rete di 72.000 nadi o canali, attraverso le quali fluisce il prana. Questo non è il respiro, o meglio non è soltanto il respiro, ma una specie di energia vitale: sono citati infatti cinque prana, soffi vitali che sono probabilmente tutt'uno con i cinque elementi cosmici (terra, acqua, aria, etere, fuoco) che agiscono all'interno dell'individuo, abbandonandolo soltanto alla morte. Delle nadi tre sono più importanti: sushumna, Ida e Pingala. La prima corre lungo la colonna vertebrale, le altre due salgono avvolgendo la prima come i serpenti del caduceo e hanno il loro sbocco nelle narici, mentre la Susumna arriva alla sommità del cranio.

"Trattenendo il respiro (e la pratica di questo esercizio è tipica del Yoga) si fa sì che le forze vitali rimangano nel corpo e provochino il destarsi della Kundalini. Questa è la forza cosmica presente in ogni uomo e giace, sotto forma di serpente arrotolato (da ciò il suo nome) alla base della spina dorsale, là dove s'originano le tre più importanti nadi. Destata, la Kundalini si rizza, diventa luminosa e sonora e, fischiando come un serpente, si eleva lungo la Susumna. Su questa sono posti, abitati da varie divinità, sette cakra, ""centri"" o meglio ostacoli, situati rispettivamente alla fine della colonna vertebrale, all'altezza dei genitali, dell'ombelico, del cuore, della gola, dell'interciglio e alla sommità della testa, nella regione della fontanella, ove s'apre il brahmarandhra, ossia ""l'apertura verso il Brahman"". Ogni cakra, che è simile a una ninfea, contiene il germe di varie attività e capacità e viene fatto sbocciare dalla Kundalini, che lo perfora continuando la sua ascesa e acquistando particolari poteri, collegati con le attività e capacità contenute. Finalmente, superato il Brahmarandhra, la Kundalini si ricongiunge con la Sakti, ossia l'energia individualizzata nell'uomo si riunisce o si riconosce identica con l'energia cosmica, mitologicamente rappresentata dalla Gran Dea, paredra di Siva."
"Tutta questa ""fisiologia mistica"", sembra voler significare che il perfezionamento deve essere graduale, che ogni virtualità latente nell'uomo deve e può essere spinta all'estremo e poi superata in un'ascesa continua che non ammette soste e compiacimenti, che infine il perfezionamento è conseguenza del dominio del corpo e dello spirito, ottenuto con l'esercizio di pratiche fisiche e psichiche che sottintendono un'analogia o un'identità tra spirito e materia: la convinzione nell'Uno è veramente la caratteristica principale della speculazione indiana. "

"Il Yoga classico comprende otto ""membri"", ossia otto pratiche fondamentali che bisogna arrivare a compiere senza sforzo per giungere allo stato d'isolamento 19. Essi sono: 1) yama, ""proibizioni"": non nuocere, non mentire, non rubare, non essere lussurioso né avido; 2) niyama, ""obblighi"": purezza materiale e morale, serenità, equanimità, studio, devozione; 3) asana, ""positure"", che debbono essere ""stabili e gradevoli"", sicché il corpo non sia d'ostacolo agli esercizi successivi; 4) pranayama, ""controllo del respiro"": controllando prima e diminuendo poi, fino addirittura a sospenderlo per periodi più o meno lunghi, il ritmo respiratorio, che è strettamente collegato con gli stati di coscienza, il yogin può ricreare le condizioni del sonno ed esperimentare così, in piena lucidità, certi stati di coscienza ordinariamente inaccessibili, nonché giungere a dominare tutta l'attività organica, fisica e psichica, che dipende dalla circolazione dei soffi vitali in tutto il corpo; 5) pratyahara, ""ritrazione dei sensi"", che consiste nel neutralizzare l'attività sensoriale, sottraendola alla presa degli oggetti esteriori; 6) dharana, ""fissazione"" del pensiero su un oggetto circoscritto o un simbolo ben determinato, soprattutto la sillaba Om, con lo scopo di rallentare l'attività mentale; 7) dhyana, ""meditazione""; 8) samadhi, ""enstasi"" o raccoglimento perfetto, quando il yogin rientra completamente in se stesso e, avendo arrestato ogni"
"funzione anche mentale, raggiunge l'isolamento completo da ogni condizionamento fenomenico, è un jivanmukta, ossia, pur essendo ancora in vita, è già liberato. Gli ultimi tre stadi sono distinguibili con difficoltà e in fondo rappresentano soltanto gradi diversi sulla scala del perfezionamento. Il raggiungimento d'ogni successivo grado è accompagnato dal possesso di forze e capacità eccezionali, quali la levitazione, sulle quali i testi si diffondono ampiamente. A dispetto della ""fisiologia mistica"" alcuni fatti osservati nei praticanti il Yoga e afferenti sia al dominio dello spirito sia al controllo delle funzioni fisiche, come la riduzione del ritmo cardiaco e lo stato di catalessi, la sopportazione di condizioni esteriori e di diete inconcepibili, sono certamente straordinari e sono degni degli studi più attenti di medici e psicologi. I ""poteri"" o ""perfezioni"" (siddhi) sono tuttavia soltanto il segno che una nuova tappa è stata raggiunta e non devono essere ricercati per se stessi in quanto il loro esercizio rivela una volontà di potenza che lega al mondo ed è perciò il perfetto contrario dello scopo del Yoga, che vuole che il cocchio del corpo si disgreghi perché il passeggero non sia più implicato nell'agitazione incoerente dei cavalli dei sensi e nei tentativi velleitari, maldestri o contraddittori di quel cocchiere che è il pensiero. "



Note all'introduzione :

1. La Muktika Up., d'epoca medievale, enumera 108 Upanisad considerate canoniche, ma si conoscono i nomi di almeno trecento. Upanisad furono scritte in ogni tempo: esiste anche una Allàh Upanisad, che si studia di conciliare Induismo e Islamismo. Anche nel secolo scorso i seguaci di Ramakrishna esposero la dottrina del loro maestro in una Ramakrishna Upanisad.

"2. Sankara (ad esempio introduzione al commento di B.Up.) interpreta Upanisad come ""testo che permette di distruggere l'errore"" ovvero ""testo che permette di giungere al Brahman"", ma la spiegazione non regge a un serio esame etimologico. L'interpretazione più semplice del termine è certamente quella di ""dottrina segreta"" (cfr. A. B. KEITH, The Religion and Philosophy of the Veda and Upanishads, Cambridge, 1925, pp. 489 sgg.). Mentre H. OLDENBERG ( Die Lehre der Upanishaden und die Anfange des Buddhismus, 2a ediz., Gottingen, 1923,"
"pp. 137 sgg.) intende il termine come equivalente di upasana, ""venerazione"" rivolta a ciò che è l'essenza di tutto l'esistente, parecchi studiosi (vedi per tutti L. RENOU, L'Inde classique, t. I, Paris, 1947, p. 299 e cfr. A. MINARD, Trois enigmes sur les cent chemins, II, Paris, 1956,  925 a) intendono Upanisad come ""equivalenza, correlazione mistica"", sottolineando uno dei caratteri distintivi di questi testi, che collegano apparizioni e fatti lontani giustapponendoli e identificandoli secondo un qualsiasi motivo. Secondo P. THIEME, Upanischaden, Stuttgart, 1966, p. 83, il termine Upanisad significa "" venerazione"", ossia riconoscimento della vera natura d'una cosa, cui si giunge attraverso una serie d'identificazioni successive."
"3. Mentre una volta si riteneva fuor d'ogni dubbio che le Upanisad vediche fossero precedenti alla predicazione del Buddha, la quale sarebbe stata uno sviluppo di pensieri upanisadici, ora si sottolinea la possibilità d'un'evoluzione indipendente e parallela di diversi correnti religioso-filosofiche (vedi RENOU, op. cit., 588). Del resto nessuna allusione alle Upanisad si trova nel canone buddhista (cfr. P. HORSCH, Buddhismus ,und Upanisaden, in ""PRATIDANAM"", The Hague, 1968, pp. 462-477)"
4. Vedi E. FRAUWALLNER, Geschichte der indischen Philosophie, I. Band, Salzburg, 1953, p. 47.

"5. Vedi ad es. B Up, 2, 1 (= Kaus. Up, 4); 6, 2 (= Ch. Up, 5, 3 sgg.); Ch. Up., 1, 8-9; 5, 11 sgg.; Kaus. Up., 1."

"6. Questo punto di vista è stato sostenuto con particolare impegno da R. GARBE, Die Wersteit des Brahmanen oder des Kriegers?, in ""Beitrage zur indischen Kulturgeschichte"", Berlin, 1903, pp. 1 sgg. Contra, vedi soprattutto OLDENBERG, op at, pp. 143 sgg., e KEITH, op cit., pp. 493 sgg."

6 bis. Le Upanisad commentate da Samkara sono le seguenti: B.Up., Ch.Up., T.Up., Ait.Up., Isà Up., Kena Up., K.Up., M.Up., Pr.Up., Svet.Up., Mà.Up. Qualche dubbio esiste per l'attribuzione del commento alla Svet.Up.

"7. I commentatori indiani collegano il vocabolo brahman con la radice brh, ""essere forte, crescere, rendere forte '', e lo intendono come designazione d'una forza misteriosa, d'una sorta di fluido magico che conferisce poteri straordinari a chi lo possiede. Secondo P. THIEME, (""Z.D.M.G. "", 102 [1952], PP. 91-129 = Kleine Schriften, Wiesbaden, 1971, pp. 100-138) il significato originario della parola è ""formulazione"" della verità (cfr. medio persiano brahm,  forma). Poiché la formulazione non esiste al di fuori del modello, fissato una volta per tutte nei Veda, brahman è l'inno del Rgveda o l'incantesimo dell'Atharvaveda, anzi ogni espressione mistica e sacra. Fra le varie proposte d'interpretazione ricordiamo il collegamento con l'irlandese bricht, ""formula magica""; l'equiparazione con l'avestico baresman, ""fascio d'erbe"", proprio del mago; l'accostamento al greco flegma , che sottolinea, forse eccessivamente, il rapporto tra Brahman e luce-fuoco; la presunta vicinanza al latino flamen, che presenta però gravi difficoltà sul piano linguistico. Per tutta la questione si veda: J. CHARIENTIER, Brahman, Uppsala, 1932; L. RENOU-L. SILBURN, Sur la notion de brahman, in ""J.A."", 237, 1949, pp. 7-46; J. GONDA, Notes on Brahman, Utrecht, 1950; il già citato articolo di THIEME; M. MAYRHOFER, Etymologisches Worterbuch des Altindischen, s.v., II, 452. Da Brahman, neutro, occorre distinguere il maschile brahman, che indica il sacerdote "" medico "" del sacrificio. Brahma poi è il dio in cui si personifica l'Assoluto."

"8. Cfr. G. BONFANTE, Microcosmo e macrocosmo nel mito indoeuropeo, in ""Die Sprache"", V, 1959, pp. 1-8. Da quest'ordine di idee, dall'attribuire cioè ai fatti cosmici gli stessi connotati dell'esperienza terrena individuale, deriva anche il concetto della ""rimorte"" (punarmrtyu) nell'altra vita, in cui alcuni vedono una prima formulazione della dottrina del ciclo delle esistenze."

9. La dottrina del fuoco (per la quale vedi soprattutto FRAUWALLNER, op. cit., pp. 60 sgg.) è esposta nella sua forma finale e più completa nel terzo e nel quarto
libro della B.Up Protagonista dei vari dialoghi che sono riferiti nei libri è Yajnavalkya, il quale, sostenitore d'una dottrina sostanzialmente idealistica, vien rappresentato come avido di ricchezze e di onori: e ciò per deliberato proposito, come ha acutamente notato il THIEME (Upanischaden, p. 85), per evitare l'impressione che la dottrina apparisca il frutto d'un entusiasmo misticamente staccato da ogni concretezza.

"10. Mentre nella B.Up. s'ammettono tre stati dell'Atman (veglia, sonno con sogni, sonno profondo senza sogni) in seguito (Ma. Up., 7) s'ipotizzerà un ""quarto "" stato (caturtha o turrya), che è al di là del sonno profondo e nel quale l'esperienza dell'unità assoluta è cosciente. Il ""quarto "" è completamente staccato da ogni contatto con ciò che è umano, trova la sua corrispondenza nell'indistinta risonanza nasale che permane dopo la pronuncia della lettera finale della sillaba Om e a noi sembra immaginato per assolutizzare, senza possibilità di ritorno, lo stato di distacco proprio del sonno profondo, salvando nel contempo la coscienza, che l'esperienza assicura essere la parte essenziale e più vera dell'esistenza. Uno stato simile al sonno è quindi considerato l'ultima, verissima realtà, ma a questa concezione si giunge indagando sul sonno come immagine della morte, non esaltandolo perché si vuole comunque uscire dalla vita, come sembra affermare R. C. ZAEHNER, Hindu Scriptures, p. X."

10 bis. Così Anquetil Duperron tradusse il versetto 3, 2, 9 della M.Up. e lo prepose come motto all'Oupnek'hat, in esso ravvisando la quintessenza della mistica upanisadica.


"11. Cfr. il mio articolo, citato in Bibliografia, ""Di alcune caratteristiche delle Upanisad più antiche ""."

"12. Ad es. Ch.Up., 3, 14, 1 e forse Pr.Up., 3,10. La concezione perdura ancora nella Bhagavadgita, 8, 5 e nel canone buddhista (Majjhimanikaya, 120). Cfr. FR. EDGERTON, The hour of death, in "" A.B.O.R.I. "", VIII, 1927, pp. 219-249."

13. Cfr. su questo argomento soprattutto H. V. GLASENAPP, Le religioni dell'India, Torino, 1963, pp. 98 sgg. Vedi anche P. HORSCH, Vorstufen der indischen Seelenwanderungslehre, in
Asiatische Studien , XXV, 1971, pp. 99-157.

13 bis. Per la dottrina della jivanmukti vedi specialmente gli articoli di J. F. SPROCKHOFF, citati in Bibliografia.

14. Secondo i commentatori indigeni, colui che conosce agisce naturalmente in modo morale. È probabile che questo pensiero si basi (o si rafforzi) sull'antica convinzione che si diventa ciò che si conosce, quindi conoscendo l'Assoluto, che è perfezione, si diventa perfetti.

"15. Vedi ad es. B.Up., 6, 1; Ch.Up., 5, 1; Kaus.Up., 2, 13. In B.Up., 1, 3 e Ch.Up., 1, 2 il racconto è deformato da un intervento sacerdotale."

16. Vedi L. RENOU, La valeur du silence dans le culte védique, In ( J.A.O.S. ), 69, 1949, PP. 11-18.

"17. Cfr. da ultimo R. N. DANDEKAR, in ""Historia Religionum"", vol. II, Leiden, pp. 289 sgg."

"18. Per le dottrine del Yoga e le Upanisad relative cfr. M. ELIADE, Techniques du Yoga, Paris, 1948 (trad. italiana: Tecniche dello Yoga, Torino, 1952, ristampa, 1967); dello stesso, Patanjali et le Yoga, Paris, 1962; J. VARENNE, Upanishads du Yoga, Paris, 1971."

"19. Si distinguono varie forme di Yoga: Mantrayoga, Layayoga, Hathayoga, Rajayoga. Il primo si preoccupa del retto uso delle formule sacre e delle giaculatorie. Il secondo si propone la ""dissoluzione "" del pensiero nello spirito universale e specialmente tratta del risveglio della Kundalini. Il terzo predica gli ""sforzi violenti"", ossia le severe discipline dei movimenti e del respiro, come indispensabile premessa degli esercizi di meditazione. Il Rajayoga infine è la sintesi suprema delle varie pratiche."

NOTA BIBLIOGRAFICA

Opere

EDIZIONI.

Le Upanisad sono state pubblicate assai di frequente in India, ora in sillogi ora isolatamente, sia nel solo testo sanscrito sia accompagnate da traduzioni in inglese o in lingue indiane moderne. Alcune edizioni sono degne di particolare menzione.

"Nella Bibliotheca Indica, Calcutta, si trovano le prime tredici Up. qui tradotte, edite a cura di E. ROER (B. Up., Ch. Up., T. Up., Ait. Up., Svet. Up., Isa Up., Kena Up., K. Up., Pr. Up., M. Up, Ma. Up.: 4 voll. in 5 tomi, 1849-50) e di E. B. COWELL (Kaus. Up., 1861 [ristampa ""Chowkhamba Sankrit Series"", 64, Benares, 1968]; Maitri Up., 1870)."

"Nelle ""Anandasrama Sanskrit Series"", Poona, le Up. sono state edite, accompagnate da vari commentari, in diversi volumi. Qui di seguito citiamo il numero del volume e la data dell'edizione da noi consultata."

B. Up., 15, 1932 (5a ediz.)
Ch. Up., 14, 1934 (5a ediz. ) T. Up., 12, 1929 (5a ediz.).
Ait. Up., 11, 1931 (5 ediz.).

Kaus. Up., 29, 1925 (2a ediz.). Kena Up., 6, 1934 (6a ediz.).

ISA UP., 5, 1934 (6a ediz.). K. Up., 7, 1935 (7a ediz.) M. Up., 9, 1935 (6a ediz.). Pr. Up., 8, 1932 (5a ediz.). Svet. Up., 17, 1890.
Ma. Up., 10, 1936 (6a ediz.).

In 1, 1919 (3a ediz.) si trova la Ganapati Up. In 29, 1925 si trovano anche la kaivalya Up., la Pranagnihotra Up., l'Atharvasiras Up. e le Up. del Yoga qui tradotte. Altre edizioni di Up. vediche si trovano nei
"voll. 13,16, 31, 62, 63, 64, 76, 79, 106. Per le altre Up. vedi qui al sottotitolo ""La presente edizione""."

"Assai pratiche sono le edizioni di W. L. SHÀSTRI PANSIKAR, One hundred and eight Upanishads, Bombay, 1895 (4a ediz., 1932) e di S. RADHAKRISHNAN (The Principal Upanisads, ed. with... Translation by S. R., London, 1953; ristampa, 1968)."

Tra il 1920 e il 1929 alla Adyar Library, Madras, sono stati pubblicati a cura di A. MAHÀDEVA SÀSTRI 5 voll. di Up. minori, tra le quali le Upanisad settarie e del Yoga. In parte i volumi sono stati riediti negli anni intorno al 1950.

Ancora della Adyar Library è l'edizione di Unpublished Upanisads, a cura di C. KUNHAN RAJA, Madras, 1933.

"Si ricordino ancora le edizioni della B. Up. di O. BOHTLINGK (recensione Madhyamdina, St. Petersburg, 1889) e di E. SENART (Paris, 1934; 2a ediz. 1967) e della Ch. Up., sempre di BOHTLINGK (Leipzig, 1889) e di SENART (Paris, 1930)."

"Infine sotto la direzione di L. RENOU (Paris, Maisonneuve, 1943 e sgg.) sono state pubblicate in volumetti separati (finora 20) tutte le Up. vediche, con esclusione della B. Up., della Ch. Up. e della Mn. Up., e alcune altre Up. minori. Il testo pubblicato è riprodotto dall'edizione delle ""A.S. S."", ovvero da One hundred and eight Up. Ogni volumetto contiene inoltre la traduzione in francese e dotte note."


La presente edizione

Per facilitare al lettore eventuali confronti e controlli, ho scelto come base della traduzione, là dove esistevano, edizioni Curate da studiosi europei o stampate in Europa e pertanto agevolmente reperibili. Ho naturalmente consultato altre edizioni indiane, soprattutto la raccolta

One hundred and eight Upanishads, a cura di W. L. SHÀSTRI PANSIKAR, 4a ediz., Bombay, 1932.

Per ogni Upanisad ho citato le traduzioni singole, ove siano sembrate degne di menzione, rimandando a più sopra per quanto riguarda le raccolte o le antologie.

"BRHADÀRANYAKA UP.  -  Ho seguito il testo messo a fronte della traduzione francese di EM. SENART, Paris, 1934; 2a ediz., 1967, che è sostanzialmente quello della recensione Kanva."

"In 2, 4, 10 (= 4, 5, 11) ho tuttavia distinto tra nihsvasitam, ""emanato"", e nisvasitani, ""penetrate"", mentre le varie recensioni unificano le forme, rispettivamente nihsvasitam, nihsvasitani la Madhyamdina, nisvasitam, nisvasitani la Kanva (cfr. P. THIEME, Upanischaden, op. cit., p. 74)."

In 4, 4, 2 ho letto savijnano bhavati sa, vijnanam evanvavakramati, in luogo di sa-vijnano bhavati, sa-vijnanam evanvavakramati.

Oltre alle traduzioni, complete o parziali, più sopra citate. si vedano le traduzioni di O. BOHTLINGK St. Petersburg, 1889, e di F. BELLONI FILIPPI, Due Upanisad: la dottrina arcana del bianco e del nero Yajurveda, Lanciano, 1912 (contiene la trad. di B. Up. e K. Up.).

CHANDOGYA UP. - Ho seguito il testo messo a fronte della traduzione francese di EM. SENART, Paris, 1930.

In alcuni punti mi sono però discostato dal testo del SENART, ritornando per lo più alle lezioni tradite.

In 2, 22, 5 ho letto lesenanabhinihita, in luogo di lesenabhinihita. In 4, 1, 1 ho letto sraddhadeyo in luogo di sraddhadevo. In 4, 1, 5 ho letto angare ha sayugvanam, in luogo di angare mam sayugvanam.

In 4, 17, 9 ho letto asvabhiraksati, in luogo di... abhiraksati.

In 5, 9, 1 ho letto dasa va nava va masan in luogo di dasa va masan.

"In 5, 9, 2 ho letto tam pretam distam itam, in luogo di tam pretam distam ito (cfr. H. OERTEL, Zu Ch. Up., 5, 9, 2, in ""K. Z."", 68, 1944, pp 58-61)."

In 8, 6, 5 propongo di leggere sa Om-iti-vaho dyam iyate, in luogo del tradito sa Om iti vas hodva miyate (SENART, seguendo DEUSSEN, legge: sa Om iti va hordhvam iyate).

"In 8, 15 ho conservato la lezione tradizionale karmatisesena, ""nel tempo libero dal lavoro"", in luogo di karma krtva proposto dal SENART."

Ottimi sono la traduzione e il commento di V. PAPESSO, Bologna, 1937.

Vedi ancora la traduzione di BOHTLINGK, Leipzig, 1889, e inoltre:

"R. HAUSCHILD, Die Samvarga-vidya (Ch. Up., 4, 1-3), in ""Mélanges d'Indianisme a la mémoire de L. Renou"", Paris, 1968, pp. 337-365; FR. R. HAMU, Ch. Up. VI. Ein erneuter Versuch, in ""Beitrage zur Geistesgeschichte Indiens, Festschrift f. E. Frauwallner"", Wien, 1968, pp. 149-159 ""W. Z. K. S. O."", XII-XIII)."

"TAITTIRIYA UP. - Ho seguito il testo edito in calce alla sua traduzione da EM. LESIMPLE (""Les Upanishad. Texte et traduction sous la direction de L. Renou"", IX, Paris, 1948). Esso è la riproduzione, come"
"quasi sempre in tutta la collezione, dell'edizione di ""A.S.S."", 12, 1929."

In 1, 4, 1 nendro è errore di stampa per mendro. In 3, 10, 4 bhatrvyah è errore di stampa per bhratrvyah.

"AITAREYA UP. - Ho seguito il testo edito in calce alla sua traduzione da L. SILBURN (""Les Upanishad"", X, Paris, 1950). In 1, 3, 13 ho inteso brahmatatama come apologia di brahmatatatama, come già Sankara nel suo commento."

"Kausitaki UP.  -  Ho seguito l'edizione critica di A. FRENZ (""Indo-Iranian Journal"", XI, 1969, pp. 79-129)."

In 1, 7, al fondo, jayativ tam yastim è un evidente errore di stampa per jayati tam vyastim.
"Traduzioni: L. RENOU, ""Les Upanishad"", VI, Paris, 1948; A. FRENZ, op. cit."

"KENA UP. - Ho seguito il testo edito da L. RENOU in calce alla sua traduzione (""Les Upanishad"", III, Paris, 1943)."

In 2, 1 e 4, 1 ho mantenuto le lezioni trádite, rispettivamente viditam e mahiyadhvam in luogo delle congetture proposte da RENOU, 'viditam e 'mahiyadhvam.

In 4, 9 ho invece accettato la proposta (già di M. MULLER) 'jyeye in luogo di jyeye.

"ISA UP. - Ho seguito la recensione Kanva, come fanno quasi tutti i traduttori (One hundred and eight Upanishads, p. I). L. RENOU (""Les Upanishad"", I, Paris, 1943) segue invece e pubblica la recensione Madhyamdina."

"Per l'interpretazione della Isa Up. vedi soprattutto P. THIEME, in ""J.A.O.S"", 85, 1965, pp. 89 sgg. (=Kleine Scriften, Wiesbaden, 1971), e Upanischaden, op. cit., pp. 77 sgg."

Una traduzione di J. VARENNE si trova in: Le Veda, op. cit., p. 426.

"KATHA UP.  -  Ho seguito il testo riportato da L. RENOU in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", II, Paris, 1943)."

Esso sostanzialmente riproduce l'edizione curata da O. BOHTLINGR e stampata nella sua sanskrit Chresthematie, 3a ediz., 1909 (ristampa, 1967)

"In 6, 4 ho però letto sargesu, ""fra le creature"", secondo il testo trádito, in luogo di suargesu (BOHTLINGK-RENOU) o sarvesu (GELDNER): cfr. FR. WELLER, op. cit. qui sotto, p. 178; EDGERTON, The beginnings etc., op. cit., p. 191, n. 4."

"Studio fondamentale per la K. Up., è l'opera di FR. WELLER, Versuch einer Kritik der K. Up., Berlin, 1953, nella quale sono tra l'altro riportate in buona parte le principali traduzioni esistenti, tra cui si ricordino quelle di GELDNER, op. cit. e di J. CHARPENTIER, in ""Indian Antiquary"", 57, 1928, pp. 201 sgg., e 58, 1929, pp. 1 sgg., oltre a quella, più recente, di EDGERTON e a quella, recentissima, di W. RAU (""Asiatische Studien"", XXV, 1971, pp. 158-174). Vedi anche la traduzione italiana di F. BELLONI-FILIPPI citata sotto B. Up."

"Mundaka UP.  -  Ho seguito l'edizione del testo data da J. MAURY in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", IV, Paris, 1943)."
"Esiste pure una edizione critica di JOH. HERTEL, Leipzig, 1924 (= ""Indo-Iranische Quelle und Forschungen"", Heft III), seguita da W. RAU nella sua versione (""Asiatische Studien"", XVIII-XIX,"
1965, pp. 216-226).

"In 3, 2, 1 ho letto 'sukram, ""impurità"", in luogo di sukram (cfr. HILLEBRANDT, Aus Brahmanas und Upanisaden, op. cit., p. 177, n. 197)"

In 3, 1, 4 e in 3, 2, 10 sono caduti due bindu.

"PRASNA UP. - Ho seguito il testo edito da J. BOUSQUET in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", VIII, Paris, 1948). In esso ho rilevato alcuni errori di stampa."

In 1, 12 si legga istim kurvanti in luogo di ista kurvanti. In 2, 4 si legga utkramaty in luogo di utatkramaty.

In 3, 3 si legga manokrtena in luogo di manaukrtena.

"SVETASVATARA UP.  -  Ho seguito l'edizione di R. HAUSCHILD (""Abhandlungen f. d. Kunde d. Morgenlandes"", XVII, 3, Leipzig, 1927; ristampa: 1966) e ho altresì tenuto conto delle correzioni di E. H. JOHNSTON (Some Samkhya and Yoga conceptions of the Svet. Up., in ""J. R. A. S."", 1930, pp. 854-879) e di W. RAU (Versuch einer deutschen Ubersetzung der Svet. Up., in ""Asiatische Studien"", XVII, 1964, pp. 25-46). In alcuni punti mi sono però discostato da RAU."

In 1, la leggo jivamah... sampratisthah, in luogo di jivama sapratisthah.

In 2, 2c leggo saktya, secondo il testo trádito, in luogo di saktiyai. In 2, 6b leggo abhiyujyate, in luogo di abhivyajyate o abhivyanyate. In 3, 2 ho tradotto secondo il testo trádito:

eko hi rudro na daitiyàya tasthur ya imaml lokan isata isanibih /pratyan janams tisthati samcukopantakàle samsrjya visva bhuvanani gopah.

In 4, 1C ho tradotto secondo il testo tradizionale: vi caiti cante visvam adau.

In 4, 7a leggo nimagno, in luogo del congetturale 'valagno. In 4, 12C leggo pasyata, in luogo di pasyati.

In 5, 2c leggo rsim prasutam, secondo il testo trádito, in luogo di rsiprasutam.

In 5, 6b leggo tad brahma, in luogo della proposta tad brahmana. L'edizione di HAUSCHILD è accompagnata da una traduzione. Vedi ancora:

"O. SCHRADER, in Hinduismus, ""Religionsgeschichtliches Lesebuch"", Heft, 14, Tubingen, 1930; J. W. HAUER, Ein monothalstischer Tractat Altindiens (Svet. Up.), Gotha, 1931; A. SILBURN, ""Les Upanishad"", VII, Paris, 1948."

"Mandukya UP.  -  Ho seguito il testo come edito da EM. LESIMPLE in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", V, 1944) escludendo la Karika di Gaudapada."

Maitrayaniya UP.  -  Ho tradotto secondo il testo ricostruito da J. A. B. VAN BUITENEN, The Maitrayaniya Up., 'S-Gravenhage, 1962, pp. 63-67. Tra parentesi ho indicato il numero corrispondente ai capitoli e ai paragrafi della Vulgata. Mi sono discostato dal v. BUITENEN in alcuni passi.

In (6, 2), mi sembra per errore materiale, è caduta la frase: idam vava tat puskaram yo 'yam akasah. asyemas catasro disas catasra upadiso dalasamsthah. asam arvag vicarata etau pranadityau. età upasitom ity etad aksarena vyàhrtibhih savitrya ca.

"In (6, 35) leggo amsudharaya, ""lampada"", in luogo di amsadharaya (errore di stampa?). In (6, 37) propongo di leggere, in luogo del congetturale anàbhu o del trádito annabahum, annabahur, intendendolo come epiteto della vena."

In (7, 6) il sesto gruppo mi sembra che debba conservarsi per ragioni di geometria di composizione.

"La Vulgata si trova tradotta nelle raccolte di M. MULLER, DEUSSEN, HUME, RADHAKRISHNAN, FILIPPANI-RONCONI; vedi inoltre A. M. ESNOUL (""Les Upanishad"", XV, Paris, 1952) e il citato lavoro di VAN BUITENEN."

Mahanarayana UP.  -  Ho seguito l'edizione di J. VARENNE, La Maha Naràyana Upanisad, 2 tomi, Paris, 1960, e ho adottato altresì la numerazione da lui proposta.

Alla str. 351 ho però letto: yas te soma prajavatso 'bhi so 'ham (il VARENNE congettura invece °prajavatso 'si).

Traduzioni: parziale di DEUSSEN, completa di VARENNE.

"CHAGALEYA UP.  -  Ho seguito il testo restituito da N. TSUJI, ""Studies in honour of prof. Ui"", Tokyo, 1951, riprodotto da L. RENOU in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", XVII, Paris, 1959)."

DEUSSEN la tradusse dall'Oupnek'hat di ANQUETIL DUPERRON.

"KAIVALYA UP. - Ho seguito l'edizione di One hundred and eight Upanishads, op. cit., pp. 128 sg., riprodotta da B. TUBINI in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", XIII, Paris, 1952)."

Alla str. 24 si legga bhavaty atyasrami, in luogo di bhavatv ityasrami (errore di stampa).

Trad.: DEUSSEN, HILLEBRANDT, RADHAKRISHNAN, TUBINI.

"BÀSKALA-MANTRA UP.  -  Ho seguito l'edizione di F. O. SCHRADER, Unpublished Upanishads, Adyar, 1933, pp. 37 sgg., riprodotta anche da L. RENOU in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", XVI, Paris, 1956)."

DEUSSEN la tradusse dall'Oupnek'hat di ANQUETIL DUPERRON.

PRANAGNIHOTRA UP.  -  Ho seguito l'edizione curata da J. VARENNE, in appendice alla sua Maha Narayana Up., Tomo II, pp. 95-114.

Traduzioni: DEUSSEN e VARENNE.

"ATHARVASIRAS UP. - Ho seguito il testo di One hundred and eight Upanishads, op. Cit., pp. 154 sgg., riprodotto anche da B. TUBINI in appendice alla sua traduzione (""Les Upanishad"", XI, Paris, 1952)."

Nei seguenti luoghi ho però tradotto secondo le lezioni qui proposte:
cap. III, nella citazione di R. V., 8, 48, 3: amrta in luogo di
amrtam.
"cap. V: munayo 'vag, in luogo di munayo vag (cfr. l'edizione di ""A. S. S."", 29, p. 16)."
cap. VI: dhartra in luogo di dharta.

Traduzioni: DEUSSEN, TUBINI.

MUDGALA UP. - Ho seguito l'edizione di One hundred and eight Upanishads, op. Cit., pp. 351 sgg.

"Traduzioni: J. GONDA, in ""Beitrage zur Geistesgeschichte Indiens, Festschrift f. E. Frauwallner"", pp. 101-113."

"GANAPATI UP.  - Ho seguito l'edizione data da J. VARENNE in appendice alla sua traduzione ""Les Upanishad"", XVIII, Paris, 1965)."

DEVI UP. - Ho seguito l'edizione di M. D. SHASTRI, Sakta Upanisad,
"Madras, 1950, pp. 53 Sgg., tenendo presenti l'edizione di One hundred etc. e le osservazioni di J. VARENNE nella sua recentissima traduzione (""Les Upanishad"", XIX, Paris, 1971)."

"YOGATATTVA UP.  -  Ho seguito l'edizione di ""A. S. S."", 29, 1925,"
pp. 517 sgg., con il commento di Narayana.
"In 1, 5 ho letto sritva, ""essendo passato attraverso"", in luogo di srutva (cfr. anche DEUSSEN, p. 670, n. 4)."

Traduzioni: DEUSSEN, J. VARENNE, Upanishads du Yoga, Paris,
1971, che segue però altra recensione, assai ampliata.

"KSURIKA UP. - Ho seguito l'edizione di ""A. S. S."", 29, pp. 185 sgg."
Alla str. 5 leggo gatapranah in luogo di gatah pranah (cfr. One hundred and eight etc., Op. Cit., p. 213).

Alla str. 10 propongo di leggere marma yad, in luogo di mamrjya.

Alla str. 11 leggo marma janghanukirtanam, in luogo di marmajangha.

Alla str. 12 leggo urvor madhye, in luogo di uror madhye e marma pranavimocanam, in luogo di marmaprana°.

Alla str. 13 leggo samuhan, in luogo di samuham (cfr. One hundred and eight etc.).

Traduzioni: DEUSSEN, VARENNE.

BRAHMABINDU UP. - Ho seguito l'edizione di One hundred and eight
Upanishads, Op. cit., pp. 127 sg., riprodotta anche da B. TUBINI
"in appendice alla sua traduzione ""Les Upanishad"", XII, Paris, 1952)."

Traduzioni: DEUSSEN, HILLEBRANDT, TUBINI, VARENNE.

"HAMSA UP. - Ho seguito l'edizione di ""A. S. S."", 29, pp. 633 sgg."

Traduzioni: DEUSSEN, VARENNE.

ABBREVIAZIONI

A.B.O.R.I.
Annals of the Bhandarkar Oriental Institute, Poona.
A.G.I.
Archivio Glottologico Italiano.
A.I.O.N.
Annali Istituto Orientale di Napoli.
A. S. S.
Anandàsrama Sanskrit Series, Poona.
A. V.
Atharvaveda.
Ait. up.
Aitareya Upanisad.
B.Up.
Brhadaranyaka Upanisad.
Ch. Up.
Chandogya Upanisad.
J. A.
Journal Asiatique.
J. A. O. S.
Journal of the American Oriental Society.
J.R.A.S.
Journal of the Royal Asiatic Society.
K.Up.
Katha Upanisad.
Kaus. Up.
Kausitaki Upanisad.
K.Z.
Zeitschrift zur vergleichende Sprachforschung und
Zeitschrift fur Kuhn.
M. Up. o Mund. Up.
Mundaka Upanisad.
Ma. Up.
Mandukya Upanisad.
Mn. Up.
Mahanarayana Upanisad.
Pr. Up.
Prasna Upanisad.
R. V.
Rgveda.
S. V.
Samaveda.
Svet. Up.
Svetasvatara Upanisad.
T. Up.
Taittiriya Upanisad.
W.Z.K.S.O.
Wiener Zeitschrift fur die Kunde Sud - und Ostasiens un Archiv fur indische Philosophie.
Y.V.
Yajurveda.
Z.D.M.G.
Zeitschrift der Deutschen Morgenlandischen Gesellschaft. Z.f.B.
Zeitschrift fur Buddhismus.
Z.I.I.
Zeitschrift fur Indologie und Iranistik.
UPANISAD VEDICHE

BRHADARANYAKA UPANISAD

"La Brhadaranyaka upanisad, ""L'Upanisad del grande libro silvestre"", appartiene all'ultimo libro dello Satapatha Brahmana, che è il testo che raccoglie spiegazioni e commenti relativi alle formule del Yajurveda bianco recitate dall'adhvaryu o prete sacrificatore. Lo Satapatha Br. termina con un Aranyaka, questo a sua volta si conclude con l'Up. in questione, cui segue la Isa Up. La B.Up. esiste in due recensioni, corrispondenti alle due scuole dei Kanva e dei Madhyandina; qui viene tradotta la recensione Kanva, che è pur quella seguita da Sankara nel suo commento e che si rivela in certi passi sicuramente fonte dell'altra. Ragioni soprattutto linguistiche inducono a ritenere che la B.Up. sia la più antica delle Upanisad vediche, anteriore per certi aspetti anche alla Chandogya Up., che le è assai vicina per celebrità, ampiezza e contenuto; ma non è escluso che in singoli casi (ad es. nell'ordinamento del sesto adhyaya) la B.Up. si riveli seriore."

"La B. Up. consiste di sei adhyaya o ""letture"", che sono raggruppate a due a due in tre sezioni, che dovettero esistere dapprima autonome: ognuna è infatti conclusa da una lista dei maestri che si tramandarono la dottrina, e gli stessi argomenti, ripetuti talvolta verbatim, ricorrono in diverse sezioni. La prima sezione, Madhukanda, ""Sezione del miele"", comprende il primo e il secondo adhyaya, prende il nome dal penultimo capitolo del secondo adhyaya e s'occupa dapprima di questioni relative al rituale e di riflessioni cosmogoniche, per poi passare a considerazioni più propriamente metafisiche e all'esposizione della dottrina dell'identità fra anima individuale e anima cosmica. La seconda sezione, Yajnavalkiyakanda, comprende il terzo e il quarto adhyaya, nei quali Yajnavalkya è il principale interlocutore, e offre per così dire la giustificazione quasi filosofica della dottrina dell'identità fra Atman e Brahman. Infine la terza sezione, Khilakanda, ""Sezione aggiuntiva"", raduna dottrine, meditazioni, preghiere che parve opportuno raccogliere perché non mancassero nel manuale della scuola."

PRIMO ADHYAYA 1

PRIMO BRAHMANA

1. Om! In verità la testa del cavallo sacrificale è l'aurora l'occhio è il sole, il respiro è il vento, la bocca spalancata è il fuoco universale, il corpo è l'anno. Il dorso del cavallo sacrificale è il cielo, il ventre è l'atmosfera, l'inguine è la terra, i fianchi sono i punti cardinali, i lombi sono i punti intermedi, le membra sono le stagioni, le articolazioni sono i mesi e le quindicine, i piedi sono i giorni e le notti, le ossa sono le costellazioni, le carni sono le nubi. Il cibo che si trova nello stomaco è la sabbia, gli intestini sono i fiumi, il fegato e i polmoni sono le montagne, i peli sono le erbe e gli alberi, la parte anteriore è il sole oriente, la parte posteriore è il sole all'occaso. Quando spalanca la bocca si ha il lampo, quando s'agita si ha il tuono, quando orina piove, il suo nitrito è la parola 2.

"2. Il giorno sorse dopo il cavallo come il mahiman situato davanti; il suo luogo d'origine è nell'oceano orientale. La notte sorse dopo il cavallo come il mahiman situato posteriormente; il suo luogo d'origine è nell'oceano occidentale. L'uno e l'altro sono sorti come mahiman ai due lati [del cavallo]. Come haya (destriero) è la cavalcatura degli dei, come vàjin (stallone) è la cavalcatura dei gandharva, come arvan (corsiero) è la cavalcatura dei demoni, come asva (cavallo) è la cavalcatura degli uomini. L'oceano è a lui legato con vincoli di parentela, l'oceano è il suo luogo d'origine."

SECONDO BRAHMANA 3

"1. Quaggiù al principio non c'era che il nulla. Tutto era avvolto dalla morte (Mrtyu) o dalla fame, perché la fame è la morte. [Mrtyu] creò la mente, pensando: ""Possa io avere un corpo!"". E, cantando inni d'adorazione, si mosse. Mentre cantava, sorsero le acque. Allora egli disse: ""Mentre cantavo (arc), si è prodotta l'acqua (ka)!"". Ecco come s'originò l'arka 4 e perché ebbe questo nome. E in verità felicità (ka) tocca a colui che conosce come s'originò l'arka e perché ebbe questo nome."

2. L'arka in verità è l'acqua. La schiuma delle acque poi si rapprese e fu la terra. Su di essa Mrtyu s'affaticò. Mentre s'affaticava e si riscaldava, l'essenza del suo splendore si trasformò in fuoco.

3. Egli si divise in tre parti: [il fuoco,] il sole, il vento. Egli è lo spirito vitale, che è triplice. La testa è la plaga orientale, poi ci son le due braccia (i due punti intermedi, scirocco e greco). La coda è la plaga occidentale, poi ci sono i due femori (i due altri punti intermedi, libeccio e maestro). I fianchi sono il Sud e il Nord, il cielo è il dorso, il ventre è l'atmosfera, il petto è la terra 5. Egli sta saldo sulle acque. Chi così conosce sta saldo dovunque vada.

4. Egli desiderò che da lui nascesse un secondo sé. Quindi Mrtyu, che è la fame, s'unì per mezzo della mente con la parola [del Veda] 6. Lo sperma divenne l'anno: prima infatti l'anno non esisteva. Egli lo tenne entro di sé per lo spazio di un anno e dopo questo tempo lo mise alla luce. Appena quello fu nato, Egli aprì la bocca per inghiottirlo. Quegli fece bhan e così sorse il linguaggio 6 bis.

"5. Egli pensò: ""Se lo ucciderò, farò un ben misero pasto"". Allora dalla parola e da se stesso egli produsse tutto questo [universo] che esiste, il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, i metri degli inni, i sacrifici, gli uomini, gli animali'. E tutto ciò che generava incominciò a divorarlo. Poiché tutto divora (ad), per questo Aditi (l'infinità) ha il suo nome. Di ogni cosa si ciba, tutto è cibo per colui che sa per quale ragione Aditi così è chiamata 8."

6. Egli concepì il desiderio di compiere di nuovo un sacrificio più solenne. S'affaticò, praticò la penitenza. Quando si fu affaticato e riscaldato, gloria ed energia uscirono fuori. Gloria ed energia sono gli spiriti vitali. Fuggiti da lui gli spiriti vitali, il corpo cominciò a gonfiarsi: ma nel corpo era rimasta la mente 9.

"7. Egli concepì questo desiderio: ""Diventi il mio corpo adatto al sacrificio. Possa io per mezzo suo avere un altro me stesso"". Allora diventò cavallo. Ciò che s'era gonfiato (asvat), divenne adatto al sacrificio (medhya). Questa è la ragione per la quale il sacrificio del cavallo si chiama asvamedha. In verità conosce davvero l'asvamedha colui che lo conosce in tal modo."

"Mentre lasciava libero il cavallo, si sprofondò nella meditazione. Dopo un anno sacrificò il cavallo a se medesimo e offerse agli dei gli [altri] animali. Per questo la vittima si offre a Prajapati, [anche se] appartiene a tutti gli dei. Quel [sole] che lassù arde è l'asvamedha; l'anno è il suo corpo. Il fuoco terrestre è l'arka e i mondi sono i suoi corpi. Esistono l'aria e l'asvamedha, ma poi c'è una sola divinità ed è la Morte. [Chi così conosce,] trionfa della seconda morte 10, la morte non può coglierlo, la morte diventa parte di lui, ed egli diventa una di queste divinità."

TERZO BRAHMANA 11

1. Duplice fu la discendenza di Prajapati, gli dei e i demoni. Di questi più giovani erano gli dei, più antichi i demoni. Tra essi nacque contesa per i mondi. Gli dei dissero:
Orsù! superiamo i demoni cantando l'udgitha durante il sacrificio!.

"2. Alla parola essi dissero: ""Canta per noi l'udgitha!"". ""Bene"", rispose la parola e cantò per loro l'udgitha. Con il canto essa procurò agli dei il piacere che c'è nella parola; quanto nella parola c'è di buono, lo [procurò] a se stessa. [I demoni] si resero conto che per merito di quel cantore sarebbero stati vinti. Gli si gettarono contro e lo colpirono con il male. Il male si ha quando si dice qualcosa di sgradevole: questo è il male."

"3. Allora dissero all'odorato: ""Canta per noi l'udgitha!"". ""Bene"", rispose l'odorato e cantò per loro l'udgitha. Con il canto esso procurò agli dei il piacere che c'è nell'odorare; quanto nell'odorare c'è di buono, lo [procurò] a se stesso. [I demoni] si resero conto che per merito di quel cantore sarebbero stati vinti. Gli si gettarono contro e lo colpirono con il male. Il male si ha quando si odora qualcosa di sgradevole: questo è il male."

"4. Allora dissero alla vista: ""Canta per noi l'udgitha!"". ""Bene"", rispose la vista e cantò per loro l'udgitha. Con il canto essa procurò agli dei il piacere che c'è nel vedere; quanto nel vedere c'è di buono, lo [procurò] a se stessa. [I demoni] si resero conto che per merito di quel cantore sarebbero stati vinti. Gli si gettarono contro e lo colpirono con il male. Il male si ha quando si vede qualcosa di sgradevole: questo è il male."

"5. Allora dissero all'udito: ""Canta per noi l'udgitha!"". ""Bene "", rispose l'udito e cantò per loro l'udgitha. Con il canto esso procurò agli dei il piacere che c'è nell'udire; quanto nell'udire c'è di buono, lo [procurò] a se stesso. [I demoni] si resero conto che per merito di quel cantore sarebbero stati vinti. Gli si gettarono contro e lo colpirono con il male. Il male si ha quando si ascolta qualcosa di sgradevole: questo è il male."

"6. Allora dissero alla mente: ""Canta per noi l'udgitha!"". ""Bene"", rispose la mente e cantò per loro l'udgitha. Con il canto essa procurò agli dei il piacere che c'è nel pensare; quanto nel pensare c'è di buono, lo [procurò] a se stessa. [I"
demoni] si resero conto che per merito di quel cantore sarebbero stati vinti. Gli si gettarono contro e lo colpirono con il male. Il male si ha quando si pensano cose sgradevoli: questo è il male.

Così invero i demoni attaccarono con i mali le divinità (i sensi) 12, le colpirono con i mali.

"7. Allora dissero al respiro che sta nella bocca: ""Canta per noi l'udgitha!"". ""Bene "", rispose il respiro e cantò per loro l'udgitha. [I demoni] si resero conto che per merito di quel cantore sarebbero stati vinti. Gli si gettarono contro e tentarono di colpirlo con il male. [Ma] come una zolla colpendo una roccia si dissolve, così dissolvendosi in ogni dove i demoni scomparvero. E così rimasero gli dei; i demoni furono distrutti. Colui che questo sa, prospera seco stesso; ma il rivale che lo odia va in rovina."

"8. Gli dei dissero: ""Dove mai è colui che s'è dimostrato così attaccato a noi?"". Egli (ayam) è dentro la bocca (asya): perciò si chiama Ayasya e si chiama pure Angirasa perché è l'essenza [vivificante] delle membra (anganam rasa) 13."

9. Questa divinità si chiama Dur. Lontano (duram) da essa infatti si trova la morte. E lontana sta la morte da colui che così conosce.

10. Questa divinità, avendo allontanato dalle altre divinità quel male che è la morte, [lo] fece allora andare alla fine dei mondi. Là depose i loro mali. Perciò non bisogna recarsi presso popoli stranieri, non bisogna andare in capo al mondo, perché non si corra dietro alla morte, al male.

11. Dopo che ebbe allontanato la morte, il male dalle altre divinità, questo dio le fece poi passare al di là della morte.

12. Per prima fece passare la parola. Questa, quando fu liberata dalla morte, diventò il fuoco, il fuoco che risplende, avendo oltrepassato il limite della morte.


13. Poi fece passare l'odorato. Quando fu liberato dalla morte, esso diventò il vento, il vento che purifica, avendo oltrepassato il limite della morte.

14. In seguito fece passare la vista. Quando fu liberata dalla morte, la vista diventò il sole, il sole che riscalda, avendo oltrepassato il limite della morte.

15. Poi fece passare l'udito. Quando fu liberato dalla morte, l'udito si mutò nelle regioni celesti, i punti cardinali, che hanno oltrepassato il limite della morte.

16. Poi fece passare la mente. Quando fu liberata dalla morte, la mente diventò la luna, la luna che riluce avendo oltrepassato il limite della morte.

Similmente questo dio fa passare al di là della morte colui che così conosce.

17. Quindi [il respiro vitale] procurò a se stesso mediante il canto il nutrimento. Qualunque cibo si mangi, è lui (lo spirito vitale) che lo mangia e in esso trova il suo sostegno 14.

"18. Gli dei (i sensi e i loro corrispondenti cosmici) dissero: ""Mediante il canto tu ti sei procurato tutto quanto è cibo. Di questo cibo ora rendici partecipi!"". ""Entrate dunque in me!"". ""Bene"", dissero e da ogni parte in lui penetrarono. Perciò anche le altre divinità sono soddisfatte del cibo che esso soltanto mangia. Del pari i suoi si riconoscono una sola cosa con colui che così sa, ed egli diventa il protettore dei suoi, il migliore, il capo, il mangiatore di cibo, il sovrano. Colui tra i suoi che vuole rivaleggiare con uno che abbia tale conoscenza, costui non vale a sostentare quelli che deve sostentare. Colui invece che lo segue e soltanto seguendo lui vuol sostentare i suoi dipendenti, riesce invero a sostentare chi deve."

19. Esso è Ayasya Angirasa: è infatti l'essenza [vivificante] delle membra. Il respiro è l'essenza [vivificante] delle membra. In verità il respiro è l'essenza [vivificante] delle membra, perciò qualsiasi parte del corpo il respiro abbandoni, questa parte si dissecca. Esso infatti è l'essenza [vivificante] delle membra.

20. In verità esso è Brhaspati (o Brahmanaspati, signore della preghiera) 15: la parola è la strofa Brhati (ossia il Rgveda), esso ne è il signore (pati), perciò è detto Brhaspati.

21. In verità esso è Brahmanaspati: la parola è la preghiera (ossia il Yajurveda), esso ne è il signore, perciò è detto Brahmanaspati.

22. In verità esso è il saman (ossia il Samaveda). La parola infatti è saman. Esso comprende s2 e ama (ossia tutto ciò che v'è di femminile e tutto ciò che v'è di maschile) e questa è la ragione per cui il saman si chiama saman. Oppure [il respiro vitale] è simile (sama) alla formica, alla mosca, all'elefante, al trimundio, a tutto l'universo: per questo esso è il saman. Colui che così conosce il saman ottiene l'unione con il saman, diventa intimamente partecipe del suo mondo.

"23. Esso è anche l'udgitha. Il respiro è ut; sul respiro infatti tutto l'universo si sostiene (ut-tabdha). La parola è il canto (githa). Da ut e githa si forma udgitha."

"24. È per questo che Brahmadatta, discendente di Cikitana, mentre sorbiva il soma, disse: ""Possa questo re [Soma] far cadere la mia testa, se con qualche altro mezzo Ayasya Angirasa cantò l'udgitha! Infatti con la parola e con il respiro egli cantò l'udgitha ""."

25. A colui che conosce la ricchezza del Saman a costui tocca la ricchezza. Il tono è la ricchezza del Saman. Perciò chi vuol adempiere alle funzioni sacerdotali s'auguri il tono nella voce: allora con la voce ben intonata potrà compiere le funzioni di sacerdote. Perciò si desidera vedere al sacrificio un sacerdote dalla voce piena, che possieda cioè la ricchezza [del saman]. Tocca la ricchezza a colui che così conosce la ricchezza del saman.


26. Colui che conosce il suvarna (oro e bel suono) del saman, costui ottiene l'oro. Il suvarna del saman è il tono. Tocca l'oro a colui che così conosce il suvarna del saman.

27. Colui che conosce il fondamento del saman ha salde radici. Il fondamento del saman è la parola: fondandosi infatti sulla parola il soffio diventa canto. Alcuni dicono che [il fondamento] è il cibo (il corpo).

28. Ora segue la recitazione delle formule purificatorie. Il prastotar deve intonare il saman. Quando il sacerdote intona, [colui che offre il sacrificio] canta questi versi:

"Fa che io passi dal non essere all'essere; dalle tenebre fa che io passi alla luce, dalla morte fa che io passi all'immortalità!"

"Quando recita il primo verso, con non essere intende la morte, con essere l'immortalità. ""Fa che io passi dalla morte all'immortalità, rendimi immortale"", questo intende dire. Recitando il secondo verso, con tenebre intende la morte, con luce l'immortalità. ""Fa che io passi dalla morte all'immortalità, rendimi immortale"", questo intende dire. Quando recita il terzo verso, tutto è chiaro. Con le altre strofe può procurarsi l'alimento: perciò scelga con esse la grazia desiderata. L'udgatar che così sa con i canti ottiene, sia per sé, sia per chi offre il sacrificio, le cose che auspica. In verità il saman permette di conquistare il mondo e certamente raggiunge i mondi [celesti] colui che così conosce il saman."

QUARTO BRAHMANA 16

"1. In principio l'universo era il solo Atman in forma di purusa (uomo cosmico). Guardandosi attorno, non vide nulla all'infuori di sé. Disse per prima cosa: ""Questo son io!"", e da ciò nacque il vocabolo ""io"". Perciò ancor oggi quando"
"uno è interrogato dice per prima cosa: ""Sono io"", poi dice l'altro suo nome. Poiché egli prima (purva) che ogni cosa esistesse bruciò (us) tutti i mali, per questo è chiamato purusa. Colui che così sa brucia chi vuol precederlo."

"2. Egli ebbe paura; per questo chi è solo ha paura. Poi pensò: ""Dato che nessun altro esiste al di fuori di me, di chi debbo temere ?"". E allora il suo timore si dissolse. Di chi avrebbe dovuto temere? È quando c'è un altro che nasce la paura."

"3. Egli non provava gioia; per questo chi è solo non prova gioia. Allora desiderò un secondo. Ora egli occupava tanto [spazio] quanto un uomo e una donna insieme abbracciati. Egli si divise in due e quindi sorsero il marito e la moglie. Per questo Yajnavalkya diceva: ""Noi siamo ciascuno una metà"". Per questo il vuoto è riempito dalla donna. Egli si congiunse con lei e ne nacque la stirpe umana."

"4. La femmina pensò: ""Come mai dopo avermi da sé generata s'unisce con me? Orsù, bisogna che io mi nasconda"". Diventò vacca, l'altro [si fece] toro, s'unì con essa e nacquero i bovini. Diventò giumenta, l'altro stallone; diventò asina e asino l'altro: si unì con essa e nacquero i monoungulati. Diventò poi capra e l'altro becco; diventò pecora e 1 altro montone: si unì con essa e nacquero capre e pecore. Così generò tutte le coppie fino alle formiche."

"5. Egli fu conscio di ciò: ""In verità io sono la creazione, poiché io ho creato tutto questo universo"". Così si realizzò la creazione. Quando si dice: ""Sacrifica a questo o a quest'altro dio"" e così via per tutte le divinità, [c'è un errore]: di lui soltanto è la creazione, egli soltanto è tutte le divinità 17. Colui che così sa diventa partecipe di questa sua attività creatrice."

6. Egli poi prese a soffregarsi [le mani]. Dalla bocca usata come matrice e dalle mani produsse il fuoco. Per questo entrambi (bocca e mani) sono senza peli all'interno, perché la matrice è internamente senza peli. Quindi tutto ciò che
qui esiste di umido, lo generò dal seme e questo è il soma 18. In verità quanto esiste al mondo è mangiato o mangiatore: il soma è mangiato, il fuoco è mangiatore. E questa è la supercreazione del Brahman: egli creò gli dei [che gli sono] superiori, essendo mortale creò gli immortali. Per questo è una supercreazione 19. Chi così sa, diventa partecipe di questa sua supercreazione (ossia partecipe della natura divina).

"7. Tutto l'universo era un tempo indifferenziato. Fu poi reso distinto secondo il nome e la forma con le parole: ""Questi si chiama così, costui ha questa determinata forma"" 20. Ancor oggi tutto [l'esistente] si distingue secondo il nome e la forma e infatti si dice: ""Questi si chiama così, costui ha questa determinata forma"". Ed egli (l'Atman) vi è penetrato fino alla punta delle unghie. Come un rasoio nascosto nel fodero, come la termite nel suo termitaio 21, egli non si vede. Soltanto parziale è [la sua apparizione]: quando respira si chiama respiro, quando parla, voce, quando vede, occhio, quando ode, orecchio, quando pensa, mente. Ma queste sono soltanto denominazioni per le [sue] attività. Colui che lo venera in una singola apparizione non lo conosce veramente: soltanto parzialmente infatti egli compare nelle sue singole [manifestazioni]. Bisogna venerarlo sotto forma di Atman: e allora tutte le varie [manifestazioni] si unificano. Quello che è l'Atman [dentro di noi], è la traccia che permette di giungere all'intero universo: per suo tramite infatti si conosce tutto l'universo. Come seguendo la traccia si trova [ciò che si è perduto], così [seguendo l'Atman si trova la chiave per sciogliere l'enigma dell'universo]. Fama, gloria ottiene colui che questo sa."

"8. Perciò più caro d'un figlio, più caro della ricchezza, più caro e più proprio d'ogni altra cosa è questo Atman. Se un tale afferma che non l'Atman ma un altro gli è caro e se di questo tale si dice: ""Perderà ciò che gli è caro"", ben probabilmente la previsione si avvererà. Soltanto l'Atman deve venerarsi come cosa cara. Per colui che l'Atman soltanto venera come cosa cara, nulla che gli sia caro perisce."

"9. A questo riguardo si dice: ""Poiché gli uomini pensano di diventar l'universo con la conoscenza del Brahman, il Brahman che cosa conobbe, per cui divenne tutto l'universo?""."

"10. In verità, al principio questo universo era soltanto il Brahman. Esso conobbe se stesso dicendo: ""Io sono il Brahman"". Da lui tutto l'universo derivò. E qualsiasi degli dei si levò a tale conoscenza, diventò egli pure [il Brahman] e così per i veggenti e così per gli uomini. Riconoscendo ciò il rsi Vamadeva poté affermare: ""Manu e il Sole io sono stato"" (R. V., 4, 26, 1). E ancor oggi colui che sa di essere il Brahman, diventa questo universo e neppure gli dei possono impedirglielo, poiché egli diventa intima parte di loro. Quindi chi venera come distinta [da sé] una divinità pensando: ""Essa è una cosa e io sono un'altra"", costui non ha verace sapienza, ma è per gli dei come una bestia. Come invero molte bestie servono l'uomo, così di ogni singolo uomo si servono gli dei. Quando vien portato via un solo animale è cosa spiacevole; che dire [se ne vengono portati via] molti? Ecco perché agli dei dispiace che gli uomini sappiano ciò 22."

11 23. In verità al principio esisteva soltanto il Brahman,
unico e solo, ma essendo solo non poteva manifestare [tutta la sua potenza]. Allora creò una forma superiore, la nobiltà militare e cioè quanti tra gli dei sono i guerrieri: Indra, Varuna, Soma, Rudra, Parjanya, Yama, Mrtyu e Isana. Perciò nulla è superiore alla nobiltà militare e per questo il brahmano nella cerimonia dell'incoronazione del re è assiso più in basso d'un re. Viene così reso omaggio alla nobiltà militare, ma poi il Brahman (l'Assoluto e la casta brahmanica) è la matrice del potere militare. Perciò a qualsiasi altezza giunga il re, è al Brahman, alla sua matrice, che alla fine giunge. [Un re] che offenda un brahmano insulta la sua matrice ed è tanto più malvagio quanto migliore [di lui] è quello che ha offeso.

12. Ancora Esso non poteva manifestare [tutta la sua potenza]. Produsse allora la classe dei vaisya (ceto agricolo e mercantile), cioè quelle classi di dei che si contano a gruppi: i Vasu, i Rudra, gli Aditya, i Visvadeva, i Marut.

13. Ancora non poteva manifestare [tutta la sua potenza]. Produsse allora la casta degli sudra, ossia Pusan. La terra invero è Pusan, essa infatti nutre (pus) tutto quanto esiste.

"14. Ancora non poteva manifestare [tutta la sua potenza]. Allora produsse una forma più perfetta, il dharma (ciò che è giusto, la legge). Il dharma è il principio della sovranità per la nobiltà militare: perciò nulla v'è più alto del dharma. Invero il debole confida di tener a freno uno più forte con la legge, come fosse per mezzo d'un re. Il dharma è la verità. Perciò di uno che professi la verità si dice: ""Dice il giusto"", e di uno che parla il giusto si afferma: ""Dice il vero"". Le due cose sono in realtà una cosa sola."

"15. Quindi si hanno casta brahmanica, nobiltà militare, casta agricola e sudra. Tra gli dei il Brahman si manifestò sotto forma di Agni, tra gli uomini diventò il brahmano; la nobiltà militare [divina] si manifestò nel guerriero, il vaisya [divino] nell'agricoltore, lo sudra [divino] nello sudra terreno. Perciò tra gli dei si desidera di diventare Agni, tra gli uomini di diventar brahmano, perché il Brahman si manifesta [specialmente] in queste due forme. E se uno da questo"
mondo si diparte senza considerare la [vera] sua sede (ossia il Brahman-Atman), questa, da lui ignorata, non gli è di alcun giovamento, come il Veda non studiato o un'altra azione non portata a termine. Per colui che, non conoscendo ciò, compie un'azione pur assai meritoria, per lui alla fine questa azione va perduta 24. Soltanto l'Atman deve essere venerato come la [vera] sede. Per chi veneri soltanto l'Atman come la [vera] sede, la sua azione non va perduta: tutto ciò che si desidera, tutto infatti si ottiene da questo Atman 25.

"16. Ma questo Atman individuale è la sede di tutti gli esseri 26: poiché l'uomo liba e sacrifica, è la sede degli dei; poiché impara i Veda, è la sede dei veggenti; poiché offre ai Mani e desidera la prole, è [la sede] degli antenati; poiché dà rifugio e cibo agli uomini, è [la sede] degli uomini; poiché fornisce agli animali foraggio e acqua, è [la sede] degli animali; poiché nelle sue dimore trovano da vivere bestie, uccelli [e altri animali] fino alle formiche, è sede [anche] di costoro. Come alla propria sede uno auspica sicurezza, così a uno che così sappia sempre tutte le creature auspicano sicurtà. Questo è stato conosciuto dopo lunga indagine."

"17. Soltanto l'Atman esisteva al principio, unico e solo. Egli espresse il desiderio d'avere una moglie, di generare dei figli, di possedere ricchezze, di compiere delle opere [meritorie]. Tanti furono i suoi desideri e neppure volendolo se ne troverebbero di più. Perciò ancor oggi chi è solo desidera d'avere una moglie, di generare dei figli, di possedere ricchezze, di compiere delle opere [meritorie]. Finché non s'ottengono tutte queste cose, fin allora uno si sente incompleto. Ma la sua [vera] completezza consiste in questo: la mente è il suo io; la parola è la moglie; il respiro è la discendenza; l'occhio rappresenta i beni terreni, poiché è con l'occhio che li si trova; l'orecchio rappresenta i beni celesti, poiché è con l'orecchio che se ne sente parlare; il corpo è la sua azione, poiché è con il corpo che si agisce 27. Quintuplice è il sacrificio, quintuplice la vittima del sacrificio, quintuplice l'uomo: tutto ciò che esiste è fondato sul cinque 28. E ottiene tutto ciò che esiste, colui che così sa."

QUINTO BRAHMANA 29

1
30. Dei sette cibi che il Padre creò con l'intelligenza e con l'ascesi uno fu a lui comune [con tutti], due destinò agli dei, tre produsse per se medesimo, uno diede agli animali. In quest'ultimo è fondato tutto ciò che respira e ciò che non respira. E come mai questi cibi non vanno alla fine, benché siano continuamente mangiati? Colui che conosce questa indistruttibilità consuma il cibo con la sua bocca, giunge tra gli dei, possiede il vigore.

Così dicono i versi.

"2. ""Dei sette cibi che il Padre creò / con l'intelligenza e con l'ascesi"": invero il Padre li creò con l'intelligenza e con l'ascesi."

"Uno fu a lui comune [con tutti]: questo nutrimento a lui comune [con tutti] è tutto ciò che qui si mangia. Chi lo venera non si libera dal male, perché esso è un cibo misto (ossia non scelto). ""Due ne destinò agli dei"": ossia le libagioni e le oblazioni: è per questo che agli dei si fanno libagioni e oblazioni. Altri dicono che con queste parole s'intendono i sacrifici compiuti al novilunio e al plenilunio. "
Non deve quindi farsi il sacrificio detto isti (che è diretto all'ottenimento di qualche bene immediato).

"Uno diede agli animali: questo fu il latte. Di latte infatti al principio si nutrono uomini e animali. Perciò a un bambino appena nato fanno leccare per prima cosa un po' di burro o gli fanno succhiare il seno, e di un vitello appena nato si dice: ""Non è erbivoro""."

In quest'ultimo è fondato tutto ciò che respira e ciò che non respira: sul latte infatti si fonda tutto ciò che respira e ciò che non respira. Ma se si sente dire che [soltanto] chi per un anno liba con il latte vince la seconda morte, non bisogna crederci. Colui che così sa vince infatti la seconda morte nel giorno stesso in cui sacrifica: infatti, [offrendo il latte], tutti gli alimenti egli offre agli dei 31.

E come mai questi cibi non vanno alla fine, benché siano continuamente mangiati ?. Il Purusa (ossia il creatore) è invero l'indistruttibilità: egli infatti crea sempre di nuovo il cibo.

Colui che conosce questa indistruttibilità: il Purusa invero è l'indistruttibilità. Egli crea i cibi con le opere [meritorie], con la continua meditazione. Se non lo facesse, [il cibo] andrebbe alla fine.

"Consuma il cibo con la sua bocca: pratika indica la bocca, quindi ""con la bocca""."


Giunge tra gli dei, possiede il vigore: queste parole contengono la celebrazione [della ricompensa].

"3. ""Tre produsse per se medesimo"": creò per sé queste tre cose: la mente (manas), la parola (vac), il soffio (prana). Si dice: ""Ero con la mente altrove, non ho veduto; ero con la mente altrove, non ho sentito"": con la mente infatti si vede, per mezzo della mente si ascolta. Il desiderio, la determinazione, il dubbio, la fede, l'incredulità, la fermezza, l'incostanza, il pudore, la riflessione, il timore: tutto ciò è [prodotto dalla] mente Perciò anche se si è toccati alle spalle, ci se ne accorge per mezzo della mente. Tutto quanto riguarda il suono è parola: essa è destinata a finire [come parola mortale], ma non lo è [come parola divina]. Prana, apana, vyana, udana, samana, ana: tutto ciò in verità è soffio. L'Atman è fatto di ciò: di parola, di mente, di soffio."

4. Ci sono tre mondi: la parola è questa terra, la mente è l'atmosfera, il soffio è il mondo celeste.

5. Ci sono tre Veda: la parola è il Rgveda, la mente è il Yajurveda, il soffio è il Samaveda.

6. Ci sono gli dei, i Mani, gli uomini: la parola rappresenta gli dei, la mente i Mani, il soffio gli uomini.

7. Ci sono padre, madre e progenie: la mente è il padre, la parola è la madre, il soffio è la progenie.

8. Esiste il noto, ciò che deve conoscersi e l'ignoto 32. Tutto ciò che è noto è un aspetto della parola, perché la parola è nota ed essendo tale fa progredire l'uomo.

9. Tutto ciò che è da conoscersi è un aspetto della mente: la mente infatti è [rivolta a] ciò che è da conoscersi ed essendo tale fa progredire l'uomo.

10. Tutto ciò che è ignoto è un aspetto del soffio vitale: il soffio vitale infatti è ciò che è ignoto ed essendo tale fa progredire l'uomo.


11. Della parola il corpo è la terra, il fuoco è il suo aspetto luminoso. Perciò fin dove arriva la parola, fin là arriva la terra, fin là il fuoco.

12. Della mente il corpo è il cielo, il sole è il suo aspetto luminoso. Perciò fin dove arriva la mente, fin là arriva il cielo, fin là il sole. [Parola e mente] si congiunsero e ne nacque il soffio vitale. Questi è Indra e non ha rivali. C'è rivale infatti quando c'è un secondo 33. Colui che così sa non ha rivali.

"13. Del soffio vitale il corpo sono le acque, la luna è l'aspetto luminoso. Perciò fin dove arriva il soffio, fin là arrivano le acque, fin là arriva la luna. [Parola, mente, soffio] tutti sono eguali, tutti sono infiniti. Chi li venera come destinati a una fine, conquista mondi transeunti; chi li venera come infiniti mondi eterni conquista."

14
34. Prajapati è l'anno e ha sedici parti. Quindici parti sono [costituite dalle] sue notti, la sedicesima è fissa. Per mezzo delle notti egli s'accresce e poi decresce. Egli la notte del novilunio con quella sedicesima parte entra in tutto ciò che respira e poi al mattino rinasce. Perciò in quella notte non bisogna privare della vita alcuno che respiri, neppure una lucertola, per rispetto a quella divinità.
"15. L'uomo che così sa è egli stesso Prajapati, l'anno dalle sedici parti. I suoi averi sono le quindici parti, l'Atman è la sedicesima. Per gli averi egli s'accresce e poi decresce. L'Atman è il mozzo, gli averi sono il cerchio. Perciò quando uno perde tutto, se rimane in vita con l'Atman si dice: ""Se ne è andato [soltanto] per quel che riguarda il cerchio""."

16
35. Tre sono in verità i mondi: il mondo degli uomini, il mondo dei Mani, il mondo degli dei. Il mondo degli uomini si conquista soltanto con la [nascita di] un figlio, non con altra azione, il mondo dei Mani con l'opera [sacrificale], il mondo degli dei con la scienza. Il mondo degli dei è il migliore: perciò si loda la scienza.

17
" 36. Ed ora la trasmissione. Quando un uomo sente la morte vicina, allora dice al figlio: ""Tu sei la scienza sacra, tu sei il sacrificio, tu sei il mondo "". Il figlio risponde: ""Io sono la scienza sacra, io sono il sacrificio, io sono il mondo"". Tutto quanto fu studiato [dal padre], di tutto questo la somma è la sacra scienza (brahman). Di tutti i sacrifici [del padre], la somma è il sacrificio. Di tutti i mondi, la somma è il mondo. Tanto [esteso quanto queste parole] è l'intero universo. [Allora il padre pensa: ] ""Poiché è il tutto, [il figlio] mi aiuti [a uscire] di quaggiù"". Per questo si dice che un figlio istruito fa conquistare i mondi celesti e per questo lo si istruisce. Quando un uomo che così sappia se ne va da questo mondo, allora con le sue facoltà penetra nel figlio. Se qualche cosa ha fatto di male, da tutto il figlio lo libera. Per questo si chiama putra 37. Per mezzo del figlio egli si mantiene saldo in questo mondo e in lui penetrano facoltà divine, immortali."

18. Dalla terra e dal fuoco entra in lui la parola divina. È la parola divina, per la quale si realizza qualsiasi cosa si dica.

19. Dal cielo e dal sole entra in lui la mente divina. È, la mente divina, per mezzo della quale si prova gioia e non si è colti da dolore.

20. Dalle acque e dalla luna entra in lui il soffio divino. È il soffio divino, che spirando o non spirando non è tocco da turbamento né da danno. Colui che così sa, diventa l'essenza intima di tutte le creature. Come è la divinità (Prajapati), così è lui. Come tutte le creature fanno prosperare questa divinità, così tutte le creature fanno prosperare colui che così sa. Qualunque sofferenza sopportino le creature, essa rimane a loro, a lui tocca il bene. Il male invero non giunge mai agli dei.

"2138. Consideriamo ora il voto [del respiro]. Prajapati generò le facoltà. Generate che furono esse cominciarono a disputare tra loro. ""Io parlerò"", decise la parola. ""Io osserverò"", decise la vista. ""Io ascolterò"", decise l'udito. Del pari [eguale determinazione espressero] le altre facoltà secondo le loro funzioni. Allora la morte, fattasi stanchezza, le domò, se ne impadronì e, essendosene impadronita, le impedì [nelle loro funzioni]. Per questo la voce si stanca, si stanca la vista, si stanca l'udito. Ma ila morte] non riuscì a impadronirsi del soffio mediano. Le altre [facoltà] vollero conoscer[lo] e dissero: ""Questo è il migliore tra noi: sia che si muova, sia che non si muova 39, esso non è mai tocco da turbamento o da danno. Vogliamo dunque diventare una forma di lui!"". E forma di lui diventarono 40. Per questo dal suo nome gli altri sensi hanno il nome di prana. E del pari colui che così sa impone alla famiglia alla quale appartiene il proprio nome. Chi invece contrasta con colui che così sa, costui si dissecca ed essendosi disseccato infine se ne muore. Questo dal punto di vista individuale."

"22. Adesso secondo il punto di vista cosmico. ""Io arderò"", decise Agni. ""Io riscalderò"", decise il sole. ""Io risplenderò"", decise la luna. Del pari [eguale determinazione espressero] le altre divinità secondo le loro funzioni. Ma come si comporta nei riguardi delle facoltà [umane] il soffio mediano, così [si comporta] nei riguardi delle divinità Vayu (il Vento): le altre divinità infatti possono cessare dalla loro attività, non il Vento. Il Vento è la divinità che non mai cessa dalla sua attività."

23. A questo proposito c'è una strofa:

Ciò da cui il sole sorge, ciò in cui esso tramonta (dal soffio vitale esso sorge in verità, nel soffio vitale va a tramontare) gli dei hanno elevato al rango di legge eterna (dharma). Così è oggi e così sarà domani 41.

Ciò che gli dei hanno risoluto di fare allora, questo fanno anche oggi. Perciò bisogna seguire questo solo voto. Bisogna ispirare ed espirare, acciocché il male, la Morte, non s'impadronisca di noi. Se si segue questo voto, bisogna cercare di condurlo a compimento. E allora si conquisterà l'unione con quella divinità e si abiterà nella sua dimora.

SESTO BRAHMANA 42


1. In verità tutto questo universo si compone di tre elementi: nome, forma, atto. Dei nomi la parola è l'uktha, perché da essa traggono origine (ut-tisthanti) tutti i nomi.

Essa è pure il loro Saman, perché essa è comune (sama) a tutti i nomi. È il loro Brahman, perché sostiene (bibharti) tutti i nomi 43.

2. Delle forme l'occhio è l'uktha, perché da esso traggono origine tutte le forme. Esso è pure il loro saman, perché è comune a tutte le forme. Esso è il loro Brahman, perché sostiene tutte le forme.

"3. Degli atti il corpo è l'uktha, perché da esso traggono origine tutti gli atti. Esso è pure il loro saman, perché è comune a tutti gli atti. È il loro Brahman, perché sostiene tutti gli atti. Benché triplice, questo universo è uno ed è l'Atman; e l'Atman, benché uno, è questo triplice [universo]. È l'immortale velato dalla realtà [empirica]. Il respiro è immortale, il nome e la forma sono la realtà [empirica]. Da questi ultimi il soffio vitale è celato."

Note:
1. Il primo adhyaya è diviso in sei brahmana di lunghezza diseguale, ognuno dei quali sembra indipendente dagli altri e composito anche nel suo interno. L'unicità dell'esistente e l'identità Atman-Brahman sono già affermate, cosicché sembra che l'autore apporti per così dire delle notazioni supplementari a questa convinzione. Simbolo dell'Atman è il soffio, che è la controparte nell'individuo del vento e del quale viene affermata la superiorità.

2. Il cavallo sacrificale è il simbolo dell'universo, che dal compimento di un sacrificio s'è prodotto. L'interpretazione mistica del sacrificio sembra ben adatta a iniziare la B.Up., che appartiene al Yajurveda e quindi è particolarmente interessata alla pratica sacrificale. I due mahiman sono le coppe destinate a contenere la libagione e sono identificati con il giorno e la notte, ché tutto l'esistente si riconduce al cavallo, che nasce dalle acque primordiali, e agli arredi del sacrificio. Le due coppe sono rispettivamente d'oro e d'argento: l'oro corrisponde al giorno per la lucentezza, l'argento (rajata) possiede invece lo stesso freddo splendore e la stessa sillaba iniziale della notte (ratri) illuminata dalla luna.
3. Prajapati, che è il creatore ma è anche la morte, la fame, che tutto divora e da cui tutto si produce, crea l'universo che poi inghiotte di nuovo, simboleggiando il flusso eterno della vita. Quindi vuol fare un sacrificio e si trasforma in cavallo che offre a se stesso. Chi conosce che l'universo è il cavallo sacrificale supera la morte, diventa una cosa sola con la morte, ossia con il creatore, raggiunge la conoscenza e l'esperienza dell'Uno-tutto.

4. Arka è il nome del fuoco sacrificale, che è identificato con le acque primeve per mezzo di una fantasiosa etimologia, ma anche perché il fulmine, ossia il fuoco celeste, si genera, secondo un diffuso mito vedico, dal vapor acqueo delle nubi.
5. L'identificazione delle varie plaghe celesti con parti del corpo-umano dipende dalla concezione antropomorfica del creatore.

6. Ossia meditò sulla parola del Veda, che è considerato esistente ab aeterno.

"6 bis. La radice bhan significa ""parlare""."

7. Il creatore continua la meditazione sulla sapienza vedica e così rende manifesta quella sapienza ancor non rivelata. Tutto ciò che è creato si riferisce al sacrificio: la creazione stessa è un sacrificio.

8. Il creatore è anche la materia primordiale (Aditi), da cui tutto si produce e in cui tutto ritorna.

9. Il gonfiarsi del corpo è forse in rapporto con la putrefazione che segue alla morte, cioè all'abbandono degli spiriti vitali.
10. Il timore per la seconda morte (punarmrtyu), già attestato nei Brahmana, sembra esprimere la convinzione che anche un'eventuale dimora nei mondi ultraterreni non sia definitiva.

"11. Si celebra la superiorità del respiro, del soffio vitale, su tutti gli altri sensi; si cerca cioè in qualche cosa direttamente percepibile l'ultimo perché della vita. Nella lotta fra dei e demoni i primi si rivolgono ai vari sensi perché cantino per loro l'udgitha, che è la parte centrale e più importante del canto rituale. Ma i vari sensi sono incapaci di riportar vittoria, poiché i demoni li colpiscono con il male, cui i sensi non possono resistere perché, secondo Sankara, hanno peccato di egoismo, hanno cioè compiuto il bene per se stessi. Il respiro vitale assicura vittoria agli dei, confermando la sua superiorità sugli altri organi e funzioni, che esso trasforma in divinità, identificandoli con gli elementi cosmici e trasportandoli al di là del dominio della morte. Poi si procura il cibo, di cui fa parte agli altri organi facendoli penetrare entro di sé, poiché esso è il fondamento di tutto e regola l'ordinato svolgersi della vita. Infine (str. 22-28) seguono una glorificazione del canto rituale, con il quale il prana viene identificato, e le istruzioni per la recitazione degli inni."
"12. Secondo Sankara, l'epiteto devata, ""divinità"", con cui le Upanisad definiscono i sensi, è a questi riservato quando l'azione segue le prescrizioni sacre."

13. Ayasya Angirasa è il nome di un vate vedico, citato, oltre che qui sotto alle strofe 19 e 24, nella lista dei maestri in 2, 6, 3.

14. Ogni cosa va a finire nello spirito vitale, che d'altra parte non sussisterebbe senza questo fondamento materiale.

15. Il respiro è signore della parola, che vien identificata via via con il Rg-, il Yajur- e il Sama-veda. Si ha poi un delirante succedersi di identificazioni, che non segnano il cammino d'una ricerca, bensì sembrano fondate sulla già radicata convinzione dell'unità di tutto l'esistente.
16. Creazione del mondo dall'Atman, che è il principio della conoscenza in noi e il principio dell'universo. Caratteristica del brano è la polemica contro il culto degli dei: l'Atman deve ancor stabilire la propria superiorità sulle altre entità.
17. Questa frase è posta a metà della strofa seguente, dove è del tutto fuori
luogo.

18. L'Atman genera Agni e
Soma, che sono il simbolo dell'eterna dialettica vicenda della vita, nella quale tutto è cibo o mangiatore di cibo.

19. La supercreazione è definita propria del Brahman, mentre finora si è parlato dell'Atman. In realtà l'identità Brahman-Atman è presente al pensiero del vate, il quale passa dall'uno all'altro termine (cfr. str. 9), ma di quella identità non dà una dimostrazione purchessia, confermando il prevalente carattere delle Upanisad, che è di contemplazione mistica di una verità la cui esistenza non è soggetta a dubbi. L'Atman è detto mortale in quanto incarnato nell'uomo. Secondo Sankara poi gli dei sono superiori all'Atman in quanto nacquero del tutto privi di macchia, mentre l'Atman-Brahman (cfr. 1, 4, 1) dovette, per rendersi puro, distruggere con il fuoco il male.

20. Il nome è l'idea, la forma è l'idea resa visibile: insieme definiscono l'individualità, cui sottende l'Atman, unica entità dai molti effetti.

"21. Ovvero: come il fuoco celato nel combustibile. Visvambhara è interpretato sia come ""insetto "", sia come ""fuoco""."

22. Il potere degli da, avidi di onori e di sacrifici, durerà fin quando gli uomini ignoreranno l'unicità sostanziale di tutte le apparizioni, ossia l'autoconoscenza che permise al Brahman di riconoscersi in tutto l'universo.

23. Creazione delle caste, che si ritrovano sia tra gli dei, sia tra gli uomini, e della legge, che è identificata con la verità.

24. L'atto sacrificale, privo della conoscenza, produce un beneficio temporaneo nel cielo, ma non consente la liberazione.

25. Con arcaica aderenza a motivi popolari, qui si promettono vantaggi materiali derivanti dalla conoscenza della vera realtà dell'Atman.

26. V'è una sorta d'interdipendenza fra tutte le apparizioni: tutto l'esistente è legato da vincoli che ne rivelano la fondamentale unità.

"27. L'uomo desidera i beni terreni; ma chi conosce l'Atman ravvisa in sé tutti i fini della vita terrena, che sono cinque, poiché tutto è quintuplice (cfr. T.Up., 1, 7)."

28. Il sacrificio Si compie agli dei, ai rsi, ai Mani, agli uomini, agli animali. Le vittime sono: uomo, cavallo, bue, pecora, capra. L'uomo ha cinque sensi: parola, odorato, vista, udito, mente.

29. Il quinto brahmana comprende varie sezioni, piuttosto staccate concettualmente.

30. par. 1-13. Il creatore ha prodotto sette tipi di cibo per le varie creature, che dal cibo dipendono, anzi di esso sono costituite. Per sé ha riservato tre cibi, cioè il creatore, che è l'Atman (1, 4, 1), è costituito di parola, mente, soffio. Con questa triade altre triadi vengono identificate, spesso senza che si riesca a scorgere la ragione dell'equiparazione.
31. Non per il fatto di sacrificare si ottiene vittoria sulla seconda morte, ma per la conoscenza del valore del sacrificio offerto.
"32. La parola non può esprimere altro che cose conosciute; sotto il dominio della mente cade tutto ciò che può essere conosciuto; il soffio racchiude forse il mistero della vita."
"33. Sembra che il soffio sia considerato oltre che il sommo anche l'unico. Si ha così una contraddizione con quanto prima è detto dell'origine del soffio e della sua equivalenza con parola e mente. Quanto all'equiparazione tra parola, terra e fuoco, fra i tre ""cibi"" riservatisi dal creatore la parola è il più facilmente percepibile e quindi in certo senso il più materiale, mentre l'abbinamento fuoco parola è tradizionale. Evidente è il nesso tra mente, cielo e sole e anche abbastanza spiegabile il rapporto tra soffio e acque (entrambi sono indispensabili alla vita), mentre il collegamento ulteriore con la luna, peraltro strettamente congiunta con le stagioni e quindi con le precipitazioni atmosferiche, è almeno insolita, perché la luna è messa generalmente in rapporto con la mente."

"34. str. 14-15. Prajapati è l'anno, ma anche la luna (cfr. Kaus Up., 2, 9). La luna passa per le varie fasi, decrescendo nella quindicina oscura fino a scomparire totalmente. Scomparsa dal cielo, la luna penetra nelle varie creature sotto forma di cibo e di acqua, la cui produzione essa determina, ma una parte, pur invisibile, chiamata ""fissa"", è rimasta, tanto è vero che il ciclo lunare ricomincia. Del pari per l'uomo può verificarsi la perdita di ogni facoltà e possesso (cfr. anche Ch.Up., 6, 7), ma rimane l'Atman, il ""mozzo"" che può tornare a sostenere il ""cerchio"" delle cose materiali."
"35. La str. 16 sembra isolata; la menzione del figlio introduce comunque la cerimonia descritta nella strofa seguente."

36. str. 17-20. Il padre prima di morire benedice il figlio, che rappresenta per lui tutto l'universo. Al figlio il padre trasmette le sue facoltà, sottraendosi alla morte: infatti in lui penetrano le facoltà divine, provenienti dalla terra, dal cielo e dalle acque (cfr. str. 11-13), che sono la controparte cosmica, e perciò immortale, delle facoltà cedute al figlio.

37. Secondo la falsa etimologia citata da Sankara, il figlio salva (tra) il padre, rimediando (purana) alle sue colpe.
38. str. 2l-23. Il prana o soffio vitale non cessa mai né mai è stanco, così come il vento, che è il prana cosmico, sempre spira. In essi è riposta ogni forza, in essi ritrovano il loro fondamento facoltà umane e fenomeni celesti. Nel voto del soffio, l'obbligatoria osservanza del quale miticamente significa l'indispensabilità del respiro, mi sembra di ravvisare, più che un anticipo delle pratiche yoga, l'esortazione ad accettare la vita, con le sue prove e i suoi dolori, ché la vita in se stessa è il più alto sacrificio. Vedi anche B.Up., 5, 11.

39. Il respiro non si muove nella pausa tra inspirazione ed espirazione.

40. Si resero cioè conto dell'indispensabilità del soffio vitale. Secondo il commentatore indiano la mobilità degli organi dei sensi, ossia la capacità di mettersi
in rapporto con gli oggetti, è derivata dal soffio vitale, poiché nulla è in grado di muoversi all'infuori di esso

41. Il versetto è un adattamento di R.V., 10, 121, 6. Il vento persiste anche quando il sole non si scorge nel cielo.

42. L'universo, composto di nomi, forme, azioni, esiste in quanto esistono gli organi che ne percepiscono i componenti, ossia l'oggetto è fondato sul soggetto pensante. Come le varie funzioni sono fondate sull'unità del prana, così l'apparente molteplicità empirica si riconduce all'unico Atman, rappresentato ancora una volta dal prana.

43. Parola, occhio e corpo sono il Veda ovvero il fondamento dei vari fenomeni: ognuno dei primi infatti riproduce, grazie a giochi di parole, gli elementi costitutivi del Veda (uktha, inno di lode, saman, canto rituale, Brahman, formula sacrificale).





SECONDO ADHYAYA 1

PRIMO BRAHMANA 2

"1. Viveva un tempo Drptabalaki, appartenente alla tribù dei Gargya e amante dello studio. Egli disse ad Ajatasatru di Benares: ""Io voglio parlarti del Brahman"". Replicò Ajatasatru: ""Mille vacche daremo per questo insegnamento e la gente correrà dicendo: Ecco un [novello] Janaka!""."

"2. Gargya allora disse: ""Quell'essere che sta nel sole, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come il primo fra tutti gli esseri, il capo, il re"". Colui che così lo venera, diventa il primo fra tutti gli esseri, il capo, il re 3."

"3. Gargya riprese: ""Quell'essere che è nella luna, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come il grande re Soma dal bianco vestito"". Per colui che così lo venera, ogni giorno"
viene premuto una prima e una seconda volta il soma e non mai gli vien meno il nutrimento 3 bis.

"4. Allora Gargya disse: ""Quell'essere che è nel lampo, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come lo Splendente"". Colui che così lo venera, splendente diventa e splendente pure è la sua prole."

"5. Allora Gargya riprese: ""Quell'essere che è nello spazio etereo, quello io venero come il Brahman"". Ma Ajatasatru replicò: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come l'Essere completo, immoto"". Colui che così lo venera ha completezza di prole e di bestiame e la sua discendenza non mai scompare da questo mondo 4."

"6. Gargya disse ancora: ""Quell'essere che è nel vento, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come Indra Vaikuntha (Irresistibile), come l'armata invitta"". Colui che così lo venera, è vittorioso, trionfante, supera tutti i nemici."

"7. Allora Gargya riprese: ""Quell'essere che è nel fuoco, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come il Potentissimo"". Colui che così lo venera acquista ogni potere e così pure la sua prole."

"8. Disse allora Gargya: ""Quell'essere che sta nelle acque, quello io venero come Brahman "". Ma Ajatasatru disse a sua volta: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come il pratirupa (simile e conveniente)"". A colui che così lo venera, tocca ciò che gli è conveniente, non ciò che non gli conviene, e prole simile da lui discende."

"9. Gargya disse allora: ""Quell'essere che è nello specchio, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru replicò: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come il Raggiante"". Colui che così lo venera, diventa raggiante, raggiante è la sua prole e supera in splendore tutti quelli con cui viene a contatto."

"10. Gargya allora riprese: ""Il suono che segue uno che se ne va: quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come la vita"". Colui che così lo venera ottiene in questo mondo una vita completa (di cent'anni) e il respiro non lo abbandona prima del tempo."

"11. Allora Gargya disse: ""Quell'essere che risiede nelle regioni del cielo, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru replicò: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come l'amico che non s'allontana mai"" 5. Colui che così lo venera ha sempre amici e il seguito non viene mai allontanato da lui."

"12. Gargya disse ancora: ""Quell'essere che è fatto d'ombra, quello io venero come Brahman"". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come la Morte"". Colui che così lo venera ottiene in questo mondo una vita piena né la morte a lui giunge prima del tempo."

"13. Allora Gargya disse: ""Quello spirito che sta nel corpo (ossia la forza vitale), quello io venero come Brahman "". Ma Ajatasatru rispose: ""Non parlarmi di lui! Io lo venero come il Corporeo"". Colui che così lo venera ha un corpo e pure un corpo ottiene la sua discendenza. A questo punto Gargya rimase zitto."

"14. Quindi Ajatasatru chiese: ""Questo è tutto?"". ""È tutto"". ""Con tutto ciò non siamo giunti alla conoscenza"". Allora Gargya disse: ""Io voglio essere tuo discepolo""."

"15. Ajatasatru replicò: ""È una cosa contro natura che un brahmano s'accosti a un guerriero pensando che gli parlerà del Brahman. Ma io te lo farò conoscere"". Così dicendo lo prese per la mano e si alzò. S'avvicinarono a un uomo che dormiva e Ajatasatru lo chiamò con questi nomi: ""O grande re Soma dal bianco vestito!"". [Ma] quello non s'alzò. [Allora] lo svegliò toccandolo con la mano. E quello si levò."

"16. Allora Ajatasatru disse: ""Quando costui era così immerso nel sonno, quell'essere costituito di coscienza dov'era allora e da dove è ora tornato?"". Ma Gargya non sapeva neppure questo."

"17. Allora Ajatasatru disse: ""Quando un uomo cade così addormentato, l'essere costituito di coscienza, impadronitosi della coscienza dell'uomo mediante la conoscenza [che possiede] dei sensi, se ne sta in quello spazio che è dentro il cuore. Quando tiene legati i sensi, allora si dice che l'uomo dorme. Allora legato è l'olfatto, legata la voce, legata la vista, legato l'udito, legata la mente."

18. Suoi sono i mondi nei quali in sogno si muove. Diventa un gran re, un grande brahmano, subisce alti e bassi. Come un grande re con il seguito di sudditi se ne va dove vuole nel suo regno, così [l'essere fatto di coscienza] con i suoi sensi se ne va nel suo corpo dove gli pare.

19. Dunque, quando uno giace immerso nel sonno profondo e non ha più coscienza di nulla, uscendo lungo le 72.000 vene chiamate hita 5 bis, che si diffondono dal cuore verso il pericardio, [l'essere fatto di coscienza] riposa nel pericardio. Come riposa un principe, o un grande re o un grande brahmano giunto al culmine della felicità, così egli riposa.

"20. Come un ragno va seguendo le sue fila, come dal fuoco sprizzano le faville, così da questo Atman tutti i sensi, tutti i mondi, tutti gli dei, tutte le creature si dipartono. Il suo nome mistico è realtà della realtà. I sensi sono realtà, l'Atman è la loro realtà""."



SECONDO BRAHMANA 6

1. Colui il quale conosce il giovane (animale del sacrificio) con la sua stalla, il suo covile, il suo palo e la sua corda, costui tiene a freno i sette rivali ostili.


In verità il giovane animale è il soffio mediano, la stalla è questo (corpo), il covile è questa (testa), il palo è il respiro, la corda è il cibo.

"2. I sette indistruttibili vengono a lui per servirlo. Mediante le linee rosse che stanno nell'occhio lo serve Rudra. Mediante l'acqua che sta nell'occhio lo serve Parjanya; mediante le pupille, il sole; mediante il nero dell'occhio, Agni; mediante il bianco, Indra; mediante le ciglia inferiori la Terra; mediante le ciglia superiori, il Cielo. Non manca mai il cibo a colui che così sa."

3. A questo proposito c'è una strofa:

C'è un vaso con la bocca in basso e il fondo in alto.

In esso è posta la gloria di ogni tipo.

Sul suo orlo siedono i sette rsi.

Ottava è la parola, unita alla preghiera.

"C'è un vaso con la bocca in basso e il fondo in alto: si deve intendere il corpo; esso è il vaso con la bocca in basso e il fondo in alto."

In esso è posta la gloria d'ogni tipo: i sensi sono la gloria d'ogni tipo, devono quindi intendersi i sensi.

Sul suo orlo siedono i sette rsi: i sensi sono i rsi, devono quindi intendersi i sensi.

Ottava è la parola, unita alla preghiera: in verità la parola, ottava, è unita alla preghiera.

4. Queste due [orecchie] sono Gotama e Bharadvaja: ecco Gotama, ecco Bharadvaja. Questi due [occhi] sono Visvamitra e Jamadagni: ecco Visvamitra, ecco Jamadagni. Queste due [narici] sono Vasistha e Kasyapa: ecco Vasistha,
ecco Kasyapa. La parola poi è Atri: con la lingua si mangia (ad) il cibo e Atri è lo stesso che atti (mangia). Si ciba di ogni cosa colui che così sa, tutto è cibo per lui.



TERZO BRAHMANA 7

1. In verità due sono gli aspetti del Brahman, il corpo reo e l'incorporeo, il mortale e l'immortale, il fisso e il mobile, il sensibile e il trascendente.

2. Il corporeo è ciò che non è né vento né atmosfera: esso è mortale, fisso, sensibile. L'essenza dell'aspetto corporeo, mortale, fisso, sensibile è il sole che arde lassù: esso è l'essenza di ciò che è sensibile.

3. L'incorporeo è il vento e l'atmosfera: esso è immortale, mobile, trascendente. L'essenza dell'aspetto incorporeo, immortale, mobile, trascendente è la persona che sta nel disco solare: essa è l'essenza di ciò che è trascendente.

Ciò per quel che riguarda le divinità.

4. Ora per quel che riguarda l'individuo.

Il corporeo è ciò che non è né respiro né spazio interno del cuore: esso è mortale, fisso, sensibile. Di questo aspetto corporeo, mortale, fisso, sensibile l'essenza è l'occhio: esso è l'essenza di ciò che è sensibile.

5. L'incorporeo è il respiro e lo spazio interno del cuore: esso è immortale, mobile, trascendente. Di questo aspetto incorporeo, immortale, mobile, trascendente l'essenza è la persona che risiede nell'occhio destro: essa è l'essenza di ciò che è trascendente.

6. L'aspetto di questa persona richiama quello d'una veste color zafferano, d'un vello bianco, d'una coccinella, d'una fiamma, d'un fiore di ninfea, d'un bagliore improvviso. E
simile a un bagliore improvviso la fortuna tocca a colui che così sa.

"Ora la formula: Non così, non così! (Neti, neti). Non v'è cosa superiore a questo ""Non così"" (iti na). Il nome [del Brahman] è realtà della realtà. I soffi vitali sono la realtà, esso è la realtà di essi."



QUARTO BRAHMANA 8

"1. Yajnavalkya disse: ""Maitreyi, io sto proprio per andarmene di qui e voglio quindi definire la tua situazione con Katyayani""."

"2. Maitreyi a sua volta disse: ""O signore, se tutta la terra con le [sue] ricchezze mi toccasse, forse sarei per questo immortale?"". ""No,  -  le rispose Yajnavalkya - la tua vita sarebbe come quella dei ricchi, ma non dalla ricchezza si può sperare immortalità""."

"3. Allora Maitreyi replicò: ""Che m'importa di ciò che non mi fa raggiungere l'immortalità? Ma ti prego, o signore, dimmi ciò che tu conosci!""."

"4. Allora Yajnavalkya disse: ""Tu che mi sei così cara, care cose vai dicendo. Vieni, siedi, io ti dirò [ogni cosa]. Ma tu sta ben attenta alle mie parole""."

5. E parlò: ((Non a causa dell'amore per il marito è caro il marito, ma a causa dell'amore di sé (ovvero: del Sé) è caro il marito 9. Non a causa dell'amore per la moglie è
cara la moglie, ma a causa dell'amore di sé è cara la moglie. Non a causa dell'amore per i figli son cari i figli, ma a causa dell'amore di sé son cari i figli. Non a causa dell'amore per le ricchezze son care le ricchezze, ma a causa dell'amore di sé son care le ricchezze. Non a causa dell'amore per la condizione di brahmano è cara la condizione di brahmano, ma a causa dell'amore di sé è cara la condizione di brahmano. Non a causa dell'amore per la condizione di guerriero è cara la condizione di guerriero, ma a causa dell'amore di sé è cara la condizione di guerriero. Non a causa dell'amore per i mondi son cari i mondi [ai loro abitatori celesti o terrestri], ma a causa dell'amore di sé son cari i mondi. Non a causa dell'amore per gli dei son cari gli dei, ma a causa dell'amore di sé son cari gli dei. Non a causa dell'amore per le creature son care le creature, ma a causa dell'amore di sé son care le creature. Non v'è nessun oggetto che si desideri per amore di esso oggetto, bensì si desiderano tutti gli oggetti per amore del proprio sé. È il sé dunque che bisogna guardare e sentire, è al sé che bisogna pensare e rivolgere la propria attenzione. O Maitreyi, soltanto guardando, ascoltando, considerando, conoscendo il sé si conosce tutto questo universo.

"6. La dignità di brahmano abbandona colui che questa dignità pensa esistente al di fuori dell'Atman; la dignità di guerriero abbandona colui che la pensa esistente al di fuori dell'Atman; i mondi abbandonano colui che li pensa esistenti al di fuori dell'Atman; gli dei abbandonano colui che li pensa esistenti al di fuori dell'Atman; le creature abbandonano colui che le pensa esistenti al di fuori dell'Atman; l'universo intero abbandona colui che lo pensa esistente al di fuori dell'Atman. La dignità brahmanica, la dignità guerriera, i mondi, gli dei, le creature, l'intero universo non son altro che l'Atman."


"7. Come non è possibile afferrare i suoni che escono da un tamburo battuto, ma presi il tamburo o chi lo batte pur il suono resta preso;"

"8. come non è possibile afferrare i suoni d'una conchiglia nella quale si soffi, ma presi la conchiglia o chi vi soffia dentro pur il suono resta preso;"

9. come non è possibile afferrare i suoni d'un liuto che venga suonato, ma presi il liuto o il suonatore del liuto pur il suono resta preso: [così il mondo può conoscersi soltanto afferrando, ossia conoscendo, l'Atman].

10. Come da un fuoco attizzato con legna umida si sprigiona in ogni parte il fumo, così in verità sono emanazione di questo grande Essere il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, gli scongiuri e le magie, i racconti epici, le leggende antiche, le scienze, le dottrine esoteriche, i versi, i trattati dottrinali, le esegesi, i commenti. E tutte queste cose in lui ritornarono 10,

11. come l'oceano è il luogo di raccolta di tutte le acque, e così la pelle è il luogo di raccolta di tutte le sensazioni tattili, le narici sono il luogo di raccolta di tutti gli odori, la lingua il luogo di raccolta di tutti i sapori, l'occhio il luogo di raccolta di tutte le immagini, l'orecchio il luogo di raccolta di tutti i suoni, la mente il luogo di raccolta di tutti i pensieri, il cuore il luogo di raccolta di tutte le conoscenze, le mani il luogo di raccolta di tutte le azioni, l'organo genitale il luogo di raccolta di tutti i piaceri, l'ano il luogo di raccolta di tutte le escrezioni, i piedi il luogo di raccolta di tutti i movimenti, la parola il luogo di raccolta di tutte le scienze.

12. Come un blocco di sale gettato nell'acqua in essa si dissolve e non c'è più possibilità di prenderlo, ma dovunque si attinga salata è [l'acqua], così invero succede per questo Essere grande, infinito, senza limiti: sorto come un blocco di conoscenza per [servire] queste creature individuali, ne
"segue la sparizione. Ed io quindi affermo: Non c'è coscienza dopo la morte"" 11. Queste furono le parole di Yajnavalkya."

"13. Maitreyi allora disse: ""O signore, mi hai turbato dicendo che non c'è coscienza dopo la morte"". Ma Yajnavalkya replicò: ""In verità io non dico parole che possano turbarti. Ma è certo che per avere coscienza è indispensabile questo [corpo]."

"14. Quando c'è, per così dire, dualità [di un individuo rispetto a un altro individuo], allora l'uno fiuta l'altro, lo vede, lo ascolta, gli parla, lo pensa, lo conosce. Ma quando la totalità dell'individuo, [ossia corpo e blocco di conoscenza,] è diventato il Sé, con che cosa e chi potrà [l'individuo dissoltosi nel Sé universale] fiutare, vedere, ascoltare, parlare, pensare, conoscere? Con che cosa potrà conoscersi quello per mezzo del quale tutto l'universo conosce ? Con che cosa potrà conoscersi il conoscitore?"" 12."



QUINTO BRAHMANA 13

1. La terra è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per la terra. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che risiede sulla terra, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nel corpo e [a sua volta] è costituito di luce e d'immortalità, non son
altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

2. Le acque sono miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per le acque. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che risiede nelle acque, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nello sperma e [a sua volta] è costituito di luce e d'immortalità, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

3. Il fuoco è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per il fuoco. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che risiede nel fuoco, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che è fatto di parola e [a sua volta] è costituito di luce e d'immortalità, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

4. Il vento è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per il vento. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che risiede nel vento, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che è il soffio vitale e [a sua volta] è costituito di luce e d'immortalità, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

5. Il sole è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per il sole. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che risiede nel sole, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nell'occhio e [a sua volta] è costituito di luce e d'immortalità, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

6. Le regioni del cielo sono miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per le regioni del cielo. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che risiede nelle regioni del cielo, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nell'orecchio e [a sua volta] è costituito di luce e d'immortalità, di eco, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

7. La luna è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per la luna. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che risiede nella luna, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nella mente e a sua volta è costituito di luce e d'immortalità, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

8. La folgore è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per la folgore. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che risiede nella folgore, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che è fatto di energia e [a sua volta] e costituito di luce e d'immortalità, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

9. Il tuono è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per il tuono. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che risiede nel tuono, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che è fatto di suono ed è costituito di luce, d'immortalità, di sensazioni sonore, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

10. L'atmosfera è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per l'atmosfera. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che risiede nell'atmosfera, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nello spazio all'interno del cuore, ed è costituito di luce e d'immortalità, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

11. La legge di giustizia è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per la legge di giustizia. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che risiede nella legge di giustizia, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che è la legge [individuale] di giustizia ed è costituito di luce e d'immortalità, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

12. La verità è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per la verità. Quello spirito la cui essenza è

luce e immortalità, che risiede nella verità, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che è la veracità ed è costituito di luce e di immortalità, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

13. La natura umana è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per la natura umana. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che risiede nella natura umana, e quello spirito, secondo il punto di vista individuale, che risiede nell'uomo ed è costituito di luce e d'immortalità, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

14. L'Atman è miele per tutte le creature e tutte le creature sono miele per l'Atman. Quello spirito la cui essenza è luce e immortalità, che abita nell'Atman [universale], e quello spirito che è l'Atman [individuale] ed è costituito di luce e d'immortalità, non son altro che l'Atman. Esso è l'immortalità, esso è il Brahman, esso è il tutto.

15. In verità l'Atman è il signore supremo di tutte le creature, è il re di tutte le creature. Come tutti i raggi sono confitti nel mozzo e nel cerchio della ruota, così in questo Atman sono confitti tutte le creature, tutti gli dei, tutti i mondi, tutte le facoltà vitali, tutti gli individui.

"16. In verità questo è il miele di cui Dadhyanc Atharvana parlò agli Asvin 14. Guardando con gli occhi [della mente] il rsi disse: ""o uomini, come il tuono [annuncia] la pioggia, io annuncio il grande prodigio compiuto per il vostro bene, il miele che Dadhyanc Atharvana vi rivelò per mezzo della testa di cavallo""."

"17. In verità questo è il miele di cui Dadhyanc Atharvana parlò agli Asvin. Guardando con gli occhi [della mente] il rsi disse: ""O Asvin, voi avete messo a Dadhyanc Atharvana una testa di cavallo; fedele alla parola, egli vi ha rivelato il miele di Tvastar perché fosse custodito segretamente""."

"18. In verità questo è il miele di cui Dadhyanc Atharvana parlò agli Asvin. Guardando con gli occhi [della mente] il rsi disse: ""Egli ha fatto castelli con due piedi, castelli con quattro piedi, e, divenuto uccello, entrò come castellano nei castelli"". È il Purusa (lo spirito) che risiede in tutti i castelli (ossia i corpi). Nulla esiste che egli non riempia, nulla esiste che egli non copra."

"19. In verità questo è il miele di cui Dadhyanc Atharvana parlò agli Asvin. Guardando con gli occhi [della mente] il rsi disse: ""Sotto ogni forma si concretò e ogni sua forma fu [destinata] a essere veduta. Per forza di magia Indra s'aggira sotto molteplici aspetti e mille corsieri sono per lui attaccati "". Lui sono i corsieri, diecimila, moltissimi, infiniti. Lui è il Brahman da nulla preceduto, da nulla seguito, cui nulla è interiore, nulla è esteriore: l'Atman è il Brahman da"
cui ogni percezione si origina.

Questo è l'insegnamento.

SESTO BRAHMANA

1-3. Ecco ora l'elenco dei maestri: Pautimasya ricevette la dottrina da Gaupavana, questi da Pautimasya, questi da Gaupavana, questi da Kausika, questi da Kaundinya, questi da Sandilya, questi da Kausika e da Gautama, Gautama da Agnivesya, questi da Sandilya e da Anabhimlata, questi da Anabhimlata, questi da Anabhimlata, questi da Gautama, questi da Saitava e da Pracinayogya, costoro da Parasarya, questi da Bharadvaja, questi da Bharadvaja e da Gautama, Gautama da Bharadvaja, questi da Parasarya, questi da Vaijavapayana, questi da Kausikayani, questi da Ghrtakausika, questi da Parasaryayana, questi da Parasarya, questi da Jatukarnya, questi da Asurayana e da Yaska, Asurayana da Traivani, questi da Aupajandhani, questi da Asuri, questi da Bharadvaja, questi da Atreya, questi da Manti, questi da Gautama, questi da Vatsya, questi da Sandilya, questi da Kaisorya Kapya, questi da Kumaraharita, questi da Galava, questi da Vidarbhikaundinya, questi da Vatsanapat Babhrava, questi da Pathin Saubhara, questi da Ayasya Angirasa, questi da Abhuti Tvastra, questi da Visvarupa Tvastra, questi dagli Asvin, questi due da Dadhyanc Atharvana, questi da Atharvan Daiva, questi da Mrtyu Pradhvamsana, questi da Pradhvamsana, questi da Ekarsi, questi da Vipracitti, questi da Vyasti, questi da Sanaru, questi da Sanatana, questi da Sanaga, questi da Paramesthin, Paramesthin dal Brahman.
Il Brahman è l'esistente di per sé: onore al Brahman.


Note:
1. Nel secondo adhyaya sono particolarmente interessanti il primo e il quarto brahmana nei quali s'afferma il monismo idealista che ravvisa nell'Atman-Brahman la fonte della coscienza e di tutti i fenomeni.

"2. Drptabalaki, o l'orgoglioso Balaki, di contro al re Ajatasatru di Benares, famoso per dottrina e desideroso di emulare la generosità di Janaka, identifica il Brahman con varie apparizioni singole della natura. Ma il re rifiuta questo procedere: il Brahman è il soggetto cosciente dell'uomo, che nel sonno ha assorbito tutte le altre facoltà: queste, e con esse tutto l'universo compresi gli dei, si ricreano al suo risveglio, da lui promanando. Cfr. Kaus. Up., 4 e vedi il mio articolo ""Minima Upanisadica"" in ""Miscellanea Tucci"", Napoli 1974."

3. Conforme o vicino in qualche modo alla rappresentazione che ognuno si fa del Brahman è l'effetto o il beneficio conseguito.
3 bis. Soma è il nome della luna e del succo sacrificale, spremuto dall'asclepias acida, simbolo del cibo per gli uomini e per gli dei.

4. Lo spazio abbraccia ogni cosa: è quindi simbolo della completezza.

5. Probabilmente perché non si dà esistenza al di fuori della localizzazione.
5 bis. Le 72.000 vene (nadi) dai cinque colori, esistenti nel cuore, permettono l'afflusso dell'energia eterea proveniente dal sole. Cfr. 4, 3, 20.

6. Il secondo brahmana comprende due indovinelli, dei quali viene data la spiegazione. Il soffio mediano è paragonato all'animale del sacrificio. Quest'ultimo
"domina sette divinità, che stanno nelle varie parti dell'occhio e che vegliano sull'animale; a chi risolve l'enigma viene quindi promesso il dominio su sette nemici, che per Sankara sono gli organi di senso della testa (occhi, orecchi, narici, bocca) in quanto forse distoglierebbero dalla percezione del vero sé. Il secondo indovinello (cfr. Atharvaveda, 10, 8, 9) riguarda la testa, nella quale sono posti i sette organi dei sensi già detti, i quali però vengono identificati con i sette rsi, e ai quali viene aggiunta come ottava la parola (nell'enumerazione bocca e parola sembrano però considerate una cosa sola)."
7. Dopo aver cercato di distinguere tra l'aspetto materiale e quello spirituale del Brahman sia sul piano cosmico sia sul piano individuale, e dopo aver posto come simbolo le espressioni più nobili sia del creato sia dell'incorporeo (rispettivamente sole e occhio e i personaggi che si pensa siano l'essenza di quelle apparizioni), il vate conclude che non è possibile determinare il Brahman se non con una serie di negazioni.
"8. Yajnavalkya, sul punto di ritirarsi nella foresta a meditare (o forse sul punto di morire?) partecipa alla cara moglie Maitreyi il suo insegnamento. Ogni rapporto tra noi e il mondo dipende dal soggetto, dal sé: questo dunque bisogna ricercare, ché esso soltanto esiste e da esso procede e in esso rientra ogni conoscenza e ogni percezione Dopo la morte scompare l'individualità, che era determinata dal concretarsi in singoli ""blocchi di conoscenza"" del grande Sé universale, scompare anche ogni coscienza: esiste soltanto il Sé immoto, impassibile, inconoscibile. La rivelazione angoscia Maitreyi, che vede distrutta la speranza d'una immortalità individuale e cosciente. Cfr. 4, 5."

9. Si noti come si passi da considerazioni legate alla vita e ai sentimenti di ogni giorno a una costruzione filosofica, sostituendo al valore grammaticale di
atman (= se stesso) il significato metafisico di Essere in sé. Ma ciò conferma quell'apriorismo già notato: l'esistenza dell'Essere in sé, dell'Atman universale è accettata come un dato di fatto.
"10. Seguo l'acuta proposta di P. THIEME (Upanischaden, Stuttgart, 1966, P. 74), il quale distingue tra nihsvasita, ""emanato"", e nisvasita, ""inalato, penetrato"" (nel testo tradito le due forme sono unificate). Giustificato apparisce allora il paragone con le acque che si gettano nell'oceano o con le varie sensazioni che si raccolgono negli organi, ossia esistono soltanto in quanto vengono percepite."
11. Come i vari blocchi di sale sciogliendosi perdono l'individualità e formano con l'acqua una nuova inscindibile unità, così i vari blocchi di conoscenza dopo la morte cessano di essere parti differenziate: non esiste più pluralità, che è il presupposto della conoscenza distintiva e quindi della coscienza.

12. Dopo la morte non ci sono più organi di senso, che son legati al corpo, e poi l'Atman, che è altra cosa che il corpo, non può essere oggetto di percezione sensibile. Inoltre, se nulla esiste al di fuori dell'Atman, con che cosa potrà conoscersi quello che condiziona ogni conoscenza?

"13. Gli elementi e i fenomeni cosmici da un lato e le creature dall'altro si condizionano a vicenda, così come l'esistenza del miele e quella delle api sono fondate l'una sull'altra. Infatti il sostrato d'ogni apparizione cosmica e del suo corrispondente nell'uomo è lo stesso spirito, l'Atman. In fine (str. 16-19) vengono citate a sostegno alcune strofe del Rgveda, che sarebbero anticipazione della ""dottrina del miele""."
"14. Dadhyanc (che è un maestro citato nell'elenco susseguente) era stato minacciato da Indra se avesse rivelato agli Asvin il segreto della ""dottrina del miele"". Gli Asvin allora sostituirono alla testa di Dadhyanc una testa di cavallo, sulla quale si riversò l'ira del dio. I versetti delle str. 16 e 17 sono tratti rispettivamente da R.V., 1, 116, 12 e 1, 117, 22. I versetti delle str. 18 e 19 (quest'ultimo tratto da R.V.) 6, 47, 18) adombrano l'immanenza del creatore nel creato e l'unità che sottende la molteplicità apparente."


BRHADARANYAKA UPANISAD

TERZO ADHYAYA 1

PRIMO BRAHMANA

1. Un tempo Janaka, re di Videha, preparò un sacrificio con ricchi doni per i sacerdoti e nell'occasione si radunarono i brahmani delle tribù dei Kuru e dei Pancala. Janaka di Videha ebbe il desiderio di saper qual fosse il più dotto tra i brahmani. Rinchiuse allora in un recinto mille vacche e alle corna di ciascuna erano attaccate dieci monete [d'oro].

"2. Poi egli disse [ai convenuti]: ""Venerabili brahmani! Chi tra voi è il più dotto brahmano si porti via queste vacche"". Ma i brahmani non osarono. Allora Yajnavalkya disse al suo discepolo: ""Samasravas, caro, portale via! "". E quello così fece. Ma i brahmani s'adirarono e dissero: ""Come può mai dire d'essere il più dotto brahmano tra noi ?"". Il cappellano di Janaka di Videha era Asvala, il quale gli chiese: ""Tu, o Yajnavalkya, sei dunque tra noi il più dotto brahmano?"". E quegli rispose: ""Noi siamo pronti a rendere omaggio al più dotto brahmano, ma noi desideriamo le vacche (perché crediamo d'essere i migliori)"". Allora il cappellano Asvala cominciò a interrogarlo 2:"

"3. ""Yajnavalkya - egli disse - se è vero che tutto l'universo è soggetto alla morte, tutto è dominato dalla morte, con quale mezzo colui che fa sacrificare si sottrae al dominio della morte?"". ""Con il sacerdote hotar, con il fuoco, con la parola. La parola corrisponde al hotar del sacrificio 3. Ciò che è la parola, è il fuoco e questo è il hotar, è la liberazione, è l'emancipazione finale""."

"4. ""Yajnavalkya - continuò Asvala - se è vero che tutto l'universo è soggetto al giorno e alla notte (ossia al tempo), tutto è dominato dal giorno e dalla notte, con quale mezzo chi fa sacrificare si sottrae al dominio del giorno e della notte?"". ""Con il sacerdote adhvaryu, con l'occhio, con il sole. L'occhio corrisponde all'adhvaryu del sacrificio 4. Ciò che quaggiù è l'occhio, lassù è il sole e questo è l'adhvaryu, è la liberazione, è l'emancipazione finale""."

"5. ""Yajnavalkya - riprese quello - se è vero che tutto l'universo è soggetto alla quindicina chiara e alla quindicina oscura, tutto è dominato dalla quindicina chiara e dalla quindicina oscura, con quale mezzo chi fa sacrificare si sottrae al dominio della quindicina chiara e della quindicina oscura ?"". ""Con il sacerdote udgatar, con il vento, con il respiro. Il respiro corrisponde all'udgatar del sacrificio 5. Ciò che è il respiro, è il vento e questo è l'udgatar, è la liberazione, è l'emancipazione finale""."

"6. ""Yajnavalkya - continuò quello - poiché l'atmosfera è priva, per dir così, di sostegno, per qual via d'ascesa colui che fa sacrificare può salire al mondo celeste? ''. ""Con il sacerdote Brahman, con la mente, con la luna. La mente corrisponde al sacerdote brahman del sacrificio 6. Ciò che è la mente, è la luna e questa è il sacerdote brahman, è la liberazione, è l'emancipazione finale ""."

Questo per quel che concerne la liberazione. Vediamo ora i benefici [che s'ottengono].

"7. ""Yajnavalkya - disse quello - quante strofe pronuncerà oggi nel sacrificio il hotar?"". ""Tre"". ""Quali sono queste tre?"". ""La strofa introduttiva, la strofa che accompagna l'offerta, la strofa d'encomio"". ""Che cosa s'ottiene con esse?"". ""Qualunque cosa abbia vita""."

"8. ""Yajnavalkya - allora quello disse - oggi l'adhvaryu quante oblazioni offrirà nel sacrificio ? "". ""Tre"". ""Quali sono queste tre?"". ""Quelle che offerte fiammeggiano, quelle che gettate sul fuoco fanno venir fuori la schiuma, quelle che a contatto con il fuoco colano in basso"". ""Che cosa s'ottiene con esse?"". ""Con quelle che offerte fiammeggiano s'ottiene il mondo degli dei: fiammeggia in certo modo infatti il mondo degli dei. Con quelle che gettate nel fuoco fanno venir fuori la schiuma s'acquista il mondo dei Mani: il mondo dei Mani infatti è posto, per così dire, al di fuori. Con quelle che a contatto con il fuoco colano in basso s'ottiene il mondo degli uomini: in basso infatti è in certo modo il mondo degli uomini""."

"9. ""Yajnavalkya - ripigliò quello - con quante divinità oggi il sacerdote brahman protegge a man destra il sacrificio ?"". ""Con una sola"". ""Qual è ?"". ""La mente. Infinita è la mente, infiniti tutti gli dei. Perciò il mondo infinito s'ottiene con essa""."

"10. ""Yajnavalkya - disse ancora quello - quante strofe di lode canterà oggi l'udgatar in questo sacrificio?"". ""Tre"". ""Quali sono queste tre ?"". ""La strofa introduttiva, la strofa che accompagna l'offerta, la strofa d'encomio"". ""Che cosa sono queste secondo il punto di vista individuale?"". ""La strofa introduttiva è il prana, la strofa che accompagna l'offerta è l'apana, la strofa d'encomio è il vyana"". ""Che mai s'ottiene con queste?"". ""Con la strofa introduttiva s'ottiene la terra, con la strofa che accompagna l'offerta s'ottiene l'atmosfera, con la strofa d'encomio s'ottiene il mondo celeste"". Allora tacque il cappellano di corte Asvala."

SECONDO BRAHMANA 7

"1. Di poi s'avanzò a interrogarlo Artabhaga, discendente di Jaratkaru: ""Yajnavalkya - diss'egli - quanti sono i prenditori (graha) e quanti sono i superprenditori (atigraha)? "". ""I prenditori sono otto e otto pure sono i superprenditori"". ""Chi sono gli otto prenditori e gli otto superprenditori ? "" 8."

"2. ""In verità, prenditore è l'olfatto, [che a sua volta è] afferrato da quel superprenditore che è l'odore: con l'olfatto infatti si percepiscono gli odori."

3. In verità, prenditore è la voce [che a sua volta è] afferrata da quel superprenditore che è il vocabolo: con la voce infatti si pronunciano i vocaboli.

4. In verità, prenditore è la lingua, [che a sua volta è] afferrata da quel superprenditore che è il gusto: con la lingua infatti si distinguono i gusti.

5. In verità, prenditore è la vista, [che a sua volta è] afferrata da quel superprenditore che è l'immagine: con la vista infatti si percepiscono le immagini.

6. In verità, prenditore è l'udito, [che a sua volta è] afferrato da quel superprenditore che è il suono: con l'udito infatti si intendono i suoni.

7. In verità, prenditore è la mente, [che a sua volta è] afferrata da quel superprenditore che è il desiderio: con la mente infatti si concepiscono i desideri.

8. In verità, prenditori sono le mani, [che a lor volta sono] afferrate da quel superprenditore che è l'azione: con le mani infatti si compiono le azioni.

"9. In verità, prenditore è la pelle, [che a sua volta è] afferrata da quel superprenditore che è il tatto: con la pelle infatti si percepiscono i contatti. Questi sono gli otto prenditori e gli otto superprenditori""."

"10. ""Yajnavalkya - disse allora quello - poiché tutto è cibo per la morte, qual è quella divinità per la quale la morte è cibo?"". ""Il fuoco è la morte ed è cibo delle acque. Invero vince la seconda morte [colui che questo sa] "" 9."

"11. ""Yajnavalkya - continuò quello - quando un uomo muore, gli spiriti vitali da lui s'allontanano o no?"". ""No - rispose Yajnavalkya - ma essi si raccolgono tutti insieme [nel suo corpo] ed egli cresce, si gonfia: gonfio giace infatti il morto"" 10."

"12. ""Yajnavalkya - disse ancora quello - quando un uomo muore, che cosa non l'abbandona?"". ""Il nome. Il nome è infinito, infiniti sono tutti gli dei e con esso il mondo infinito si conquista"" 11."

"13. ""Yajnavalkya - riprese quello - quando d'un uomo morto la parola è andata nel fuoco, il respiro nel vento, l'occhio nel sole, la mente nella luna, l'udito nelle regioni celesti, il corpo nella terra, l'anima nello spazio etereo, i peli nelle erbe, i capelli negli alberi, il sangue e lo sperma si sono depositati nelle acque, dove si trova in realtà questo uomo ?"". ""Prendi la mano, o caro Artabhaga, noi due soli lo sapremo. Questo nostro colloquio non è da farsi in pubblico"". E"
uscirono e parlarono tra loro. E ciò di cui parlarono fu l'azione, e ciò che lodarono fu l'azione: buoni si diventa infatti con le buone azioni, cattivi con le cattive 12.

Allora si tacque Artabhaga, il discendente di Jaratkaru.


TERZO BRAHMANA 13

"1. Allora pose la sua domanda Bhujyu, della stirpe di Lahya. ""Yajnavalkya - egli disse - da studenti vivevamo errabondi tra i Madra e un giorno giungemmo alla casa di Patancala della stirpe di Kapi. Costui aveva una figlia ossessa da un Gandharva, al quale noi chiedemmo chi fosse. Quello rispose d'essere Sudhanvan Angirasa. Gli rivolgemmo domande sui confini dei mondi e poi gli dicemmo: "" Dove sono finiti i discendenti di Pariksit? "" 14. E questo pure a te domandiamo, Yajnavalkya: dove sono finiti i discendenti di Pariksit ?""."

"2. Yajnavalkya rispose: ""Certamente colui disse: "" Andarono là dove vanno coloro che hanno celebrato il sacrificio dell'asvamedha"" "". ""E dove vanno coloro che hanno celebrato il sacrificio dell'asvamedha?"". ""Questo mondo s'estende quanto [è lo spazio percorso in] trentadue giorni dal carro degli dei 15. La terra, che s'estende due volte tanto, lo circonda tutt'attorno ed è a sua volta circondata dall'oceano, due volte più grande. Nell'intervallo tra cielo e terra c'è una fessura larga quanto la lama d'un coltello o l'ala d'una mosca. Indra, fattosi uccello, li affidò al Vento e il Vento,"
"avendoli presi in sé, li trasportò là dove già si trovavano coloro che celebrarono il sacrificio dell'asvamedha. Senza dubbio in tal modo quel gandharva glorificò il Vento. Il Vento dunque è contemporaneamente l'essere individuale e l'essere universale. In verità vince la seconda morte colui che così sa""."

Allora Bhujyu, discendente di Lahya, si tacque.


QUARTO BRAHMANA 16

"1. Poi s'avanzò per interrogarlo Usasta, della stirpe di Cakra. ""Yajnavalkya - diss'egli - parlami dell'essenza presente in ogni cosa, ossia del Brahman visibile e direttamente percepito "". ""È il tuo Atman quello che è presente in ogni cosa"". ""Quale è, Yajnavalkya, questo Atman presente in ogni cosa?"". ""Quello che con l'inspirazione inspira, quello è il tuo Atman presente in ogni cosa; quello che con l'espirazione (apana) espira, quello è il tuo Atman presente in ogni cosa; quello che circola nel corpo con il soffio circolatorio (Vyana), quello è il tuo Atman presente in ogni cosa; quello che con il soffio ascendente (udana) soffia verso l'alto, quello è il tuo Atman presente in ogni cosa. Ecco che cos'è il tuo Atman presente in ogni cosa""."

"2. Allora Usasta discendente di Cakra disse: ""La tua indicazione equivale a quella di chi dicesse: ""Questa è una vacca, questo è un cavallo [senza in realtà definirli]"" 17."
"Parlami veramente di quello che è l'essenza presente in ogni cosa, ossia del Brahman visibile e direttamente percepito"". ""È il tuo Atman quello che è presente in ogni cosa "". ""Quale è, Yajnavalkya, [questo Atman] presente in ogni cosa?"". ""Tu non puoi vedere chi è causa della vista, non puoi ascoltare chi è causa dell'ascolto, non puoi pensare chi è causa del pensiero, non puoi conoscere chi è causa del conoscere. Questo è il tuo Atman presente in ogni cosa. Al di fuori di esso non c'è che dolore""."

Allora tacque Usasta discendente di Cakra.

QUINTO BRAHMAN. A

"1. Si fece poi avanti per interrogarlo Kahola della stirpe di Kusitaka. ""Yajnavalkya - disse egli - parlami dell'essenza presente in ogni cosa, ossia del Brahman visibile e direttamente percepito"". ""È il tuo Atman quello che è presente in ogni cosa "". ""Quale è, Yajnavalkya, [questo Atman] presente in ogni cosa?"". ""Quello che è superiore a fame e sete, a dolore, a errore, a vecchiezza, a morte. Quando abbiano conosciuto questo Atman, i brahmani non più desiderano i figli, la ricchezza, i mondi [celesti], ma si dedicano alla vita errabonda del monaco mendicante. Desiderare un figlio significa desiderare la ricchezza, desiderare la ricchezza significa desiderare i mondi [ultraterreni]: ma tutti questi sono desideri [vani, in quanto permettono soltanto una felicità transeunte]. Perciò il brahmano si liberi della dottrina e ridiventi come un bambino; poi superate dottrina e semplicità infantile diventerà un asceta; infine, abbandonate ascesi e non ascesi, diventerà un [vero] brahmano"". ""In virtù di quale cosa diventerà un [vero] brahmano?"". ""Diventerà tale in virtù di quello stesso [principio] dal quale deriva. Al di fuori di esso non c'è che dolore"". E anche Kahola della stirpe di Kusitaka stette zitto."


SESTO BRAHMANA 18

"1. S'avanzò allora per interrogarlo Gargi, figlia di Vacaknu. ""Yajnavalkya - disse - se le acque son la trama in cui tutto il mondo è intessuto, in qual trama sono intessute le acque ?"". ""Nel vento, Gargi"". ""E in qual trama è intessuto il vento ?"". ""Negli spazi dell'atmosfera, Gargi"". ""E gli spazi dell'atmosfera in quale trama sono intessuti?"". ""Nei mondi dei gandharva, Gargi "". ""E i mondi dei gandharva in quale trama sono intessuti?"". ""Nei mondi del sole, Gargi"". ""E i mondi del sole in quale trama sono intessuti ? "". ""Nei mondi della luna, Gargi"". ""E i mondi della luna in quale trama sono intessuti?"". ""Nei mondi delle stelle, Gargi"". ""E i mondi delle stelle in quale trama sono intessuti ?"". ""Nei mondi degli dei, Gargi"". ""E i mondi degli dei in quale trama sono intessuti ?"". ""Nei mondi di Indra, Gargi""'. ""E i mondi di Indra in quale trama sono intessuti ?"". ""Nei mondi di Prajapati, Gargi"". ""E i mondi di Prajapati in quale trama sono intessuti ?"". ""Nei mondi del Brahman, Gargi"". ""E i mondi del Brahman in quale trama sono intessuti?"". Allora Yajnavalkya disse: ""O Gargi, non fare troppe domande, che la tua testa non scoppi. Tu fai domande su una divinità al di là della quale non possono più farsi domande. Gargi, non fare altre domande""."

Allora Gargi, la figlia di Vacaknu, si tacque.

SETTIMO BRAHMANA 19

"1. Allora Uddalaka figlio di Aruna l'interrogò e disse: ""Yajnavalkya, fra i Madra noi dimoravamo e imparavamo il [rituale del] sacrificio nella casa di Patancala Kapya. La moglie di costui era posseduta da un gandharva. A questo noi chiedemmo chi fosse ed egli rispose di chiamarsi Kabandha Atharvana. Poi proseguì, rivolto a Patancala Kapya e a [noi] studiosi del rituale: "" Conosci, o Kapya, quel filo che tien legati insieme questo mondo, il mondo di là e tutte le creature? "". Patancala Kapya rispose: "" O venerabile, io non lo conosco "". Allora quello ripigliò, rivolto a Patancala Kapya e a [noi] studiosi del rituale: "" Conosci, o Kapya, quell'interno reggitore, che dall'interno regge questo mondo e quell'altro e tutte le creature? "". E Patancala Kapya ancora rispose: ""Non lo conosco, o venerabile"". Quindi il gandharva disse a Patancala Kapya e a [noi] studiosi del rituale: ""O Kapya, chi conosce questo filo e questo interno reggitore, costui conosce il Brahman, i mondi, gli dei, i Veda, le creature, costui conosce l'Atman, conosce ogni cosa "". Così egli disse. Ed ora io lo conosco. Se tu, o Yajnavalkya, senza conoscere questo filo, questo interno reggitore, ti porterai via le vacche promesse ai brahmani, la tua testa scoppierà! ''. ""In verità io conosco, o discendente di Gotama, questo filo e questo interno reggitore ''. ""Chiunque può dire: "" Io lo so, io lo so! "". Ma ora dì quello che sai""."

"2. Yajnavalkya disse: ""Il vento, o discendente di Gotama, è questo filo: il vento è il filo che tien insieme legati questo mondo, quell'altro e tutte le creature. Perciò, o Gotama, quando uno è morto si dice: gli si sono sciolte le membra. È perché il vento è il filo che insieme le tiene legate"". ""È proprio così, Yajnavalkya; ora parla dell'interno reggitore""."

"3. ""Colui che, pur stando nella terra, è distinto da essa, che dalla terra non è conosciuto, che ha come corpo la terra, che dall'interno regge la terra, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale."

4. Colui che, pur stando nelle acque, è distinto da esse, che dalle acque non è conosciuto, che ha come corpo le acque, che dall'interno regge le acque, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

5. Colui che, pur stando nel fuoco, è distinto da esso, che dal fuoco non è conosciuto, che ha come corpo il fuoco, che dall'interno regge il fuoco, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

6. Colui che, pur stando nell'atmosfera, è distinto da essa, che dall'atmosfera non è conosciuto, che ha come corpo l'atmosfera, che dall'interno regge l'atmosfera, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

7. Colui che, pur stando nel vento, è distinto da esso, che dal vento non è conosciuto, che ha come corpo il vento, che dall'interno regge il vento, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

8. Colui che, pur stando nel cielo, è distinto da esso, che dal cielo non è conosciuto, che ha come corpo il cielo, che dall'interno regge il cielo, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

9. Colui che, pur stando nel sole, è distinto da esso, che dal sole non è conosciuto, che ha come corpo il sole, che dall'interno regge il sole, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

10. Colui che, pur stando nelle regioni celesti, è distinto da esse, che dalle regioni celesti non è conosciuto, che ha come corpo le regioni celesti, che dall'interno regge le regioni celesti, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

1 l. Colui che, pur stando nella luna e nelle stelle, è distinto da esse, che dalla luna e dalle stelle non è conosciuto, che ha come corpo la luna e le stelle, che dall'interno regge la luna e le stelle, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

12. Colui che, pur stando nello spazio etereo, è distinto da esso, che dallo spazio etereo non è conosciuto, che ha come corpo lo spazio etereo, che dall'interno regge lo spazio etereo, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

13. Colui che, pur stando nelle tenebre, è distinto da esse, che dalle tenebre non è conosciuto, che ha come corpo le tenebre, che dall'interno regge le tenebre, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

14. Colui che, pur stando nella luce, è distinto da essa, che dalla luce non è conosciuto, che ha come corpo la luce, che dall'interno regge la luce, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. Questo sul piano cosmico. Vediamo ora per quel che riguarda le creature.

15. Colui che, pur trovandosi in tutte le creature, da tutte le creature è distinto, che da tutte le creature non è conosciuto, che ha come corpo tutte le creature, che tutte le creature regge dall'interno, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

Questo per quel che riguarda le creature. Ora per quel che riguarda l'individuo.

16. Colui che, pur trovandosi nel respiro, dal respiro è distinto, che dal respiro è ignorato, che si manifesta nel respiro, che dall'interno regge il respiro, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

17. Colui che, pur trovandosi nella parola, dalla parola è distinto, che dalla parola è ignorato, che si manifesta nella parola, che dall'interno regge la parola, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

18. Colui che, pur trovandosi nella vista, dalla vista è distinto, che dalla vista è ignorato, che si manifesta nella vista, che dall'interno regge la vista, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

19. Colui che, pur trovandosi nell'udito, dall'udito è distinto, che dall'udito è ignorato, che si manifesta nell'udito, che dall'interno regge l'udito, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

20. Colui che, pur trovandosi nella mente, dalla mente è distinto, che dalla mente è ignorato, che si manifesta nella mente, che dall'interno regge la mente, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

21. Colui che, pur trovandosi nella pelle, dalla pelle è distinto, che dalla pelle è ignorato, che si manifesta nella pelle, che dall'interno regge la pelle, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

22. Colui che, pur trovandosi nella facoltà di conoscere, da essa è distinto, che dalla facoltà di conoscere è ignorato, che si manifesta nella facoltà di conoscere, che dall'interno regge la facoltà di conoscere, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

23. Colui che, pur trovandosi nel seme, da esso è distinto, che dal seme è ignorato, che si manifesta nel seme, che dall'interno regge il seme, questo è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale.

"Esso è il Veggente non veduto, l'Uditore non udito, il Pensatore non pensato, il Conoscitore non conosciuto. Non c'è altro veggente al di fuori di lui, non altro uditore, non altro pensatore, non altro conoscitore. Esso è il tuo Atman, l'interno reggitore, l'immortale. Al di fuori di esso non c'è che dolore ""."

Allora Uddalaka figlio di Aruna rimase zitto.


OTTAVO BRAHMANA 20

"1. Quindi parlò la figlia di Vacaknu, [Gargi]: ""Venerabili brahmani, io ora rivolgerò due domande a costui. Se mi saprà rispondere, nessuno di voi potrà sicuramente vincerlo nelle questioni riguardanti il Brahman"". ""Domanda pure, o Gargi""."

"2. Allora essa disse: ""O Yajnavalkya, come un guerriero della stirpe di Kasi o di Videha, dopo aver teso la corda [prima] rilasciata dell'arco, s'avanza tenendo nella mano due frecce destinate a trafigger l'avversario, così io mi son levata contro di te con due domande. Rispondimi! "". ""Domanda pure, o Gargi""."

"3. Essa disse: ""Yajnavalkya, ciò che sta al di sopra del cielo, ciò che sta al di sotto della terra, ciò che sta tra cielo e terra, ciò che chiamano passato, presente e futuro, in quale trama è intessuto ?""."

"4. Egli rispose: ""O Gargi, ciò che sta al di sopra del cielo, ciò che sta al di sotto della terra, ciò che sta tra cielo e terra, ciò che chiamano passato, presente e futuro, è intessuto nella trama dello spazio etereo""."

"5. Essa allora: ""Onore a te, Yajnavalkya, che hai risposto alla mia domanda. Preparati alla seconda "". ""Domanda pure, o Gargi""."

"6. Essa disse: ""Yajnavalkya, ciò che sta al di sopra del cielo, ciò che sta al di sotto della terra, ciò che sta tra cielo e terra, ciò che chiamano passato, presente e futuro, in quale trama è intessuto?""."

"7. Allora egli rispose: ""O Gargi, ciò che sta al di sopra del cielo, ciò che sta al di sotto della terra, ciò che sta tra cielo e terra, ciò che chiamano passato, presente e futuro, è intessuto nella trama dello spazio etereo ''. ""E in quale trama è intessuto lo spazio etereo?""."

"8. Egli disse: ""O Gargi, questo [principio] i brahmani lo chiamano l'Indefettibile. Esso non è né grosso, né sottile, né corto, né lungo; esso è privo di sangue, di grasso, esso è privo di ombra, di oscurità, di vento, di etere; esso è senza adesività, senza sapore, senza odore, senza vista, senza udito, senza parola, senza mente, senza energia vitale, senza respiro, senza bocca, senza misura; non è né interno, né esterno; nulla esso mangia e nessuno lo mangia."

"9. In verità al comando di questo Indefettibile, o Gargi, sole e luna stanno distinti al lor posto; al comando di questo Indefettibile, o Gargi, cielo e terra stanno distinti al lor posto; al comando di questo Indefettibile, o Gargi, compiono ciascuno il suo corso i minuti, le ore, i giorni e le notti, le quindicine, i mesi, le stagioni e gli anni; al comando di questo Indefettibile, o Gargi, scendono dalle candide montagne i fiumi, alcuni a occidente, altri a oriente secondo la loro direzione; al comando di questo Indefettibile, o Gargi, gli uomini lodano chi dona, gli dei chi fa fare il sacrificio e i Mani agognano l'offerta."

"10. Se in questo mondo qualcuno, senza conoscere questo Indefettibile, o Gargi, offre, sacrifica, pratica l'ascesi, fosse pure per molte migliaia di anni, il suo [merito] è sempre destinato a una fine. Colui che se ne muore senza conoscere questo Indefettibile, o Gargi, è misero; ma chi lascia questo mondo dopo aver conosciuto l'Indefettibile, o Gargi, è un vero brahmano."

"11. Questo Indefettibile, o Gargi, è il Veggente non veduto, l'Uditore non udito, il Pensatore non pensato, il Conoscitore non conosciuto; non altra cosa esiste fuori di lui che sappia vedere, udire, pensare, conoscere. In questo Indefettibile, o Gargi, è intessuto lo spazio etereo""."

"12. Allora essa disse: ""Venerabili brahmani, dovete considerare già gran cosa il fatto che da costui siete stati lasciati liberi dopo [avergli reso soltanto] un omaggio. In verità non esiste alcuno di voi che possa superarlo nelle questioni concernenti il Brahman ''."

Poi la figlia di Vacaknu si tacque.


NONO BRAHMANA 21

"1. Allora si fece avanti a interrogarlo Vidagdha della stirpe di Sakala: ""Quanti sono gli dei, o Yajnavalkya? ""."

"Egli rispose secondo la forma liturgica: ""Quanti sono enumerati nella formula invocatoria a tutti gli dei: 3306""."

"Va bene - disse quegli - ma quanti sono veramente gli dei, Yajnavalkya?. ""Trentatré"". ""Va bene - ribatté colui - ma quanti sono veramente gli dei, Yajnavalkya?"". ""Sei "". ""Va bene - disse ancora quegli - ma quanti sono veramente gli dei, Yajnavalkya?"". ""Tre"". ""Va bene - riprese quegli - ma quanti sono veramente gli dei, Yajnavalkya?"". ""Due"". ""Va bene - ancora ripigliò colui - ma quanti sono veramente gli dei, Yajnavalkya?"". ""Uno e mezzo"". ""Va bene - disse ancora - ma quanti sono veramente gli dei, Yajnavalkya ?"". ""Uno"". ""Bene - concluse quegli -  allora chi sono i 3306 ?""."

"2. Yajnavalkya disse: ""Queste sono le loro capacità di manifestarsi, ma gli dei sono soltanto trentatré""'. ""Chi sono questi trentatré ?"". ""Gli otto Vasu, gli undici Rudra, i dodici Aditya assommano a trentuno; con Indra e Prajapati si arriva a trentatré""."

"3. ""Quali sono i Vasu?"". ""Agni, la terra, il vento, l'atmosfera, il sole, il cielo, la luna e le stelle: questi sono i Vasu. In essi è posto (vasati) tutto l'universo, perciò si chiamano Vasu""."

"4. ""Quali sono i Rudra ?"". ""I dieci organi vitali che ci son nell'uomo 22 e la mente come undecima. Uscendo dal corpo mortale essi fanno piangere; poiché fanno piangere (rud) si chiamano Rudra""."

"5. ""Quali sono gli Aditya?"". ""I dodici mesi dell'anno sono gli Aditya. Essi passano portandosi via tutto questo universo; poiché passano portandosi via (ada) tutto questo universo, si chiamano perciò Aditya""."

"6. ""Chi è Indra, chi è Prajapati?"". ""Il tuono è Indra' il sacrificio è Prajapati"". ""Che cosa è il tuono?"". ""Il fulmine ''. ""Che cosa è il sacrificio?"". ""Gli animali""."

"7. ""Chi sono i sei?"". ""Agni, la terra, il vento, l'atmosfera, il sole e il cielo: ecco i sei. Questi sei sono tutto questo universo""."

"8. ""Chi sono i tre dei ?"". ""Questi tre mondi: in essi invero vivono tutti gli dei"". ""Chi sono i due dei?"". ""Il cibo e il respiro"". ""Chi è l'uno e mezzo? "". ""Il [vento] che spira purificando ""."

"9. A questo proposito è stato osservato: Poiché è uno solo che spira purificando, come mai può parlarsi di uno e mezzo (adhyardha)? Tutto questo universo prosperò (adhyardhnot) in lui, per questo si chiama adhyardha. ""Chi è l'unico dio ?"". ""Lo spirito vitale, il prana: lo chiamano il Brahman, il tyad (il trascendente)""."

"10. ""Colui che conosce quello spirito del quale la terra è la sede, il fuoco è il regno, la mente è la luce e che è lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verità io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso è lo spirito che risiede nel corpo. Dimmi, o discendente di Sakala, qual è la sua divinità?"". ""L'immortalità"", egli rispose."

"11. ""Colui che conosce quello spirito del quale il desiderio è la sede, il cuore è il regno, la mente è la luce e che è lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verità io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso è lo spirito del desiderio. Dimmi, o discendente di Sakala, qual è la sua divinità?"". ""Le donne"", rispose quello."

"12. ""Colui che conosce quello spirito del quale le forme sono la sede, la vista è il regno, la mente è la luce e che è lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verità io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso è lo spirito [che risiede] nel sole. Dimmi, o discendente di Sakala, qual è la sua divinità?"". ""La verità"", rispose quello."

"13. ""Colui che conosce quello spirito del quale lo spazio etereo è la sede, l'udito è il regno, la mente è la luce e che è lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verità io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso è lo spirito dell'udito, dell'eco. Dimmi, o discendente di Sakala, qual è la sua divinità ?"". ""Le regioni celesti"", rispose quello."

"14. ""Colui che conosce quello spirito del quale le tenebre sono la sede, il cuore è il regno, la mente è la luce e che è lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya "". "" In verità io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso è lo spirito costituito d'ombra. Dimmi, o discendente di Sakala, qual è la sua divinità?"". ""La morte"", rispose quello."

"15. ""Colui che conosce quello spirito del quale le forme sono la sede, la vista è il regno, la mente è la luce e che è lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verità io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso è lo spirito che è [riflesso] nello specchio. Dimmi, o discendente di Sakala, qual è la sua divinità?"". ""La vita"", rispose quello."

"16. ""Colui che conosce quello spirito del quale le acque sono la sede, il cuore è il regno, la mente è la luce e che è lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verità io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso è lo spirito che sta nelle acque. Dimmi, o discendente di Sakala, qual è la sua divinità?"". ""Varuna"", rispose quello."

"17. ""Colui che conosce quello spirito del quale lo sperma è la sede, il cuore è il regno, la mente è la luce e che è lo scopo supremo d'ogni individuo, costui veramente conosce, Yajnavalkya"". ""In verità io conosco quello spirito che tu dici essere lo scopo supremo d'ogni individuo: esso è lo spirito che rinasce nel figlio. Dimmi, o discendente di Sakala, qual è la sua divinità?"". ""Prajapati"" rispose quello."

"18. ""O discendente di Sakala - disse allora Yajnavalkya - questi brahmani ti hanno preso per cavare dal fuoco i carboni ardenti?""."

"19. ""Yajnavalkya - replicò il discendente di Sakala "
"poiché così hai vinto questi brahmani dei Kuru e dei Pancala, qual'è la conoscenza del Brahman che tu possiedi?""."
"Io conosco le regioni del cielo con i loro dei e i loro fondamenti. ""Poiché tu conosci le regioni celesti insieme con i loro dei e i loro fondamenti,"

"20. quale divinità tu consideri protettrice dell'oriente?"". ""Il dio sole"". ""Il sole su che cosa è basato ?"". ""Sulla vista"". ""E la vista su che cosa è basata?"". ""Sulle forme: infatti è con la vista che si scorgono le forme "". ""E su che cosa sono basate le forme ?"". ""Sul cuore, - egli rispose - con il cuore si conoscono le forme, sul cuore le forme sono basate"". ""È proprio così, Yajnavalkya."

"21. Quale divinità consideri protettrice del mezzogiorno?"". ""Il dio Yama"". ""E Yama su che cosa è basato?"". ""Sul sacrificio"". ""E il sacrificio su che cosa è basato?"". ""Sui doni fatti ai sacerdoti"". ""E i doni fatti ai sacerdoti?"". ""Sulla fede: poiché soltanto chi ha fede fa doni ai sacerdoti. Quindi i doni sono basati sulla fede"". ""E la fede su che cosa è basata?"". ""Sul cuore - rispose egli - con il cuore si conosce la fede, nel cuore la fede ha il suo fondamento"". ""È proprio così, Yajnavalkya."

"22. Quale divinità consideri protettrice dell'occidente?"". ""Il dio Varuna"". ""E Varuna su che cosa è basato ? "". ""Sulle acque"". ""E le acque su che cosa sono basate?"". ""Sullo sperma"". ""E lo sperma su che cosa è basato?"". ""Sul cuore  - rispose egli - è per questo che di un figlio immagine [del padre] si dice: è uscito fuori dal cuore, è stato prodotto dal cuore. Dunque nel cuore lo sperma ha il suo fondamento"". ""È proprio così, Yajnavalkya."

"23. Quale divinità consideri protettrice del settentrione?"". ""Il dio Soma"". ""E Soma su che cosa è basato? ''. ""Sulla consacrazione "". ""E la consacrazione su che cosa è basata? "". ""Sulla verità. Perciò a chi è stato consacrato si dice: Dì la verità. Infatti la consacrazione ha il suo fondamento nella verità "". ""E la verità su che cosa è basata?"". ""Sul cuore - egli rispose - con il cuore infatti si conosce la verità, nel cuore la verità ha il suo fondamento"". ""È proprio così, Yajnavalkya."
"24. Quale divinità consideri protettrice dello zenith? "". ""Il dio Agni"". ""E Agni su che cosa è basato?"". ""Sulla parola"". ""E la parola su che cosa è basata?"". ""Sul cuore"". ""E il cuore su che cosa è basato ?""."

"25. ""Stolto - gli disse Yajnavalkya - se tu pensi che sia altrove che in noi. Se fosse fuori di noi, i cani lo mangerebbero e gli uccelli rapaci lo farebbero a brani""."

"26. ""E tu e l'Atman su che cosa siete basati?"". ""Sul prana (respiro) "". ""E il prana su che cosa è basato ?"". ""Sull'apana"". ""E l'apana su che cosa è basato?"". ""Sul vyana"". ""E il vyana su che cosa è basato?"". ""Sull'udana"". ""E l'udana su che cosa è basato ?"". ""Sul samana."
"Questo è l'Atman, definibile soltanto in senso negativo: esso è inafferrabile perché non lo si afferra, non è soggetto a decadenza perché non decade, non è soggetto ad attaccamento perché non s'attacca; privo di legami, non teme, né può essere colpito. Queste sono le otto sedi, gli otto mondi, gli otto dei, gli otto spiriti 23. Ma ora io ti interrogo su quello spirito rivelato nelle Upanisad, che ha superato tutti questi spiriti, dopo averli messi da parte e respinti. Se non saprai indicarmelo, la tua testa scoppierà "". Ma il discendente di Sakala non seppe indicarlo e la sua testa scoppiò. Dei ladri poi portarono via le sue ossa, prendendole per [qualche cosa d'] altro."

"27. Quindi Yajnavalkya disse: ""Venerabili brahmani, chi di voi lo desidera m'interroghi, o anche tutti interrogatemi; io poi interrogherò chi di voi lo voglia, o anche tutti insieme"". Ma i brahmani non osarono."

28. Allora li interrogò con queste strofe:

Simile a un albero signore della foresta è, sicuramente, l'uomo:

I suoi peli sono le foglie, la sua pelle la scorza esterna.
"Dalla pelle il sangue trasuda, e così la linfa dalla scorza;"
quando è ferito [il sangue] sprizza fuori, come la linfa dall'albero colpito.

Le sue carni sono le schegge, il robusto tendine è il [robusto] libro dell'albero,

le ossa sono la parte interna del legno, il midollo è simile al midollo.

"Ma l'albero stroncato si leva dalla radice in una forma più nuova; un uomo stroncato dalla morte, invece, da qual radice risorgerà?"

Non dite [che nasce] dallo sperma, perché questo si produce [soltanto] da un vivente. L'albero invece [, poiché] nasce da un seme, può risorgere immediatamente [da un altro albero anche] dopo la morte [di quello, a differenza dell'uomo] .

"[Ma anche] un albero, sradicato insieme con le radici, non più risorgerebbe; stroncato da morte, l'uomo da qual radice potrà risorgere?"

Una volta che si è nati, non più si rinasce: chi mai potrebbe far rinascere un uomo?

"Esiste [soltanto] il Brahman: esso è conoscenza, è beatitudine, è la grazia concessa a chi dona, è lo scopo finale di chi lo conosce e vi rimane fedele"" 24."

Note:
1. Alla corte di Janaka, che ha messo in palio ricchi premi, si svolge una sorta di tenzone intellettuale tra Yajnavalkya e nove avversari, che pensano di porlo in difficoltà con quesiti di vario ordine. Di tutti Yajnavalkya trionfa e tutti riduce al silenzio.

2. Asvala pone quesiti essenzialmente liturgici, ossia chiede in qual modo sacrificando ci si libera dalla fugacità dell'esistenza terrena e quali sono i vantaggi che dal sacrificio si traggono. Yajnavalkya risponde che si supera la morte e
s'ottiene la comprensione dell'universo riconoscendo la vera realtà degli officianti
il rito, che sono identificati con alcuni sensi umani e con la loro controparte cosmica. I particolari appartengono alla speculazione sacerdotale.

3. Il hotar è il sacerdote che pronuncia le strofe e quindi vien messo in rapporto con la parola. Tra parola e fuoco il rapporto è probabilmente da vedersi nel fatto che il fuoco è la bocca degli dei, per i quali divora le offerte.

4 L'adhvaryu sorveglia lo svolgimento del sacrificio, l'occhio sorveglia l'agire dell'uomo, il sole sorveglia tutto il creato.

5. L'udgatar è il sacerdote cantore e canta per mezzo del respiro.
6. Il sacerdote brahman con la mente dirige il sacrificio e ne corregge ogni eventuale errore.

"7. Artabhaga pone cinque quesiti: sul rapporto tra organi dei sensi e oggetti; sulla possibilità di vincere la morte; sul fatto fisiologico del gonfiamento dei cadaveri; sulla sola cosa che non abbandona l'uomo alla morte; sulla vita futura."

"8. Con graha son designati i sensi con cui si percepiscono gli oggetti; ad essi son considerati superiori (atigraha) gli oggetti stessi dei sensi, i quali esercitano sui sensi una sorta d'attrazione primitiva concezione del rapporto scambievole che s'instaura tra sensi e oggetti."
9. L'osservazione d'un fatto fisico (il fuoco, che tutto distrugge, è vinto dall'acqua) sembra suggerire un pensiero di questo tipo: un'acqua adatta (la conoscenza dell'Atman?) vince la seconda morte.

10. Diversa, anzi opposta, è la spiegazione del fatto in B.Up., 1, 2, 6.

11. Il nome per molti primitivi è indissolubilmente legato con l'anima ed è senza fine perché una volta scelto non può cambiarsi.
12. È questo il primo accenno alla teoria, evidentemente ancora esoterica, del ciclo delle esistenze, determinate dalle azioni, che sole sopravvivono alla sparizione dell'individuo.

13. Yajnavalkya, la cui scienza non è inferiore a quella degli invasati, traccia una breve arcaica cosmografia e descrive la sorte di chi ha compiuto azioni meritorie. Il Vento, che assorbe in sé i trapassati, è evidentemente simbolo del Brahman-Atman.

14. Ai discendenti dell'eroe epico sembra qui attribuita attività non commendevole, riscattata tuttavia dal compimento del sacrificio.

IS. 11 mondo qui considerato è probabilmente la regione dall'Indo al delta del Gange. W. RUBEN ( Beginn der Philosophie in Indien, p. 202, n. 47) pensa che 32 giorni impiegasse un carro a percorrere l'intera regione.
"16. Nei due colloqui che seguono s'afferma l'identità tra Brahman e atman, che è, per dir così, la realizzazione empirica del Brahman metempirico. Nel primo colloquio si dice che l'Atman è inconoscibile, perché è sempre soggetto, mai oggetto della percezione; nel secondo si cerca d'indicare la via pratica per giungervi. Ma in realtà il Brahman-Atman è superiore a tutte le distinzioni: è anche al di là dell'ascesi e della dottrina (c'è forse un'allusione polemica alla classe brahmanica?) e del conoscitore del Brahman può dirsi soltanto che conosce il Brahman."

"17. Poiché il significato originario di Atman è ""respiro"", la spiegazione è ritenuta insoddisfacente perché tautologica (come se si dicesse: il respiro è quello per cui si respira). Cfr. F. EDGERTON, The Beginnings of Indian Philosophy, p. 141, nota 2."
18. In un quadro cosmografico che non s'accorda con quello di 3, 3 Gargi e Yajnavalkya compiono una sorta di regressus ad infinitum, e giungono al Brahman, oltre il quale non è possibile procedere.

19. Le risposte alle due domande di Uddalaka, figlio di Aruna e discendente di Gotama, in sostanza riaffermano l'unicità del principio vitale dell'universo. Il filo che lega in un tutto organico i fenomeni e le creature è il vento, ossia il
"respiro nel corpo; colui che, interno ai fenomeni e agli organi, citati senz'ordine, regge ogni attività è l'Atman. Ma siccome il vento è simbolo dell'Atman, in ultima analisi tutto si riconduce all'unità: l'Atman è il principio supremo sia interiore sia esteriore Nella determinazione dell'Atman come ""interno reggitore"" (antaryamin) ci sembra di riscontrare un accenno alla personificazione e quindi una tendenza teistica che sarà sviluppata e meglio precisata in seguito."
20. Il principio dell'universo è l'aksara, l'Indefettibile, il soggetto non conosciuto della conoscenza: a esso tutto obbedisce e in esso tutto si raccoglie, ma poiché non può essere definito che in senso negativo, per questo è identico all'Atman (v. 3, 7, 23). Il brano è probabilmente non prosecuzione ma seconda versione del colloquio con Gargi, riportato in 3, 6.
21. La tenzone con Vidagdha comprende vari argomenti, il passaggio tra i quali spesso non è perspicuo. Dapprima (1-9) s'afferma che le varie divinità si riducono al soffio vitale, che è il Brahman. Quindi (10-18) Vidagdha identifica l'Atman con lo spirito che soggiace a vari fenomeni, ma le identificazioni si rivelano fallaci, perché esiste, al di là del fenomeno proposto, qualche cosa che domina o cui aspira quello spirito, il quale pertanto né è autonomo, né abbraccia tutto l'universo. Viene poi esposta (19-25) una teoria per cui tutto si basa sul cuore, come
"sede dell'intelligenza; segue quindi una strofa assai incoerente, che conclude con la morte di Vidagdha, punito più per aver messo in dubbio la superiorità di Yajnavalkya che per aver spinto troppo oltre le sue domande. Infine il vittorioso Yajnavalkya con il cosiddetto paragone dell'albero riafferma l'unicità del Brahman, fondamento e meta ultima di tutte le cose."

22. I cinque organi dei sensi e le cinque facoltà di movimento.
23. Con queste parole ci si riallaccia alla str. 17, mentre i due primi capoversi della str. 26 sembrano staccati dal contesto. Lo spirito rivelato nelle upanisad è evidentemente l'Atman.
24. Nel cosiddetto paragone dell'albero si dibatte il problema della rinascita in questa o in un'altra vita. Mentre l'osservazione dei punti di somiglianza tra l'uomo e l'albero sembrerebbe portare alla conclusione che esiste la possibilità di rinascere, una più approfondita indagine porta a escludere che per l'uomo esista dopo la morte qualche cosa di simile a ciò che per l'albero è il seme o il tronco. Esiste soltanto lo sprofondamento o la liberazione nel Brahman, che è la fonte di tutte le cose. La risposta è in armonia con quanto Yajnavalkya in 2, 4 e 4, 5 afferma circa l'impossibilità d'una sopravvivenza cosciente, mentre sembra in contrasto con l'accenno al karman di 3, 2, 13. In ogni modo non è definitiva: infatti se nel Brahman sprofonda soltanto chi conosce la vera realtà e chi, ancora legato al sacrificio, compie buone opere, resta irrisolto il problema del destino riservato a coloro che non appartengono a queste categorie.





QUARTO ADHYAYA 1

PRIMO BRAHMANA 2

"1. Janaka, re di Videha, era assiso [nella sala delle udienze]. Si avvicinò Yajnavalkya e il re gli disse: ""Yajnavalkya, perché sei venuto? Desideri armenti oppure [discussioni] sottili ? "". ""Gli uni e le altre, o gran re."

2. Ma sentiamo - proseguì Yajnavalkya - che cosa altri
"ti disse""."

"Jitvan della stirpe di Silina mi ha detto che la parola è il Brahman. ""Dicendo che la parola è il Brahman, il discendente di Silina ha parlato come [parlerebbe] uno che abbia madre, padre, maestro 3: infatti che cosa possiede chi non può parlare? Ma ti ha parlato pure della sede e del fondamento di esso?"". ""Non me ne ha parlato"". ""Allora [il suo Brahman] è mutilo"". ""Parlacene tu, Yajnavalkya!""."

"In verità la parola è la sede, lo spazio etereo è il fondamento. [Il Brahman] bisogna venerarlo come conoscenza. ""Che cosa si intende con conoscenza?"". ""La parola appunto, o gran re - rispose quello - Con la parola, o gran re, si riconoscono i parenti; il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, le formule dell'Atharvaveda, i racconti epici, le leggende antiche, le scienze, le dottrine esoteriche, le strofe, i trattati, le esegesi, i commenti, i sacrifici e le oblazioni, cibo e bevande, questo e l'altro mondo e tutte le creature, o gran re, si conoscono per mezzo della parola. La parola pertanto è il sommo Brahman, o gran re. Se uno, così conoscendo, venera [la parola come] Brahman, la parola non lo abbandona, tutte le persone lo seguono e, diventato un dio, ascende tra gli dei"". ""Ti darò mille [vacche] e un toro grosso come un elefante"", esclamò Janaka, re di Videha. Ma Yajnavalkya disse: ""Mio padre pensava che nulla bisogna accettare se non dopo aver concluso l'insegnamento."

"3. Ma sentiamo che cosa altri ti disse""."

"Udanka della stirpe di Sulba mi ha detto che il respiro è il Brahman. ""Dicendo che il respiro è il Brahman, Udanka della stirpe di Sulba ha parlato come parlerebbe uno che abbia madre, padre, maestro: infatti che cosa possiede chi non respira? Ma ti ha parlato anche della sede e del fondamento di esso?"". ""Non me ne ha parlato"". ""Allora [il suo Brahman] è mutilo"". ""Parlacene tu, Yajnavalkya!"". ""In verità il respiro è la sede, lo spazio etereo è il fondamento. [Il Brahman] bisogna venerarlo come cosa cara"". ""Che cosa si intende con cosa cara?"". ""Proprio il soffio vitale, o gran re - rispose Yajnavalkya - È per amore del soffio vitale che si sacrifica per chi non è degno, che si accettano doni da colui dal quale non è lecito accettarli, è pure per amore del soffio vitale che si teme la morte qualunque sia la regione dove si vada. Il soffio vitale, o gran re, è in verità il sommo Brahman. Se uno, così conoscendo, venera [il soffio vitale come] Brahman, il soffio vitale non lo abbandona, tutte le creature lo seguono e, diventato un dio, ascende tra gli dei""."
" ""Ti darò mille [vacche] e un toro grosso come un elefante"", esclamò Janaka, re di Videha. Ma Yajnavalkya disse: ""Mio padre pensava che nulla bisogna accettare se non dopo aver concluso l'insegnamento."

"4. Ma sentiamo che cosa altri ti disse""."

"Barku, discendente di Vrsna, mi ha detto che la vista è il Brahman. ""Dicendo che la vista è il Brahman, Barku, discendente di Vrsna, ha parlato come parlerebbe uno che abbia madre, padre, maestro: infatti che cosa possiede chi non può vedere? Ma ti ha parlato anche della sede e del fondamento di esso ? "". ""Non me ne ha parlato"". ""Allora [il suo Brahman] è mutilo"". ""Parlacene tu, Yajnavalkya!"". ""In verità la vista è la sede, lo spazio etereo è il fondamento. [Il Brahman] bisogna venerarlo come la verità "". ""Che cosa si intende con verità? "". ""La vista appunto - rispose Yajnavalkya "
" Infatti di uno che possiede la vista si dice: "" Hai visto? "", e quello risponde: "" Ho visto "" e questa è la verità. La vista, o gran re, è in verità il sommo Brahman. Se uno, così conoscendo, venera [la vista come] Brahman, la vista non lo abbandona, tutte le creature lo seguono e, diventato un dio, ascende tra gli dei "". ""Ti darò mille [vacche] e un toro grosso come un elefante"", esclamò Janaka, re di Videha. Ma Yajnavalkya disse: ""Mio padre pensava che nulla bisogna accettare se non dopo aver concluso l'insegnamento."

"5. Ma sentiamo che cosa altro ti disse ""."

"Gardabhivipita, della stirpe di Bharadvaja, mi ha detto che l'udito è il Brahman. ""Dicendo che l'udito è il Brahman, Gardabhivipita della stirpe di Bharadvaja ha parlato come parlerebbe uno che abbia madre, padre, maestro: infatti che cosa possiede chi non ode? Ma ti ha parlato anche della sede e del fondamento di esso?"". ""Non me ne ha parlato"". ""Allora [il suo Brahman] è mutilo"". ""Parlacene tu, Yajnavalkya!"". ""In verità l'udito è la sede, lo spazio etereo è il fondamento. [Il Brahman] bisogna venerarlo come infinito"". ""Che cosa si intende con la parola infinito?"". "" Le regioni del cielo - rispose Yajnavalkya -"
" Per questo, o gran re, in qualunque direzione si proceda non si giunge mai alla fine: infinite sono le regioni del cielo ed esse sono, o gran re, equivalenti all'udito. In verità l'udito è il sommo Brahman. Se uno, così conoscendo, venera [l'udito come] Brahman, l'udito non lo abbandona, tutte le creature lo seguono e, diventato un dio, ascende tra gli dei ''. ""Ti darò mille [vacche] e un toro grosso come un elefante"", esclamò Janaka, re di Videha. Ma Yajnavalkya disse: ""Mio padre pensava che nulla bisogna accettare se non dopo aver concluso l'insegnamento."

"6. Ma sentiamo che cosa altri ti disse""."

"Satyakama, figlio di Jabala, mi ha detto che la mente è il Brahman. ""Dicendo che la mente è il Brahman, Satyakama, figlio di Jabala, ha parlato come parlerebbe uno che abbia madre, padre, maestro: infatti che cosa possiede chi non pensa? Ma ti ha parlato anche della sede e del fondamento di esso?"". ""Non me ne ha parlato"". ""Allora [il suo Brahman] è mutilo"". ""Parlacene tu, Yajnavalkya!"". ""In verità la mente è la sede, lo spazio etereo è il fondamento. [Il Brahman] bisogna venerarlo come gioia"". ""Che cosa si intende con la parola gioia?"". ""La mente appunto - rispose Yajnavalkya -  Con la mente infatti, o gran re, si è attratti verso una donna e da essa nasce un figlio somigliante e questa è la gioia. In verità, o gran re, la mente è il sommo Brahman. Se uno, così conoscendo, venera [la mente come] Brahman, la mente non lo abbandona, tutte le creature lo seguono e, diventato un dio, ascende tra gli dei"". ""Ti darò mille [vacche] e un toro grosso come un elefante"", esclamò Janaka, re di Videha. Ma Yajnavalkya disse: ""Mio padre pensava che nulla bisogna accettare se non dopo aver concluso l'insegnamento."

"7. Ma sentiamo che cosa altri ti disse""."

"Vidagdha, discendente di Sakala, mi ha detto che il cuore è il Brahman. ""Dicendo che il cuore è il Brahman, Vidagdha della stirpe di Sakala ha parlato come parlerebbe uno che abbia madre, padre, maestro: infatti che cosa possiede chi non ha cuore? Ma ti ha parlato anche della sede e del fondamento di esso?"". ""Non me ne ha parlato"". ""Allora [il suo Brahman] è mutilo"". ""Parlacene tu, Yajnavalkya!"". ""In verità il cuore è la sede, lo spazio etereo è il fondamento. [Il Brahman] bisogna venerarlo come stabilità""."

"Che cosa si intende con la parola stabilità?. ""Il cuore appunto, o gran re - rispose Yajnavalkya - Il cuore infatti è la sede di tutte le creature, il cuore in verità, o gran re, è il fondamento di tutte le creature, nel cuore, o gran re, tutte le creature sono fondate. In verità, o gran re, il cuore è il sommo Brahman. Se uno, ciò conoscendo, venera [il cuore come] Brahman, il cuore non lo abbandona, tutte le creature lo seguono e, diventato un dio, ascende tra gli dei "". ""Ti darò mille [vacche] e un toro grosso come un elefante "", esclamò Janaka, re di Videha. Ma Yajnavalkya disse: ""Mio padre pensava che nulla bisogna accettare se non dopo aver concluso l'insegnamento ''."


SECONDO BRAHMANA 4

"1. Levandosi dal suo seggio, Janaka, re di Videha, disse: ""Onore a te, Yajnavalkya! Donami l'insegnamento"". E quello rispose: ""o gran re, come chi, volendo intraprendere un lungo viaggio, prepara un carro o una barca, così invero tu hai preparato l'anima tua con queste dottrine arcane. Ma tu che sei ricco e possente, tu che conosci i Veda ed hai ascoltato le upanisad, una volta che sarai liberato di qui dove andrai? "". ""O venerabile, io non so dove andrò a finire"". ""Allora te lo dirò io dove andrai"". ""Parla, o venerabile!""."

"2. ""La figura di uomo [che appare] nell'occhio destro ha nome Indha (colui che incendia); ma, con parola segreta, questo, che è Indha, vien chiamato Indra. Gli dei amano infatti le cose segrete, odiano le cose manifeste."

3. Quella figura di uomo [che appare] invece nell'occhio sinistro è la consorte di Indra, Viraj. Il loro luogo di incontro è lo spazio interno del cuore, il loro cibo è la massa di sangue che è dentro il cuore, da copertura serve loro quella sorta di reticolo che è dentro il cuore e la via che percorrono è quella vena che sale dal cuore verso l'alto. Sottili come un capello spaccato in mille, le vene chiamate hita (benefiche) son fondate sull'interno del cuore. Per mezzo di esse scorre il [cibo] fluente: perciò essa (l'anima individuale) ha una alimentazione più scelta del corpo.

"4. Gli organi anteriori di Indra costituiscono l'oriente, gli organi di destra il meridione, gli organi posteriori l'occidente, gli organi di sinistra il settentrione, gli organi superiori lo zenith, gli organi inferiori il nadir: i singoli suoi organi costituiscono le singole regioni celesti. Questo è l'Atman, definibile soltanto in senso negativo: esso è inafferrabile perché non lo si afferra, non è soggetto a decadenza perché non decade, non è soggetto ad attaccamento perché non s'attacca; privo di legami, non teme, né può essere colpito 5. Invero, o Janaka, tu sei giunto alla pace"". Così concluse Yajnavalkya. A sua volta Janaka disse: ""O Yajnavalkya, che la pace tocchi a te, che ci hai fatto conoscere la pace [dell'animo], o venerabile. Onore a te! Ecco, i Videha ed io siamo [ai tuoi ordini]""."

TERZO BRAHMANA 6

1. Yajnavalkya si recò un giorno da Janaka di Videha, ma aveva deciso di non discutere. Ma dopoché Janaka, re di Videha, e Yajnavalkya ebbero parlato intorno al sacrificio del
fuoco, Yajnavalkya gli accordò una grazia, il re scelse di far domande a piacere e Yajnavalkya lo esaudì. Il re per primo allora domandò:

"2. ""Yajnavalkya, quale luce illumina l'uomo?"". ""La luce del sole, o gran re - rispose quello -  "
" Con il sole come luce l'uomo giace, si muove, fa il suo lavoro, torna [a casa]"". ""È proprio così, Yajnavalkya."

"3. Ma quando il sole è tramontato, Yajnavalkya, quale luce illumina l'uomo?"". ""La luna gli è luce, o gran re. Con la luna come luce l'uomo giace, si muove, fa il suo lavoro, torna [a casa] "". ""È proprio così, Yajnavalkya."

"4. Ma quando il sole è tramontato, Yajnavalkya, quando è tramontata la luna, quale luce illumina l'uomo?"". ""Il fuoco gli è luce, o gran re. Con il fuoco come luce l'uomo giace, si muove, fa il suo lavoro, torna [a casa]"". ""È proprio così, Yajnavalkya."

"5. Ma quando il sole è tramontato, Yajnavalkya, quando è tramontata la luna, quando il fuoco s'è spento, quale luce illumina l'uomo?"". ""La parola gli è luce, o gran re. Con la parola come luce l'uomo giace, si muove, fa il suo lavoro, torna [a casa]. Perciò, o gran re, quando per il buio neppure la propria mano si scorge, là dove si leva una voce, là ci si dirige"". ""È proprio così, Yajnavalkya."

"6. Ma quando il sole è tramontato, quando è tramontata la luna, Yajnavalkya, quando il fuoco s'è spento, quando la parola più non s'ode, quale luce illumina l'uomo? "". ""L'Atman gli è luce, o gran re. Con l'Atman come luce l'uomo giace, si muove, fa il suo lavoro, torna [a casa]""."

"7. ""Che cosa è l'Atman? "". ""È quel personaggio (purusa) che tra le facoltà è quella costituita di conoscenza, che è la luce interna nel cuore, che sempre eguale a se stesso si muove in questo mondo e nell'altro. Pare che pensi, pare"
che guizzi 7 e, fatto sogno, oltrepassa questo mondo, le apparenze mortali.

"8. Invero questo purusa quando nasce, quando acquista un corpo, si carica di mali; ma dipartendosi, morendo, lascia tutti i mali."

9. Di questo purusa due sono le sedi, questo mondo e quell'altro, e terzo è lo stadio intermedio di sogno s. Quando è in questo stato intermedio, vede l'una e l'altra sua sede, la sede di qua e quella dell'oltremondo. Poi, siccome c'è [la possibilità di] ascendere all'altro mondo, effettua l'ascesa, e allora vede sia i mali [di questo mondo], sia le gioie [dell'oltremondo]. Quando s'addormenta, prendendo la materia da questo mondo che tutto contiene, disgregandola o costruendola a proprio piacere, mantiene dormendo la sua luce e il suo splendore. Allora questo purusa è luce a se stesso.

"10. Non vi sono carri, né cavalli, né strade; ma carri, cavalli, strade sono da lui creati. Non vi sono piaceri, né gioie, né delizie; ma piaceri, gioie, delizie sono da lui creati. Non vi sono laghi, né stagni, né fiumi; ma laghi, stagni, fiumi sono da lui creati. Egli infatti è il creatore."

11. A questo proposito ci sono queste strofe:

"Colpendo con il sonno ogni cosa corporea, desto egli contempla i dormienti 9; poi, conservando la sua luce, ritorna al suo posto il purusa tutto d'oro, il cigno solitario."

12. Lasciando il respiro a sorvegliare il basso nido (ossia il corpo), uscendo fuori dal suo nido, a suo piacere se ne va l'immortale, il purusa tutto d'oro, il cigno solitario.

13. Volando nel sogno in alto e in basso, egli, che è divino, si crea forme molteplici. Ora ridendo se la gode insieme con le donne' ora ha visioni paurose.


"14. Si scorge il luogo dei suoi giochi, ma lui, nessuno lo vede. [Perciò] si dice che non bisogna risvegliare [all'improvviso] chi è disteso nel sonno: difficile è il rimedio per colui nel quale [lo spirito] non rientra. Alcuni invece dicono che [lo stato di sogno] è in realtà eguale allo stato di veglia: quello che si vede da sveglio lo si vede infatti nel sogno. [In ogni modo] il purusa in queste condizioni è luce a se stesso"" 9 bis. ""O venerabile, io ti darò mille [vacche]; ma tu dimmi cose anche più alte [che conducano] alla liberazione ""."

"15 10. ""Questo purusa dopo aver goduto nello stato di quiete profonda, dopo aver girovagato e aver veduto il bene e il male, di nuovo per la strada percorsa s'affretta al luogo donde era partito, al sogno. Qualunque cosa abbia veduto di là, nessuna lo segue: egli infatti non si attacca a nulla"". ""È proprio così, Yajnavalkya. Io ti darò, o venerabile, mille [vacche]; ma tu dimmi cose anche più alte [che conducano] alla liberazione""."

"16. ""Questo purusa dopo aver goduto nel sogno, dopo aver girovagato e aver veduto il male e il bene, di nuovo per la strada percorsa s'affretta al luogo donde era partito, allo stato di veglia. Qualunque cosa abbia di là veduto, nessuna lo segue: egli infatti non si attacca a nulla "". ""È proprio così, Yajnavalkya. Io ti darò, o venerabile, mille [vacche]; ma tu dimmi cose anche più alte [che conducano] alla liberazione""."

"17. ""Questo purusa dopo aver goduto nello stato di veglia, dopo aver girovagato e aver veduto il male e il bene, di nuovo per la strada percorsa s'affretta al luogo donde era partito, allo stato di sonno."

18. Come un grosso pesce va dall'una all'altra riva del fiume, ora di qua ora di là, così questo purusa va dall'uno all'altro stato, dallo stato di sonno allo stato di veglia.
19. Come il falco o l'aquila, dopo aver volato or qua or là nell'aria, stanchi, raccolte le ali, si posano nel lor nido, così questo purusa s'affretta verso quello stato dove nel sonno non più alcun desiderio concepisce, non più alcun sogno vede.

20. Le sue vene, chiamate hita, sono di tale sottigliezza quanto un capello spaccato in mille parti e sono piene di una sostanza bianca, azzurra, gialla, verde, rossa. Quando a lui sembra di essere ucciso, di essere soggiogato, o gli sembra di essere inseguito da un elefante o di cadere in una fossa, quel terrore che prova nello stato di veglia, s'immagina per ignoranza di provare anche ora [nel sogno]. Ma [lo stato] in cui, simile a un dio, simile a un re, pensa di essere questo universo, di essere il tutto, questo [stato di sonno profondo] è per lui il mondo supremo 11.

21. In questa condizione per lui ogni desiderio è superato, ogni male respinto, ogni paura scomparsa. Come l'uomo avvinto alla donna amata non ha più coscienza di ciò che è esterno e di ciò che è interno, così l'anima individuale, stretta all'Atman che è costituito di coscienza, non ha più coscienza né di un mondo esteriore né di un mondo interiore. In questa condizione tutti i desideri sono stati adempiuti, si desidera soltanto se stesso, in essa cessano i desideri e finiti sono i dolori.

22. Allora il padre non è più padre, la madre non più madre, i mondi non più mondi, gli dei non sono più dei, i Veda non sono più i Veda. Allora il ladro non è più ladro, chi fa abortire non è più infanticida, il servo non è più servo, l'intoccabile non è più intoccabile, il monaco non è più monaco, l'asceta non è più asceta. Egli non è tocco da azioni buone, non è tocco da azioni malvagie: infatti ha superato tutte le angosce del cuore.


"23. Anche se egli non vede, non vede pur possedendo la vista. Non c'è infatti interruzione della capacità di vedere, per la sua indistruttibilità, in lui che possiede la vista; soltanto manca un secondo oltre lui, un qualche cosa d'altro, di separato da lui, che egli possa vedere."

"24. Anche se egli non fiuta, non fiuta pur possedendo l'olfatto. Non c'è infatti interruzione della capacità di fiutare, per la sua indistruttibilità, in lui che possiede l'olfatto; soltanto manca un secondo oltre lui, un qualche cosa d'altro, di separato da lui, che egli possa fiutare."

"25. Anche se egli non gusta, non gusta pur possedendo il senso del gusto. Non c'è infatti interruzione della capacità di gustare, per la sua indistruttibilità, in lui che possiede il senso del gusto; soltanto manca un secondo oltre lui, un qualche cosa d'altro, di separato da lui, che egli possa gustare."

"26. Anche se egli non parla, non parla pur possedendo la parola. Non c'è infatti interruzione della capacità di parlare, per la sua indistruttibilità, in lui che possiede la capacità di parlare; soltanto manca un secondo oltre lui, un qualche cosa d'altro, di separato da lui, di cui egli possa parlare."

"27. Anche se non ascolta, non ascolta pur possedendo l'udito. Non c'è infatti interruzione della capacità di ascoltare, per la sua indistruttibilità, in lui che possiede la capacità di ascoltare; soltanto manca un secondo oltre lui, un qualche cosa d'altro, di separato da lui, che egli possa ascoltare."

"28. Anche se egli non pensa, non pensa pur essendo capace di pensare. Non c'è infatti interruzione della capacità di pensare, per la sua indistruttibilità, in lui che è capace di pensare; soltanto manca un secondo oltre a lui, un qualche cosa di separato da lui, a cui possa rivolgere il pensiero."

"29. Anche se non ha sensazioni tattili, non ha sensazioni tattili pur possedendo il tatto. Non c'è infatti interruzione della sensibilità tattile, per la sua indistruttibilità, in lui che la possiede; soltanto manca un secondo oltre a lui, un qualche cosa di separato da lui, su cui esercitare la sensibilità."

"30. Anche se non conosce, non conosce pur possedendo la conoscenza. Non c'è infatti interruzione della capacità di conoscere, per la sua indistruttibilità, in lui che possiede la conoscenza; soltanto manca un secondo oltre a lui, un qualche cosa di separato da lui, che possa conoscere."

31. Soltanto dove si ha, per così dire, un altro, allora può vedersi questo altro, fiutarlo, gustarlo, parlarne, ascoltarlo, pensarlo, toccarlo, conoscerlo.

32. Unico dotato della capacità di vedere nell'oceano [della pace perfetta], senza secondo 12: questo è [colui che ha raggiunto] il mondo del Brahman - così continuò Yajnavalkya. - Questo è la sua meta suprema, la sua somma gioia, il suo mondo più alto, la sua felicità più perfetta. Le altre creature vivono d'una porzione soltanto di questa felicità.

"33. Colui che tra gli uomini è ricco e felice, domina sugli altri, gode largamente di tutti i godimenti umani: questa è tra gli uomini la suprema felicità. Ma cento felicità umane equivalgono a una sola felicità dei Mani che hanno raggiunto il cielo. Cento felicità dei Mani che hanno raggiunto il cielo equivalgono a una sola felicità nel mondo dei gandharva. Cento felicità nel mondo dei gandharva equivalgono a una sola felicità degli dei [che sono tali] per le loro azioni. Cento felicità degli dei [che sono tali] per le loro azioni equivalgono a una felicità degli dei la cui divinità è innata e di un brahmano che si è liberato dal peccato e ha vinto i desideri. Cento felicità degli dei la cui divinità è innata equivalgono a una sola felicità del mondo di Prajapati e di un brahmano che si è liberato dal peccato e ha vinto i desideri. Cento felicità del mondo di Prajapati equivalgono a una sola felicità del mondo del Brahman e di un brahmano che si è liberato dal peccato e ha vinto i desideri, e questa è la felicità suprema, o gran re, è il mondo del Brahman "" 12bis. Così parlò Yajnavalkya. ""Io ti darò mille [vacche], o venerabile; ma tu dimmi cose anche più alte [che conducano] alla liberazione"". A questo punto Yajnavalkya ebbe paura e pensò: ""Il re è astuto e mi ha tratto fuori da tutte le difese "" 13."

"34. [Tuttavia proseguì: ] ""Egli dunque, dopo essersi deliziato nello stato di sogno e aver vagato e aver veduto il bene e il male, di nuovo si affretta, seguendo l'opposto cammino, al luogo d'origine, allo stato di veglia."

35. Come un carro sovraccarico si muove cigolando, così l'Atman individuale, sormontato dall'Atman fatto di coscienza si muove gemendo, allor quando l'uomo sta per esalare l'ultimo respiro.

36. Quando ci si indebolisce per l'età o ci si infiacchisce per una malattia, come il frutto del mango, del fico, del pippala si distacca dal picciolo, così questo purusa si stacca dalle membra e seguendo il cammino opposto si affretta al luogo d'origine, cioè al respiro 14.

"37. Come all'arrivo del sovrano notabili, guardie, scudieri, capi di villaggio lo accolgono con [l'offerta di] cibi, bevande, alloggio, dicendo: "" Eccolo, arriva! "", del pari tutte le creature accolgono colui che così sa dicendo: "" Arriva il Brahman, eccolo!""."

"38. Come notabili, guardie, scudieri, capi di villaggio si raggruppano intorno al sovrano che sta per partire, del pari tutti i sensi si affollano attorno a questo Atman al momento della morte, allor quando l'uomo sta per esalare l'ultimo respiro""."

QUARTO BRAHMANA

"1. ""Quando l'Atman [corporeo] s'indebolisce e sembra venir meno, allora i sensi gli si affollano intorno; ed esso, dopo aver raccolto questi elementi vitali si ritira dentro il cuore 15. Quando il personaggio che è nell'occhio si distacca per sempre [dagli oggetti dei sensi], allora l'uomo non distingue più le forme."

2. Allora si dice: Non vede, non fiuta, non gusta, non parla, non ode, non pensa, non ha sensibilità tattile, non ha la conoscenza, perché è diventato una cosa sola [con gli oggetti dei sensi]. [A questo punto] l'apice del suo cuore si illumina e attraverso questa luce l'Atman se ne esce, o dall'occhio, o dalla testa o da qualche altra parte del corpo. Quando esce lo segue il respiro e il respiro è seguito al suo uscire da tutti gli altri sensi 16. [L'Atman] è il possessore della conoscenza: anche la conoscenza se ne va [quindi con lui] 17, e [altresì] rimangono a lui attaccati il sapere, le opere e l'esperienza del passato.

3. Come un bruco, giunto all'estremità d'uno stelo erboso, compie un altro passo e si raccoglie, così questo Atman, allontanatosi dal corpo e resolo inconscio, compie un altro passo e si raccoglie.

4. Come una ricamatrice, presa la materia di un ricamo, tesse un'altra figura più nuova e più bella, così questo Atman, allontanatosi dal corpo e resolo inconscio, foggia un'altra forma più nuova e più bella, quella di uno dei Mani o di un gandharva, o di un dio, o di Prajapati o di Brahma o di qualche altro essere.


5. In verità è identico al Brahman questo Atman, che è costituito di conoscenza, di pensiero, di respiro, di vista, di udito, che è sostanziato di terra, di acqua, di vento, di spazio etereo, di luce e di non luce, di passione e di non passione, di ira e di calma, di giustizia e di ingiustizia, che è costituito di ogni cosa. E quando si dice che qualcuno è in un certo modo, qualche altro è in un altro modo, si deve intendere che si diventa tali a seconda delle proprie azioni, del proprio comportamento. Chi bene agisce diventa buono, chi agisce male diventa cattivo, virtuoso diventa con l'azione virtuosa e cattivo con la cattiva. In verità si dice anche che l'uomo è fatto di desiderio: ma quale è il desiderio, tale è la volontà, quale è la volontà, tale è l'azione, quale è l'azione, tale è il risultato che consegue.

6. A questo proposito c'è una strofa: L'uomo che è soggetto alle passioni, per effetto delle azioni giunge alla meta cui la mente s'era rivolta.
Quando ha esaurito l'effetto della sua opera,
qualunque cosa abbia quaggiù fatto,
dall'altro mondo torna su questa terra, all'operare.
Questo per chi è in preda al desiderio.

Ma per chi non ha desideri, è privo di desideri, libero da desideri, per chi ha spento i suoi desideri e non ha che il desiderio dell'Atman, di costui i soffi vitali non s'allontanano [dal corpo]: egli, che è già Brahman, si ricongiunge con il Brahman 18.

7. A questo proposito c'è una strofa:

Quando tutti i desideri che erano riposti nel cuore si annullano, allora il mortale diventa immortale e [già] quaggiù gode il Brahman. Come la pelle, mutata da un serpente, giace morta, gettata su un formicaio, così giace questo corpo. Rimane allora lo spirito incorporeo, immortale, puro Brahman,
"pura luce, o gran re"". ""Io ti darò mille [vacche], o venerabile"", disse Janaka di Videha."

"8. ""A questo proposito ci sono queste strofe:"

Io ho scoperto l'antica, stretta, lunga strada che penetra in me: lungo essa i saggi conoscitori del Brahman da qui salgono, liberati, al mondo celeste.

9. In essa dicono che c'è del bianco, dell'azzurro, del giallo, del verde e del rosso. Questa strada fu scoperta attraverso [la conoscenza del] Brahman: lungo essa sale chi conosce il Brahman e bene agisce, ridotto a pura luce 19.

10. Entrano in cieca tenebra coloro che coltivano l'ignoranza, e in tenebra anche più cieca coloro che coltivano [soltanto] la scienza [sacra]. (= Isa Up., 9).

"11. "" Privi di luce "" è il nome dei mondi avvolti da cieca tenebra, dove giungono, dopo la morte, gli ignoranti, gli sciocchi."

"12. Se l'uomo conoscesse l'Atman e dicesse: ""Io son desto "", desiderando che cosa, bramando che cosa soffrirebbe insieme con il corpo?"

13. Colui che ha scoperto e risvegliato il proprio Atman, penetrato in quell'inestricabile conglomerato di elementi [che è il corpo], costui diventa onnipotente, creatore di tutto, il mondo è suo, è il mondo egli stesso.

14. Quando siamo ancora qui sulla terra dobbiamo conoscere queste cose, altrimenti rimane l'ignoranza, [causa di] grande rovina. Coloro che ciò sanno diventano immortali, ma gli altri non ottengono che l'infelicità.

15. Quando chiaramente si riconosce come dio questo Atman, signore del passato e del futuro, [l'Uno, l'Assoluto] non più si cela.

16. Esso, agli ordini del quale l'anno con i suoi giorni si volge, esso gli dei venerano come la luce delle luci, come il principio della vita, come l'immortale.

17. Quello su cui sono fondati i cinque gruppi 20 e lo spazio etereo, io che conosco [il vero], io [che mi sento] immortale, riconosco come l'Atman, come il Brahman, come l'immortale.

18. Coloro che hanno riconosciuto il respiro del respiro, la vista della vista, l'udito dell'udito, la mente della mente (ossia l'intima essenza di questi fenomeni), costoro hanno compreso l'antico primigenio Brahman.

19. Soltanto con la mente si può osservare che qui non c'è molteplicità. Di morte in morte passa chi quaggiù vede la molteplicità.

"20. Questo [universo] bisogna considerarlo come un'unità, indistruttibile, eterna; [ed esso] è l'Atman puro, increato, grande, eterno, superiore allo spazio etereo."

21. Quando l'abbia conosciuto, il saggio brahmano ci mediti sopra. Non insegua con il pensiero molte parole, perché questo serve soltanto a stancare la voce.

"22. Questo grande increato Atman è tra le facoltà umane quella costituita di conoscenza. In quello spazio interno al cuore, in esso risiede [questo Atman], signore di tutto, sovrano di tutto, dominatore di tutto. Esso né s'accresce per una buona azione, né per una cattiva diminuisce. Esso è il sovrano di tutto, è il dominatore delle creature, è il difensore delle creature: è la diga che separa i mondi perché non si confondano. Esso i brahmani cercano di conoscere con la recitazione dei Veda, con i sacrifici, con l'elemosina, con l'ascesi, con il digiuno. Quando lo si conosce si diventa un eremita, desiderando questo mondo [dell'Atman] i monaci menano vita errabonda. Per questo in verità i saggi di un tempo non desideravano prole pensando: ""Che ci importa della prole se"
"l'Atman è il nostro mondo?"". E così essi rinunciavano al desiderio di figli, al desiderio di ricchezza, al desiderio dei mondi [celesti] e sceglievano la vita del monaco mendicante. Infatti il desiderio di figli è desiderio di ricchezze e il desiderio di ricchezze è desiderio di mondi [celesti]: ma tutti questi sono desideri [vani, in quanto permettono soltanto una felicità transeunte]. L'Atman poi non può essere definito che in senso negativo: è inafferrabile perché non lo si afferra, non è soggetto a decadenza perché non decade, non è soggetto ad attaccamento perché non s'attacca; privo di legami, non teme, né può essere colpito. [Il conoscitore dell'Atman] non è oppresso da questi due [pensieri]: ""Ho fatto il male, ho fatto il bene per questo o per quest'altro motivo"", ma entrambi egli supera: non più l'angustia [il pensiero di] ciò che ha fatto o [di ciò] che non ha fatto."

23. Questo stesso è espresso nei versetti:

Questa è la sempiterna grandezza del brahmano: né s'accresce né diminuisce per l'azione che compie. Bisogna cercare le tracce di questo [Atman]: una volta che lo si sia conosciuto non si è insozzati da azione malvagia.

"Perciò colui che questo sa diventa calmo, tranquillo, indifferente, paziente, raccolto in sé e in se stesso scorge l'Atman, in ogni cosa scorge l'Atman; non lo vince il peccato, anzi egli vince ogni peccato, non lo brucia il peccato, anzi egli brucia ogni peccato; libero da peccato, da passioni, da dubbi, egli è un vero brahmano. Questo è il mondo del Brahman, o gran re; ad esso ti ho "
"fatto giungere"". Questo disse "
Yajnavalkya e Janaka replicò:
Io mi consegno a te, o venerabile, e anche i Videha ti consegno [come schiavi].

24. Questo è in verità il grande increato Atman, che si nutre dei cibi [mortali] e dona ogni ricchezza. Ricchezza trova colui che così sa.

"25. Questo è in verità il grande, increato Atman, non soggetto a vecchiezza, non soggetto a morte, immortale; esso è il felice Brahman. Il Brahman invero è felicità e simile al felice Brahman diventa colui che così sa."


QUINTO BRAHMANA 21

1. Yajnavalkya aveva due mogli, Maitreyi e Katyayani. Di esse Maitreyi amava la scienza sacra, mentre Katyayani conosceva quello che le donne [solitamente] conoscono. Un giorno Yajnavalkya, che stava per accedere a un nuovo stadio di vita, disse:

"2. ""Maitreyi, cara, io sto per lasciare questo luogo e affrontar la vita del monaco mendicante e voglio definire la tua situazione con Katyayani""."

"3. Allora Maitreyi disse: ""o signore, se tutta la terra con le sue ricchezze mi toccasse, forse sarei per questo immortale, o no?"". ""No - le rispose Yajnavalkya - la tua vita sarebbe come quella dei ricchi, ma non dalla ricchezza si può sperare immortalità""."

"4. Allora Maitreyi replicò: ""Che m'importa di ciò che non mi fa raggiungere l'immortalità? Ma ti prego, o signore, dimmi ciò che tu conosci""."

"5. Allora Yajnavalkya disse: ""Tu, che mi eri già cara, ancor più cara mi sei diventata. Orsù, ti spiegherò, ma tu sta attenta alle mie parole""."

"6. E parlò: ""Non a causa dell'amore per il marito è caro il marito, ma a causa dell'amore di sé è caro il marito. Non a causa dell'amore per la moglie è cara la moglie, ma a causa dell'amore di sé è cara la moglie. Non a causa dell'amore per i figli son cari i figli, ma a causa dell'amore di sé son cari i figli. Non a causa dell'amore per le ricchezze son care le ricchezze, ma a causa dell'amore di sé son care le ricchezze. Non a causa dell'amore per le bestie son care le bestie, ma a causa dell'amore di sé son care le bestie. Non a causa dell'amore per la condizione di brahmano è cara la condizione di brahmano, ma a causa dell'amore di sé è cara la condizione di brahmano. Non a causa dell'amore per la condizione di guerriero è cara la condizione di guerriero, ma a causa dell'amore di sé è cara la condizione di guerriero. Non a causa dell'amore per i mondi son cari i mondi [ai loro abitatori celesti e terrestri], ma a causa dell'amore di sé son cari i mondi. Non a causa dell'amore per gli dei son cari gli dei, ma a causa dell'amore di sé son cari gli dei. Non a causa dell'amore per i Veda son cari i Veda, ma a causa dell'amore di sé son cari i Veda. Non a causa dell'amore per le creature son care le creature, ma a causa dell'amore di sé son care le creature. Non v'è nessun oggetto che si desideri per amore di esso oggetto, bensì si desiderano tutti gli oggetti per amore del proprio sé. È il sé dunque che bisogna guardare e sentire, è al sé che bisogna pensare e rivolgere la propria attenzione, o Maitreyi; quando, o cara, si vede, si ascolta, si pensa, si conosce il sé tutto l'universo è conosciuto."

"7. La dignità di brahmano abbandona colui che questa dignità pensa esistente al di fuori dell'Atman; la dignità di guerriero abbandona colui che la pensa esistente al di fuori dell'Atman; i mondi abbandonano colui che li pensa esistenti al di fuori dell'Atman; gli dei abbandonano colui che li pensa esistenti al di fuori dell'Atman; i Veda abbandonano colui che li pensa esistenti al di fuori dell'Atman; le creature abbandonano colui che le pensa esistenti al di fuori dell'Atman; l'universo intero abbandona colui che lo pensa esistente al di fuori dell'Atman. La dignità brahmanica, la dignità guerriera, i mondi, gli dei, i Veda, le creature, l'intero universo non son altro che l'Atman."

"8. Come non è possibile afferrare i suoni che escono da un tamburo battuto, ma presi il tamburo o chi lo batte pur il suono resta preso;"

"9. come non è possibile afferrare i suoni d'una conchiglia nella quale si soffi, ma presi la conchiglia o chi vi soffia dentro pur il suono resta preso;"

10. come non è possibile afferrare i suoni d'un liuto che venga suonato, ma presi il liuto o il suonatore del liuto pure il suono resta preso: [così il mondo può conoscersi soltanto afferrando, ossia conoscendo, l'Atman].

1 l. Come da un fuoco attizzato con legna umida si sprigiona in ogni parte il fumo, così in verità sono emanazione di questo grande Essere il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, gli scongiuri e le magie, i racconti epici, le leggende antiche, le scienze, le dottrine esoteriche, i versi, i trattati dottrinali, le esegesi, i commenti, i sacrifici, le libagioni, cibi e bevande, questo mondo e quell'altro e tutte le creature. E tutte queste cose in lui ritornano,

12. come l'oceano è il luogo di raccolta di tutte le acque, e così la pelle è il luogo di raccolta di tutte le sensazioni tattili, le narici sono il luogo di raccolta di tutti gli odori, la lingua il luogo di raccolta di tutti i sapori, l'occhio il luogo di raccolta di tutte le immagini, l'orecchio il luogo di raccolta di tutti i suoni, la mente il luogo di raccolta di tutti i pensieri, il cuore il luogo di raccolta di tutte le conoscenze, le mani il luogo di raccolta di tutte le azioni, l'organo genitale il luogo di raccolta di tutti i piaceri, l'ano il luogo di raccolta di tutte le escrezioni, i piedi il luogo di raccolta di tutti i movimenti, la parola il luogo di raccolta di tutte le scienze.

"13. Come un blocco di sale che non ha parti interne e parti esterne [diverse], ma è un blocco compatto di sapore, così è questo Atman, o cara: senza parti interne e parti esterne [diverse], esso è sorto come un blocco compatto di conoscenza per [servire] le creature individuali e ne segue la sparizione. Ed io quindi affermo: Non c'è coscienza dopo la morte"". Queste furono le parole di Yajnavalkya."

"14. Maitreyi allora disse: ""O signore, con queste parole mi hai gettato in un grande turbamento: ma io questo [Atman] non lo conosco''. Ma egli replicò: ""O cara, io non dico parole che possano turbarti: questo Atman è indistruttibile e non è soggetto a perire."

"15. Quando c'è, per così dire, dualità [di un individuo rispetto a un altro individuo], allora l'uno vede l'altro, lo fiuta, lo gusta, gli parla, lo ascolta, lo pensa, lo tocca, lo conosce. Ma quando la totalità dell'individuo [ossia corpo e blocco di conoscenza] è diventato il Sé, con che cosa e chi potrà [l'individuo dissoltosi nel Sé universale] vedere, fiutare, gustare, parlare, ascoltare, pensare, toccare, conoscere? Con che cosa potrà conoscersi quello per mezzo del quale tutto l'universo conosce ?"". E prosegui: ""L'Atman può essere definito soltanto in senso negativo: esso è inafferrabile perché non lo si afferra, non è soggetto a decadenza perché non decade, non è soggetto ad attaccamento perché non s'attacca; privo di legami, non teme, né può essere colpito. Chi mai potrebbe conoscere il conoscitore? Così hai ricevuto l'insegnamento, o Maitreyi, e tanto è in verità [ciò che si riferisce all'] immortalità"". Così detto, Yajnavalkya lasciò la dimora."

SESTO BRAHMANA

Ecco ora l'elenco dei maestri: Pautimasya [ricevette la dottrina] da Gaupavana, questi da Pautimasya, questi da Gaupavana, questi da Kausika, questi da Kaundinya, questi da Sandilya, questi da Kausika e da Gautama, Gautama da Agnivesya, questi da Gargya, questi da [un altro] Gargya, questi da Gautama, questi da Saitava, questi da Parasaryayana, questi da Gargyayana, questi da Uddalakayana, questi da Jabalayana, questi da Madhyandinayana, questi da Saukarayana, questi da Kasayana, questi da Sayakayana, questi da Kausikayani, questi da Ghrtakausika, questi da Parasaryayana, questi da Parasarya, questi da Jatukarnya, questi da Asurayana e da Yaska, Asurayana da Traivani, questi da Aupajandhani, questi da Asuri, questi da Bharadvaja, questi da Atreya, questi da Manti, questi da Gautama, questi da [un altro] Gautama, questi da Vatsya, questi da Sandilya, questi da Kaisorya Kapya, questi da Kumaraharita, questi da Galava, questi da Vidarbhi
Kaundinya, questi da Vatsanapat Babhrava, questi da Pathin Saubhara, questi da Ayasya Angirasa, questi da Abhuti Tvastra, questi da Visvarupa Tvastra, questi dagli Asvin, gli Asvin da Dadhyanc Atharvana, questi da Atharvan Daiva, questi da Mrtyu Pradhvamsana, questi da Pradhvamsana, questi da Ekarsi, questi da Vipracitti, questi da Vyasti, questi da Sanaru, questi da Sanatana, questi da Sanaga, questi da Paramesthin, questi dal Brahman. Il Brahman è l'esistente di per sé: onore al Brahman!

Note:

1. La quarta lettura racchiude nel terzo, quarto e quinto brahmana la più suggestiva dichiarazione della dottrina di Yajnavalkya, che nella sola realtà dello spirito, uno e indiviso, vede la soluzione del mistero della vita e della morte.

"2. Janaka espone a Yajnavalkya le opinioni di sei maestri, che hanno identificato il Brahman in varie facoltà dell'uomo. Ma  - dice Yajnavalkya  -  al di là di queste facoltà esistono delle entità, localizzate nello spazio (al di fuori di questo non esiste nulla), delle quali le varie facoltà sono la ""sede"", in quanto quelle entità non si realizzano se non nelle singole facoltà, che sono pertanto identiche con quelle entità. Ad esempio la parola presuppone la conoscenza, però non esiste una conoscenza in astratto, bensì soltanto la realizzazione di essa, concretata nella parola. In ogni modo siamo sempre di fronte ad aspetti parziali del Brahman, ossia parola, respiro ecc. partecipano della natura del Brahman, che però non si esaurisce in una soltanto di queste facoltà."

3. Ossia come chi ha ricevuto un'istruzione corretta, anche se non completa.
4. Yajnavalkya dice di voler spiegare dove si vada dopo la morte e comincia a parlare del soggetto individuale della conoscenza, dell'anima, che nella veglia traspare dagli occhi distinta in due figure, Indra e Viraj, le quali nel sonno si congiungono nel profondo del cuore. Ma questa anima che si ciba di cibo sottile è l'intero universo, è l'Atman ineffabile e indefinibile, che dà la pace suprema, con ciò rendendo vana ogni questione relativa alla morte e al destino che seguirà. Nella pupilla dell'uomo si riconosce una figura umana, che ha la sua controparte macrocosmica nella figura umana che si ravvisa nel disco del sole.

5. Cfr. B.Up., 3, 9, 26.

6. Nel terzo e nel quarto brahmana Yajnavalkya, che sembra piuttosto restio a comunicare la sua dottrina ma deve tener fede a una promessa fatta a Janaka quando questi gli aveva rivelato i misteri della liturgia del fuoco (cfr. Satapatha brahmana, XI, 6, 2, 10), espone le sue teorie sull'Atman, che è la luce interiore dell'uomo (3, 1-6). Yajnavalkya ne esamina funzioni e caratteristiche prima nello
stato di veglia e di sogno (3, 7-18), poi nello stato di sonno profondo (3, 19-34), al momento della morte (3, 35-4, 2), durante le successive reincarnazioni (4, 2-6), infine quando si raggiunge la liberazione (4, 7-23). Quest'ultimo colloquio di Yajnavalkya con Janaka, pur composto di brani di varia provenienza, raccoglie in maniera abbastanza coerente la dottrina idealistica dell'identità Atman-Brahman.

7. In realtà sono i sensi a muoversi.

8. Diverse sono le condizioni dell'Atman: soffre in questo mondo, o gode felicità assoluta nel mondo del Brahman, o nel sonno, con o senza sogni, ha un'anticipazione più o meno completa del mondo del Brahman. Nel corso della vita l'Atman vaga a suo piacere tra lo stato di veglia e quello di sonno, durante il quale si crea un nuovo mondo (o ricorda ciò che nello stato di veglia ha visto, 14) che contempla librandosi simile ad aureo cigno in sconfinate altezze.

9. I dormienti sono i sensi, che insieme con il corpo giacciono privi di attività.
9 bis. Lo spirito trova qualche difficoltà a rientrare nel corpo. Alcuni pensano invece che stato di veglia e stato di sogno partecipino della stessa natura. Ma l'obiezione è considerata irrilevante è sempre lo spirito che si crea il mondo del sogno, anche se lo riproduce solamente dalle esperienze vissute.

10. Questo paragrafo sembra da espungere, poiché dello stato di sonno profondo si parlerà soltanto a partire dal paragrafo 19.
11. Nel sonno profondo senza sogni (durante il quale lo spirito, attraverso le 72.000 vene si ritira nel cavo del cuore) si ha un preannuncio della beatitudine dell'unione con l'Assoluto e viene a cessare la conoscenza, la quale esige una distinzione tra soggetto e oggetto del conoscere, tra mondo esteriore e mondo interiore.
12. Simbolicamente l'acquietamento delle passioni viene rappresentato dall'oceano immobile, sul quale l'Atman erra, simile a cigno solitario.

12 bis, Cfr. T.Up., 2, 8.

13. Ossia: sta strappandomi tutta la dottrina segreta.

14. Nel respiro, che è il luogo d'origine della vita ed è l'ultimo ad abbandonare il corpo al momento della morte, si raccolgono gli organi di senso, che poi seguono l'anima, come la sua corte un re. Il par. 33 sembra aver suggerito l'inserzione del par. 37, che introduce il motivo dell'ottenimento di ogni beneficio e di ogni servizio da parte di chi conosce l'Atman-Brahman.
15. In questo ritirarsi nel cuore dell'Atman corporeo, ossia dell'anima individuale, insieme con tutti gli elementi vitali, c'è un'allusione al raffreddarsi progressivo del cadavere.

"16. Uscito dal corpo insieme con tutti i sensi (opinione contraria è espressa in 3, 2, 11), l'Atman passa in un altro corpo, portandosi dietro il carico delle azioni compiute, che determineranno la condizione della nuova vita. Il passaggio avviene immediatamente senza un soggiorno in un altro mondo (però nel secondo versetto del par. 6 sembra di cogliere un accenno a una dimora ultraterrena): non è infatti qui conosciuta o accettata la teoria della via degli dei e dei Mani, per la quale vedi B.Up., 6, 2, 15-16; Ch.Up., 5, "
"10; Kaus.Up., 1."

"17. Leggo savijnano bhavati sa, vijnanam evanvavakràmati, e intendo la frase come una riconferma dell'incoscienza che sopraggiunge alla morte (cfr. anche sotto ai 55 3-4, dove [come P. THIEME, OP. cit., p. 60] ho inteso avidyàm gamayitvà: ""avendo fatto precipitare [il corpo] nell'incoscienza""). In questo passaggio s'anticipa la posteriore dottrina del ""corpo sottile"" che accompagna l'anima d'esistenza in esistenza fino alla liberazione."
18. Intendo: colui che si riconosce come Brahman, e quindi non ha più desideri, non deve aspettare la dissoluzione della morte: ancora in vita egli ha raggiunto l'Assoluto, è un jivanmukta.
19. Le strofe 8 e 9 mi sembra che bene riassumano il pensiero del veggente: la verità si scopre guardando entro noi stessi, sicché lungo la strada che parte dal cuore (cfr. 2, 1, 19), i Cui colori riproducono i colori dei raggi solari, salirà al mondo del Brahman il saggio che bene agisce. È dunque riconosciuto il valore d'una condotta morale, come in seguito saranno anche ammesse le pratiche rituali e ascetiche, anche se in realtà colui che conosce il Brahman è superiore a ogni distinzione di bene e di male e ad ogni rito (cfr. i §§ 22 e 23).
20. Secondo il commento che va sotto il nome di Sankara si tratta dei Gandharva, dei Mani, degli dei, degli asura e dei rakshasa.
21. Il colloquio tra Yajnavalkya e Maitreyi qui riportato sembra una versione secondaria dell'analogo colloquio di 2, 4.





QUINTO ADHYAYA 1

PRIMO BRAHMANA

1. Pieno è quello, pieno è questo. Dal pieno nasce il pieno. Se pur si prende il pieno dal pieno rimane intatto il pieno.

"Om. Il Brahman è l'etere, l'etere primordiale, l'etere agitato dal vento. Così disse il figlio di Kauravyayani. Esso è il Veda, che i brahmani conoscono; per suo mezzo io conosco ciò che deve essere conosciuto 2."

SECONDO BRAHMANA 3

"1. I tre figli di Prajapati, gli dei, gli uomini e i demoni, stavano compiendo il loro alunnato presso il padre Prajapati. Compiuto il periodo dell'alunnato, gli dei dissero: ""Parlaci, o Signore!"". Allora egli pronunciò questa sillaba: ""Da"" e aggiunse: ""Avete capito?"". ""Abbiamo capito - risposero"
"quelli - ci hai detto: dominatevi (damyata)"". ""Sì - egli concluse - avete capito""."

"2. Di poi gli uomini dissero: ""Parlaci, o Signore!"". Allora egli pronunciò questa sillaba: ""Da"" e aggiunse: ""Avete capito?"". ""Abbiamo capito - risposero quelli - ci hai detto: donate (datta)"". ""Sì - egli concluse - avete capito""."

"3. Quindi i demoni dissero: ""Parlaci, o Signore!"". Allora egli pronunciò questa sillaba: ""Da"" e aggiunse: ""Avete capito?"". ""Abbiamo capito - risposero quelli - ci hai detto: abbiate compassione (dayadhvam)"". ""Sì - egli concluse - avete capito"". Questo invero intende la voce celeste, cioè il tuono, quando fa udire il suo da da da: dominatevi, donate, abbiate compassione. E proprio queste tre virtù bisogna praticare, il dominio di sé, il far l'elemosina, la compassione."


TERZO BRAHMANA 4

1. Il cuore è Prajapati, è il Brahman, è tutto. Tre sillabe compongono la parola: hr-da-ya. La prima è hr: a colui che così sa portano offerte (abhi-hr) sia i suoi [parenti], sia gli estranei. L'altra sillaba è da: a colui che così sa donano (da) sia i parenti sia gli estranei. L'ultima sillaba è yam: perviene (i = ya) al mondo celeste, colui che così sa.

QUARTO BRAHMANA

1. Questo (la realtà empirica) in verità è quello (la realtà metempirica, il Brahman), e quello è questo: esiste soltanto una verità. Colui che conosce [veramente] quel grande spirito primigenio e sa che il Brahman è la verità, costui conquista tutti i mondi. E come potrebbe essere vinto colui che conosce quel grande spirito primigenio e sa che il Brahman è la verità? Invero il Brahman è la verità.



QUINTO BRAHMANA 5

"1. Al principio l'universo non era che acqua. Le acque produssero la verità, ossia il satya che è il Brahman, [il Brahman] generò Prajapati, Prajapati gli dei. Gli dei onorano il satya. Questo è costituito di tre sillabe: sa-ti-yam. Sa è la prima sillaba; ti è la seconda, yam è la terza sillaba. La prima e l'ultima sillaba indicano il satya (il reale e il vero), nel mezzo c'è l'anrta (la menzogna, il male) 6; ma l'anrta è stretto dalle due parti dal satya e diventa esso stesso satya. L'anrta non colpisce colui che così sa."

2. Ora ciò che è il reale, è il sole lassù. L'essere [che sta] nel disco solare (il Brahman cosmico) e l'essere [che sta] nell'occhio destro (il Brahman individuato), costoro sono fondati l'uno sull'altro: a causa dei raggi il primo si fonda sul secondo, questo a causa dei soffi vitali [riposa] su quello 7. Quando lo spirito dell'uomo è sul punto di dipartirsi, allora vede nitidamente il disco [del sole]: i raggi infatti non più gli fanno ostacolo.

"3. Dell'essere [che sta] nel disco solare, la testa è Bhuh: una è la testa, una la sillaba. Le braccia sono Bhuvah: due le braccia, due le sillabe. I piedi sono Saar: due i piedi, due le sillabe (su + ar). Il suo nome segreto è ahar (""giorno""). Colui che così sa stronca (han) il male e se ne libera (ha)."

4. Dell'essere [che sta] nell'occhio destro, la testa si chiama Bhuh: una è la testa, una la sillaba. Le braccia si chiamano Bhuvah: due le braccia, due le sillabe. I piedi si chiamano Svar: due i piedi, due le sillabe. Il suo nome segreto è
"aham (""io""). Stronca (han) il male e se ne libera (ha) colui che così sa."

SESTO BRAHMANA

1. Questo essere costituito di pensiero, la cui natura è luce, risiede dentro il cuore come un chicco di riso, un granello d'orzo. E questo stesso è il signore di tutto, il padrone di tutto, tutto esso governa, qualunque cosa esista.

SETTIMO BRAHMANA

1. Il lampo (vidyut) è il Brahman, così si dice. Il lampo si chiama vidyut da vi-da (spezzare, liberare): infatti libera dal male colui che sa che il lampo è il Brahman. Invero il lampo è il Brahman.

OTTAVO BRAHMANA 8

"1. Bisogna venerare la Parola come la vacca. Quattro sono i suoi capezzoli: le formule sodha, vasat, hanta, svadha. Da due di questi capezzoli, le formule svaha e vasat, traggono vita gli dei; dalla formula hanta traggono vita gli uomini; dalla formula svadha traggono vita gli spiriti dei trapassati. Il soffio vitale è il suo toro, la mente è il vitello."

NONO BRAHMANA 9

1. È Agni Vaisvanara (il fuoco universale) quello che risiede nell'interno dell'uomo e che fa digerire ciò che si mangia. l: suo il ronzio che si ode quando si chiudono le orecchie. Quando [l'anima] sta per andarsene, non si ode più quel ronzio.

DECIMO BRAHMANA 10

1. Quando l'uomo si diparte da questo mondo, va nell'aria. Questa gli si apre [per uno spazio grande] come il foro d'una ruota d'un carro: attraversandolo egli si porta in alto e giunge al sole. Questo gli si apre [per uno spazio grande] come l'apertura d'un tamburo: attraversandolo egli si porta in alto e giunge alla luna. Questa gli si apre [per uno spazio grande] quanto un timpano: egli l'attraversa e ascende ancora. Giunge a un mondo senza caldo né freddo: qui dimora per un'infinità di anni.

UNDECIMO BRAHMANA

1. Suprema ascesi affronta colui che è torturato dalle malattie: ottiene il mondo supremo colui che così sa. Suprema ascesi invero affronta colui che morto portano nella foresta: ottiene il mondo supremo colui che così sa. Suprema ascesi invero affronta colui che morto depongono sul rogo: ottiene il mondo supremo colui che così sa 11.

DODICESIMO BRAHMANA

1. Alcuni han detto che il cibo è il Brahman. Non è vero: infatti il cibo si deteriora senza il respiro vitale. Altri dicono che il respiro vitale è il Brahman. Anche questo non è vero,
"perché il respiro vitale s'esaurisce senza il cibo. Ma quando siano congiunte in unità, queste due divinità possono procedere verso la perfezione. A questo riguardo disse un giorno Pratrda al padre: ""Che mai di buono potrei fare a chi sa ciò, che mai di male potrei fargli [, dato che è superiore a tutto] ?"". Quello rispose con un gesto della mano: ""Le cose non stanno così, o Pratrda. Chi mai, soltanto perché s'è congiunto in unità con quelle due [divinità], giunge alla perfezione?"". Poi gli disse: ""Vi"". La sillaba vi indica il nutrimento, tutte le creature quaggiù sono infatti fondate (vista) sul nutrimento. Poi disse ancora: ""Ram"". La sillaba ram indica il respiro vitale, tutte le creature quaggiù godono (ram) quando c'è il respiro vitale. Tutte le creature vengono a lui, tutte le creature si compiacciono in colui che così sa 12."

TREDICESIMO BRAHMANA 13

1. [Parliamo del]l'uktha (inno). In verità respiro vitale e uktha son la stessa cosa: infatti il respiro vitale solleva (utthapuyati) tutto l'universo. Un forte figlio conoscitore dell'uktha nasce da colui che così sa ed egli ottiene l'unione con l'uktha e la dimora nella sua stessa sede.

2. [Ora parliamo del] yajus (formula sacrificale). In verità respiro vitale e yajus son la stessa cosa: infatti tutte le creature si ricongiungono (yujyante) nel soffio vitale. Tutte le creature s'uniscono per [garantire] l'eccellenza a colui che così sa, ed egli ottiene l'unione con il yajus e la dimora nella sua stessa sede.

3. [Parliamo del] saman (canto). In verità respiro vitale e saman son la stessa cosa: infatti tutte le creature convergono (samyanci) nel respiro vitale. Tutte le creature concordi operano per il bene di colui che così sa ed egli ottiene l'unione con il saman e la dimora nella sua stessa sede.

4. [Parliamo del]lo ksatra (nobiltà militare). In verità respiro vitale e nobiltà militare son la stessa cosa: infatti il respiro vitale è la nobiltà dei guerrieri. Il respiro vitale difende (tra) dall'essere offresi (ksan). Ottiene una potenza irresistibile colui che questo sa e conquista l'unione con lo ksatra e la dimora nella sua stessa sede.

QUATTORDICESIMO BRAHMANA 14

1. Bhumi, antariksa, dyauh (terra, atmosfera, cielo): in tutto sono otto sillabe. Pure otto sillabe contiene il [primo] verso della gayatri ed esso è quel [trinomio]. Quanto esiste nei tre mondi, tutto conquista colui che così conosce il [primo] verso [ della gayatri ] .

2. Rcah, yajumsi, samani (Rg-, Yajur- e Sama
veda): in tutto sono otto sillabe. Pure otto sillabe contiene il [secondo] verso della gayatri ed esso è quel [trinomio]. Tutta intera la triplice scienza conquista colui che così conosce il [secondo verso [della gayatri].

3. Prana, Apana, Vyana: in tutto sono otto sillabe. Pure otto sillabe contiene il [terzo] verso della gayatri ed esso è quel [trinomio]. Tutto quanto è vivente, tutto ciò conquista colui che così conosce il [terzo] verso [della gayatri].

"Poi il suo quarto (turiya) verso, risplendente, è [il sole] che riluce oltre l'atmosfera. Esso si chiama ""turiya"" perché è il quarto; si chiama ""risplendente"", perché apparisce, per dir così, luminoso; si chiama ""al di là dell'atmosfera"", perché brilla ben al di sopra di ogni pulviscolo atmosferico. E del pari riluce per gloria e splendore colui che così conosce questo verso della gayatri."

"4. La gayatri si fonda su questo quarto verso risplendente, al di là dell'atmosfera. Esso è a sua volta fondato sulla verità; la verità è infatti la vista, poiché la vista è la verità. [: per questo che quando due s'avvicinano litigando e uno dice: ""Io ho visto"", l'altro dice: ""Io ho udito"", è a colui che dice d'aver visto che dobbiamo prestare fede. La verità è a sua volta fondata sulla forza; la forza è il soffio vitale; quindi la verità è fondata sul soffio vitale. Per questo si dice che la forza è superiore alla verità. In rapporto all'individuo la gayatri è quindi così fondata. La gayatri protegge (tra) i gaya; i gaya sono i prana 15; dunque protegge i prana e poiché protegge i gaya è detta gayatri. Essa è quella savitri che il maestro insegna. Essa protegge i prana di colui al quale è stata insegnata."

"5. Alcuni insegnano una Savitri di metro anustubh (ossia di quattro versi), dicendo che la parola [del Veda] è anustubh e che in tal modo essi vogliono insegnarla. Non bisogna fare così; bisogna invece insegnare la savitri con il metro gayatri (ossia in tre versi). Se colui che così sa riceve un grosso compenso, non è nulla in confronto con un solo pada della gayatri."

6. Colui che ottenesse tutti i tre mondi pieni (di ricchezze), sarebbe come se ottenesse il primo verso della gayatri. Colui che ottenesse tutta intera la triplice scienza, costui è come se ottenesse il secondo verso della gayatri. Colui che ottenesse tutto ciò che respira, costui è come se ottenesse il terzo verso della gayatri. Ma il quarto verso, il risplendente,
che riluce al di là d'ogni pulviscolo atmosferico, nessuno può ottenerlo. Donde potrebbe ottenersi tanto grande cosa?

"7. Ecco il modo di glorificarla: Gayatri, tu hai un piede, due piedi, tre piedi, quattro piedi; senza piedi (apad) sei tu, infatti non cadi mai (na padyase). Onore al tuo quarto piede, risplendente, al di là d'ogni pulviscolo atmosferico. Se uno dice in relazione a uno che odia: ""Possa costui non ottenere la tal cosa"", oppure: ""Che non sia esaudito il suo desiderio"", o anche: ""Possa io ottenere quello [che appartiene a lui]"", non si realizza il desiderio di colui contro il quale si recita questo omaggio [alla gayatri]."

"8. Ecco quanto Janaka, re di Videha, disse a Budila Asvatarasvi: ""Come mai tu che dicevi d'esser conoscitore della gayatri' sei diventato elefante e porti i pesi?"". ""O signore, non conobbi la bocca di essa"", così egli rispose. La bocca di essa è Agni. Per quante siano le cose che si gettano sul fuoco, [esso] tutte le brucia. Del pari colui che così sa, se anche commette molti peccati, tutti li consuma e rimane puro, candido, senza vecchiezza, immortale."

QUINDICESIMO BRAHMANA 16

1. Da un aureo disco è coperto il volto del vero. Levalo, o Pusan, affinché io, che ho per legge il vero, possa vederlo!

O Pusan, unico saggio, o tu che controlli, o Sole, o
Figlio di Prajapati, dividi i tuoi raggi, raccogli il tuo
splendore!

Quello che è il tuo aspetto più fausto, ecco io lo scorgo: quella persona lassù, quella son io! Il respiro [se ne vada] nel soffio immortale e questo
corpo finisca in cenere. O coscienza, ricordati delle tue
azioni, ricordati!

O coscienza, ricordati delle tue azioni, ricordati!

O Agni, che tu possa condurci per il retto sentiero alla prosperità, o dio, tu che conosci tutte le vie! Tieni da noi lontano il peccato che travia! E noi ti renderemo il più alto omaggio!

Note:
1. La quinta lettura della B.Up. è una raccolta di aforismi per lo più staccati tra loro, di diversa origine, di varia epoca, molto spesso indulgenti a giochi di parole, a enigmi, a etimologie fantasiose.

2. L'Assoluto (quello), pur manifestandosi nel mondo visibile (questo), nulla perde della sua completezza. L'identificazione del Brahman con l'etere vuol adombrare il carattere incorporeo del primo, il quale è anche il Veda, che comprende ogni conoscenza.

3. Si raccomanda 1a pratica delle virtù, in una valutazione nettamente positiva dei valori della vita.
4. Il cuore racchiude in sé tutto l'universo, con il quale s'identifica. Tutto ottiene colui che conosce il valore etimologico delle sillabe costituenti il suo nome.

5. Tra mondo empirico e Assoluto, tra Brahman individuato e Brahman cosmico esiste identità: ognuno dei due (rappresentati dal sole e dall'occhio e dai personaggi che in essi s'immaginano) comprende tutte le parti dell'universo (Bhuh, Bhuvah, Svar, terra, atmosfera, cielo) e anche assai simile è il loro nome segreto.

6. La sillaba ti è equiparata ad anrta perché in questa parola si trova la lettera t, mentre mancano le sillabe sa e yam.

7. Senza l'occhio non si vedono i raggi del sole, ma questo è la fonte della vita dell'individuo.
"8. La Parola, che è sacra in quanto permette l'effettuazione del sacrificio, è equiparata alla vacca. Le quattro invocazioni sono rivolte nel rituale agli dei, ai Mani e, come esortazione, agli uomini. Altrove la mente è il padre, il prana è il figlio della parola (v. B.Up., 1, 4, 17; 1, 5, 7)."

"9. Agni Vaisvanara è anche simbolo dell'Atman; anche un'osservazione fisiologica serve quindi come spunto per la ricerca fondamentale dell'Upanisad, la ricerca del principio unico."

10. Si ha qui un accenno alla dottrina della via degli dei, che sarà più ampiamente sviluppata in 6, 2, 15-16.

11. La vera ascesi consiste nel sopportare coraggiosamente i mali indissolubilmente congiunti con la vita.
"12. Mentre Pratrda materialisticamente risolve tutta la realtà nell'unione di cibo e respiro, il padre suo afferma che non basta vivere per giungere alla perfezione e gli suggerisce la parola virama, ""distacco, rinuncia"", che comprende e supera ogni fenomeno, come viene ""dimostrato"" con un artificio etimologico."

13. Il soffio vitale è identificato, per mezzo delle solite elucubrazioni etimologiche, con i quattro Veda (lo ksatra indicherebbe l'Atharvaveda, più vicino alla casta guerriera e diretto a proteggere magicamente dalle forze del male). Oppure le tre prime identificazioni alludono alla casta sacerdotale nelle sue varie funzioni e la quarta alla casta guerriera.
"14. Esaltazione della savitri o gayatri, una delle formule più sacre del Rgveda (3, 62, 10), dedicata all'esaltazione del sole. (""Questo splendore eccellente  -  del dio Sole noi meditiamo  -  Possa Vivificare le nostre menti""). Il quarto verso, che assicura un potere magico sui nemici, è invisibile e al di là d'ogni contatto umano, ma a sua volta è basato sulla forza e sul soffio vitale. Subito dopo si dice che Budila, ignorando che la bocca della gayatri è Agni, rinacque come l'elefante che porta Janaka: e ciò probabilmente significa che il culto apre la via alla perfezione."
"15. I prana, ossia i sensi sono chiamati gaya, propriamente ""famigli"", perché, come ad esempio la parola, producono rumore (gayanti)."

16. Preghiera del morente, che s'augura di veder nel disco dei sole la figura umana simbolo del Brahman, eguale al più vero se stesso. Gli spiriti vitali si riuniranno ai loro archetipi universali, mentre le azioni compiute determineranno la condizione della rinascita. Le stesse strofe compaiono in Isa Up., 15-18.


SESTO ADHYAYA 1

PRIMO BRAHMANA

1. In verità, colui che conosce il primo e l'ottimo diventa il primo e l'ottimo tra i suoi. Il soffio vitale invero è il primo 2 e l'ottimo. Primo e ottimo tra i suoi e anche tra coloro tra i quali vuol esserlo diventa colui che così sa.

2. In verità, colui che conosce la più ricca, diventa il più ricco tra i suoi. La parola invero è la più ricca 3. Il più ricco tra i suoi, e anche tra coloro tra i quali vuol esserlo, diventa colui che così sa.

3. In verità, colui che conosce il fondamento, è ben sicuro su un terreno piano, è ben sicuro su un terreno impervio. La vista invero è il fondamento: infatti per mezzo della vista si
è sicuri su un terreno piano, si è sicuri su un terreno impervio. È ben sicuro su un terreno piano, è ben sicuro su un terreno impervio, colui che così sa.

4. In verità, per colui il quale conosce la prosperità, per costui prosperano tutti i desideri che possa avere. L'udito invero è la prosperità: per mezzo dell'udito invero prospera [la conoscenza di] tutti i Veda. Prosperano tutti i desideri per colui che così sa.

5. In verità, colui che conosce il rifugio, diventa il rifugio per i suoi, il rifugio per le genti. La mente invero è il rifugio 4. Diventa rifugio per i suoi, rifugio per la gente, colui che così sa.

6. In verità, colui che conosce la procreazione s'accresce in discendenza, in armenti. Lo sperma invero è la procreazione. S'accresce in discendenza, in armenti colui che così sa.

"7. I soffi vitali, che erano in lizza per il primato, si recarono dal Brahman e gli dissero: ""Chi è il migliore tra noi ?"". Quello rispose: ""Colui per la mancanza del quale si pensa che il corpo stia peggio, costui è il migliore tra voi""."

"8. La parola se ne andò. Stette via un anno, ritornò e chiese: ""Come avete potuto vivere senza di me ?"". Gli altri risposero: ""Siamo vissuti come i muti che non dicono parola, [ma] respirano con il respiro, vedono con la vista, odono con l'udito, conoscono con la mente, generano con lo sperma"". La parola allora riprese il suo posto."

"9. Se ne andò la vista. Stette via un anno, ritornò e chiese: ""Come avete potuto vivere senza di me?"". Gli altri risposero: ""Siamo vissuti come i ciechi, i quali non vedono con la vista, [ma] respirano con il respiro, s'esprimono con la parola, odono con l'udito, conoscono con la mente, generano con lo sperma"". La vista allora riprese il suo posto."

"10. Se ne andò quindi l'udito. Stette via un anno, ritornò e chiese: ""Come avete potuto vivere senza di me?"". Gli altri risposero: ""Siamo vissuti come i sordi, i quali non odono con l'udito, [ma] respirano con il respiro, s'esprimono con la parola, vedono con la vista, conoscono con la mente, generano con lo sperma"". L'udito allora riprese il suo posto."

"11. Se ne andò quindi la mente. Stette via un anno, ritornò e chiese: ""Come avete potuto vivere senza di me?"". Gli altri risposero: ""Siamo vissuti come gli sciocchi, i quali non pensano con la mente, [ma] respirano con il respiro, s'esprimono con la parola, vedono con la vista, odono con l'udito, generano con lo sperma"". Allora la mente riprese il suo posto."

"12. Se ne andò quindi lo sperma. Stette via un anno, ritornò e chiese: ""Come avete potuto vivere senza di me?"". Gli altri risposero: ""Siamo vissuti come gli eunuchi, i quali non generano con lo sperma, [ma] respirano con il respiro, s'esprimono con la parola, vedono con la vista, odono con l'udito, conoscono con la mente"". Lo sperma riprese allora il suo posto."

"13. Ma quando il respiro stava per allontanarsi, esso trascinò via con sé tutti gli altri sensi, come un grande nobile destriero del Sindh trascinerebbe con sé i pali delle pastoie 5. Allora [gli altri sensi] dissero: ""O signore, non andartene, non possiamo vivere senza di te"". ""Se ciò è vero, allora fatemi un omaggio"". ""Va bene"", risposero quelli."

"14. La parola disse: ""Per quanto io sia la più ricca, sei tu quello che è [veramente] il più ricco"". La vista disse: ""Per quanto io sia il fondamento, tu sei il [vero] fondamento"". L'udito disse: ""Per quanto io sia la prosperità, tu sei la [vera] prosperità"". La mente disse: ""Per quanto io sia il rifugio, tu sei il [vero] rifugio"". Lo sperma disse: ""Per quanto io sia la procreazione, tu sei la [vera] procreazione"". ""Se io son tale, qual è il mio nutrimento, qual'è la mia veste?"". ""Qualunque cosa, fino a [ciò che mangiano] i cani, i vermi, gli insetti, gli uccelli, tutto è tuo nutrimento e veste tua son le acque"". Per colui che così conosce il nutrimento del respiro, non c'è cosa mangiata che non sia cibo, non c'è cosa accettata che non sia cibo 6. I sapienti, che conoscono ciò (ossia la veste del respiro) si risciacquano la bocca prima di mangiare e pure dopo aver mangiato. Così essi pensano di non lasciare ignudo il respiro."


SECONDO BRAHMANA 7

"1. Svetaketu, discendente di Aruni, giunse all'assemblea dei Pancala e vi trovò Pravahana figlio di Jivala, che era circondato dai servitori. Vedutolo, [il re] disse: ""Giovinetto!"". Egli rispose: ""Sire!"". ""Sei stato istruito da tuo padre?"". ""Certamente"", rispose Svetaketu."

"2. ""Sai tu come le creature, lasciando questo mondo, s'avviano in direzioni diverse?"". ""No"", rispose egli. ""Sai come esse tornano ancora in questo mondo?"". ""No"", rispose ancora quello. ""Sai forse come il mondo di là non si riempie benché tanti siano coloro che continuamente si dipartono di qua?"". ""No"", disse ancora Svetaketu. ""Sai tu dopo l'offerta di quante oblazioni le acque, assunta voce umana, si levano e parlano?"" 8. ""No"", rispose ancora egli. ""Conosci tu come s'arriva a quella via che è la via degli dei o a quella che è la via dei Mani ? Oppure quali azioni bisogna compiere per arrivare a quella via che è la via degli dei o a quella che è la via dei Mani? E invero noi abbiamo udito le parole del"
"veggente: Due strade per i mortali ho udito che esistono, l'una dei Mani, l'altra degli dei: su di esse si raduna tutto ciò che si muove, tutto ciò che si trova tra il padre (cielo) e la madre (terra)"". ""Io non conosco nulla di questo"", disse ancora Svetaketu."

"3. Allora il principe lo invitò a rimanere. Ma il ragazzo, senza considerare [l'invito a] rimanere, corse via, andò dal padre e gli disse: ""Così dunque, o venerando, intendevi proclamando che ero stato completamente istruito ?"". ""Che cosa vuoi dire, o tu che ben ragioni?"". ""Cinque domande m'ha posto un rappresentante della casta dei guerrieri: neppure a una ho saputo [rispondere]"". ""Quali [erano le domande] ?"". ""Queste"", rispose Svetaketu, ed elencò i punti principali."

"4. Il padre disse: ""Come è vero che tu mi conosci bene, o caro, così è vero che ciò che sapevo, tutto io te l'ho rivelato. Ma vieni, andiamo là e ci faremo insieme suoi discepoli"". ""Signore, vacci tu solo""."

"Allora [Uddalaka] Gautama si recò là dove era la dimora di Pravahana figlio di Jivala. Questi gli fece portare un seggio, gli fece portare l'acqua e gli rese gli onori dovuti all'ospite; poi gli disse: ""Io offro al venerabile Gautama il dono che desidera""."

"5. [Gautama] disse: ""Un dono mi è stato accordato: allora quello che hai detto davanti al ragazzo, dillo a me""."

"6. Ma [il principe] rispose: ""O Gautama, questo appartiene ai doni divini; parla di qualche dono umano""."

"7. [Gautama] replicò: ""È noto che oro, armenti, cavalli, schiave, tappeti, vesti ne ho in abbondanza. Non negarmi, o signore, ciò che è importante, infinito, senza limiti"". ""Allora tu devi esprimere il tuo desiderio, o Gautama, usando la formula consueta: Io vengo a te come discepolo. Infatti con queste parole gli antichi cominciavano il loro noviziato"". [Gautama] dunque pronunciò la formula dell'alunnato e rimase."

"8. [Il principe] disse: ""Come è vero che io mi auguro che tu e i [tuoi] antenati non ci siate ostili, o Gautama, così"
è vero che questa scienza fino a questo momento non fu mai posseduta da alcun brahmano. Io tuttavia te la rivelerò: chi mai potrebbe respingerti quando parli così?

9. In verità il mondo di là è un fuoco [sacrificale], o Gautama 9. Il sole è il combustibile, i raggi sono il fumo, il giorno è la fiamma, i punti cardinali sono i carboni, i punti intermedi sono le scintille. Gli dei sacrificano in questo fuoco la fede: da questa oblazione sorge il re Soma 10.

10. In verità Parjanya (dio del temporale) è un fuoco [sacrificale], o Gautama. L'anno è il combustibile, le nubi sono il fumo, il lampo è la fiamma, i fulmini sono i carboni, i chicchi di grandine sono le scintille. In questo fuoco gli dei sacrificano il re Soma: da questa oblazione sorge la pioggia.

11. In verità questo mondo quaggiù è un fuoco [sacrificale], o Gautama. La terra è il combustibile, il fuoco è il fumo, la notte è la fiamma, la luna è il carbone, le stelle sono le scintille. In questo fuoco gli dei sacrificano la pioggia: da questa oblazione sorge il cibo.

12. In verità l'uomo è un fuoco [sacrificale], o Gautama. La bocca spalancata è il combustibile, il respiro è il fumo, la parola è la fiamma, la vista è il carbone, l'udito costituisce le scintille. In questo fuoco gli dei sacrificano il cibo: da questa oblazione sorge lo sperma.


13. In verità la donna è un fuoco [sacrificale], o Gautama. Il grembo è il combustibile, i peli sono il fumo, la vergogna è la fiamma, l'accoppiamento costituisce i carboni, il piacere rappresenta le scintille. In questo fuoco gli dei sacrificano lo sperma: da questa oblazione sorge l'uomo.

Questo vive finché dura la vita. Quando poi muore,

14. lo portano sul fuoco del rogo. Il fuoco è il fuoco, il combustibile è il combustibile, il fumo è il fumo, la fiamma è la fiamma, i carboni sono i carboni, le scintille sono le scintille. In questo fuoco gli dei sacrificano l'uomo: da questa oblazione vien fuori un personaggio rifulgente di luce 11.

15 12. Coloro che hanno questa conoscenza e coloro che nella foresta venerano la fede come fosse la verità, costoro entrano nella fiamma [del rogo], dalla fiamma [passano] nel giorno, dal giorno nella quindicina della luna crescente, dalla quindicina della luna crescente nei sei mesi nei quali il sole si muove verso Nord, da questi mesi nel mondo degli dei, dal mondo degli dei nel sole, dal sole nella regione delle folgori. Giunti che siano nella regione delle folgori, un essere spirituale [li] fa procedere verso i mondi del Brahman e nei mondi del Brahman distanze infinite essi abitano. Per essi non c'è più ritorno.

16. Coloro che conquistano i mondi celesti con il sacrificio, l'elemosina, l'ascesi, costoro entrano nel fumo, dal fumo [passano] nella notte, dalla notte nella quindicina della luna calante, dalla quindicina della luna calante nel semestre in cui il sole si muove verso il Sud, da questo semestre nel
"mondo dei Mani, dal mondo dei Mani nella luna. Giunti che siano alla luna, essi diventano nutrimento e gli dei quivi se ne cibano come si cibano della luna con le parole ""Accresciti, riduciti!"". Poiché questa [sosta] è per essi terminata, allora ritornano nello spazio, dallo spazio passano nel vento, dal vento nella pioggia, dalla pioggia sulla terra. Giunti che siano sulla terra, diventano cibo e di nuovo sono sacrificati in quel fuoco che è l'uomo e rinascono in quel fuoco che è la donna. Giungendo ai diversi mondi, continuano così il loro ciclo. Ma coloro che non conoscono queste due vie, rinascono come vermi, insetti e tutte le specie che mordono""."

TERZO BRAHMANA

"1. Colui che desidera ottenere grandi cose, nel semestre in cui il sole si muove verso il Nord, in un giorno favorevole della quindicina della luna crescente, dopo aver praticato per dodici giorni il rito dell'upasad 12 bis, raduni in un vaso o in una coppa di legno di fico ogni sorta di erbe e di frutti e poi spazzi il luogo, faccia l'aspersione, disponga il fuoco, sistemi [l'erba sacra], faccia l'offerta del burro fuso secondo le regole e quando si è in una costellazione mascolina prepari il beveraggio e lo libi dicendo: ""[O fuoco] che tutti conosci, a quelle forze che ostili in te risiedono e rendon vani i desideri dell'uomo, a queste io offro la loro parte! Ed esse, soddisfatte, mi soddisfino in tutti i desideri! SvaLa!"

"E a te che, [divinità] ostile, ti interponi e dici: Io voglio oppormi, a te sacrifico con questa pioggia di burro fuso, [perché tu sia] propizia, Svaha!""."

"2. Con le parole: ""Al primo, Svaha! All'ottimo, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso], fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio] e poi aggiunge: ""Al prana, Svaha!""."

"Con le parole: ""Alla ricchissima, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso], fa colare nella bevanda la goccia"
"rimasta [nel cucchiaio] e poi aggiunge: ""Alla parola, Svaha!""."

"Con le parole: ""Al fondamento, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso], fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio] e poi aggiunge: ""Alla vista, Svaha!""."

"Con le parole: ""Alla prosperità, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso], fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio] e poi aggiunge: ""All'udito, Svaha!""."

"Con le parole: ""Al rifugio, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso], fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio] e poi aggiunge: ""Alla mente, Svaha!""."

"Con le parole: ""Alla procreazione, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso], fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio] e poi aggiunge: ""Allo sperma, Svaha!""."

Così dicendo versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare la goccia rimasta [nel cucchiaio] nella bevanda.

"3. Con le parole: ""Ad Agni, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"Con le parole: ""A Soma, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"Con le parole: ""Bhuh, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"Con le parole : ""bhuvah, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"Con le parole: ""Svah, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"Con le parole: ""Bhuh, Bhuveh, Svah, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"Con le parole: ""Al Brahman, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"Con le parole: ""Alla casta guerriera, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"Con le parole: ""Al passato, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"Con le parole: ""Al futuro, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"Con le parole: ""All'universo, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"Con le parole: ""Al tutto, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"Con le parole: ""A Prajapati, Svaha!"", versa nel fuoco [parte del burro fuso] e fa colare nella bevanda la goccia rimasta [nel cucchiaio]."

"4. Di poi tocca [la bevanda] e dice: ""Tu sei ciò che si muove (il respiro), tu sei ciò che brucia (il fuoco), tu sei ciò che è completo (il Brahman), tu sei ciò che è saldo (il firmamento), tu sei l'unico rifugio (la terra). Tu sei stato e sei la sillaba sacra Hin, tu sei stato e sei il canto intonato all'inizio del rito, tu sei ciò che viene invocato dall'adhvaryu e pure dal suo aiutante, tu sei ciò che splende nell'umido [delle nubi], tu sei l'onnivadente, il signore, il cibo, la luce, tu sei la distruzione, tu sei colui che afferra ogni cosa"" 13."

"5. Poi alza la bevanda e dice: ""Amamsi amam hi te mahi (forse = tu conosci, io ho conosciuto la tua grandezza)."

"Ecco il re, il signore, il sovrano! Possa questo re e signore rendermi sovrano!""."

6. Poi ne beve un sorso e dice:

Questo splendore eccellente...

"Miele portano i venti, miele i fiumi a colui che è giusto; ricche di miele ci siano le erbe. Bhuh, Svaha!"

del dio Sole noi meditiamo.

Miele siano la notte e le aurore, ricca di miele sia la polvere della terra, miele ci sia il padre cielo. Bhuvah, Svaha!

Possa vivificare le nostre menti.

"Ricco di miele ci sia l'albero, ricco di miele il sole, ricche di miele ci siano le vacche. Svah, Svaha!""."

"Recita così tutta la savitri e tutte le [strofe] del miele e dice: ""Possa io diventare tutto questo universo! Bhuh, Bhuvah, Svah, Svaha!""."

"Alla fine, dopo aver inghiottito un sorso ed essersi lavato le mani, si siede dietro il fuoco con la testa girata verso oriente. Al mattino rende omaggio al sole: ""Tu sei l'unico fior di ninfea delle regioni celesti! Possa io essere l'unico fior di ninfea tra gli uomini!"". Ritornando poi come era venuto, sedutosi dietro il fuoco, mormora l'elenco [dei maestri che segue]."

"7. Uddalaka Aruni rivelò [il segreto di] questa [bevanda] a Yajnavalkya Vajasaneya, suo discepolo e aggiunse: ""Se uno la versasse anche su un tronco disseccato, nascerebbero i rami, spunterebbero le foglie""."

"8. Yajnavalkya Vajasaneya la rivelò al discepolo Madhuka Paingya e disse: ""Se uno la versasse anche su un tronco disseccato, nascerebbero i rami, apparirebbero e foglie!""."

"9. Madhuka Paingya la rivelò al discepolo Cula Bhagavitti e disse: ""Se uno la versasse anche su un tronco disseccato, nascerebbero i rami, apparirebbero le foglie!""."

"10. Cula Bhagavitti la rivelò al discepolo Janaki Ayahsthuna e disse: ""Se uno la versasse anche su un tronco disseccato, nascerebbero i rami, apparirebbero le foglie!""."

"11. Janaki Ayahsthuna la rivelò al discepolo Satyakama Jabala e disse: ""Se uno la versasse anche su un tronco disseccato, nascerebbero i rami, apparirebbero le foglie!""."

"12. Satyakama Jabala la rivelò ai suoi discepoli e disse: ""Se uno la versasse anche su un tronco disseccato, nascerebbero i rami, apparirebbero le foglie!"". Non bisogna rivelare [il segreto di] questa [bevanda] a nessun altro se non al figlio o al discepolo."

13. Quattro volte viene impiegato l'udumbara [in questa cerimonia]: di udambara sono infatti il cucchiaio, la coppa, il combustibile, le due bacchette per mescolare. Dieci sono le specie di cereali domestici: riso, orzo, sesamo, fagioli, miglio, panico, frumento, lenticchie, piselli e veccia. Dopo che sono stati pestati, vengono irrorati con latte acido, miele e burro. Poi si liba con il burro fuso.


QUARTO BRAHMANA 14

1. L'essenza delle creature è la terra, l'essenza della terra è l'acqua, dell'acqua le erbe, delle erbe i fiori, dei fiori i frutti, dei frutti l'uomo, dell'uomo lo sperma.

2. Prajapati pensò di dover dare all'uomo un sostegno e allora creò la donna. Creatala, la onorò di sotto: perciò bisogna venerare la donna di sotto. Egli trasse fuori dal suo corpo quella pietra che serve a premere il soma e con essa attaccò la donna.

"3. Il grembo di lei è l'altare, i peli il letto di erbe, la pelle il torchio per spremere il soma, la matrice il fuoco di mezzo. Quanto grande è il dominio di chi compie il sacrificio Vajapeya, altrettanto grande è il dominio di colui che così conoscendo effettua l'atto sessuale; egli si appropria delle buone azioni delle donne. Invece per colui che ignorando ciò compie l'atto sessuale, le donne si appropriano delle sue azioni buone."

"4. È conoscendo ciò che Uddalaka Aruni, Naka Maudgalya e Kumaraharita dissero: ""Molti uomini di discendenza brahmanica lasciano questo mondo impotenti, senza [il frutto delle] buone azioni e sono coloro che praticano l'atto sessuale senza sapere ciò""."

Molto seme invero si perde nel sonno o nella veglia.

"5. In tal caso bisogna toccarlo o anche mormorare questo scongiuro: ""Questo mio seme che ora è caduto sulla terra, che è colato sulle erbe, sulle acque, questo seme io me lo riprendo: di nuovo in me torni il vigore, di nuovo l'energia, di nuovo la prosperità! Di nuovo i fuochi dell'altare, ognuno al suo posto, siano favorevoli!"". Così dicendo prenda [del seme] con l'anulare o con l'indice e se lo strofini in mezzo al petto o alle sopracciglia."

"6. Se poi vede riflessa nell'acqua la propria immagine, mormori questi versi: ""A me l'energia, il vigore, lo splendore, la ricchezza, [il frutto delle] buone azioni!""."

È la dea Fortuna tra le donne quella che s'è tolti i panni sporchi (dopo le regole). Perciò a una donna che abbia tolto i panni sporchi, che sia splendente di bellezza, l'uomo deve accostarsi e fare inviti.

"7. Se essa non gli concede i suoi favori, la convinca, se vuole, con dei doni; se ella continua a non concedere i suoi favori, la batta con un bastone o con la mano e la trascuri dicendo: ""Con l'energia e lo splendore ti tolgo lo splendore"", e così quella è privata del suo splendore."

"8. Se ella cede, [allora dica]: ""Con l'energia e lo splendore io ti arreco splendore"", e così entrambi rimangono splendenti."

"9. Se desidera che qualcuna lo ami, si unisca con lei, congiunga la bocca con la bocca, le tocchi il grembo e mormori: ""Tu nasci da ogni membro, tu sorgi dal cuore, tu sei il succo delle membra! [O sperma], fa che costei, come colpita da una [freccia] fiammeggiante, si innamori di me!""."

"10. Se desidera che qualcuna non abbia figli, si unisca con lei, congiunga la bocca con la bocca, espiri e inspiri e dica: ""Con l'energia, con lo sperma io ti tolgo lo sperma"", e così quella rimane sterile."

"11. Se desidera che qualcuna concepisca un figlio, si unisca con lei, congiunga la bocca con la bocca, inspiri ed espiri e dica: ""Con l'energia, con lo sperma io ti arreco lo sperma"", e così quella rimane incinta."

12. Se la moglie ha un amante che egli odia, dopo aver posto del fuoco in una coppa di terra non cotta e aver fatto un cuscino di frecce [disposte] in direzione contraria [a quella abituale nel sacrificio], nel fuoco sacrifichi le punte delle frecce, disposte a rovescio, dopo averle unte con burro fuso, mentre dice:

O tal dei tali, tu hai sacrificato nel [fuoco] acceso da me e io ti tolgo l'aria che espiri e quella che inspiri! O tal dei tali, tu hai sacrificato nel [fuoco] acceso da me e io ti tolgo figli e armenti! O tal dei tali, tu hai sacrificato nel [fuoco] acceso da me e io ti tolgo sacrifici e buone azioni! O tal dei tali, tu hai sacrificato nel [fuoco] acceso da me e io ti tolgo speranze e aspettative!. Allora reso impotente se ne va da questo mondo senza [il frutto delle] buone azioni colui che è maledetto da un brahmano che così conosce. Perciò non si desideri mai di scherzare con la moglie di un tale brahmano: infatti chi così conosce risulta vittorioso.

"13. Se la moglie ha le sue regole, per tre giorni [il marito] non beva in coppe di metallo e indossi una veste non lavata; né uomo né donna di bassa casta la tocchi. Alla fine dei tre giorni, fatta l'abluzione, le faccia mondare il riso."

14. Se uno desidera un figlio di carnagione chiara, che sappia recitare un Veda, che viva intera la sua vita (di cento anni), dopo aver fatto bollire del riso nel latte, insieme con la moglie lo mangi, condito con burro fuso: saranno così adatti a generare [un tal figlio].

15. Se poi desidera un figlio bruno, dagli occhi neri, che sappia recitare due Veda, che viva intera la sua vita, dopo aver fatto bollire del riso nel latte acido, insieme con la moglie lo mangi, condito con burro fuso: saranno così adatti a generare [un tal figlio].

16. Se poi desidera un figlio moro, con gli occhi fiammeggianti, che sappia recitare tre Veda, che viva intera la sua vita, dopo aver fatto bollire del riso nell'acqua, insieme con la moglie lo mangi, condito con burro fuso: saranno così adatti a generare [un tal figlio].

17. Se poi desidera una figlia colta, che viva intera la sua vita, dopo aver fatto bollire del riso con del sesamo, insieme con la moglie lo mangi, condito con burro fuso: saranno così adatti a generare [una tale figlia].

18. Se poi desidera un figlio colto, famoso, che partecipi alle assemblee e pronunci discorsi ascoltati, che sappia recitare tutti i Veda, che viva intera la sua vita, dopo aver fatto bollire del riso con della carne, insieme con la moglie lo mangi, condito con burro fuso: saranno così adatti a generare [un tal figlio]. [Si deve trattare di carne] di manzo o di toro.

"19. Poi al mattino, con il metodo [seguito] per la zuppa di riso, prepara il burro liquefatto e liba dalla zuppa di riso dicendo: ""Ad Agni, Svaha! Ad Anumati 15, Svaha! Al dio Sole, che è il padre della verità, Svaha!"". Dopo aver così libato, prende [il resto della libagione] e mangia. Dopo aver mangiato, [ne] offre alla moglie. Si lava le mani e, riempito un vaso d'acqua, per tre volte la asperge dicendo: ""Alzati di qui, o Visvavasu, cercati un'altra bella giovane, lascia che la moglie stia con il marito!"" 16."

"20. Poi s'accosta a lei dicendo: ""Io son ama e tu sei sa; sa tu sei, ama io sono; io sono il saman, tu sei la rc (su cui il saman si fonda o giace), io sono il cielo, tu sei la terra. Vieni, abbracciamoci; mescoliamo il seme per [ottenere] un figlio maschio, per [acquistar] ricchezze!""."

"21. Poi le divarica le gambe dicendo: ""Si aprano cielo e terra!"". Si unisce con lei, congiunge la bocca con la bocca e per tre volte la accarezza nel senso del pelo, dicendo: ""Visnu prepari il grembo, Tvastar modelli le forme, Prajapati [ti] irrori, Dhatar ponga in te l'embrione 16 bis. Poni l'embrione, o Sinivali! Poni l'embrione, o tu dalla lunga treccia! Ponete l'embrione, o Asvin, o dei dalle collane di ninfee!"

"22. D'oro sono le bacchette con le quali gli Asvin suscitano il fuoco; noi invochiamo per te l'embrione, perché nel decimo mese si generi. Come è vero che la terra è la madre di Agni, come è vero che il cielo ha generato Indra, come è vero che il Vento è il figlio delle regioni celesti, così io, che sono il tal dei tali, in te pongo l'embrione""."

"23. Quando sta per partorire, la asperge con l'acqua dicendo: ""Come il vento da ogni parte solleva il lago pieno di ninfee, così si sollevi il tuo embrione e venga alla luce insieme con la membrana. Questo è il recinto di Indra, ben chiuso e sbarrato. O Indra, fallo uscire insieme con l'embrione e la placenta"" 17."

"24. Dopo la nascita, attizza il fuoco, prende [l'infante] in grembo, mescola in una coppa del burro e del latte acido e liba da questa miscela, dicendo: ""Possa io nutrirne mille prosperando nella mia casa! Nella discendenza di lui non vi sia [alcuno] privo di prole e di armenti! Svaha! In te io getto con il pensiero le forze vitali [che si trovano] in me! Svaha! Se nel sacrificio feci qualche cosa di troppo o se mancai in qualche cosa, Agni, che lo sa e rende il rito perfetto, ci renda perfetto il sacrificio e perfetta la libagione! Svaha! ""."

"25. Poi avvicinandosi all'orecchio destro di lui dice per tre volte: ""Parola, parola!"". Quindi mescola latte acido, miele e burro fuso, ne fa mangiare al piccolo con un [cucchiaio] d'oro che non viene introdotto [nella bocca] e dice: ""Io pongo in te la terra, io pongo in te l'atmosfera, io pongo in te il cielo! La terra, l'atmosfera, il cielo, tutto l'universo in te pongo!""."


"26. Poi gli impone il nome: ""Tu sei il Veda"". Questo in verità è il suo nome segreto 18."

"27. Quindi lo consegna alla madre e gli dà il seno e dice: ""Questo seno è fiorente, delizioso, datore di ricchezza, abbondante, generoso, tu alimenti con esso tutte le cose degne: o Sarasvati, tu l'hai dato perché sia succhiato [al mio bambino]. '' (RV., 1, 164, 49)."

"28. Poi si rivolge alla madre e dice: ""Tu sei Ida Maitravaruni 19 tu insieme con un eroe hai generato un eroe. Genera molti eroi tu che ci hai donato un eroe!"". D'un tale uomo si dice: ""In verità tu hai superato il padre, hai superato l'avo"". Chi è figlio d'un brahmano che così conosce in verità ha ottenuto la meta più alta, per quanto riguarda la fortuna, la gloria, lo splendore brahmanico."

QUINTO BRAHMANA

1. Ecco ora l'elenco [dei maestri]: Pautimasiputra [ricevette la dottrina] da Katyayaniputra, questi da Gautamiputra, questi da Bharadvajiputra, questi da Parasariputra, questi da Aupasvastiputra, questi da Parasariputra, questi da Katyayaniputra, questi da Kausikiputra, questi da Alambiputra e da Vaiyaghrapadiputra, quest'ultimo da Kanviputra e da Kapiputra, questi da

2. Atreyiputra, questi da Gautamiputra, questi da Bharadvajiputra, questi da Parasariputra, questi da Vatsiputra, questi da Parasariputra, questi da Varkaruniputra, questi da Artabhagiputra, questi da Saungiputra, questi da Sankrtiputra, questi da Alambayaniputra, questi da Alambiputra, questi da Jayantiputra, questi da Mandukayaniputra, questi da Mandukiputra, questi da Sandiliputra, questi da Rathitariputra, questi da Bhalukiputra, questi dai due figli di Kraunciki, costoro da Vaidabhrtiputra, questi da Karsakeyiputra, questi
da Pracinayogiputra, questi da Sanjiviputra, questi da Prasniputra Asurivasin, questi da Asurayana, questi da Asuri, questi da

3. Yajnavalkya, questi da Uddalaka, questi da Aruna, questi da Upavesi, questi da Kusri, questi da Vajasravas, questi da Jihvavat Badhyoga, questi da Asita Varsagana, questi da Harita Kasyapa, questi da Silpa Kasyapa, questi da Kasyapa Naidhruvi, questi da Vac, questa da Ambhini, questa da Aditya. Queste formule sacrificali dette bianche sono divulgate da Yajnavalkya Vajasaneya.

4. L'elenco è lo stesso fino a Sanjiviputra. Sanjiviputra [ricevette la dottrina] da Mandukayani, questi da Mandavya, questi da Kautsa, questi da Mahitthi, questi da Vamakaksayana, questi da Sandilya, questi da Vatsya, questi da Kusari, questi da Yajnavacas Rajastambayana, questi da Tura Kavaseya, questi da Prajapati, questi dal Brahman. Il Brahman è l'essere esistente per se stesso. Onore al Brahman!

Note:
"1. La sesta lettura della B.Up. comprende la narrazione della contesa tra gli organi dei sensi, che riconoscono la superiorità del respiro (primo brahmana), la dottrina dei cinque fuochi e delle due vie che l'anima dell'uomo può seguire dopo la morte (secondo brahmana), la descrizione delle cerimonie da celebrarsi per ottenere grazie eccezionali (terzo brahmana) e per favorire la procreazione (quarto brahmana). Trattazione parallela degli argomenti dei primi tre brahmana della B.Up., pur con diversa disposizione degli stessi, si ha in Ch.Up., 5, 1-10; non sembra tuttavia che possa parlarsi di derivazione del primo testo dal secondo o viceversa, ma si tratta probabilmente di dottrine proprie di altre scuole, accolte nelle due Upanisad per la loro importanza e nonostante la contraddittorietà con altri passi. Così la dottrina dei cinque fuochi e delle due vie, che è la più esauriente trattazione antica della teoria della trasmigrazione delle anime, apparisce in sostanziale disaccordo con quanto esposto da Yajnavalkya soprattutto in 4, 4, 3-6."

2. Il soffio vitale è il primo sia per qualità, sia perché precede le altre attività sensorie, essendo già attivo nel grembo della madre.

3. La parola permette di ottenere ogni cosa, se usata rettamente nell'inno.
4. Prima di essere esperimentate le sensazioni devono essere recepite nella mente.

5. Il paragone richiama costumi di popolazioni ancora legate alla pastorizia nomade.

6. Considerando ogni cosa fruita come cibo, e quindi fondamento, del respiro, si giunge all'affermazione dell'unità di tutto l'esistente. Ma questa unità non esclude differenze interne, come sembra di poter ricavare da quanto immediatamente segue: nel contrasto tra cibo e respiro, il quale ultimo sarebbe leso dal primo, credo di sorprendere l'ineluttabile contrapposizione tra ciò che è materiale e ciò che più si avvicina allo spirituale.

7. In Ch.Up., luogo cit., alla contesa tra gli organi dei sensi segue immediatamente la cerimonia per ottenere grazie eccezionali, nella quale centro dell'attenzione sono appunto i vari sensi. Nella B.Up. queste cerimonie e quelle per la procreazione sono invece giustapposte, con un riordinamento evidentemente seriore.

8. Come si vedrà in seguito occorrono cinque oblazioni, costituite per la maggior parte di materiali liquidi, perché sia messo in moto il processo evolutivo, concepito come un susseguirsi di sacrifici, da cui sorgerà l'embrione dell'uomo.
9. La cosiddetta dottrina dei cinque fuochi (enunciata anche in Kaus Up., 1) vuole spiegare attraverso quali fenomeni conseguenti uno all'altro (luna, pioggia, cibo, sperma, embrione) i morti, sacrificati sulla fiamma del rogo e ascesi al cielo, possano ridiscendere dall'altro mondo a una nuova vita. Il legame che congiunge il defunto con la nuova esistenza è la fede, che ha determinato l'effettuazione dei sacrifici rituali: quindi il ritorno sulla terra sembra una ricompensa.

"10. Il re Soma è la luna, che s'accresce o decresce secondo l'arrivo o la partenza delle anime dei defunti. Quanto alle identificazioni tra gli elementi del fuoco sacrificale e le parti delle varie stazioni dove si verifica l'evoluzione, i commentatori indiani si sforzano di trovare giustificazioni, talvolta con risultati curiosi. Così al paragrafo 11 il fuoco è equiparato al fumo perché entrambi sorgono dal combustibile (ché tale è dichiarata anche la terra); la fiamma è equiparata alla notte perché l'una e l'altra si producono per il contatto tra combustibile e fuoco (la prima in senso proprio, la seconda perché la luce del sole, che è il fuoco dell'universo, tocca la superficie terrestre pur essendo impedita dall'illuminarla totalmente); la luna e i carboni sono simili, perché la luna è prodotta, cioè resa visibile, dalla notte, i carboni dalla fiamma."
11. Questa specie di corpo sottile, purificato dalla fiamma del rogo, sarà poi sacrificato come fede dagli dei nel mondo di là.

"12. La ""via degli dei"" porta all'eterna dimora nel mondo del Brahman gli anacoreti; la ""via dei Mani"" riporta su questa terra coloro che hanno vissuto la vita virtuosa del capo di famiglia. Una rinascita come spregevole insetto tocca infine a chi non conosce né l'una né l'altra via. Diverso sembra, rispetto alla dottrina dei cinque fuochi, lo spirito informatore della dottrina delle due vie, non tanto per la diversità delle varie tappe sul cammino del ritorno alla vita, quanto perché compare l'ideale della liberazione e il destino dopo la morte e anche la condizione della nuova vita sono determinati dal rimerito delle azioni compiute. Quest'ultimo punto è sottolineato nella versione della Ch.Up., 5, 10, 7."
12 bis L'upasad è la cerimonia preparatoria per il sacrificio di soma.

"13. Mentre finora i riti descritti erano diretti all'acquisizione di beni materiali, qui apparisce, preparata dalle identificazioni del 5 4, la tipica aspirazione upanisadica al superamento della vita terrena e all'immedesimazione nella vita universa. La savitri è la celebre strofa di RV., 3, 62, 10 in onore del Sole; le strofe ""del miele"" appartengono a R.V., 1, 90, 6-8."
14. Poiché la prosecuzione della stirpe è indispensabile per l'effettuazione del sacrificio funebre, non è strano questo capitolo conclusivo sui mezzi per ottenere un figlio desiderato. Le qualità del figlio sono attribuite al cibo mangiato dai genitori e il risultato migliore è dato da una dieta carnea.

15. Dea del piacere amoroso, come Sinivali, ricordata più sotto.

16. Visvavasu è un genio lascivo, che contende al marito il possesso della sposa. Cfr. R.V., 1, 85, 22.
16 bis Tvastar e Dhàtar sono divinità vediche, rispettivamente l'artefice e l'ordinatore delle cose create.

17. La membrana che avvolge l'embrione è paragonata al recesso celeste dove son chiuse le vacche, ossia le acque contenute nelle nubi, che saranno liberate da Indra secondo il noto mito vedico.

18. Secondo il codice di Manu (11, 30) il vero nome è dato dieci giorni dopo la nascita.

19. Divinità pastorale, che dona ristoro e garantisce abbondanza.



CHANDOGYA UPANISAD

"La Chandogya Upanisad, ""Upanisad riguardante il chandoga o cantore delle melodie"", appartiene al Samaveda ed è una delle più antiche e vaste Upanisad esistenti. È divisa in otto prapathaka, alla lor volta divisi in khanda, in prosa con qualche strofa inserita, ed è una raccolta piuttosto eterogenea di materiali di diversa epoca."

"Il punto di partenza è costituito dalla considerazione e dall'interpretazione del saman e delle sue parti; poi si passa all'indagine sul primo principio e alla contemplazione dell'identità fra Atman e Brahman (o Sat, come spesso viene chiamato l'Assoluto in questa Upanisad), che rappresentano il tema comune a tutte le Upanisad. Abbastanza numerosi sono gli argomenti comuni con la B.Up.; particolarmente interessante poi è il sesto prapathaka, dove nell'insegnamento impartito da Uddalaka al figlio Svetaketu si ha un atteggiamento assai raro nelle Upanisad, voglio dire il desiderio di esperimentare e di corredare di prove purchessia la propria argomentazione."

PRIMO PRAPATHAKA 1

PRIMO KHANDA

1. Bisogna venerare l'udgitha 2 come fosse la sillaba Om: con Om si inizia infatti il canto rituale. Ed ora spiegheremo questa [affermazione].

2. L'essenza di tutte le creature è la terra, l'essenza della terra è l'acqua, l'essenza dell'acqua è costituita dalle piante, l'essenza delle piante è l'uomo, l'essenza dell'uomo è la parola, l'essenza della parola è la rc (inno), l'essenza della rc è il saman (melodia), l'essenza della melodia è l'udgitha (canto rituale).

3. Di queste essenze la vera essenza, la suprema, la migliore è l'ottava, è l'udgitha.

4. Che cosa è propriamente la rc? Che cosa è propriamente il saman ? Che cosa è propriamente l'udgitha ? Su questo si è riflettuto.

5. La rc è la parola, il saman è il soffio vitale, l'udgitha è la sillaba Om 3. Parola e soffio formano una coppia simile a quella formata dalla rc e dal saman.

6. [I componenti di] quest'ultima coppia si uniscono nella sillaba Om. Quando i due membri di una coppia si uniscono, allora compiono uno i desideri dell'altro,

7. e veramente compie tutti i desideri colui che, così conoscendo, venera l'udgitha come fosse la sillaba [Om].

8. Questa sillaba esprime pure l'assenso. Quando si assente a qualche cosa, si dice infatti Om. Ma assenso vuol dire riuscita. Riesce infatti a realizzare tutti i desideri colui che, così conoscendo, venera l'udgitha come fosse la lettera [Om] .

9. Da essa procede la triplice scienza. Dicendo Om si introducono [le formule del Yajurveda], dicendo Om si recitano [gli inni del Rgveda], dicendo Om si cantano [le melodie del Samaveda], e ciò per onorare questa sillaba, a cagione della [sua] grandezza, del [suo] valore essenziale.

10. Con essa compiono il sacrificio entrambi, tanto chi così sa quanto chi non sa. Ma diverse sono [nei loro effetti] la scienza e l'ignoranza. E soltanto il sacrificio che si compie con scienza, con fede, con la mistica dottrina, esso solo è veramente efficace.

Questa invero è la spiegazione della sillaba [Om].

SECONDO KHANDA 4

"1. Quando gli dei e i demoni, entrambi della stirpe di Prajapati, vennero a contesa, gli dei afferrarono l'udgitha pensando: ""Con questo li vinceremo""."


2. Essi venerarono il soffio che sta nel naso come l'udgitha, ma i demoni lo colpirono con il male. Per questo con esso si percepiscono tanto i buoni quanto i cattivi odori, perché fu colpito con il male.

3. Allora venerarono la parola come l'udgitha, ma i demoni la colpirono con il male. È per questo che con essa si proclama tanto la verità quanto la menzogna, perché è stata colpita con il male.

4. Allora venerarono la vista come l'udgitha, ma i demoni la colpirono con il male. E per questo che con essa si discerne tanto ciò che è bene vedere quanto ciò che è male vedere, perché è stata colpita con il male.

5. Allora venerarono l'udito come l'udgitha, ma i demoni lo colpirono con il male. È per questo che con esso si ode tanto quel che deve udirsi quanto quello che non deve udirsi, perché è stato colpito con il male.

6. Allora venerarono la mente come l'udgitha, ma i demoni la colpirono con il male. È per questo che si pensa tanto quello che è conveniente pensare quanto quello che non è conveniente pensare, perché è stata colpita con il male.

7. Allora venerarono il soffio che sta nella bocca come l'udgitha. Quando i demoni vi si precipitarono sopra, furono disfatti, così come è disfatta una zolla che urti una dura pietra.

8. Come si disfa una zolla che urti una dura pietra, così è disfatto colui che augura del male ed è ostile a chi così sa. Colui che così sa è come una dura pietra.

9. Con questo [soffio] non si percepisce buono o cattivo odore, perché esso è libero dal male. Quando si mangia, quando si beve è con questo [soffio] che si sostengono gli altri spiriti vitali. È perché non lo trovano più che al momento della morte [gli altri spiriti vitali] se ne vanno e [il morente] alla fine tiene aperta la bocca 5.
10. Angiras venerò questo [soffio] come l'udgitha, anzi si ritiene che esso sia [identico ad] Angiras, poiché è l'essenza (rasa) delle membra (anga).

11. Brhaspati lo venerò come l'udgitha, anzi si ritiene che esso sia [identico a] Brhaspati: brhati indica la parola ed esso ne è il signore (pati).

12. Ayasya lo venerò come l'udgitha, anzi si ritiene che esso sia [identico ad] Ayasya, perché esce dalla bocca (asyad ayate).

13. Ben lo conobbe Baka, discendente di Dalbha. Egli fu il sacerdote cantore degli eremiti del [sacro] bosco Naimisa e con i canti garantì loro il compimento dei desideri.

14. E in verità assicura con i canti il compimento dei desideri colui che, così conoscendo, venera l'udgitha come fosse la sillaba [Om].

Questo per quel che riguarda l'individuo.

TERZO KHANDA 6

1. Ora in relazione alle entità cosmiche. Bisogna venerare quello che lassù rifulge come l'udgitha. Quando si leva (udyan), esso intona (ud-gayati) il canto rituale per tutte le creature, quando si leva porta via tenebre, paura. E invero caccia via paura, tenebre colui che così sa.

"2. Eguali (samana) sono questo [soffio orale] e quel [sole]: caldo è il primo, caldo il secondo; il primo chiamano svara, il secondo pratyasvara 7. Perciò sia questo sia quello bisogna venerare come udgitha."

"3. In verità bisogna venerare il Vyana 8 come l'udgitha. Quando si inspira si ha il prana; quando si espira si ha l'apana; ma la combinazione di prana e apana è il vyana. Il vyana è la parola, perciò quando si parla non si inspira né si espira."

4. La parola è la rc, perciò senza inspirare né espirare si proferisce l'inno. L'inno è la melodia, perciò senza inspirare né espirare si canta la melodia. La melodia è l'udgitha, perciò senza inspirare né espirare si intona l'udgitha.

5. Anche altre azioni che richiedono energia, come l'accendere il fuoco con lo sfregamento, correre una gara per un premio, tendere un duro arco, si compiono senza inspirare né espirare. Ecco perché bisogna venerare il vyana come l'udgitha.

6. In verità bisogna venerare anche le singole sillabe dell'udgitha, ossia ud-gi-tha. Ut indica il prana: grazie al soffio vitale è possibile star ritti (ut-tha). Gi è la parola: le parole si dicono infatti girah. Tha è il nutrimento: tutto l'universo è infatti basato (sthita) sul nutrimento.

7. Ut è il cielo, gi è l'atmosfera, tha è la terra. Ut è il sole, gi il vento, tha il fuoco. Ut è il Samaveda, gi il Yajurveda, tha il Rgveda. La parola gli dà il suo latte - cioè il latte della parola - e ricco di cibo, consumatore di cibo diventa colui che, così conoscendo, venera le sillabe costituenti la parola udgitha.

8. Ed ora parleremo del successo delle preghiere. Si deve ricorrere alle seguenti ancore di salvezza. Bisogna ricorrere a quel canto melodico con il quale deve cantarsi l'inno di lode.

9. Bisogna ricorrere a quell'inno nel quale [è contenuta la lode], a quel veggente che ne è l'autore, a quella divinità che si ha l'intenzione di lodare.

10. Bisogna ricorrere a quel metro nel quale si ha da esprimere la lode. Bisogna ricorrere a quel modo con il quale si vuole eseguire la lode.

11. Bisogna ricorrere a quella regione dello spazio verso la quale si vuole cantare l'inno.

12. Infine rivolgendosi verso se stesso si canti l'inno meditando sul proprio desiderio senza distrarsi. E allora c'è speranza che si realizzi il voto, per desiderio del quale si canta l'inno di lode - per desiderio del quale si canta l'inno di lode.

QUARTO KHANDA 9

1. Bisogna venerare la sillaba Om: dicendo Om infatti si intona il canto. Ed ora spiegheremo questa [affermazione].

2. Invero gli dei, timorosi della morte, penetrarono nella triplice scienza e si rivestirono (chad) con i metri. Poiché con essi si rivestirono, chandas si chiamano i metri.

"3. Ma la morte li vide, come può vedersi nell'acqua un pesce, nella rc, nel saman e nel yajus. Gli dei allora, essendosene accorti; si sollevarono al di sopra della rc, del saman e del yajus e penetrarono proprio nel suono (ossia in Om)."

"4. Quando uno completa una rc, quindi, pronuncia il suono Om; del pari per un saman, del pari per un yajus. Questa sillaba è il suono per eccellenza, essa è l'immortalità, essa è la felicità. Essendovi penetrati, gli dei divennero immortali, felici."

5. Colui che, così conoscendo, mormora questa sillaba, penetra in questa sillaba, cioè nel suono, nell'immortalità, nella felicità e, penetratovi, diventa immortale, così come immortali diventarono gli dei.

QUINTO KHANDA 10

"1. In verità l'udgitha è Om e Om è l'udgitha; e poiché il sole lassù è l'udgitha, esso è la sillaba Om: infatti si muove facendo udire il suono Om 11."

"2. ""Io soltanto a lui ho rivolto il mio canto, perciò te solo ho [generato]"", disse Kausitaki al figlio, ""tu distingui i raggi [che compongono la luce solare] e avrai molti [figli]"". Questo per quanto riguarda le entità cosmiche."

3. Ora per quel che riguarda l'individuo. Bisogna venerare come udgitha il soffio orale: infatti si muove facendo udire il suono Om.

"4. ""Io soltanto a lui ho rivolto il mio canto, perciò soltanto te ho [generato]"", disse Kausitaki al figlio, ""tu rivolgi i tuoi canti al soffio considerandolo molteplice e molti [figli] avrai""."

5. Invero l'udgitha è la sillaba Om e la sillaba Om è l'udgitha: ciò conoscendo, dal seggio del hotar anche un udgitha cantato male si corregge - si corregge.

SESTO KHANDA 12

"1. La rc è la terra, il saman è il fuoco. 1 Come il fuoco sulla terra;] così il saman è fondato sulla rc. Perciò fondandolo sulla rc si canta il saman. Sa è la terra, ama è il fuoco: da ciò la parola saman."

2. La rc è l'atmosfera, il saman è il vento. [Come il vento sull'atmosfera], così il saman è fondato sulla rc. Perciò fondandolo sulla rc si canta il saman. Sa è l'atmosfera, ama è il vento: da ciò la parola saman.

3. La rc è il cielo, il saman è il sole. [Come il sole sul cielo], così il saman è fondato sulla rc. Perciò fondandolo
sulla rc si canta il saman. Sa è il cielo, ama è il sole: quindi si ha saman.

4. La rc è il complesso degli astri, il saman è la luna. [Come la luna sulle stelle, che sono le stazioni del suo cammino], così il saman è fondato sulla rc. Perciò fondandolo sulla rc si canta il saman. Sa è il complesso degli astri, ama è la luna: quindi si ha saman.

5. Ancora, la rc è la luce splendente del sole, il saman è il colore azzurro cupo, nerissimo 13. [Come questo su quella], così il saman è fondato sulla rc. Perciò fondandolo sulla rc si canta il saman.

6. Sa è la luce splendente del sole, ama è il colore azzurro cupo, nerissimo: quindi si ha saman.

Poi quella persona tutta d'oro che si scorge nel disco solare, con la barba d'oro, con i capelli d'oro, completamente d'oro fino alle unghie:

7. i suoi occhi sono come delle ninfee rosse, il suo nome è Supremo (ut), poiché si solleva oltre ogni male. Pure si solleva oltre ogni male colui che così sa.

8. La rc e il saman sono i due gesna (canti?): da qui le parole udgitha e anche udgatar, ossia cantore di esso (chiamato ud). Egli domina sui mondi che sono al di là di quel [sole] e domina pure i desideri degli dei. Questo per quel che riguarda le entità cosmiche.


SETTIMO KHANDA

1. Ora per quel che riguarda l'individuo. La rc è la parola, il saman è il prana. [Come il prana sulla parola,] 14 così il saman è fondato sulla rc. Perciò fondandolo sulla rc si canta il saman. S2 è la parola, ama è il prana: quindi si ha saman.

2. La rc è la vista, il saman è la persona [in essa riflessa. Come l'immagine sulla vista,] così il saman è fondato sulla rc. Perciò fondandolo sulla rc si canta il saman. Sa è la vista, ama è l'immagine: quindi si ha saman.

3. La rc è l'udito, il saman è il pensiero. [Come il pensiero sull'udito] 15, così il saman è fondato sulla rc. Perciò fondandolo sulla rc si canta il saman. Sa è l'udito, ama il pensiero: quindi si ha saman.

4. Ancora, la rc è il bianco lucente dell'occhio, il saman è la parte scura, nerissima. [Come questa su quello,] così il saman è fondato sulla rc. Perciò fondandolo sulla rc si canta il saman. Sa è il bianco lucente dell'occhio, ama è la parte scura, nerissima: quindi si ha saman.

5. Poi quel personaggio che si scorge nell'interno dell'occhio, questo è la rc, è il saman, è l'uktha, il yajus, il Brahman. La forma di quel [sole] lassù è la forma di questo, i canti di quello sono i canti di questo, il nome di quello è il nome di questo.

6. Egli domina sui mondi che sono al di sotto di questo [occhio] e sui desideri degli uomini. Perciò lo cantano coloro che sanno cantare accompagnandosi con il liuto e perciò guadagnano ricchezze.

"7. Colui che, così sapendo, canta il saman, celebra l'uno e l'altro. Con l'uno s'acquista i mondi che sono al di là del [sole] e realizza quelli che sono i desideri degli dei;"

8. con l'altro s'acquista i mondi che sono al di sotto dell'[occhio] e realizza quelli che sono i desideri degli uomini. Perciò l'udgatar che così sa deve dire:

"9. ""Quale desiderio devo realizzare con il canto? ''. Infatti è padrone di realizzare con il canto ogni desiderio colui che, così sapendo, canta il saman - canta il saman."


OTTAVO KHANDA 16

"1. C'erano tre esperti nell'udgitha: Silaka Salavatya, Caikitayana Dalbhya e Pravahana Jaivali. Essi dissero: ""Noi siamo esperti nell'udgitha: discutiamo dunque dell'udgitha""."

"2. [Tutti] approvarono e s'assisero. Pravahana Jaivali disse: ""Parlate prima voi due, o venerabili. Io ascolterò la parola di voi brahmani""."

"3. Silaka Salavatya disse allora a Caikitayana Dalbhya: ""Voglio porti una domanda ''. ""Fa pure"", rispose l'altro."

"4. ""Donde proviene il saman ?"". ""Dal suono"". ""E il suono donde proviene ?"". ""Dal soffio"". ""E il soffio ?"". ""Dal nutrimento"". ""E il nutrimento ?"". ""Dalle acque""."

"5. ""E le acque donde provengono ?"". ""Dal mondo superiore"". ""E il mondo superiore?"". ""Non è possibile far risalire [il saman] oltre il mondo celeste. Noi fissiamo il saman nel mondo celeste, poiché il saman permette di raggiungere il cielo [, ma non di superarlo]"" 17."

"6. Allora Silaka Salavatya disse a Caikitayana Dalbhya: ""Allora il tuo saman non ha fondamento, o Dalbhya. Se ora uno ti dicesse: "" La tua testa cadrà "", la tua testa cadrebbe""."

"7. ""Allora io voglio avere questa conoscenza da te, o venerabile"". ""Abbila!"". ""Donde proviene il mondo superiore ?"". ""Da questo mondo"". ""E questo mondo?"". ""Non è possibile far risalire [il saman] oltre questo mondo, che è supporto [di tutto]. Noi fissiamo il saman in questo mondo, che è sostegno [di tutte le cose], poiché il saman non supera questo sostegno [che è il mondo]"" 18."

"8. Allora Pravahana Jaivali disse a sua volta: ""Ben limitato è davvero il tuo saman, o Salavatya. Se ora uno ti dicesse: "" La tua testa cadrà "", la tua testa cadrebbe"". ""Allora io voglio avere questa conoscenza da te, o venerabile"". ""Abbila!""."

NONO KHANDA

"1. ""Donde proviene questo mondo?"". ""Dallo spazio etereo. In verità, dallo spazio etereo tutte le creature di quaggiù sorgono e nello spazio etereo ritornano. Soltanto lo spazio etereo è infatti più antico di esse, lo spazio etereo è la meta finale."

2. Esso è l'udgitha più eccellente, esso è l'infinito. Acquista ciò che v'è di più eccellente, mondi eccellenti conquista colui che ciò così conoscendo, venera l'udgitha più eccellente.

"3. Dopo aver spiegato tale udgitha, Atidhanvan Saunaka disse a Udarasandilya: ""Finché nella tua stirpe conosceranno tale [udgitha], fin allora in questo mondo avranno la vita più eccellente."

"4. E simile sarà la dimora nel mondo di là. Colui che, così conoscendo, venera questo udgitha, in questo mondo ha la vita più eccellente e simile sarà la sua dimora nel mondo di là - la dimora nel mondo di là""."

DECIMO KHANDA 19

1. Un tempo che il paese dei Kuru era stato battuto dalla grandine (?), Usasti Cakrayana viveva miseramente insieme con la moglie Atiki nel villaggio d'un uomo ricco.

"2. Una volta egli richiese l'elemosina al ricco mentre questi mangiava delle fave. E quello rispose: ""Non ce ne sono altre, se non queste che mi son state poste davanti"" 20."

"3. ""Dammene di quelle"", replicò. Allora il ricco gliele diede e aggiunse: ""Ecco anche da bere"". [Ma Usasti rifiutò: ] ""Sarebbe per me bere degli avanzi""."

"4. ""Non erano avanzi anche quelle [fave] ?"". ""Non avrei potuto vivere senza mangiare di quelle - replicò - bere è [invece soltanto] un desiderio""."

5. Dopo aver dunque mangiato, portò quanto era avanzato alla moglie. Ella aveva già ricevuto elemosina bastante, quindi prese le fave e le ripose.

"6. Al mattino, lasciato [il letto], Usasti disse: ""Ah! se avessimo del cibo [per affrontare il viaggio] potremmo guadagnarci un po' di soldi. Un re vuol fare un sacrificio e potrebbe scegliermi per tutti gli incarichi rituali""."

"7. La moglie gli disse: ""Orbene, o marito, ci sono queste fave"". Egli le mangiò e s'avviò a quel sacrificio che era stato organizzato"

8. e là si sedette presso gli udgatar, che nel luogo loro riservato stavano per dar inizio al canto. Egli disse al prastotar 20 bis

"9. ""Prastotar, se canterai il prastava (preludio) senza conoscere la divinità che al prastava è interessata, la tua testa cadrà""."

"10. Parimenti disse all'udgatar: ""Udgatar, se canterai l'udgitha senza conoscere la divinità che all'udgitha è interessata, la tua testa cadrà""."

"11. E ancora disse al pratibartar: ""Pratibartar, se canterai il pratihara (replica) senza conoscere la divinità che al pratihara è interessata, la tua testa cadrà"". Quelli allora sospesero le operazioni e rimasero in silenzio."


UNDECIMO KHANDA

"1. Allora colui che aveva organizzato il sacrificio gli disse: ""Io voglio conoscere il venerabile"". ""Sono Usasti Cakrayana"", fu la risposta."

"2. Il re riprese: ""Io ho cercato il venerabile per affidargli tutti gli incarichi rituali, ma non lo trovai e allora scelsi degli altri."

"3. Ma il venerabile [accetti] per mio conto tutti gli incarichi"". ""Bene, ma allora costoro con la mia autorizzazione cantino gli inni e quanto a loro hai intenzione di dare, altrettanto devi dare a me"". ""D'accordo"", disse colui che aveva organizzato il sacrificio."

"4. Allora gli s'avvicinò il prastotar: ""Il venerabile mi ha detto: "" Prastotar, se canterai il prastava senza conoscere la divinità che al prastava è interessata, la tua testa cadrà"". Chi è questa divinità?""."

"5. ""Il respiro (prana) - rispose Usasti - tutte le creature quaggiù giungono [alla vita] seguendo il respiro e seguendo il respiro l'abbandonano. È questa la divinità interessata al prastava. Se tu l'avessi cantato senza conoscerla, la tua testa sarebbe caduta, poiché eri stato ammonito da me""."

"6. Allora gli s'avvicinò l'udgatar: ""Il venerabile mi ha detto: "" Udgatar, se canterai l'udgitha senza conoscere la divinità che all'udgitha è interessata, la tua testa cadrà "". Chi è questa divinità? ',."

"7. ""Il sole - rispose Usasti - tutte le creature quaggiù cantano il sole che sta in alto (uccais). È questa la divinità interessata all'udgitha. Se tu avessi intonato il canto senza conoscerla, la tua testa sarebbe caduta, poiché eri stato da me ammonito""."

"8. Quindi gli s'avvicinò il pratibartar: ""Il venerabile mi ha detto: "" Pratibartar, se canterai il pratihara senza conoscere la divinità che al pratihara è interessata, la tua testa cadrà"". Chi è questa divinità?""."

"9. ""Il cibo - rispose Usasti - tutte le creature quaggiù vivono prendendo (pratiharamana) il cibo. È questa la divinità interessata al pratihara. Se tu avessi cantato il pratihara senza conoscerla, la tua testa sarebbe caduta, poiché eri stato ammonito da me - eri stato da me ammonito""."

DODICESIMO KHANDA 21

1. Ora il canto dei cani. Una volta Baka Dalbhya, detto anche Glava Maitreya, si mise in viaggio per compiere i suoi studi.

"2. Gli apparve un cane bianco e altri cani si unirono [a questo], dicendogli: ""Tu, o signore, devi procurarci con il canto il cibo, ché noi abbiamo fame""."

"3. [L'altro] rispose: ""Domattina radunatevi qui con me"". Baka Dalbhya, detto anche Glava Maitreya, allora volle aspettare."

"4. Come [i preti], apprestandosi a cantare il babispavamana 22, s'avanzano tenendosi stretti, così quelli s'avanzarono. Poi si sedettero e fecero: ""Hin!"

"5. Om, mangiamo! Om, beviamo! Om, il dio Varuna, Prajapati, Savitar portino il cibo. O signore del cibo, porta qui il cibo, portalo! Om !""."

TREDICESIMO KHANDA 23

1. La sillaba hau è questo mondo. La sillaba hai è il vento. Atta è la luna. Iha è l'Atman. Il suono i è il fuoco.

2. Il suono u è il sole, il suono e è l'invocazione, il suono auhoi indica i Visvadeva, la sillaba hin è Prajapati, il suono (svara) è il prana, la sillaba ya è il cibo, viraj è la parola.

3. Hum è la tredicesima sillaba, indistinta, incerta.

4. La parola gli dà il suo latte - cioè il latte della parola - e ricco di cibo, consumatore di cibo diventa colui che così conosce questa dottrina segreta dei saman - conosce la dottrina segreta.

Note:
1. La prima lettura contiene sostanzialmente delle speculazioni sull'udgitha, la parte essenziale del canto liturgico, e sulle sillabe che lo compongono: la cosa è abbastanza giustificabile in un testo appartenente al Samaveda. L'intendimento sembra essere quello di far intravvedere l'unità che esiste sotto l'apparenza del molteplice. Più interessanti sono i khanda 8-9, 10-11, 12, nei quali rispettivamente si sottolinea l'importanza dello spazio etereo e del cibo, sostrato indispensabile del tutto.

"2. L'udgitha è equivalente alla sillaba sacra Om, che nella sua denominazione di aksara significa sia ""sillaba"", sia ""imperituro"". Per questa identificazione l'udgitha è l'essenza di tutte le essenze, il principio che rende il sacrificio perfetto e fruttuoso."
"3. L'inno non può concepirsi senza la parola, come il canto melodico non sussiste senza il respiro. Che poi rc e saman si congiungano, ossia trovino la loro essenzialità, nella sillaba Om, è tutt'altro che dimostrato; ma il vate si lascia trascinare dall'accennato doppio valore di aksara, per cui Om si configura appunto come l'Assoluto."

4. L'udgitha è identico al mukhya prana, o meglio: l'entità misteriosa che è l'udgitha trova il suo corrispondente sensibile nel soffio vitale che sta nella bocca,
presiede all'alimentazione ed è superiore a tutti gli altri sensi. Ciò è narrato con la leggenda della lotta tra dei e demoni, che trova riscontro in B.Up., 1, 3.

5. Come bramando il soffio che porta l'alimento.
6. L'udgitha è identificato con il sole, quindi con il vyana. Seguono le solite speculazioni sul significato delle tre sillabe. Infine si danno prescrizioni perché si realizzino i desideri, ipotizzando l'esistenza d'un modello da seguire.

"7. Svara significa ""suono"", ma è assai vicino a svar, ""luce "", pratyasvara significa ""che rimanda il suono"", con allusione al mormorio che si leva al sorgere del sole nella natura, e anche ""che riflette la luce""."

8. L'introduzione del concetto di vyana, identificato con l'udgitha perché cantando non si inspira né si espira, sembra causata dalla menzione del termine
samana, il quale vocabolo indica anche un soffio particolare, ma nel caso specifico ha tutt'altro significato (cfr. SENART, Ch.Up., p. 5, nota 4).
9. La sillaba Om è il suono in sé e per sé, che supera e comprende i tre Veda: ossia la meditazione è superiore al culto sacrificale e immergersi in essa significa conquistare l'immortalità.

10. Tutto si riconduce all'unità, la quale sottintende la molteplicità: così il sole è composto di infiniti raggi, così il soffio orale riassume in sé i vari soffi o sensi. Kausitaki sembra rammaricarsi d'aver avuto un unico figlio in conseguenza della sua visione rigidamente monista, e raccomanda quindi di non escludere la pluralità, sia pur apparente, dell'esistente.

"11. La natura al sorgere del sole sembra percorsa da un brusio indistinto; poco dopo s'allude forse al rumore prodotto dalla respirazione."
"12. Nei kh. 6 e 7 si hanno speculazioni sulla rc e sul saman, il quale è fondato sulla prima, poiché la melodia si basa sul testo del verso. Si considerano varie entità cosmiche e varie capacità individuali che stanno nello stesso rapporto di dipendenza dei due termini liturgici. Dalla menzione del sole si passa alla considerazione del personaggio aureo esistente nel disco solare, che è identico al personaggio esistente nell'occhio dell'individuo, simboli l'uno e l'altro dell'unità dell'esistente. Questa unità è pure adombrata nella parola saman, che è quasi omofona di sama, ""identità"": si vuol cioè suggerire che identità esiste tra i componenti di essa, che sono sà e ama, forme dei pronomi dimostrativi ""questo"" e ""quello"", indicanti rispettivamente la sfera del percepibile e la sfera del trascendente."
13. Tale colore apparisce, secondo Sankara, quando si fissa l'occhio nel fulgore del sole e quindi dipende da questo.

"14. Secondo Sankara prana in questo caso significa ""odorato"": come il naso è sopra la bocca, così l'odorato sta sulla parola, è fondato su essa."

15. Senza ascolto non si formula il pensiero: la scienza si ha soltanto per trasmissione, non ci si arriva per virtù propria.
"16. Nei kh. 8 e 9 si ha (riferita da Atidhanvan a Udarasandilya) una disputa intorno all'udgitha tra due brahmani e un principe, Pravahana, che si rivela più acuto degli interlocutori. Per Caikitayana tutto si riconduce all'acqua e al cielo; Silaka obietta che il sostegno universale è la terra, donde sale al cielo l'acqua e dove si celebra il sacrificio indispensabile per gli dei del cielo. Ma il principe sostiene che il principio di tutto è lo spazio etereo, nel quale cielo e terra sono compresi e che con la sua impalpabilità sembra la controparte cosmica dell'intelletto."

"17. Letteralmente: ""il saman ha il cielo come sede del canto""."

"18. Letteralmente: ""il saman ha il sostegno [ossia il mondo] come sede del suo canto""."
19. Nella stona di Usasti sembra di poter rilevare che è lecito, in caso di necessità stretta, non attenersi ai precetti più rigidi, purché non s'indulga al proprio piacere e non si nuoccia agli interessi altrui. L'insegnamento di Usasti, che ha alta coscienza del proprio sapere e la cui moglie si rivela preveggente, consiste nel mettere in rapporto le tre parti del canto rituale con il prana, il sole, il cibo, servendosi dei soliti appigli pseudo etimologici.
20. L'esitazione del ricco è dovuta al fatto che gli avanzi sono impuri.

20 bis Vedi, per le funzioni dei vari sacerdoti, nota 3 a p. 186 sg.
21. Dei cani, guidati da un cane bianco, intonano un loro canto rituale, che ha per scopo l'ottenimento di cibo, che nel capitolo precedente è considerato divinità. È una satira contro l'avidità di certi sacerdoti o è un aneddoto simbolico, mirante ad affermare l'universalità della richiesta di beni materiali e l'indispensabilità del cibo come sostegno della vita?

22. Canto che accompagna la prima offerta di soma.

23. Le diverse sillabe che ricorrono nel canto liturgico sono identificate con varie entità, o perché ricorrono in strofe dedicate ad alcune di esse, ovvero sulla
"base di accostamenti del tutto fantasiosi. Ad esempio atha corrisponde alla luna perché a è l'iniziale di anna, ""cibo"", tha significa a fondato"", e la luna è fondata ovvero consiste di cibo."



SECONDO PRAPATHAKA 1

PRIMO KHANDA

1. In verità è cosa buona venerare il saman nel suo complesso. Ciò che è buono infatti lo si chiama Saman 2, ciò che non è buono lo si chiama asaman.

2. E si dice anche: s'è avvicinato a lui con saman, per dire: s'è avvicinato a lui con bontà. S'è avvicinato a lui senza saman, ossia: s'è avvicinato a lui senza bontà.

"3. E ancora: quando le cose van bene, si dice: ""Oh! per noi c'è saman"", ossia: ""Oh! c'è bene!"". Quando le cose van male, si dice: ""Oh! per noi c'è asaman"", ossia: ""Oh! non c'è bene""."

4. Per colui che, ciò così conoscendo, venera il saman come il bene, c'è speranza che sorte favorevole gli giunga e gli perduri.

SECONDO KHANDA

1. Bisogna venerare nei mondi un saman quintuplice 3: il hinkara è la terra, il prastava è il fuoco, l'udgitha è l'atmosfera, il pratihara è il sole, il nidhana è il cielo. Così per quel che riguarda l'ordine ascendente [dalla terra al cielo].

2. Per quel che riguarda l'ordine inverso: il hinkara è il cielo, il prastava è il sole, l'udgitha è l'atmosfera, il pratihara è il fuoco, il nidhana è la terra.

3. A colui che, così conoscendo, venera nei mondi un saman quintuplice, toccano i vari mondi, sia nell'ordine ascendente, sia nell'ordine inverso.

TERZO KHANDA

"1. Bisogna venerare nella pioggia un saman quintuplice: il hinkara è il vento che la preannuncia; la nube si forma, è il prastava; piove, è l'udgitha; lampeggia e tuona, è il pratihara;"

2. cessa [la pioggia], è il nidhana. Giunge la pioggia per lui, fa giungere la pioggia colui che, così conoscendo, venera nella pioggia un saman quintuplice.

QUARTO KHANDA

"1. In tutte le acque bisogna venerare un saman quintuplice. Il hinkara è quando le nubi s'addensano; il prastava è quando piove; l'udgitha corrisponde alle acque che scorrono verso oriente; il pratihara corrisponde alle acque che scorrono verso occidente; il nidhana è l'oceano."

2. Non muore nell'acqua, ricco di acque diventa colui che, così conoscendo, in tutte le acque venera un saman quintuplice.


QUINTO KHANDA

1. Nelle stagioni bisogna venerare un saman quintuplice. Il hinkara è la primavera, il prastava è l'estate, l'udgitha è la stagione delle piogge, il pratihara è l'autunno, il nidhana è l'inverno.

2. [Molte] stagioni toccano, ricco di stagioni (ossia di anni) diventa colui che, così conoscendo, venera nelle stagioni un saman quintuplice.

SESTO KHANDA

1. Negli animali bisogna venerare un saman quintuplice. Il hinkara corrisponde alle capre, il prastava alle pecore, l'udgitha alle vacche, il pratihara ai cavalli, il nidhana all'uomo.

2. [Molti] animali toccano, ricco di animali diventa colui che, così conoscendo, venera negli animali un saman quintuplice.

SETTIMO KHANDA

1. Nei soffi vitali bisogna venerare un saman quintuplice, di gran lunga il migliore. Il hinkara è il respiro, il prastava è la parola, l'udgitha è l'occhio, il pratihara è l'orecchio, il nidhana è la mente. Queste sono veramente le cose supreme.

2. Supremo diventa, mondi supremi ottiene colui che, così conoscendo, venera nei soffi vitali un saman quintuplice, di gran lunga il migliore.

Questa è [la spiegazione] del [saman] diviso in cinque parti.

OTTAVO KHANDA

1. Ora la spiegazione del [saman] diviso in sette parti. Nella parola bisogna venerare un saman settemplice. Il hinkara è qualsiasi suono hum della parola, il prastava è ogni sillaba pra, l'adi è ogni sillaba a,

2. l'udgitha è ogni sillaba ud, il pratihara è ogni suono prati, l'upadrava è ogni suono upa, il nidhana è ogni suono ni.

3. La parola gli dà il latte, ossia il latte della parola, e ricco di cibo, mangiatore di cibo diventa colui che, così conoscendo, venera nella parola un saman settemplice.

NONO KHANDA

1. In verità bisogna venerare quel sole lassù come un saman settemplice. [ Il sole] è sempre eguale (sama), per questo è saman. Esso è eguale per tutti e infatti ognuno crede che sia rivolto verso di lui: per questo è saman.

"2. Tutte le creature quaggiù dipendono da lui. Il hinkara è il [sole] prima della levata; dipendono da lui gli animali domestici. Per questo fanno hin, perché sono partecipi del hinkara di questo saman."

"3. Il prastava poi è il [sole] subito dopo il sorgere; dipendono da lui gli uomini. Per questo essi sono desiderosi di lodi (prastuti), sono bramosi di encomi (prasamsa), perché sono partecipi del prastava di questo saman."

"4. L'adi è il [sole] al momento della mungitura mattutina; dipendono da lui gli uccelli. Per questo senza sostegno essi volano nell'atmosfera sostenendo (adaya) se stessi, perché sono partecipi dell'adi di questo saman."

"5. Ancora: l'udgitha è il [sole] proprio a mezzogiorno; da lui dipendono gli dei. Per questo essi sono i migliori (sattama = uttama) tra la discendenza di Prajapati, perché sono partecipi dell'udgitha di questo saman."

"6. Poi il pratihara è il [sole] dopo il mezzogiorno e prima del pomeriggio; da lui dipendono i feti. Per questo essi, ritenuti (pratihrta), non cadono, perché sono partecipi del pratihara di questo saman."

"7. Ancora: l'upadrava è il [sole] dopo il pomeriggio e prima del tramonto; da lui dipendono gli animali della foresta. Per questo essi quando vedono un uomo corrono (upadravanti) verso il nascondiglio, verso la tana, perché sono partecipi dell'upadrava di questo saman."

"8. Infine il nidhana è il [sole] appena dopo il tramonto; da lui dipendono i Mani. Per questo [i resti incombusti] vengono seppelliti (nidadhati), perché sono partecipi del nidhana di questo Saman. In verità bisogna venerare il sole lassù come un saman settemplice."

DECIMO KHANDA 4

1. Bisogna venerare il Saman settemplice, che, quando sia commisurato con se stesso, supera la morte. Hinkara è trisillabo, prastava pure: dunque si ha eguaglianza (sama).

2. Adi è bisillabo, pratihara è quadrisillabo: una [sillaba] da questo a quello e c'è eguaglianza.

"3. Udgitha è trisillabo, upadrava è quadrisillabo: fra i due gruppi di tre sillabe c'è eguaglianza; una sillaba è in soprannumero, [dunque ci sono] dei trisillabi, ossia c'è eguaglianza."

4. Nidhana è trisillabo: dunque c'è eguaglianza. Queste sono le ventidue sillabe.

5. Con ventuna [sillaba] si raggiunge il sole: il sole infatti è la ventunesima [cominciando] dal basso s. Con la ventiduesima si conquista ciò che sta al di là del sole. Questo è il cielo (naia), questa è la liberazione dalle angosce (visoka = na-a-ka).

6. Ottiene qui sulla terra la conquista del sole, supera la conquista del sole colui che, così conoscendo, venera il saman settemplice che, commisurato con se stesso, supera la morte  - colui che venera il saman.


UNDECIMO KHANDA 6

1. Il hinkara è la mente, il prastava è la parola, l'udgitha è la vista, il pratihara è l'udito, il nidhana è il respiro. Questo [Saman] gayatra è intessuto nei cinque soffi vitali.

2. Colui che sa che questo [saman] gayatra è intessuto nei soffi vitali, possiede i soffi, ottiene una vita completa, a lungo vive, diventa ricco di discendenza e di armenti, ricco di gloria. Bisogna aver una grande mente: questo è il precetto.

DODICESIMO KHANDA

"1. Il hinkara è [il fuoco] quando s'accende con la frizione; il prastava quando si forma il fumo; l'udgitha quando rifulge; il pratihara quando ci sono i carboni; il nidhana quando si spegne. Il [saman] rathantara è intessuto nel fuoco."

2. Colui che sa che questo [saman] rathantara è intessuto nel fuoco, possiede lo splendore della scienza sacra, è mangiatore di cibo, ottiene una vita completa, a lungo vive, diventa ricco di discendenza e di armenti, ricco di gloria. Non bisogna sciacquarsi la bocca né sputare verso il fuoco: questo è il precetto.

TREDICESIMO KHANDA

"1. Il hinkara è quando la invita; il prastava quando le fa la proposta; l'udgitha quando giace con la donna; il pratihara quando giace sulla donna; il nidhana quando giunge alla fine [del godimento]. Questo [saman] vamadevya è intessuto nell'accoppiamento."

2. Colui che sa che questo [Saman] vamadevya è intessuto nell'accoppiamento, ottiene l'accoppiamento, si riproduce d'accoppiamento in accoppiamento, ottiene una vita completa, a lungo vive, diventa ricco di discendenza e di armenti, ricco di gloria. Non bisogna rifiutare nessuna: questo è il precetto.

QUATTORDICESIMO KHANDA

"1. Il hinkara è il [sole] al levarsi; il prastava è il [sole] quando è sorto; l'udgitha è il mezzogiorno; il pratihara è il pomeriggio; il nidhana quando s'avvia al tramonto. Questo [saman] brhat è intessuto nel sole."

2. Colui che sa che questo [saman] brhat è intessuto nel sole, diventa splendente, mangiatore di cibo, ottiene una vita completa, a lungo vive, diventa ricco di discendenza e di armenti, ricco di gloria. Non bisogna rampognare [il sole] quando brucia: questo è il precetto.

QUINDICESIMO KHANDA

"1. Il hinkara è quando i vapori s'addensano; il prastava quando si forma la nube; l'udgitha quando piove; il pratihara quando lampeggia e tuona; il nidhana quando [la pioggia] cessa. Questo [Saman] vairupa è intessuto nella pioggia."

2. Colui che sa che questo [saman] vairupa è intessuto nella pioggia, possiede nelle stalle grassi armenti di tipi diversi, ottiene una vita completa, a lungo vive, diventa ricco di discendenza e di armenti, ricco di gloria. Non bisogna lamentarsi quando piove: questo è il precetto.

SEDICESIMO KHANDA

1. Il hinkara è la primavera, il prastava è l'estate, l'udgitha è la stagione delle piogge, il pratihara è l'autunno, il nidhana è l'inverno. Questo [saman] vairaja è intessuto nelle stagioni.

2. Colui che sa che questo [saman] vairaja è intessuto nelle stagioni, risplende (virajati) per discendenza, armenti, splendore di scienza sacra, ottiene una vita completa, a lungo vive, diventa ricco di discendenza e di armenti, ricco di gloria. Non bisogna lamentarsi delle stagioni: questo è il precetto.

DICIASSETTESIMO KHANDA

1. Il hinkara è la terra, il prastava è l'atmosfera, l'udgitha è il cielo, il pratihara le regioni celesti, il nidhana l'oceano. Questi [Saman] sakvari sono intessuti nei mondi.

2. Colui che sa che questi [saman] sakvari sono intessuti nei mondi, possiede i mondi, ottiene una vita completa, a lungo vive, diventa ricco di discendenza e di armenti, ricco di gloria. Non bisogna lamentarsi dei mondi: questo è il precetto.


DICIOTTESIMO KHANDA

1. Il hinkara corrisponde alle capre, il prastava alle pecore, l'udgitha alle vacche, il pratihara ai cavalli, il nidhana all'uomo.

Questi [Saman] revati sono intessuti negli animali.

2. Colui che sa che questi [saman] revati sono intessuti negli animali, è ricco di armenti, ottiene una vita completa, a lungo vive, diventa ricco di discendenza e di armenti, ricco di gloria. Non bisogna lamentarsi degli animali: questo è il precetto.

DICIANNOVESIMO KHANDA

1. Il hinkara è il pelo, il prastava la pelle, l'udgitha la carne, il pratihara l'osso, il nidhana il midollo. Questo [saman] yajnayajniya è intessuto nelle membra.

2. Colui che sa che questo [saman] yajnayajniya è intessuto nelle membra, conserva tutte le sue membra, non è colpito in alcun membro, ottiene una vita completa, a lungo vive, diventa ricco di discendenza e di armenti, ricco di gloria. Non bisogna mangiare midollo per un anno: questo è il precetto. Oppure: non bisogna mangiare midollo.

VENTESIMO KHANDA

1. Il hinkara è il fuoco, il prastava è il vento, l'udgitha il sole, il pratihara il complesso delle stelle, il nidhana la luna. Questo [Saman] rajana è intessuto nelle divinità.

2. Colui che sa che questo [saman] rajana è intessuto nelle divinità, diventa partecipe del mondo, della forza e della compagnia degli dei, ottiene una vita completa, a lungo vive, diventa ricco di discendenza e di armenti, ricco di gloria. Non bisogna parlar male dei brahmani: questo è il precetto.

VENTUNESIMO KHANDA

1. Il hinkara è la triplice scienza, il prastava è il trimundio, l'udgitha è il fuoco, il vento e il sole, il pratihara corrisponde a stelle, uccelli, raggi, il nidhana corrisponde a serpenti, gandharva, Mani. Questo saman è intessuto nel tutto.

2. Colui che sa che questo saman è intessuto nel tutto, diventa ogni cosa.

3. A questo proposito c'è una strofe: A quelle cinque categorie (nominate nel primo paragrafo) che sono divise ciascuna in tre parti null'altro esiste che sia superiore.

"4. Colui che conosce ciò conosce tutto, tutte le regioni celesti gli portano l'offerta. ""Io sono tutto"": questo si deve meditare venerando. Questo è il precetto - questo è il precetto."

VENTIDUESIMO KHANDA 7

"1. [Sette sono le maniere di cantare.] Quando si dice: ""Io scelgo il [modo di cantare] "" mugghiante "", simile a [grido] d'animale"", [si sceglie] l'udgitha di Agni. Quello ""indistinto"" è di Prajapati, quello ""distinto"" è di Soma. Quello ""dolce e delicato"" è di Vayu. Quello ""delicato e forte"" è di Indra. Quello ""simile a grido d'airone"" è di Brhaspati. Quello ""stridente"" è di Varuna. Tutti questi possono essere scelti, si eviti però quello di Varuna."

"2. ""Possa io ottener con il canto l'immortalità per gli dei"": se si pensa così potrà ottenersi con il canto [il compimento dei desideri]. ""Possa io ottener con il canto l'oblazione per i Mani, [l'oggetto della] speranza per gli uomini, erba e acqua per gli animali, il mondo celeste per chi fa fare il sacrificio, il cibo per me stesso"". Pensando queste cose nella mente, bisogna cantare senza distrazioni."

"3. Tutte le vocali sono personificazione di Indra, tutte le spiranti e le aspirate sono personificazione di Prajapati, tutte le [altre] consonanti sono personificazione di Mrtyu. Se uno riprende [il cantore] quanto alle vocali, deve dirgli: ""Mi son rivolto per protezione a Indra: egli ti risponderà""."

"4. Se poi uno lo riprende quanto alle spiranti e alle aspirate, deve dirgli: ""Mi son rivolto per protezione a Prajapati: egli in risposta ti schiaccerà"". Se poi uno lo riprende quanto a tutte le [altre] consonanti, deve dirgli: ""Mi son rivolto per protezione a Mrtyu: egli in risposta ti brucerà""."

"5. Tutte le vocali bisogna pronunciarle in modo sonoro e forte, pensando: ""Possa io dar forza a Indra"". Tutte le spiranti e le aspirate bisogna pronunciarle apertamente, senza mangiarle e senza buttarle fuori, pensando: ""Possa io affidarmi a Prajapati"". Tutte le [altre] consonanti bisogna pronunciarle in modo da non sovrapporle neppure un poco, pensando: ""Possa io sottrarmi a Mrtyu""."


VENTITREESIMO KHANDA 8

1. Tre sono i rami del dovere religioso. Sacrificio, studio dei Veda, elemosina: questo è il primo.

2. Ascesi è il secondo. [Farsi] studente dei sacri testi, abitando nella casa del maestro è il terzo. Tutti costoro ottengono i mondi [riservati ai] virtuosi. [Soltanto] chi è fisso nel Brahman ottiene l'immortalità.

3. Prajapati si mise a covare i mondi e da questi, covati, uscì fuori la triplice scienza. La covò e da questa, covata, uscirono fuori le sillabe Bhuh, Bhuvah, Svah.

4. Le covò e da queste, covate, venne fuori la sillaba Om. Come tutti i fogli [d'un manoscritto] son perforati da un'asticciola [che li tiene uniti], così tutta la parola [del Veda] è perforata dalla sillaba Om [, che ad essa conferisce unità e significato]. La sillaba Om è tutto questo universo - è tutto questo universo.

VENTIQUATTRESIMO KHANDA 9

"1. I teologi dicono: ""Poiché l'offerta mattutina appartiene ai Vasu, quella di mezzogiorno appartiene ai Rudra e la terza appartiene agli Aditya e ai Visvadeva,"

"2. dove mai è il mondo di colui che fa fare il sacrificio? Colui che non lo sa come può compiere [con profitto] il sacrificio?"". Soltanto dopo averlo saputo [lo] compia."

3. Prima dell'inizio della litania mattutina, assiso dietro il fuoco garhapatya, con il viso rivolto a settentrione, [colui che fa fare il sacrificio] canta il canto sacro ai Vasu:

"4. ""Apri la porta del [tuo] mondo (la terra), cosicché noi possiamo vederti per [ottenere] la sovranità [in terra]""."

"5. Poi compie il sacrificio dicendo: ""Adorazione al fuoco che abita in terra, che abita il [suo] mondo. Trova un mondo per me, che faccio fare il sacrificio. Questo è il mondo di chi fa fare il sacrificio. Io andrò"

"6. là, io che faccio fare il sacrificio, dopo la vita. Svaha! Togli il chiavistello"". Dopo aver detto così, si alza e i Vasu gli fanno parte dell'offerta mattutina."

7. Prima dell'inizio della litania di mezzogiorno, assiso dietro il fuoco agnidhriya, con il viso rivolto a settentrione, [colui che fa fare il sacrificio] canta il canto sacro ai Rudra:

"8. ""Apri la porta del [tuo] mondo (l'atmosfera), cosicché noi possiamo vederti per [ottenere] più vasta sovranità""."

"9. Poi compie il sacrificio dicendo: ""Adorazione al vento che abita nell'atmosfera, che abita il [suo] mondo. Trova un mondo per me, che faccio fare il sacrificio. Questo è il mondo di chi fa fare il sacrificio. Io andrò"

"10. là, io che faccio fare il sacrificio, dopo la vita. Svaha! Togli il chiavistello"". Dopo aver detto così, si alza e i Rudra gli fanno parte dell'offerta di mezzogiorno."

11. Prima dell'inizio della terza offerta, assiso dietro il fuoco ahavaniya, con il viso rivolto a settentrione, [colui che fa fare il sacrificio] canta il canto sacro agli Aditya e ai Visvadeva:

"12. ""Apri la porta del [tuo] mondo (il cielo), cosicché noi possiamo vederti per [ottenere] l'indipendenza"". Così per quel che riguarda gli Aditya."

"13. Poi per quanto riguarda i Visvadeva: ""Aprite la porta del [vostro] mondo (il cielo), cosicché noi possiamo vedervi per [ottenere] la sovranità assoluta""."

"14. Poi compie il sacrificio dicendo: ""Adorazione agli Aditya e ai Visvadeva, che abitano il cielo, che abitano il  [loro] mondo. Trovate un mondo per me, che faccio fare il sacrificio."

"15. Questo è il mondo di chi fa fare il sacrificio. Io andrò là, io che faccio fare il sacrificio, dopo la vita. Svaha! Togliete il chiavistello"". Dopo aver detto così, si alza"

16. e gli Aditya e i Visvadeva gli fanno parte della terza offerta. In verità conosce la pienezza del sacrificio colui che così sa - colui che così sa.

Note:
1. Nella seconda lettura sono contenute quasi esclusivamente considerazioni sul saman, che è la melodia del canto rituale e, per estensione, il testo del canto stesso. I diversi tipi e le diverse parti del saman vengono poste in relazione con varie entità, parti e abitanti dell'universo, in una delirante ricerca delle affinità misteriose dipendenti dall'unità che si pensa esistere sotto la molteplicità dei fenomeni.

"2. Il vocabolo saman ha i tre significati, indipendenti tra loro, di ""melodia, bontà, ricchezza o fortuna"": e ciò permette all'autore di giungere all'esaltazione del canto per mezzo di giochi e di scambi di significato."

"3. Il saman è diviso in cinque parti: hinkara, ossia emissione del suono hin che serve d'introduzione, prastava, ""preludio"", udgitha, ""cantico"", pratihara, ""replica"", nidhana, ""finale"". Tre sono i cantori: udgatar, cui compete la prima e la terza parte, prastotar, cui compete il prastava, pratihartar, cui compete la quarta parte. L'ultima parte è cantata in coro. Si possono ancora distinguere l'adi, ""principio"", cantato dall'udgatar, e costituito dalla sillaba Om, e l'upadrava, ""sequenza"", distinta dal pratihara e affidata all'udgatar. La divisione in sette parti è considerata nei kh. 8-10."
4. Le denominazioni di ogni parte del saman sono, forzatamente, considerate trisillabe: esiste quindi tra esse eguaglianza (sama).

"5. La ventunesima sillaba dal basso credo che sia ka (hinkara), la quale, iniziale di kancana, ""oro"", può, secondo queste distorte elucubrazioni, richiamare una caratteristica del sole. Il significato generale sarebbe che bisogna recitare il saman completo di tutte le sue parti, che enumerate comprendono appunto ventidue sillabe, per raggiungere l'immortalità, che sta oltre il sole. Secondo Sankara il sole sarebbe il ventunesimo dopo i dodici mesi, le cinque stagioni, i tre mondi."
6. Si considerano dieci tipi di saman, che vengono messi in relazione con dieci serie di fenomeni, di ognuno dei quali il saman in questione forma la trama, ossia costituisce l'essenza. Il possesso della conoscenza, cui questa volta è aggiunta una norma di condotta, permette come al solito l'ottenimento di vantaggi e beni. Il nome dei saman qui ricordati dipende o dai metri in cui è composto il testo, o dal nome di qualche veggente, o dalla parola iniziale di qualche verso vedico.
7. Varie maniere di cantare i saman, divinità alle quali sono dedicati, scopi del canto e modi di pronunciare le varie classi di suoni.
8. L'adempimento dei vari doveri, che son legati alle cose del mondo, consente di raggiungere ricompense limitate. Soltanto la conoscenza assicura l'immortalità. Segue (e il collegamento è forse dovuto solamente al fatto che anche qui ricorre una triplice divisione) un brano sull'origine del sacro suono Om, che è la quintessenza dei Veda e quindi dell'universo.

9. Metodo per assicurarsi un mondo, ossia un posto dopo la morte, nei tre mondi presieduti dai tre gruppi di divinità alle quali viene offerto il triplice sacrificio giornaliero del soma.




TERZO PRAPATHAKA 1

PRIMO KHANDA

1. In verità il sole lassù è il miele degli dei 2. Per esso il cielo è la traversa, l'atmosfera è il favo 3, le parti luminose sono le piccole [api].

2. I suoi raggi rivolti a oriente sono le celle anteriori [del favo]. I versi [del Rgveda] sono le api, il Rgveda è il fiore. Le gocce del liquido che dà l'immortalità [si produssero così]: i versi invero

3.  covarono il Rgveda e da questo, covato, vennero fuori, come succo, gloria, splendore, forza, energia, nutrimento 4.

4. Questo [fu il succo che] fluì e si dispose intorno al sole: esso costituisce l'aspetto rosso del sole 5.

SECONDO KHANDA

1. I suoi raggi rivolti a mezzogiorno sono le celle di destra [del favo]. Le formule [del Yajurveda] sono le api, il Yajurveda è il fiore. Le gocce del liquido che dà l'immortalità [si produssero così]:

2. le formule invero covarono il Yajurveda e da questo, covato, vennero fuori, come succo, gloria, splendore, forza, energia, nutrimento.

3. Questo [fu il succo che] fluì e si dispose intorno al sole: esso costituisce l'aspetto bianco del sole.

TERZO KHANDA

1. I suoi raggi rivolti a occidente sono le celle posteriori [del favo]. Le melodie del Samaveda sono le api, il Samaveda è il fiore. Le gocce del liquido che dà l'immortalità [si produssero così]:

2. le melodie invero covarono il Samaveda e da questo, covato, vennero fuori, come succo, gloria, splendore, forza, energia, nutrimento.

3. Questo [fu il succo che] fluì e si dispose intorno al sole: esso costituisce l'aspetto nero del sole.

QUARTO KHANDA

1. I suoi raggi rivolti a settentrione sono le celle di sinistra [del favo]. I canti magici [dell'Atharvaveda] sono le
api, l'epica e le antiche leggende sono i fiori. Le gocce del liquido che dà l'immortalità [si produssero così]:

2. i canti magici covarono l'epica e le antiche leggende e da esse, covate, vennero fuori, come succo, gloria, splendore, forza, energia, nutrimento.

3. Questo [fu il succo che] fluì e si dispose intorno al sole: esso costituisce l'aspetto nerissimo del sole.

QUINTO KHANDA

1. I suoi raggi rivolti verso l'alto sono le celle superiori [del favo]. Gli insegnamenti segreti sono le api, la scienza sacra (le Upanisad) è il fiore. Le gocce del liquido che dà l'immortalità [si produssero così]:

2. gli insegnamenti segreti covarono la scienza sacra e da questa, covata, vennero fuori, come succo, gloria, splendore, forza, energia, nutrimento.

3. Questo [fu il succo che] fluì e si dispose intorno al sole: esso è quel che sembra tremolare nel centro del sole.

4. Questi sono in verità i succhi dei succhi: i Veda sono infatti i succhi e questi sono i succhi di essi. Questi sono le ambrosie delle ambrosie: i Veda sono infatti l'ambrosia [che dà l'immortalità] e questi sono le ambrosie di essi.

SESTO KHANDA

1. Della prima ambrosia si nutrono i Vasu, con Agni per bocca 6. In verità gli dei non mangiano, non bevono: soltanto al guardare quest'ambrosia si saziano.

2. Essi penetrano nell'aspetto [rosso del sole] e da esso escono fuori.

3. Colui che così conosce quest'ambrosia diventa uno dei Vasu e, con Agni per bocca, guarda quest'ambrosia e se ne sazia. Egli penetra in quest'aspetto e da quest'aspetto esce fuori.

4. Per tutto il tempo che il sole sorgerà a oriente e tramonterà a occidente, per tutto questo tempo egli godrà della superiorità, della signoria [propria] dei Vasu.

SETTIMO KHANDA

1. Della seconda ambrosia si nutrono i Rudra, con Indra per bocca. In verità gli dei non mangiano, non bevono: soltanto al guardare quest'ambrosia si saziano.

2. Essi penetrano nell'aspetto [bianco del sole] e da esso escono fuori.

3. Colui che così conosce quest'ambrosia diventa uno dei Rudra e, con Indra per bocca, guarda quest'ambrosia e se ne sazia. Egli penetra in quest'aspetto e da quest'aspetto esce fuori.

4. Per quanto tempo il sole sorgerà a oriente e tramonterà a occidente, per due volte tanto tempo sorgerà a mezzogiorno e tramonterà a settentrione: per tutto questo tempo egli godrà della superiorità, della signoria [propria] dei Rudra.

OTTAVO KHANDA

1. Della terza ambrosia si nutrono gli Aditya, con Varuna per bocca. In verità gli dei non mangiano, non bevono: soltanto al guardare quest'ambrosia si saziano.

2. Essi penetrano nell'aspetto [nero del sole] e da esso escono fuori.

3. Colui che così conosce quest'ambrosia diventa uno degli Aditya e, con Varuna per bocca, guarda quest'ambrosia e se ne sazia. Egli penetra in quest'aspetto e da quest'aspetto esce fuori.

4. Per quanto tempo il sole sorgerà a mezzogiorno e tramonterà a settentrione, per due volte tanto tempo sorgerà a occidente e tramonterà a oriente: per tutto questo tempo egli godrà della superiorità, della signoria [propria] degli Aditya.

NONO KHANDA

1. Della quarta ambrosia si nutrono i Marut, con Soma per bocca. In verità gli dei non mangiano, non bevono: soltanto al guardare quest'ambrosia si saziano.

2. Essi penetrano nell'aspetto [nerissimo del sole] e da esso escono fuori.

3. Colui che così conosce quest'ambrosia diventa uno dei Marut e, con Soma per bocca, guarda quest'ambrosia e se ne sazia. Egli penetra in quest'aspetto e da quest'aspetto esce fuori.

4. Per quanto tempo il sole sorgerà a occidente e tramonterà a oriente, per due volte tanto tempo sorgerà a settentrione e tramonterà a mezzogiorno: per tutto questo tempo egli godrà della superiorità, della signoria [propria] dei Marut.

DECIMO KHANDA

1. Della quinta ambrosia si nutrono i Sadhya con brahma per bocca. In verità gli dei non mangiano, non bevono: soltanto al guardare quest'ambrosia si saziano.

2. Essi penetrano nell'aspetto [tremolante del sole] e da esso escono fuori.

3. Colui che così conosce quest'ambrosia diventa uno dei Sadhya e, con Brahma per bocca, guarda quest'ambrosia e se ne sazia. Egli penetra in quest'aspetto e da quest'aspetto esce fuori.

4. Per quanto tempo il sole sorgerà a settentrione e tramonterà a mezzogiorno, per due volte tanto sorgerà allo zenith e tramonterà al nadir: per tutto questo tempo egli godrà della superiorità, della signoria [propria] dei Sadhya.


UNDECIMO KHANDA

1. Una volta poi che s'è levato allo zenith, [il sole] non più sorgerà, non più tramonterà: tutto solo rimarrà fermo nel mezzo. A questo proposito c'è una strofa:

2. In verità lassù (nel mondo del Brahman) non mai è tramontato, non mai è sorto [il sole]. O dei, per questa verità possa io non essere mai separato dal Brahman.

3. Non più sorge, non più tramonta [il sole], è giorno una volta per sempre per colui che così conosce la dottrina segreta del Brahman.

4. Questo rivelò Brahma a Prajapati, Prajapati a Manu, Manu ai suoi discendenti. E questa [dottrina del] Brahman rivelò il padre a Uddalaka Aruni, il figlio [suo] maggiore.

5. Questa [dottrina del] Brahman il padre in verità deve insegnare al figlio maggiore o a un discepolo degno

6. e a nessun altro, anche se gli si donasse la terra circondata dalle acque con tutti i suoi tesori: invero questa (dottrina del Brahman] vale ben di più - ben di più vale.

DODICESIMO KHANDA 7

1. In verità la gayatri è tutto questo universo, tutto ciò che esiste. La gayatri in verità è la parola: la parola infatti canta (gayati) e protegge (tra) tutto questo universo.

2. La gayatri in verità è questa terra: tutto quanto qui esiste è infatti fondato su di questa [terra] e nulla va al di là di essa.

3. La terra in verità è il corpo dell'uomo: in questo infatti i soffi vitali (i sensi) sono fondati e nessuno va al di là di esso 8.

4. Ciò che è il corpo per l'uomo è la stessa cosa che il cuore entro l'uomo: in questo infatti i soffi vitali sono fondati e nessuno va al di là di esso.

5. Questa sestuplice gayatri comprende quattro parti 9. A questo proposito in una strofe vien detto:

6. Tale è la sua grandezza, ma ancor maggiore di così è il Purusa. Un quarto di lui costituisce tutte le cose create, i tre quarti costituiscono ciò che v'è d'immortale nel cielo (R V., 10, 90, 3).

7. Ciò che si chiama Brahman è lo spazio etereo che sta al di fuori dell'uomo. Lo spazio etereo al di fuori dell'uomo

8. è lo stesso che lo spazio che sta dentro l'uomo. Lo spazio dentro l'uomo

9. è lo stesso che lo spazio che sta nella cavità del cuore. Esso è il pieno 10, l'immutabile. Felicità piena, immutabile acquista colui che così sa.

TREDICESIMO KHANDA 11

1. Di questo cuore cinque sono le aperture [che conducono al mondo] degli dei. Quella che è la sua apertura orientale è il prana, è la vista, è il sole. Bisogna venerare ciò come splendore, come nutrimento. Splendido, mangiatore di cibo diventa colui che così sa.

2. Quella che è la sua apertura meridionale è il vyana, è l'udito, è la luna. Bisogna venerare ciò come fortuna e come gloria. Fortunato, glorioso diventa colui che così sa.

3. Quella che è la sua apertura occidentale è l'apana, è la parola, è il fuoco. Bisogna venerare ciò come splendore della scienza sacra, come nutrimento. Splendente di scienza sacra, mangiatore di cibo diventa colui che così sa.

4. Quella che è la sua apertura settentrionale è il samana, è la mente, è la pioggia. Bisogna venerare ciò come fama e come bellezza. Famoso, bello diventa colui che così sa.

5. Quella che è la sua apertura rivolta verso l'alto è l'udana, è il vento, è lo spazio etereo. Bisogna venerare ciò come forza e come grandezza. Forte, grande diventa colui che così sa.

"6. Questi cinque servi del Brahman sono i custodi delle porte del mondo celeste. Per colui che così conosce questi cinque servi del Brahman, custodi delle porte del mondo celeste, nella sua stirpe nasce un eroe; ottiene il mondo celeste colui che così conosce questi cinque seni del Brahman, custodi delle porte del mondo celeste."

7. La luce poi che risplende al di là del cielo, oltre ogni cosa, oltre tutto, nei mondi supremi, insuperabili, in verità è quella stessa luce che è dentro all'uomo. La vista di essa

8. si ha quando nel nostro corpo, toccandolo, si sente calore. L'ascolto di essa si ha quando, premendosi le orecchie, si percepisce come un rumore, come il crepitare d'un fuoco che arde. Bisogna venerare questa [luce interna], poiché si vede e si sente. Degno d'essere visto, famoso diventa colui che così sa - colui che così sa.

QUATTORDICESIMO KHANDA 12

1. In verità il Brahman è tutto questo universo. Raggiunta la pace interiore, bisogna venerarlo come tajjalan 13. L'uomo in verità consiste di volontà. E l'uomo, come è la volontà che possiede in questo mondo, così diventa dopo la morte. Bisogna badare alla volontà.

2. Costituita d'intelletto, con il soffio vitale per corpo, la luce per aspetto, la verità per oggetto del pensiero, lo spazio etereo per essenza, fonte d'ogni attività, d'ogni desiderio, d'ogni odore, d'ogni sapore, comprendente tutto l'universo, muta, indifferente,

3. questa mia anima dentro il cuore è più piccola d'un grano di riso o d'orzo o di sesamo o di miglio o del nucleo d'un grano di miglio. Questa mia anima dentro il cuore è più grande della terra, più grande dello spazio atmosferico, più grande del cielo, più grande dei mondi.

"4. Fonte d'ogni attività, d'ogni desiderio, d'ogni odore, d'ogni sapore, comprendente tutto l'universo, muta, indifferente, questa è la mia anima dentro il cuore, questo è il Brahman. Non c'è più dubbio per colui che pensa: ""Uscito da questo mondo lo raggiungerò""."

Questo soleva insegnare Sandilya - Sandilya.



QUINDICESIMO KHANDA 14

1. Il forziere il cui ventre è l'atmosfera, la cui base è la terra, non invecchia mai: le regioni celesti sono infatti i suoi angoli, il cielo è la sua apertura superiore. Questo forziere è un ricettacolo di ricchezze, in esso tutto l'universo è riposto.

2. Di esso la parte orientale ha nome juhu (cucchiaio per le libagioni), la meridionale sahamanà (possente), l'occidentale rajni (regina), la settentrionale subhuta (prospera) 15. Il vento è il loro figlio. Colui che così conosce che il vento è il figlio delle regioni celesti, costui non piange per [la perdita d']un figlio. Io così conosco che il vento è il figlio delle regioni celesti: che non abbia mai a piangere per [la perdita d']un figlio.

3. Al forziere indistruttibile mi rivolgo, per questo, per questo, per questo 16.

Al prana mi rivolgo, per questo, per questo, per questo.

Al Bhuh mi rivolgo, per questo, per questo, per questo.

Al Bhuvah mi rivolgo, per questo, per questo, per questo.

Allo Svah mi rivolgo, per questo, per questo, per questo.

"4. Il fatto che abbia detto: ""Mi rivolgo al prana"", è [dovuto al fatto] che il prana è veramente tutto quanto esiste, qualunque esso sia: a esso mi sono perciò rivolto."

"5. Dicendo: ""Mi rivolgo al Bhuh"", intendevo dire: ""Mi rivolgo alla terra, mi rivolgo all'atmosfera, mi rivolgo al cielo""."

"6. Dicendo: ""Mi rivolgo al Bhuvah '', intendevo dire: ""Mi rivolgo al fuoco, mi rivolgo al vento, mi rivolgo al sole""."

"7. Dicendo: ""Mi rivolgo allo Svah"", intendevo dire: ""Mi rivolgo al Rgveda, mi rivolgo al Yajurveda, mi rivolgo al Samaveda - questo intendevo dire."

SEDICESIMO KHANDA 17


1. In verità il sacrificio è l'uomo. La spremitura del mattino corrisponde ai [primi] ventiquattro anni di vita. Ventiquattro sillabe ha la gayatri e la spremitura del mattino è accompagnata dalla gayatri. Con questa [parte del sacrificio] sono collegati i Vasu. In verità i Vasu sono i soffi vitali: questi infatti fanno che sia abitato (vasayanti) tutto questo universo.

"2. Se durante quest'età qualche cosa lo tormenta, deve dire: ""O soffi vitali, o Vasu, prolungate questa mia spremitura mattutina fino alla spremitura di mezzogiorno. Che io, che sono il sacrificio, non sia interrotto a metà dei soffi vitali, dei Vasu"". Si risolleva allora da quel [malanno] e si libera dalla malattia."

3. La spremitura del mezzogiorno poi corrisponde ai [successivi] quarantaquattro anni. Quarantaquattro sillabe ha la tristubh e la spremitura del mezzogiorno è accompagnata dalla tristubh. Con questa [parte del sacrificio] sono collegati i Rudra. In verità i Rudra sono i soffi vitali: questi infatti [, al loro dipartirsi,] fanno piangere (rodayanti) tutto questo universo.

"4. Se durante quest'età qualche cosa lo tormenta, deve dire: ""O soffi vitali, o Rudra, prolungate questa mia spremitura di mezzogiorno fino alla terza spremitura. Che io, che sono il sacrificio, non sia interrotto a metà dei soffi vitali, dei Rudra"". Si risolleva allora da quel [malanno] e si libera dalla malattia."

5. La terza spremitura poi corrisponde ai [successivi] quarantotto anni. Quarantotto sillabe ha la jagati e la terza spremitura è accompagnata dalla jagati. Con questa [parte del sacrificio] sono collegati gli Aditya. In verità gli Aditya sono i soffi vitali: questi infatti [, dipartendosi dal corpo,] si portano via (adadate) tutto questo universo.

"6. Se durante quest'età qualche cosa lo tormenta, deve dire: ""O soffi vitali, o Aditya, prolungate questa mia terza spremitura fino alla [fine della] vita. Che io, che sono il sacrificio, non sia interrotto a metà dei soffi vitali, degli Aditya"". Si risolleva allora da quel [malanno] e si libera dalla malattia."

"7. Proprio questo conoscendo, Mahidasa Aitareya disse [alla malattia]: ""Perché in tal modo mi tormenti, dato che io non morirò per questo?"". Egli visse centosedici anni. E centosedici anni vive colui che così sa."

DICIASSETTESIMO KHANDA

1. Il fatto di aver fame, di aver sete, di rinunciare ai piaceri corrisponde per lui alla consacrazione.

2. Quando poi mangia, beve, si dà ai piaceri, allora procede alle [cerimonie chiamate] upasada 18.

3. Quando poi ride, scherza, si dà all'amore, allora attende ai canti e alle recitazioni.

4. La mortificazione, l'elemosina, la rettitudine, il non nuocere, l'esser veritiero corrispondono per lui ai doni dati agli officianti.

"5. Perciò [nei sacrifici] si dice: ""Sosyati, asosta"" 19. Con queste parole si vuole alludere alla sua nuova nascita. L'abluzione finale corrisponde alla sua morte."

"6. Dopo aver rivelato ciò a Krsna Devakiputra, Ghora Angirasa disse: ""[Colui che così sa] si libera dalla sete [del desiderio]; nell'ora della morte ricorra a questi tre detti: Tu sei l'eterno, l'inconcusso, sei l'essenza della vita"". A questo proposito ci sono due inni:"

7. Poi vedono la luce mattutina del seme antico, che arde al di là del cielo.

Dalle tenebre vedendo tutt'attorno la luce superiore, al dio tra gli dei siamo andati, al Sole, alla luce suprema - alla suprema luce 20.

DICIOTTESIMO KHANDA 21

1. Bisogna venerare come Brahman l'intelletto: questo secondo il punto di vista individuale. Secondo il punto di vista delle divinità poi bisogna venerare come Brahman lo spazio etereo. Così si è insegnato secondo entrambi [i punti di vista], secondo il punto di vista individuale e secondo il punto di vista delle divinità.

2. Il Brahman ha quattro parti: secondo il punto di vista individuale un quarto è la parola, un quarto è il respiro, un quarto è la vista, un quarto è l'udito. Secondo il punto di vista delle divinità poi un quarto è il fuoco, un quarto è il vento, un quarto è il sole, un quarto è costituito dalle regioni celesti. Così si è insegnato secondo entrambi [i punti di vista], secondo il punto di vista individuale e secondo il punto di vista delle divinità.

3. La parola è un quarto del Brahman in verità: splende e arde con il fuoco per fiamma questo [quarto]. Splende e arde per fama, per splendore di sacra scienza colui che così sa.

4. Il respiro è un quarto del Brahman in verità: splende e arde con il vento per fiamma questo [quarto]. Splende e arde per fama, per splendore di sacra scienza colui che così sa.

5. La vista è un quarto del Brahman in verità: splende
e arde con il sole per fiamma questo [quarto]. Splende e
arde per fama, per splendore di sacra scienza colui che così sa.

6. L'udito è un quarto del Brahman in verità: splende e arde con le regioni celesti per fiamma questo [quarto]. Splende e arde per fama, per splendore di sacra scienza colui che così sa.

DICIANNOVESIMO KHANDA 22

"1. ""Il sole è il Brahman"": ecco l'insegnamento. Ed ora la spiegazione: Al principio questo universo era Non"
essere. Esso divenne l'Essere. Si sviluppò. Divenne un uovo. Giacque per lo spazio d'un anno. Poi s'aperse. Le due metà dell'uovo erano una d'argento, l'altra d'oro.

2. La [metà] d'argento è questa terra, quella d'oro è il cielo, la membrana esterna costituisce le montagne, la membrana interna le nubi e la nebbia. Le vene sono i fiumi, l'acqua della vescica è l'oceano.

3. Quello che nacque fu il sole lassù. Quando nacque si levarono grida e clamori, tutte le creature e tutti i desideri. Perciò al suo levarsi e al ritornare si levano grida e clamori, tutte le creature e tutti i desideri.

4. Colui che così sapendo venera il sole come Brahman, c'è la speranza che clamori favorevoli lo accompagnino e lo rallegrino - lo rallegrino.

Note:
"1. Nella terza lettura si ravvisa successivamente il Brahman nel sole (1-11), nella gayatri e nel cuore (12-13), nell'anima individuale (14); quindi, dopo alcune cerimonie e considerazioni, il frutto delle quali è felicità e lunga vita (15-17), s'afferma ancora che il Brahman è l'intelletto-spazio (18) e il sole (19)."

"2. il Brahman è il sole cosmico e l'astro solare che ne è l'immagine visibile. Il sole è il miele degli dei, che, divisi in cinque classi, di esso si nutrono misticamente. I vari nettari di cinque colori, che costituiscono l'essenza del sole, son prodotti da cinque specie di api, le quali lo distillano dai cinque fiori che sono i libri della scienza sacra. Coloro che conoscono le varie parti della dottrina godono della felicità propria delle varie classi divine per periodi di tempo crescenti in proporzione geometrica; in quei periodi il sole sorgerà e tramonterà in punti diversi da quelli abituali, il che sembra significare che quella felicità si gode in altri mondi che non sono il nostro. Infine per colui che ha la conoscenza completa del sole che non tramonta mai, ossia del Brahman non condizionato dallo scorrere del tempo e costituito dall'essenza della scienza sacra, è sempre luce."

3. La volta del cielo è paragonata a una traversa da cui pende il favo, ossia l'atmosfera nella quale i raggi del sole si rendono visibili.

4. Le strofe usate nel sacrificio sono il mezzo per estrarre dai rituali prescritti nei vari libri il risultato dell'azione, così come le api sono il mezzo per suggere il nettare dai fiori, che esse sembrano riscaldare, covare.
5. Nel sole possono scorgersi vari colori, variamente identificati. Vedi ad es.
"B.Up., 4, 3, 20; 4, 4, 9"

"6. Agni, il fuoco che consuma le offerte del sacrificio, è la bocca degli dei. Qui, e di seguito, son considerate ""bocca"" dei vari gruppi divini le divinità che ne sono a capo, forse perché guidano al cibo, penetrando nei vari aspetti del sole, di cui si saziano soltanto a guardarlo."
"7. Per mezzo d'una serie d'identificazioni successive, non sempre chiaramente motivate (gayatri = parola = universo = terra = corpo umano = cuore; Brahman = spazio etereo = spazio interno al cuore) s'asserisce che la gayatri, il metro sacro vedico composto di tre versi, è il Brahman, che si ritrova intero nel cuore dell'uomo."

"8. L'identità fra terra e corpo, peraltro quasi ovvia, pare qui fondata sul fatto che entrambi son la sede di qualche fenomeno, cioè rispettivamente delle creature e dei sensi. La spiegazione del commentario, secondo il quale in entrambi si trovano i prana (rispettivamente ""elementi"" e ""sensi"") non è convincente."

"9. La gayatri è sestuplice in quanto è: parola, universo, terra, corpo, cuore, soffi vitali; altrimenti, dice il commento, il numero di sei non si raggiungerebbe. La quarta parte della gayatri è invisibile (cfr. B.Up., 5, 14, 1-4). La strofa rigvedica ricordata si riferisce al macrantropo primigenio con il quale la gayatri è identificata."

"10. ""Pieno"", è epiteto dell'Assoluto (cfr. B.Up., 2, 1, 5, dove tuttavia la definizione è respinta; ma vedi B.Up., 5, 1, 1)."

11. Dal cuore per mezzo di cinque canali o aperture, che sono equiparati ai soffi vitali e ai sensi e messi in relazione con entità naturali, si giunge al Brahman. Ma il fuoco, la luce del Brahman è lo stesso fuoco che esiste nel corpo dell'uomo.
12. Sandilya afferma in termini liricamente ispirati l'identità tra anima individuale e Brahman. A questa unione bisogna tendere nella vita, perché la volontà determina il destino dopo la morte. Il brano ricorre quasi eguale in Satapatha Brahmana, X, 6, 3, 2 ed è forse la più antica attestazione dell'identità tra Atman e Brahman.

"13. Denominazione mistica del Brahman, che Sankara interpreta come ""ciò da cui tutto nasce (jan), in cui tutto si dissolve (la dalla radice 6) e per cui tutto respira (an)""."
14. Cerimonia magica contro la perdita d'un figlio. Il vento è nel cosmo ciò che un figlio è nella famiglia: l'identità tra microcosmo e macrocosmo vien quindi sfruttata per interessi personali.

"15. Rivolti verso oriente si liba agli dei (juhoti); Yama che tutto vince è il re del mezzogiorno; il re Varuna e Kubera sono i custodi dell'occidente e del settentrione."

16, Si pronuncia per tre volte il nome del figlio.
17. Nei kh. 16 e 17 il sacrificio vien fatto corrispondere alla vita umana: le tre spremiture quotidiane del soma sono le varie età, le divinità che presiedono alle cerimonie sono i soffi vitali, le cinque parti principali del rito sono i vari atti della vita fisica e morale. Salute e lunga vita sono promesse a colui che ha questa conoscenza, ma anche l'accesso alla luce eterna, garantito dall'adempimento dei precetti morali.
18. Cerimonie da compiersi in vari giorni della sessione sacrificale.

"19. Le due forme verbali significano tanto ""spremerà, ha spremuto [il soma]"", quanto ""genererà, ha generato [un figlio]""."

"20. Si tratta di due strofe (R.V., 8, 6, 30; 1, 50, 10) riferite al dio Sole."

21. Come per Sandilya, il Brahman è l'intelletto, cui corrisponde lo spazio. Nell'intelletto si riassumono i sensi, ognuno dei quali, con il suo corrispettivo cosmico, brilla di propria luce.
22. Il sole è per così dire la parte migliore dell'uovo cosmico, ma non è, almeno in questa cosmogonia piuttosto incongrua, l'essere da cui tutto proviene.



QUARTO PRAPATHAKA

PRIMO KHANDA 1

1. Janasruti Pautrayana era [un uomo] che donava con fede, che faceva grandi elargizioni, che preparava molti alimenti [per tutti]. Egli faceva costruire dappertutto dei luoghi di rifugio, affinché dappertutto la gente potesse essere ospitata presso di lui.

"2. Ora una notte delle oche selvatiche passarono in volo [sopra di lui] e un'oca così disse a un'altra: ""Oh, oh, o tu dall'occhio luminoso, o tu dall'occhio luminoso! Lo splendore di Janasruti Pautrayana s'estende costante nel cielo. Non avvicinarti a esso, che non ti arda!""."

"3. L'altra allora le rispose: ""Ehi tu! Come mai hai parlato di costui, che sembra tale come se fosse Raikva, il Pigliatutto?"". ""Chi è mai Raikva, il Pigliatutto?"" 2."

"4. ""Come al krta che ha ottenuto la vittoria toccano [le poste puntate sui] punteggi inferiori, così a costui tocca tutto"
"ciò che di buono compiono le creature. Colui che sa ciò che questo [Raikva] sa, io lo chiamo così (ossia: il Pigliatutto)""."

"5-6. Janasruti Pautrayana dal basso udì questo e, levatosi, disse allo scalco: ""Ehi tu! [Sei tu che hai detto queste frasi:] ""Come se fosse Raikva, il Pigliatutto. Chi è mai Raikva, il Pigliatutto? Come al krta che ha ottenuto la vittoria toccano [le poste puntate sui] punteggi inferiori, così a costui tocca tutto ciò che di buono compiono le creature. Colui che sa ciò che questo [Raikva] sa, io lo chiamo così (ossia: il Pigliatutto) "" ?""."

"7. Lo scalco cercò e tornò dicendo che non l'aveva trovato. Allora [Janasruti] gli disse: ""Ehi tu! cercalo là dove si deve cercare un brahmano""."

"8. Quello si avvicinò rispettosamente a un [uomo] che sotto un carro si grattava la scabbia e gli chiese: ""Signore, sei tu Raikva, il Pigliatutto? ''. ""Eh già, sono proprio io!"", rispose. Allora lo scalco tornò dicendo: ""L'ho trovato"" 3."


SECONDO KHANDA

1. Allora Janasruti Pautrayana prese seicento vacche, un gingillo d'oro e un carro tirato da mule e si recò [da Raikva]. Gli disse:

"2. ""Raikva, qui ci sono seicento vacche, un gingillo d'oro e un carro tirato da mule. Rivelami, o venerabile, la divinità che tu veneri come tale!""."

"3. Ma l'altro rispose: ""Ah, ah, o sudra 4! Tienti [tutto], comprese le vacche"". Allora Janasruti Pautrayana di nuovo prese mille vacche, un gingillo d'oro, un carro tirato da mule e [sua] figlia, tornò da lui"

"4. e gli disse: ""Raikva, ecco mille vacche, un gingillo d'oro, un carro tirato da mule, una moglie, il villaggio in cui abiti. Soltanto dammi l'insegnamento, o venerabile!""."

"5. Quello allora, sollevando il volto della [fanciulla], disse: ""Ah! che importano quelle [vacche], o sudra? Soltanto in grazia di questo volto potrai [dire di] avermi fatto parlare!"". Fu nel [villaggio chiamato] Raikvaparna, nel territorio dei Mahavrsa, che [Janasruti] dimorò presso di lui [come discepolo]."

[Raikva] gli disse:

TERZO KHANDA

"1. ""In verità il vento è un assorbitore. In verità quando il fuoco si estingue è nel vento che va a finire; quando il sole tramonta è nel vento che va a finire; quando la luna tramonta è nel vento che va a finire;"

2. quando le acque si disseccano, nel vento vanno a finire. È proprio il vento che assorbe tutte queste [manifestazioni]. Questo per ciò che riguarda gli elementi cosmici.

3. Per quel che riguarda l'individuo: in verità il respiro è un assorbitore. Quando ci si addormenta, è nel respiro che va a finire la parola, è nel respiro che va a finire la vista, è nel respiro che va a finire l'udito, è nel respiro che va a finire il pensiero. È proprio il respiro infatti che assorbe tutte queste [manifestazioni].

"4. Questi sono in verità due assorbitori: il vento tra gli elementi cosmici, il respiro tra i soffi vitali""."

5. Un giorno un novizio domandò l'elemosina a Saunaka Kapeya e ad Abhipratarin Kaksaseni mentre erano a tavola. Non gliene diedero 5.

"6. Allora quello disse: ""Un solo dio, custode dell'universo, inghiotte quattro possenti creature: chi è? I mortali non lo distinguono, o Kapeya, benché lo si ritrovi in molti luoghi. In verità non è stato concesso il cibo a colui al quale competeva""."

"7. Saunaka Kapeya, pensandoci su, gli si fece incontro [e gli disse]: ""L'anima degli dei, il padre delle creature, il divoratore dai denti d'oro, il signore del respiro: si dice che grande è la sua potenza, perché senza essere divorato divora ciò che non è cibo 6. Ecco, o novizio, ciò noi veneriamo. Dategli l'elemosina!""."

8. Gliela diedero. Questi cinque e questi altri cinque formano il numero dieci: essi sono il krta. Perciò in ogni dove il krta, [che significa] dieci, è il cibo. Esso è la viraj che divora il cibo. Grazie a essa tutto l'universo vien compreso nello sguardo 7. Tutto l'universo è compreso nello sguardo di colui che così sa ed ha cibo in abbondanza, colui che così sa.

QUARTO KHANDA 8

"1. Satyakama Jabala si rivolse a sua madre Jabala: ""venerata, vorrei studiare la scienza sacra. A qual famiglia appartengo dunque?""."

"2. [La madre] gli rispose: ""Non so, o figlio, a quale famiglia appartieni. Io ti ebbi quando in gioventù servivo qua e là e praticavo molti [uomini] e non so io stessa a quale famiglia tu appartieni. Io mi chiamo Jabala e tu Satyakama. Chiamati dunque Satyakama Jabala 9""."

"3. Egli si recò a casa di Haridrumata Gautama e disse: ""Io desidero fare il noviziato presso il venerabile. Vorrei accostarmi [come scolaro] al venerabile""."

"4. Quello gli replicò: ""Di che famiglia sei, o caro?"". E l'altro: ""Non so, o signore, di quale famiglia io sia. Ne ho chiesto alla mamma ed essa mi rispose: "" Io ti ebbi quando in gioventù servivo qua e là e praticavo molti [uomini] e non so a quale famiglia tu appartieni. Io mi chiamo Jabala e tu Satyakama"". Così io sono Satyakama Jabala, o signore""."

"5. Quello allora disse: ""Così francamente non può parlare uno che non sia brahmano! O caro, porta il combustibile, io ti farò l'iniziazione: infatti tu non ti sei allontanato dalla verità"". Dopo che ne ebbe compiuta l'iniziazione, separò quattrocento vacche magre e deboli e disse: ""Seguile nel loro vagare, o caro"". Ed egli, mentre le spingeva avanti, disse: ""Io non tornerò se non con mille"". Stette lontano parecchi anni, finché esse giunsero al numero di mille."

QUINTO KHANDA

"1. Allora un toro lo chiamò: ""Satyakama!"". ""Signore!"", s'affrettò a rispondere. ""Siamo giunti, o caro, a mille. Menaci alla casa del maestro"

"2. e io ti rivelerò un quarto del Brahman"". ""Dimmelo, signore!"". Allora [quello] gli disse: ""La regione orientale è un sedicesimo, la regione occidentale è un sedicesimo, la"
"regione meridionale è un sedicesimo, la regione settentrionale è un sedicesimo. In verità, o caro, questo, costituito di quattro sedicesimi, è il quarto del Brahman che ha nome "" Esteso ""."

3. Colui che così conosce questo quarto del Brahman costituito di quattro sedicesimi e lo venera come l'Esteso, costui esteso diventa in questo mondo. Estesi spazi conquista [anche nell'al di là] colui che così conosce il quarto del Brahman costituito di quattro sedicesimi e lo venera come l'Esteso.

SESTO KHANDA

"1. Il fuoco ti rivelerà un [altro] quarto"". Egli all'indomani spinse avanti le vacche. A sera, là dove si trovarono attizzò il fuoco, rinchiuse le vacche, ammucchiò la legna, poi si sedette a occidente del fuoco, con il viso rivolto all'oriente."

"2. Il fuoco gli disse: ""Satyakama!"". ""Signore!"", s'affrettò a rispondere."

"3. ""Io ti rivelerò, o caro, un quarto del Brahman"". ""Dimmelo, o signore"". Allora [quello] gli disse: ""La terra è un sedicesimo, l'atmosfera è un sedicesimo, il cielo è un sedicesimo, l'oceano è un sedicesimo. In verità, o caro, questo, costituito di quattro sedicesimi, è il quarto del Brahman che ha nome "" Infinito""."

4. Colui che così conosce questo quarto del Brahman costituito di quattro sedicesimi e lo venera come l'Infinito, costui non ha limiti in questo mondo. Mondi senza limiti conquista [anche nell'al di là] colui che così conosce il quarto del Brahman costituito di quattro sedicesimi e lo venera come l'Infinito.

SETTIMO KHANDA

"1. Un'oca selvatica ti rivelerà un [altro] quarto"". Egli all'indomani spinse avanti le vacche. A sera, là dove si trovarono, attizzò il fuoco, rinchiuse le vacche, ammucchiò la legna, poi si sedette a occidente del fuoco, con il viso rivolto a oriente."

"2. Un'oca selvatica si abbassò vicino a lui e disse: ""Satyakama!"". ""Signora!"", s'affrettò a rispondere."

"3. ""Io ti rivelerò, o caro, un quarto del Brahman"". ""Dimmelo, o signora"". Allora [quella] gli disse: ""Il fuoco è un sedicesimo, il sole è un sedicesimo, la luna è un sedicesimo, il lampo è un sedicesimo. In verità, o caro, questo, costituito di quattro sedicesimi, è il quarto del Brahman che ha nome "" Risplendente ""."

4. Colui che così conosce questo quarto del Brahman costituito di quattro sedicesimi e lo venera come il Risplendente, costui risplendente diventa in questo mondo. Mondi risplendenti conquista [anche nell'al di là] colui che così conosce il quarto del Brahman costituito di quattro sedicesimi e lo venera come il Risplendente.

OTTAVO KHANDA

"1. Uno smergo ti rivelerà un [altro] quarto"". Egli all'indomani spinse avanti le vacche. A sera, là dove si trovarono, attizzò il fuoco, rinchiuse le vacche, ammucchiò la legna, poi si sedette a occidente del fuoco, con il viso rivolto all'oriente."

"2. Uno smergo si abbassò vicino a lui e disse: ""Satyakama!"". ""Signore!"", s'affrettò a rispondere."

"3. ""Io ti rivelerò, o caro, un quarto del Brahman"". ""Dimmelo, o signore"". Allora [quello] gli disse: ""Il respiro è un sedicesimo, la vista è un sedicesimo, l'udito è un sedicesimo, la mente è un sedicesimo. In verità, o caro, questo, costituito di quattro sedicesimi, è il quarto del Brahman che ha nome "" Ben fondato""."

"4. Colui che così conosce questo quarto del Brahman costituito di quattro sedicesimi e lo venera come il Ben fondato, costui ottiene buoni fondamenti in questo mondo. Mondi ben fondati conquista [anche nell'al di là] colui che così conosce il quarto del Brahman costituito di quattro sedicesimi e lo venera come il Ben fondato""."


NONO KHANDA

"1. Giunse infine alla casa del maestro. Il maestro gli disse: ""Satyakama!"". ""Signore!"", s'affrettò a rispondere."

"2. ""In verità, o caro, risplendi come uno che conosce il Brahman. Chi te lo ha rivelato?"". Egli rispose: ""Altri che non sono uomini. Ma tu, o signore, devi rivelarmelo, se lo vuoi."

"3. Ho udito infatti da coloro che sono simili al signore che la scienza appresa dal maestro è la via migliore per ottenere [lo scopo]"". E allora gli fu rivelata quella stessa dottrina e nulla vi mancò - non vi mancò nulla 10."

DECIMO KHANDA 11

1. Upakosala Kamalayana compì il suo noviziato presso Satyakama Jabala. Per dodici anni custodì per lui i fuochi [sacrificali]. Il maestro lasciò liberi [al termine dell'istruzione] gli altri discepoli, ma lui non lasciò mai andare.

"2. La moglie gli disse: ""Il discepolo è afflitto. Egli ha con abilità custodito i fuochi [sacrificali]. [Bada] che i fuochi non ti precedano. Rivelagli [la dottrina]"". Ma senza avergli detto nulla, egli se ne andò via."

"3. [Il discepolo] per il dispiacere incominciò a non mangiare. La moglie del maestro gli disse: ""Discepolo, mangia; perché non mangi ?"". Egli rispose: ""Molti desideri di varie specie ci sono nell'uomo. Io sono pieno di dispiaceri. Non mangerò""."

"4. Allora i fuochi dissero tra loro: ""Il discepolo è afflitto. [Egli] ci ha custodito con abilità. Dunque riveliamogli [la dottrina]"". E gli dissero:"

"5. ""Il Brahman è il soffio vitale, il Brahman è (a (felicità), il Brahman è kha (spazio etereo)"". Allora egli disse: ""Comprendo che il Brahman sia il soffio vitale. Ma non comprendo [che il Brahman sia] ka e kha"". Quelli dissero: ""In verità, ciò che è ka è anche kha, ciò che è kha è anche ka"". Gli rivelarono dunque [che il Brahman è] il soffio vitale e lo spazio etereo."

UNDECIMO KHANDA

"1. Poi il [fuoco] garhapatya gli insegnò: ""Terra, fuoco, cibo, sole: questo è il personaggio che si vede nel sole e questo son io, proprio questo sono io."

"2. Colui che, così conoscendolo, venera [il fuoco], caccia via [l'effetto dell']azione cattiva, diventa possessore del mondo [di quello], ottiene una vita completa, a lungo vive, e i suoi discendenti non periscono. Noi serviamo in questo mondo e nell'altro colui che, così conoscendolo, venera [il fuoco]""."

DODICESIMO KHANDA

"1. Poi il [fuoco] anvaharyapacana gli insegnò: ""Acqua, regioni celesti, stelle, luna: questo è il personaggio che si vede nella luna e questo son io, proprio questo sono io."

"2. Colui che, così conoscendolo, venera [il fuoco], caccia via [l'effetto dell']azione cattiva, diventa possessore del mondo [di quello], ottiene una vita completa, a lungo vive, e i suoi discendenti non periscono. Noi serviamo in questo mondo e nell'altro colui che, così conoscendolo, venera [il fuoco]""."

TREDICESIMO KHANDA

"1. Poi il [fuoco] ahavaniya gli insegnò: ""Soffio vitale, spazio etereo, cielo, folgore: questo è il personaggio che si vede nella folgore e questo son io, proprio questo sono io."

"2. Colui che, così conoscendolo, venera [il fuoco], caccia via (l'effetto dell']azione cattiva, diventa possessore del mondo [di quello], ottiene una vita completa, a lungo vive, e i suoi discendenti non periscono. Noi serviamo in questo mondo e nell'altro colui che, così conoscendolo, venera [il fuoco]""."

QUATTORDICESIMO KHANDA

"1. Essi dissero: ""Upakosala, questa nostra scienza, questa scienza dell'Atman è tua, o caro. Ma il maestro ti rivelerà la via"". Il suo maestro tornò. Il maestro lo chiamò: ""Upakosala!""."

"2. ""Signore!"", s'affrettò a rispondere. ""Il tuo volto, o caro, risplende come [quello di] chi conosce il Brahman. Chi dunque ti ha dato l'insegnamento?"". ""Chi potrebbe avermi dato l'insegnamento, signore?"", ma nel dir ciò sembrava che tenesse nascosto [qualcosa. Poi rivolto] ai fuochi disse: ""Questi [fuochi], che appariscono cosiffatti, in verità sono tutt'altro"" 12. ""Che cosa ti hanno detto, o caro ?""."

"3. ""Questo"", rispose. ""Veramente, o caro, ti hanno parlato [soltanto] dei mondi. Ma io ti dirò cose tali, che chi le conosce l'effetto dell'azione cattiva non gli s'attacca, come non s'attacca l'acqua alla foglia di loto"". ""Dimmele, o venerabile"". Gli disse:"


QUINDICESIMO KHANDA

"1. ""Quel personaggio che si vede nell'occhio è l'Atman  - disse - questa è l'immortalità, questa è la sicurezza, questo è il Brahman. Per questo, anche se si cosparge [l'occhio] di burro chiarificato o di acqua, questa scorre via verso le palpebre 13."

2. Lo si chiama samyadvama, perché tutte le cose piacevoli (vama) si raccolgono (abhisamyanti) in lui. Tutte le cose piacevoli si raccolgono in colui che così sa.

3. In verità egli è vamani: apporta (ni) infatti tutte le cose piacevoli. Apporta tutte le cose piacevoli colui che così sa.

4. In verità egli è bhamani: infatti risplende (bhati) in tutti i mondi. Risplende in tutti i mondi colui che così sa.

5. Poi colui [che così sa,] sia che gli facciano i riti funebri [quando sia morto] o no, entra nella fiamma [del rogo], dalla fiamma [passa] nel giorno, dal giorno nella quindicina della luna crescente, dalla quindicina della luna crescente nei sei mesi nei quali [il sole] si muove verso settentrione, da questi mesi nell'anno, dall'anno nel sole, dal sole nella luna, dalla luna nella folgore. Qui vi è un essere spirituale.

"6. Costui lo fa procedere fino al Brahman. Questa è la via degli dei, la via del Brahman. Coloro che su di essa avanzano non tornano in questo vortice umano - non tornano più""."

SEDICESIMO KHANDA 14

1. In verità è il sacrificio quello che purifica. Esso, procedendo, purifica tutto questo universo. Poiché procedendo
(yan) purifica tutto questo universo, per questo è chiamato sacrificio (yajna). Il pensiero e la parola sono le sue due rotaie.

2. Di queste due, una l'appresta il [sacerdote] brahman con l'intelletto, l'altra il hotar, l'adhvaryu e l'udgatar con la parola. Quando, iniziato il servizio del mattino, il brahman rompe il silenzio prima della strofe conclusiva,

3. soltanto una rotaia appronta, l'altra è perduta. Come chi cammina con un piede solo o un carro che si muove con una ruota sola è difettoso, così il suo sacrificio è difettoso. Colui che fa sacrificare tien dietro al sacrificio difettoso. Dopo aver sacrificato, peggiora.

4. Ma quando, iniziato il servizio del mattino, il brahman non rompe il silenzio prima della strofe conclusiva, allora [gli officianti] approntano entrambe le rotaie e nessuna delle due è perduta.

5. Come chi cammina con entrambi i piedi o un carro che si muove con entrambe le ruote è saldo, così il suo sacrificio è saldo. Colui che fa sacrificare tien dietro a un sacrificio saldo. Dopo aver sacrificato, migliora.

DICIASSETTESIMO KHANDA

1. Prajapati covò i mondi. Di questi, covati, estrasse l'essenza: il fuoco dalla terra, il vento dall'atmosfera, il sole dal cielo.

2. Egli covò queste tre divinità. Di queste tre, covate, estrasse l'essenza: i versi [del Rgveda] dal fuoco, le formule sacrificali [del Yajurveda] dal vento, le melodie [del Samaveda] dal sole.

3. Covò questa triplice scienza. Di essa, covata, estrasse l'essenza: Bhuh dai versi, Bhuvah dalle formule, Svah dalle melodie.

"4. Perciò se [il sacrificio] è difettoso per causa di [un errore nei] versi, [il brahman] deve libare nel [fuoco] garhapatya dicendo: ""Bhuh, Svaha!"". Con l'essenza dei versi, con la potenza dei versi egli rimedia al difetto concernente i versi del sacrificio."

"5. Se poi [il sacrificio] è difettoso per causa di [un errore nelle] formule, deve libare nel [fuoco] daksina dicendo: ""Bhuvah, Svaha!"". Con l'essenza delle formule, con la potenza delle formule egli rimedia al difetto concernente le formule del sacrificio."

"6. Se poi il sacrificio è difettoso per causa di [un errore nelle] melodie, deve libare nel [fuoco] ahavaniya dicendo, ""Svah, Svaha!"". Con l'essenza delle melodie, con la potenza delle melodie egli rimedia al difetto concernente le melodie del sacrificio."

7. Come uno lega insieme l'oro con il borace, l'argento con l'oro, lo stagno con l'argento, il piombo con lo stagno, il ferro con il piombo, il legno con il ferro, il cuoio con il legno,

8. così per mezzo della potenza di questi mondi, di queste divinità, di questa triplice scienza si rimedia al difetto del sacrificio. Il sacrificio è salvato, quando c'è un brahman che
così sappia.

9. In verità, rivolto a settentrione 15 è quel sacrificio nel quale ci sia un brahman che così sappia. A un brahman che così sappia si conviene questa strofe:

Qualunque via [il brahman] percorra, questa segue l'uomo [comune]. Il brahman è l'unico prete che protegge i sacrificanti, come una cavalla [protegge il guerriero] 16.

10. Il brahman che così sa protegge il sacrificio, colui che fa sacrificare e tutti gli officianti. Perciò bisogna nominare un brahman che così sappia, non uno che così non sappia - non uno che così non sappia.

Note:
"1. I khanda 1-3 comprendono la samvarga-vidya, ""la dottrina dell'assorbitore"". Un principe celebrato per la sua generosità, Janasruti, sente delle oche selvatiche celebrare Raikva, il quale con la sua dottrina raccoglie il frutto delle buone opere non soltanto proprie ma di tutte le creature. Raikva, che vive stranamente e viene trovato dopo lunga ricerca, rivela a Janasruti che tutto finisce nel vento, ovvero, per quanto riguarda l'individuo, nel respiro. È questa una delle più antiche esposizioni della dottrina del respiro, simbolo (o precorritore) dell'Atman-Brahman. Vedi soprattutto R. HAUSCHILD, in ""Mélanges d'Indianisme a la mémoire de L. Renou"", Parigi, 1968, pp. 337-365."

2. L'epiteto di Raikva, Sayugvan, sembra essere espressione tecnica del gioco dei dadi e indicare il colpo vincente, che è il krta e ottiene tutte le dieci parti della posta in gioco.
3. Il racconto è assai sommario. Le cose stanno probabilmente così: il principe, che dorme sulla terrazza del palazzo insieme con lo scalco, al quale tocca questo privilegio, ode nel dormiveglia le parole delle oche, ma non sa a chi attribuirle e dubita che le abbia pronunciate lo scalco, al quale da' implicitamente l'incarico di trovare Raikva. Costui sembrerebbe personaggio già noto per fama di sapienza, malgrado la stranezza dell'abitare su un carro, la scarsa pulizia e una certa asprezza nel parlare: ma queste caratteristiche rendono più singolare la sua capitolazione di fronte alla leggiadria della figlia di Janasruti.

4. L'epiteto è evidentemente dispregiativo.
5. Le due strofe che seguono, introdotte dall'episodio di un novizio che pretende l'elemosina in quanto conoscitore di una verità analoga a quella in possesso di Raikva, adombrano sotto forma di indovinello la superiorità del vento = respiro.
6. La dentatura d'oro indica forse soltanto l'incessante voracità del vento = respiro, che assorbe, ossia divora, anche quello che non è cibo, ossia gli elementi del cosmo.

"7. I cinque e cinque sono rispettivamente vento, fuoco, sole, luna, acqua e respiro, parola, vista, udito, mente, ossia tutto l'universo. Il krta, il colpo vincente al gioco dei dadi, è quindi equiparato all'universo ed è detto ""cibo"", forse per sottolinearne la materialità e la possibilità di essere fruito. Ma il numero dieci richiama la viraj, che è una strofa di dieci piedi, ma anche la materia primordiale in cui tutto si riassorbe e in cui tutto può quindi vedersi."

8. Kh. 4-9. Leggenda di Satyakama Jabala, il quale è riscattato dalla sua origine illegittima e può pertanto iniziare il noviziato, grazie all'amore che porta alla verità. Sottoposto a una dura prova dal maestro che vuol saggiare la sua obbedienza, Satyakama adempie al compito impostosi e ha così per via miracolosa la rivelazione dell'essenza del Brahman, che è diviso in quattro quarti, alla loro volta quadripartiti: tre quarti comprendono il mondo esterno, un quarto l'uomo. L'insegnamento si ha per opera di quattro esseri che rappresentano probabilmente i
quattro elementi cosmici: fuoco, terra, sulla quale si muove il toro, spazio, nel quale vola l'oca selvatica, acqua, nella quale s'immerge lo smergo per trovare il cibo.

9. Poiché Jàbàla significa sia figlio di Jabàlà sia figlio di Jabàla, la madre pensa che l'origine illegittima del figlio possa essere nascosta.
10. La dottrina è stata evidentemente fissata una volta per tutte: nella concordanza dell'insegnamento del maestro (comunque indispensabile, a quanto sembra) con quello degli esseri non umani consiste infatti la garanzia della verità della dottrina.

"11. Kh. 10-15. I fuochi del sacrificio dapprima identificano il Brahman nello spirito vitale, nello spazio che tutto comprende e nella gioia. Quindi ogni fuoco, che si equipara all'Atman (poiché la scienza loro è la scienza dell'Atman, vedi 14, 1) identifica se stesso con tre serie di fenomeni e con i tre personaggi che si ravvisano nel sole, nella luna e nella folgore, che sono considerati evidentemente le espressioni più nobili delle singole serie. Il maestro finalmente ravvisa l'Atman-Brahman non più nelle apparizioni del mondo esterno, bensì nel personaggio che sta nell'occhio dell'uomo, ossia nella sua anima. Chi ciò conosce arriva al Brahman per la ""via degli dei"", che sarà spiegata più ampiamente in 5, 3-10, e si sottrae alla rinascita, cui qui s'accenna appena."
12. Sono cioè i vari personaggi citati prima.

13. L'acqua non tocca la pupilla il fatto oggettivo vien fatto dipendere da verità (intangibilità del Brahman e sua identità con la figura che si vede nell'occhio) accettate senza discussione.

14. Doveri del sacerdote Brahman, che deve tacere (kh. 16) partecipando con il pensiero al rito, o parlare (kh. 17) pronunciando le adatte invocazioni per correggere gli errori eventualmente commessi nella celebrazione del sacrificio. Il brano liturgico è qui inserito forse perché in esso vengono citati i fuochi sacrificali.
15. Ossia è favorevole, poiché il settentrione è l'opposto del meridione, l'infausto soggiorno del dio della morte.

16. La strofe è di interpretazione assai controversa.




QUINTO PRAPATHAKA 1

PRIMO KHANDA

1. In verità, colui che conosce il primo e l'ottimo diventa il primo e l'ottimo. Il respiro, invero, è il primo e l'ottimo.

2. In verità, colui che conosce la cosa più ricca diventa il più ricco tra i suoi. La parola, invero, è la più ricca.

3. In verità, colui che conosce il fondamento ha saldo fondamento in questo e nell'altro mondo. La vista, invero, è il fondamento.

4. In verità, per colui che conosce la prosperità, si realizzano i desideri umani e divini. L'udito, invero, è la prosperità 2.

5. In verità, colui che conosce il rifugio diventa rifugio per i suoi. La mente, invero, è il rifugio.

"6. Una volta i sensi ebbero contesa tra di loro per il primato [e ognuno diceva]: ""Io sono migliore, io sono migliore!""."

"7. I sensi si recarono dal padre, Prajapati, e dissero: ""O venerabile, chi di noi è il migliore? ''. E [quello] disse loro:"
Quello per la mancanza del quale il corpo apparirà in condizioni peggiori, questo è il migliore tra voi.

"8. La parola allora se ne andò. Stette via un anno, tornò e chiese: ""Come avete potuto vivere senza di me?"". ""Come muti, che non parlano, [ma] respirano con il respiro, vedono con la vista, odono con l'udito, pensano con la mente"". ""È vero"", disse la parola e rientrò."

"9. Se ne andò allora la vista. Stette via un anno, tornò e chiese: ""Come avete potuto vivere senza di me ?"". ""Come ciechi che non vedono, [mal respirano con il respiro, parlano con la parola, odono con l'udito, pensano con la mente"". ""È vero"", disse la vista e rientrò."


"9. Se ne andò allora la vista. Stette via un anno, tornò e chiese: ""Come avete potuto vivere senza di me?"". ""Come sordi che non odono, [ma] respirano con il respiro, parlano con la parola, vedono con la vista, pensano con la mente"". ""È vero"", disse l'udito e rientrò."

"11. Se ne andò allora la mente. Stette via un anno, tornò e chiese: ""Come avete potuto vivere senza di me?"". ""Come sciocchi che non pensano, [ma] respirano con il respiro, parlano con la parola, vedono con la vista, odono con l'udito"". ""È vero"", disse la mente e rientrò."

"12. Ma quando il respiro volle allontanarsi, si trascinò via gli altri sensi, come un forte destriero trascinerebbe via i pali delle pastoie. Essi si raccolsero a lui d'attorno e dissero: ""O signore, ritorna! Tu sei il migliore tra noi, non andartene!""."

"13. E la parola gli disse: ""Per quanto io sia la più ricca, sei tu che [veramente] sei il più ricco"". E l'occhio gli disse: ""Per quanto io sia il fondamento, sei tu il [vero] fondamento""."

"14. E l'orecchio: ""Per quanto io sia la prosperità, sei tu la [vera] prosperità"". E la mente: ""Per quanto io sia il rifugio, sei tu il [vero] rifugio""."

"15. Per questo i sensi non sono chiamati ""parole"" o ""viste"", o ""uditi"" o ""menti"", bensì sono chiamati prana (= respiro e senso). Il respiro infatti è [il fondamento di] tutti questi."


SECONDO KHANDA

"1. Esso disse: ""Quale sarà il mio nutrimento (anna)?""'. ""Tutto ciò che esiste fino [al nutrimento di] cani e uccelli"", così gli risposero. Questo è il nutrimento del respiro (ana) 3. Ana è invero il nome più semplice del prana. Per colui che così conosce nulla esiste che non sia cibo."

"2. Esso disse: ""Quale sarà la mia veste ?"". ""Le acque"", risposero. Per questo chi sta per mangiare, avvolge [il cibo] d'acqua prima e dopo [il pasto]. Così [il respiro] riceve una veste e non è più ignudo 4."

"3. Questo disse Satyakama Jabala a Gosruti Vaiyaghrapadya e aggiunse: ""Se ciò si dicesse anche a un albero disseccato, i rami ricrescerebbero e le foglie spunterebbero di nuovo""."

"4. Quindi, quando si vuol conseguire qualcosa di grande, si faccia la cerimonia dell'iniziazione il giorno della luna nuova, poi nella notte della luna piena si mescoli del latte cagliato e del miele a una pozione [fatta] di ogni sorta di erbe e si libi del burro nel fuoco dicendo: ""Al primo, al migliore, Svaha!"". Quindi si versi il resto [del burro] nella pozione."

"5. Quindi si libi del burro nel fuoco dicendo: ""Alla più ricca, Svaha!"" e si versi il resto [del burro] nella pozione. Poi si libi del burro nel fuoco dicendo: ""Al fondamento, Svaha! '' e si versi il resto [del burro] nella pozione. Poi si libi del burro nel fuoco dicendo: ""Alla prosperità, Svaha!"" e si versi il resto [del burro] nella pozione. Poi si libi del burro nel fuoco dicendo: ""Al rifugio, Svaha! '' e si versi il resto [del burro] nella pozione."

"6. Poi si torni indietro lentamente, si prenda il beveraggio nelle mani congiunte e si mormori: ""Ama è il tuo nome 5 : tutto questo [universo] è infatti compreso in (ama) te. Esso (il respiro) è il primo, l'ottimo, il re, il sovrano. Possa esso farmi giungere alla condizione di primo, di ottimo, di re, di sovrano! Possa io essere tutto questo [universo] !""."

7. Poi si reciti questo inno, (R.V., 5, 82, 1), bevendo un sorso a ogni emistichio:

Del dio Sole noi auspichiamo (si beve un sorso)
di ottenere il nutrimento (si beve un sorso)
meditiamo sulla forza del Signore (si beve un sorso)
l'ottima, che procura ogni cosa! (si beve tutto il beveraggio).

8. Dopo aver lavato la coppa di metallo o di legno, [l'officiante] si siede a occidente del fuoco, su una pelle o sulla nuda terra, senza parlare, tutto concentrato. Se vede [in sogno] una donna, sa che il rito ha avuto successo.

9. A questo si riferiscono le strofe seguenti: Quando, nei riti fatti per soddisfare i desideri, si vede in sogno una donna, allora in questa visione di sogno si deve riconoscere il [segno del] successo - in questa visione di sogno.

TERZO KHANDA

"1. Svetaketu, figlio di [Uddalaka] Aruni, giunse all'assemblea dei Pancala. Pravahana, figlio di Jivala, gli disse: ""Giovinetto, il padre ti ha istruito?"". ""Certamente, o venerabile""."

"2. ""Sai tu dove salgono da quaggiù le creature ?"". ""No, o venerabile"". ""Sai come di nuovo tornano?"". ""No, o venerabile"", rispose quello. ""Sai come si biforcano le due vie, la via degli dei e la via dei Mani?"". ""No, o venerabile""."

"3. ""Sai tu come mai il mondo di là non si riempie?"". ""No, o venerabile"". ""Sai come mai alla quinta oblazione le acque parlano con voce umana?"". ""No, o venerabile""."

"4. ""Allora come mai dici di essere stato istruito? Chi non conosce queste cose come può dire di essere istruito?""."

"Rattristato quello se ne andò presso il padre e gli disse: ""Senza avermi istruito, tu, o signore, mi hai detto di avermi istruito."

"5. Un appartenente alla casta dei guerrieri mi ha fatto cinque domande e neppure a una io ho saputo rispondere"". L'altro replicò: ""Come me le hai riferite, o caro, neppur io ne conosco alcuna. Se io le avessi conosciute, come non te le avrei rivelate?""."

"6. [Uddalaka] Aruni si recò dal re, che quando entrò lo accolse con rispetto. Alla mattina [il re] si alzò per andare all'assemblea e gli disse: ""Venerabile Gautama, scegli una grazia relativa ai beni terreni"". Quello disse: ""O re, a te soltanto appartengono i beni terreni. Ma quello che hai detto davanti al ragazzo, dillo a me pure""."

"7. Il re si sentì perplesso e lo invitò a fermarsi per un lungo tempo [come discepolo]. E gli disse: ""Secondo quello che hai detto, o Gautama, questa scienza prima di te non è mai pervenuta ai brahmani; per questo il dominio in tutti i mondi è appartenuto soltanto alla casta dei guerrieri"". Poi gli parlò:"


QUARTO KHANDA

"1. ""In verità il mondo di là, o Gautama, è un fuoco [sacrificale]: il sole è il combustibile, i raggi sono il fumo, il giorno è la fiamma, la luna è il carbone, gli astri sono le scintille."

2. In questo fuoco gli dei sacrificano la fede: da questa oblazione sorge il re Soma.

QUINTO KHANDA

1. In verità Parjanya è un fuoco [sacrificale], o Gautama: il vento è il combustibile, le nubi sono il fumo, il lampo è la fiamma, i fulmini sono i carboni, i chicchi di grandine sono le scintille.

2. In questo fuoco gli dei sacrificano il re Soma: da questa oblazione sorge la pioggia.

SESTO KHANDA

1. In verità questa terra è un fuoco [sacrificale], o Gautama: l'anno è il combustibile, lo spazio etereo è il fumo, la notte è la fiamma, i punti cardinali sono i carboni, i punti intermedi sono le scintille.

2. In questo fuoco gli dei sacrificano la pioggia: da questa oblazione sorge il cibo.

SETTIMO KHANDA

1. In verità l'uomo è un fuoco [sacrificale], o Gautama: la parola è il combustibile, il respiro è il fumo, la lingua è la fiamma, l'occhio è il carbone, l'orecchio è la scintilla.

2. In questo fuoco gli dei sacrificano il cibo: da questa oblazione sorge lo sperma.

OTTAVO KHANDA

1. In verità la donna è un fuoco [sacrificale], o Gautama: il grembo è il combustibile, l'invito [dell'uomo] è il fumo, la vergogna è la fiamma, l'accoppiamento costituisce i carboni, il piacere rappresenta le scintille.

2. In questo fuoco gli dei sacrificano lo sperma: da questa oblazione sorge l'embrione.

NONO KHANDA

1. Così alla quinta oblazione le acque parlano con voce umana. L'embrione avviluppato dalla membrana, dopo esser rimasto dentro dieci mesi o nove o [quel che sia], viene poi alla luce.

2. Quando è nato, vive finché dura la vita. Quando è morto, quando ha raggiunto il [tempo] destinato, lo afferrano per [consegnarlo al] fuoco donde è venuto, donde è sorto.

DECIMO KHANDA

1. Coloro che così sanno e coloro che nella foresta venerano la fede come l'ascesi, costoro entrano nella fiamma [del rogo], dalla fiamma [passano] nel giorno, dal giorno nella quindicina della luna crescente, dalla quindicina della luna crescente nei sei mesi nei quali [il sole] si muove verso settentrione,

2. da questi mesi nell'anno, dall'anno nel sole, dal sole nella luna, dalla luna nella folgore. Qui vi è un essere spirituale e costui li fa procedere fino al Brahman. Questo è il cammino che è la via degli dei.

3. Coloro che nella vita domestica venerano le buone opere, i sacrifici, la liberalità, costoro entrano nel fumo, dal fumo [passano] nella notte, dalla notte nella quindicina oscura, dalla quindicina oscura nei sei mesi nei quali [il sole] declina verso mezzogiorno. Costoro non giungono fino all'anno.

4. Dai sei mesi [passano] nel mondo dei Mani, dal mondo dei Mani allo spazio etereo, dallo spazio etereo alla luna. Questa è il re Soma, è il cibo degli dei e gli dei se ne nutrono.

"5. Dopo aver qui dimorato fino all'ultimo resto [delle proprie azioni], allora di nuovo ritornano, per lo stesso cammino, via via allo spazio etereo, dallo spazio al vento. Quando uno è divenuto vento, diventa fumo; divenuto fumo, diventa nebbia;"

6. divenuto nebbia, diventa nube, divenuto nube cade come pioggia. Allora sulla terra nascono come riso e orzo, come piante e alberi, come sesamo e legumi. Da questo [stato] è difficile l'uscita: infatti soltanto se c'è chi mangia il cibo ed emette lo sperma, allora [il mortale diventato pianta] procede oltre [nella sua evoluzione] 6.

7. Coloro poi che quaggiù tengono buona condotta, c'è speranza che ottengano una matrice favorevole, di donna di casta brahmanica, o ksatriya o vaisya. Ma quelli che tengono condotta spregevole, devono temere di avere una matrice spregevole, di cagna, di scrofa o di candala.

"8. I piccoli organismi poi, destinati a rinascere indefinitivamente 7, non percorrono né l'una né l'altra delle due vie. ""Nasci, muori"": questa è [la sorte di] questa terza categoria."

Ecco perché il mondo di là non si riempie mai. Bisogna dunque stare in guardia. A questo proposito c'è una strofa:

9. Chi ruba oro, chi beve liquori, chi viola il talamo del maestro, chi uccide un brahmano: questi quattro vanno in rovina e, quinto, chi li pratica.

"10. Ma chi così conosce questi cinque fuochi, neppure se pratica costoro vien toccato dal peccato. Puro, limpido, partecipe del mondo puro diventa colui che così sa - colui che così sa""."

UNDECIMO KHANDA 8

"1. Pracinasala Aupamanyava, Satyayajna Paulusi, Indradyumna Bhallaveya, Jana Sarkaraksya, Budila Asvatarasvi, costoro, ricchi di grande dottrina e di grandi case [atte a ricevere molti scolari], si riunirono e si chiesero: ""Chi è il nostro Atman ? Che è il Brahman?""."

"2. E tra loro decisero: ""In verità, o venerabili, Uddalaka Aruni sta ora studiando questo Atman comune a tutti gli uomini (vaisvanara). Andiamo dunque da lui!"". E si recarono da lui."

"3. Quello tra sé decise: ""Questi, ricchi di grande dottrina e di grandi case, mi interrogheranno. Io forse non saprò rispondere loro in tutto. Orbene, io li indirizzerò a qualche altro""."

"4. E disse loro: ""O venerabili, in verità Asvapati Kaikeya sta ora studiando questo Atman comune a tutti gli uomini. Andiamo dunque da lui"". E si recarono da lui."

5. A loro, come arrivarono, [il re] fece rendere, individualmente, il dovuto omaggio. Poi, alzatosi al mattino, disse:

Non esiste tra il popolo mio un ladro, un avaro, un ubriacone, nessuno che non conservi il fuoco [sacro], nessun ignorante nessun adultero, tanto meno un'adultera.

"Io sto per compiere un sacrificio, o venerabili. Quanta ricchezza darò a ognuno degli officianti, altrettanta ne darò a voi. Rimangano i venerabili!""."

"6. Essi dissero: ""Un uomo deve dire per qual motivo si muove. Ora tu stai studiando l'Atman comune a tutti gli uomini, dunque rivelalo a noi""."

"7. Allora egli replicò loro: ""Domattina vi parlerò"". Essi al mattino tornarono con in mano il combustibile. E senza averli sottoposti ad alcuna iniziazione allora egli disse:"

DODICESIMO KHANDA

"1. ""Aupamanyava, che cosa veneri come l'Atman?""."
"Il cielo, signore, rispose quello. ""Questo che tu veneri come Atman, in verità è l'Atman comune a tutti gli uomini [nel suo aspetto di] risplendente. Perciò nella tua famiglia si vede celebrare il sacrificio di soma di un solo giorno, di più giorni, di parecchi giorni."

"2. Tu mangi cibo, tu vedi cose gradite. Cibo mangia, cose gradite vede, risplende la sacra scienza nella famiglia di colui che così venera l'Atman comune a tutti gli uomini. Ma questo è il capo dell'Atman - soggiunse - La tua testa sarebbe caduta, se non fossi venuto da me""."

TREDICESIMO KHANDA

"1. Poi disse a Satyayajna Paulusi: ""O discendente di Pracinayoga, che cosa veneri come l'Atman?"". ""Il sole, signore ,"", rispose quello. ""Questo che tu veneri come Atman, in verità è l'Atman comune a tutti gli uomini [nel suo aspetto di] onniforme 9. Perciò nella tua famiglia si vedono molti [beni] di ogni forma,"

"2. [per esempio] un carro tirato da mule già equipaggiato, una schiava, un gingillo [d'oro]. Tu mangi cibo, tu vedi cose gradite. Cibo mangia, cose gradite vede, risplende la sacra scienza nella famiglia di colui che così venera l'Atman comune a tutti gli uomini. Ma questo è l'occhio dell'Atman - soggiunse - Saresti diventato cieco, se non fossi venuto da me""."

QUATTORDICESIMO KHANDA

"1. Poi disse a Indradyumna Bhallaveya: ""O discendente di Viyaghrapat, che cosa veneri come l'Atman?"". ""Il vento, signore"", rispose quello. ""Questo che tu veneri come l'Atman, in verità è l'Atman comune a tutti gli uomini [nel suo aspetto di] percorrente diverse vie. Perciò diversi tributi ti vengono, diverse file di carri [ti] seguono."

"2. Tu mangi cibo, tu vedi cose gradite. Cibo mangia, cose gradite vede, risplende la sacra scienza nella famiglia di colui che così venera l'Atman comune a tutti gli uomini. Ma questo è il respiro dell'Atman - soggiunse - Il tuo respiro sarebbe uscito fuori, se non fossi venuto da me""."

QUINDICESIMO KHANDA

"1. - Poi disse a Jana Sarkaraksya: ""Sarkaraksya, che cosa veneri come l'Atman?"". ""Lo spazio etereo, signore"", rispose quello. ""Questo che tu veneri come l'Atman, in verità è l'Atman comune a tutti gli uomini [nel suo aspetto di] esteso. Perciò tu sei esteso in discendenza e ricchezza."

2. Tu mangi cibo, tu vedi cose gradite. Cibo mangia, cose gradite vede, risplende la sacra scienza nella famiglia di colui che così venera l'Atman comune a tutti gli uomini. Ma questo è il corpo dell'Atman
soggiunse
" Il tuo corpo sarebbe perito, se non fossi venuto da me""."

SEDICESIMO KHANDA

"1. Poi disse a Budila Asvatarasvi: ""O discendente di Viyaghrapat, che cosa veneri come l'Atman?"". ""L'acqua, signore"", rispose quello. ""Questo che tu veneri come l'Atman, in verità è l'Atman comune a tutti gli uomini [nel suo aspetto di] ricchezza. Perciò tu sei dotato di ricchezza e di prosperità."

2. Tu mangi cibo, tu vedi cose gradite. Cibo mangia, cose gradite vede, risplende la sacra scienza nella famiglia di colui che così venera l'Atman comune a tutti gli uomini. Ma questa è la vescica dell'Atman
" soggiunse  -  La tua vescica sarebbe scoppiata, se non fossi venuto da me""."

DICIASSETTESIMO KHANDA

"1. Poi disse a Uddalaka Aruni: ""O Gautama, che cosa veneri come l'Atman?"". ""La terra, signore"", rispose quello. ""Questo che tu veneri come l'Atman, in verità è l'Atman comune a tutti gli uomini [nel suo aspetto di] fondamento. Perciò tu sei ben fondato per quanto riguarda la discendenza e il bestiame."

2. Tu mangi cibo, tu vedi cose gradite. Cibo mangia, cose gradite vede, risplende la sacra scienza nella famiglia di colui che così venera l'Atman comune a tutti gli uomini. Ma questi sono i piedi dell'Atman
soggiunse
" I tuoi piedi avrebbero perso ogni forza, se non fossi venuto da me""."

DICIOTTESIMO KHANDA

"1. Disse allora a [tutti] quelli: ""Voi, che conoscete isolatamente [una parte soltanto] dell'Atman comune a tutti gli uomini, mangiate cibo [in misura limitata]. Ma chi venera come Atman comune a tutti gli uomini la creatura alta una spanna, [eppure] incommensurabile 10, costui mangia cibo in tutti i mondi, in tutte le creature, in tutti gli esseri viventi 11."

2. Di questo Atman comune a tutti gli uomini il [cielo] risplendente è la testa, il [sole] onniforme è l'occhio, il [vento] che percorre diverse vie è il respiro, l'esteso [spazio etereo] è il corpo, [l'acqua che produce] la ricchezza è la vescica, [la terra che è] il fondamento costituisce i piedi, l'altare del sacrificio è il petto, il [fuoco] garhapatya è il cuore, il [fuoco] anvaharyapacana è la mente, il [fuoco] ahavaniya e la bocca.


DICIANNOVESIMO KHANDA

"1. Allora il cibo che per primo giunge [sulla mensa] deve essere offerto [alla bocca]. La prima oblazione che bisogna fare, bisogna farla dicendo: ""Al prana, Svaha!''. Il prana è [allora] soddisfatto."

"2. Soddisfatto il prana, è soddisfatta la vista; soddisfatta la vista, è soddisfatto il sole; soddisfatto il sole, è soddisfatto il cielo; soddisfatto il cielo, è soddisfatto ciò cui il cielo e il sole sono preposti. In seguito a ciò resta soddisfatto [il sacrificatore] quanto a progenie, bestiame, cibo, splendore, sacra scienza."

VENTESIMO KHANDA

"1. La seconda oblazione che poi bisogna fare, bisogna farla dicendo: "" Al Vyana, Svaha! "". Il vyana è [allora] soddisfatto."

"2. Soddisfatto il vyana, è soddisfatto l'udito; soddisfatto l'udito, è soddisfatta la luna; soddisfatta la luna, son soddisfatte le regioni celesti; soddisfatte le regioni celesti, è soddisfatto ciò cui le regioni celesti e la luna sono preposte. In seguito a ciò resta soddisfatto [il sacrificatore] quanto a progenie, bestiame, cibo, splendore, sacra scienza."

VENTUNESIMO KHANDA

"1. La terza oblazione che poi bisogna fare, bisogna farla dicendo: "" All'apana, Svaha! "". L'apana [allora] è soddisfatto."

"2. Soddisfatto l'apana, è soddisfatta la parola; soddisfatta la parola, è soddisfatto il fuoco; soddisfatto il fuoco, è soddisfatta la terra; soddisfatta la terra, è soddisfano ciò cui la terra e il fuoco sono preposti. In seguito a ciò resta soddisfatto [il sacrificatore] quanto a progenie, bestiame, cibo, splendore, sacra scienza."



VENTIDUESIMO KHANDA

"1. La quarta oblazione poi che bisogna fare, bisogna farla dicendo: ""Al samana, Svaha!''. Il samana [allora] è soddisfatto."

"2. Soddisfatto il samana, è soddisfatta la mente; soddisfatta la mente, è soddisfatto Parjanya [, dio dell'uragano]; soddisfatto Parjanya, è soddisfatta la folgore; soddisfatta la folgore, è soddisfatto ciò cui la folgore e Parjanya sono preposti. In seguito a ciò resta soddisfatto [il sacrificatore] quanto a progenie, bestiame, cibo, splendore, sacra scienza."

VENTITREESIMO KHANDA

"1. La quinta oblazione poi che bisogna fare, bisogna farla dicendo: ""All'udana, Svaha!"". L'udana [allora] è soddisfatto."

"2. Soddisfatto l'udana, è soddisfatto il vento; soddisfatto il vento, è soddisfatto lo spazio etereo; soddisfatto lo spazio, è soddisfatto ciò cui il vento e lo spazio sono preposti. In seguito a ciò resta soddisfatto [il sacrificatore] quanto a progenie, bestiame, cibo, splendore, sacra scienza."

VENTIQUATTRESIMO KHANDA

1. Quando uno senza conoscere ciò compie il [sacrificio dell']agnihotra, è come chi libasse nella cenere dopo aver tolto i carboni ardenti.

2. Invece chi, ciò conoscendo, compie il [sacrificio dell']agnihotra, la sua offerta è [valida] per tutti i mondi, per tutte le creature, per tutti gli esseri viventi.

3. Come arde, quando sia gettata nel fuoco, la pannocchia d'una canna, così ardono tutti i peccati di colui che ciò così conoscendo compie il [sacrificio dell']agnihotra.

4. Perciò per colui che così sa, se pur desse i resti [del sacrificio] a un candala, la sua offerta sarebbe sempre [rivolta] all'Atman comune a tutti gli uomini 12. A questo proposito c'è una strofa:

5. Come i fanciulli affamati attorniano la madre, così tutte le creature stanno attorno all'agnihotra - stanno attorno all'agnihotra.

Note :
1. Il quinto prapathaka comprende tre brani. Nei kh. 1-2 è descritto un rito magico per assicurarsi le qualità proprie dei singoli sensi, tra i quali predomina il prana, soffio vitale, che agli altri sensi ha dato il nome appunto di prana. Seguono le dottrine dei cinque fuochi e delle due vie (kh. 3-10) e una ricerca sull'Atman vaisvanara (kh. 11-24). Il numero cinque, che ricorre nei vari brani, sembra l'unico legame che ne giustifichi la giustapposizione. I due primi brani trovano riscontro in B.Up., 6, 1-3, cui si rimanda.

2. L'udito consente d'apprendere le norme del sacrificio, la cui effettuazione garantisce la realizzazione d'ogni desiderio.
3. Ossia tutto è al servizio del prana, o ana.

4. Si allude al costume di sciacquarsi la bocca.

"5. Ama, la cui assonanza con ana è evidente, può significare a quello"", come epiteto di ciò che è altrimenti indefinibile, o anche ""il potente""."
6. È possibile infatti, dice Sankara, o che l'acqua non contribuisca alla crescita dei vegetali o che il vegetale non sia mangiato da persona atta a procreare.

7. Probabilmente si tratta di vermi, insetti e simili. Cfr. B.Up., 6, 2, 16.

8. Cinque brahmani, desiderosi non di ricchezza ma di sapienza, si recano dal re Asvapati insieme con Uddilaka, per sapere dell'Atman vaisvanara, ossia del primo principio (è infatti equiparato al Brahman in 11, 1) che si ritrova eguale in tutti gli esseri viventi. Le identificazioni con forze naturali, che garantiscono beni materiali e limitati, sono respinte come insufficienti: l'Atman vaisvanara comprende tutto e si trova nell'intimo dell'uomo, è incommensurabilmente grande ed ha la misura d'una spanna e non si esaurisce in un singolo fenomeno. Chi questo sa partecipa dell'universalità dell'Atman e compie il vero sacrificio dell'agnihotra: riconosce cioè l'identità del proprio sé con l'universo e perciò il sacrificio offerto ai propri soffi vitali (nel qual sacrificio s'adombra forse l'ineludibilità della vita) si trasforma in un sacrificio offerto a tutto l'universo, le cui singole parti
vengono identificate con i soffi e i sensi individuali. Cfr. anche Mahanarayana Up. Il brano è un rimaneggiamento di Satapatha Brahmana, X, 6, 1, dove si parla di Agni vaisvanara, simbolo del primo principio onnipresente, comune a tutti come calore vitale e presente in ogni focolare.
9. Secondo il commento, la luce solare è costituita di molti colori.

10. Lezione e interpretazione controverse.

"11. Una conoscenza limitata consente di fruire di beni limitati; la conoscenza assoluta consente una supremazia assoluta."
12. Anche qui compare l'idea che chi conosce è superiore a ogni convenzione e a ogni regola anche morale. Cfr. 5, 10, 10.




SESTO PRAPATHAKA 1

PRIMO KHANDA

"1. C'era [una volta] Svetaketu, discendente di Aruni. Il padre una volta gli disse: ""Svetaketu, dedicati allo studio: infatti, o caro, non c'è nessuno nella nostra famiglia che, per non aver studiato, sia brahmano soltanto di nome""."

2. Dunque a dodici anni quello si recò presso un maestro e a ventiquattro ne tornò, orgoglioso, fiero, ritenendosi dotto, poiché aveva studiato tutti i Veda.

"3. E il padre gli domandò: ""Svetaketu, poiché tu ora sei così orgoglioso, fiero e ritieni di essere dotto, certamente tu avrai chiesto quell'insegnamento per cui ciò che non s'era appreso viene appreso, ciò che non s'era pensato viene pensato, ciò che non s'era conosciuto viene conosciuto""."

"4. ""Come è mai, o venerabile, questo insegnamento?"". ""O caro, come da una zolla d'argilla si conosce tutto ciò che è fatto d'argilla: la forma particolare è questione di parole, è un nome, la realtà è una sola, l'argilla;"

"5. o caro, come da una palla di rame si conosce tutto ciò che è fatto di rame: la forma particolare è questione di parole, è un nome, la realtà è una sola, il rame;"

"6. o caro, come da un temperino per unghie si conosce tutto ciò che è fatto di ferro: la forma particolare è questione di parole, è un nome, la realtà è una sola, il ferro - così, o caro, è questo insegnamento"" 2."

"7. ""Certamente i venerabili maestri non conoscevano questo; se lo avessero conosciuto, come non me l'avrebbero rivelato? Ma, o venerabile, continua a insegnarmelo tu"". ""Va bene, o caro"", rispose quello."

SECONDO KHANDA

"1. ""O caro, al principio questo [universo] era soltanto l'Essere (Sat), uno, senza secondo. A questo proposito alcuni dicono: Al principio questo [universo] era soltanto Non essere (Asat), unico, senza secondo. Di poi dal Non essere nacque l'Essere."

2. Ma come, o caro, potrebbe essere così? - soggiunse egli - . Come dal Non essere potrebbe essere sorto l'Essere? Essere soltanto questo [universo] era al principio, o caro, uno, senza secondo.

"3. Esso pensò: ""Vorrei moltiplicarmi, vorrei riprodurmi!"". E produsse il tejas. Il tejas pensò: ""Vorrei moltiplicarmi, vorrei riprodurmi! "". E produsse l'acqua. Perciò sempre quando arde [per il caldo o per le pene fisiche e morali], l'uomo emette sudore: è perché l'acqua s'è prodotta dal tejas."

"4. Le acque pensarono: ""Vorremmo moltiplicarci, vorremmo riprodurci!"". E produssero il cibo. Perciò sempre, quando piove, c'è cibo abbondante: è perché il cibo si produce dalle acque""."


TERZO KHANDA

"1. ""Delle creature tre sono i modi di nascere: da un uovo, da un essere vivente, da un germe 3."

"2. Quella divinità (l'Essere) pensò: "" Orsù, io penetrerò in queste tre divinità (le creature sorte nel triplice modo ora detto) con la mia anima vivente, e farò apparire nome e forma 4"

"3. e renderò triplice ognuna di esse"". E penetrò in queste tre divinità con la sua anima vivente e distinse nome e forma"

"4. e rese triplice ognuna di esse. Apprendi ora da me, o caro, come queste tre divinità siano ciascuna triplice""."

QUARTO KHANDA

"1. ""L'aspetto rosso del fuoco è l'aspetto del tejas, l'aspetto bianco è quello dell'acqua, l'aspetto nero è quello del cibo. Il fuoco in se stesso è quindi sparito: la forma particolare è questione di parole, è un nome, in realtà esistono soltanto i tre aspetti 5."

2. L'aspetto rosso del sole è l'aspetto del tejas, l'aspetto bianco è quello dell'acqua, l'aspetto nero è quello del cibo.
Il sole in se stesso è quindi sparito: la forma particolare è questione di parole, è un nome, in realtà esistono soltanto i tre aspetti.

3. L'aspetto rosso della luna è l'aspetto del tejas, l'aspetto bianco è quello dell'acqua, l'aspetto nero è quello del cibo. La luna in se stessa è quindi sparita: la forma particolare è questione di parole, è un nome, in realtà esistono soltanto i tre aspetti.

4. L'aspetto rosso del lampo è l'aspetto del tejas, l'aspetto bianco è quello dell'acqua, l'aspetto nero è quello del cibo. Il lampo in se stesso è quindi sparito, in realtà esistono soltanto i tre aspetti.

"5. Riferendosi a questo, gli antichi che ciò conoscevano, ricchi di grande dottrina e di grandi case [atte a ricevere molti scolari], solevano dire: "" Nessuno oggi potrà dirci cosa nuova, non pensata, non conosciuta"". Dalla considerazione di questi [aspetti] avevano infatti tratto la loro conoscenza."

6. Ciò che appariva rosso, sapevano che era l'aspetto del tejas, ciò che appariva bianco, sapevano che era l'aspetto dell'acqua, ciò che appariva nero, sapevano che era l'aspetto del cibo.

"7. Ciò che appariva sconosciuto sapevano che era una mescolanza di queste tre divinità. Apprendi ora da me, o caro, come queste tre divinità penetrate nell'uomo diventino ognuna triplice""."

QUINTO KHANDA

"1. ""Il cibo mangiato si divide in tre parti: la parte più grossolana diventa escremento, la mediana carne, la più sottile mente."

2. L'acqua bevuta si divide in tre parti: la parte più grossolana diventa urina, la mediana sangue, la più sottile respiro.

3. Il tejas assorbito si divide in tre parti: la parte più grossolana diventa l'osso [dello scheletro], la mediana midollo, la più sottile parola.

"4. Costituita di cibo è la mente, o caro, costituito di acqua è il respiro, costituita di tejas è la parola"". ""Continua il tuo insegnamento, o venerabile"". ""Va bene, o caro"", rispose quello."

SESTO KHANDA 6

"1. ""o caro, quando il latte viene sbattuto, la parte più sottile viene a galla e diventa burro."

2. Del pari, o caro, quando si mangia il cibo, la parte più sottile viene a galla e diventa mente.

3. Quando, o caro, si beve l'acqua, la parte più sottile viene a galla e diventa respiro.

4. Quando, o caro, si assorbe il tejas, la parte più sottile viene a galla e diventa parola.

"5. Costituita di cibo è la mente, o caro, costituito di acqua è il respiro, costituita di tejas è la parola"". ""Continua il tuo insegnamento, o venerabile"". ""Va bene, o caro"", rispose quello."

SETTIMO KHANDA

"1. ""L'uomo è costituito di sedici parti 7, o caro. Non mangiare per quindici giorni, [ma] bevi quanta acqua vuoi. Il respiro è costituito di acqua: non sarà reciso, se si beve""."

"2. Egli non mangiò nulla per quindici giorni. Poi gli si avvicinò e chiese: ""Che cosa debbo recitare?"". ""Recita gli inni sacri, le formule, le melodie"". Ma egli replicò: ""Non mi sovvengono""."

"3. Allora il padre  gli disse : ""O caro,"
è come se si fosse appiccato un grande fuoco e fosse rimasto soltanto un carbone della grossezza d'una lucciola: con questo anche in seguito non potrebbe accendersi un gran fuoco. Così, o caro, delle tue sedici parti soltanto una sarà rimasta e con questa tu non puoi percepire i Veda. Mangia!

"4. E poi continuerai ad apprendere da me"". Quello mangiò. Poi gli si avvicinò e a tutto quanto gli era chiesto sapeva rispondere. Allora [il padre] gli disse:"

"5. ""O caro, è come se si attizzasse, nutrendolo con l'erba, l'unico carbone, della grossezza d'una lucciola, rimasto d'un gran fuoco appiccato: con esso si accenderebbe allora una gran fiamma."

"6. Del pari, o caro, delle tue sedici parti soltanto una era rimasta. Questa, nutrita con il cibo, s'è riattizzata e con questa tu percepisci i Veda. Invero, o caro, costituita di cibo è la mente, costituito di acqua è il respiro, costituita di tejas è la parola"". Questo è l'insegnamento che egli ricevette - l'insegnamento che ricevette."

OTTAVO KHANDA

"1. Uddalaka, figlio di Aruna, disse al figlio Svetaketu: ""Apprendi, o caro, la verità sul sonno. Quando si dice che un uomo dorme, allora, o caro, egli è unito con l'Essere. Egli è penetrato nel Sé (svam apita), perciò si dice che dorme (svapiti): è perché è penetrato nel Sé 8."

2. Come un uccello, legato a una corda, svolazza qua e là e non trovando altrove sostegno si rifugia proprio là dove era legato, così, o caro, il pensiero qua e là divaga e non trovando altrove rifugio, si riposa sul respiro: infatti, o caro, al respiro è legato il pensiero 9.

"3. Apprendi da me, o caro, la [verità sulla] fame e [sulla] sete. Quando si dice che un uomo ha voglia di mangiare, è che le acque portano via ciò che ha mangiato 10. Come i vocaboli gonaja, asvanaya, purusanaya, significano ""conduttore di vacche, di cavalli, di uomini"", così con il vocabolo asanaya si indica l'acqua. Ora tu devi sapere, o caro, che [ogni] germoglio, sorto in siffatta maniera, certamente deve avere una radice 11:"

4. e dove sarà la sua radice altrimenti che nel cibo ? Parimenti, o caro, tu devi in verità dal germoglio che è il cibo risalire alla radice che è l'acqua, dal germoglio che è l'acqua risalire alla radice che è il tejas, dal germoglio che è il tejas, o caro, risalire alla radice che è il Sat. Tutte le creature, o caro, hanno la loro radice nel Sat, si basano sul Sat, sono fondate sul Sat.

"5. Ancora, quando si dice che un uomo ha voglia di bere, è che il tejas porta via ciò che ha bevuto. Come i vocaboli gonaya, asvanaya, purusanaya significano "" conduttore di vacche, di cavalli, di uomini"", così con il vocabolo udanya si indica il tejas. Ora tu devi sapere, o caro, che [ogni] germoglio, sorto in siffatta maniera, deve certamente avere una radice:"

6. e dove sarà la sua radice altrimenti che nell'acqua? O caro, dal germoglio che è l'acqua tu devi risalire alla radice che è il tejas, dal germoglio che è il tejas, o caro, devi risalire alla radice che è il Sat. Tutte le creature, o caro, hanno la loro radice nel Sat, si basano sul Sat, sono fondate sul Sat. Come poi, o caro, queste tre divinità, una volta pervenute nell'uomo, diventino ognuna triplice, questo già è stato detto. Quando, o caro, un uomo muore, la sua parola si ritrae nella mente, la mente nel soffio vitale, il soffio vitale nel tejas, il tejas nella suprema divinità. Qualunque sia questa essenza sottile,

"7. tutto l'universo è costituito di essa, essa è la vera realtà, essa è l'Atman. Essa sei tu, o Svetaketu"". ""Continua il tuo insegnamento, o venerabile"". ""Va bene, o caro"", rispose quello."

NONO KHANDA 12

"1. ""O caro, succede come per le api che fanno il miele. Dopo aver raccolto i succhi dalle piante più diverse, amalgamano il succo stesso."

2. Nello stesso modo che quei [succhi] non possono distinguersi come il succo di questa o di quest'altra pianta, proprio così, o caro, tutte le creature una volta che siano penetrate nel Sat non sanno di essere penetrate nel Sat.

3. Qualunque cosa siano qui sulla terra - tigre, leone, lupo, cinghiale, verme, farfalla, tafano o zanzara - esse continuano la loro esistenza come Tat (Essere indifferenziato).

"4. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l'universo è costituito di essa, essa è la vera realtà, essa è l'Atman. Essa sei tu, o Svetaketu"". ""Continua il tuo insegnamento, o venerabile"". ""Va bene, o caro"", rispose quello."

DECIMO KHANDA

"1. ""I fiumi, o caro, scorrono gli orientali verso oriente, gli occidentali verso occidente. Venuti dall'oceano [celeste], essi nell'oceano tornano e diventano [una cosa sola con l']oceano. Come là giunti non si rammentano di essere questo o quest'altro fiume,"

2. proprio così, o caro, le creature, che sono uscite dall'Essere, non sanno di provenire dall'Essere. Qualunque cosa siano qui sulla terra - tigre, leone, lupo, cinghiale, verme, farfalla, tafano o zanzara - esse continuano la loro esistenza come Tat.

"3. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l'universo è costituito di essa, essa è la vera realtà, essa è l'Atman. Essa sei tu, o Svetaketu"". ""Continua il tuo insegnamento, o venerabile"". ""Va bene, o caro"", rispose quello."

UNDECIMO KHANDA 13

"1. ""Se si colpisse alla radice un grande albero, ne uscirebbe la linfa, ma continuerebbe a vivere; se si colpisse alla metà, ne uscirebbe la linfa, ma continuerebbe a vivere; se si colpisse alla cima, ne uscirebbe la linfa, ma continuerebbe a vivere. In quanto è compenetrato dalla forza vivificante, lieto se ne sta, bevendo avidamente [dalle radici]."

"2. Ma quando la forza vivificante abbandona un ramo, questo secca; se ne abbandona un secondo, questo secca; se ne abbandona un terzo, anche questo secca; se abbandona tutto [l'albero], tutto [l'albero] secca. Proprio così, o caro, sappi che"

"3. qui muore ciò che è abbandonato dalla forza vivificante, ma non è la forza vivificante che muore. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l'universo è costituito di essa, essa è la vera realtà, essa è l'Atman. Essa sei tu, o Svetaketu"". ""Continua il tuo insegnamento, o venerabile"". ""Va bene, o caro"", rispose quello."

DODICESIMO KHANDA 14

"1. ""Prendi di là un frutto di nyagrodha!"". ""Eccolo, o venerabile"". ""Spaccalo"". ""Eccolo spaccato, o venerabile"". ""Che ci vedi?"". ""Questi piccolissimi grani, o venerabile"". ""Bene, spaccane uno"". ""Eccolo spaccato, o venerabile"". ""Che ci vedi?"". ""Nulla, o venerabile"", rispose quello."

"2. Allora il padre gli disse: ""Da questa essenza sottile che tu non percepisci, o caro, da questa essenza sottile nasce invero questo grande albero."

"3. Stanne pur sicuro, o caro. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l'universo è costituito di essa, essa è la vera realtà, essa è l'Atman. Essa sei tu, o Svetaketu"". ""Continua il tuo insegnamento, o venerabile"". ""Va bene, o caro"", rispose quello."

TREDICESIMO KHANDA

"1. ""Getta questo sale nell'acqua, poi domattina accostati a me"". E quello così fece. Poi [il padre] gli disse: ""Prendi dunque il sale che iersera hai gettato nell'acqua"". Egli lo cercò, ma non lo trovò: era come completamente sparito."

"2. ""Orsù, sorbisci un po' di quest'acqua [, prendendola] dall'orlo. Come è?"". ""È salata"". ""Sorbiscine un po' prendendola dal mezzo. Come è?"". ""È salata"". ""Sorbiscine un po' [prendendola] dall'[altro] orlo. Come è ?"". ""È salata"" ""Mangiaci sopra qualche cosa [di salato come controprova]. Poi siediti vicino a me"". Quello così fece e disse: ""È sempre [lo stesso]"". [Il padre] allora disse: ""O caro, tu non vedi quello che c'è qui, eppure c'è sicuramente."

"3. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l'universo è costituito di essa, essa è la vera realtà, essa è l'Atman. Essa sei tu, o Svetaketu"". ""Continua il tuo insegnamento, o venerabile"". ""Va bene, o caro"", rispose quello."

QUATTORDICESIMO KHANDA

"1. ""O caro, se si portasse via dal [paese dei] Gandhara un uomo con gli occhi bendati e poi lo si abbandonasse in un luogo deserto, costui - condotto via con gli occhi bendati, abbandonato con gli occhi bendati - errerebbe verso oriente o verso settentrione o verso occidente o verso meridione."

"2. Se, sciogliendogli la benda, un uomo gli dicesse: "" In questa direzione è il [paese dei] Gandhara, prosegui per questa direzione!"", allora quello, domandando di villaggio in villaggio, se è istruito e intelligente, potrà arrivare al [paese dei] Gandhara. Del pari l'uomo, quando abbia un maestro, sa che tanto avrà di questo [errare] finché non sarà liberato, ma poi arriverà 15."

"3. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l'universo è costituito di essa, essa è la vera realtà, essa è l'Atman. Essa sei tu, o Svetaketu"". ""Continua il tuo insegnamento, o venerabile"". ""Va bene, o caro"", rispose quello."

QUINDICESIMO KHANDA

"1. ""O caro, intorno a un uomo che abbia la febbre si assiepano i parenti e chiedono: ""Mi riconosci? Mi riconosci ? "". Finché la parola non si è ritratta nella mente, la mente nel soffio vitale, il soffio vitale nel tejas, il tejas nella suprema divinità, fino allora egli [li] riconosce 16."

2. Ma quando la sua parola si è ritratta nella mente, la mente nel soffio vitale, il soffio vitale nel tejas, il tejas nella suprema divinità, allora egli non ha più la coscienza.

"3. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l'universo è costituito di essa, essa è la vera realtà, essa è l'Atman. Essa sei tu, o Svetaketu"". ""Continua il tuo insegnamento, o venerabile"". ""Va bene, o caro"", rispose quello."

SEDICESIMO KHANDA 17

"1. ""Portano un uomo con le mani legate, o caro, gridando: "" Ha rubato, ha commesso un furto, arroventate per lui l'ascia [per la prova del fuoco] ! "". Se ha commesso il fatto [ma lo nega], allora rende se stesso [preda dell']anrta (= asatya, menzogna e opposto della vera realtà). Essendosi avviluppato nell'anrta, poiché si rigira nell'anrta, afferra la scure arroventata, si brucia, è condannato a morte."

2. Ma se non ha commesso il fatto, allora rende se stesso [preda del] satya. Essendosi avviluppato nel satya, poiché si rigira nel satya, afferra la scure arroventata, non si brucia, è lasciato libero.

"3. Ciò [che fa] in modo che quest'uomo non si bruci  - di esso è costituito l'universo, esso è la vera realtà, esso è l'Atman. Esso sei tu, o Svetaketu"". Questo insegnamento ebbe da lui, questo insegnamento ebbe."

Note :
"1. La sesta lettura, che può dividersi in due parti (kh. 1-7: dottrina degli elementi; kh. 8-16: relazioni tra l'Essere e l'individuo), è rivolta ad affermare, al di là dell'apparente molteplicità, l'unicità dell'Essere (Sat). Dal Sat si producono i tre elementi cosmici, tejas, ovvero il calore splendente del fuoco, acqua e cibo, vale a dire tutto ciò che è materiale e solido. I tre elementi, una volta prodotti, vivono, per così dire, di vita propria, contrapponendosi al Sat, che infatti penetra in essi come principio animatore, e dando origine ai vari fenomeni. La formula Tat tvam asi, ""Tu sei il Tat"", ossia l'Essere indifferenziato causa materiale ed efficiente di tutto ciò che esiste, esprime efficacemente il pensiero fondamentale che tutto si riconduce all'unica realtà dell'Essere. Nuovo è lo spirito che anima Uddalaka, che è straordinariamente attento al mondo esteriore e partecipa d'un atteggiamento quasi scientifico, cercando di fondare le proprie affermazioni su prove ed esperimenti. Particolarmente significativo il suo fare derivare il pensiero dal cibo, in aperta polemica con il primato altrove attribuito al pensiero."
2. Occorre un processo d'astrazione dal caso particolare: in tal modo si giungerà all'ultima realtà, conosciuta la quale tutto è conosciuto.
3. Questo versetto sottolinea la legge di causalità che domina tutte le apparizioni della natura e collega i modi di nascere delle creature con i tre elementi cosmici primamente prodotti dal Sat: il calore fa schiudere le uova, i nati vivi sorgono dalle acque del sacco embrionale, le piante sono come il cibo, impensabile senza l'umidità. Cfr. FR. EDGERTON, The Beginnings of Indian Philosophy, London, 1965, p. 171, n. 3.

4. L'individualità (nome e forma) è costituita dall'unione del principio animatore con gli elementi cosmici da esso prodotti. Ma tutto fuoriesce dall'Essere, che adopera funzionalmente le sue varie capacità.

5. Gli elementi non esistono allo stato puro, bensì nelle manifestazioni della natura c'è sempre una mescolanza: ciò si deduce osservando il fuoco (fiamma chiara, tizzoni rossi, carboni neri), il sole, la luna, il lampo, nei quali si scorgono vari colori (ad esempio nelle macchie solari). In ogni prodotto possono dunque individuarsi i componenti, ossia in ogni effetto s'individua la causa, che è la sola realtà. Ciò contribuisce a rendere accettabile l'affermazione che, come dal cibo all'acqua é dall'acqua al tejas, dal tejas si risale al Sat, unica realtà.
"6. I kh. 6 e 7 sono una specie di dimostrazione delle affermazioni audaci del khanda precedente. Dapprima, con esempi tolti dall'ambito della vita comune, si ""dimostra"" che la parte più sottile degli elementi va in alto, poi si mette in luce lo stretto legame che esiste tra cibo e pensiero e tra acqua e respiro."

"7. Un intero si compone di quattro quarti; ogni quarto a sua volta si divide in quattro parti. Vedi anche sopra, 4, 5-9."
8. Nel sonno profondo ci si immerge nel più profondo se stesso, che è identificato con l'Essere.

9. Il soffio vitale esiste prima del pensiero, ovvero nel sonno, con o senza sogni, si perde la conoscenza, non la vita.
"10. L'autore si serve d'una falsa etimologia dei vocaboli asanaya e udanya per dimostrare come il cibo sia assorbito dall'acqua e l'acqua dal tejas. Quando si desidera mangiare, si ha asanaya, ossia ""fame,"", ma anche ""acqua"" (asa-naya, ""conduttrice o asportatrice di cibo"": il cibo infatti è digerito, ossia reso liquido dall'acqua e trasformato nei vari umori del corpo). Analogamente, quando si desidera bere, si verifica udanya, ""sete ,"", ma anche ""tejas"" (uda-nya, ""asportatrice dell'acqua"", che invero si dissecca, e l'etimologia qui è ancora più artificiosa, perché nya non esiste come equivalente di naya). Poiché prima (kh. 8, 2, 3-4) è stato stabilito che il cibo dipende dall'acqua e questa dal tejas ed ora rimane stabilito che ogni elemento dipendente si riassorbe in quello che gli ha dato origine, ossia poiché viene dimostrata vera una parte d'una affermazione, si considera dimostrata anche l'ulteriore dipendenza del tejas dal Sat e l'assorbimento del primo nel secondo. All'autore sembra così d'aver consolidato la tesi dell'assorbimento della parola nel pensiero, di questo nel respiro, di questo nel tejas e del tejas nel Sat, che pure è basata, in parte, sull'osservazione del progressivo spegnersi delle facoltà vitali in un morente (da notare che la parola, manifestazione del tejas, si ritrae nella mente, manifestazione del cibo: non unico né ultimo esempio delle contraddizioni esistenti anche all'interno d'uno stesso brano upanisadico)."

11. Penso che con queste parole, e con quelle identiche di poco seguenti, l'autore voglia richiamare l'importanza del principio di causalità: fame e sete hanno la loro radice nel cibo e nell'acqua o meglio nella mancanza di cibo e di acqua. Il commentatore indiano e molti traduttori intendono che s'alluda al corpo, prodotto dal cibo e dall'acqua.
"12. Nei kh. 9 e 10 s'illustra il concetto che tutto finisce nell'Essere, nel quale non esiste coscienza né dell'individualità transeunte avuta qui sulla terra, né della provenienza remota dall'Essere indifferenziato, né della finale immersione nell'unità, né del fatto che ogni singola forma di vita è soltanto un aspetto della vita universale: tutto infatti si risolve nel Tat o Sat. Cfr. FR. R. HAMM, Chandogyopanisad VI. Ein erneuter Versuch, in ""Festschrift f. E. Frauwallner"", p. 156, nn. 58-59. In questi e nei khanda seguenti non possono certamente disconoscersi la bellezza delle immagini e la passione che anima il veggente, ma è del pari chiaro che l'efficacia dimostrativa è limitata. Così nella similitudine tra fiumi e individui il tertium comparationis, che è l'identità sostanziale tra le individuazioni fenomeniche dei singoli termini nei vari momenti dell'esistenza e il loro sostrato comune è evidente nel caso dei fiumi, fuoriusciti da un nucleo comune e in esso ritornanti mentre nel caso degli individui l'omosostanzialità con il Sat è proprio la nozione da dimostrare."
13. Simile alla linfa dell'albero, esiste nella creatura un quid, presente il quale c'è la vita. S'afferma che questo quid è l'Essere.
14. Il principio della vita esiste nell'individuo, è invisibile ed è legato alla materia o è addirittura materiale, come la capacità di germogliare nel seme di nyagrodha o il sale disciolto nell'acqua.

15. Il maestro è dunque necessario perché si faccia strada la comprensione della verità.
16. La conoscenza è qui legata al calore corporeo, non al pensiero (vedi anche sopra 8, 6).

"17. Uddalaka ammette l'ordalia e ne tenta una spiegazione che conforti di nuova prova l'asserita onnipotenza del principio supremo e unico (Sat o satya). Tutto riposa sul doppio significato di satya, che è cc verità"" e sinonimo del Sat (in quanto il Sat è la vera realtà), e sulla conseguente equivalenza di asatya con anrta, ""menzogna"". Dunque il veritiero è avvolto dal satya che lo difende dall'ardore del fuoco come una guaina; il menzognero si condanna per la menzogna che pronuncia, ossia per la mancanza di satya."


SETTIMO PRAPATHAKA 1

PRIMO KHANDA

"1. ""Dà l'insegnamento, o venerabile!"", così dicendo Narada s'avvicinò a Sanathkumara. Questi allora gli disse: ""Accostati con quello che conosci; io poi ti rivelerò cose più alte""."

"2. Quello disse: ""Io conosco il Rgveda, o venerabile, il Yajurveda, il Samaveda, l'Atharvaveda come quarto, i poemi epici e le antiche leggende come quinti, la grammatica, il rituale dei morti, la scienza del far di conto, la divinazione, la scienza dei tempi, la logica, l'etica, l'etimologia, la scienza dei testi sacri, la scienza dei demoni, la scienza delle armi, l'astronomia, la scienza dei serpenti, le belle arti 2. Queste cose, o venerabile, io conosco."

"3. Io, o venerabile, conosco le formule sacre, ma non conosco l'Atman, e invece io ho sentito dai pari tuoi che chi conosce l'Atman supera il dolore. Io, o venerabile, soffro; o venerabile, fammi superare il dolore"". [Sanatkumara] allora gli disse: ""Tutto ciò che hai studiato è soltanto nome (ossia limitato, perché la possibilità di espressione è sempre limitata)."

4. In verità, nome (nama) sono il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, l'Atharvaveda come quarto, i poemi epici e le antiche leggende come quinti, la grammatica, il rituale dei morti, la scienza del far di conto, la divinazione, la scienza dei tempi, la logica, l'etica, l'etimologia, la scienza dei testi sacri, la scienza dei demoni, la scienza delle armi, l'astronomia, la scienza dei serpenti, le belle arti. Soltanto nome è tutto ciò. Venera il nome [come Brahman] !

"5. Chi venera il nome come Brahman, fin dove il nome giunge, fin a quel punto può giungere a suo piacere"". ""O venerabile, esiste qualche cosa di superiore al nome ?"". ""Certamente esiste qualcosa di superiore al nome"". ""Dimmelo, o venerabile""."

SECONDO KHANDA

"1. ""La parola (vac), in verità, è superiore al nome. È la parola che rivela il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, l'Atharvaveda come quarto, i poemi epici e le antiche leggende come quinti, la grammatica, il rituale dei morti, la scienza del far di conto, la divinazione, la scienza dei tempi, la logica, l'etica, l'etimologia, la scienza dei demoni, la scienza delle armi, l'astronomia, la scienza dei serpenti, le belle arti; [è la parola che fa conoscere] il cielo e la terra, il vento e lo spazio etereo, le acque e il tejas, gli dei e gli uomini, gli animali domestici, gli uccelli, le erbe e le piante, le bestie fino ai vermi, agli insetti, alle formiche, [è la parola che fa conoscere] il giusto e l'ingiusto, la verità e la menzogna, il bene e il male, il gradito e lo sgradito. Se non esistesse la parola, né il giusto né l'ingiusto avrebbero il mezzo di rivelare [se stessi], non la verità e la menzogna, non il bene e il male, non il gradito e lo sgradito. Soltanto la parola rivela tutto ciò. Venera la parola [come Brahman] !"

"2. Chi venera la parola come Brahman, fin dove la parola giunge, fin a quel punto può giungere a suo piacere"". ""O venerabile, esiste qualche cosa di superiore alla parola?"". ""Certamente esiste qualcosa di superiore alla parola"". ""Dimmelo, o venerabile""."

TERZO KHANDA

"1. ""La mente (manas), in verità, è superiore alla parola. Come il pugno contiene due frutti di amalaka o di kola o di aksa, così la mente contiene parola e nome. Quando l'uomo pensa: "" Voglio imparare le formule sacre "", allora le impara; "" Voglio compiere le opere sacrificali "", allora le compie; "" Voglio scegliere figli e bestiame "" 3, allora li sceglie; "" Voglio ottenere questo mondo e quell'altro"", allora si sforza di ottenerli. La mente è l'Atman, la mente è il mondo, la mente è il Brahman 4. Venera la mente [come Brahman] !"

"2. Chi venera la mente come Brahman, fin dove la mente giunge, fin a quel punto può giungere a suo piacere"". ""O venerabile, esiste qualche cosa di superiore alla mente? ''. ""Certamente esiste qualcosa di superiore alla mente"". ""Dimmelo, o venerabile""."

QUARTO KHANDA

"1. ""La determinazione (sankalpa), in verità, è superiore alla mente. Quando una persona si determina, allora pensa, allora usa la parola, la usa nel [pronunciare il] nome. Nel nome si realizzano 5 le formule sacrificali; nelle formule [si realizzano] le opere sacrificali."

2. Tutte le cose [che esistono] sono incentrate sulla determinazione, la loro essenza è la determinazione, la loro base è la determinazione. Per effetto della determinazione si realizzarono cielo e terra, per effetto della determinazione si realizzarono il vento e lo spazio etereo, per effetto della determinazione si realizzarono l'acqua e il tejas. Realizzatisi questi si realizza la pioggia, realizzatasi la pioggia si realizza il cibo, realizzatosi il cibo si realizzano i soffi vitali, realizzatisi i soffi vitali si realizzano le formule sacre, realizzatesi le formule sacre si realizzano i sacrifici, realizzatisi i sacrifici si realizza il mondo 6, realizzatosi il mondo si realizza tutto. Questa è la determinazione. Venera la determinazione [come Brahman] !

"3. Chi venera la determinazione come Brahman ottiene mondi reali, saldi, fondati, non soggetti a cambiamenti, essendo egli stesso saldo, fondato, non soggetto a cambiamenti. Fin dove giunge la determinazione, fin a quel punto può giungere a suo piacere colui che venera la determinazione come Brahman"". ""O venerabile, esiste qualche cosa di superiore alla determinazione?"". ""Certamente esiste qualcosa di superiore alla determinazione"". ""Dimmelo, o venerabile""."

QUINTO KHANDA

"1. ""La ragione (citta), in verità, è superiore alla determinazione. Quando uno ha la ragione, allora si determina, allora pensa, allora usa la parola, la usa nel [pronunciare il] nome; nel nome si realizzano le formule sacrificali, nelle formule [si realizzano] le opere sacrificali."

"2. Tutte le cose [che esistono] sono incentrate sulla ragione, la loro essenza è la ragione, la loro base è la ragione. Perciò se uno sa molte cose, ma non ha la ragione, di lui si dice: "" Costui è come se non esistesse, per quante cose sappia; se fosse veramente sapiente, non sarebbe così privo di ragione"". Se poi uno sa poche cose ma ha la ragione, gli si presta invece obbedienza. La ragione invero è il centro delle cose, la ragione è l'essenza, la ragione è la base. Venera la ragione [come Brahman] !"

"3. Chi venera la ragione come Brahman ottiene i mondi che ambisce, mondi saldi, fondati, non soggetti a cambiamenti, essendo egli stesso saldo, fondato, non soggetto a cambiamenti. Fin dove giunge la ragione, fin a quel punto può giungere a suo piacere colui che venera la ragione come Brahman ''. ""O venerabile, esiste qualche cosa di superiore alla ragione?"". ""Certamente esiste qualcosa di superiore alla ragione"". ""Dimmelo, o venerabile""."

SESTO KHANDA

"1. ""La riflessione (dhyana), in verità, è superiore alla ragione. In certo modo la terra riflette 7, l'atmosfera riflette, il cielo riflette, in certo modo riflette l'acqua, riflettono le montagne, in certo modo riflettono gli dei e gli uomini. Per questo tra gli uomini coloro che qui sulla terra raggiungono la grandezza, sembra che abbiano ottenuto la ricompensa della riflessione. Così gli uomini dappoco sono litigiosi, pronti alla calunnia e alle rampogne; invece gli uomini superiori sembra che abbiano ottenuto la ricompensa della riflessione. Venera la riflessione [come Brahman] !"

"2. Chi venera la riflessione come Brahman, fin dove giunge la riflessione, fin a quel punto può giungere a suo piacere"". ""O venerabile, esiste qualche cosa di superiore alla riflessione?"". ""Certamente esiste qualcosa di superiore alla riflessione"". ""Dimmelo, o venerabile""."

SETTIMO KHANDA

"1. ""La conoscenza distintiva (vijnana), in verità, è superiore alla riflessione. Invero con la conoscenza distintiva l'uomo conosce il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, l'Atharvaveda come quarto, i poemi epici e le antiche leggende come quinti, la grammatica, il rituale dei morti, la scienza del far di conto, la divinazione, la scienza dei tempi, la logica, l'etica, l'etimologia, la scienza dei demoni, la scienza delle"
armi, l'astronomia, la scienza dei serpenti, le belle arti, [conosce] il cielo e la terra, il vento e lo spazio etereo, le acque e il tejas, gli dei e gli uomini, gli animali domestici, gli uccelli, le erbe e le piante, le bestie fino ai vermi, agli insetti, alle formiche, [conosce] il giusto e l'ingiusto, la verità e la menzogna, il bene e il male, il gradito e lo sgradito, il cibo, la bevanda, questo mondo e quell'altro. Soltanto con la conoscenza distintiva si conosce. Venera la conoscenza distintiva [come Brahman] !

"2. Chi venera la conoscenza distintiva come Brahman, ottiene invero mondi ricchi di conoscenza e di scienza. Fin dove giunge la conoscenza distintiva, fin a quel punto può giungere a suo piacere colui che venera la conoscenza distintiva come Brahman"". ""O venerabile, esiste qualche cosa di superiore alla conoscenza distintiva?"". ""Certamente esiste qualcosa di superiore alla conoscenza distintiva"". ""Dimmelo, o venerabile""."

OTTAVO KHANDA 8

"1. ""La forza (bala), in verità è superiore alla conoscenza distintiva. Pur cento uomini dotati di conoscenza distintiva uno solo, ricco di forza, fa tremare. Quando uno ha la forza, allora può levarsi in piedi; levatosi in piedi, può attendere [al maestro]; attendendo [al maestro], gli si asside vicino [come discepolo]; diventato discepolo, vede, ascolta, pensa, intende, agisce, conosce [quanto il maestro dice]. Grazie alla forza sussiste la terra, grazie alla forza sussiste l'atmosfera, grazie alla forza sussiste il cielo, grazie alla forza sussistono i monti, grazie alla forza sussistono gli dei e gli uomini, gli animali domestici e gli uccelli, le erbe e le piante, le bestie fino ai vermi, agli insetti e alle formiche, grazie alla forza sussiste il mondo. Venera la forza [come Brahman] !"


"2. Chi venera la forza come Brahman, fin dove la forza giunge, fin a quel punto può giungere a suo piacere"". ""O venerabile, esiste qualche cosa di superiore alla forza?"". ""Certamente esiste qualcosa di superiore alla forza"". ""Dimmelo, o venerabile""."

NONO KHANDA

"1. ""Il cibo (anna), in verità, è superiore alla forza. Perciò quando uno non prende cibo per dieci notti, se pur vive, tuttavia non è capace di vedere, di udire, di pensare, di capire, di agire, di conoscere. Ma quando ritorna il cibo, vede, ode, pensa, capisce, agisce, conosce. Venera il cibo [come Brahman] !"

"2. Chi venera il cibo come Brahman ottiene mondi ricchi di cibo, ricchi di bevande. Fin dove giunge il cibo, fin a quel punto può giungere a suo piacere colui che venera il cibo come Brahman"". ""O venerabile, esiste qualche cosa di superiore al cibo?"". ""Certamente esiste qualcosa di superiore al cibo"". ""Dimmelo, o venerabile""."

DECIMO KHANDA

"1. ""L'acqua (apas), in verità, è superiore al cibo. Perciò quando non c'è pioggia abbondante i viventi si affliggono pensando che il cibo sarà di meno. Ma quando c'è pioggia abbondante, pieni di gioia sono i viventi, al pensiero che ci sarà molto cibo. Soltanto acqua che ha assunto vari aspetti materiali sono la terra, l'atmosfera, il cielo, i monti, gli dei e gli uomini, gli animali domestici e gli uccelli, le erbe e le piante, le bestie fino ai vermi, agli insetti e alle formiche: sono acqua che ha assunto vari aspetti materiali. Venera l'acqua [come Brahman] !"

"2. Chi venera l'acqua come Brahman, realizza ogni desiderio, è soddisfatto. Fin dove giunge l'acqua, fin a quel punto può giungere a suo piacere colui che venera l'acqua come Brahman"". ""o venerabile, esiste qualche cosa di superiore all'acqua?"". ""Certamente esiste qualcosa di superiore all'acqua"". ""Dimmelo, o venerabile""."

UNDECIMO KHANDA

"1. ""Il tejas, in verità, è superiore all'acqua. Perciò esso trattiene il vento e infiamma l'aria 9. Allora si dice: ""Fa caldo, brucia, pioverà certamente"". È il tejas che, fatti questi segni preliminari, produce poi l'acqua. Quindi arrivano i tuoni con i lampi che rifulgono in alto e di traverso. Perciò si dice: "" Lampeggia, rimbomba il tuono, pioverà certamente"". È il tejas che, fatti questi segni preliminari, produce poi l'acqua. Venera il tejas [come Brahman] !"

"2. Chi venera il tejas come Brahman, splendente egli stesso ottiene mondi splendenti, rilucenti, da cui ogni tenebra è scomparsa. Fin dove giunge il tejas, fin a quel punto può giungere a suo piacere colui che venera il tejas come Brahman"". ""o venerabile, esiste qualche cosa di superiore al tejas?"". ""Certamente esiste qualcosa di superiore al tejas"". ""Dimmelo, o venerabile""."

DODICESIMO KHANDA

"1. ""Lo spazio etereo (akasa), in verità, è superiore al tejas. Nello spazio etereo si trovano il sole e la luna, il lampo, le costellazioni, il fuoco. Grazie allo spazio uno può chiamare, grazie allo spazio ascoltare, grazie allo spazio rispondere; nello spazio uno gode, nello spazio uno si duole, nello spazio uno nasce, verso lo spazio si tende nascendo [, come il germoglio]. Venera lo spazio etereo [come Brahman] !"

"2. Chi venera lo spazio etereo come Brahman ottiene mondi spaziosi, luminosi, liberi, senza confini. Fin dove giunge lo spazio etereo, fin a quel punto può giungere a suo piacere colui che venera lo spazio etereo come Brahman""."


"O venerabile, esiste qualche cosa di superiore allo spazio etereo?. ""Certamente esiste qualcosa di superiore allo spazio etereo"". ""Dimmelo, o venerabile""."

TREDICESIMO KHANDA

1. La memoria (smara), in verità, è superiore allo spazio etereo 10. Perciò se molti, privi di memoria, se ne stessero insieme, non potrebbero né udire, né pensare, né capire alcuno. Ma quando acquistassero la memoria, allora udrebbero, penserebbero, capirebbero. Mediante la memoria si conoscono i figli, mediante la memoria si riconoscono gli armenti. Venera la memoria [come Brahman] !

"2. Chi venera la memoria come Brahman, fin dove giunge la memoria, fin a quel punto può giungere a suo piacere"". ""O venerabile, esiste qualche cosa di superiore alla memoria?"". ""Certamente esiste qualcosa di superiore alla memoria"". ""Dimmelo, o venerabile""."

QUATTORDICESIMO KHANDA

"1. ""La speranza (asa), in verità, è superiore alla memoria. Quando è accesa dalla speranza infatti la memoria studia le formule sacre, compie le azioni sacrificali, desidera figli e armenti, desidera [i beni di] questo mondo e dell'altro. Venera la speranza [come Brahman] !"

"2. Per chi venera la speranza come Brahman tutti i desideri si realizzano mediante la speranza, le sue preghiere non sono vane. Fin dove giunge la speranza, fin a quel punto può giungere a suo piacere colui che venera la speranza come Brahman"". ""O venerabile, esiste qualche cosa di superiore alla speranza?"". ""Certamente esiste qualcosa di superiore alla speranza"". ""Dimmelo, o venerabile""."


QUINDICESIMO KHANDA

"1. ""Il respiro vitale (prana), in verità, è superiore alla speranza. Come i raggi sono infissi nel mozzo della ruota, così tutto è infisso nel respiro vitale. La vita procede in grazia del respiro, il respiro dà la vita, dà [la vita] al vivente 11. Il respiro è padre, il respiro è madre, il respiro è fratello, il respiro è sorella, il respiro è maestro, il respiro è sacerdote."

"2. Se uno dice qualche mala parola al padre, alla madre, al fratello, alla sorella, al maestro, a un brahmano, gli si dice: "" Vergogna a te! sei davvero un uccisore del padre, sei davvero un uccisore della madre, sei davvero un uccisore del fratello, sei davvero un uccisore della sorella, sei davvero un uccisore del maestro, sei davvero un uccisore d'un brahmano ""."

"3. Ma se, uscito il soffio vitale, con uno spiedo li ammucchia [sul rogo] e li brucia completamente, non gli si dice davvero: "" Sei l'uccisore del padre, sei l'uccisore della madre, sei l'uccisore del fratello, sei l'uccisore della sorella, sei l'uccisore del maestro, sei l'uccisore d'un brahmano"" 12."

"4. Invero è il respiro vitale che è [l'animatore di] tutti costoro. Colui che così vede, così pensa, così conosce, diventa un ativadin (vincitore nella discussione). Se gli dicono: "" Sei un ativadin "", dovrebbe rispondere: "" Sì, sono un ativadin "", non deve negarlo 13."

SEDICESIMO KHANDA

"1. Però è veramente vittorioso nella discussione colui che è tale in grazia della verità"" 14. ""Possa io, o venerabile, vincere nella discussione in grazia della verità"". ""Ma bisogna allora desiderare di conoscere la verità (satya)!"". ""Io desidero di conoscere la verità, o venerabile!""."

DICIASSETTESIMO KHANDA

"1. ""In verità, quando si conosce veramente, allora si dice la verità. Chi non conosce non dice la verità, soltanto chi conosce dice la verità. Ma bisogna desiderare di conoscere la conoscenza (vijnana)"". ""Io desidero di conoscere la conoscenza, o venerabile!""."

DICIOTTESIMO KHANDA

"1. ""In verità, quando si pensa, allora si ha la conoscenza. Se non si pensa non si ha la conoscenza; soltanto quando si pensa si ha la conoscenza. Ma bisogna desiderare di conoscere il pensiero (mati)"". ""Io desidero di conoscere il pensiero, o venerabile!""."

DICIANNOVESIMO KHANDA

"1. ""In verità, quando si ha la fede, allora si pensa. Non può pensare chi non ha la fede; soltanto chi ha la fede pensa. Ma bisogna desiderare di conoscere la fede (sraddha) ''. ""Io desidero di conoscere la fede, o venerabile!""."

VENTESIMO KHANDA

"1. ""In verità, quando si compie perfettamente [il proprio dovere], allora si ha la fede. Non può avere la fede chi non compie perfettamente [il proprio dovere]; soltanto chi compie perfettamente [il proprio dovere] ha la fede. Ma bisogna desiderare di compiere perfettamente [il proprio dovere] (nistha)"". ""Io desidero di conoscere di compiere perfettamente [il mio dovere], o venerabile!""."

VENTUNESIMO KHANDA

"1. ""In verità, quando si celebra [ il sacrificio], allora si compie perfettamente [il proprio dovere]. Non può compiersi perfettamente [il proprio dovere] senza celebrare [il sacrificio]; soltanto quando si celebra [il sacrificio] si compie perfettamente [il proprio dovere]. Ma bisogna desiderare di celebrare [il sacrificio] (krti)"". ""Io desidero di conoscere la celebrazione [del sacrificio], o venerabile!""."

VENTIDUESIMO KHANDA

"1. ""In verità, quando si desidera di ottenere la felicità, allora si celebra [il sacrificio]. Senza desiderare di ottenere la felicità non si celebra [il sacrificio]; soltanto con il desiderio di ottenere la felicità si celebra [il sacrificio]. Ma bisogna desiderare di conoscere la felicità (sukha)"". ""Io desidero di conoscere la felicità, o venerabile!""."

VENTITREESIMO KHANDA

"1. ""In verità, ciò che è l'infinito è la felicità. Non c'è felicità nel finito; soltanto l'infinito è felicità. Ma bisogna desiderare di conoscere l'infinito (bhuman)"" 15. ""Io desidero di conoscere l'infinito, o venerabile!""."


VENTIQUATTRESIMO KHANDA

"1. ""L'infinito si ha dove non si discerne nessun'altra cosa, nessun'altra si ode, nessun'altra si conosce. Dove si scorge qualche altra cosa, si ode qualche altra cosa, si conosce qualche altra cosa, allora si ha il finito. L'infinito è l'immortale, mentre ciò che è finito è mortale"". ""O venerabile, su che cosa è fondato l'infinito?"". ""Sulla sua propria grandezza, oppure se [chiedi la più alta verità], non è fondato su nessuna grandezza."

2. Vacche e cavalli, elefanti, oro, schiavi e donne, campi e case: questo chiamano qui sulla terra grandezza. Io non intendo parlare così, non intendo parlare così (ossia di questa grandezza) - egli soggiunse - e invero [in questo caso] uno si fonda su una cosa diversa [da sé, mentre per l'infinito ciò non avviene] 16.

VENTICINQUESIMO KHANDA

1. Esso è in basso, è in alto, è a occidente, è a oriente, è a meridione, è a settentrione, è tutto questo universo. Ora la sua descrizione in rapporto all'io individuale: io sono in basso, io sono in alto, io sono a occidente, io sono a oriente, io sono a meridione, io sono a settentrione, io sono tutto questo universo.

2. Ora la sua descrizione in rapporto all'Atman: l'Atman è in basso, l'Atman è in alto, l'Atman è a occidente, l'Atman è a oriente, l'Atman è a meridione, l'Atman è a settentrione, l'Atman è tutto questo universo. In verità, colui che così vede, così pensa, così conosce, costui ama l'Atman, si diverte con l'Atman, si congiunge con l'Atman, gode dell'Atman, costui è veramente signore di sé e in tutti i mondi può muoversi a suo piacere. Ma quelli che la pensano diversamente sono soggetti a un altro signore, godono di mondi destinati a perire, né possono a loro piacere muoversi in tutti i mondi.

VENTISEIESIMO KHANDA

"1. In verità, per colui che così vede, così pensa, così conosce, dall'Atman deriva il respiro vitale, dall'Atman deriva la speranza, dall'Atman la memoria, dall'Atman lo spazio etereo, dall'Atman il tejas, dall'Atman le acque, dall'Atman il comparire e lo sparire [di ogni cosa], dall'Atman il cibo, dall'Atman la forza, dall'Atman la conoscenza, dall'Atman la riflessione, dall'Atman la ragione, dall'Atman la determinazione, dall'Atman la mente, dall'Atman la parola, dall'Atman il nome, dall'Atman le formule, dall'Atman gli atti rituali, dall'Atman tutto questo universo"" 17."

2. A questo proposito c'è una strofa:

Chi ha la retta visione non vede la morte, non la malattia, non la sofferenza. Tutto vede colui che ha la retta visione, tutto raggiunge compiutamente.

Unico egli è, triplice, quintuplice, settemplice, nonuplo e ancora si dice che è diviso in undici parti, in centoundici e in ventimila 18.

"Quando il cibo è puro, c'è purità interiore; se c'è purità interiore sicuro è il possesso della sacra tradizione; se si ha il possesso della sacra tradizione, tutti i nodi si sciolgono 19."

"A chi s'è liberato da ogni macchia, il venerabile Sanatkumara mostra la riva oltre le tenebre. Lo chiamano [perciò] Skanda (""colui che salta oltre"") - Skanda lo chiamano."


Note :
1. Il brahmano Narada si pone alla scuola di Sanatkumara, dio della guerra e rappresentante della casta dei guerrieri. Si indaga che cosa sia il Brahman: partendo dalla scienza brahmanica, attraverso vane facoltà umane e fenomeni, ognuno dei quali è condizionato o supposto dal seguente e che perciò è apparizione parziale del Brahman, si giunge dapprima al prana, quindi al bhuman, che tutto comprende e che è identico all'io. Alcuni momenti della ricerca ricordano la cosmologia di Uddalaka, ma non sempre è chiaro il motivo della superiorità affamata.

2. L'identificazione delle varie scienze è basata sul commento attribuito a Sankara.
3. Ossia lo stadio di padre di famiglia.

4. Si tratta evidentemente di un'esaltazione momentanea. Tutte le apparizioni e le facoltà ricordate sono sì Brahman, ma questo non si esaurisce in ognuna di esse.

"5. Propriamente: ""diventano unità"", ossia acquistano la loro individualità, esistono. Le formule sacrificali poi non esistono al di fuori della forma attestata e sono indispensabili per l'effettuazione del rito."
6. All'atteggiamento quasi scientifico di Uddalaka si è qui sovrapposta un'interpretazione sacerdotale del divenire cosmico.

7. La terra è immota come un yogin meditante.
8. Dalle facoltà dell'uomo si passa agli elementi fisici e di questi si tratta in aderenza abbastanza stretta con la dottrina di Uddalaka. Con il khanda 13 si ritorna alle categorie psicologiche.

9. Il calore produce la calma assoluta che precede il temporale.

10. L'attività umana, che si svolge nello spazio e in grazia di esso, non potrebbe aversi senza la memoria.
"11. I concetti di ""vita, respiro, vivente"" sono tutti espressi con il vocabolo prana, che ha il significato di ""vivente"", anche in 7, 10, 1."

12. Con la morte cessa di esistere l'individuo, esistono soltanto i corpi.

"13. Ativadin significa sia ""colui che vince nella discussione"", sia ""colui che parla troppo"": si spiega così l'ultima frase, che indulge alla solita passione per i giochi di parole."

14. Il prana è la somma tra le entità fenomeniche, ma al di sopra di esso esiste la verità. Inizia pertanto un altra ricerca per cui si sale (attraverso verità,
conoscenza, pensiero, fede [e anche qui par di sorprendere un intervento sacerdotale], compimento del proprio dovere, sacrificio, aspirazione alla felicità) al bhuman, alla pienezza dell'infinito che tutto comprende e nel quale si annulla ogni differenza tra oggetto e soggetto della conoscenza.
"15. Nella denominazione dell'assoluto come bhuman vi è un gioco di parole con bhuyas, ""superiore"", detto delle singole facoltà dei khanda 1-15. Il bhuman è il ""supremo"" tra tutti i fenomeni."
16. L'infinito non conosce grandezza nel senso comune: la grandezza si basa infatti sui possesso di cose del tutto differenti, ciò che non può succedere per l'infinito, al di fuori del quale nulla esiste.
17. Qui termina l'insegnamento di Sanatkumara.

18. Ossia l'unica realtà si moltiplica negli innumerevoli individui particolari.

"19. Se coglie nel segno la mia interpretazione di smrti come ""possesso della tradizione sacra"", si ha qui una curiosa mescolanza di materialismo e di preoccupazione clericale."


OTTAVO PRAPATHAKA

PRIMO KHANDA 1

"1. [Il maestro dice:] ""Orbene, nel [corpo] che è la città del Brahman, c'è un piccolo fior di ninfea, una casa (ossia il cuore); dentro c'è un piccolo spazio vuoto. Ciò che in esso si trova, questo bisogna cercare, questo in verità bisogna cercar di conoscere""."

"2. Se gli obiettano: ""Nella città del Brahman c'è un piccolo fior di ninfea, una casa, e dentro c'è un piccolo spazio vuoto: che cosa mai può trovarvisi che bisogni cercare, che in verità bisogni desiderar di conoscere?"","

"3. [il maestro] deve rispondere: ""Quanto grande è lo spazio [esteriore], altrettale è lo spazio entro il cuore. In esso in verità sono compresi cielo e terra, fuoco e vento, sole e luna, il lampo e le stelle e ciò che quaggiù ognuno possiede e ciò che non possiede: tutto in esso è compreso""."

"4. Se gli obiettano: ""Se in questa cittadella del Brahman tutto è compreso, tutto ciò che esiste e tutti i desideri (ossia ciò che deve accadere), quando è colta dalla vecchiezza o quando [con la morte] si dissolve, che cosa rimane allora?"","

"5. [il maestro] deve rispondere: ""Ciò [che è dentro al cuore] non invecchia per la vecchiezza dell'uomo, né è colpito dal colpo che lo abbatte. Esso è la vera cittadella del Brahman, in esso sono riuniti i desideri. Esso è l'Atman libero da peccato, libero da vecchiezza, da morte, da dolore, non soggetto a fame, a sete, i suoi desideri sono reali, le sue immaginazioni sono reali 2. Come quaggiù le creature si comportano in accordo con il comando ricevuto e qualunque sia lo scopo cui tendono, una regione o un campo, soltanto per esso vivono;"

6. e come quaggiù si perde il mondo guadagnato con le opere, così nell'al di là si perde il mondo guadagnato con le opere sacrificali 3. Perciò coloro che se ne vanno senza aver conosciuto l'Atman e i desideri reali, costoro non possono muoversi a piacer loro in tutti i mondi. Ma coloro che se ne vanno dopo aver conosciuto l'Atman e i desideri reali, costoro in tutti i mondi possono muoversi a piacer loro.

SECONDO KHANDA

1. Se [uno di costoro] desidera il mondo dei padri, al solo concepirli i padri gli stanno davanti. Ottenuto il mondo dei padri, è felice.

2. Se desidera il mondo delle madri, al solo concepirle le madri gli stanno davanti. Ottenuto il mondo delle madri, è felice.

3. Se desidera il mondo dei fratelli, al solo concepirli i fratelli gli stanno davanti. Ottenuto il mondo dei fratelli, è felice.

4. Se desidera il mondo delle sorelle, al solo concepirle le sorelle gli stanno davanti. Ottenuto il mondo delle sorelle, è felice.

5. Se desidera il mondo degli amici, al solo concepirli gli amici gli stanno davanti. Ottenuto il mondo degli amici, è felice.

6. Se desidera il mondo dei profumi e delle ghirlande, al solo concepirli profumi e ghirlande gli stanno davanti. Ottenuto il mondo dei profumi e delle ghirlande, è felice.

7. Se desidera il mondo del nutrimento e delle bevande, al solo concepirli nutrimento e bevande gli stanno davanti. Ottenuto il mondo del nutrimento e delle bevande, è felice.

8. Se desidera il mondo dei canti e della musica, al solo concepirli canti e musica gli stanno davanti. Ottenuto il mondo dei canti e della musica, è felice.

9. Se desidera il mondo delle donne, al solo concepirle le donne gli stanno davanti. Ottenuto il mondo delle donne, è felice.

10. Qualunque sia lo scopo cui tende, qualunque sia il desiderio che concepisce, al solo concepirlo esso per lui si realizza. Ottenutolo, è felice.

TERZO KHANDA

"1. I desideri reali sono velati dal falso; benché siano reali, il falso li ricopre. Invero se uno dei suoi muore, [l'uomo] non ha più la possibilità di vederlo quaggiù."

2. Invece sia quelli dei suoi che quaggiù vivono, sia coloro che se ne sono andati, sia ogni altra cosa che, pur desiderandola, non ottiene, tutto trova andando là (nell'interno del cuore): là infatti si trovano tutti i desideri reali ma ricoperti dal falso. Come coloro che non conoscono il luogo, pur passando ripetutamente sopra un tesoro d'oro nascosto, non lo trovano, così tutte queste creature, pur andandovi ogni giorno [nel sonno profondo], non scoprono il mondo del Brahman [che in loro si trova], ostacolate come sono dal falso.

"3. In verità l'Atman [, che è la sola realtà,] è nel cuore. L'etimologia della parola è hrdy ayam ("" questo è nel cuore ""), e da ciò deriva hrdayam. Ogni giorno in verità giunge al mondo celeste colui che così sa."

4. E la calma serena che sorge dal corpo e, raggiunta una suprema luminosità, si realizza nel suo vero aspetto, essa è l'Atman - disse il maestro - è l'immortalità, la sicurezza, è il Brahman. Il nome del Brahman in verità è sat-ti-yam.

"5. Sat-ti-yam è composto di tre sillabe. Sat ("" essente "") indica l'immortalità, ti indica ciò che è mortale 4, yam congiunge entrambe le parti. Poiché congiunge (yam) entrambe, si dice yam. Ogni giorno in verità giunge al mondo celeste colui che così sa."

QUARTO KHANDA

1. L'Atman poi è una diga, una barriera per separare i mondi. Il giorno e la notte non riescono a superare questa diga, né la vecchiezza, né la morte, né il dolore, né le buone azioni, né le malvagie.

2. Ogni male da essa si ritrae: il mondo del Brahman infatti è libero dal male. Perciò, superata questa diga, il cieco non è più cieco, il ferito non è più ferito, il malato non è più malato. Perciò, superata questa diga, la notte diventa giorno: il mondo del Brahman è infatti per sempre luminoso 5.

3. E in verità, di coloro che trovano il mondo del Brahman mediante il brahmacarya, di costoro soltanto è il mondo del Brahman, e a lor piacere in tutti i mondi possono muoversi.

QUINTO KHANDA

1. Poi quello che chiamano sacrificio (yajna) in realtà è il brahmacarya: mediante il brahmacarya si trova infatti colui che sa (yo jnata). E quel che chiamano offerta (ista) in realtà è il brahmacarya: mediante il brahmacarya infatti si trova l'Atman, dopo averlo cercato (istva).

2. E quel che chiamano sessione sacrificale (sattrayana) in realtà è il brahmacarya: con il brahmacarya si ottiene infatti la salvezza (trana) dell'Atman, che è il reale (sat). E quel che chiamano silenzio ascetico (mauna) in realtà è il brahmacarya: con il brahmacarya infatti si pensa (manute), una volta che si è trovato l'Atman.

3. E quel che chiamano digiuno (anasakayana) in realtà è il brahmacarya: infatti l'Atman che si trova con il brahmacarya non va in rovina (na nasyati). Quello poi che chiamano ritiro nella foresta (aranyayana) in realtà è il brahmacarya: Ara e Nya sono infatti due oceani nel mondo del Brahman, nel terzo cielo [a cominciare] da qui 6. Là v'è il lago Airammadiya, l'asvattha Somasavana, la città del Brahman, Aparajita, il palazzo d'oro del Signore.

4. In verità soltanto a coloro che con il brahmacarya trovano nel mondo del Brahman questi due oceani Ara e Nya, soltanto a costoro appartiene il mondo del Brahman e a lor piacere in tutti i mondi possono muoversi.

SESTO KHANDA

1. Invero le arterie del cuore consistono d'una sostanza sottile rosso-bruna, bianca, azzurra, gialla, rossa. Anche il sole là in alto è rosso-bruno, bianco, azzurro, giallo, rosso.

"2. Come una grande strada che corre tra due villaggi tocca l'uno e l'altro, del pari i raggi del sole toccano entrambi i mondi, questo e quello. Dal sole essi si dipartono, penetrando in queste arterie; dalle arterie si dipartono penetrando nel sole."

3. Quando uno, addormentato, in sé raccolto, in piena calma, non scorge sogno, allora è penetrato in queste arterie. Nessun male lo tocca, infatti egli è in possesso del calore [del sole].

"4. Quando poi uno è giunto al grado estremo di debolezza, coloro che gli stanno attorno gli chiedono: "" Mi conosci, mi conosci ? "". Finché non è uscito dal corpo, fin allora egli [li] riconosce."

5. Ma quando esce dal corpo, allora proprio per mezzo di questi raggi sale in alto. Con [la sillaba] Om come veicolo giunge al cielo. Il tempo di pensarci e arriva al sole. Questa è la porta del mondo [divino], una porta aperta per coloro che sanno, una porta sbarrata per coloro che non sanno.

6. A questo proposito c'è una strofa:

"Cento e una sono le arterie del cuore. Di esse una soltanto giunge alla testa 7. Chi sale per questa giunge all'immortalità; le altre servono per uscire in tutte le direzioni  - servono per uscire""."

SETTIMO KHANDA 8

"1. ""Quell'Atman che è libero da peccato, libero da vecchiezza, da morte, da dolore, non soggetto a fame, a sete, i cui desideri sono reali, le cui immaginazioni sono reali, esso bisogna ricercare, esso bisogna desiderare di conoscere. Tutti i mondi ottiene, tutti i desideri [realizza] colui che trova questo Atman e lo riconosce"". Questo disse Prajapati."

"2. Sia gli dei, sia gli asura udirono questo e a lor volta dissero: ""Orsù, mettiamoci a ricercare questo Atman, cercando il quale s'ottengono tutti i mondi e [si realizzano] tutti i desideri"". Fra gli dei venne fuori Indra, fra gli asura Virocana [re dei demoni]. Senza aver preso accordi si trovarono entrambi alla presenza di Prajapati, con in mano il combustibile."

"3. Per trentadue anni essi praticarono l'alunnato. Poi Prajapati disse loro: ""Per desiderio di che cosa avete praticato [l'alunnato] ?"". Essi risposero: ""Ecco le parole che ti attribuiscono, o venerabile: "" Quell'Atman che è libero da peccato, libero da vecchiezza, da morte, da dolore, non soggetto a fame, a sete, i cui desideri sono reali, le cui immaginazioni sono reali, esso bisogna ricercare, esso bisogna desiderare di conoscere. Tutti i mondi ottiene, tutti i desideri [realizza] colui che trova questo Atman e lo riconosce"". Per desiderio di esso noi siamo rimasti come discepoli""."

"4. Prajapati allora disse loro: ""Quell'uomo che si vede nell'occhio, è l'Atman - disse - è l'immortalità, è la sicurezza, è il Brahman"". ""E quello che si vede nelle acque, o in uno specchio, chi è mai?"". ""È sempre lo stesso [Atman] che si scorge in tutte le superfici [riflettenti]"", così egli rispose."

OTTAVO KHANDA

"1. ""Osservatevi ciascuno in una tazza d'acqua e ditemi ciò che non ravvisate di voi stessi"". Entrambi s'osservarono in una tazza d'acqua. Prajapati chiese loro: ""Che cosa vedete?"". Quelli risposero: ""Tutto intero il nostro sé noi vediamo riprodotto, o venerabile, fino ai peli, fino alle unghie""."

"2. Allora Prajapati disse loro: ""Ornatevi bene, mettetevi delle belle vesti, assettatevi: poi guardatevi in una tazza d'acqua"". I due s'ornarono, si misero delle belle vesti, s'assettarono, poi si guardarono nella tazza d'acqua. Prajapati disse loro: ""Che cosa vedete?""."

"3. Essi risposero: ""Come noi, o venerabile, siamo ben ornati, vestiti di ricche vesti, assettati, così pure costoro, o venerabile, sono ben ornati, vestiti di ricche vesti, assettati"". ""Questo è l'Atman - egli disse - è l'immortalità, è la sicurezza, è il Brahman"". Essi con il cuore rasserenato se ne andarono."

"4. Prajapati li guardò e disse: ""Se ne vanno senza aver attinto, senza aver conosciuto il [vero] Atman. Chiunque, dio o demone, si contenterà di questa dottrina, perirà"". Virocana con il cuore rasserenato se ne andò tra gli asura e a essi rivelò la dottrina: ""Quaggiù soltanto l'Atman bisogna onorare, l'Atman soltanto bisogna curare 9. Colui che quaggiù onora l'Atman, cura l'Atman, ottiene entrambi i mondi, questo e quell'altro""."

"5. Perciò ancor oggi a uno che non dona, non ha fede, non fa sacrifici, si dice: ""Ahimè, tu appartieni agli asura"". Questa infatti è la dottrina dei demoni: essi onorano il corpo d'un morto con una veste, un ornamento [ottenuti] con l'elemosina e con questo pensano che [gli] faranno conquistare il mondo di là."

NONO KHANDA

"1. Indra invece prima di raggiungere gli dei vide questo pericolo: ""Come [il sé riflesso nell'acqua] apparisce ornato se il corpo è ornato, ben vestito se esso è ben vestito, assettato se è assettato, così pure questo [sé] sarà cieco se il corpo è cieco, storpio se esso è storpio, mutilo se esso è mutilo. E in seguito alla distruzione del corpo esso pure perisce. Non vedo in ciò nulla che sia utile""."

"2. Di nuovo tornò con in mano il combustibile. Prajapati gli disse: ""Maghavat, te n'eri andato insieme con Virocana con il cuore rasserenato. Per desiderio di che cosa sei di nuovo tornato?"". Quello rispose: ""O venerabile, come [il sé riflesso nell'acqua] apparisce ornato se il corpo è ornato, ben vestito se esso è ben vestito, assettato se è assettato, così pure questo [sé] sarà cieco se il corpo è cieco, storpio se esso è storpio, mutilo se esso è mutilo. E in seguito alla distruzione del corpo esso pure perisce. Non vedo in ciò nulla che sia utile""."

"3. ""Questo [Atman] è proprio così, o Maghavat - egli disse - ma io te lo spiegherò più [a fondo]. Rimani altri trentadue anni ',. Egli rimase altri trentadue anni. Quindi Prajapati gli disse:"

DECIMO KHANDA

"1. ""Quello che nel sogno si muove felice, quello è l'Atman - disse - esso è l'immortalità, è la sicurezza, è il Brahman"". Con il cuore rasserenato quello se ne andò. Ma prima di raggiungere gli dei, vide questo pericolo: ""Se quaggiù il corpo è cieco, questo [Atman] non diventa cieco, se il corpo è storpio esso non è storpiato. Esso non è tocco dai difetti del corpo."

"2. Non è colpito quando [il corpo] è colpito, non è storpio perché quello è storpio. Eppure è come se lo battessero, come se lo umiliassero, come se venisse a sapere cose spiacevoli, addirittura come se piangesse. Io non vedo in ciò niente di utile""."

"3. Di nuovo tornò con il combustibile in mano. Prajapati gli disse: ""Maghavat, te n'eri andato con il cuore rasserenato. Per desiderio di che cosa sei di nuovo tornato ?"". Quello disse: ""O venerabile, se quaggiù il corpo è cieco, questo [Atman] non diventa cieco, se il corpo è storpio esso non è storpiato. Esso non è tocco dai difetti del corpo."

"4. Non è colpito quando [il corpo] è colpito, non è storpio perché quello è storpio. Eppure è come se lo battessero, come se lo umiliassero, come se venisse a sapere cose spiacevoli, addirittura come se piangesse. Io non vedo in ciò niente di utile"". ""Questo [Atman] è proprio così, o Maghavat -  replicò quello - ma io te lo spiegherò più [a fondo]. Rimani altri trentadue anni"". Egli rimase altri trentadue anni. Quindi Prajapati gli disse:"

UNDECIMO KHANDA

"1. ""Quando uno, così immerso nel sonno, raccolto in sé, non vede alcun sogno - questo è l'Atman, questo è l'immortalità, la sicurezza, questo è il Brahman"". Con il cuore rasserenato Indra se ne andò. Ma prima d'aver raggiunto gli dei vide questo pericolo: ""Questo [Atman] non conosce allora se stesso, così da dire: "" Io sono questo"", né conosce le altre creature. In realtà esso è precipitato nell'annullamento. Io non vedo in ciò niente di utile ''."

"2. Di nuovo tornò con il combustibile in mano. Prajapati gli disse: ""Maghavat, te n'eri andato con il cuore rasserenato. Per desiderio di che cosa sei di nuovo tornato?"". Quello disse: ""O venerabile, questo [Atman] non conosce allora se stesso, così da dire: "" Io sono questo "", né conosce le altre creature. In realtà esso è precipitato nell'annullamento. Io non vedo in ciò niente di utile""."

"3. ""Questo [Atman] è proprio così, o Maghavat - replicò quello - io te lo spiegherò più [a fondo], ma non altrove [che in questa condizione di sonno profondo si trova l'Atman]. Rimani altri cinque anni"". Così si giunse a cento e un anno. Per questo si dice: ""Cento e un anno presso Prajapati passò come discepolo Maghavat"". Prajapati gli disse:"

DODICESIMO KHANDA

"1. ""O Maghavat, mortale è questo corpo, soggetto alla morte. Esso è la sede [temporanea] dell'Atman immortale, incorporeo. Chi è congiunto con il corpo è tocco da piacere e da dispiacere, né è possibile allontanare piacere e dispiacere finché con il corpo è congiunto; ma quando s'è liberato dal corpo, né piacere né dispiacere lo toccano."

2. Privo di corpo è il vento, privi di corpo sono la nube, il lampo, il tuono. Come questi fenomeni, sorti dallo spazio aereo, giunti che siano alla luce suprema, si realizzano ciascuno nel suo vero aspetto,

3. così questa calma serena, che sorge dal corpo, una volta raggiunta la luminosità suprema, si realizza nel suo vero aspetto: è lo spirito supremo 10. Esso là si muove, scherzando, giocando, godendosela con donne, carri, parenti, non ricordandosi della sua appendice che è il corpo. Come un animale da tiro è legato al veicolo, così il soffio vitale è legato al corpo.

"4. Allorquando l'occhio si fissa nello spazio, [a far ciò] è il personaggio che risiede nell'occhio; l'occhio è [soltanto l'organo materiale] per vedere. E quello che decide d'odorare, è l'Atman; il naso è [soltanto l'organo materiale] per odorare. E quello che decide di parlare, è l'Atman; la parola è [soltanto il mezzo] per parlare. E quello che decide di udire, è l'Atman; l'orecchio è [soltanto l'organo materiale] per ascoltare."

"5. E quello che decide di pensare, è l'Atman; la mente è il suo occhio divino. In verità guardando con quest'occhio divino, ossia con l'intelletto, i desideri che sono nel mondo del Brahman, ne gode."

"6. Gli dei venerano quest'Atman: perciò tutti i mondi sono in loro potere e tutti i desideri. Tutti i mondi ottiene e tutti i desideri [realizza] colui che trova e riconosce quest'Atman"". Così parlò Prajapati - parlò Prajapati."

TREDICESIMO KHANDA 11

1. Dal nero io son giunto al multicolore. Dal multicolore io son giunto al nero. Scuotendo il male come un cavallo la criniera, liberato come la luna dalla bocca di Rahu, lasciando il corpo, con l'animo perfetto io entro nel mondo increato del Brahman - io entro 12.

QUATTORDICESIMO KHANDA

"1. ""In verità lo spazio etereo rende palesi nome e forma [determinando l'individualità]. Ciò che li comprende [e supera] è il Brahman, è l'immortalità, è l'Atman. Nella casa di Prajapati giungo, alla sala di riunione. Io sono la gloria dei brahmani, io son la gloria degli ksatriya, io son la gloria dei vaisya. Io ho ottenuto la gloria, io sono la quintessenza della gloria. Che io non giunga più alla bianca, sdentata, mucosa [matrice] - che io non giunga più alla matrice"" 13."


QUINDICESIMO KHANDA

1. Questo insegnò Brahma a Prajapati, Prajapati a Manu, Manu a [tutte] le creature.

Colui che, ritornato dalla casa del maestro dopo aver studiato i Veda secondo le prescrizioni, nel tempo rimasto libero dopo il lavoro [fatto] per il maestro, nella sua famiglia, in un luogo purificato si dedica allo studio dei sacri testi e prepara [discepoli] virtuosi, colui che, concentrandosi in se stesso, rispetta tutte le creature, salvo che nei casi dovuti [per i sacrifizi], in verità costui, comportandosi così per tutta la vita, entra nel mondo del Brahman e non più ne ritorna - non ne ritorna più.

Note :
1. Nei kh. 1-6 si afferma che lo spazio all'interno del cuore è la sede dell'Atman e il mondo del Brahman: li ogni cosa è racchiusa, sia quanto s'è realizzato, sia quanto esiste in potenza. Ogni successo è assicurato quando si giunga alla sua conoscenza, praticando il brahmacarya e percorrendo la via che dal cuore, attraverso le arterie e i raggi solari, conduce al sole, porta del mondo celeste. Della perfetta serenità che ivi si gode si ha un pregustamento nello stato di sonno profondo. In questo brano, come anche nei paragrafi seguenti, la felicità del mondo del Brahman sembra ancorata a concezioni piuttosto popolari.
2. Ossia tanto i desideri quanto le immaginazioni sono destinate a realizzarsi, perché hanno per oggetto la realtà. S'intende che questa possibilità è propria di chi si sia liberato dalle false presunzioni (vedi più sotto, 3, 1).

3. Se limitato è il desiderio, limitata sarà la ricompensa. Le opere sacrificali, legate come sono alla contingenza, non permettono quindi di realizzare quei desideri illimitati e infiniti che il vate non sa tuttavia concepire distaccati dalle immaginazioni umane.
"4. La sillaba ti indica ciò che è ""mortale"", perché si trova nella parola"
martya.

5. Mondo mortale e mondo immortale sono opposti e il ponte che permette il passaggio all'altra riva è la conoscenza dell'Atman-Brahman, per ottenere la quale è indispensabile il brahmacarya, cioè la vita casta e studiosa del novizio, che vale tutte le manifestazioni della vita religiosa, come viene spiegato con una serie di elucubrazioni.
"6. Anasakayana viene interpretato come a-nasaka-ayana. ""non andare alla rovina"". Aranya, ""foresta"", vien inteso come composto di Ara e Nya, nomi di laghi del paradiso del Brahman (e la menzione di essi permette l'introduzione di altri particolari del mondo del Brahman: cfr. in parte Kaus. Up., 1, 3): quindi a ""eremitaggio"" (aranyayana) equivale a ""andare nel mondo del Brahman"" e lo stesso significato viene attribuito a brahmacarya."
"7. Attraverso la Susumna, ossia la carotide, si giunge alla sutura sagittale, donde si prosegue lungo i raggi del sole. Il concetto dell'ascensione dal cuore lungo la Susumna sarà sviluppato nella "" fisiologia mistica"" del Yoga."

"8. Prajapati conduce gradualmente (kh. 7-12) Indra alla conoscenza del vero Atman. Questo non è l'immagine riflessa nell'occhio e nell'acqua o l'anima nello stato di sogno, soggette la prima alle traversie del corpo, la seconda al ricordo di quelle; bensì lo si ravvisa nello stato di sonno profondo, quando, serenamente raccolti in se stessi, non più si distingue tra soggetto e oggetto della conoscenza e"
"della percezione. Ma al contrario di Yajnavalkya, il quale (B.Up., 2, 4, 12; 4, 5, 13) proclama la mancanza di coscienza dopo la morte, esemplificata nel sonno profondo, Prajapati sembra esitare di fronte a tale prospettiva di annichilamento e quindi attribuisce all'Atman godimenti sensuali, dei quali tuttavia non si ha ricordo quando si torna allo stato di veglia."
9. Virocana identifica l'Atman nel proprio corpo riflesso nell'acqua.
"10. L'argomentazione di Prajapati sembra la seguente: l'Atman è incorporeo, è luce, quindi non conosce piacere e dolore, che sono legati al corpo. Il paragone, non molto limpido, vorrebbe spiegare come è possibile che l'Atman raggiunga la propria autenticità, che è di luminosità serena, una volta lasciato il corpo, così come gli elementi del temporale raggiungono la propria forma, che è incorporea, una volta lasciato lo spazio, nel quale sono immersi come l'Atman nel corpo, e dal quale fuoriescono, realizzandosi, quando si ha la stagione calda. Subito dopo all'Atman liberato, che è dimentico del corpo ma non del tutto staccato da esso (che infatti è denominato appendice), viene attribuito il godimento di piaceri puramente materiali; e in ciò è forse da vedersi, oltre che la persistenza di motivi popolari, anche l'attaccamento alla vita e ai suoi beni che occupa e preoccupa il veggente, tanto che la felicità non apparisce concepibile al di fuori delle immaginazioni terrene."
"11. Chi conosce il rapporto tra la cavità del cuore (""il nero"") e i variopinti raggi del sole sprofonda, nel sonno profondo, nella felicità del Brahman."

"12. Si ha qui un intraducibile gioco di parole fra krtatman, ""che ha l'animo purificato"", e akrta, ""increato"", che è epiteto dell'eterno mondo del Brahman."

13. Il discepolo, che può appartenere a una delle prime tre caste, s'augura di non più rinascere.




TAITTIRIYA UPANISAD

"La Taittiriya Up. appartiene alla scuola del Yajurveda nero, nel quale le litanie e le formule pronunciate dall'officiante sono alternate, senz'ordine, con le istruzioni per il rito sacrificale. Essa si compone di tre parti, staccate fra loro, chiamate valli, ""liane"", denominazione che sembra sottolineare il rapporto fra i testi precedenti e l'Upanisad, che sorge in stretta aderenza con essi, ma aspira a una sempre più completa autonomia. Il legame con l'esegesi del sacrificio, rappresentazione simbolica della vita dell'universo, è specialmente evidente nella prima valli, dedicata in parte all'interpretazione delle formule mistiche e testimonia dell'antichità del testo, rilevabile anche dal fatto che spesso al vocabolo Brahman viene assegnato il significato di ""formula sacrificale"". Originale e propria di questa Up. è la teoria dei cinque kosa, o involucri che celano all'individuo la realtà del Brahman: questo risplenderà nella sua pura spiritualità, beatitudine e omosostanzialità con l'anima individuale soltanto quando i kosa siano stati allontanati. Ma non perciò si nega la validità della terra e delle esigenze terrene, che sono anzi sempre presenti alla mente del compilatore."



PARTE PRIMA

LA LIANA DELL'INSEGNAMENTO 1

PRIMO ANUVAKA

Mitra e Varuna ci siano propizi! Ci sia propizio Aryaman! Indra e Brhaspati ci siano propizi! Ci sia propizio Visnu dai lunghi passi! 2

Onore al Brahman! Onore a te, o Vento! Tu sei il Brahman visibile e di te, Brahman visibile, io parlerò. Parlerò dell'ordine cosmico, parlerò della verità. Il Tat mi protegga, il Tat protegga chi parla 3. Protegga me, protegga chi parla! Om! Pace, pace, pace!

SECONDO ANUVAKA

Om! esporremo l'insegnamento fonetico 4: la lettera, l'accento, la quantità, la forza, la melodia, il collegamento [tra le lettere]. Questo è il capitolo dell'insegnamento fonetico.

TERZO ANUVAKA

1. La gloria sia con noi due (maestro e discepolo)! Con noi lo splendore del Brahman! Ora esporremo l'arcana dottrina delle connessioni, nei suoi cinque piani, ossia in rapporto al cosmo, alla luce, alla scienza, alla generazione e in rapporto all'io individuale. Queste son dette le grandi connessioni .

In rapporto al cosmo: la terra è l'elemento anteriore, il cielo l'elemento ulteriore, lo spazio è la congiunzione,

2. il vento è il modo della congiunzione. Questo per quel che riguarda il cosmo. Per quanto riguarda la luce: il fuoco è l'elemento anteriore, il sole l'elemento ulteriore, le acque la congiunzione, il lampo il modo della congiunzione. Questo per quel che riguarda la luce. In relazione alla scienza: il maestro è l'elemento anteriore,

3. il discepolo l'elemento ulteriore, la scienza la congiunzione, l'insegnamento il modo della congiunzione. Questo per quel che riguarda la scienza. In rapporto alla generazione: la madre è l'elemento anteriore, il padre l'elemento ulteriore, la prole la congiunzione, la procreazione il modo della congiunzione. Questo per quel che riguarda la generazione.

4. Per quanto riguarda l'io individuale: la mandibola è l'elemento anteriore, la mascella è l'elemento ulteriore, la voce la congiunzione, la lingua il modo della congiunzione. Questo per quel che riguarda l'io individuale. Queste sono le grandi connessioni. Chi conosce le grandi connessioni ora dette, costui ottiene discendenza, bestiame, splendore brahmanico, alimenti e cose simili e i mondi celesti.

QUARTO ANUVAKA 6

1. Indra multiforme, possente signore dei canti vedici, che gli stessi canti vedici ha superato a cagione della sua immortalità, mi salvi con la saggezza! Possa io diventare, o dio, portatore d'immortalità! Che il mio corpo sia vigoroso! Che la mia lingua sia dolcissima! Possa io ascoltare molto con le orecchie. Tu, rivestito di saggezza, sei l'involucro del Brahman. Difendi per me quanto io ho udito. Dato che [la fortuna] apporta, offre,

2. procura subito a me vesti, vacche, nutrimento e bevande, allora portami la fortuna lanuta insieme con le bestie, Sua
ha! A me vengano discepoli, Svaha! Vengano discepoli da ogni parte, Svaha! Accorrano discepoli, Svaha! Possano i discepoli acquistare il dominio di sé, Svaha! Possano i discepoli raggiungere la pace, Svaha!

3. Possa io essere glorioso tra gli uomini, Svaha! Possa io essere migliore di chi è ottimo, Svaha! Possa io penetrare in te, o Signore, Svaha! O Signore, entra in me, Svaha! In te dalle mille manifestazioni, o Signore, in te io mi sento purificato, Svaha! Come le acque scendono giù per il declivio, come i mesi si succedono, [con la stessa ineluttabile necessità] i discepoli vengano a me, o creatore, da ogni parte, Svaha! Tu sei rifugio, illuminami, vieni a me.

QUINTO ANUVAKA

1. Bhuh, bhuvah, Svah sono le tre mistiche giaculatorie 7.

A queste Mahacamasya ha aggiunto come quarta Mahah
"(grandezza). Quest'ultima è il Brahman, è l'Atman; le altre divinità sono le membra. Bhuh indica questo mondo, Bhuvah è l'atmosfera, Svah indica l'altro mondo,"

2. Mahah è il sole. Tutti i mondi invero prosperano a causa del sole. Bhuh è il fuoco, Bhuvah è il vento, Svah è il sole, Mahah è la luna. Tutti gli astri invero prosperano a causa della luna. Bhuh indica i canti del Rgveda, Bhuvah le melodie del Samaveda, Svah le formule del Yajurveda,

3. Mahah indica la scienza sacra. Tutti i Veda invero grandeggiano a motivo della scienza sacra. Bhuh è il prana, Bhuvah l'apana, Svah il vyana, Mahah è il cibo. Tutti i soffi vitali invero hanno forza in grazia del cibo.

Quadruplice significato hanno queste quattro mistiche giaculatorie, quadruplice è il loro significato. Chi le conosce, conosce il Brahman e tutti gli dei gli portano l'offerta.

SESTO ANUVAKA 8

1. In quello spazio etereo che è dentro il cuore, in esso risiede l'anima, costituita di pensiero, immortale, aurea. [L'ugola,] che pende come una mammella tra le due parti del palato, è il luogo dove si comincia la realizzazione di Indra (= Spirito Supremo). Separando le due parti del cranio là dove i capelli si discriminano, [l'anima fuoriesce] e pronunciando la formula Bhuh prende dimora nel fuoco, pronunciando Bhuvah prende dimora nel vento,

2. pronunciando Svah nel sole, pronunciando Mahah prende dimora nel Brahman. Ottiene il dominio di sé, ottiene la padronanza della mente, diventa dominatrice della parola, della vista, dell'udito, dell'intelligenza. Questo essa diventa e
poi diventa il Brahman che ha per corpo lo spazio etereo, che è costituito di verità, che gode del respiro, che è felice del pensiero, che ha raggiunto la pace, che è immortale. Così tu lo devi venerare, o Pracinayogya.

SETTIMO ANUVAKA

"Terra, atmosfera, cielo, punti cardinali, punti intermedi; fuoco, vento, sole, luna, stelle; acque, erbe, alberi, etere, corpo. Questo sul piano dell'esistenza materiale."

"In relazione all'individuo: i soffi prana, apana, vyana, udana, samana; vista, udito, mente, voce, tatto; pelle, carne, nervi, ossa, midollo. Avendo enunciato questa ripartizione, l'asceta disse: ""Tutto l'universo è quintuplice. Al quintuplice s'arriva attraverso il quintuplice 9""."

OTTAVO ANUVAKA

"Om è il Brahman. Om è tutto l'universo. Om è il consenso. [L'adhvaryu dà il segnale all'agnidh] dicendo ""Om, dà inizio alla recitazione!"", e quelli allora recitano. Dicendo Om si cantano le melodie. Dicendo Om, Som si pronunciano le invocazioni. Dicendo Om l'adhvaryu dà la replica [al hotar]. Dicendo Om il sacerdote brahman esprime il suo consenso. Dicendo Om si consente l'agnihotra. Dicendo Om il brahmano che sta per recitare il Veda s'augura di poter ottenere il Brahman. Ed in realtà ottiene il Brahman."

NONO ANUVAKA

C'è l'ordine cosmico e ci son lo studio e l'insegnamento del Veda 10.

C'è la verità e ci son lo studio e l'insegnamento del Veda.

C'è l'ascesi e ci son lo studio e l'insegnamento del Veda.

C'è il dominio di sé e ci son lo studio e l'insegnamento del Veda.

C'è la serenità interiore e ci son lo studio e l'insegnamento del Veda.

Ci sono i fuochi sacrificali e ci son lo studio e l'insegnamento del Veda.

C'è l'agnihotra e ci son lo studio e l'insegnamento del Veda.

Ci sono i doveri dell'ospitalità e ci son lo studio e l'insegnamento del Veda.

C'è la condizione umana (con tutti i suoi doveri) e ci son lo studio e l'insegnamento del Veda.

[Ci sono i doveri verso] la prole e ci son lo studio e l'insegnamento del Veda.

C'è la necessità di proseguire la stirpe e ci son lo studio e l'insegnamento del Veda.

C'è la procreazione e ci son lo studio e l'insegnamento del Veda.

C'è soltanto la verità: questa è l'opinione di Satyavacas (veritiero) Rathithara.

C'è soltanto l'ascesi: questa è l'opinione di Taponitya (sempre rivolto all'austerità) Paurusisti.

Ci sono soltanto lo studio e l'insegnamento del Veda  - dice Naka (che rifiuta il dolore) Maudgalya - in essi è compresa l'ascesi, invero in essi è compresa l'ascesi.

DECIMO ANUVAKA

"Io sono colui che scuote l'albero; la [mia] gloria è pari alla cima d'un monte. Assolutamente privo di macchia, io sono come la pura ambrosia che sta nel sole (ovvero: io sono l'ambrosia che dà forza). Io sono un tesoro splendente, saggio, immortale, inestinguibile (ovvero: saggio, pervaso d'immortalità) 11."

Così è per Trisanku l'insegnamento del Veda.

UNDECIMO ANUVAKA

"1. Dopo aver spiegato il Veda il maestro istruisce il discepolo t2. Dì il vero. Segui la giustizia. Non trascurare lo studio del Veda. Dopo aver portato al maestro [al momento del commiato] un'offerta gradita, non interrompere la linea della discendenza. Non bisogna trascurare la verità, non bisogna trascurare il dovere, non bisogna trascurare la salute; non bisogna trascurare il benessere, non bisogna trascurare lo studio e l'insegnamento del Veda."

2. Non bisogna trascurare il dovere verso gli antenati e gli dei. Per te sia divinità la madre, divinità il padre, divinità il maestro, divinità sia l'ospite. Le azioni non soggette a biasimo, queste bisogna fare, non le altre. Le azioni per noi virtuose devi compiere, non le altre.

3. I brahmani che sono migliori di noi, devi onorarli con l'offerta d'un seggio. Bisogna dare con fede, non dare senza fede. Bisogna dare con magnanimità, bisogna dare con modestia, bisogna dare con rispetto, bisogna dare con simpatia.
Se poi hai dei dubbi sulle azioni sacrificali o sul modo di comportarti,

4. comportati come si comportano quei brahmani che siano capaci di retto giudizio, abili, esperti, benevoli, dediti al proprio dovere. Nei confronti di ciò che è soggetto a critica, comportati come si comportano quei brahmani che siano capaci di retto giudizio, abili, esperti, benevoli, dediti al proprio dovere.

Questo è il precetto, questo è l'insegnamento, questa è l'arcana dottrina dei Veda. Questo è l'ammaestramento. Così deve essere osservato, così invero deve essere osservato.

DODICESIMO ANUVAKA

Mitra e Varuna ci siano propizi! Ci sia propizio Aryaman! Indra e Brhaspati ci siano propizi! Ci sia propizio Visnu dai lunghi passi!

Onore al Brahman! Onore a te, o Vento! Tu sei il Brahman visibile, e di te, Brahman visibile, io ho parlato. Ho parlato dell'ordine cosmico, ho parlato della verità. Il Tat mi ha protetto, il Tat ha protetto chi ha parlato. Ha protetto me, ha protetto chi ha parlato. Om! Pace, pace, pace!


PARTE SECONDA

LA LIANA DELLA BEATITUDINE DEL BRAHMAN 13

PRIMO ANUVAKA

"Om! Colui che conosce il Brahman raggiunge il punto supremo. A questo proposito si recita questa [strofe]: ""Il Brahman è realtà, è conoscenza, è infinità. Chi sa che esso è nascosto nel profondo del cuore [e anche risiede] nel supremo cielo, costui realizza, con [la conoscenza di] questo sapiente Brahman, tutti i desideri"". Da questo Atman è sorto lo spazio etereo, dallo spazio il vento, dal vento il fuoco, dal fuoco le acque, dalle acque la terra, dalla terra le piante, dalle piante il cibo, dal cibo l'uomo. L'uomo infatti è costituito dell'essenza del cibo. Tale ne è la testa, tale il fianco destro, tale il fianco sinistro, tale il tronco, tale la coda, che è il fondamento. A tal riguardo c'è anche una strofa:"

SECONDO ANUVAKA

Dal cibo nascono le creature che si trovano sulla terra. Esse vivono invero di cibo e in esso ritornano al momento della morte. Il cibo infatti è la prima delle cose create e perciò è chiamato rimedio universale. Ogni cibo ottengono in verità coloro che onorano come cibo il Brahman. Il cibo è davvero la prima tra le cose create e perciò è chiamato rimedio universale. Le creature nascono dal cibo, crescono in grazia del cibo. Il cibo è mangiato e mangia (ad): per questo è chiamato cibo (anna).

Distinto da questo [involucro] costituito dell'essenza del cibo e posto più all'interno, c'è un involucro fatto di soffi vitali. Esso riempie il precedente, che ha la forma di uomo 14. In conseguenza di questa somiglianza con l'uomo anche il secondo è simile ad un uomo. Il prana è la testa, il vyana il fianco destro, l'apana il fianco sinistro, lo spazio etereo è il tronco, la terra è la coda, il fondamento. A questo riguardo c'è una strofa:

TERZO ANUVAKA

In conseguenza del soffio vitale gli dei respirano e anche gli uomini e le bestie. Il respiro è la vita delle creature, per questo è detto vita universale. Ottengono una vita completa [di cento anni] coloro che onorano il soffio vitale come Brahman. Il respiro è la vita delle creature, perciò è chiamato vita universale. L'aspetto suo corporeo è [simile a] quello del precedente.
Distinto da questo [involucro] costituito di soffi vitali e posto più all'interno, c'è un involucro costituito di pensiero. Questo riempie il precedente, che ha la forma di un uomo. In conseguenza di questa somiglianza con l'uomo, anche il secondo è simile a un uomo. Il Yajurveda è la sua testa, il Rgveda è il fianco destro, il Samaveda è il fianco sinistro, la regola sacrificale (ossia i libri dei Brahmana) è il tronco, gli inni degli Atharvan e degli Angiras costituiscono la coda, il fondamento 15.

A questo riguardo c'è una strofa:

QUARTO ANUVAKA

Dal [Brahman] le parole arretrano insieme con il pensiero senza averlo attinto. [Soltanto] colui che conosce la beatitudine del Brahman, costui non ha più alcun timore.

L'aspetto suo apparente è [simile a] quello del precedente.

Distinto da questo [involucro] costituito di pensiero e posto più all'interno, è l'involucro costituito di conoscenza. Questo riempie il precedente, che è foggiato a mo' di uomo. In conseguenza di questa somiglianza con l'uomo, anche il secondo è simile a un uomo. La fede ne è la testa, la giustizia il fianco destro, la verità il fianco sinistro, la concentrazione il tronco, la potenza ne è la coda, il fondamento.

A questo riguardo c'è una strofa:

QUINTO ANUVAKA

"La conoscenza conduce il sacrificio al suo fine; essa conduce al loro fine anche le opere sacrificali. Tutti gli dei onorano la conoscenza come Brahman supremo."
"Se uno sa che il Brahman è conoscenza, se da esso non mai s'allontana, lasciati nel corpo i mali, realizza tutti i desideri""."

L'aspetto suo apparente è [ simile a] quello del precedente.

Distinto da questo [involucro] costituito di conoscenza e posto più all'interno, è l'involucro costituito di beatitudine. Questo riempie il precedente, che è foggiato a mo' di uomo. In conseguenza di questa somiglianza con l'uomo, anche il secondo è simile a un uomo. Il piacere è la sua testa, la gioia il fianco destro, la gioia suprema il fianco sinistro, la beatitudine il tronco, il Brahman ne è la coda, il fondamento.

A questo proposito c'è una strofa:

SESTO ANUVAKA

"Davvero è come se non esistesse colui che affermi:  Il Brahman non esiste "". Si dice invece che veramente esiste colui il quale sa che il Brahman esiste""."

L'involucro di beatitudine è [simile al] precedente.

A questo riguardo sorgono delle questioni.

Colui che non sa, una volta che sia morto, va all'altro mondo? Oppure colui che sa, una volta morto, perviene all'altro mondo 16?

"Il [Brahman] manifestò questo desiderio: ""Possa io moltiplicarmi, possa io generare!"". E si sottopose all'ascesi. Compiuta l'ascesi, generò questo universo, come esso è; avendolo creato, entrò in esso; entrato in esso, divenne sat e tyat (ciò che è presente e ciò che è trascendente), ciò che è espresso e ciò che è inespresso, ciò che è rifugio e ciò che non è rifugio, ciò"
che è conoscenza e ciò che non è conoscenza, ciò che è verità e ciò che è menzogna. Diventò tutta la realtà come essa è, cioè quanto viene chiamato reale (satya, sat + tyat). A questo proposito c'è un versetto:

SETTIMO ANUVAKA

"Al principio invero questo universo non esisteva; poi da questa condizione passò all'esistenza, da sé solo costituendosi il suo sé. Per questo è detto sukrta, ben fatto."

Il sukrta in verità è la parte essenziale [dell'essere], e giungendo ad essa uno diventa beato. E chi mai potrebbe vivere, chi respirare, se nello spazio non esistesse la beatitudine ? È questa [beatitudine] che rende felici. Quando uno trova la sicurezza e il fondamento in ciò che è invisibile, inespresso, privo di corpo, senza sostegno esterno, allora raggiunge la pace. Quando invece in questo [Assoluto] si ammette una distinzione interna, allora sorge la paura. Essa è la paura di [chi pensa d'essere] saggio, [ma] non riflette.

A questo riguardo c'è un versetto:

OTTAVO ANUVAKA

Per paura di lui spira il vento, per paura di lui sorge il sole, per paura di lui Agni e Indra e, quinta, la morte si muovono. Ecco le considerazioni che bisogna fare riguardo alla beatitudine:

Immaginiamo un uomo giovane, un giovane buono, studioso, assai svelto, ben saldo, fortissimo, immaginiamo che la terra intera sia per lui piena di ricchezze: questa è una felicità umana.

Cento felicità umane sono una sola felicità dei gandharva (genii) terrestri, come pure di un saggio istruito nei Veda e non oppresso dai desideri.

Cento felicità dei gandharva terrestri sono una sola felicità dei gandharva divini, come pure di un saggio istruito nei Veda e non oppresso dai desideri.
Cento felicità dei gandharva divini son pari a una sola felicità dei Mani, che vivono in mondi di lunga durata, come pure di un saggio istruito nei Veda e non oppresso dai desideri.

Cento felicità dei Mani, che vivono in mondi di lunga durata, son pari a una sola felicità degli dei che son tali per nascita, come pure di un saggio istruito nei Veda e non oppresso dai desideri.

Cento felicità degli dei che son tali per nascita equivalgono a una sola felicità degli dei per i quali la divinità è l'atto sacrificale (karmadeva), che con l'atto sacrificale son diventati dei, come pure di un saggio istruito nei Veda e non oppresso dai desideri.

Cento felicità degli dei per i quali la divinità è l'atto sacrificale, che con l'atto sacrificale son diventati dei, equivalgono a una sola felicità dagli dei [superiori], come pure di un saggio istruito nei Veda e non oppresso dai desideri.

Cento felicità degli dei [superiori] son pari a una sola felicità di Indra, come pure di un saggio istruito nei Veda e non oppresso dai desideri.

Cento felicità di Indra son pari a una sola felicità di Brhaspati, come pure di un saggio istruito nei Veda e non oppresso dai desideri.

Cento felicità di Brhaspati son pari a una sola felicità di Prajapati, come pure di un saggio istruito nei Veda e non oppresso dai desideri.

Cento felicità di Prajapati son pari a una sola felicità del Brahman, come pure di un saggio istruito nei Veda e non oppresso dai desideri.

Ciò che nell'uomo si ritrova e pure nel sole, è unico.

Chi sa ciò, dipartendosi da questo mondo, giunge all'involucro costituito di cibo, giunge all'involucro costituito di soffi vitali, giunge all'involucro costituito di pensiero, giunge all'involucro costituito di conoscenza, giunge all'involucro costituito di beatitudine.

A questo riguardo c'è una strofa:

NONO ANUVAKA

Dal [Brahman] le parole arretrano insieme con il pensiero senza averlo attinto. Colui che conosce la beatitudine del Brahman non ha più alcun timore.

"In verità non lo tormenta il pensare: ""Perché non ho compiuto il bene? Perché ho compiuto il male?"". Chi sa questo libera se stesso da questi pensieri, libera se stesso da questi due pensieri chi questo sa. Tale è la dottrina segreta."



PARTE TERZA

LA LIANA DI BHRGU 17

"1. Bhrgu, figlio di Varuna, s'accostò al padre Varuna e gli disse: ""Insegnami, o venerabile, il Brahman"". A lui quegli rispose: ""Il [Brahman] è cibo, soffio vitale, vista, udito, mente, parola "" 18. Ancora gli disse: ""Quello dal quale le creature nascono, per opera del quale una volta generate vivono, nel quale morendo penetrano, questo devi cercare di conoscere. Esso è il Brahman""."

Bhrgu praticò l'ascesi e, praticata l'ascesi,

"2. conobbe che il Brahman è cibo. In verità dal cibo le creature nascono, per opera del cibo una volta generate si mantengono in vita, nel cibo morendo ritornano. Avendo compreso ciò, di nuovo s'accostò al padre Varuna ripetendo: ""Insegnami, o venerabile, il Brahman"". Quegli gli rispose: ""Attraverso l'ascesi devi cercare di conoscere il Brahman. Il Brahman è ascesi"". Bhrgu praticò l'ascesi e, praticata l'ascesi,"

"3. conobbe che il Brahman è soffio vitale. In verità dal soffio vitale le creature nascono, in grazia del soffio vitale una volta generate si mantengono in vita, nel soffio vitale morendo ritornano. Avendo compreso ciò, di nuovo s'accostò al padre Varuna, ripetendo: ""Insegnami, o venerabile, il Brahman"". Quegli gli rispose: ""Attraverso l'ascesi devi cercare di conoscere il Brahman. Il Brahman è ascesi"". Bhrgu praticò l'ascesi e, praticata l'ascesi,"

"4. conobbe che il Brahman è pensiero. In verità dal pensiero nascono le creature, in grazia del pensiero una volta generate si mantengono in vita, nel pensiero morendo ritornano. Avendo compreso ciò, di nuovo s'accostò al padre Varuna, ripetendo: ""Insegnami, o venerabile, il Brahman"". Quegli gli rispose: ""Attraverso l'ascesi devi cercare di conoscere il Brahman. Il Brahman è ascesi"". Bhrgu praticò l'ascesi e, praticata l'ascesi,"

"5. conobbe che il Brahman è conoscenza. In verità dalla conoscenza nascono le creature, in grazia della conoscenza una volta generate si mantengono in vita, nella conoscenza morendo ritornano. Avendo compreso ciò, di nuovo s'accostò al padre Varuna, ripetendo: ""Insegnami, o venerabile, il Brahman"". Quegli gli rispose: ""Attraverso l'ascesi devi cercare di conoscere il Brahman. Il Brahman è ascesi"". Bhrgu praticò l'ascesi e, praticata l'ascesi,"

6. conobbe che il Brahman è beatitudine. In verità dalla beatitudine nascono le creature, in grazia della beatitudine una volta generate si mantengono in vita, nella beatitudine morendo ritornano.

Tale è la scienza di Varuna partecipata a Bhrgu, stabilita nel più alto cielo. Colui che la conosce, sta saldo, possiede il cibo, diventa mangiatore del cibo, diventa grande per prole, armenti, splendore brahmanico, grande per gloria.

7. Non bisogna biasimare il cibo. Questa è la regola 19. Il soffio vitale è invero cibo 20, il corpo è mangiatore di cibo, il corpo è fondato sul soffio vitale, il soffio vitale è fondato sul corpo, e quindi il cibo è fondato sul cibo. Colui che sa che il cibo è fondato sul cibo, costui è ben saldo, possiede il cibo, diventa mangiatore di cibo, grande diventa per prole, armenti, splendore brahmanico, grande per gloria.

8. Non bisogna far poco conto del cibo. Questa è la regola. Le acque in verità sono cibo, sulle acque la luce si fonda, sulla luce si fondano le acque e quindi il cibo è fondato sul cibo 21. Colui che sa che il cibo è fondato sul cibo, costui è ben saldo, possiede il cibo, diventa mangiatore di cibo, grande diventa per prole, armenti, splendore brahmanico, grande per gloria.

9. Bisogna fare gran conto del cibo. Questa è la regola. La terra in verità è cibo, lo spazio etereo è mangiatore di cibo, sulla terra lo spazio è fondato, sullo spazio è fondata la terra e quindi il cibo è fondato sul cibo 22, Colui che sa che il cibo è fondato sul cibo, costui è ben saldo, possiede il cibo, diventa mangiatore di cibo, grande diventa per prole, armenti, splendore brahmanico, grande per gloria.

"10. Non bisogna rifiutare nessuno nella propria dimora. Questa è la regola. Perciò in qualsiasi maniera bisogna procurarsi molto cibo. [Di colui che così agisce] si dice: ""Il cibo gli è andato a buon fine"" (ossia: otterrà il rimerito dell'offerta di cibo all'ospite). Se il cibo è stato preparato in modo eccellente, è per lui (per il donatore) che è stato preparato in modo eccellente. Se il cibo è stato preparato in modo mediocre, è per lui che è stato preparato in modo mediocre. Se il cibo è stato preparato in maniera infima, è per lui che è stato preparato in maniera infima."

Per colui che così sa, [il Brahman si configura] nella voce come sicurezza, nel prana e nell'apana come capacità di acquistarli e di conservarli, nelle mani come capacità d'agire, nei piedi come capacità di muoversi, nell'ano come capacità d'evacuare. Queste sono le determinazioni [del Brahman] per quel che riguarda l'uomo.

Per quanto riguarda le determinazioni celesti, [il Brahman apparisce] come prosperità nella pioggia, come forza nella folgore, come splendore nel bestiame, come luce nelle stelle, come procreazione, immortalità e gioia negli organi genitali, come totalità nello spazio etereo.

"Chi onori [il Brahman] come sostegno, possiede egli stesso un sostegno; chi lo veneri come grandezza, diventa egli stesso grande; chi lo veneri come pensiero (manas) ottiene egli stesso onoranza (mana); chi lo veneri come adorazione, a lui si piegano i desideri; chi lo veneri come formula magica, possiede egli stesso la formula magica; chi lo veneri come rito magico (per distruggere i nemici), intorno a lui muoiono i rivali che lo odiano e i parenti ostili."

Ciò che si trova nell'uomo e ciò che si ritrova nel sole, è unico.

Chi conosce ciò, quando lascia questo mondo, dopo aver raggiunto l'involucro fatto di cibo, dopo aver raggiunto l'involucro fatto di soffi vitali, dopo aver raggiunto l'involucro fatto di pensiero, dopo aver raggiunto l'involucro fatto di conoscenza, dopo aver raggiunto l'involucro fatto di beatitudine, vaga attraverso i mondi, mangiando a suo piacere, rivestendo l'aspetto che vuole e canta questo canto 23

Evviva, evviva, evviva!

Io sono il cibo, io sono il cibo, io sono il cibo!

Io sono il mangiatore del cibo, io sono il mangiatore del cibo, io sono il mangiatore del cibo!

Io sono colui che congiunge insieme le due cose, io sono colui che congiunge insieme le due cose, io sono colui che congiunge insieme le due cose!
"Io sono il primogenito della legge cosmica; anteriore agli dei, io risiedo nel grembo dell'immortalità. Chi mi dona, costui mi ristora. Io sono il cibo e mangio il mangiatore del cibo! Io ho superato tutto l'universo"". Aureo splendore possiede colui che questo sa. Tale è la dottrina arcana."

Note :
"1. La prima valli è dedicata alla siksa, che significa sia ""insegnamento fonetico"", sia ""insegnamento"" in senso lato. Comprende preghiere e benedizioni perché lo studio sia proficuo e inoltre istruzioni e delucidazioni, il passaggio tra le quali non è sempre agevole a ritrovarsi."

2. Ben noto è il mito di Visnu che con tre passi percorse l'intero trimundio.

"3. Tat, ""quello"", è denominazione del principio supremo, del quale non è possibile altra determinazione se non quella che ne riconosce l'esistenza."

4. La correttezza nella lettura e nella recitazione della preghiera è indispensabile perché l'azione sacrificale sia perfetta.
5. Si ricercano i nessi (samhita) che legano tra loro, a diversi livelli, le varie apparizioni. Lo spunto all'argomento è fornito dalla menzione nel cap. precedente del vocabolo samhita, armonico collegamento fra le lettere e anche fra le parole del Veda: poiché questo è il modello e il prototipo d'ogni cosa, si spiega sia l'introduzione dell'argomento, sia la terminologia grammaticale adottata. Si distinguono, non sempre con rigore,
l'effetto del collegamento e il modo di esso.

6. Preghiera del maestro a Indra, perché conceda prosperità e successo nell'insegnamento. Interessante l'esplicita richiesta di beni materiali, verso i quali non si ha dunque atteggiamento di rinuncia, bensì di equilibrato apprezzamento.

7. Per mezzo delle tre giaculatorie tutto vien messo in relazione con il sacrificio. Alle tre solite viene aggiunta come quarta la formula Mahah, che è il simbolo del Brahman ed indica la cosa più elevata in ogni categoria, rappresentando il completamento o la base di tutti gli altri fenomeni.
8. Secondo Sankara è qui descritta la via per la quale l'anima individuale prende coscienza della sua vera natura, ricongiungendosi con lo Spirito Supremo. La sede dell'anima è nel cuore, dal quale si diparte un'arteria (Susumna nadi), che lungo la gola e attraverso la testa giunge alla sutura sagittale, donde l'anima fuoriesce per ascendere nei vari mondi che essa si conquista a seconda delle formule che ha pronunciato. La massima felicità raggiungibile è quella del Brahman condizionato, ossia ancora legato alle immaginazioni umane, che è pertanto oggetto di venerazione, non di conoscenza.

9. Secondo una concezione assai antica e diffusa in vari ambiti culturali, sia le varie parti dell'universo, sia le singole parti e funzioni dell'uomo sono soggette a una quintuplice divisione. Cfr. B.Up., 1, 4, 17. Chi ravvisa il parallelismo tra micro e macrocosmo sale dall'esperienza del particolare all'esperienza e al possesso dell'universale.
10. Lo studio e l'insegnamento del Veda sono indispensabili, anche se non escludono gli altri doveri religiosi, la condotta morale e gli obblighi derivanti dalla vita familiare e sociale. Alla fine sono ricordate, per essere implicitamente condannate, le opinioni estremiste di tre maestri di dottrina.

11. Sembra che il Veda canti le sue proprie lodi. L'albero rappresenta il mondo, la cui vana apparenza deve essere distrutta, secondo Sankara, perché si verifichi la liberazione. Lo stesso Sankara suggerisce un'altra interpretazione, per la quale il Veda sarebbe ciò che all'interno conferisce vitalità e forza all'albero del mondo: questo, scosso, diffonde sogli uomini benessere e beni materiali.

"12. Benché il fine ultimo delle Upanisad sia il superamento del piano fenomenico e quindi anche dell'azione, l'illuminazione tuttavia avverrà in seguito; in attesa di quella l'uomo non deve rinunciare al mondo, ma in esso vivere, comportandosi con l'equilibrio che gli consente la retta valutazione dei valori umani."
"13. La seconda valli afferma l'assolutezza del Brahman-Atman, unico principio del cosmo come dell'uomo: da esso tutto promana in una progressione di crescente materialità. A livello dell'esperienza più ovvia, il Brahman apparisce composto di cibo, ossia di materia; ma il corpo materiale è animato dall'energia vitale; questa è retta dal pensiero, sede delle volizioni e del principio dell'io, che determinano l'agire. Superiore al pensiero è poi la conoscenza razionale, che ancora distingue tra il soggetto e l'oggetto della conoscenza. Al di là d'ogni distinzione della mente, c'è la pura beatitudine del Brahman, al di là delle coppie di contrari, al di là di bene e di male. La verità dell'intima essenza del Brahman sarebbe dimostrata dal fatto che chi ha rinunciato a tutto per il Brahman è felice: la fonte della felicità non può quindi essere che il Brahman stesso. È questa la teoria dei cinque kosa, o involucri che nascondono il principio unico, la cui immota felicità, non rapportabile ad alcuna misura umana, si raggiunge non subitaneamente, ma con progressivo approfondimento."
14. I vari kosa sono detti di forma umana, perché all'uomo soprattutto si rivolge l'attenzione nelle Upanisad, ma in effetti essi avvolgono tutti i vari fenomeni.

"15. Il pensiero è diretto al soddisfacimento dei desideri e per questo trova la sua espressione nei libri sacri dei Veda, insufficienti per giungere all'ultima realtà in quanto incentrati sull'esaudimento delle richieste (infatti poco dopo si definirà caratteristica del vero saggio non tanto la conoscenza dei Veda quanto la mancanza di desideri). L'involucro fatto di conoscenza è costituito dalle virtù più alte; quello di beatitudine è tutto composto dei vari gradi di essa."
16. Il dubbio riguarda chi è destinato a raggiungere il mondo del Brahman. Per rispondere l'autore si rifà a miti cosmogonici e sembra giungere a questa conclusione: comunque si pensi dell'origine dell'universo (sia esso derivato dall'Atman, ovvero dal caos indifferenziato si sia passati all'essere, ossia all'ordine cosmico, per virtù e impulso insiti nel caos primigenio) tutto si riconduce al Brahman-Atman: in esso ci son la pace e la tranquillità, mentre terrore si ha quando si crede alla dualità. Quindi, sembra essere la conclusione, è destinato a raggiungere il Brahman chi lo ravvisa nella sua unicità e nella sua essenza di beatitudine.
17. Bhrgu, indotto dal padre Varuna, in armonia con l'insegnamento della valli precedente, riconosce il Brahman nella materia, nel soffio vitale, nel pensiero nella conoscenza, nella beatitudine, il porto immoto delle inquietudini umane. Segue l'esaltazione del cibo, ossia del Brahman nella sua materialità più evidente che assorbe ogni distinzione nella superiore unità del tutto.

18. L'autore accenna soltanto alle tre prime individuazioni del Brahman, vista, udito e parola essendo sensi e come tali compresi nel soffio vitale In ogni modo in seguito si tratta degli involucri come elencati nella valli precedente.
19. L'esaltazione del cibo, ossia della materia, dalla quale tutto s'origina e nella quale tutto va a finire, contrasta con quanto detto finora, per il materialismo che sembra voler propugnare. Secondo Sankara si vuole mostrare un tipo di meditazione sulla realtà più direttamente evidente: questa ammette una distinzione tra cibo e fruitore, che scompare quando si sia raggiunto l'Atman puro.

20. Il soffio è cibo in quanto sta dentro il corpo che lo utilizza.
"21. il lampo è contenuto nelle nubi; l'acqua si produce della condensazione del vapore acqueo."

"22. Lo spazio etereo sembra fondato sulla terra; la terra a sua volta è contornata dallo spazio, nel quale vanno a finire le varie apparizioni terrene. Cfr. Ch.Up., 4, 1-3."

"23. C'è qui un intraducibile gioco di parole, basato sull'assonanza tra saman, ""canto"" e sama, ""identità"": nel canto infatti si esalta l'identità con il Brahman, che è tutto ciò che di buono esiste ai vari livelli e nel quale ogni distinzione scompare, cosicché è come se l'Assoluto donasse sé a se stesso."




AITAREYA UPANISAD

"L'Aitareya Upanisad appartiene al ciclo del Rgveda e comprende il IV, V e VI adhyaya del secondo libro dell'Aitareya Aranyaka. È tra le più antiche Upanisad, come si rileva dalla lingua e dalla preponderanza assegnata al mito cosmogonico e alle relazioni tra micro e macrocosmo. Nel primo adhyaya s'afferma l'assolutezza dell'Atman, principio e creatore dell'universo e soprattutto dell'uomo, che da Esso promana e nel quale Esso penetra; nel secondo si tratta delle tre nascite dell'Atman, ossia delle varie manifestazioni dell'Atman, che sarà libero dal ciclo delle esistenze quando si sia riconosciuta la vera sua natura, che è costituita di conoscenza (terzo adhyaya) ed è perciò identica al Brahman. Si ritrovano dunque i grandi temi della speculazione upanisadica (unità originaria, identità fra l'Atman e Brahman, conoscenza come essenza dell'Assoluto) e analogo è il modo di procedere, con accettazione di postulati, con utilizzazione di motivi tradizionali formalmente conservati ma investiti di nuovi significati, con l'accostamento, in un tentativo di struttura unitaria, di concezioni forse all'origine tra loro estranee. Cfr. U. SCHNEIDER, Die Komposition der Ait. Up., in ""Indo"
"Iranian Journal,"", VII, 1963, PP. 58-59."


PRIMO ADHYAYA

PRIMO KHANDA

"1. In verità, al principio questo universo non era altro che l'Atman, unico e solo. Nessun'altra cosa palpitava. Esso pensò: ""Io voglio creare i mondi!""."

"2. Esso creò questi mondi: l'oceano [cosmico], i raggi di luce, [il dominio della] morte, le acque. L'oceano [cosmico] è al di là del cielo, il cielo ne è il fondamento; i raggi di luce sono l'atmosfera; [il dominio della] morte è la terra; quelle che sono al di sotto sono le acque 1."

"3. Esso pensò: ""Ecco i mondi. Ora voglio creare i guardiani dei mondi"". Traendolo fuori dalle acque, Esso foggiò l'uomo [cosmico] ."

4. E lo covò. Dopo che lo ebbe covato, la bocca di lui s'aperse come un uovo: dalla bocca sorse la parola, dalla parola il fuoco. S'apersero le narici: dalle narici venne il respiro, dal respiro il vento. S'apersero gli occhi: dagli occhi sorse la vista, dalla vista il sole. S'apersero le orecchie: dalle orecchie sorse l'udito, dall'udito i punti cardinali. S'aperse la pelle: dalla pelle sorsero i peli, dai peli le erbe e le piante. S'aperse il cuore: dal cuore sorse il pensiero, dal pensiero la luna. S'aperse l'ombelico: dall'ombelico sorse l'apana, dall'apana la morte. S'aperse il membro virile: dal membro virile sorse lo sperma, dallo sperma le acque 2.

SECONDO KHANDA

"1. Le divinità, una volta generate, si precipitarono nel grande oceano [della vita], ma [il creatore] ne aveva fatto il regno della fame e della sete. Allora esse gli dissero: ""Trovaci una dimora, risiedendo nella quale possiamo mangiare il cibo!"" 3."

"2. Portò loro una vacca, ma esse dissero: ""In verità non ci basta"". Portò loro un cavallo, ma esse dissero: ""In verità non ci basta""."

"3. Portò loro un uomo ed esse dissero: ""In verità ciò è ben fatto!"". L'uomo invero è una cosa ben fatta 4. Quindi Esso disse loro: ""Entrate ognuna nella sua dimora!""."

"4. Il fuoco, fattosi parola, penetrò nella bocca; il vento, fattosi respiro, penetrò nelle narici; il sole, fattosi vista, penetrò negli occhi; i punti cardinali, fattisi udito, penetrarono nelle orecchie; le erbe e le piante, fattesi peli, penetrarono nella pelle; la luna, fattasi pensiero, penetrò nel cuore; la morte, fattasi apana, penetrò nell'ombelico; le acque, fattesi seme, penetrarono nel membro virile."

"5. La fame e la sete dissero a Lui (all'Atman): ""Trova anche per noi [una dimora] !"". Esso rispose loro: ""Tra queste divinità io vi divido, io vi faccio partecipi di [quanto tocca a] loro"". Perciò quando si raccoglie un'oblazione per"
una qualsiasi di queste divinità, la fame e la sete hanno parte di [quello che tocca a] ciascuna di esse 5.

TERZO KHANDA

"1. Esso pensò: ""Ecco i mondi ed ecco i protettori dei mondi. Ora voglio creare per loro del cibo""."

2. Esso covò le acque. Dopo che furono covate, da esse sorse un corpo materiale: questo corpo che sorse fu il cibo.

3. Questo così creato desiderò di fuggire. Esso tentò d'afferrarlo con la parola, ma non poté afferrarlo con la parola. Se l'avesse afferrato con la parola, si sarebbe soddisfatti con la sola menzione del cibo.

4. Tentò d'afferrarlo con il respiro, ma non poté afferrarlo con il respiro. Se l'avesse afferrato con il respiro, si sarebbe soddisfatti con il solo fiutare il cibo.

5. Tentò d'afferrarlo con la vista, ma non poté afferrarlo con la vista. Se l'avesse afferrato con la vista, si sarebbe soddisfatti con il solo vedere il cibo.

6. Tentò d'afferrarlo con l'udito, ma non poté afferrarlo con l'udito. Se l'avesse afferrato con l'udito, si sarebbe soddisfatti con il solo sentir parlare del cibo.

7. Tentò d'afferrarlo con la pelle, ma non poté afferrarlo con la pelle. Se l'avesse afferrato con la pelle, si sarebbe soddisfatti con il solo toccare il cibo.

8. Tentò d'afferrarlo con il pensiero, ma non poté afferrarlo con il pensiero. Se l'avesse afferrato con il pensiero, si sarebbe soddisfatti con il solo pensare al cibo.

9. Tentò d'afferrarlo con il membro, ma non poté afferrarlo con il membro. Se l'avesse afferrato con il membro, si sarebbe soddisfatti con il solo eiaculare il cibo.

10. Tentò d'afferrarlo con l'apana e [allora] poté consumarlo (avayat). È quindi il vento (vayu) quello che afferra il cibo, è il vento quello che vive di cibo 6.

"11. Esso pensò: ""Come può esistere questo [aggregato umano] senza di me?"". E ancora: ""Per quale delle due [vie] potrò penetrarvi?"". Pensò: ""Se si parla con la parola, se si respira con il respiro, se si vede con l'occhio, se si ascolta con l'orecchio, se si ha la percezione con la pelle, se si pensa con la mente, se si inala con l'apana, se si eiacula con il membro - allora chi sono io ?"" 7."

12. Allora, avendo spezzato la sutura sagittale, penetrò per questa porta e questa ha il nome di vidrti (fessura) ed è [sede di] beatitudine. Dell'Atman [penetrato nel corpo] tre sono le dimore, tre gli stati di sonno: questa è una dimora, questa un'altra e questa un'altra ancora 8.

"13. Allorché fu nato, contemplò gli esseri e pensò: ""forse possibile parlare di un altro ?"". Esso riconobbe che l'uomo cosmico era totalmente ripieno di Brahman e disse: ""Io ho riconosciuto ciò (idam)""."

"14. Pertanto Idamdra (""colui che ha visto ciò"") è il suo nome, Idamdra esso si chiama. Esso, che è Idamdra, arcanamente Indra vien chiamato. Gli dei infatti amano l'arcano,  - amano l'arcano gli dei 9."


SECONDO ADHYAYA

QUARTO KHANDA

1. All'inizio è nell'uomo che giace l'embrione, ossia lo sperma, che è l'ardore raccolto da tutte le membra 10. In verità [l'uomo] porta l'Atman in se stesso. Quando versa il seme nella femmina, allora provoca la nascita dell'Atman. Questa è la sua prima nascita.

2. Questo [seme] diventa una cosa sola con la donna, così come fosse una delle sue membra. Perciò non le porta danno ed essa fa crescere l'Atman dell'uomo che è penetrato in lei.

3. Essa, che nutre, deve essere nutrita: [infatti] porta un feto. [Il padre,] fin da principio, fin da prima della nascita, prende cura [del figlio]. Poiché prende cura del figlio fin dal principio, fin da prima della nascita, egli prende cura di se stesso perché i mondi continuino. Invero è in tal modo che i mondi si continuano. Questa è la seconda nascita dell'Atman.

4. Il figlio, che è l'Atman del padre, vien sostituito [al posto del padre] per compiere le azioni pie. Allora l'altro Atman (quello del padre), dopo aver fatto quel che doveva fare e aver compiuto la vita, se ne va e, andandosene di qua, di nuovo rinasce. Questa è la terza nascita dell'Atman. A questo proposito un asceta disse:

"5. ""Quando ancora ero nel grembo, io già ben conoscevo tutte le nascite degli dei. Cento baluardi di bronzo mi ostacolavano, eppure simile a falco io me ne volai via velocemente"". Così quando ancor stava nella matrice parlò Vamadeva 11."

6. Ciò conoscendo, salito in alto, dopo la dissoluzione del corpo, nel mondo celeste, realizzando tutti i suoi desideri, divenne immortale, - immortale divenne.

TERZO ADHYAYA

QUINTO KHANDA

1. Chi è colui che dobbiamo venerare come [il vero] Atman? Chi è l'Atman, per mezzo del quale si vede, si ode, si sentono gli odori, si pronunciano le parole, si discrimina il dolce e l'amaro?

2. Quello che è il cuore e la mente - ossia consapevolezza, percezione, discernimento, sapienza, ingegno, intuizione, fermezza, pensiero, riflessione, impulso, ricordo, fantasia, determinazione, forza vitale, desiderio, volontà - tutte queste sono denominazioni della conoscenza.

"3. Essa è Brahma, essa è Indra, essa è Prajapati, essa [comprende] tutti gli dei e i cinque elementi fondamentali ossia terra, vento, etere, acque, luci; essa [comprende] le cose nate per così dire dalla combinazione di [elementi] sottili, cioè le diverse creature nate da uovo, da matrice, da vapore, da semi, come cavalli, vacche, uomini, elefanti, tutto ciò che respira e si muove, vola, è immobile. Tutto è guidato dalla conoscenza, è fondato sulla conoscenza. Il mondo è guidato dalla conoscenza, la conoscenza è il suo fondamento, la conoscenza è il Brahman."

4. Per mezzo di tale Atman cosciente, essendosi innalzato da questo mondo al mondo celeste, avendo realizzato tutti i desideri, [Vamadeva] divenne immortale, - immortale divenne.

Note :
"1. L'acqua è preponderante nel cosmo: essa circonda l'universo sia sopra sia sotto. Cfr. Satapatha Br., XI, 1, 6, 16: ""Le acque stanno nel posto più alto del cielo e chi scava qui trova proprio dell'acqua""."

"2. In analogia con R.V., 10, 90, il macrantropo originario è il mezzo per cui la creazione si realizza. Ogni facoltà sorge in corrispondenza dell'organo che l'esercita (e ciò sembra rivelare un certo materialismo arcaico) e a sua volta è messa in relazione con uno degli elementi universali: l'attenzione è quindi rivolta particolarmente all'uomo. Il rapporto esistente tra sensi ed elementi è talvolta chiaro, talaltra molto meno evidente. Tra parola e fuoco il rapporto è da vedersi nell'epiteto di ""bocca degli dei"" attribuito al fuoco del sacrificio; tra regioni celesti e udito il rapporto è basato sul fatto che i suoni si diffondono nello spazio; tra luna e pensiero c'è forse la stessa serenità. L'apana è, tra i soffi vitali, quello che presiede all'evacuazione e all'espulsione del feto ed è messo in relazione con la morte forse in quanto la morte è la sorte comune dei nati (a meno che l'apana non sia qui il soffio che presiede alla consumazione, ovvero alla distruzione, del cibo)."

"3. Le divinità, ossia le varie facoltà, sono soggette alle stesse miserie dell'uomo; quindi chiedono una sede, un organo sensorio, per poter gustare il cibo, ossia l'oggetto della percezione e dell'esperienza."

4. Le divinità approvano l'uomo perché è il loro principio. Lo scambio tra micro e macrocosmo è continuo: le facoltà si sono sublimate nelle divinità, che ora ridivengono sensi nell'uomo singolo.
5. La presenza e la partecipazione di fame e sete alle operazioni delle divinità-sensi sembrano sottolineare la precarietà dei sensi di fronte all'Atman, che (come s'affermerà tra poco) li governa e permette il loro funzionamento.

6. Secondo U. SCHNEIDER, op. cit., il contrasto fra la precedente correlazione apana: mrtyu e l'attuale apana: vayu (sostenuta con una delle solite elucubrazioni linguistiche basate sull'assonanza), rivelerebbe una modificazione dell'originaria stesura, che considerava, nell'ambito della dottrina del vento-respiro, il prana come la facoltà capace d'afferrare il cibo. L'inserzione dell'apana sarebbe avvenuta per preparare (data la funzione dell'apana nella generazione) l'argomento del secondo adhyaya, ossia la manifestazione sulla terra dell'Atman, che passa dall'una esistenza all'altra in un ciclo continuo. Il concetto di ciclo delle esistenze deriva da altre considerazioni che non riguardano soltanto la dottrina del vento-respiro.

7. L'Atman, che si presenta come l'elemento unificatore delle varie attività, decide di penetrare nell'aggregato umano attraverso una delle due vie di entrata, che sono, secondo Sankara, il piede o la sommità della testa.

8. I tre stati dell'Atman nel corpo sono la veglia, il sogno, il sonno profondo (anche lo stato di veglia è considerato sonno nei riguardi dell'illuminazione). Le tre dimore sarebbero l'occhio destro, la mente, il cuore.

9. L'Atman individuato riconosce l'identità con il Brahman di se stesso e di ciò che ha creato (non esiste infatti una reale pluralità e non è quindi possibile parlare di cose o di persone distinte) e perciò ha il nome di Idamdra, che è il vero e originario nome del dio degli dei.
"10. Ossia l'Atman, che qui rivela chiaramente i suoi rapporti con la dottrina del fuoco come principio di vita. Da notare che il secondo adhyaya enumera le tre nascite dell'Atman (concepimento, nascita vera e propria, morte e conseguente rinascita) senza considerare che già in 1, 3, 13 s'era parlato di ""nascita"" al momento della penetrazione nel corpo."

11. La strofa rigvedica (4, 27, 1) allude al mito del soma, trafugato dall'aquila per ordine di Indra. Qui vien interpretata come una dichiarazione di Vamadeva, autore dell'inno, il quale ottenne la liberazione dal ciclo delle esistenze (i cento baluardi) riconoscendo la verità dell'origine delle varie facoltà dell'Atman.



KAUSITAKI UPANISAD

"La Kausitaki Upanisad, così chiamata dal nome d'un maestro vedico che compare nel secondo adhyaya, appartiene alla scuola del Rgveda e fa parte delle Upanisad più antiche, benché sia certamente posteriore alla B.Up. e alla Ch.Up.: infatti essa riprende alcuni temi di quelle, come la dottrina escatologica del primo adhyaya (cfr. B.Up., 6, 2 e Ch.Up., 5, 3-10) e il dialogo tra Balaki e Ajatasatru del quarto (cfr. B.Up., 2, 1). Divisa in quattro ""lezioni"" che segnano un progressivo allontanamento da immagini e interessi terreni, volendosi così significare la necessità della gradualità nell'impegno e nello studio, la Kaus. Up. agita il problema dell'unicità dell'esistente, ossia del Brahman, dapprima considerato come una"
sorta di divinità personale, poi ravvisato nel prana, quindi teorizzato come pura coscienza (Prajnatman), donde tutti i sensi, tutti i mondi si dipartono, oggettivazione empirica dell'Assoluto.


PRIMO ADHYAYA 1

"1. Citra, discendente di Gangya, volendo fare un sacrificio, scelse [come officiante Uddalaka] Aruni, ma costui inviò il figlio Svetaketu, dicendogli: ""Fa in modo che [Citra] possa compiere il suo sacrificio"". Quando egli si fu seduto, [Citra] gli chiese: ""O discendente di Gautama, il mondo nel quale [mediante il sacrificio] mi porterai è senza uscita, oppure c'è qualche altra via da quello [dipartentesi] ? Non condurmi in un mondo falso!"". Quegli rispose: ""Non lo so, ma lo chiederò al maestro"". Si recò dal padre e gli disse: ""Mi è stato chiesto questo: come devo rispondere ?"". Ma [il padre] disse: ""Neppure io lo so. Quindi, dopo aver condotto a termine lo studio, prenderemo nell'assemblea quello che gli altri hanno da darci. Vieni, andremo tutti e due!"". E preso il combustibile nella mano si avanzò verso Citra discendente di Gangya, dicendo: ""Voglio diventare tuo discepolo"". [Citra] replicò: ""Tu sei degno della conoscenza del Brahman, o Gautama, tu che non hai concepito alcun orgoglio. Vieni, io ti farò conoscere partitamente [ogni cosa]""."

"2. Secondo quanto disse, coloro che da questo mondo si dipartono, tutti giungono nella luna. Mediante i loro soffi vitali essa s'accresce nella prima quindicina del mese, nella seconda quindicina essa li fa rinascere. La luna infatti è la porta del mondo celeste. Colui che dà la giusta risposta essa lo lascia passare, ma chi non sa rispondere, trasformatolo in pioggia, lo fa piovere qui sulla terra. E sulla terra questo rinasce come verme, o insetto, o pesce, o uccello, o leone, o cinghiale, o rinoceronte, o tigre, o uomo, o altro [animale], in questo o in quel luogo - secondo le sue azioni e il suo sapere - . Quando arriva [l'anima del trapassato alla luna], questa gli chiede chi sia ed egli deve rispondere: ""O stagioni 2, dalla [luna] brillante, che ha quindici parti, che nasce [periodicamente], che è la sede dei Mani, il seme [mio] è stato generato. E ora inviatemi in un progenitore maschio, per mezzo d'un progenitore maschio versatemi in una madre 3. Io nasco in aggiunta come il tredicesimo, come il mese intercalare, insieme con il padre dalle dodici parti. Questo io so, questo io conosco bene: perciò, o stagioni, conducetemi all'immortalità. Grazie a questa verità, grazie a questo ardore, io sono stagione, figlio delle stagioni. Chi sono io? Io sono te!"" 4. Allora [la luna] lo lascia passare."

3. Dopo esser giunto a questa via, alla via degli dei, egli procede fino al mondo di Agni, al mondo di Vayu, al mondo di Varuna, al mondo di Indra, al mondo di Prajapati, al mondo del Brahman. In questo mondo ci sono il lago Ara, i Muhurta armati di mazze, il fiume Vijara, l'albero Ilya, l'arengo Salajya, la rocca Aparajita, i due guardiani della porta Indra e Prajapati, il palazzo Vibhu, il trono Vicaksana, il divano Amitaujas 5.

4 a. Giunge al lago Ara e lo oltrepassa con [la sola forza del] pensiero, ma coloro che non hanno la retta conoscenza là giunti vi affondano. Giunge ai Muhurta, armati di mazza: ma questi fuggono davanti a lui 6. Giunge al fiume Vijara e lo oltrepassa con [la sola forza del] pensiero. Quindi scuote da sé le buone azioni e le cattive. I parenti che gli son cari ottengono le buone azioni, quelli che cari non gli sono ottengono le cattive. Come chi, correndo su un carro, guarda alle due ruote, così egli guarda al giorno e alla notte, alle azioni buone e alle cattive, e a tutte le coppie [di opposti] (caldo e freddo, dolore e piacere, ecc.) 7. E libero dalle azioni buone, libero dalle cattive, conscio del Brahman, verso il Brahman s'avvia.

"4b. La cara Manasi e Caksusi 8 che ne è il riflesso prendono dei fiori e li portano, e così Jagati, Amba e Ambali e le altre apsaras capeggiate da Ambika. A esse il Brahman dice: ""Correte incontro [a lui] con la mia gloria. Egli ha raggiunto il fiume Vijara e non sarà più colto da vecchiezza"". Cinquecento apsaras gli si fanno incontro: cento con corone nelle mani, cento con unguenti, cento con polveri aromatiche, cento con vesti, cento con frutti. Lo adornano con l'ornamento del Brahman ed egli, ornato dell'ornamento del Brahman, conoscendo il Brahman, verso il Brahman s'avvia."

5. Giunge all'albero Ilya e l'odore del Brahman penetra in lui. Giunge all'arengo Salajya e penetra in lui il sapore del Brahman. Giunge alla rocca Aparajita e penetra in lui lo splendore del Brahman. Giunge ai due guardiani della porta, Indra e Prajapati, ed entrambi di fronte a lui fuggono. Giunge al palazzo Vibhu e penetra in lui la gloria del Brahman.
"Giunge al trono Vicaksana: [di questo] le melodie brhat e rathantara sono i piedi anteriori, le melodie syaita e naudhasa i piedi posteriori, le melodie vairupa e vairaja i sostegni longitudinali, le melodie sakvara e raivata i sostegni trasversali. [Il trono] è la coscienza (prajna), perché è con la coscienza che si vede lontano. Giunge al divano Amitaujas: e questo è il prana 9. Passato e futuro sono i suoi piedi anteriori, benessere e nutrimento i piedi posteriori, le melodie brhat e rathantara i sostegni longitudinali, le melodie bhadra e yajnayajniya la testata, gli inni e le melodie la parte anteriore dell'imbottitura, le formule sacrificali la parte trasversale dell'imbottitura, i raggi della luna il materasso, l'udgitha la spalliera, il benessere il cuscino. Qui risiede il Brahman 10. Colui che così conosce sale sul trono ascendendovi dalla parte anteriore. Il Brahman lo interroga: ""Chi sei ?"". Egli deve rispondere:"

"6. ""Io sono stagione, discendente delle stagioni, ho avuto come matrice l'etere, sono sperma per la moglie, sono lo splendore dell'anno, sono l'intima natura d'ogni creatura. Tu pure sei l'intima natura d'ogni creatura; chi tu sei, questo io sono"". [Il Brahman] gli chiede: ""Chi sono io?"". ""Tu sei il satyam (la verità)"", deve rispondere. ""Che cosa è il satyam ?"". ""Ciò che è diverso dagli dei e dai soffi vitali, questo è il sat; ciò che sono gli dei e i soffi vitali, questo è il tyam. E [tutto] questo si esprime con la parola satyam 11. Così è 1 intero universo e 1 intero universo sei tu"". E questo è pure espresso nella seguente strofa:"

7. Quel grande veggente, costituito di Brahman, il cui ventre è il yajus, la cui testa è il Saman, il cui corpo è la rc,
l'immutabile, questo deve essere riconosciuto come il Brahman 12.

"Il Brahman gli chiede ancora: ""Con che cosa ti acquisti i miei attributi maschili?"" 13. ""Con il prana"", deve rispondere. ""E i miei attributi neutri ?"". ""Con il pensiero"". ""E i miei attributi femminili?"". ""Con la parola"". ""E gli odori?"". ""Con l'olfatto"". ""E le forme?"". ""Con la vista"". ""E i suoni?"". ""Con l'udito"". ""E il sapore degli alimenti?"". ""Con la lingua"". ""E le azioni?"". ""Con le mani"". ""E le sensazioni piacevoli e dolorose?"". ""Con il corpo"". ""E il piacere, la voluttà, la capacità di procreare ?"". ""Con l'organo genitale"". ""E il modo di procedere ?"". ""Con i piedi"". ""E i pensieri, il conoscibile, i desideri?"". ""Con l'intelletto"". Allora il Brahman gli dice: ""Hai conquistato il mio mondo, esso è tuo, o caro"". Il trionfo del Brahman, il successo del Brahman, questo trionfo consegue, questo successo conquista colui che così sa, colui che così sa."

SECONDO ADHYAYA 14

"1. Il prana è il Brahman: questo affermò Kausitaki. E di questo prana, che è il Brahman, il pensiero è il messaggero, la vista è la sentinella, l'udito è il banditore, la parola è la servente. E invero chi conosce che il pensiero è il messaggero del prana, ossia del Brahman, costui ottiene un messaggero; chi conosce che la vista è la sentinella, costui ottiene una sentinella; chi conosce che l'udito è il banditore, costui ottiene un banditore; chi conosce che la parola è la servente, ottiene una servente. Orbene a questo prana, ossia al Brahman, tutte le divinità (ossia i sensi) portano tributi senza che esso ne chieda. E del pari tutte le creature portano tributi, senza che li chieda, a colui che questo sa 15. Per lui questa è la dottrina segreta: Non chiedere. Succede come quando uno ha chiesto l'elemosina in un villaggio e senza aver ottenuto nulla se ne sta seduto dicendo: ""Non mangerei nulla che da costoro mi venisse offerto"", e allora coloro che prima [10] avevano respinto lo invitano 16. Questo è il modo di comportarsi di chi non chiede. Allora la gente gli dona il cibo e lo invita dicendo: ""Noi vogliamo offrirti qualche cosa""."

"2. Il prana è il Brahman: questo affermò Paingya. Per quel che riguarda il prana, che è il Brahman, dietro la parola si trova racchiusa la vista, dietro la vista si trova racchiuso l'udito, dietro l'udito si trova il senso interno (l'intelletto), dietro l'intelletto si trova racchiuso il prana 17. Orbene a questo prana, ossia al Brahman, tutte le divinità (ossia i sensi) portano tributi senza che esso ne chieda. E del pari tutte le creature portano tributi, senza che li chieda, a colui che questo sa. Per lui questa è la dottrina segreta: Non chiedere. Succede come quando uno ha chiesto l'elemosina in un villaggio e senza aver ottenuto nulla se ne sta seduto dicendo: ""Non mangerei nulla che da costoro mi venisse offerto"", e allora coloro che prima [10] avevano respinto lo invitano. Questo è il modo di comportarsi di chi non chiede. Allora la gente gli dona il cibo e lo invita dicendo: ""Noi vogliamo offrirti qualche cosa ''."

"3. Ecco ora il modo di procurarsi un bene (o il modo di procurare il bene d'una persona). Quando si mira a un determinato bene (o al bene d'una determinata persona), nella notte della luna piena o della luna nuova, ovvero nella quindicina chiara, ovvero sotto una congiunzione favorevole, dopo aver preparato il fuoco, spazzato tutto attorno, disposta [l'erba sacra], spruzzato [l'acqua sacra], piegato il ginocchio destro, si fa l'oblazione di burro fuso con un cucchiaio e si dice: ""La divinità chiamata parola è quella che fa ottenere: ottenga essa per me questo [bene] da quel determinato individuo. Svaha per lei! La divinità chiamata olfatto è quella che fa ottenere: ottenga essa per me questo [bene] da quel determinato individuo. Svaha per lei! La divinità chiamata vista è quella che fa ottenere: ottenga essa per me questo [bene] da quel determinato individuo. Svaha per lei! La divinità chiamata udito è quella che fa ottenere: ottenga essa per me questo [bene] da quel determinato individuo. Svaha per lei! La divinità chiamata mente è quella che fa ottenere: ottenga essa per me questo [bene] da quel determinato individuo. Svaha per lei! La divinità chiamata coscienza è quella che fa ottenere: ottenga essa per me questo [bene] da quel determinato individuo. Svaha per lei!"". Quindi dopo aver aspirato l'odore del fumo ed essersi cosparso le membra con il burro sacrificale, mantenendo il silenzio, si recherà [dalla persona designata], dirà la cosa [richiesta] o manderà un messaggero: sicuramente entrambi ottengono [il loro scopo]."

"4. Ecco [il rito destinato a ottenere] l'amore [mediante il soggiogamento] dei sensi. Se si desidera essere cari a un [uomo] o a una [donna] o a più [uomini] o a più [donne], in uno dei giorni [sopraddetti] si versa nel fuoco l'oblazione di burro nel modo descritto e si dice: ""La tua parola in me io libo, Svaha! 18 Il tuo odorato in me io libo, Svaha! La tua vista in me io libo, Svaha"
"! Il tuo udito in me io libo, Svaha! Il tuo intelletto in me io libo, Svaha! La tua coscienza in me io libo, Svaha!"". Quindi, dopo aver aspirato l'odore del fumo ed essersi cosparse le membra con il burro sacrificale, mantenendo il silenzio, si recherà [dalla persona designata] e cercherà di mettersi in contatto [con essa] o di parlarle stando sopravvento: allora diventa sicuramente caro, sicuramente lo ricordano [con simpatia]."

5. Ecco ora la norma insegnata da Pratardana relativa al controllo [del proprio io]: essa si chiama l'agnihotra interno 19. Finché un uomo parla, non può respirare: allora egli fa l'oblazione del respiro nella parola. Finché un uomo respira, non può parlare: allora egli fa l'oblazione della parola nel respiro. Queste due eterne, immortali oblazioni sempre l'uomo compie, sia che vegli, sia che dorma. Le altre oblazioni invece hanno una fine, poiché sono legate all'atto. Conoscendo ciò alcuni antichi non offrivano l'agnihotra [esteriore] 20.

6. L'uktha è il Brahman 21: questo affermò Suskabhrngara. Bisogna venerarlo come la rc, poiché tutte le creature acclamano (abhyarc) lui, la sua eccellenza. Bisogna venerarlo come yajus, poiché tutte le creature si sentono attratte (yuj) verso di lui, verso la sua eccellenza. Bisogna venerarlo come saman, poiché tutte le creature si inchinano (samnam) a lui, alla sua eccellenza. Bisogna venerarlo come felicità, come gloria, come splendore. Come esso tra gli inni di lode è il più fausto, il più glorioso, il più splendente, così, in verità, colui che ciò conosce diventa il più fausto, il più glorioso, il più splendente tra tutti gli esseri. A questo riguardo l'adhvaryu elabora l'intima essenza [del Veda], che si riferisce al sacrificio, che è costituito di azioni sacrificali, e in essa intesse l'insieme delle formule, nell'insieme delle formule il hotar [inserisce] l'insieme degli inni, nell'insieme degli inni l'udgatar [inserisce] l'insieme delle melodie. Questa è l'essenza della triplice scienza e del pari colui che così sa diventa invero la quintessenza di Indra 22.

"7. Ecco ora le tre venerazioni di Kausitaki Sarvajit 23. Kausitaki Sarvajit venera il sole che sorge. Dopo essersi legato il cordone sacrificale 24, aver portato l'acqua e aver riempito tre volte la coppa dell'acqua, egli dice: ""Tu sei colui che leva: leva le mie colpe!"". Nello stesso modo venera il sole a mezzogiorno: ""Tu sei colui che solleva: solleva le mie colpe!"". Nello stesso modo poi venera il sole al tramonto: ""Tu sei colui che leva via: leva via le mie colpe!"". E allora le colpe che ha commesso durante il giorno e durante la notte, [il sole] le porta via. Del pari [il sole] porta via le colpe, commesse di giorno e di notte, di chi, così conoscendo, in tal modo venera il sole."

"8a 25. Poi ogni mese, alla notte del novilunio, quando la luna si vede a occidente, bisogna venerarla nello stesso modo e gettarle contro due erbe verdi dicendo: ""Che il mio cuore ardente sia posto nella luna, questo credo di saperlo 26. Che io non debba piangere mai per qualche male che si riferisca a mio figlio!"". E allora la [sua] prole non mai muore prima di lui."

"8b. Quando poi vuol giacere deve toccare il cuore alla moglie dicendo: ""O voluttuosa, poiché il tuo cuore è posto nella luna, per questo, o signora d'immortalità, che tu non abbia mai a subire un male che si riferisca a tuo figlio!"". E allora la prole [della donna] non mai muore prima di lei."

"8c. Questo per quanto riguarda chi ha già un figlio. Chi non ha figli [deve recitare questi mantra: ] ""Accresciti, in te affluisca [il vigore del toro]... Tutte le acque, tutte le forze vitali in te affluiscano... Il germoglio che gli Aditya fanno crescere... "" 27. Dopo aver recitato queste tre strofe, deve dire: ""Non accrescerti con la nostra vita, la nostra discendenza, i nostri armenti! Ma accresciti con la vita, la discendenza, gli armenti di colui che ci odia e di colui che noi odiamo 28. Io mi volgo verso la [plaga] di Indra, io mi muovo seguendo il giro del sole "" 29. Così dicendo si muove verso la sua parte destra."

"9 30. Poi nel giorno della luna piena, quando la luna apparisce a oriente, bisogna venerarla nel modo già detto e dire: ""Tu sei il re Soma, lungiveggente, tu sei Prajapati dalle cinque bocche. Il brahmano è una tua bocca: con questa bocca tu mangi i re, con questa bocca rendimi mangiatore di cibo. Il re è una tua bocca: con questa bocca tu mangi il popolo, con questa bocca rendimi mangiatore di cibo. Il falco è una tua bocca: con questa bocca tu mangi gli uccelli, con questa bocca rendimi mangiatore di cibo. Il fuoco è una tua bocca: con questa bocca tu divori il mondo, con questa bocca rendimi mangiatore di cibo. In te esiste una quinta bocca: con questa bocca tu divori tutte le creature, con questa bocca rendimi mangiatore di cibo. Non decrescere insieme con la nostra vita, la nostra discendenza, i nostri armenti! Ma decresci con la vita, la discendenza, gli armenti di colui che ci odia e che noi odiamo! 31 Io mi muovo seguendo il [cammino] degli dei, io mi muovo seguendo il giro del sole"". Così dicendo si muove verso la sua parte destra."

"10 32. Quando poi torna dopo essere stato assente, l'uomo deve fiutare la testa del figlio, dicendo: ""Membro da membro tu sei nato, sei prodotto dal cuore. Tu sei l'anima [mia], o figlio, tu mi hai salvato. Possa tu vivere cento autunni! ''."
"Così dicendo pronuncia il suo nome. ""Sii roccia, sii ascia, sii oro invitto, splendore tu ti chiami, o figlio, possa tu vivere cento autunni!"". E pronuncia il suo nome. Poi l'abbraccia dicendo: ""Come Prajapati ha abbracciato le creature perché fossero protette, così io ti abbraccio!"". Quindi gli mormora all'orecchio destro: ""O Maghavat, o Indra, donagli [ricchezze] ! '', e all'orecchio sinistro: ""O Indra, procuragli le più grandi ricchezze! Che tu non ti separi [dalla vita] ! Che tu non t'ammali! Possa tu vivere cento autunni, o figlio! Io ti fiuto la testa pronunciando il tuo nome"". Così dicendo gli deve fiutare la testa dicendo: ""Con il muggito delle vacche io muggisco sopra di te"", e tre volte deve muggire con il muggito delle vacche sulla sua testa."

11. Ora ecco il daiva-parimara 33. Il Brahman invero risplende quando il fuoco arde, ma muore quando [il fuoco] non arde più: allora il suo splendore va nel sole, il soffio nel vento. Il Brahman invero risplende quando il sole brilla, ma muore quando [il sole] non brilla più: allora il suo splendore va nella luna, il soffio nel vento. Il Brahman invero risplende quando la luna si scorge, ma muore quando [la luna] non si scorge più: allora il suo splendore va nel lampo, il soffio nel vento. Il Brahman invero risplende quando il lampo riluce, ma muore quando [il lampo] non riluce più: allora il suo splendore va nelle regioni celesti, il soffio nel vento. Tutte queste divinità penetrate nel vento, incuneatesi nel vento, non svaniscono e di nuovo da esso risorgono. Questo per quel che riguarda il piano divino. Ora per quel che riguarda il piano individuale.

12. Il Brahman invero risplende quando si parla con la voce, ma muore quando non si parla più: allora il suo splendore va nella vista, il soffio nel soffio. Il Brahman invero risplende quando si vede con la vista, ma muore quando non si vede più: allora il suo splendore va nell'udito, il soffio nel soffio. Il Brahman invero risplende quando si ode con l'udito, ma muore quando non si ode più: allora il suo splendore va nella mente, il soffio nel soffio. Il Brahman invero risplende quando si pensa con la mente, ma muore quando non si pensa più: allora il suo splendore va nel soffio, il soffio nel soffio. Tutti questi sensi penetrati nel soffio, incuneatisi nel soffio, non svaniscono e di nuovo da esso risorgono. Allora se anche le due montagne, quella meridionale e quella settentrionale, si gettassero contro colui che così sa con il proposito di abbatterlo, non potrebbero abbatterlo. Ma coloro che lo odiano e coloro che egli odia muoiono attorno a lui.

13. Ora il modo di raggiungere la preminenza 34. Queste deità (le facoltà umane), disputando intorno alla preminenza, uscirono dal corpo. E questo, privo di respiro, rinsecchito, giacque come un pezzo di legno. Allora la parola vi rientrò e quello pur parlando con la voce rimase giacente. Vi entrò allora la vista e quello, pur parlando con la voce e vedendo con la vista, rimase giacente. Vi entrò l'udito e quello, pur parlando con la voce, vedendo con la vista, udendo con l'udito, rimase giacente. Vi entrò quindi la mente e quello, pur parlando con la voce, vedendo con la vista, udendo con l'udito, pensando con la mente, rimase giacente. Vi entrò poi il soffio e subito quello sorse in piedi. Allora tutti questi sensi, riconoscendo la preminenza al soffio, penetrarono nel soffio, che è l'Atman cosciente 35 e tutti insieme uscirono dal corpo. Entrati nel vento e diventati etere salirono al cielo. Nello stesso modo colui che sa, avendo riconosciuto la preminenza
al soffio, penetrato nel soffio, che è il sé cosciente, esce dal corpo con tutti [i suoi sensi] e, penetrato nel vento, diventato etere, sale nel cielo e va dove stanno gli dei. Qua giunto, colui che così sa diventa immortale, poiché immortali sono gli dei.

"14. Ora poi la cerimonia tra padre e figlio o, come viene chiamata, la trasmissione 36. Quando il padre è vicino a morire, chiama il figlio. Dopo aver cosparso la casa di erbe novelle, aver preparato il fuoco e posto vicino una brocca d'acqua con una coppa, il padre giace rivestito d'una veste lavata di fresco. Il figlio giunge e si china sopra di lui, toccando con i propri organi dei sensi gli organi [del padre], oppure [il padre] può fare la trasmissione mentre il figlio gli è seduto di fronte. Allora il padre gli trasmette [le proprie facoltà]: ""In te io voglio riporre la mia parola"", dice il padre. ""La tua parola in me io ripongo"", risponde il figlio. ""In te io voglio riporre il mio olfatto"", dice il padre. ""Il tuo olfatto in me io ripongo"", risponde il figlio. ""La mia vista in te io voglio riporre"", dice il padre. ""La tua vista in me io ripongo"", risponde il figlio. ""Il mio udito in te io voglio riporre"", dice il padre. ""Il tuo udito in me io ripongo"", risponde il figlio. ""Il mio gusto in te io voglio riporre"", dice il padre. ""Il tuo gusto in me io ripongo"", risponde il figlio. ""Le mie azioni in te io voglio riporre"", dice il padre. ""Le tue azioni in me io ripongo"", risponde il figlio. ""Le mie sensazioni piacevoli e le mie sensazioni dolorose in te io voglio riporre"", dice il padre. ""Le tue sensazioni piacevoli e le tue sensazioni dolorose in me io ripongo"", risponde il figlio. ""Il mio piacere, la mia voluttà, la mia capacità di procreare in te io voglio riporre"", dice il padre. ""Il tuo piacere, la tua voluttà, la tua capacità di procreare in me io ripongo"", risponde il figlio. ""La mia capacità di muovermi in te io voglio riporre"", dice il padre. ""La tua capacità di muovermi in me io ripongo"", risponde il figlio. ""La mia mente in te io voglio riporre"", dice il padre. ""La tua mente in me io ripongo"", risponde il"
"figlio. ""La mia coscienza in te io voglio riporre"", dice il padre. ""La tua coscienza in me io ripongo"", risponde il figlio."

"Se [il padre] non è in condizioni di parlare molto, deve dire brevemente: ""In te io voglio riporre i miei prana (facoltà)"". E il figlio deve rispondere: ""In me i tuoi prana (facoltà) io ripongo"". Poi, muovendosi verso destra, [il figlio] esce senza volgersi indietro. Il padre gli indirizza queste parole: ""Gloria, dignità brahmanica, fama ti seguano!"". Il figlio allora lo sogguarda sopra la spalla sinistra, nascondendosi [il volto] con la mano e coprendosi con una frangia del vestito, mentre dice: ""Acquista i mondi celesti e le [loro] gioie!"". Se il padre guarisce dalla malattia, dovrà stare sotto la potestà del figlio o scegliere la vita del monaco mendicante. Se invece muore, deve essere seppellito come gli conviene, - come gli conviene."

TERZO ADHYAYA 37

"1. In verità Pratardana Daivodasi giunse all'amata dimora di Indra per l'intrepidezza dimostrata in battaglia. Indra gli disse: ""Pratardana, scegliti una grazia"". Pratardana rispose: ""Scegli tu per me [la grazia] che tu ritieni più benefica per una creatura umana!"". Indra a sua volta replicò: ""In verità nessuno sceglie per un altro: scegli dunque tu stesso"". ""Allora non è più una grazia per me"", disse Pratardana. Indra allora non si staccò dalla verità, perché Indra"
"è la verità 31. Indra gli disse: ""Conoscimi! Questo penso che sia la cosa migliore per una creatura umana, che mi conosca 39. Io ho ucciso il tricefalo figlio di Tvastar. Ho ucciso gli Arunmukha. Ho gettato ai cani selvatici gli asceti. Rompendo molti accordi io distrussi nel cielo i Prahladiya, nell'atmosfera i Pauloma, sulla terra i Kalakanja. Eppure a me, così come sono, non fu toccato neppure un capello. A colui che mi conosce non vien toccato neppure un capello qualunque cosa commetta, sia un furto, sia un aborto, sia l'uccisione del padre o della madre. [Qualunque] male abbia fatto non mai impallidisce [per la paura della punizione]""."

"2. Egli proseguì: ""Io sono il prana, il Sé cosciente. Come tale venerami, come la vita, come l'immortalità. La vita è il soffio e il soffio in verità è la vita. Finché il soffio permane nel corpo, fin allora vi è la vita. Con il soffio s'acquista in questo mondo l'immortalità e con la coscienza si ottiene ciò che è vero. Colui che mi venera come la vita, come l'immortalità, ottiene in questo mondo una vita completa (di cento anni) e nel mondo celeste l'immortalità, l'indistruttibilità. Alcuni dicono che le facoltà dell'uomo tendono all'unità: nessuno infatti può conoscere una cosa semplicemente con la parola, una forma con la vista, un rumore con l'udito, un pensiero con la mente. Ma intervenendo contemporaneamente le facoltà fanno conoscere partitamente tutti questi [oggetti]: quando la voce parla tutti i sensi partecipano a questa azione, e così quando l'occhio vede, l'orecchio ode, la mente pensa, il respiro respira. Le cose stanno così"". Questo disse Indra. Ma tra le facoltà umane vi è un ordine di precedenza."

"3. ""Si vive [anche] senza la voce: infatti vediamo esistere i muti. Si vive [anche] senza la vista: infatti vediamo esistere i ciechi. Si vive [anche] senza l'udito: infatti vediamo esistere i sordi. Si vive anche senza la mente: infatti vediamo esistere gli sciocchi. Si vive [anche] senza braccia, si vive [anche] senza gambe: infatti vediamo esistere esempi [di tali creature]. Ma il prana è in verità l'Atman cosciente. Quando esso si è impossessato di questo corpo, lo fa stare in piedi, per questo deve essere venerato come l'uktha 40. Questo è l'assorbimento di tutto nel prana. Quello che è il prana è l'Atman cosciente. E quello che è l'Atman cosciente, questo è il prana. Questa è la dimostrazione, questo è il mezzo di conoscere ciò. Quando un uomo addormentato non scorge alcun sogno, è perché [i prana] si unificano nello spirito vitale. Allora la parola insieme con tutti gli oggetti definibili con un nome penetra in esso, la vista con tutte le forme penetra [in esso], l'udito con tutti i suoni penetra [in esso], la mente con tutti i pensieri penetra [in esso]. Quando si risveglia, come da un fuoco ardente le scintille si diffondono in ogni direzione, così da questo Atman le facoltà si dipartono verso la loro sede, dalle facoltà [si dipartono] i sensi, dai sensi gli oggetti. E il prana, ossia l'Atman cosciente, impadronitosi di questo corpo, lo fa star ritto. Perciò bisogna venerarlo come l'uktha. Questo è l'assorbimento di tutto nel prana. Quello che è il prana, esso è la coscienza e quello che è la coscienza, esso è il prana. Ed ecco la prova, ecco il modo di comprendere. Quando un uomo malato è sul punto di morire, cade in stato di debolezza e poi in stato di incoscienza. Allora la gente dice: "" [Il prana] se n'è già andato? "". Infatti non ode, non vede, non parla, non pensa. Allora [i prana] si unificano nello spirito vitale. Allora la parola con tutti gli oggetti definibili penetra in esso, penetra la vista con tutte le forme, penetra l'udito con tutti i suoni, penetra la mente con tutti i pensieri. E quando se ne va da questo corpo, se ne esce accompagnato da tutti questi [sensi]""."

"4 41. ""La parola produce da questo [corpo] tutte le cose definibili con un nome: con la parola [infatti] si arriva a tutte le cose definibili con un nome. L'odorato produce da questo [corpo] tutti gli odori: con l'odorato [infatti] si arriva a tutti gli odori. L'occhio produce da questo [corpo] tutte le forme: con la vista [infatti] si colgono tutte le forme. L'udito produce da questo [corpo] tutti i suoni: con l'udito [infatti] si colgono tutti i suoni. La mente produce da questo [corpo] tutti i pensieri: con la mente [infatti] si giunge a tutti i pensieri. Questo è il confluire di ogni cosa nello spirito vitale. Quello che è lo spirito vitale è la coscienza, quella che è la coscienza è lo spirito vitale. Insieme questi due abitano nel corpo, insieme ne escono. Ora esporremo come, in rapporto alla coscienza, tutti gli esseri si congiungano in unità""."

"5. ""La parola è una parte tratta fuori da essa [coscienza]; la cosa definibile con un nome è l'oggetto (bhutamatra = particella di sostanza) che all'esterno corrisponde [alla parola]. L'odorato è una parte tratta fuori da essa: l'odore è l'oggetto che all'esterno corrisponde [all'odorato]. La vista è una parte tratta fuori da essa: la forma è l'oggetto che all'esterno corrisponde [alla vista]. L'udito è una parte tratta fuori da essa; il suono è l'oggetto che all'esterno corrisponde [all'udito]. La lingua è una parte tratta da essa; il sapore dei cibi è l'oggetto che all'esterno corrisponde [alla lingua]. Le due mani sono una parte tratta fuori da essa; l'azione è l'oggetto che all'esterno corrisponde [alle mani]. Il corpo è una parte tratta fuori da essa; le sensazioni piacevoli e spiacevoli sono gli oggetti che all'esterno corrispondono [al corpo]. L'organo genitale è una parte tratta fuori da essa; piacere, voluttà, capacità procreatrice sono gli oggetti che all'esterno corrispondono [all'organo genitale]. I due piedi sono una parte tratta fuori da essa; il muoversi è l'oggetto che all'esterno corrisponde [ai piedi]. La coscienza è una parte tratta fuori da essa; i pensieri, il conoscibile, i desideri sono gli oggetti che all'esterno corrispondono [alla coscienza]""."

"6. ""Quando con la coscienza si è penetrati nella parola, con la parola si raggiunge ogni oggetto definibile con un nome. Quando con la coscienza si è penetrati nell'odorato, con l'odorato si raggiunge ogni odore. Quando con la coscienza si è penetrati nella vista, con la vista si raggiunge ogni forma. Quando con la coscienza si è penetrati nell'udito, con l'udito si raggiunge ogni suono. Quando con la coscienza si è penetrati nella lingua, con la lingua si raggiunge ogni sapore. Quando con la coscienza si è penetrati nelle due mani, con le mani si raggiunge ogni azione. Quando con la coscienza si è penetrati nel corpo, con il corpo si raggiunge ogni sensazione piacevole o dolorosa. Quando con la coscienza si è penetrati nell'organo genitale, con l'organo genitale si raggiungono piacere, voluttà, capacità procreatrice. Quando con la coscienza si è penetrati nei piedi, con i piedi si raggiunge ogni capacità di muoversi. Quando con la coscienza si è penetrati nella mente, con la coscienza si raggiungono i pensieri, il conoscibile, i desideri""."

"7. ""Invero la parola quando sia priva di coscienza non permette di conoscere alcuna cosa definibile con un nome; si dice [infatti]: ""La mia mente era altrove, non ho percepito alcuna cosa definibile con un nome"". Invero l'odorato quando sia privo di coscienza non permette di conoscere alcun odore; si dice [infatti]: ""La mia mente era altrove, non ho percepito alcun odore"". Invero la vista quando sia priva di coscienza non permette di conoscere alcuna forma; si dice [infatti]: ""La mia mente era altrove, non ho percepito alcuna forma"". Invero l'udito quando sia privo di coscienza non permette di conoscere alcun suono; si dice [infatti]: ""La mia mente era altrove, non ho percepito alcun suono"". Invero la lingua quando sia priva di conoscenza non permette di conoscere alcun sapore; si dice [infatti]: ""La mia mente era altrove; non ho percepito alcun sapore"". Invero le mani quando siano prive di coscienza non permettono di conoscere alcuna azione; si dice infatti: ""La mia mente era altrove, non ho percepito alcuna azione"". Invero il corpo quando sia privo di coscienza non permette di conoscere alcuna sensazione piacevole o dolorosa; si dice [infatti]: ""La mia mente era altrove, non ho percepito alcuna sensazione piacevole o dolorosa"". Invero l'organo genitale quando sia privo di coscienza non permette di conoscere piacere, voluttà, capacità procreatrice; si dice [infatti]: ""La mia mente era altrove; non ho percepito piacere, voluttà, capacità procreatrice"". Invero i piedi quando son privi di coscienza non permettono di conoscere alcun movimento; si dice [infatti]: ""La mia mente era altrove, non ho percepito alcun movimento"". Invero senza la coscienza nessun pensiero può realizzarsi e ciò che deve essere percepito non viene percepito""."
"8. ""Non bisogna cercar di conoscere la parola; bisogna giungere a conoscere chi parla. Non bisogna cercar di conoscere l'odore; bisogna giungere a conoscere chi fiuta. Non bisogna cercar di conoscere la forma; bisogna giungere a conoscere chi vede. Non bisogna cercar di conoscere il suono; bisogna giungere a conoscere chi ode. Non bisogna cercar di conoscere il sapore dei cibi; bisogna giungere a conoscere chi gusta il sapore dei cibi. Non bisogna cercar di conoscere l'azione; bisogna giungere a conoscere chi agisce. Non bisogna cercar di conoscere le sensazioni piacevoli o dolorose; bisogna giungere a conoscere chi prova le sensazioni piacevoli o dolorose. Non bisogna cercar di conoscere piacere, voluttà, capacità procreatrice; bisogna giungere a conoscere chi esperimenta piacere, voluttà, capacità procreatrice. Non bisogna cercar di conoscere il movimento; bisogna giungere a conoscere chi si muove. Non bisogna cercar di conoscere il pensiero; bisogna giungere a conoscere chi pensa. Dieci sono gli oggetti dei sensi che si riferiscono alla coscienza e dieci sono gli elementi di coscienza (prajnamatra) che si riferiscono agli oggetti. Se invero non ci fossero gli oggetti, non ci sarebbero gli elementi di coscienza e se non ci fossero gli elementi di coscienza non ci sarebbero gli oggetti, perché con una soltanto [delle due categorie] non si realizzerebbe alcuna cosa. Eppure non c'è pluralità. Come il cerchio è sostenuto dai raggi della ruota e i raggi sono sostenuti dal mozzo, del pari gli oggetti sono sostenuti dagli elementi di coscienza e gli elementi di coscienza sono sostenuti dal prana. E questo prana è il Sé cosciente, è beatitudine, non è soggetto a vecchiezza o a morte. Non s'accresce per l'azione buona, non diminuisce per quella cattiva. Invero è lui che fa compiere l'azione buona a colui che vuol sollevare fuori da questi mondi, è lui che fa compiere"
"l'azione cattiva a colui che vuol far precipitare 42. Esso è il custode degli uomini, è il sire degli uomini, è il padrone. Esso è il mio Sé, questo bisogna sapere. Esso è il mio Sé, questo bisogna sapere""."

QUARTO ADHYAYA 43

"1. V'era un tempo Gargya Balaki, studioso [dei Veda], ben conosciuto. Egli soggiornò tra gli Usinara, i Satvan e i Matsya, i Kuru e i Pancala, i Kasi e i Videha 44. Un giorno si recò da Ajatasatru di Kasi e gli disse: ""Ti parlerò del Brahman!"". Ajatasatru gli rispose: ""Mille [vacche] noi ti daremo. A questa promessa la gente suole accorrere dicendo: Ecco un [nuovo] Janaka, ecco un [nuovo] Janaka!"" 45."

2. Nel sole, il grande. Nella luna, il cibo. Nel lampo, il fulgore. Nel tuono, il fragore. Nel vento, Indra Vaikuntha. Nell'atmosfera, la pienezza. Nel fuoco, l'irresistibile. Nell'acqua, la verità. Questo in rapporto alle divinità (i fenomeni cosmici). Ora in rapporto all'individuo. Nello specchio, il riflesso. Nell'ombra, il compagno. Nell'eco, la vita. Nel suono, la morte. Nel sogno, Yama. Nel corpo, Prajapati. Nell'occhio destro, [lo spirito] della parola. Nell'occhio sinistro, [lo spirito] della verità 46.

"3. Balaki disse: ""Quel personaggio che sta nel sole, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò:"
Non farmi parlare di questo! Io lo venero come il primo, come il sommo fra tutte le creature. Invero colui che così lo venera diventa il primo, il sommo fra tutte le creature.

"4. Balaki disse: ""Quel personaggio che sta nella luna, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come il Grande, il Biancovestito, il re Soma, lo spirito del cibo"". Invero colui che così lo venera, diventa spirito del cibo 47."

"5. Balaki disse: ""Quel personaggio che sta nel lampo, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come spirito del fulgore"". Invero colui che così lo venera, diventa spirito del fulgore."

"6. Balaki disse: ""Quel personaggio che è nel tuono, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come lo spirito del fragore"". Invero colui che così lo venera, diventa spirito del fragore."

"7. Balaki disse: ""Quel personaggio che è nel vento, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come Indra Vaikuntha, come l'armata invincibile"" 45. Invero colui che così lo venera, diventa egli stesso vittorioso, invincibile, trionfatore dei nemici."

"8. Balaki disse: ""Quel personaggio che è nell'etere, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come il Brahman nella sua pienezza, immutabile"" 49. Invero colui che così lo venera, diventa egli stesso ricco di prole e di armenti e con gloria, dignità brahmanica, [ottenendo i] mondi celesti, giunge a pienezza di vita."

"9. Balaki disse: ""Quel personaggio che è nel fuoco, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come l'irresistibile"". Invero colui che così lo venera, diventa egli stesso irresistibile fra gli altri."

"10. Balaki disse: ""Quel personaggio che è nell'acqua, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come lo spirito del vero"" 50. Invero colui che così lo venera, diventa egli stesso spirito del vero. Questo per quel che riguarda le divinità (i fenomeni celesti). Ora per quel che riguarda l'individuo."

"11. Balaki disse: ""Quel personaggio che è nello specchio, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come il riflesso"". Invero per colui che così lo venera, nella sua discendenza nasce uno [a lui] simile, non uno dissimile."

"12. Balaki disse: ""Quel personaggio che è nell'ombra, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come un compagno che non mai s'allontana"". Invero colui che così lo venera, trova un compagno, è uno che ha degli amici."

"13. Balaki disse: ""Quel personaggio che è nell'eco, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come la vita"" 5'. Invero colui che così lo venera, non perde coscienza prima che il tempo sia compiuto."

"14. Balaki disse: ""Quel personaggio che è nel suono, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come la morte"" 52. Invero colui che così lo venera, non muore prima che il tempo sia compiuto."

"15. Balaki disse: ""Quel personaggio che addormentato vaga nel sogno, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replico: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come il re Yama"". Invero a colui che così lo venera, ogni cosa è qui sottoposta, [perché serva] alla sua preminenza 53."

"16. Balaki disse: ""Quel personaggio che è nel corpo, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come Prajapati"" 54. Invero colui che così lo venera, è egli stesso ricco di discendenza e di armenti e con gloria, dignità brahmanica [ottenendo i] mondi celesti, giunge a pienezza di vita."

"17. Balaki disse: ""Quel personaggio che è nell'occhio destro, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come lo spirito della parola, lo spirito del fuoco, lo spirito della luce"" 55. Invero colui che così lo venera, diventa egli stesso spirito di tutti questi [fenomeni] 56."

"18. Balaki disse: ""Quel personaggio che è nell'occhio sinistro, quello io venero [come Brahman]"". Ma Ajatasatru gli replicò: ""Non farmi parlare di questo! Io lo venero come lo spirito della verità, lo spirito del lampo, lo spirito del fulgore"". Invero colui che così lo venera, diventa egli stesso spirito di tutte queste cose."

"19. A questo punto Balaki si tacque. Allora Ajatasatru gli disse: ""È tutto qui, o Balaki?"". ""È tutto qui"", rispose Balaki. Allora Ajatasatru riprese: ""Inutilmente, davvero, tu mi hai fatto discutere, dicendomi: "" Ti parlerò del Brahman "". O Balaki, colui che ha foggiato questi personaggi, colui del quale questo [universo] è l'opera, costui bisogna conoscere"". Allora Balaki prese il combustibile in mano e si avvicinò [al re] dicendo: ""Io voglio essere [tuo] discepolo"". Ajatasatru gli disse: ""Mi sembra contrario alla norma che uno ksatriya ammaestri un brahmano. Vieni tuttavia, io ti condurrò alla conoscenza"". Prese Balaki per la mano e andò avanti. Giunsero a un uomo che giaceva addormentato e Ajatasatru gli disse: ""Grande, Biancovestito, re Soma! ''. Ma quello rimase a giacere. Allora lo toccò con il bastone e quello si alzò. Allora Ajatasatru gli disse: ""Dove giaceva or ora quest'uomo ? Dove si trovava or ora? Donde or ora è ritornato?"". Ma Balaki non lo sapeva. Allora Ajatasatru riprese a dirgli: ""Dove quest'uomo or ora giaceva, dove or ora si trovava, donde or ora è tornato, [se questo vuoi conoscere, sappi che] ci sono delle vene dell'uomo, chiamate hita, che dal cuore si dipartono verso il pericardio. Sottili come un capello separato in mille parti, consistono d'una sottile essenza di color bruno, bianco, nero, giallo, rosso. In esse ci si trova allorquando nella condizione di sonno profondo non si vedono più sogni."

"20. In questo prana dunque [i prana] si congiungono in unità. Allora la parola in esso si riassorbe con tutte le cose definibili con un nome; si riassorbe la vista con tutte le forme; si riassorbe l'udito con tutti i suoni, si riassorbe la mente con tutti i pensieri. Quando si risveglia, come da un fuoco fiammeggiante le scintille sprizzano in tutte le direzioni, così da questo Atman i prana (facoltà umane) si dipartono ognuna verso la propria sede, dai prana si dipartono gli dei (i sensi), dagli dei i mondi. E questo prana, che è il Sé cosciente, è penetrato in quel Sé che è il corpo fino ai capelli, fino alle unghie. Come un rasoio è celato nella guaina, o la termite nel termitaio, così questo Sé cosciente è penetrato in quel Sé che è il corpo fino ai capelli, fino alle unghie. Attorno a questo Atman gli altri Atman si stringono, come i vassalli attorno al feudatario. Come il feudatario si serve dei vassalli, o come i vassalli si servono del feudatario, così questo prajnatman si serve degli altri Atman e gli Atman si servono del prajnatman. In verità finché Indra non ebbe conoscenza di questo Atman, fin allora i demoni riportarono vittoria. Ma non appena ne ebbe conoscenza, uccise i demoni, riportò vittoria e ottenne predominio, sovranità, supremazia su tutti gli dei"". Del pari colui che così sa, dispersi tutti i mali, ottiene predominio, sovranità, supremazia su tutte le creature, colui che così sa, colui che così sa."

Note :
1. Lo Kshatriya Citra rivela al brahmano Svetaketu e al padre suo il destino dell'anima dopo la morte. La luna accoglie ed esamina tutti i morti, facendo ricadere sulla terra nelle varie forme di esistenza chi non dà la giusta risposta. Ma quelli che riconoscono la propria identità con la luna (e quindi con l'anno e con le stagioni, dalla luna determinati) procedono oltre sulla via degli dei fino al mondo del Brahman, rappresentato come una reggia ricchissima. Superati vari ostacoli, deposti i propri condizionamenti, il morto si accosta al Brahman, assiso su un divano o paryanka (di qui il nome di paryanka-vidya dato alla dottrina qui esposta), costituito dai vari oggetti e simboli del sacrificio. Le domande del Brahman e le risposte date mettono in luce il rapporto che esiste tra le varie funzioni del Brahman e l'uomo, il quale, identico al Brahman che è la verità, ne riproduce funzioni e attività.

2. Le stagioni sorvegliano l'accesso alla luna.

3. Questa prima strofa è pronunciata da chi desidera ritornare nel mondo dei vivi.

4. Questa seconda strofa è pronunciata da chi desidera proseguire oltre la luna lungo la strada degli dei. Probabilmente si allude a una nascita eccezionale, simile a quella del mese intercalare, destinata a pareggiare l'anno solare con l'anno lunare.

"5. Le varie parti del mondo del Brahman recano nomi simbolici, variamente interpretati. Ara sembra ricordare i ""nemici"" (ari) dell'uomo, come l'ira, l'invidia ecc.; i Muhurta sono gli ""istanti"" e ricordano la fuggevolezza del tempo;"
"Vijara significa ""senza vecchiezza""; Ilya è messo in rapporto con ila, ""terra""; Salajya è interpretato come ""ciò che esiste, scompare e rinasce"" (sat + la + ja); Aparajita significa ""invincibile"", Vibhu, ""vasto"", Vicaksana, ""che vede lontano"", Amitaujas, ""dall'energia infinita""."

6. Ogni limitazione di tempo viene superata.

7. Tutte le determinazioni e tutte le distinzioni, retaggio dell'esperienza terrestre, non vengono neppure scorte da colui che s'avvia verso il trono del Brahman, così come non si scorgono i raggi d'una ruota in movimento.

8. Manasi e Caksusi sono ninfe forse collegate con il pensiero e con la vista.
9. Questo passo mi sembra tipico del modo di procedere dei vati upanisadici: dapprima trono e prajna sono equiparati perché sia il trono per la sua posizione elevata, sia la coscienza permettono un'ampia visuale. Quindi si identificano divano e prana: ossia l'epiteto prana, quasi omofono di prajna, viene attribuito a un oggetto assai simile al trono. Si prepara così il campo per l'identificazione tra prana e prajna della lezione successiva.

10. La descrizione della residenza del Brahman è esemplificata certamente su modelli di regge di sovrani terreni. Vedi W. RAU, Staat und Gesellschaft im alten Indien, Wiesbaden, 1957, pp. 125-l28.

11. Secondo questo luogo, sat indica ciò che trascende l'esperienza dei sensi e delle divinità che li reggono, tyam ciò che ai sensi si riferisce. Diversa opinione è espressa altrove (ad es. in T.Up., 2, 6).
12. Questa strofa sembra interpolata. In ogni modo nulla aggiunge di nuovo alla rappresentazione, legata alla liturgia, del Brahman.

13. Il Brahman trasmette le proprie funzioni e attività all'individuo. Nelle tre prime domande c'è correlazione fra il genere dei vari attributi e il genere di prana, manas, vac, soffio, mente, parola.

14. La seconda lezione è costituita di brani staccati, nei quali si propongono per lo più riti e prescrizioni diretti al soddisfacimento di beni e desideri terreni.
È chiamata pranavidya, in quanto il prana, considerato entità suprema, è al centro dell'attenzione.
15. Come i singoli sensi sono soggetti e rendono omaggio al soffio vitale, così a colui che riconosce il Brahman nel prana toccano beni e il primato fra le creature, anche se non richiede nulla.

16. È questa la prima allusione al costume della dharna, ossia alla pratica, da parte di chi è stato offeso o leso nei suoi diritti, di affrontare un sacrificio in modo che l'effetto nocivo ricada su chi ha commesso un'ingiustizia.

17. Il prana è il sostrato di tutti i sensi e pur dell'intelletto e da essi è per così dire protetto, come da diversi involucri. Vedi la teoria dei kosa in Taittiriya Up., 2.
18. La libagione della parola e degli altri sensi significa probabilmente che l'officiante versa in sé le facoltà dell'altra persona, a sé avvincendola, ovvero distruggendo con il suo fuoco interiore gli eventuali ostacoli che al raggiungimento dei suoi desideri si frappongono.
19. La vita è un continuo sacrificio, che supera e comprende l'agnihotra, ossia il sacrificio giornalmente offerto al fuoco. Cfr. soprattutto Mahanarayana Up.

20. Mi sembra probabile che qui si alluda a qualche antica setta di asceti o di meditanti sciolti da ogni rituale.

21. L'uktha è la parte recitata dell'inno sacrificale. Le successive identificazioni sono basate su assonanze, che non possono essere rese in italiano.

22. Il sacerdote officiante prende a oggetto della sua meditazione l'essenza del Veda, che è costituito di formule, di inni e di melodie. In tal modo ottiene il grado più alto nel perfezionamento individuale, indicato come omosostanzialità con Indra.
23. Cerimonia per purificarsi dalle colpe mediante l'adorazione del sole.

24. È questa la menzione forse più antica del cordone sacrificale, distintivo delle caste superiori.

25. Cerimonia e rituale per ottenere che i figli prosperino.

26. La luna è la sede del cuore e di tutto ciò che si riferisce alla generazione.

"27. Si tratta di strofe del Rgveda (rispettivamente, 1, 91, 16 e 18) e della Taittiriya Samhita, 11, 3, 5, 3; 11, 4, 14, 1."

"28. La luna cresce per l'accedervi dei morti; l'auspicio che essa non s'accresca per l'afflusso di determinate persone o cose equivale dunque a un augurio di lunga vita per esse."

29. Ossia compie il percorso che il sole compie nella notte per arrivare dall'occidente all'oriente, la plaga di Indra. Il sole sempre ricompare, e sempre si rinnova, di generazione in generazione, la vita dell'uomo.

30. Cerimonia e rituale da compiersi al plenilunio per ottenere prosperità. La luna è simbolo di vita e di distruzione (infatti i morti vanno a finire in essa) e potenza distruttiva impetra il supplicante.

31. Penso che qui il cantore esprima l'augurio che la rinascita, raffigurata con il decrescere della luna, tocchi ai suoi nemici, a lui stesso invece la liberazione.

32. Cerimonia al ritorno da un viaggio per assicurare lunga vita a un figlio, il quale soltanto può celebrare il sacrificio funebre e in tal modo operare per il bene del genitore.
"33. Propriamente ""morte circolare riguardante le divinità o i sensi"". Si tratta di un rito magico destinato ad assicurare vittoria sui nemici mediante l'assorbimento delle divinità, ossia dei fenomeni naturali, nel vento e dei sensi nel soffio e la loro risurrezione. Il Brahman sembra realizzarsi soltanto nei fenomeni naturali e nei sensi e sparire con lo sparire di quelli. In realtà né quelli né il Brahman muoiono, ma la loro essenza, che è quella del Brahman, si trasferisce in ultimo rispettivamente nel vento e nel soffio, che, identici per la corrispondenza tra macro e microcosmo, sono quindi il sostrato di tutto l'esistente. Una versione più antica si ha in Aitareya Brahmana, VIII, 28, dove manca la parte relativa al microcosmo, ma il graduale compenetrarsi di vento, fuoco, sole, luna, pioggia, lampo apparisce meglio giustificato, anche se soltanto raramente fondato su osservazione acuta dei fenomeni."
34. Disputa sulla preminenza degli organi di senso. Chi riconosce la superiorità del soffio si identifica con il soffio cosmico, ossia con il vento, perché conoscere vuol dire essere, e dal vento è portato nel regno dell'immortalità.

35. Si accenna qui all'identificazione tra prana e prajna, che sarà il tema della terza lezione.
36. Il padre trasmette al figlio le sue facoltà, che rivivranno nella sua discendenza, secondo una credenza certamente anteriore al dogma del ciclo delle esistenze.

"37. La terza lezione, che insieme con la quarta costituisce l'atmavidya, "" scienza del Sé"", comprende l'insegnamento di Indra a Pratardana. Indra si identifica con il prana, il soffio vitale, e questo a sua volta non è altro che il prajnatman, il Sé cosciente, ossia il soggetto dell'agire, nel quale confluiscono tutte le facoltà umane (prana, al plurale). Queste si esplicano mediante gli organi dei sensi, i quali a lor volta producono gli oggetti dei sensi, ossia il fenomeno, che non esiste dunque se non in quanto oggettivazione della coscienza. Il Sé cosciente bisogna cercar di raggiungere, ché, colto quello, tutto si coglie con esso. La cosiddetta dimostrazione di Indra si basa sul fatto che nel sonno ogni facoltà umana, compresa la coscienza, determinante per l'attività di quelle, vien meno all'infuori del soffio e riprende soltanto con il ridestarsi della coscienza: si stabilisce quindi una sorta di identità tra prana e prajna, affermata con nobile e suggestiva eloquenza, ma non certamente provata."


38. Indra, alla replica di Pratardana, mantiene fede alla promessa di concedergli una grazia che consiste appunto nel decidere egli stesso.

39. Con la conoscenza della verità, ossia, come si vedrà in seguito, con il riconoscimento della sostanziale unicità dell'esistente, spariscono tutte le distinzioni di bene e di male: le azioni non più appartengono all'individuo, ché l'individuo ha cessato di esistere. Subito dopo si allude ad azioni compiute da Indra, tutte determinate da odio, violenza, ingiustizia.


"40. L'identificazione è basata sull'assonanza tra ut-tha, ""star in piedi"", e uktha."

41. Gli oggetti dei sensi esistono soltanto se esiste il senso che li percepisce. A lor volta i sensi, ossia le facoltà umane, non possono realizzarsi se manca la coscienza (par. 5, 6, 7).
42. Tutto si riconduce all'unità e l'unico Attore, che è il Sé cosciente, sembra essere in grado di determinare il destino di ciascun individuo, ossia al Sé vengono trasferite le caratteristiche attribuite dal comune sentimento religioso alle antiche divinità.

43. Balaki propone di identificare il Brahman negli spiriti che reggono i fenomeni naturali e le varie facoltà umane, ma lo ksatriya Ajatasatru respinge le proposte identificazioni per la loro limitatezza, che per altro condiziona la sorte stessa del ricercatore, secondo il già accennato rapporto tra conoscere ed essere. Partendo dall'esempio d'un uomo immerso in un sonno profondo, Ajatasatru afferma che tutti i sensi s'unificano nel soffio, che è il Sé cosciente, risiede nell'intimo del cuore e permea ogni creatura, dandole vita e attività. Il brano sembra un rifacimento di Brhadaranyaka Up., II, 1, 1-19.

44. Popoli abitanti per lo più nel Madhyadesa, ossia nel territorio compreso tra Gange e Jumna.

45. Re di Videha, ben noto per la sua liberalità.

46. Il paragrafo è una sorta di indice dei punti che verranno sviluppati in seguito.
47. La luna è messa in rapporto, come al solito, con il cibo, la cui abbondanza dipende dalla pioggia e dalle stagioni, entrambe legate alla luna e alle sue fasi.

48. Il vento e Indra (Vaikuntha è dapprima epiteto di Indra, poi passerà a Visnu e al suo cielo) sono simili per l'impeto eversore.

49. L'etere riempie ogni cosa ed è definito come il Brahman immutabile: il Brahman è qui dunque definito come una sorta di materia inerte, priva di capacità di evoluzione.
50. L'acqua è in rapporto con il vero: è infatti per l'acqua che si giurava.
51. Forse la vita è messa in rapporto con l'eco in quanto sia l'una sia l'altra sono soltanto il ricordo o il riflesso di suoni scomparsi o di mondi lontani.

52. Insolito è l'accostamento tra il suono, che è simbolo della vita e addirittura della potenza creatrice (la parola del Veda), e la morte. Probabilmente il rifacitore del brano ha voluto negare ogni valore del suono, per polemica antiritualisuca e antisacerdotale.
"53. È evidente il rapporto esistente tra il sonno e Yama, dio dei morti. La supremazia promessa è poi fondata su un legame etimologico tra Yama e yam, ""sottoporre""."

54. Prajapati, in quanto creatore, è collegato strettamente con il corpo.

55. Negli occhi e del pari nel sole, simboli della vita, si pensa che esista un personaggio. All'occhio destro appartiene ciò che è originario (parola, fuoco, luce, la parola essendo collegata con il fuoco come d'ordinario), al sinistro ciò che è derivato (verità, lampo, fulgore).

56. Ossia gode di questi fenomeni.




KENA UPANISAD

"La Kena Upanisad, così chiamata dalla parola iniziale, o Talavakara Up., dal nome della scuola del Samaveda cui appartiene, si divide in due parti, che contengono entrambe qualche elemento di dialogo tra maestro e discepolo (cfr. 1, 1; 4, 7). I primi due khanda costituiscono la prima parte, in versi, che è la più recente ed esamina il problema dell'inconoscibilità del Brahman, che è al di là d'ogni ragionamento logico, cosicché soltanto colui che ravvisa l'insufficienza dei mezzi conoscitivi può dire di realizzarlo. La seconda parte, in prosa, ha il carattere d'una leggenda, diretta a illustrare la superiorità del Brahman, che appare come una forza magica e nuova, sui vari elementi della natura, simboleggiati dagli dei vedici, che da esso dipendono e contro di esso nulla possono. Nell'epilogo l'intuizione del Brahman, che è d'ordine mistico e non logico, è paragonata per la subitaneità al balenar della folgore o a un ricordo ridestato nella mente. Il Brahman è il fine di tutti i desideri, e la pratica ascetica, la vita morale e il sacrificio, se pure non giungono a ottenerlo, costituiscono però il fondamento indispensabile dell'ascesa spirituale."


PRIMO KHANDA

"1. ""Per il comando di chi, per la spinta di chi vola il pensiero? Per le arti di chi il respiro per primo si muove? Per il volere di chi vien pronunciata la parola? E qual dio domina la vista e l'udito?""."

"2. ""Quando si siano liberati [dal pensiero] che l'udito sia [una proprietà] dell'orecchio, il pensiero della mente, la parola della voce (c'è anche il respiro [considerato proprietà] del respiro e la vista [proprietà] dell'occhio), i saggi, lasciato questo mondo, diventano immortali 1."

3. L'occhio non vi giunge, non vi giunge la parola e neppure il pensiero. Non sappiamo, non conosciamo in qual modo possa essere insegnato. Esso è diverso da ciò che è conosciuto e anche è al di là di ciò che è ignoto. Così abbiamo udito dagli antichi che ce l'hanno spiegato.

4. Ciò che non può essere espresso con la parola, ciò per mezzo del quale la parola viene espressa, questo sappi che è il Brahman. Non è ciò che [il volgo] venera come tale 2.

5. Ciò che non può essere pensato con il pensiero, ciò per mezzo del quale, dicono, il pensiero vien pensato, questo sappi che è il Brahman. Non è ciò che [il volgo] venera come tale.

6. Ciò che non può essere veduto con l'occhio, ciò per mezzo del quale gli occhi vedono, questo sappi che è il Brahman. Non è ciò che [il volgo] venera come tale.

7. Ciò che non può essere ascoltato con l'orecchio, ciò per mezzo del quale l'ascolto si realizza, questo sappi che è il Brahman. Non è ciò che [il volgo] venera come tale.

"8. Ciò che non respira con il respiro, ciò per mezzo del quale il respiro vien tratto, questo sappi che è il Brahman. Non è ciò che [il volgo] venera come tale""."

SECONDO KHANDA

"1. ""Anche se tu ritieni di conoscerlo bene, in verità tu conosci appena un poco la forma del Brahman, ossia la parte che di esso tu sei e la parte che di esso è negli dei. Pertanto tu devi approfondire, io penso, ciò che [a tuo giudizio] ti è noto."

"2. "" Io non credo di conoscerlo bene e neppure posso affermare di non conoscerlo"". Chi di noi sa questo, lo conosce. Non lo conosce invece chi dice "" Non lo conosco "" 3."

"3. Esso è conosciuto da colui che non lo concepisce con il pensiero; colui che lo concepisce con il pensiero non lo conosce. Ciò che è ignoto a coloro che usano la conoscenza distintiva è conosciuto da coloro che di essa non si servono."

4. Esso può essere conosciuto quando sia stato concepito per intuizione: allora si raggiunge l'immortalità. Con [lo sprofondarsi in] se stesso s'acquista la capacità [di conoscere] e con la conoscenza s'acquista l'immortalità.

"5. Se qui sulla terra uno lo riconosce, allora la verità trionfa. Se non lo riconosce, grande è la disgrazia! I saggi, avendolo ravvisato in ogni creatura, lasciato questo mondo, diventano immortali""."


TERZO KHANDA

"1. ""Il Brahman una volta riportò una vittoria a favore degli dei e gli dei esultarono per la vittoria del Brahman. Essi pensarono: "" Nostra è questa vittoria, nostra è questa grandezza! ""."

"2. Esso conobbe il loro [pensiero]. Si manifestò quindi a loro; essi non lo riconobbero e si chiesero: ""Chi è questo fantasma ? ""."

"3. Dissero ad Agni: "" O Jatavedas, cerca di sapere chi sia questo fantasma "". "" Va bene "", egli rispose"

"4. e gli s'affrettò contro. Esso gli chiese: ""Chi sei tu?"". Gli rispose: "" Io sono Agni, io sono Jatavedas ""."

"5. "" Orbene, qual è la tua forza ? "". "" Ciò che è sulla terra, tutto io potrei bruciare! ""."

"6. Allora il Brahman gli pose davanti un filo d'erba, dicendogli: "" Brucialo"". [Agni] gli si gettò addosso con tutto l'impeto, ma non lo poté bruciare. Allora s'allontanò di là dicendo: "" Non ho potuto riconoscere ciò che è questo fantasma ""."

"7. Allora dissero al Vento: "" O Vayu, cerca di sapere chi sia questo fantasma "". "" Va bene "", rispose quello"

"8. e gli s'affrettò contro. Esso gli chiese: "" Chi sei tu? "". Gli rispose: "" Io sono il Vento, io sono Matarisvan ""."

"9. "" Orbene, qual è la tua forza ? "". "" Ciò che è sulla terra, tutto io potrei portar via!""."

"10. Allora il Brahman gli pose davanti un filo d'erba, dicendogli: ""Portalo via!"". [Vayu] gli si fece addosso con tutte le forze, ma non poté portarlo via. Allora se n'andò di là dicendo: ""Non ho potuto riconoscere ciò che è questo fantasma ""."

"11. Allora dissero a Indra: ""O Maghavat, cerca di sapere chi sia quel fantasma "". "" Va bene "", rispose quello e gli s'affrettò contro, [ma] Esso gli sparì dinanzi."

"12. In quella stessa regione del cielo Indra incontrò una donna bellissima, Uma, figlia del Himalaya. Indra le chiese: "" Chi è quel fantasma ? """"."

QUARTO KHANDA

"1. ""Essa rispose: "" È il Brahman. Per la vittoria del Brahman esultate dunque!"" 4. Allora egli seppe che esisteva il Brahman."

2. Perciò questi dei, Agni, Vayu, Indra, sono superiori in certo modo agli altri dei: infatti furono in più stretta vicinanza con Esso e per primi conobbero che era il Brahman.

3. Perciò Indra è superiore in certo modo agli altri dei: egli infatti fu in più stretta vicinanza con Esso e per primo seppe che era il Brahman.

4. Esso s'annuncia come fa il lampo: rifulge, si battono le palpebre, mentre risuona un grido di sorpresa. Questo esempio riguarda l'ordine cosmico.

5. Ed ecco per quanto riguarda l'individuo. [Il Brahman viene intuito come] quando qualcosa viene per così dire in mente, per cui torna il ricordo e si ha all'improvviso [il balenar d']un'idea.

"6. Il Brahman ha nome tadvanam (c'è desiderio di esso). Con tal nome deve essere venerato. Tutte le creature cercano colui che così lo conosce""."

"7. ""Esponi la dottrina segreta!"". ""Ti è stata rivelata la dottrina segreta, ti abbiamo rivelato la dottrina segreta del Brahman."

8. Essa ha come base l'ascesi, il dominio di sé, l'azione sacrificale, come corpo i Veda, come rifugio la verità.

"9. Chi la conosce, sradicata ogni colpa, risiede nell'infinito, supremo mondo del cielo""."

Note :
1. Le varie facoltà dei sensi non son proprie degli organi, bensì è l'Atman-Brahman che, imperscrutabile e profondo, regge ogni manifestazione e determina ogni attività. Ho inteso yad nel primo verso come introduttivo d'un'enumerazione, ossia corrispondente pressappoco ai nostri due punti dopo i verbi dicendi e sentiendi.

2. Si distingue tra il Brahman qualificato (saguna), oggetto della venerazione popolare, e il Brahman privo di attributi (nirguna), soggetto della conoscenza e vivificatore dei sensi, il conoscitore inconoscibile con la logica.
3. Poiché il Brahman è al di là d'ogni dicotomia logica, l'affermazione o la negazione della conoscenza, quando una escluda l'altra, non valgono ad esaurirne il mistero. Come è detto più avanti, il Brahman si realizza con un'intuizione che supera le capacità logiche.

4. Nel fatto che il mistero del Brahman sia svelato da Uma, ninfa montana e personificazione qui della saggezza, qualche interprete vuol vedere un'allusione all'origine delle dottrine upanisadiche, sorte negli eremi delle foreste e delle montagne. Altri sottolineano il ruolo attribuito all'elemento femminile, che in seguito acquisterà grande importanza nelle correnti religiose induistiche.




ISA UPANISAD

"La Isa Up., così chiamata dalla parola iniziale, appartiene al Yajurveda bianco e costituisce il quarantesimo e ultimo capitolo della Vajasaneyi Samhita. Nelle collezioni indigene delle Upanisad figura al primo posto. Tutto si riassume nel Sé, nell'Assoluto, denominato nel primo verso ""Signore"" (cfr. B.Up., 4, 4, 24). La consapevolezza di ciò, ossia dell'identità tra il proprio sé e il sé universale, induce al distacco spirituale dall'azione, che pertanto non più lega al mondo delle apparenze. Ma l'Uno"
tutto, al di sopra d'ogni distinzione della mente umana, è la coincidentia oppositorum: e pertanto utile per raggiungerlo non è soltanto la conoscenza, bensì anche la nescienza, la quale considera reale la molteplicità, inducendo alla valutazione positiva della vita e dei suoi valori, e quindi a un comportamento morale, anche se su un piano inferiore e propedeutico. La Isa Up., che è forse la più antica delle Upanisad in versi, si chiude con una preghiera del morente a Pusan, ossia al Sole (che si ritrova in B.Up., 5, 15), che auspica il riconoscimento dell'unità universale, ma non trascura l'azione compiuta.

1. Il Signore abita tutto ciò che nel mondo si muove. Godi di ciò che concede e non bramare mai i beni d'alcuno '!

2. [In tal caso] s'esprima pure il desiderio di vivere cent'anni su questa terra, compiendo il proprio lavoro. Così, non altrimenti che così, succederà [anche] a te: l'azione non avrà più potere adesivo 2.

3. In verità vi sono mondi demoniaci, avvolti da cieche tenebre: laggiù vanno a finire, dopo morte, coloro che hanno ucciso un essere vivente 3.

"4. L'Unico è immobile, ma è più veloce del pensiero; gli dei non lo raggiungono, quando dinanzi corre. Esso pur rimanendo fermo supera gli altri che s'affrettano. In esso il dio del vento produce le acque 4."

5. Esso si muove e sta immoto, è lontano e del pari è vicino, è al di dentro d'ogni cosa ed è al di fuori di tutto.

6. Ma di fronte a colui che riconosce nel proprio sé tutte le creature e in tutte le creature vede il proprio sé, di fronte a costui [l'Assoluto] non cerca più di sfuggire [e si palesa chiaramente] .

7. Per colui per il quale il proprio sé ha dato origine a tutte le forme del divenire, per colui che ha raggiunto la conoscenza, quale illusione, quale angoscia può esistere, per lui che ravvisa l'unità [dell'esistente] ?

8. Egli è diventato il primo principio [dell'universo] 5, incorporeo, invulnerabile, senza organi, puro, non tocco dal male. Saggio vate, onnipresente, nato da se stesso, [l'Assoluto nella sua personificazione come Brahma] ha ordinato dall'eternità le cose secondo la loro essenzialità.

9. Precipitano in cieche tenebre coloro che credono nell'ignoranza e in tenebre ancor più fitte, per così dire, coloro che della conoscenza [soltanto] si compiacciono 6.

10. [L'Assoluto,] si dice, è diverso dalla conoscenza, diverso dall'ignoranza. Questo abbiamo udito dai saggi che ce l'hanno insegnato.

1 l. Colui che ben conosce contemporaneamente entrambe, conoscenza e ignoranza, giunto fino alla morte con l'ignoranza, ottiene con la conoscenza l'immortalità.

12. Precipitano in cieche tenebre coloro che non credono alla rinascita e in tenebre ancor più fitte, per così dire, coloro che della rinascita [soltanto] si compiacciono 7.

13. [L'Assoluto,] si dice, è diverso dalla rinascita, diverso dall'assenza di rinascita. Questo abbiamo udito dai saggi che ce l'hanno insegnato.

14. Colui che ben conosce contemporaneamente entrambe, rinascita e dissoluzione, giunto fino alla morte con la dissoluzione, ottiene con la rinascita l'immortalità.

15. Da un aureo disco è coperto il volto del vero. Levalo, o Pusan, affinché io, che ho per legge il vero, possa vederlo 8!

16. O Pusan, unico saggio, o tu che controlli, o Sole, o figlio di Prajapati, dividi i tuoi raggi, raccogli il tuo splendore! Quello che è il tuo aspetto più fausto, ecco io lo scorgo: quella persona lassù, quella son io!

17. Il respiro [se ne vada] nel soffio immortale e questo corpo finisca in cenere. Om! O coscienza, ricordati delle tue azioni, ricordati! O coscienza, ricordati delle tue azioni, ricordati!

18. O Agni, che tu possa condurci per il retto sentiero alla prosperità, o dio, o tu che conosci tutte le vie! Tieni da noi lontano il peccato che travia! E noi ti renderemo il più alto omaggio!

Note :
"1. In questa strofe, pur interpretata in parte diversamente, Gandhi vedeva una delle più alte esortazioni alla fratellanza universale Analogo pensiero ricorre nelle Epistole ai Corinzi (I, 3, 16; 6, 19; II, 6, 16), nelle quali si considerano ""tempio del Signore"" soltanto le creature umane, mentre l'autore indiano estende la solidarietà a tutto l'esistente."

2. Senza brama e senza attaccamento l'azione non determina una ricompensa: la rinuncia viene trasferita dalla materialità dell'atto all'intimo dell'individuo.

"3. Interpreto atmahan come ""uccisore d'un'anima, d'una creatura"". I precetti della temperanza, della mancanza di attaccamento e il rispetto della vita, raccomandati nelle prime tre strofe, sono fondati sulla convinzione dell'unicità dell'esistente."

4. Nell'Assoluto, che per la sua natura è sottratto al principio di contraddizione, tipicamente umano, il vento, che tutto prosciuga, fa nascere invece l'acqua.
"5. Con sukram, ""seme"", è probabilmente indicato il principio attivo dell'universo, il dio Brahma, personificazione dell'Assoluto, che subito dopo vien chiamato saggio vate perché dalla sua parola creatrice s'è sviluppato l'universo."

"6. Ignoranza è attribuire il carattere di realtà, più o meno esclusiva, alla pluralità fenomenica; conoscenza è riconoscere la scia realtà dell'Uno-tutto. Nelle str. 9-10 si condanna il ricorso esclusivo all'una o all'altra; nella str. 11 si tenta una conciliazione tra via dell'azione e via della conoscenza: la prima aiuta a giungere fino alla morte (mrtyum tirtva), ossia a vivere la vita terrena con le sue necessità e le sue istanze, perché l'esperienza inferiore è gradino indispensabile sulla scala dell'ascensione dello spirito."

7. Il pensiero sembra simile a quello delle str. 9-11. Negare la possibilità d'una rinascita, ossia credere che alla morte la dissoluzione sia totale e definitiva, significa concentrare ogni cura sulla vita terrena, quindi seguire quelle leggi di moralità attiva che l'Upanisad cerca di salvare, analogamente a quanto sarà predicato dalla Bhagavadgita. Altra interpretazione del discusso passo potrebbe essere: non esiste né dissoluzione, ossia passaggio dall'essere al non essere, né creazione, ossia passaggio dal non essere all'essere. Supera la morte (mrtyum tirtva) ed entra quindi nell'immortalità soltanto colui che ravvisa la vera natura di entrambe, ossia colui che riconosce la natura eterna dell'Assoluto.
8. Le str. 15-18 sono usate ancor oggi nei riti funebri. Il morente, che, ravvisando la figura umana nel sole, simbolo del Brahman, con questo s'è identificato, è invitato a ricordare le azioni compiute, che determineranno la sua rinascita, mentre gli spiriti vitali, dipartendosi dal rogo incineratore del corpo, si riuniranno ai loro archetipi universali.



KATHA UPANISAD

"La Katha o Kathaka Upanisad, appartenente alla scuola dei Kathaka del Yajurveda nero, è divisa in sei valli, ""liane"", raggruppate in due adhyaya, ""letture"". La cornice esteriore è costituita dalla leggenda di Naciketas, che viene qui soltanto accennata e che meglio conosciamo dal Taittiriya Brahmana, 3, 11, 8. Naciketas, figlio o nipote di Uddalaka, discendente da Gotama, Vajasravas e Aruna, preso da grande zelo, desidera sacrificarsi perché fruttuosa sia la cerimonia sacrificale del padre suo, evidentemente piuttosto parco nell'offrire le proprie sostanze agli dei. Giunto al regno dei morti, inviatovi dal padre irritato per le sue domande, attende per tre giorni il dio della morte, Yama, il quale, per espiare la colpa di aver mancato ai doveri dell'ospitalità, gli concede tre grazie. Naciketas chiede la rappacificazione con il padre, la conoscenza del rito da lui poi denominato Naciketa, che garantisce l'acquisto dei mondi celesti, o addirittura del Brahman, secondo 1, 3, 2, infine chiede di conoscere il mistero della morte e il destino dell'uomo. Yama dapprima tergiversa e mette alla prova Naciketas, alla fine acconsente al desiderio. L'insegnamento di Yama, che non procede metodicamente, è che tutto si riconduce all'identità Atman-Brahman. Nell'intimo d'ognuno risiede l'Assoluto: tutto è fondato in Esso, che è indescrivibile e del quale può affermarsi soltanto che esiste. Per ottenerlo non è sufficiente il sacrificio (la meditazione sulle formule sacre tuttavia favorisce l'introspezione), ma occorre la disciplina spirituale, il dominio dei sensi, la guida sicura d'un maestro, almeno inizialmente, perché la sua vera realtà si manifesta soltanto a chi Esso sceglie. Dopo la morte alcune anime si reincarnano, ma chi ha riconosciuto la piena indipendenza dei sensi rispetto all'anima praticando il yoga, ossia controllando progressivamente l'attività del corpo e della mente, giunge, guardando entro se stesso, alla felicità del Brahman, che ha tuttavia anche una facies terrifica. La parte originaria della Kathaka Up. sembra limitata alle tre prime valli; nella seconda lettura si fa più evidente l'andamento antologico di questa Up., che è tra le più conosciute e celebrate. Studio notevole è quello di FR. WELLER, Versuch einer Kritik der Kathopanisad, Berlin 1953."


PRIMO ADHYAYA

PRIMA VALLI

1. Desideroso [del cielo], il discendente di Vajasravas offrì [un sacrificio comprendente] tutte le sue proprietà. Egli aveva un figlio di nome Naciketas.

2. Mentre [le vacche costituenti] i doni sacrificali venivano portate via, costui, benché fosse ancora un fanciullo, fu preso dalla convinzione [che soltanto un sacrificio veramente totale avrebbe avuto efficacia], e pensò:

"3. ""Hanno bevuto l'acqua, hanno ingoiato l'erba, sono state munte, non hanno più forza... Colui che le offre andrà in quei mondi che son detti privi di gioia""."

"4. Disse allora a [suo] padre: ""E me, babbo, a chi mi vuoi donare?"". E così per due e tre volte. Gli rispose allora [il padre]: ""Al dio della morte io ti dono!""."

"5. [Avviandosi al regno dei morti, Naciketas per confortarsi disse: ] ""Primo di molti [che mi seguiranno] io vado; in mezzo a molti [che mi hanno preceduto e mi seguiranno] io vado. Qual è mai il disegno che Yama oggi intenderà mandare a termine per mezzo mio ?"

"6. Guarda indietro e guarda in avanti: come già gli antenati [morirono], così del pari altri [moriranno]. Come il grano l'uomo matura, come il grano egli di nuovo rinasce"". [Una voce avverte Yama assente della presenza di Naciketas e lo esorta a onorarlo come si conviene a un brahmano]."

"7. ""Un brahmano che entri in casa come ospite è simile al fuoco. Questo è il modo di placarlo: porta dell'acqua, o Yama!"

"8. Speranze e attese, amicizie gradite e sincere, sacrifici e opere pie, figli e bestiame, tutto toglie un brahmano a un uomo scriteriato, nella cui casa rimanga senza cibo"". [Tornato alla sua dimora, Yama disse a Naciketas: ]"

"9. ""Poiché per tre notti sei rimasto nella mia casa senza cibo, tu che, come brahmano, sei un ospite degno d'onore  - onore a te, o brahmano, e che la buona fortuna m'assista -  scegli allora in compenso tre grazie""."

"10. [Naciketas disse : 3 ""Che il [padre mio] discendente di Gotama, tranquillizzato, sia ben disposto e privo d'ira verso di me, o Yama! Che lieto mi saluti quando io sia lasciato libero da te! Questa scelgo come prima fra le tre grazie""."

"11. [E Yama:] ""Lieto sarà [il padre tuo] come un tempo: il figlio di Uddalaka, Aruni (ossia Naciketas), è stato da me lasciato libero. Felicemente dormirà le notti, senza più ira, dopo averti veduto scampato dalle fauci della morte""."

"12. [Naciketas allora disse:] ""Nel mondo celeste non esiste paura: tu non ci sei, né si teme per la vecchiezza. Superate sia la fame sia la sete, vinta l'angoscia, si gode nel mondo dei cieli."

"13. O Morte, tu conosci il fuoco che conduce al cielo; rivelalo a me che son pieno di fede! Gli abitatori del cielo godono dell'immortalità. Questa io scelgo come seconda grazia""."

"14. ""Io, che conosco il fuoco che conduce al cielo, voglio rivelartelo: sta attento, o Naciketas! Sappi che esso significa il raggiungimento dei mondi infiniti, che è il [loro] sostegno e che è celato nel mistero""."

15. Gli disse del fuoco, origine del mondo, e di quali e quante pietre [si costruisca l'altare] e come. [Naciketas] ripeté ogni cosa come gli era stata detta. Allora Yama, soddisfatto, parlò ancora.

"16. Il Magnanimo, benevolo, gli disse: ""Ancora un dono io ti concedo oggi. Questo fuoco porterà il tuo nome: accetta [questo dono simile a una] variopinta collana."

17. Colui che conosce il triplice [fuoco] Naciketa, si unisce con i tre [fuochi] e compie il triplice sacrificio [quotidiano], costui oltrepassa nascita e morte. Chi è riuscito a ravvisare [l'intima essenza del fuoco] che conosce tutto l'esistente, e lo ha venerato come il dio da supplicare, raggiunge la pace per sempre.

18. Colui che, conosciuto il triplice [fuoco] Naciketa, conosciuta questa triade [di fuochi], costruisce, così ammaestrato, l'altare per il fuoco Naciketa, costui, liberandosi in anticipo dai lacci della morte, libero da angosce, gode nel mondo celeste.

"19. Eccoti il fuoco celeste, o Naciketas, che tu scegliesti come seconda grazia. Tuo diranno questo fuoco le genti. Scegli la terza grazia, o Naciketas""."

"20.""Quel dubbio [che nasce] quando un uomo è morto - alcuni infatti dicono: esiste ancora; altri: non esiste più - proprio questo, ammaestrato da te, io vorrei risolvere. Questa è la terza fra le tre grazie""."

"21. ""Pur gli dei soggiacquero a questo dubbio un tempo: non è infatti cosa agevole da comprendere, la questione è sottile. Scegli un altro dono, o Naciketas! Non tormentarmi, liberami da questa [domanda] !""."

"22. ""Anche gli dei dunque soggiacquero a questo dubbio e tu hai detto, o Morte, che non è cosa facile a comprendersi! Ma non è possibile trovare un altro che la possa spiegare meglio di te: non può darsi altra grazia simile a questa""."

"23. ""Scegli figli e nipoti destinati a vivere cent'anni, scegli grandi armenti, elefanti, oro, cavalli, scegli una grande estensione di terreno, vivi tu stesso tanti anni quanti ne desideri!"

24. Scegli, se lo ritieni un dono equivalente, ricchezze e lunga vita. Sii grande sulla terra, o Naciketas! Io ti faccio partecipe di [tutti i] desideri.

"25. Tutti i desideri che son difficili a soddisfarsi nel mondo dei mortali, tutti richiedili a tuo piacimento! Ecco fanciulle meravigliose, con carrozze e musiche - di eguali i mortali non possono averne. Io te le dono, fatti da loro servire, o Naciketas, ma non chiedere della morte!""."

"26. ""Destinate a vivere [soltanto] fino a domani, o Morte, [queste fanciulle] logorano il vigore di tutti i sensi di chi è mortale. Anche una vita intera è poca cosa: tuoi siano i cocchi, tuoi le danze e i canti."

27. Un uomo non può esser soddisfatto della ricchezza. Avremo forse la ricchezza, una volta che ti abbiamo veduto ? Noi vivremo fintanto che tu lo vuoi. Questa soltanto è la grazia migliore per me.

28. Chi mai, se è saggio, trovandosi in una condizione bassa e triste, destinato a invecchiare e a morire, mentre [sa che] esistono coloro che né invecchiano né muoiono e li ha contemplati, pensando ai [fugaci] piaceri della bellezza e dell'amore, si compiacerebbe d'una vita lunghissima?

"29. A noi rivela, o Morte, ciò su cui nasce il dubbio, ciò che succede nel grande passaggio. Questa grazia che penetra nel mistero, nessun'altra che questa sceglie Naciketas""."

SECONDA VALLI

"1. [Yama disse: ] ""Una cosa è il bene, un'altra cosa è il piacere; entrambi con scopi differenti legano l'uomo. Chi fra essi sceglie il bene, ha fortuna; perde il suo scopo chi preferisce il piacere."

2. Il bene e il piacere si presentano davanti all'uomo. Il saggio, avendoli esaminati attentamente, fa la sua scelta. Il saggio antepone il bene rispetto al piacere. Lo sciocco sceglie il piacere piuttosto che l'acquisto e il godimento [della vera felicità] .

"3. Tu, o Naciketas, meditandovi su, hai lasciato i piaceri, gradevoli e fascinosi; tu non hai accettato quella catena costituita dai beni terreni, alla quale tanti uomini soggiacciono."

4. Contrastanti e ben lontane sono l'ignoranza e quella che va sotto il nome di conoscenza. Io penso che Naciketas sia desideroso di conoscere: i molti piaceri [che ti furono promessi] non ti confondono.

5. Immersi nell'ignoranza, [pur] quelli che di per sé sono intelligenti, ritenendosi dotti, vagano qua e là nel loro stordimento, come ciechi guidati da un cieco.

"6. Il passaggio all'al di là non apparisce chiaro per lo sciocco, stordito, turbato per la passione della ricchezza. Egli pensa: "" [Soltanto] questo mondo esiste, altri non ve n'è"" e così cade sempre di nuovo in mio potere."

"7. Molti non riescono neppure a udir parlare [del passaggio all'al di là]; molti, pur udendone parlare, non sanno intenderlo; una rarità è un [maestro] capace che sappia spiegarlo e lo possieda; una rarità chi, istruito da un esperto, giunga a conoscerlo."

8. Insegnata da un uomo mediocre, [questa dottrina] non è facile a comprendersi anche se vien ripetutamente meditata. [D'altra parte] se non è spiegata da altri, non è possibile accedervi: infatti è più sottile del più sottile mezzo di conoscenza, è cosa al di là del ragionamento.

9. Questa dottrina che tu hai ottenuto, o carissimo, non può essere ottenuta con il ragionamento, ma insegnata da altri essa diventa facilmente comprensibile. Tu sei davvero saldo nella [ricerca della] verità: possiamo noi avere altri simili a te che ci rivolgan domande, o Naciketas!

10. Io so che ciò che si definisce tesoro [di azioni sacrificali] non è cosa eterna: né infatti con ciò che è transitorio può ottenersi cosa duratura. Perciò io ho approntato il fuoco Naciketa: con ciò che è destinato a perire ho acquistato cosa eterna 1.

11. O Naciketas, avendo ben considerato, tu saggio, hai con fermezza negato che la soddisfazione dei desideri sia la base del mondo, che l'infinità del sacrificio [permetta di raggiungere] la riva della tranquillità, che la potenza sconfinata dell'inno sacrificale sia il sostegno [universale].

12. Concentrandosi in se stesso, il saggio giunge a ravvisare il dio che è difficile da percepire, che è penetrato nel mistero, arcano, posto nell'intimo [del cuore], primordiale: abbandona così gioie e dolori.

"13. Il mortale che ha ascoltato ciò e l'ha compreso bene, che, staccatosi da ciò che è legato ai fattori dell'esistenza ha raggiunto questo sottile [Atman], gode avendo raggiunto ciò che è veramente degno di godimento. Io considero Naciketas come un tempio aperto "" 2."

"14. [Naciketas:] ""Rivela dunque ciò che tu consideri diverso dal merito, diverso dalla colpa, diverso da ciò che è fatto e da ciò che non è fatto, diverso da passato e da futuro!""."

"15. [Yama: ] ""La parola che tutti i Veda insegnano, che proclamano [esser pari a] tutte le austerità, per desiderio della quale si compie lo studentato, questa in breve io ti rivelo: essa è Om."

16. Questa sillaba è invero il Brahman, questa sillaba è la cosa suprema, chi conosce questa sillaba, qualunque cosa desideri, l'avrà.

17. Questo è il rifugio supremo, questo è il rifugio più alto, chi conosce questo rifugio s'esalta nel mondo del Brahman.

"18. Questo veggente non nasce, né muore, non ebbe origine né ha subito evoluzioni; innato, eterno, immortale, primordiale, esso non è ucciso quando s'uccide il corpo."

19. Se chi uccide pensa di uccidere, se chi è colpito a morte pensa d'essere colpito, entrambi non hanno chiara nozione: né quello uccide, né [questi] viene ucciso 3.

20. Più piccolo del piccolo, più grande del grande, l'Atman è posto nel segreto della creatura. Chi è privo di desideri, costui vede, libero da angosce, la grandezza dell'Atman per la grazia del creatore 4.

21. Seduto, Esso va lontano, giacendo, va in ogni dove. Chi, al di fuori di me, può conoscere il dio che racchiude la gioia e l'infelicità?

22. Il saggio, riconoscendo che il grande, onnipresente Atman si trova incorporeo nei corpi, stabile nelle cose instabili, non è più tocco da angosce.

"23. Non è possibile raggiungere l'Atman con l'insegnamento, e neppure con l'intelletto né con molta dottrina. Lo può ottenere soltanto colui che Esso trasceglie; a costui l'Atman medesimo rivela la propria essenza 5."

24. Chi non s'è staccato dal peccato, non è tranquillo, non è concentrato, non ha la mente serena, non riesce a raggiungerlo con piena conoscenza.

"25. Chi sa in realtà dove risieda Costui, per il quale dignità sacerdotale e casta guerriera non sono che un piatto di riso e la morte il condimento?""."

TERZA VALLI

"1. ""I conoscitori del Brahman, coloro che conoscono la dottrina dei cinque fuochi e hanno compiuto tre volte il rito del fuoco Naciketa, costoro chiamano ombra e luce i due [Atman], quello che gode la giusta [ricompensa] nel mondo [conquistato per mezzo] delle sue azioni e quello che è penetrato nel mistero, nel punto più alto e più lontano [dell'universo] 6."

2. Possiamo noi possedere il [fuoco] Naciketa! Esso è un ponte per coloro che, seguendo la via dell'azione sacrificale, vogliono arrivare alla riva sicura, al Brahman supremo, immortale 7.

3. Sappi che l'Atman è il padrone del carro e il corpo è il carro, sappi che la ragione poi è l'auriga e la mente le redini.

4. I saggi chiamano i sensi cavalli, gli oggetti dei sensi sono l'arena, la [personalità empirica] munita di anima, di sensi e di mente la chiamano il fruitore.

5. Colui che non possiede la ragione e non ha mai la mente raccolta, costui ha i sensi indocili, come un auriga che abbia cavalli cattivi.

6. Ma colui che possiede la ragione e ha la mente sempre concentrata, costui ha i sensi docili, come un auriga che abbia cavalli buoni.

7. Colui che è privo di ragione, senza criterio, sempre impuro, costui non giunge alla sede [suprema], ma ricade nel ciclo delle esistenze.

8. Ma colui che è dotato di ragione e di criterio ed è sempre puro, giunge a quella sede donde non più si ritorna alla vita.

9. L'uomo che ha come auriga la ragione e come redini la mente, costui giunge al termine del cammino, alla sede altissima di Visnu.

10. Superiori ai sensi sono infatti gli oggetti [che determinano le sensazioni], superiore agli oggetti è la mente, superiore alla mente è la ragione, superiore alla ragione è il grande Atman [individuale] 8.

11. Superiore al grande [Atman] è [l'elemento primordiale] non evoluto, al non evoluto superiore è lo Spirito, superiore allo Spirito non v'è nulla: esso è lo scopo, esso è il rifugio supremo.

12. Nascosto in tutte le creature, questo Spirito non si palesa, ma si fa vedere da coloro che acutamente indagano con sottile, alta intelligenza.

"13. Il saggio soggioghi parola e mente; soggioghi poi [la mente facendola rientrare] nella ragione, nel sé; soggioghi la ragione [facendola rientrare] nel grande Atman, poi nell'Atman quieto 9."

14. Levatevi, svegliatevi! Avendo ottenuto la grazia [di essere scelti], state attenti. Difficile da sormontare è la lama tagliente d'un rasoio. I vati dicono che questa è la difficoltà del cammino.

"15. Quando ha percepito ciò che è senza suono, senza tatto, senza forma, imperituro, senza sapore, eterno, senza odore, senza principio né fine, che sta al di là del grande [Atman], che è duraturo, l'uomo è liberato dalle fauci della morte""."

16. Il saggio che racconta oppure ascolta l'immortale responso, dato a Naciketas dal dio della morte, s'esalta nel mondo del Brahman.

17. Colui che, purificato, narri in un'assemblea di brahmani oppure in una cerimonia funebre questo altissimo mistero, allora si procura l'immortalità - si procura l'immortalità.


SECONDO ADHYAYA

QUARTA VALLI

"1. ""[Il creatore] esistente di per sé effettuò le aperture verso l'esterno: perciò si vede verso l'esterno, non verso l'interno. Qualche saggio, desideroso dell'immortalità, ritraendo gli occhi [dalle cose sensibili], vide dentro di sé l'Atman."

2. Gli sciocchi inseguono i piaceri esteriori e incappano nella rete della morte, aperta [per tutti]. Ma i saggi, avendo ravvisato la [vera] immortalità, non ricercano quaggiù le cose eterne in ciò che è transitorio.

3. [L'Atman individuale,] per mezzo del quale [si ha la percezione di] forma, sapore, odore, suoni, contatti carnali, è quello che permette la conoscenza. Che cosa rimane allora di esso [al momento della morte] ? In verità Esso è il Tat 10.

4. Conoscendo che il grande, onnipresente l'Atman è ciò per cui esperimenta sia lo stato di veglia sia lo stato di sonno, il saggio non è più colto da angoscia.

5. Di fronte a colui che intimamente conosce [nella sua vera realtà] l'Atman individuale, ossia il fruitore del miele [delle azioni], signore di ciò che fu e di ciò che sarà, [l'Uno, lo Spirito] più non si cela. In verità Esso è il Tat.

6. [L'Uno non più si cela di fronte a colui] che [conosce l'Atman] nato prima del tapas - [anche] prima delle acque cosmiche nacque - , [l'Atman] che, penetrato nel mistero, vi risiede, che in [tutte] le creature sempre vigila. In verità Esso è il Tat.

7. [L'Uno non più si cela di fronte a colui che conosce] colei che si congiunge con lo spirito vitale, Aditi costituita di natura divina, che, penetrata nel mistero, vi risiede, che in [tutte] le creature si moltiplicò. In verità Essa è il Tat 11.

8. Il fuoco che tutto conosce, che è riposto nel [cavo dei] legni, ben custodito come nel ventre da donne incinte, deve ogni giorno essere invocato dagli uomini vigilanti, esperti nel sacrificio 12. In verità Esso è il Tat.

"9. Tutti gli dei sono fondati su colui dal quale il sole si leva e nel quale va a tramontare; nessuno può oltrepassarlo. In verità Esso è il Tat."

"10. Ciò che è qui, è là; ciò che è là, è qui a sua volta. Ottiene morte su morte colui che in questo mondo crede di vedere della molteplicità."

11. Soltanto con la mente può raggiungersi questa convinzione: quaggiù non c'è molteplicità. Passa di morte in morte colui che in questo mondo crede di vedere della molteplicità.

12. Grosso come un pollice, lo spirito risiede nell'interno [d'ogni creatura], signore di ciò che fu e di ciò che sarà, né più si cela [di fronte a colui che lo conosce]. In verità Esso è il Tat.

13. Grosso come un pollice, lo spirito è simile a una fiamma senza fumo, signore di ciò che fu e di ciò che sarà. Tale è oggi, tale sarà pur domani. In verità Esso è il Tat.

14. Come l'acqua caduta in una zona impervia si disperde per le montagne, così colui che vede molteplici i fattori dell'esistenza si perde correndo dietro a essi.

"15. Come l'acqua pura, versata in acqua pura, tale rimane, così [inalterata], o Gautama, rimane l'anima dell'asceta che possieda la conoscenza""."

QUINTA VALLI

"1. ""Chi controlla il [corpo] dalle undici porte 13, che è la città dell'eterno [Atman] dal retto pensiero, non è tocco da dolore e, liberato [già in vita], è [per sempre] libero. In verità Esso è il Tat."

"2. [L'Atman] è [il sole che è come] un cigno nel puro cielo, è dio nell'atmosfera [come folgore], è sacerdote presso l'altare, è ospite nella casa; risiede nell'uomo, risiede nello spazio infinito, nell'ordine cosmico, nel firmamento. È figlio delle acque, figlio della vacca [primordiale], figlio dell'ordine cosmico, figlio del monte, è il grande ordine cosmico 14."

3. Porta l'espirazione verso l'alto, l'inspirazione verso il basso. Tutti gli dei onorano quel nano che risiede nell'intimo di ciascuno.

4. Quando l' [Atman] incarnato che risiede nel corpo si dissolve, si libera dal corpo, che cosa rimane allora? In verità Esso è il Tat.

"5. Non per l'espirazione vive l'uomo, non per l'inspirazione; è per altro che essi vivono, per causa di ciò in cui entrambe [quelle funzioni] hanno il loro fondamento."

6. Orsù, ti rivelerò il Brahman misterioso, eterno, e ciò che succede dell'anima una volta giunta alla morte, o Gautama.

7. Alcune anime cadono in una matrice per [rivestire nuovamente] un corpo, altre passano allo stato vegetale, secondo le loro opere, secondo la loro conoscenza.

"8. Lo spirito che veglia nei dormienti, costruendo a piacer suo, è la luce, il Brahman, esso è invero chiamato l'immortale; su di esso si fondano tutti i mondi e nessuno può andare al di là. In verità Esso è il Tat."

9. Come il fuoco, che è uno, penetrato in una creatura s'adegua a qualsiasi forma, così l'anima, che è una, s'adegua dentro ogni creatura a qualsiasi forma e pur rimane all'esterno [come entità assoluta].

10. Come il vento, che è uno, penetrato in una creatura s'adegua a qualsiasi forma, così l'anima, che è una, s'adegua dentro ogni creatura a qualsiasi forma e pur rimane all'esterno.

11. Come il sole, occhio dell'universo, non è tocco dalle malattie dell'occhio, che sono al di fuori [di esso], così l'anima universale, che è una, pur stando dentro una creatura, non è tocca dall'angoscia del mondo, perché è al di fuori.

"12. Unico, onnipotente, l'Atman, stando dentro le creature, fa apparire distinta la sua unica forma; per i saggi che lo riconoscono esistente nel proprio io c'è gioia immortale, non per gli altri."

"13. Eterno fra gli eterni, intelligente fra gli intelligenti, unico fra molti, Esso largisce grazie; per i saggi che lo riconoscono esistente nel proprio io c'è eterna pace, non per gli altri""."

"14. [Naciketas]: ""[I saggi] pensano che la formula "" Esso è il Tat"" sia la suprema, indescrivibile felicità. Ma come potrei io giungere a intendere il Tat? Risplende, brilla?""."

"15. ""In Esso non brilla il sole, né la luna e le stelle, non i lampi e tanto meno il fuoco: tutto risplende quando Esso risplende, tutto questo universo risplende della sua luce"" 15."

SESTA VALLI

"1. ""Questo eterno asvattha con le radici in alto e i rami in basso è la luce, è il Brahman, invero è detto l'immortale. Su di esso si fondano tutti i mondi e nessuno può andare al di là. In verità Esso è il Tat."

2. Tutto questo mondo, comunque sia, fu creato al muoversi del respiro vitale. Chi conosce questa [causa di] grande terrore, questa folgore brandita, diventa immortale 16.

3. Per paura di lui arde il fuoco, per paura di lui brilla il sole, per paura di lui corrono Indra e il vento e la morte per quinta.

4. Se qualcuno riesce a risvegliarsi [spiritualmente] sulla terra prima della dissoluzione del corpo, allora è adatto a ottenere un [nuovo] corpo tra le creature nei mondi [celesti] 17.

"5. Come in uno specchio, così nel proprio sé; come in un sogno, così nel mondo dei Mani; come attraverso l'acqua, così nel mondo dei Gandharva; come in ombra e luce, così nel mondo del Brahman apparisce [l'Atman-Brahman] 18."

6. Avendo intuito che la natura dei sensi è diversa [dalla natura dell'anima] e che [i sensi] sorgono e spariscono originandosi distintamente [da essa], il saggio non più soffre angoscia.

7. Superiore ai sensi è la mente, suprema rispetto alla mente è la realtà [empirica], sopra la realtà [empirica] c'è il grande Atman, supremo rispetto al grande Atman è [ l'elemento primordiale] non evoluto 19.

8. Superiore al non evoluto è lo Spirito, che pervade ogni cosa ed è privo di qualificazione. Chi l'ha riconosciuto si libera e s'avvia all'immortalità.

"9. La sua forma non si presenta allo sguardo; nessuno lo vede con l'occhio; esso può essere concepito dal cuore, dal pensiero, dalla mente. Coloro che lo riconoscono diventano immortali."

10. Quando i cinque sensi di conoscenza insieme con la mente cessano l'attività e la ragione più non opera, allora si dice [che si è raggiunta] la meta più alta.

11. Questo fermo dominio dei sensi lo chiamano yoga. L'uomo allora non è più turbato: yoga infatti è principio [d'una nuova vita] e fine [dei turbamenti determinati dal mondo esterno].

"12. Non con la parola, non con la mente né con l'occhio è possibile percepire [l'Assoluto]: come può essere percepito se non dicendo: ""[Esso] è""?"

"13. Soltanto con le parole "" [Esso] è"" può essere percepito, quando stabbia la [conoscenza della] vera natura di entrambi 20. La sua vera natura risplende quando sia percepito con le parole: "" [Esso] è""."

14. Quando tutti sono acquietati i desideri che sono nel cuore, allora il mortale diventa immortale: qui in terra gode del Brahman.

15. Quando qui sulla terra tutti i legami del cuore sono infranti, allora il mortale diventa immortale. Questo è l'insegnamento.

"16. Cento e una son le arterie del cuore, una di esse esce verso il cranio. Risalendo per essa si raggiunge l'immortalità; le altre servono per uscire in tutte le direzioni 21."

"17. Della misura d'un pollice, lo spirito, l'interna anima abita sempre nel cuore d'ognuno. Occorre strapparla dal proprio corpo con fermezza 22, come il filo d'erba dalla sua guaina. Bisogna riconoscerla come la luce, l'immortale, come la luce, l'immortale bisogna riconoscerla""."

18. Naciketas allora, avendo ascoltato questa dottrina esposta da Yama e la completa teoria del yoga, raggiunto il Brahman fu libero da passioni e da morte. Così pure sarà per altri che così conosca l'Atman universale.

Insieme ci protegga, insieme ci giovi! Insieme possiamo agire virilmente! Ci illumini ciò che abbiamo ascoltato! Che non abbiamo mai a odiarci! Om, pace, pace, pace 23!

Note :
1. Lo stesso Yama ha raggiunto la conoscenza praticando il rito del fuoco Naciketa, che, in contrasto con le altre azioni sacrificali destinate al conseguimento di scopi limitati, permette di raggiungere l'immortalità.

2. Ossia: pronto per accogliere l'intuizione del Brahman-Atman.

3. Le str. 18-19 ricompaiono in Bhagavadgita, 2, 20-19, con qualche variazione. Il veggente, ossia l'Atman-Brahman, è l'unica realtà. L'uccidere o l'essere ucciso sono soltanto apparenza: l'unico ad agire è l'Atman.

"4. Leggendo dhatuprasadat, in luogo di dhatuh pro, dovrà intendersi: ""attraverso l'acquietamento dei sensi""."

5. Cfr. Mund. Up., 3, 2, 3.

6. Esiste una sola realtà, l'Atman, che può trovarsi in due condizioni: anima individuata, soggetta alla legge del karman, e anima liberata, che s'immagina, con una sopravvivenza di concezioni arcaiche, assurta nel più alto cielo.

7. Penso che la strofa voglia esaltare il rito del fuoco come il mezzo migliore di salvezza per coloro che sono ancora legati al sacrificio.

"8. Nei testi posteriori del sistema Samkhya, buddhi, ""ragione"", e mahat, ""il grande"", indicano entrambi l'organo o facoltà della ragione, di natura materiale, che s'evolve dalla materia primordiale. Qui il grande Atman sembra indicare il sé individuale ancora legato ai condizionamenti della vita. La stessa strofe ricorre in 2, 6, 7, dove alla buddhi è sostituito il sattva, probabilmente la realtà empirica."

9. La strofe è di interpretazione assai dubbia. Probabilmente s'indica una ascesa graduale, che s'ottiene sopprimendo le funzioni più basse, secondo le regole poi codificate nel yoga, facendole penetrare in una sfera più elevata. Si passa dunque dal controllo dei sensi e della mente a quello della ragione (qui denominata jnana), a quello dell'anima individuale (grande Atman) e si raggiunge infine la purezza assoluta dell'anima nel suo stato di perfezione.
10. Ossia l'anima individuale è identica all'Assoluto. Si risponde così esplicitamente alla terza domanda di Naciketas.

"11. Assai oscure e probabilmente corrotte sono le str. 6 e 7. Secondo una diffusa concezione cosmologica, le acque sono l'elemento primevo: a esse naturalmente anteriore è l'Atman. Ho tradotto vyapasyata con ""sempre vigila"", (letteralmente ""ha osservato""). Aditi è la madre degli dei ed è anche la natura donde tutto si produce: essa pure è una forma dell'Atman."

12. La strofa è ripresa da R.V., 3, 29, 2.

13. Le undici pone sono i cinque sensi di percezione, i cinque sensi di azione e la mente.

14. Strofa del R.V., (4, 40, 5), che canta Agni nelle sue varie forme.

15. La stessa strofa si ritrova in Svet. Up., 6, 14 e Mund. Up., 2, 2, 11. Come non sono i sensi che percepiscono gli oggetti, così non è il sole a risplendere, ma è soltanto l'Atman ad agire.

"16. L'albero di asvattha (Ficus religiosa) con le radici in alto è simbolo del mondo, diramantesi dall'unica radice che è il brahman. Ma qui l'asvattha sembra identificato con il Brahman, con il quale ebbe origine quando la vita ebbe inizio; gli vengono pertanto attribuite le qualità dell'Assoluto, tra cui il terrore che esso ispira a causa del mistero che lo circonda. Si giustifica quindi la presenza della str. 3, che probabilmente è presa da altro contesto."

17. Il premio della conoscenza è, ancora miticamente, visto nell'ottenimento d'una vita più felice.

"18. L'unica realtà apparisce chiaramente se la si ricerca nel proprio sé; apparisce poi nella sua completezza nella piena luce del mondo del Brahman: in altre parole è immanente e trascendente. Altrimenti apparisce confusa e indistinta."

19. Cfr. 1, 3, 10.
20. Soltanto quando si conosca la natura, ossia l'identità sostanziale, del ricercatore e della cosa da ricercarsi, potrà affermarsi che il Brahman esiste. Non è possibile una determinazione più precisa.

21. La stessa strofe si trova in Ch.Up., 8, 6, 6, dove meglio s'accorda con il contesto.

22. Ossia riconoscendola diversa dal corpo.

23. La strofe bene auspicante per il maestro e per il discepolo si ritrova identica alla fine della T. Up.




MUNDAKA UPANISAD

"La Mundaka Up., che appartiene all'Atharvaveda, è una delle Upanisad più celebrate e commentate nell'India. Il titolo sembra significare che essa si rivolge a un ordine di asceti che seguivano il voto della ""rasatura"" del capo; ma potrebbe pure alludere all'effetto dell'insegnamento in essa impartito, che è tale da ""radere"", ossia distruggere, l'errore. La conoscenza dell'identità tra Atman e Brahman, che si raggiunge quando si sia purificato l'animo per mezzo dell'ascesi e della condotta moralmente pura, conferisce la liberazione dal ciclo delle esistenze, l'assorbimento e, a quanto sembra, la dissoluzione nell'Assoluto; il rito e il sacrificio, in quanto ancorati alle cose terrene, permettono soltanto una felicità transitoria. L'Assoluto è l'origine di tutto. si muove nell'intimo di ognuno, ma tutto trascende ed è il traguardo da raggiungere. [: chiamato Brahman, Atman, Purusa (""spirito universale"") e Tat; ma non c'è equivalenza completa fra i termini, se è vero che il Purusa in 3, 1, 3 è detto matrice del Brahman. Frequenti sono i contatti e le derivazioni da altre Upanisad, cosicché la Mund. Up. deve essere considerata tra le più recenti delle Upanisad vediche."


PRIMO MUNDAKA

PRIMO KHANDA

1. Brahma fu il primo degli dei. Creatore dell'universo, protettore del mondo, egli espose la scienza del Brahman, fondamento d'ogni altra scienza, al figlio maggiore Atharvan.

2. La scienza del Brahman, che Brahma aveva rivelato ad Atharvan, Atharvan a sua volta l'espose ad Angir, questi a Bharadvaja Satyavaha, Bharadvaja ad Angiras, sia la superiore, sia l'inferiore.

"3. Saunaka, possessore di grandi ricchezze, avvicinatosi secondo il dovuto ad Angiras, gli chiese: ""O signore, qual è la cosa che, conosciuta, permette di conoscere tutto?""."

"4. A lui quegli rispose: ""I conoscitori del Brahman dicono che bisogna conoscere due scienze, la superiore e l'inferiore 1."

5. Di esse l'inferiore è costituita dal Rgveda, dal Yajurveda, dal Samaveda, dall'Atharvaveda, dalla fonetica, dalla ritualistica, dalla grammatica, dall'etimologia, dalla metrica, dall'astronomia 2. La [scienza] superiore è quella per mezzo della quale si raggiunge l'Indistruttibile.

6. Invisibile, inafferrabile, senza famiglia né casta, senza occhi né orecchie, senza mani né piedi, eterno, onnipresente, onnipervadente, sottilissimo, non soggetto a deterioramento, Esso è ciò che i saggi considerano matrice di tutto il creato.

7. Come il ragno emette [il filo] e lo riassorbe, come sulla terra crescono le erbe, come da un uomo vivo nascono i capelli e i peli, così dall'Indistruttibile si genera il tutto.

8. Il Brahman si forma per mezzo dell'ascesi, da esso nasce l'alimento, dall'alimento il respiro vitale, la mente, la verità, i mondi e ciò ch'è immortale nelle azioni.

"9. Da colui che tutto conosce, che sa tutto, per il quale l'ascesi è costituita dalla conoscenza, da costui nasce questo Brahman, ossia l'individualità e l'alimento""."

SECONDO KHANDA 3

Questa è la verità:

1. Le azioni sacrificali, che i poeti videro [e descrissero] nelle raccolte degli inni sacri, sono state ripetutamente realizzate dinanzi ai tre [fuochi del sacrificio] 4. Effettuatele sempre, voi che bramate il vero: questa è la via che vi condurrà al mondo [che si conquista] con le opere buone.

2. Quando la fiamma balena, essendo stato acceso il fuoco sacrificale, allora in mezzo alle due porzioni di burro liquefatto bisogna gettare le offerte [del sacrificio].

3. Se uno compie l'agnihotra senza accompagnarlo con i riti del novilunio e del plenilunio, [del giorno iniziale] delle tre stagioni, dell'offerta dei primi raccolti, senza [tributare le dovute onoranze agli] ospiti, oppure se non lo compie, o non lo dedica a tutti gli dei, o non lo compie secondo le regole, per costui [le manchevolezze riscontrate] distruggono tutti i mondi fino al settimo 5.

4. La Nera, la Terribile, la Rapida come il pensiero, la Tutta rossa, la Tutta fumosa, la Scintillante e la Divina tutta splendente, queste sono le sette lingue balenanti [del fuoco sacro].

5. Se uno compie il sacrificio quando queste scintillano, porgendo le offerte sacrificali al tempo dovuto, esse, [come] raggi di sole, lo conducono dove risiede l'unico signore degli dei.

"6. Dicendogli ""Vieni! vieni!"", le risplendenti offerte scortano il sacrificatore su per i raggi del sole, rivolgendogli parole gentili e onorandolo: "" Questo è il mondo del Brahman, puro e perfetto, a te [riservato] ""."

7. [Simili a] instabili barche sono le diciotto forme di sacrificio 6 nelle quali s'esprime l'opera inferiore (l'atto rituale). Gli sciocchi che considerano questa come il sommo bene, ricadono nella vecchiezza e nella morte.

8. Trovandosi immersi nell'ignoranza, sicuri di sé, ritenendosi saggi, gli sciocchi s'aggirano urtandosi a vicenda, come ciechi guidati da un cieco.

"9. Variamente immersi nell'ignoranza, puerilmente essi pensano: "" Abbiamo raggiunto il nostro scopo! "". Legati all'azione, oppressi da ciò che non comprendono a causa della passione, una volta che hanno esaurito [il frutto dell'azione e] il mondo [che quella ha determinato], precipitano [di nuovo nel samsara]."

10. Convinti che il sacrificio e le azioni meritorie siano il meglio, quegli sciocchi non conoscono null'altro di superiore. Dopo aver goduto sulla cima dell'universo del loro buon agire, cadono in questo mondo o [anche] in uno più basso.

11. Coloro invece che nella foresta sono dediti all'ascesi e alla fede, sereni, saggi, vivendo d'elemosina, puri, attraverso la porta del sole giungono là dove sta lo Spirito Universale, l'immortale, l'immutabile Atman.

12. Un brahmano, considerando che [l'acquisizione dei] mondi [ultraterreni] è fondata sull'azione, può essere preso dalla disperazione al pensiero che ciò che è increato non può discendere da ciò che è creato. Per aver la conoscenza, allora, deve rivolgersi, con il combustibile in mano [come un alunno], a un maestro, esperto delle dottrine sacre, assorto nel Brahman.

"13. S'avvicina a lui con rispetto, con lo spirito placato, del tutto sereno, e il saggio a lui rivela secondo verità questa scienza del Brahman, per la quale giunge a comprendere l'indistruttibile Spirito Universale, la verità""."


SECONDO MUNDAKA

PRIMO KHANDA

Ecco la verità:

1. Come da un fuoco ben acceso a migliaia si dipartono scintille che hanno la stessa natura, così dall'Indistruttibile, o caro, diverse creature nascono e in esso poi ritornano.

"2. Divino, incorporeo è lo Spirito Universale; esso comprende ciò che è esteriore e ciò che è interiore, è innato. Senza respiro, senza intelletto, puro, è superiore all'Indistruttibile, che a sua volta tutto trascende."

3. Da Lui nascono il respiro vitale, l'intelletto e tutti gli organi dei sensi, l'etere, il vento, la luce, le acque, la terra, sostegno di tutto.

4. Il fuoco è la [sua] testa, la luna e il sole sono i [suoi] occhi, i punti cardinali sono le [sue] orecchie, i Veda rivelati son la [sua] voce, il vento il [suo] respiro, il mondo è il [suo] cuore, la terra [procede] dai [suoi] piedi, egli è l'anima interiore di tutte le cose create.

5. Da Lui [proviene] il fuoco, per il quale il sole costituisce il combustibile, dalla luna [vien] la pioggia, [dalla pioggia nascono] le piante sulla terra, quindi il maschio versa il seme nella femmina: dallo Spirito Universale sono state generate molte creature 7.

6. Da Lui [derivano] gli inni, la melodia, le formule sacrificali, l'iniziazione, i sacrifici, tutti i riti e le offerte sacrificali, l'anno, il sacrificatore e i mondi dove brilla la luna e dove brilla il sole.

7. Da Lui sono stati in varia guisa generati gli dei, gli esseri celesti, gli uomini, le bestie, gli uccelli, il prana e l'apana, il riso e l'orzo, l'ascesi, la fede, la verità, la castità e le regole.

8. Da Lui derivano i sette prana, le sette fiamme, il combustibile, le sette oblazioni, i sette mondi dove si muovono i prana, che stanno nell'intimo [d'ognuno] disposti a sette a sette 8.

9. Da Lui [procedono] gli oceani e tutte le montagne, originati da Lui scorrono i fiumi d'ogni tipo, da Lui [provengono] tutte le piante e la linfa vitale, cosicché può dirsi che Egli, come anima interiore, dimora in ogni creatura.

"10. Lo Spirito Universale è l'universo: azione, ascesi, Brahman, immortalità suprema. Colui che lo riconosce riposto nel profondo [del cuore], costui quaggiù scioglie i nodi dell'ignoranza, o caro""."

SECONDO KHANDA

"1. ""Il rifugio supremo (ossia il Brahman) s'è manifestato, esso che porta il nome di "" moventesi nel profondo "". Ciò che si muove e respira e palpita negli occhi 9 in Esso è fissato. Sappiate che Esso è migliore dell'Essere e del non Essere, che è superiore alla conoscenza, che è il meglio per le creature."

2. Esso è fulgente, più sottile del sottile, in Esso risiedono i mondi e i loro abitanti, Esso è l'indistruttibile Brahman, è il respiro, la parola, l'intelletto, Esso è la verità, l'immortale. Sappi, o caro, che Esso è il [bersaglio] da colpire.

3. Avendo preso per arco la grande arma costituita dalle Upanisad, e avendola tirata con la mente che è giunta a [comprendere] la natura del Tat, s'incocchi la freccia acuita dalla meditazione. Sappi che questo eterno è il [bersaglio] da colpire, o caro.

4. Si dice che la sillaba Om è l'arco 10, l'Atman è la freccia, il Brahman è il traguardo. Senza distrazioni, questo bisogna colpire. Come la freccia [s'immedesima nel bersaglio, in egual modo] l'uomo otterrà l'identità con il Tat.

5. In Esso sono tessuti il cielo, la terra e l'atmosfera, la mente insieme con tutti gli organi di senso: riconoscetelo come l'Atman unico-esistente. Lasciate ogni altro discorso. Questo è il ponte dell'immortalità.

"6. In Esso, come i raggi nel mozzo della ruota, si congiungono le arterie; Esso si muove [celato] all'interno, pur manifestandosi in varie guise. Meditate sull'Atman, considerandolo come la sillaba Om. La fortuna vi assista nel passaggio al di là delle tenebre."

7. Colui che tutto conosce, tutto sa, del quale sulla terra si contempla la grandezza, questo Atman è fisso nel firmamento, nella celeste cittadella del Brahman.

8. Esso è fatto di pensiero, regge lo spirito vitale e il corpo, risiede nell'alimento. Controllando il cuore i saggi lo contemplano per mezzo della conoscenza, Esso che risplende immortale, costituito di felicità.

9. Si spezza il nodo del cuore, si sciolgono tutti i dubbi, si dissolvono tutte le azioni quando si riconosce il [Brahman nelle sue due forme] superiore e inferiore.

"10. Dietro un aureo sublime velo"" risiede il Brahman puro, indiviso, brillante, luce delle luci: Esso è quello che conobbero i conoscitori dell'Atman."

"11. Là non riluce il sole, non la luna e le stelle, non brillano i lampi, per non parlar del fuoco; tutto l'universo risplende se Esso risplende, tutto questo universo brilla della sua luce 12."

"12. Questo è il Brahman immortale. Il Brahman si distende a oriente e a occidente, a Sud e a Nord, in alto e in basso. Il Brahman è il Tutto, è l'ottimo""."


TERZO MUNDAKA

PRIMO KHANDA

"1. ""Due alati, stretti amici, sono attaccati allo stesso albero. L'un d'essi mangia i dolci fichi, l'altro senza mangiare guarda attentamente."

"2. Su un albero eguale lo spirito individuale, imprigionato, soffre, accecato dalla sua impotenza; quando vede l'altro, il signore sovrano nella sua soddisfazione e nella sua maestà, è libero dal dolore 13."

3. Quando il meditante distingue l'aureo creatore, il sovrano, lo Spirito Universale, che è matrice del Brahman, allora, raggiunta la conoscenza, dopo essersi liberato del bene e del male, senza macchia, raggiunge l'identità suprema.

4. Esso è il soffio vitale che risplende in tutte le creature. Colui che comprende, colui che conosce, non parla senza criterio. Si compiace dell'Atman, gode dell'Atman, e, pur compiendo le azioni sacrificali, diventa il migliore dei conoscitori del Brahman.

5. Con la verità, con l'ascesi, con la retta conoscenza, con la castità continua è possibile [cercare di] ottenere questo Atman. Costituito di luce, puro, Esso abita dentro il corpo. Gli asceti lo contemplano quando hanno cancellato le loro colpe.

"6. La verità vince, non la menzogna; attraverso la verità passa la via che porta al mondo degli dei. Lungo di essa i veggenti che hanno realizzato i loro desideri giungono là dove si trova il Tat, la suprema dimora della verità."

"7. Il Tat risplende, grande, divino, inconcepibile nella sua forma, più sottile del sottile; lontanissimo, distante, Esso è pur qui vicino sulla terra, nascosto nell'intimo [del cuore] per coloro che [rettamente] vedono."

8. Non è possibile raggiungerlo con l'occhio, né con le parole, né con gli altri organi dei sensi, o con l'ascesi 14 o con l'azione sacrificale. Chi ha l'animo puro per la luce della conoscenza lo vede nella sua interezza quando medita.

9. Questo Atman sottile può essere conosciuto [soltanto] con il pensiero, nel quale il respiro è penetrato con le sue cinque forme: tutto il pensiero delle creature è [infatti] intessuto con i soffi vitali 15. Quando [il pensiero] è purificato, risplende allora l'Atman.

"10. Qualsiasi mondo con la mente si formi, qualsiasi desiderio concepisca, chi ha l'animo puro tale mondo conquista e tale desiderio. Chi desidera la felicità onori dunque il conoscitore dell'Atman"" 16."


SECONDO KHANDA

"1. ""Costui (il conoscitore dell'Atman) conosce la sede suprema del Brahman: fondato su di esso l'intero universo rifulge, puro. I saggi, che, privi di desideri, venerano lo Spirito Universale, passano oltre [ogni] impurità."

2. Colui che nella mente concepisce desideri, costui rinasce ora qui ora là secondo i desideri. Per chi ha placato i desideri e si è preparato interiormente, già qui in terra tutti i desideri si dissolvono.

"3. Non è possibile raggiungere l'Atman con l'insegnamento, e neppure con l'intelletto né con molta dottrina. Lo può ottenere soltanto colui che Esso trasceglie; a costui l'Atman medesimo rivela la propria essenza 17."

4. L'Atman non può essere raggiunto da chi non ha forza, e neppure attraverso la distrazione o un'ascesi irregolare. Soltanto l'animo di colui che, saggio, si sforza con i mezzi [adatti], entra nella dimora del Brahman.

5. Avendolo ottenuto, i veggenti che sono soddisfatti della conoscenza, che si sono preparati interiormente, privi di passioni, placati, avendo ottenuto in ogni dove colui che dappertutto penetra, saggi, con lo spirito raccolto, penetrano nel Tutto.

6. Coloro che hanno come scopo ben determinato la conoscenza del Vedanta, gli asceti che si son purificati praticando la rinuncia, tutti costoro, al momento supremo, del tutto immortali, son liberi nei mondi del Brahman.

7. Le quindici parti [della natura umana] ritornano ai loro fondamenti 18, tutti i sensi ritornano agli elementi cosmici corrispondenti. Le azioni e il sé costituito di conoscenza, tutti s'unificano nel principio supremo indistruttibile.

8. Come i fiumi che scorrono si dissolvono nell'oceano perdendo la loro individualità, così il saggio, liberato dall'individualità, s'immerge nel divino Spirito Universale, più alto della cosa più alta.

9. Colui che conosce questo supremo Brahman diventa il Brahman, e nella sua stirpe non nasce chi non conosca il Brahman. Supera il dolore, supera il male, libero dai legami interiori diventa immortale.

10. Ciò è stato dichiarato nel verso sacro:

"Coloro che compiono i riti sacri, esperti nei Veda, devoti al Brahman, che, pieni di fede, se stessi sacrificano all'Unico veggente, a costoro, dopo che abbiano secondo il rito praticato il voto [della rasatura] del capo, deve essere insegnata questa scienza del Brahman""."

11. Questa è la verità che un dì proclamò il veggente Angiras. Chi non ha compiuto il sacro voto non può apprenderla. Onore ai sommi veggenti, onore ai sommi veggenti!

Note :
1. Esistono due scienze, l'inferiore, costituita dai testi sacri e dalla pratica dei riti, e la superiore. Soltanto quest'ultima permette di raggiungere il Brahman, dal quale si genera e nel quale si ricongiunge tutto il creato, in un circolo senza fine: infatti - dice l'Upanisad anticipando le conclusioni - il Brahman si genera dall'ascesi, che è uguale alla conoscenza, e l'ascesi a sua volta si genera dal Brahman individuato, ossia dall'Assoluto che è presente nell'interiorità umana.

"2. È questa una delle più antiche enumerazioni dei Vedanga, ""membri del Veda"", e sottolinea la derivazione delle varie scienze dalla considerazione del sacrificio."

"3. Il rito e il culto, rettamente eseguiti, permettono di raggiungere un'esistenza elevata e felice, ma pur sempre transitoria: l'increato non può raggiungersi partendo da ciò che è stato creato. Soltanto il ricorso a un maestro spirituale potrà consentire di superare il mondo con tutte le sue contingenze di bene e di male. Assai brusco è il passaggio dall'esaltazione del sacrificio alla svalutazione del medesimo (str. 7); ma le Upanisad sono opera di poeti e di mistici, i quali procedono per illuminazioni improvvise, per accenni, per antifrasi, non seguono un filo rigoroso di ragionamento."

4. I tre fuochi, garhapatya, ahavaniya e daksina, sono posti rispettivamente a occidente, a oriente e a meridione del luogo del sacrificio, e simboleggiano il sole, la terra, la luna.

5. Secondo una diffusa tradizione i mondi terreni e celesti sono sette.

"6. 18 è un numero tradizionalmente sacro; qui indica tutte le forme del sacrificio."

7. In questa strofe sono enumerate brevemente le tappe della dottrina dei cinque fuochi. Vedi Ch.Up., 5, 3-10.

"8. Secondo Sankara i sette prana sono gli organi dei sensi nella testa (occhi, orecchie, narici, bocca); le sette fiamme sono prodotte dall'attività di quegli organi; il combustibile è costituito dal complesso degli oggetti dei sensi; le oblazioni sono le percezioni di questi oggetti; i sette mondi infine si formano come risultato della percezione."

"9. Il battito delle palpebre è caratteristico dei mortali; gli dei hanno l'occhio fisso."

10. La meditazione sulla sillaba Om, simbolo dell'Assoluto, è il fulcro dell'insegnamento delle Upanisad.

11. Cfr. B.Up., 5, 15.

"12. Cfr. Kath. Up., 2, 5, 15; Svet. Up., 6, 14."

13. I due uccelli rappresentano uno l'individuo ancor rivolto ai godimenti, l'altro l'asceta che è giunto alla contemplazione del Brahman. Cfr. Svet. Up., 4, 6-7.

"14. La contraddizione con la str. 5 è evidente; ma, se l'ascesi è indispensabile premessa, il riconoscimento dell'identità Atman-Brahman supera ogni piano umano, rivelandosi come un'illuminazione mistica che nulla ha a che fare con la morale o la ragione."

15. Le forze vitali si riassumono nel pensiero, che, pur da quelle sostenuto, ne è in certo modo l'espressione più alta. Quindi purificare il pensiero significa purificare completamente l'individuo.

16. Come ad es. in Ch.Up., 8, 2, lo, anche qui alla raggiunta conoscenza viene attribuito un valore pratico: residuo dell'antica concezione che attribuisce alla verità e alla conoscenza il carattere magico di forza operante di per sé, o, forse meglio, indizio d'un attaccamento alla vita che l'idealismo prevalente non riesce del tutto ad annullare.
"17. Non può prescindersi dalla condotta pura, come più volte è stato ripetuto; ma al Brahman giungono soltanto gli eletti dal Brahman stesso. In questa affermazione è da vedersi il primo spunto della posteriore dottrina della grazia divina salvatrice del devoto fedele. Cfr. Kath. Up., 1, 2, 23."

18. Cfr. Prasna Up., 6, 4, dove in realtà le parti enumerate sono 16.





PRASNA UPANISAD

La Prasna Up. è tra le più recenti delle Upanisad antiche. Come si rileva dal titolo, essa è composta di sei domande rivolte al venerabile Pippalada da sei asceti, i nomi dei quali compaiono, insieme con quello dell'interrogato, nell'Atharvaveda, cui la Prasna Up. appartiene. Le domande riguardano l'origine delle creature, i componenti dell'individuo, l'origine e le forme dello spirito vitale, la natura del sonno, ciò che s'ottiene con la sillaba sacra Om, le sedici parti dell'individuo. Sostanzialmente la Prasna Up. presenta, avvicinandosi così alle teorie proprie del Yoga, una fisiologia del prana, energia vitale che trova la sua estrinsecazione percepibile nel respiro: in esso tutto è fondato, ma a sua volta esso procede dall'Atman. Conoscendolo nella sua vera realtà, dunque riconoscendo la sola realtà dell'Atman-Brahman, s'ottiene la felicità del raggiungimento dell'Assoluto, che è prefigurata nello stato di sonno profondo.


PRIMO QUESITO

"1. Om! Onore al Brahman supremo! Hari, Om! Sukesan Bharadvaja, Saibya Satyakama, Sauryayanin Gargya, Kausalya Asvalayana, Bhargava Vaidarbhi e Kabandhin Katyayana erano dediti al Brahman, erano fissi sul Brahman, ricercavano il Brahman supremo. Essi una volta s'accostarono al venerando Pippalada con il combustibile in mano [come discepoli], pensando: ""Egli certamente ci rivelerà ogni [segreto]""."

"2. Il saggio disse loro: ""Ancora per un anno voi persisterete nell'ascesi, nella continenza, nella fede. Poi porrete le domande che vi aggradano. Se conosceremo [la risposta], allora vi riveleremo tutto""."

"3. [Trascorso l'anno,] allora Kabandhin Katyayana s'appressò e chiese: ""O venerando, donde provengono le creature?""."

"4. A lui quegli rispose: ""Prajapati, desiderando di procreare, si dedicò all'ascesi. Essendosi dedicato all'ascesi, generò una coppia, il prana (energia vitale) e la materia (rayi), pensando che gli avrebbero dato prole molteplice 1."

5. In verità il prana è il sole e la materia è la luna. Materia in verità è tutto ciò che ha forma e pure ciò che forma non ha. Per questo in verità la forma è materia 2.

6. Il sole, quando si leva, entra nella regione orientale e allora raduna le energie vitali dell'oriente nei suoi raggi. Quando entra nella regione meridionale, nell'occidentale, nella settentrionale, nella regione inferiore, in quella superiore, in quelle intermedie, quando illumina l'universo, allora raduna nei suoi raggi tutte le energie.

7. Così si leva il fuoco [del sole], questa forza universale, onniforme. E questo è espresso in una strofa:

8. È onniforme, aureo, tutti vede, è lo scopo supremo, è l'unica [fonte di] luce, risplende: si leva il sole, che ha mille raggi, che si muove in cento guise, che è l'energia vitale delle creature.

"9. Prajapati è l'anno 3; duplice è il suo cammino, a Sud e a Nord. In verità coloro che vedono realizzato il Tat (= Assoluto) nelle opere e nei sacrifici, costoro si acquistano soltanto il mondo della luna 4. Costoro ritornano ancora [sulla terra]. Per questo i saggi che desiderano prole ricorrono al [cammino] meridionale. Il cammino dei Mani è materia."

10. Ma attraverso il [cammino] settentrionale, se si ricerca il Sé per mezzo dell'ascesi, della continenza, della fede, della conoscenza, si conquista il sole. Questo è il soggiorno delle energie vitali, questa è l'immortalità, la sicurezza, la meta suprema. Di là non si ritorna più. Questa è la fine [delle rinascite]. A questo proposito c'è una strofa:

11. Alcuni dicono che è il padre dai cinque piedi, dalle dodici forme, abitante nella metà superiore del cielo. Altri

dicono che, tutto conoscendo, nell'altra [parte del cielo risiedendo], è assiso su un [carro] con sette ruote e sei raggi 5.

12. Prajapati è il mese, la quindicina oscura è la materia, la quindicina chiara è l'energia vitale. Per questo i saggi compiono il sacrificio nella quindicina chiara, gli altri nell'altra 6.

13. Prajapati è il giorno e la notte. Di essi il giorno è l'energia vitale, la notte è la materia. Sciupano l'energia vitale coloro che di giorno si congiungono in amore. La continenza è unirsi in amore di notte.

"14. Prajapati è il cibo; dal cibo proviene lo sperma, da questo nascono le creature."

15. Coloro che seguono la regola di Prajapati generano una coppia [di figli]. Il mondo del Brahman tocca a coloro che praticano ascesi e continenza, a coloro nei quali la verità è ben salda.

"16. Il mondo senza macchia del Brahman tocca a coloro nei quali non c'è doppiezza, né menzogna, né illusione""."

SECONDO QUESITO

"1. Poi fu la volta di Bhargava Vaidarbhi a chiedere: ""O venerabile, quante forze sorreggono la creatura, quali illuminano questo [corpo dall'interno] 7 e quale è la migliore?""."

"2. Pippalada gli rispose: ""Queste forze sono l'etere, il vento, il fuoco, l'acqua, la terra, la parola, l'intelletto, la vista e l'udito. Questi [ultimi quattro], avendo illuminato [il corpo], dissero: "" Siamo noi che puntelliamo [il corpo simile a] canna e lo sosteniamo ""."

"3. Il respiro, il migliore, disse loro: "" Non cadete in errore! Son io che, diviso in cinque parti, puntello il corpo e lo sostengo "". Di fronte a queste parole gli altri rimasero increduli 8."

4. Il respiro orgogliosamente fece finta di fuggire verso l'alto. Ma quando tentò di fuggire, allora anche tutte le altre [facoltà] fuggirono e, come riprese il suo posto, tutte ripresero il loro posto. Come le api s'alzano in fuga seguendo la loro regina che s'invola e quando essa ritorna al suo posto tutte riprendono il loro posto, così fecero la parola, l'intelletto, la vista, l'udito. E lieti così lo glorificarono:

"5. "" Egli è il fuoco che arde. Egli è il sole, è la pioggia, è Indra, è il vento, è la terra, è la materia. Egli è il dio, egli è ciò che è e ciò che non è, egli è ciò che è immortale."

6. Come i raggi sono infissi nel mozzo, così tutte le cose [sono fondate] sul respiro: gli inni, le formule sacrificali, le melodie, i sacrifici, la casta dei guerrieri e quella dei brahmani.

"7. Come Prajapati tu ti muovi nel grembo, sei tu in verità che rinasci; a te le creature recano omaggio, a te che risiedi [nel corpo] insieme con i sensi."

8. Tu sei il migliore sacerdote degli dei, tu sei la prima offerta per i Mani, tu sei la pura condotta degli asceti discendenti di Atharvan e di Angiras 9.

9. Per la forza tu sei Indra, o respiro. Tu sei Rudra, il protettore. Tu sei il sole che si muove nell'atmosfera. Tu sei il signore degli astri.

"10. Quando tu fai cadere la pioggia, o respiro, le creature si riempiono di gioia, pensando: "" Ci sarà cibo a volontà ""."

11. Tu sei un vratya 10, o respiro. Sei l'unico saggio, sei colui che tutto assorbe, sei il signore dei buoni. Noi [ti] doniamo il cibo, tu sei nostro padre, o Matarisva 11.

12. Rendi sempre benefico quel tuo aspetto che si trova nella parola, nell'udito, nella vista, nell'intelletto! Non allontanarti!

"13. Dal potere del respiro dipende tutto ciò che nei tre mondi si trova. Proteggici come una madre i figli, procuraci felicità e saggezza!""""."

TERZO QUESITO

"1. Di poi fece la sua domanda Kausalya Asvalayana: ""O venerabile, donde proviene il prana 12? Come penetra nel corpo? Come si dispone, dopo essersi diviso? Per qual via fuoriesce? Come s'atteggia interiormente ed esteriormente?"" 13."

"2. Pippalada gli rispose: ""Tu fai domande ben difficili. [Considerando però che] sei il migliore tra i ricercatori del Brahman, per questo ti risponderò."

3. Il prana proviene dall'Atman. Come l'ombra s'estende se c'è un corpo, così [l'energia vitale si esplica] se c'è questo [Atman] 14. Penetra nel corpo in seguito all'attività della mente 15.

4. Come un sovrano dispone i suoi ministri ordinando di governare questo o quel villaggio, così il prana dispone al loro posto le altre sue forme.

5. Il prana pone l'apana negli organi d'escrezione e di generazione. Nell'occhio e nell'orecchio, e insieme nella bocca e nel naso, il prana pone se stesso. Nel mezzo sta il samana, che distribuisce in modo eguale (samam) il cibo offerto e da cui sorgono le sette fiamme 16.

6. Nel cuore risiede l'Atman. Là ci sono centouna arteria e di nuovo cento per ognuna di esse. Su ognuna di queste ultime ci sono 72.000 arterie minori 17. In queste si muove il vyana.

7. L'udana, che si muove verso l'alto, attraverso una di queste arterie conduce al mondo dei virtuosi quando c'è merito, al mondo dei peccatori quando c'è colpa, al mondo degli uomini quando ci sono entrambi [i comportamenti].

8. Esteriormente il prana è il sole: questo si leva infatti favorendo la forza vitale che sta nell'occhio 18. La divinità che risiede nella terra sostiene l'apana dell'uomo. Quello che è lo spazio [atmosferico] intermedio è il samana. Il vento è il vyana.

9. Lo splendore [del fuoco] è l'udana: perciò colui nel quale il calore vitale

10. s'è estinto, con i sensi concentrati nella mente, con i pensieri [che aveva al momento della morte], per mezzo di questo [udana] si ricongiunge all'energia vitale per [avviarsi a] nuove rinascite. L'energia vitale, unita allo splendore, [lo] porta insieme con l'anima nel mondo corrispondente ai suoi pensieri 19.

11. Per colui che così sapendo conosce l'energia vitale, la sua prole non si perde [e per questo] diventa immortale 20. A questo proposito c'è una strofa:


"12. Colui che conosce l'origine, il modo d'entrare [nel corpo], la disposizione, la quintuplice potenza e l'intima natura dell'energia vitale, raggiunge l'immortalità - raggiunge l'immortalità""."

QUARTO QUESITO

"1. Poi s'avvicinò per interrogarlo Sauryayanin Gargya: ""o venerando, che cos'è che dorme nell'uomo e che cosa sta sveglio? Qual è quella facoltà che vede i sogni? E chi gode la gioia [del sonno] ? E su che cosa tutti sono fondati?""."

"2. Pippalada gli disse: ""O Gargya, come i raggi del sole, quando tramonta, tutti si concentrano in un solo disco splendente, ma poi, quando si leva, di nuovo da esso si dipartono, così tutto è concentrato nella mente, il migliore tra gli organi di senso. Perciò l'uomo non ode, non vede, non fiuta, non ha il gusto, non ha il tatto, non parla, non può afferrare, non gode, non evacua, non si muove: si dice che dorme."

3. Soltanto i prana, simili a fuochi, vegliano in questa fortezza. L'apana è il fuoco garhapatya, il vyana è l'anvaharyapacana, il prana [in senso stretto] è il fuoco ahavaniya, poiché questo è derivato (prani) dal garhapatya 21.

"4. Il samana è chiamato così perché distribuisce in modo eguale (samam) le due offerte che sono l'inspirazione e l'espirazione; l'intelletto è il sacrificatore, l'udana poi è il frutto del sacrificio, esso che ogni giorno solleva fino al Brahman il sacrificatore."

"5. Nel sonno è [l'intelletto] la facoltà che gode della sua maestà. Ciò che ha visto, lo rivede; ciò che ha udito, lo riascolta; ciò che ha provato in diversi paesi e regioni, lo prova ancora; ciò che ha visto e non visto, udito e non udito, goduto e non goduto, ciò che è reale e ciò che è irreale, tutto esso vede, esso che è il tutto 22."

6. Quando è sopraffatto dalla luce [dell'Atman], l'intelletto non vede più i sogni. Allora nel corpo c'è la felicità 23.

7. O caro, come gli uccelli riposano sull'albero che è la loro abitazione, così tutto riposa sull'Atman supremo:

8. la terra e le sue parti, l'acqua e le sue parti, il fuoco e le sue parti, il vento e le sue parti, l'etere e le sue parti, l'occhio e le cose da vedere, l'udito e le cose da udire, il fiuto e le cose da fiutare, il gusto e le cose da gustare, il tatto e le cose da tastare, la parola e le cose da dire, le mani e le cose da prendere, gli organi della generazione e il piacere, gli organi d'escrezione e le cose da espellere, i piedi e la marcia, l'intelletto e i pensieri, l'intelligenza e le cose da comprendere, la coscienza dell'io e quello che la impressiona, il pensiero e l'oggetto del pensiero, la luce e le cose da illuminare, l'energia vitale e quello che essa sostiene.

9. Lo spirito [individuale], che è costituito di conoscenza, è colui che vede, che tocca, che ode, che fiuta, che gusta, che pensa, che comprende, che agisce. Esso si fonda sul supremo, indefettibile Atman 24.

10. Giunge all'Essere Supremo, indefettibile, colui che riconosce l'indefettibile, puro, senz'ombra, senza corpo, senza colori. Egli sa tutto, egli diventa tutto. A questo proposito c'è una strofa:

"1 l. O caro, colui che conosce l'indefettibile nel quale risiedono lo spirito costituito di conoscenza, le forze vitali e gli elementi insieme con i sensi, costui sa tutto e penetra in ogni cosa""."

QUINTO QUESITO

"1. Poi fu la volta di Satyakama Saibya a domandare: ""O venerando, chi tra gli uomini medita fino alla morte sulla sillaba Om qual mondo con ciò conquisterà? o."

"2. Pippalada gli rispose: ""In verità, o Satyakama, la sillaba Om (= AUM) è il Brahman superiore e l'inferiore. Perciò chi la conosce ottiene con questo solo mezzo l'uno o l'altro [mondo] ."

3. Quando egli medita su una sola lettera (A), illuminato da quella soltanto, torna rapidamente alla terra. Gli inni [del Rgveda] lo riconducono al mondo degli uomini e qui, dedito all'ascesi, alla continenza, alla fede, gode di grande stima 25.

4. Se poi s'assorbe nel pensiero con due lettere (A, U), vien trasportato dalle formule [del Yajurveda] nell'atmosfera, al mondo della luna. Dopo aver goduto la prosperità nel mondo della luna, torna in terra.

5. Colui che medita sull'essere supremo per mezzo delle tre lettere (A, U, M), ossia con l'intera sillaba Om, giunge allo splendore del sole. Come il serpente si libera della pelle, così egli pure è libero dal male. Dalle melodie [del Samaveda] vien sollevato al mondo del Brahman e da questo, che è il sommo ricettacolo dei viventi, contempla lo Spirito Supremo che abita nel cuore [d'ognuno] 26.

A questo proposito ci sono due strofe:

6. Le tre lettere portano la morte quando siano impiegate troppo unite o troppo staccate. Quando siano impiegate correttamente durante l'attività esteriore, l'interiore e l'intermedia D, colui che sa non ha più paura.

"7. Con gli inni [del Rgveda s'ottiene] questo [mondo], con le formule [del Yajurveda] l'atmosfera, con le melodie [del Samaveda] ciò che è annunciato dai vati. Per mezzo della sola sillaba Om colui che sa giunge a quel [mondo] supremo che è pieno di pace, non tormentato dalla vecchiezza, dalla morte, dalla paura""."

SESTO QUESITO

"1. Quindi s'avvicinò per interrogarlo Sukesan Bharadvaja: ""O venerando, il principe Hiranyanabha Kausalya venne da me e mi chiese: "" Bharadvaja, conosci l'essere dalle sedici parti ? "". Al principe io risposi: "" Non lo conosco; se lo conoscessi forse non te lo direi ? Invero chi dice una menzogna si dissecca fin dalle radici: perciò io non son solito proferir menzogna "". Egli in silenzio salì sul carro e s'allontanò. Io lo chiedo a te: dove è questo essere?""."

"2. Pippalada gli rispose: ""O caro, è qui, nell'interno del corpo, che abita quell'essere dal quale si generano le sedici parti."

"3. Questo [essere] pensò: ""Per la partenza di chi anch'io partirò? Per il permanere di chi anch'io permarrò [nelle varie manifestazioni] ?"" 28."

4. Esso generò il prana. Dal prana [vennero fuori] la fede, l'etere, il vento, la luce, le acque, la terra, i sensi, l'intelletto, il cibo. Dal cibo [vennero fuori] il vigore, l'ascesi, i versi del Veda, l'azione sacrificale, i mondi e nei mondi il nome (ossia l'individualità).

5. I fiumi che scorrono andando verso l'oceano, una volta raggiunto l'oceano, scompaiono, la loro individualità si perde e si dice soltanto che c'è l'oceano. Così le sedici parti dal saggio, che tendono verso l'Essere Supremo, una volta raggiunto l'Essere Supremo, scompaiono, si perde la loro individualità e si dice soltanto che c'è l'Essere Supremo 29. Esso è indivisibile, è immortale.

A questo proposito c'è una strofa:

"6. Come i raggi nel mozzo, in lui sono fissate le [sedici] parti. Riconoscetelo come l'Essere Supremo che deve essere conosciuto, affinché la morte non vi tormenti""."

"7. Pippalada disse a quelli: ""Questo io so del Brahman supremo. Di esso cosa più alta non esiste""."

"8. Lo onorarono dicendo: ""Tu sei nostro padre, tu che ci trasporti alla riva oltre [i flutti del]l'ignoranza. Onore ai sommi asceti, onore ai sommi asceti!""."

Note :
1. Prajapati, che è la personificazione attiva dell'Assoluto, produce, e quindi è, spirito e materia, è il tempo nelle sue varie suddivisioni, è il cibo donde si generano lo sperma e quindi le creature. La spiegazione biologica della vita naturalmente non esclude che anche l'altra parte dell'essenza del creatore, lo spirito, sussista nelle creature e nella loro creazione. La menzione d'una parola o d'un concetto porta con sé argomenti connessi con quelli: così a proposito dell'anno, del sole e della luna vien fatto di parlare delle due vie e del destino dell'uomo dopo la morte. Chi è attaccato alla materia ritorna sulla terra.

"2. Prana e sole sono entrambi quintessenza o simbolo dell'energia vitale; rayi è la materia, ma anche la ricchezza in messi e armenti, che è legata all'andamento delle stagioni e quindi alle fasi lunari."

3. Prajapati è il sole e la luna, quindi è anche l'anno, da quelli determinato, come in seguito sarà identificato con il mese e con il giorno che son sempre in rapporto con gli astri. I due cammini sono le due parti dell'anno nelle quali il sole declina rispettivamente verso Sud e verso Nord.

"4. Coloro che son dediti soltanto al rito rimangono nell'ambito della materia, ossia della luna. Cfr. la dottrina dei cinque fuochi in B.Up., 6, 2; Ch.Vp., 5, 3-10; Kaus. Up., 1."

5. Enigma riferentesi al sole, tratto da R.V., 1, 164, 12. I cinque piedi e le dodici forme sono le stagioni (le due stagioni fredde qui valgono per una) e i dodici mesi. Le sette ruote del carro del tempo sarebbero i sette cavalli del cocchio solare, i sei raggi le sei stagioni.

6. Il sacrificio dei saggi non consiste nella materialità dei riti, ma, secondo il v. 10, nell'ascesi, nella continenza ecc. Per questo viene collegato qui con la quindicina meno legata alla materia.

7. Ossia gli danno vita e attività.

"8. Cfr., per una contesa simile tra i sensi, che riconoscono la superiorità del respiro, poi celebrato come fonte di tutto, B.Up., 6, 2; Ch.Up., 5, 1 sgg.; Kaus. Up., 2, 14."

9. Mitici veggenti, autori di inni dell'Atharvaveda e del Rgveda.

"10. I vratya sono stirpi arie non brahmaniche, ammesse nell'ortodossia soltanto dopo il compimento di certi riti propiziatorii. Il prana, anteriore a ogni cosa, quindi anche ai riti, non è purificato; ma di purificarsi non aveva bisogno, in quanto puro per natura. L'apparente biasimo si risolve dunque in una lode."
11. Ossia: riconosciamo la tua superiorità. Matarisva (più spesso Matarisvan) è nome del fuoco, ma anche del vento, controparte cosmica del respiro.

"12. Ricordiamo che duplice è l'accezione di prana: in senso proprio è il respiro che risiede nella bocca e nel naso e permette anche la vista e l'udito; in senso lato è l'energia vitale che apparisce nelle cinque forme qui di seguito elencate, ognuna delle quali è messa in relazione con un elemento."

13. Ossia: quali sono gli aspetti macrocosmici e microcosmici delle varie forme dell'energia vitale?

"14. In realtà dunque esiste soltanto l'Atman, a fronte del quale l'energia vitale ha la stessa consistenza d'un'ombra. L'affermazione è ben lungi dall'essere dimostrata; anzi il passo costituisce un buon esempio della mentalità dei vati upanisadici, che dai paragoni tratti dall'osservazione di fatti naturali si servono per lumeggiare le intuizioni della propria mente."

15. Cfr. str. 10. Dalla mente sorgono le volizioni e i desideri che determinano l'azione.
16. La menzione delle sette fiamme del sacrificio è determinata dal fatto che il nutrimento è considerato un sacrificio offerto al fuoco della digestione Cfr. soprattutto Mahanarayana Up.

17. La teoria delle 72.000 arterie esistenti nel corpo dell'uomo sarà poi oggetto di studio da parte delle scuole yoghiche.

18. Non esiste la vista senza la luce del sole.

19. Al momento della morte i vari sensi rientrano nella mente e questa nel respiro, che torna al suo archetipo. Cfr. Ch.Up., 6, 8, 6. La credenza che la sorte futura dipenda dai pensieri avuti al momento della morte sembra assai arcaica.

20. Come spesso accade, il beneficio della conoscenza è qualche cosa di legato alla vita terrena: l'immortalità di cui si parla è infatti legata all'adempimento dei riti funebri affidati ai figli.
21. Dei tre fuochi del sacrificio, il garhapatya corrisponde alla terra, l'ahavaniya al cielo, l'anvaharyapacana all'atmosfera: secondo 3, 8 l'ultimo dovrebbe corrispondere, anziché al vyana, al samana. Per questo si continua invece l'immagine di 3, 5, comparando a vari momenti del sacrificio intelletto e udana, per mezzo del quale l'anima esce dal corpo congiungendosi, temporaneamente nel sonno e definitivamente quando si sia raggiunta la conoscenza, con il Brahman-Atman.

22. Nel sonno tutti i sensi sono stati assorbiti dalla mente, nella quale permane il ricordo di esperienze avute in questa o in precedenti esistenze (le cose non udite o non godute).

23. I desideri, inconsci ma sussistenti nello stato di sogno, nel sonno profondo sono sopraffatti dalla luce dell'Atman-Brahman. È evidente che si tratta dell'esposizione d'una teoria già accettata.

"24. L'attività dei sensi presuppone una dualità di soggetto e di oggetto; quindi può aversi soltanto per lo spirito individuato, anche se esso trae tali possibilità di percezione e di azione dal fatto di fondarsi sull'Atman-Brahman, con il quale è sostanzialmente identico."
25. Benché ancor soggetto alla trasmigrazione, l'uomo che ha una limitata comprensione della sillaba Om, altrove chiamata veicolo per superare l'oceano delle esistenze, s'eleva tuttavia spiritualmente e rinasce inoltre come uomo, condizione indispensabile per conoscere integralmente il Brahman.

26. Nel Brahman si riconducono le anime individuali che non tornano più sulla terra e che hanno, con progressivo approfondimento, scoperto nelle manifestazioni particolari l'identità con l'Assoluto.

27. Ossia durante la veglia, il sonno profondo e il sonno con sogni.

28. L'Essere Supremo, che è identico con l'anima individuale e da cui s'originano le sedici parti elencate nella str. 4, si realizza nel mondo visibile attraverso il prana, che ne è l'immagine e il simbolo. Il numero delle manifestazioni dell'Essere Supremo corrisponde alle parti attribuite all'uomo in Ch.Up., 6, 7.

29. Ovvero : dopo la morte non c'è coscienza. Cfr. B.Up., 4, 5.




SVETASVATARA UPANISAD

La Svet. Up., appartenente al Yajurveda nero, prende il nome dal saggio citato in 6, 21, il quale comunicò l'insegnamento in essa contenuto a una comunità di asceti probabilmente non ortodossi, se sono definiti come coloro che avevano superato la regola dei quattro stadi della vita (6, 21). Accresciutasi con il passare del tempo, ricca di citazioni dai Veda e dai Brahmana, la Svet. Up. si rivela, anche per ragioni linguistiche, tra le più recenti delle Upanisad antiche. La tendenza prevalente è nettamente teista: nella dottrina dell'Atman
Brahman viene infatti sviluppato l'elemento dell'interno reggitore, cosicché l'Assoluto si configura come dio personale, denominato spesso Isvara o Rudra
Siva, causa materiale e causa efficiente dell'universo, creatore ma anche protettore e guida delle creature, immanente e trascendente, al di là delle contraddizioni. Dalla grazia della divinità, cui si rivolge con fiducioso abbandono (bhakti), il fedele spera la liberazione. Questa consiste nel diventare una cosa sola con la divinità, ossia nel riconoscere nel proprio io la divinità per mezzo del yoga, cioè della concentrazione di tutte le facoltà umane. L'Assoluto, non più impersonale e immobile, si configura in una triplicità di aspetti: natura, io individuale e dio. Compaiono nella Svet. Up. concetti destinati in seguito a grande fortuna, come la bhakti e la capacità di evolversi dell'Assoluto, che saranno i punti focali Bhagavad gita e delle sette tantriche, mentre
"rispettivamente della la concezione della prakrti e delle anime inattive richiamano idee proprie del Samkya, che vien citato in questa Upanisad e che nella sua prima fase è d'altra parte anch'esso teista. Ben a ragione quindi la Svet. Up. è stata definita ""la porta d'accesso all'Induismo""."



PRIMO ADHYAYA 1

"1. I sostenitori del Brahman dicono: ""Il Brahman ha forse qualche causa? Donde siamo sorti? In virtù di che cosa viviamo e su che cosa siamo fondati? Dominati da chi, nelle gioie e nei dolori, noi giungiamo alla [attuale] condizione, o conoscitori del Brahman ?"

"2. Forse bisogna pensare [che a dominare siano] il tempo, la natura, la fatalità, il caso, gli elementi, la matrice femminile, il principio maschile, o l'azione congiunta di questi?"". ""No certo, poiché esiste l'Atman [che noi consideriamo causa e origine del tutto]"". ""Ma anche l'Atman non è onnipotente, a causa delle gioie e dei dolori [che esso prova] "" 2."

"3. Coloro che hanno indagato per mezzo della meditazione [la realtà], hanno contemplato [la trinità costituita da] dio, Atman, sakti, celata dai suoi propri attributi; unico è colui che domina tutti questi principi causali dal tempo fino all'Atman."

4. [Noi diciamo che nel suo aspetto di natura il triplice Brahman] è come una ruota 3, che è divisa in tre parti 4, dotata di sedici estremità 5, cinquanta raggi 6 e venti raggi accessori 7, sei gruppi di otto membri 8, che è soggetta soltanto al desiderio 9, che segue tre diverse vie 10, la cui falsa concezione dell'Uno ha due cause distinte 11.

5. Noi diciamo che è come [un fiume] le cui acque siano
cinque organi di senso, i terribili coccodrilli le cinque fonti [delle sensazioni] 12, le onde i cinque prana, la prima sorgente i cinque mezzi di percezione, i vortici siano i cinque [oggetti dei sensi], l'impeto sia costituito dai cinque dolori 13, [un fiume] diviso in cinquanta parti 14, con cinque bracci t5.

6. In questa grande ruota dell'universo, che tutti sostenta e in cui tutti hanno fine, vola un hamsa 16. Quando ha riconosciuto che distinti sono il suo sé e colui che mette in moto [la ruota], allora soddisfatto di ciò se ne vola all'eternità.

7. Questo sommo Brahman è stato così cantato: in esso esiste una trinità, l'anima individuale, il fondamento [fisico] e l'immortale (ossia dio). Allorché i conoscitori del Brahman hanno conosciuto la diversità che qui esiste [tra le suddette cose], si dissolvono nel Brahman, lui hanno come scopo supremo, son liberi dalla rinascita.

"8. Il Signore porta in sé riuniti il perituro e l'imperituro, ciò che è evoluto e ciò che non è evoluto. L'anima individuale, che non è onnipotente, è legata, perché fruisce; quando conosce il dio è liberata da ogni legame."

9. Quello che conosce e quello che non conosce, entrambi sono eterni, libero [l'uno], non libero [l'altro] . Eterna è pure [la prakrti], che è congiunta a colui che ne fruisce come oggetto da fruirsi. L'infinito, onniforme sé è inattivo. Quando si riconosce questa trinità (anima individuale, natura, dio), [si ravvisa] il Brahman 17.

"10. Peritura è la prakrti; immortale, imperituro è lo splendore divino, che, unico dio, regna su ciò che è perituro e sull'anima individuale. Con il meditare su di lui, con il tendere [a lui] e alla fine ancora con il diventare una sola cosa [con lui], sparisce ogni illusione."

"11. Quando si è riconosciuto dio, cadono tutti i vincoli; quando cessano le sofferenze, non più si verificano nascita e morte; quando si medita su di lui, si ha, come terzo stadio, il dominio su ogni cosa dopo che il corpo è annichilito. Nell'Assoluto si è ottenuto tutto ciò che si desidera."

12. Questa [trinità] deve essere riconosciuta, poiché da sempre è riposta nell'anima. Non c'è nulla più alto di questa da conoscere. Quando il fruitore ha riconosciuto l'oggetto da fruirsi e colui che dà l'impulso, tutto è detto: questo è il triplice Brahman.

13. Come non si scorge l'aspetto del fuoco nascosto nella sua matrice, eppure non si è perduta la sua vera qualità, anzi [il fuoco] può aversi di nuovo dalla matrice del legno, così davvero entrambi (dio e prakrti) per mezzo della sillaba Om 18 [possono ritrovarsi] nell'individuo.

14. Facendo del proprio corpo l'arani 19 inferiore e della sillaba Om l'arani superiore, insistendo nella confricazione, ossia nella meditazione, si otterrà di contemplare dio, come [il fuoco] nascosto.

15. Come l'olio nei semi di sesamo, come il burro nel latte, come l'acqua nel letto dei fiumi e il fuoco nei rami disseccati, così si afferra quell'Atman [universale] nell'anima [individuale], chi ricerchi con la verità e con l'ascesi

16. quell'Atman onnivadente che si trova, come il burro nel latte [, nell'anima individuale] . Questo è il Brahman, che ha la sua radice nella conoscenza del sé individuale e nell'ascesi, che è lo scopo supremo delle Upanisad, lo scopo supremo delle Upanisad.

SECONDO ADHYAYA 20

1. Savitar, dapprima concentrando la mente, [poi] espandendo i pensieri, portò dalla terra [in cielo] il fuoco, avendone percepito lo splendore.

2. Con la mente concentrata noi, secondo le forze, [sacrifichiamo] per incitamento del dio Savitar, per ottenere il cielo.

3. Savitar, dopo aver controllato gli dei, che con la mente raggiungono il cielo, con il pensiero il firmamento, li possa incitare a produrre una gran luce.

4. Controllano la mente, controllano i pensieri, i saggi sacerdoti del sommo sacerdote. Egli, solo conoscitore delle leggi, ha diviso i doni sacrificali. Grande è la fama del dio Savitar 21.

5. Io offro a voi due l'antica preghiera con l'omaggio. I versi di lode si diffondono come [raggi di] sole nel [loro] cammino. Tutti i figli dell'immortalità li odono, quando [quei versi] siano giunti alle celesti dimore 22.

6. Là dove il fuoco arde dopo la confricazione, dove il vento vien sottoposto a controllo 23, dove abbondante scorre il soma, là si sviluppa la forza del pensiero.

7. Attraverso Savitar e il suo incitamento possa raggiungersi il Brahman primordiale! Là devi porre la matrice: allora il merito delle tue buone azioni non è andato perduto 24,

8. Il saggio, tenendo immobile il corpo, con le tre parti superiori (torso, collo, testa) erette, facendo rientrare gli organi di senso insieme con la mente nel cuore, mediante la barca del Brahman potrà attraversare tutte le correnti che arrecano terrore.

9. Regolata l'inspirazione qui [nel corpo], controllati i movimenti, egli deve espirare attraverso una narice, una volta cessata l'inspirazione. Senza distrarsi, il saggio potrà dominare la mente, come quel carro cui erano aggiogati cavalli cattivi 25.

10. [Il saggio] pratichi il yoga in un posto che sia piano, pulito, libero da ghiaia, fuoco, sabbia, [ricco] di laghetti silenziosi, gradevole alla mente, ma che non offenda l'occhio [con l'eccessiva luce], pieno di antri e di angoletti riparati dal vento.

11. Nebbia, fumo, sole, vento, fuoco, lucciole, lampi, cristallo, luna: queste sono le apparizioni preliminari che preannunciano nel yoga la manifestazione per quanto riguarda il Brahman.

12. Quando la terra, l'acqua, il fuoco, il vento e l'etere si sono sublimati, quando il [corpo,] costituito di questi cinque elementi ha raggiunto l'eccellenza [procuratagli] dal yoga, non più malattia, non più vecchiezza, non più dolore vi è per colui che ha ottenuto un corpo foggiato dal fuoco del yoga.

13. Leggerezza, salute, mancanza di bramosia, purezza di colorito, armonia di voce, gradevole profumo, scarsezza di urina e di escrementi rivelano i primi effetti del yoga.

14. Come uno specchio cosparso di terra risplende chiaramente, una volta che sia ben pulito, del pari l'anima incarnata, quando abbia ravvisato la vera natura dell'Atman, ha raggiunto, essa sola, il suo scopo, è libera dal dolore.

15. Quando colui che si è concentrato scorge, insieme con la vera natura dell'Atman, che è simile a lampada, la vera natura del Brahman, si rende libero da ogni legame, perché ha conosciuto il dio innato, immutabile, sciolto da ogni realtà [fenomenica].

"16. Questo dio pervade tutte le regioni; nacque per primo e ancora è nel grembo; è nato e nascerà; è rivolto verso gli uomini, ma pure volge ovunque lo sguardo."

17. Onore, onore al dio che è nel fuoco, che è nelle acque, che in tutto il mondo è penetrato, che nelle erbe risiede e nelle piante!

TERZO ADHYAYA 26

1. Colui che, solo avvalendosi d'una magica forza, domina come sovrano assoluto, come sovrano assoluto domina tutti i mondi, colui che, solo, [è presente] al primo sorgere e al rinascere [dei mondi]  - : coloro che conoscono ciò diventano immortali.

2, Unico è Rudra. A nessun altro s'affianca colui che questi mondi domina come sovrano assoluto. Egli è rivolto verso le creature, [ma] è terrifico al tempo della distruzione, egli che [pur] aveva creato tutti gli esseri e ne era il protettore.

3. Il dio unico, che volge dappertutto gli occhi, dappertutto volge il volto, dappertutto giunge con il braccio, dappertutto giunge con il piede, creando il cielo e la terra, [come un fabbro] insieme li salda, con le braccia e con le ali [che attizzano con il loro battito il fuoco].

4. Colui che, causa e origine degli dei, di tutti signore, come dio Rudra, come gran saggio produsse un tempo il germe d'oro 27, costui ci provveda una limpida intelligenza.

5. O Rudra, con quel tuo aspetto benevolo, non terribile, non malefico, con questo aspetto sommamente benigno, o tu che abiti nelle montagne, guarda a noi!

6. O tu che abiti nelle montagne, quel dardo che nella mano porti per colpire rendilo benefico, o tu che proteggi i monti! Non uccidere uomo o animale!

7. Coloro i quali hanno riconosciuto come Signore colui che è al di là di questo [universo], che è al di là di Brahma 28, il grande, che in tutte le creature, secondo i corpi, è celato, che, unico, ogni cosa in sé comprende, costoro diventano immortali.

8. Io conosco questo grande Purusa, che al di là delle tenebre riluce come il sole. Chi l'ha conosciuto supera la morte. Non esiste altro cammino per giungere [all'immortalità].

"9. Tutto è compenetrato da questo Purusa: nulla esiste che sia al di là di lui, nulla che stia al di qua, nulla è più piccolo, nulla è più grande; egli soltanto, fermo come un albero, si erige nel cielo."

10. Ciò che sta al di sopra di questo [universo] è privo di forma, privo di male 29. Coloro che ciò conoscono diventano immortali, ma gli altri devono affrontare il dolore [della rinascita] .

11. Il beato è volto, testa, collo d'ognuno, dimora nella cavità [del cuore] d'ogni creatura, pervade tutto: per questo è [detto] l'onnipresente Siva.

12. Il Purusa è veramente il supremo signore, è lui che favorisce il bene. L'imperituro possiede una perfezione senza macchia, egli che è luce.

"13. Grande come un pollice, il Purusa, l'interno reggitore, sempre abita nel cuore degli uomini; con il cuore, con la mente, con il pensiero egli può essere concepito. Coloro che conoscono ciò diventano immortali."

14. Mille teste ha il Purusa, mille occhi, mille piedi. Dopo aver interamente ricoperto la terra, [ancora] la supera di dieci dita.

15. Il Purusa in verità è tutto questo [universo], ciò che è stato e ciò che sarà, ed è il signore dell'immortalità, poiché per mezzo del cibo s'accresce oltre misura 30.

16. Da ogni parte ha mani e piedi, da ogni parte ha occhi, testa, volto, da ogni parte ha orecchie: tutto avendo ricoperto nel mondo, sovrasta.

17. [Noi onoriamo] colui che apparentemente possiede le facoltà di tutti i sensi, che [in realtà] di ogni senso è privo, il signore, il padrone di tutto, il grande rifugio di ognuno.

18. Quando è incarnato nel [corpo,] città dalle nove porte, lo spirito individuale tende verso l'esterno 31, esso, che è signore di tutto il mondo, di ciò che è fermo e di ciò che si muove.

19. Senza mani e senza piedi, egli, rapido, afferra. Vede senza occhi, ode senza orecchie. Conosce quello che deve essere conosciuto e nessuno lo conosce, lui chiamano il primigenio, il grande Purusa.

20. Più sottile del sottile, più grande del grande, l'Atman è posto nella cavità [del cuore] di ogni creatura. Chi, per la grazia del creatore, ravvisa in questo, libero da desideri, il signore, la maestà, diventa privo di dolore.

21. Io conosco questo che non è colpito da vecchiezza, primigenio, come l'Atman d'ogni creatura, come colui che penetra dappertutto per la sua potenza. I maestri del Brahman dicono che pone fine alla rinascita, lo chiamano eterno.

QUARTO ADHYAYA 32

1. L'unico dio che, senza colore, per effetto della sua potenza crea molti colori in vario modo per i suoi propositi segreti, in [lui che è] il principio alla fine tutto Si dissolve: ci provveda egli una limpida intelligenza!

2. Egli invero è il fuoco, è il sole, è il vento, è anche la luna, è la purezza, è il Brahman, è l'acqua primordiale, è Prajapati.

3. Tu sei donna, sei uomo, sei fanciullo, sei fanciulla. Tu vacilli come un vecchio con un bastone. [Appena] nato, tu rivolgi il tuo volto dappertutto.

4. Tu sei l'uccello neroazzurro, sei l'uccello verde con gli occhi rossi 33, tu sei [la nube] che genera il lampo, tu sei le stagioni, tu gli oceani. Tu, da cui tutte le creature sono sorte, attraverso la tua potenza ti riveli come ciò che non ha inizio.

5. Un aja monta godendo una aja rosso-bianco-nera, che ha generato molta prole della sua stessa natura. Un altro aja la lascia, poiché ne ha già goduto 34.

6. Due alati, stretti amici, sono attaccati allo stesso albero. L'un d'essi mangia i dolci fichi, l'altro senza mangiare guarda attentamente.

"7. Su un albero eguale lo spirito individuale, imprigionato, soffre, accecato dalla sua impotenza; quando vede l'altro, il signore sovrano nella sua soddisfazione e nella sua maestà, è libero dal dolore."

8. Colui che non conosce l'immortale inno sacro, su cui si fondano nel più alto cielo gli dei, che vantaggio avrà dell'inno? Ma quelli che lo conoscono, qui insieme sono assisi 35.

9. Strofe, offerte, sacrifici, voti, passato, futuro, ciò che dicono i Veda: da ciò il mago crea tutto questo universo e in ciò l'altro (l'anima individuale) è tenuto dai lacci dell'illusione.

10. Bisogna dunque sapere che l'illusione è la natura e il grande Signore è il mago. Tutto questo mondo è compenetrato di entità che sono particelle di lui.

11. Colui che, unico, è il signore d'ogni matrice, colui nel quale tutto questo universo si unisce e si dissolve: quando si riconosce questo generoso signore come il dio da adorare, si giunge per sempre alla pace suprema.

12. Colui che, come origine e causa degli dei, signore di tutti, come dio Rudra, grande veggente, vide la nascita dell'embrione d'oro, ci provveda costui una limpida intelligenza.

13. È signore degli dei, in lui i mondi son fissati, è signore dei bipedi e dei quadrupedi: quale dio dobbiamo noi onorare con sacrifici?

14. Quando si sia conosciuto Siva, [ossia] colui che, più sottile del sottile, giace nel mezzo delle acque [primordiali], che è il creatore di tutto, dalle molte forme, che unico comprende tutto l'universo, si giunge per sempre alla pace suprema.

15. Egli nella temporalità è il protettore del mondo, il signore di tutto, celato in tutte le creature. Quando si sia riconosciuto in tal modo lui, verso cui aspirano saggi e dei, si recidono i lacci della morte.

16. Quando si sia riconosciuto Siva, celato in tutte le creature, come l'infinitamente sottile, simile alla crema sopra il burro chiarificato, quando si sia riconosciuto come dio colui che abbraccia tutto l'universo, ci si libera da ogni legame.

"17. Questo dio, il creatore di tutto, il sé macrocosmico, sempre abita nel cuore degli uomini; con il cuore, con la mente, con il pensiero egli può essere concepito. Coloro che conoscono ciò diventano immortali."

18. Quando c'era la tenebra [del caos primordiale], allora né giorno esisteva, né notte, né il Sat, né l'Asat. Soltanto Siva esisteva, solo. [Egli] era l'indefettibile, il fausto [splendore] del sole 36, e da esso si produsse l'intelligenza primigenia.

19. Nessuno lo prese sopra, di traverso o nel mezzo. Per lui, il cui nome è Grande Gloria, non c'è immagine.

20. La sua forma non può essere scorta, nessuno lo vede con l'occhio. Coloro che con il cuore, con la mente lo riconoscono come colui che risiede nel cuore, diventano immortali.

"21. ""Tu sei l'innato -  così molti timidi si rivolgono a Rudra - con quello che è il tuo volto benigno, proteggimi sempre!""."

22. Non danneggiarci nei figli, nella discendenza, nella nostra vita, nei nostri armenti, nei nostri cavalli! O Rudra, non uccidere, irato, i nostri uomini! Con le offerte votive, noi invero ti invochiamo che ti assida [al banchetto sacrificale] !

QUINTO ADHYAYA 37

1. Entrambe, conoscenza e non conoscenza, sono poste nell'indefettibile, eterna città del Brahman (= cuore), dove stanno celate. Destinata a perire è la non conoscenza, immortale è la conoscenza. Ma colui che domina conoscenza e non conoscenza è l'altro [distinto da entrambe, il dio supremo] 38.

"2. Questi, unico, è signore d'ogni matrice, di tutte le forme e di tutte le matrici; al principio [del mondo] egli concepì come figlio il saggio Kapila con [tutta la sua] scienza e lo vide nascere 39."

3. Questo dio produce in modo vario un'illusione dopo l'altra su questa terra e la riassorbe. Dopo averla di nuovo creata, del pari il signore la porta alla fine: il magnanimo esercita una sovranità universale.

4. Come il [sole, simile a] toro, risplende illuminando tutte le regioni del cielo, in alto, in basso e per traverso, così questo unico dio, beato, fausto, regge tutto ciò che è sorto da una matrice.

5. Egli, che è il luogo di nascita di tutto, può far progredire ciò che di propria natura si sviluppa e tutte [le creature] che possono svilupparsi [per intervento esterno] e attribuisce a tutte le loro caratteristiche: egli, che è unico, governa tutto questo universo.

6. Questo [insegnamento] è celato nelle upanisad del Veda, che son da tenersi segrete. Il dio Brahma lo riconosce come origine del Brahman 40. Gli antichi dei e i veggenti che conobbero ciò, in verità son diventati della sua stessa essenza e [perciò] immortali.

7. [L'anima individuale,] dotata di qualità determinate, compiendo azioni che producono una ricompensa, fruisce dell'azione compiuta. Passibile di ogni forma, soggetta ai tre guna, avendo a disposizione tre strade [come dio, come uomo, come animale,] essa, signora delle facoltà sensorie, vaga [nel ciclo delle esistenze] secondo le sue proprie azioni.

8. È grande come un pollice e simile al sole nell'aspetto, essa che è dotata di volontà e del principio dell'io. Ma apparisce anche in altra maniera, grande soltanto come la punta d'una lesina, essa che è [congiunta] con le qualità dell'intelligenza e con le qualità proprie dell'io individuale 41.

9. L'anima individuale da un lato, sappilo, è la centesima parte [di ciò che resta] d'un capello diviso in cento parti, dall'altro essa può raggiungere l'infinità.

10. Non è maschio, non è femmina, non è neppure androgino. Qualunque corpo assuma, da esso vien [soltanto] racchiusa.

11. Per mezzo delle oblazioni [della facoltà] dell'immaginazione, del tatto e della vista, attraverso cibo, acqua, pioggia si verifica lo sviluppo e la nascita dell'anima [individuale] 42. Incarnata, questa giunge, secondo determinate condizioni, nei luoghi stabiliti [per la rinascita], in corpi corrispondenti alle sue azioni.

12. L'anima incarnata sceglie vari corpi, grossolani o sottili, secondo le sue qualità [determinate dall'azione compiuta]. Secondo la qualità delle azioni e le qualità individuali si scorge un altro motivo perché si unisca [nuovamente] con quei [corpi]

13. Quando si sia riconosciuto come dio colui che è senza principio e senza fine, che nel mezzo delle acque [primordiali] ha creato ogni cosa, che assume molteplici aspetti, che unico, tutto comprende, si è liberi da ogni legame.

14. Coloro che hanno riconosciuto come dio colui che deve essere compreso durante l'esistenza, l'incorporeo, il dio Siva che cagiona la vita e la morte, che produce la creazione con le [sue varie] parti, costoro hanno abbandonato [per sempre] il corpo.

SESTO ADHYAYA 43

1. Alcuni saggi erroneamente dicono che [la causa] è la forza insita nelle cose, altri dicono che è il tempo. Ma è la potenza di dio nel mondo [la causa] per cui si mette in moto la ruota dell'universo.

2. Egli è colui che invero comprende tutto il mondo, il conoscitore, il creatore del tempo, privo di qualificazioni, onnisciente. da lui dominata, si sviluppa la creazione, che è da concepirsi come terra, parte acquea, fuoco, vento, etere.

3. Dopo aver prodotto questa creazione e averla di nuovo riassorbita, dopo essersi unito volta a volta con [i vari elementi della] realtà, ossia con l'unico [Purusa], con le due [forme della materia, evoluta e inevoluta], con i tre [guna], con gli otto [principi della materia, cioè i cinque elementi, l'intelletto, il senso dell'io, il senso interno,] e pure con il tempo e con le qualità sottili proprie dell'io individuale,

4. dopo aver prodotto la creazione costituita dai tre guna e aver stabilito ogni condizione di esistenza, quando queste cose più non esistono, al tempo della distruzione della creazione, egli, distruttore dell'opera [sua], si allontana dalla realtà [fenomenica], distinto [da essa] 44.

5 a, b. Egli è concepito come l'inizio, il principio e la causa dell'unione [apparente tra se stesso e il fenomeno], è al di là del tempo (kala) che è triplice ed è privo di distinzioni (akala).

6 a, b. Egli è diverso e superiore alle apparizioni, legate al tempo, dell'albero [della vita], egli da cui il mondo visibile procede.

5 c, d. Dopo aver venerato questo dio che assume tutte le forme, che è diventato il mondo, che è degno di essere adorato, che giace nel nostro pensiero, primordiale,

6 c, d. dopo averlo riconosciuto come il sostenitore del diritto, il distruttore del male, come il signore della prosperità, come l'immortale che giace dentro di noi, [pur] contenendo tutto,

7. voglia il cielo che noi possiamo trovare questo signore supremo tra i signori, suprema divinità tra le divinità, supremo sovrano tra i sovrani, che è dio nell'al di là [e] padrone del mondo, degno di essere adorato.

8. Per lui non c'è azione né strumento d'azione. Non c'è nessuno a lui simile o che sia superiore. Si sa invece della sua potenza, suprema e molteplice, che dipende dalla sua natura e opera basandosi sulla sua intelligenza e sulla forza.

9. Nel mondo non c'è alcun padrone per lui, né signore, né c'è un contrassegno per lui. Egli è la causa, egli è il signore del primo degli organi di senso (ossia del respiro), non c'è per lui progenitore né signore.

10. L'unico dio che, come un ragno con i fili, s'avvolse, per propria natura, con le [entità] derivanti dalla materia primordiale, ci procuri l'accesso al Brahman!

11. Il dio unico è celato in tutte le creature, pervade ogni cosa, è il sé intimo d'ogni creatura, sovrintende alla creazione, in ogni creatura abita, è il testimone, il vendicatore, è solo e privo di qualificazioni.

12. È l'unico dominatore fra molte [anime] inattive, egli che rende molteplice un solo seme 45. Per i saggi, che lo riconoscono come dimorante nel proprio sé, per questi c'è eterna felicità, non per gli altri.

13. Eterno, adempie i desideri delle [anime] eterne, dotato di intelligenza [adempie i desideri] di chi ha intelligenza, unico [adempie i desideri] di molti. Chi ha riconosciuto come causa di ciò il dio che si raggiunge per mezzo della discriminazione 46, è libero da ogni legame.

"14. Là non riluce il sole, non la luna e le stelle, non brillano i lampi, per non parlar del fuoco; tutto l'universo risplende se egli risplende, tutto questo universo brilla della sua luce 46 bis"

15. Egli, che è l'unico hamsa nel centro di questo mondo, è pure il fuoco penetrato nell'oceano 47. Chi l'ha così conosciuto supera la morte. Non esiste altro cammino per giungere [all'immortalità].

16. Egli è creatore d'ogni cosa, onnisciente, causa di se stesso, conoscitore, creatore del tempo, privo di qualificazioni, in possesso d'ogni scienza, signore della materia primordiale e dell'anima individuale, padrone dei guna, causa della liberazione dal ciclo delle esistenze, del permanere in esso e del rimanerne invischiati.

17. Colui che, della stessa sua sostanza, immortale, conoscitore, onnipresente, custode di questo mondo, è fisso nel Signore, costui domina per sempre questo mondo 48. Non altra causa si conosce per la sua eccellenza.

18. In quel dio che al principio [d'ogni era cosmica] genera Brahma e gli consegna i Veda, io, desideroso di salvezza, cerco rifugio, in lui che è illuminato dalla propria intelligenza,

19. in lui che è indiviso, inattivo, sereno, senza biasimo, senza macchia, ponte supremo verso l'immortalità, simile a fuoco che ha consumato tutto il combustibile.

20. Soltanto quando gli uomini potranno avviluppare il cielo come una pelle, soltanto allora ci sarà la fine del dolore [anche] senza conoscere dio 49.

21. Avendo conosciuto il Brahman per la forza dell'ascesi e per la grazia di dio, Svetasvatara rivelò compiutamente quel sommo mezzo di purificazione, caro alle schiere dei veggenti, a coloro che avevano superato i quattro stadi della vita.

22. Nelle Upanisad fu in un tempo antico proclamato il segreto supremo. Non bisogna consegnarlo a chi non abbia raggiunto la pace, a chi non sia figlio o a chi non sia discepolo.

23. A colui che ha grande devozione a dio e come a dio così al maestro spirituale, a questo magnanimo soltanto risplendono le verità rivelate - a questo magnanimo soltanto risplendono.

Note :
1. Nel cap. I della Sv.Up., si enuncia il concetto del triplice Brahman, nel quale si distinguono natura o materia primordiale (sakti o prakrti), anima individuale e dio personale. Si ha quindi una diversità nell'unità sostanziale. La vera realtà si ravvisa nel proprio io, nel quale essa si ritrova come il fuoco nascosto nella matrice, persistendo nella meditazione, nella pratica della verità e nell'ascesi.

2. Un sostenitore del Brahman immobile e impersonale cerca di mostrarne la priorità con una serie di domande puramente retoriche e nega le soluzioni presentate da altre scuole, che al Brahman contrapponevano il tempo, o, fatalisticamente, il caso, o, materialisticamente, lo spontaneo evolversi della natura, o l'uno o l'altro principio fisico. Un contraddittore sostiene la priorità dell'Atman, ossia del sé individuale ed empirico, ma anche questa soluzione viene respinta Subito dopo si afferma l'unicità del triplice Brahman.

3. La ruota è simbolo della materia primordiale o del mondo apparente, che vengono in seguito paragonati a un fiume impetuoso. La descrizione riprende molte concezioni del Samkhya.

4. I tre guna o modi della realtà: Sattva, rajas, tamas.

5. I cinque elementi, i cinque organi della conoscenza, i cinque organi di senso e la mente.

6. Le cinquanta condizioni psichiche enumerate in samkhyakarika, 46.

7. I dieci sensi e i loro oggetti.

"8. 1) Le otto cause della prakrti, ossia i cinque elementi, la mente, il senso dell'individuazione, l'intelletto; 2) le otto parti del corpo; 3) le otto perfezioni; 4) le otto condizioni di esistenza; 5) le otto divinità; 6) le otto virtù."

"9. Letteralmente: ""che ha come unico legame la multiforme [brama]""."

10. Forse le tre vie di liberazione: karma-, jnana- e bhakti-marga.

11. Le due cause dell'obnubilazione sono le buone e le cattive azioni, che in ogni caso legano al samsara.

12. Forse si allude ai cinque elementi, base degli oggetti dei sensi.

13. I cinque dolori sono la dimora come embrione, la nascita, la vecchiaia, la malattia, la morte.

14. Vedi nota 6.

15. Ignoranza, senso dell'io, brama, odio, passione.

6. Simbolo dell'anima individuale.
17. Nelle str. 8-9 ancora si distingue tra i vari aspetti del Brahman: la prakrti, che è l'oggetto da fruirsi (bhogya), il sé individuale, che è il fruitore (bhoktar), e il dio, che è inattivo in quanto libero da ogni legame e da ogni illusione, ma che domina e mette in moto la ruota delle esistenze (preritar). La prakrti è peritura nel senso che l'apparenza che essa assume è destinata a modificarsi.

18. La sillaba sacra Om è simbolo della suprema realtà.

19. Le arani sono i pezzi di legno confricando i quali si ottiene il fuoco.

"20. Dopo un'invocazione al dio Savitar, acciocché illumini e inciti a raccogliersi e a controllare la mente, si celebra come mezzo di liberazione la pratica del yoga, la cui teoria e i cui effetti vengono compiutamente esposti. Le strofe a Savitar sono tratte da testi brahmanici; alcune si ritrovano anche nel Rgveda."

21. Vedi: R.V., 5, 81, 1.
22. Vedi R.V., 10, 13, 1, con varianti. Si tratta d'un inno rivolto ai Havirdhana, ossia ai carri in cui venivano portate al luogo del sacrificio le piante del soma.

23. Ossia dove si pratica il controllo del respiro. Tutta la strofa sembra significare che il sacrificio ha un valore purificatorio e promuove lo sviluppo della mente.

24. Vedi: R.V., 6, 16, 18. La traduzione è tutt'altro che sicura.

25. Si ha qui un'allusione a K.Up., 1, 3, 4.

"26. L'Assoluto apparisce ora sotto forma di Rudra-Siva, ora è definito Sommo Signore, ora è identificato con il Brahman astratto della speculazione sacerdotale, ora è chiamato Purusa, il gigante primigenio da cui tutto l'esistente fuoriesce. Ma questo principio è anche l'Atman individuale. Ritrova dio in se stesso colui che gode ""la grazia del creatore"". Frequenti sono le strofe riportate da altri testi."

27. L'uovo cosmico da cui si produsse l'universo. Cfr. 4, 12 e forse anche 5, 2.

28. Il dio Brahma è il demiurgo, non l'ultima realtà.

29. La differenziazione è il principio del dolore.
30. La strofa, che è ripresa da R.V., X, 90, 2, sottolinea, come spesso nelle Upanisad, l'importanza del cibo, ossia della materia.

31. Si volge agli oggetti dei sensi, invece di raccogliersi e di ritrovare in sé la propria natura divina.

"32. Con frequenti citazioni dal R.V., e da altri testi, si celebra il dio unico, supremo e immanente, chiamato Rudra o Siva. Egli è il grande Mago che produce l'illusione del mondo apparente, il quale ha valore soltanto perché è compenetrato da particelle della sua essenza; ossia dalle anime individuali."

33. Sei tanto la cornacchia, quanto il pappagallo.

"34. Aja e ajà significano sia ""capro"" e ""capra"", sia ""innato"", con riferimento allo spirito e alla prakrti. Il primo capro è simbolo (come subito dopo nel caso degli uccelli) dell'anima individuale ancora legata ai legami dell'affezione; il secondo è simbolo dell'anima liberata. I tre colori della prakrti sono quelli attribuiti ai tre modi di essere della materia: bianco è il sattva, rosso il rajas, nero il tamas."

35. L'osservanza liturgica viene indicata come mezzo di liberazione. Cfr. 1, 13.
36. È questo il primo verso della gayatri, la famosa preghiera al Sole di R.V., 3, 62, 10.

37. Nella conoscenza del dio supremo, del sommo Brahman (1-6), l'anima individuale, che vaga di esistenza in esistenza (7-12), trova la liberazione (13-14).

38. Poiché l'uno e il molteplice sono contenuti nel Brahman-Atman, in esso pure si ritrovano la conoscenza dell'Uno e la conoscenza del molteplice, che si limita all'apparenza e non è perciò vera.

39. È probabile che si alluda al mitico fondatore del sistema samkhya, che nella sua formulazione più antica è certamente teista. Kapila però significa anche

"rossiccio, e quindi potrebbe qui aversi un riferimento all'essere primigenio ""dal colore rossiccio o aureo"", ossia a Hiranyagarbha, l'uovo cosmico. Cfr. 3, 4 e 4, 12."

40. La dottrina del Veda è considerata il fondamento del tutto, anteriore quindi al demiurgo Brahma.

41. Vario è l'aspetto attribuito all'anima empirica, né è in relazione con le qualità e facoltà che possiede.
42. Si allude probabilmente alla dottrina dei cinque fuochi, nella quale le tappe della discesa dell'anima destinata a reincarnarsi sono raffigurate come altrettanti sacrifici.

43. Nel cap. sesto si esalta ancora la funzione del dio personale, origine e creatore del tutto, che apparisce molteplice ma che in realtà è distinto dalla creazione, rifugio esclusivo per colui che ne riconosce l'assolutezza e l'unicità.

44. Il dio, che si unisce con i principi della realtà (come sono enumerati nel Samkhya) per produrre la creazione e che riassorbe in sé l'universo al tempo delle periodiche distruzioni del cosmo, è tuttavia ben distinto dalle singole cose create (cfr. str. 6 a, b). Secondo Sankara le qualità dell'io individuale sono i desideri e le passioni.

45. Secondo il samkhya alla materia, unica, si contrappongono le anime, infinite e inattive.

46. Ovvero: per mezzo del samkhya, del quale ricorrono di frequente elementi, sia pure in una formulazione più antica di quella codificata nelle opere sistematiche, d'altra parte di gran lunga posteriori alle Upanisad.

"46 bis. Cfr. Kath. Up., 1, 5, 15; Mund. Up., 2, 2, 11."

47. La duplice caratterizzazione come hamsa e come fuoco sottolinea la pluralità di apparizioni del dio.
48. L'anima liberata ha recuperato le caratteristiche della sua assolutezza per mezzo della devozione manifestata al dio.

49. È evidente qui l'allusione all'esistenza di sette atee.




MANDUKYA UPANISAD

La Mandukya Upanisad appartiene all'Atharvaveda benché porti il nome d'una scuola rigvedica, ed è anch'essa tra le più recenti delle Upanisad antiche. Assai breve, la Ma. Up. insiste singolarmente sull'identità tra Atman individuale e Brahman e studia la mistica equivalenza dell'Assoluto con la sillaba sacra Om, nella quale tutto l'universo è compreso. L'Atman
Brahman ha quattro modi di essere, corrispondenti ai quattro stati della coscienza umana. Agli stati di veglia, di sonno con .sogni, di sonno profondo, già considerati in B.Up., 4, 3, 9, viene infatti aggiunto un quarto stato, turiya o caturtha: esso si distingue dallo stato di sonno profondo, nel quale il distacco dalla materialità è pur completo, senza emozioni o ricordi, per essere definitivo. Il punto di partenza della costruzione è forse nell'osservazione che nel sogno ci si figura come reali delle apparizioni che reali non sono quindi è possibile che la stessa consistenza del sogno abbiano le esperienze dello stato di veglia che hanno ispirato le larve del sogno. Soltanto il silenzio del sonno profondo o meglio ancora d'un distacco definitivo sarà la più opportuna immagine dell'Assoluto, che è al di là d'ogni possibilità logico
discorsiva. Tali concezioni riecheggiano la convinzione antica che al di là di ciò che è espresso esista l'inespresso, al primo superiore (cfr. B.Up., 5, 14, 3-4), mentre lo iato che si riconosce esistere tra l'Assoluto, ovvero il summum bonum, ed ogni concepimento umano condurrà fatalmente alla negazione del fenomeno e delle esigenze con questo connesse. E infatti la Md. Up. è strettamente collegata con la karika o commentario attribuito a Gaudapada (maestro del maestro di Sankara, vissuto quindi all'inizio del VIII sec. d. C.), che è la prima esposizione sistematica del monismo assoluto e della dottrina illusionistica che sarà perseguita con rigorosa coerenza da Sankara. La karika, che è divisa in quattro parti, delle quali la prima congloba la nostra Up., costituisce in realtà un'opera a sé stante ed è in ogni modo lontana dall'epoca e dallo spirito delle altre Upanisad vediche, per le quali il mondo è ben reale, come ineludibili sono le esigenze materiali e morali che l'accettazione del mondo comporta.


1. La sillaba Om è tutto l'universo. Eccone la spiegazione. Il passato, il presente, il futuro: tutto ciò è [compreso nella] sillaba Om. E anche ciò che è al di là del tempo, che è triplice, è [compreso nella] sillaba Om.

"2. Infatti ogni cosa è il Brahman; l'Atman è il Brahman. Questo Atman ha quattro modi di essere."

3. Il primo modo di essere si chiama vaisvanara ed è quando si ha lo stato di veglia, si ha la conoscenza delle cose esteriori, sette membra 1, diciannove aperture 2 e si godono gli elementi materiali.

4. Il secondo modo di essere si chiama taijasa (luminoso) ed è quando si ha lo stato di sogno, si ha la conoscenza delle cose interiori 3, sette membra, diciannove aperture e si godono gli elementi sottili.

5. Quando l'uomo addormentato non concepisce alcun desiderio, non scorge alcun sogno, allora si ha [lo stato di] sonno profondo. Il terzo modo di essere si chiama prajna ed è quando si ha lo stato di sonno profondo, s'è raggiunta l'unità 4, si è costituiti soltanto di conoscenza, soltanto di gioia, si gode la gioia, si ha per apertura (o strumento di percezione) il pensiero.

6. [Quando si trova in questa condizione, l'Atman] è il signore di tutto, è l'onnisciente, è il reggitore interno, è il principio di tutte le cose, poiché è l'origine e la fine delle creature 5.

"7. Si considera come quarto [modo di essere] quello che è privo di conoscenza delle cose interiori, privo di conoscenza delle cose esteriori, privo della conoscenza di entrambe. Esso non è costituito soltanto di conoscenza, non è conoscitore né non conoscitore. Esso è invisibile, inavvicinabile, inafferrabile, indefinibile, impensabile, indescrivibile, ha come caratteristica essenziale di dipendere soltanto da se stesso; in esso il mondo visibile si risolve, è serenità e benevolenza, è assolutamente non duale. Esso è l'Atman: esso deve essere conosciuto."

8. Per quel che riguarda i fonemi, questo Atman corrisponde alla sillaba Om, considerandone gli elementi costitutivi. Gli elementi costitutivi corrispondono ai modi di essere, e i modi di essere corrispondono agli elementi costitutivi, ossia ai suoni AUM 5 bis.

9. Lo stato di veglia, vaisvanara, corrisponde alla lettera A, che è il primo elemento, per il fatto che ottiene (ap) [tutto], oppure per il fatto che è il primo (adi) 6. In verità ottiene tutti i desideri e diventa il primo colui che così conosce.

10. Lo stato di sogno, taijasa, corrisponde alla lettera U, che è il secondo elemento, per il fatto d'essere più alto (utkarsa) [del precedente] o per il fatto di partecipare (ubhayatva) degli altri due [stati fra i quali si trova]. In verità colui che così conosce tiene alta la tradizione della conoscenza [nella sua famiglia], è indifferente [a gioie e dolori] e nella sua stirpe non nasce chi non conosca il Brahman 7.

11. Lo stato di sonno profondo, prajna, corrisponde alla lettera M, che è il terzo elemento, per il fatto che crea (miti) o che [in esso] si dissolve (apiti) [l'universo] 8. In verità colui che così conosce crea tutto questo universo e lo riassorbe in sé.
12. Il quarto [stato] non corrisponde a un [singolo] elemento 9, è inavvicinabile, in esso il mondo visibile si risolve, è benevolenza, è assolutamente non duale.

Così la sillaba Om è in verità l'Atman [nei suoi quattro stati]. Colui che così conosce penetra nel sé [assoluto] con il sé [individuale].

Note :
1. In genere si rimanda a Ch.Vp., 5, 18, 2, dove l'enumerazione comprende però ben più di sette elementi. Forse si allude ai sette organi di percezione della testa (occhi, orecchie, naso, bocca).

2. Le diciannove aperture sono gli organi o le facoltà che permettono l'esperienza del mondo: i cinque organi di senso, i cinque organi che consentono di parlare, agire, muoversi, generare ed evacuare, i cinque prana, e infine la mente, l'intelletto, il senso dell'io, il pensiero.

"3. Gli oggetti di cui l'anima ha esperienza nel sogno sono interiori in quanto da essa foggiati per se stessa; esiste tuttavia ancora la dualità di soggetto e di oggetto, che permette appunto la conoscenza distintiva e l'esperienza."

4. Manca cioè ogni distinzione tra soggetto e oggetto del conoscere.

5. Nel terzo stato, di sonno profondo, si è del tutto disancorati dalla molteplicità fenomenica e si contempla la vera realtà. Ma cessato il sonno si ritorna al mondo visibile: il terzo stato è quindi transeunte e si ipotizza allora un quarto stato, nel quale le caratteristiche del terzo sono rese assolute e definitive e che, in quanto il distacco dal mondo è completo, sfugge a ogni determinazione.

5 bis. Il dittongo O viene scomposto negli elementi costitutivi, A + U.

"6. Lo stato di veglia e la lettera a hanno eguali caratteristiche, tra l'altro inizianti con A: sono primi di determinate serie, inoltre entrambi ""ottengono tutto"", ossia sono presenti dappertutto, la lettera A in quanto è la più frequente nel vocalismo ario, lo stato di veglia in quanto consente a tutti gli uomini la conoscenza comune."

"7. Fra lo stato di sogno e la lettera U l'analogia consiste nell'essere l'uno e l'altra in mezzo fra gli altri stati o le altre lettere. Inoltre lo stato di sogno è più elevato rispetto allo stato di veglia per quanto riguarda il distacco dalle apparenze e dalle sensazioni grossolane; la lettera U è collegata (v. ad es. Dhyanabindu Up., 9-11 e cfr. J. VARENNE, Upanishads du Yoga, Paris, 1971, p. 72) con l'atmosfera, mentre A corrisponde alla terra (da escludere invece che si voglia alludere a un'eventuale classificazione dei suoni riguardo alla loro altezza). Colui che è indifferente poi è equidistante fra le coppie dei contrari."

"8. L'accostamento fra lo stato di sonno profondo e la lettera M sembra basato soltanto sul fatto che le qualità proprie del primo cominciano con M. Infatti ""creazione"", e ""distruzione"" possono essere indicate entrambe con miti, derivante nella prima accezione da mi, minoti, nella seconda da mi, minati, in quest'ultimo caso però il testo dell'Upanisad sostituisce a miti (in verità non attestato in questo significato) apiti. Che poi tutto fuoriesca dall'Atman e in esso si risolva è in accordo con il soggettivismo idealistico prevalente nelle Upanisad."

9. Bensì alla mistica sillaba Om nel suo complesso, o, meglio, alla sonorità nasale indistinta che permane dopo la pronuncia delle lettere del suono sacro. Cfr. Brahmabindu Up.




MAITRAYANIYA UPANISAD

La Maitrayaniya Upanisad appartiene al Yajurveda nero, e precisamente alla scuola dei Maitrayaniya. Essa sembra aver subìto rimaneggiamenti e interpolazioni, sì da apparire, nella versione più diffusa, come una sorta di centone di sentenze e concetti frequenti e tipici delle Upanisad più antiche. Secondo J. A. B. VAN BUITENEN (The Maitrayaniya Up., 's-Gravenhage, 1962), che ha studiato accuratamente le varie recensioni (oltre alla vulgata esiste anche una redazione meridionale che esclude i capp. 6 e 7), l'Upanisad originaria è stata collazionata con un altro testo, probabilmente di intitolazione consimile, attestato soprattutto nella cosiddetta recensione meridionale. Il testo originario, qui preso come base della nostra traduzione, prende le mosse dalla considerazione dell'agnihotra, ossia del sacrificio al fuoco celebrato giornalmente ai due crepuscoli. Il fuoco, in cui tutto si riassume (ciò che è adombrato nell'epiteto di mangiatore di cibo attribuitogli), è simbolo del Brahman, che si manifesta appunto nel fuoco sacrificale, nel sole e nel prana, ossia nel respiro che è equivalente al calore proprio di ogni individuo. Con il sacrificio al fuoco si rinnovano la vita e l'attività sia nel microcosmo sia nel macrocosmo e si è così indotti alla meditazione sull'identità fondamentale che soggiace a tutte le apparizioni. Pensare al proprio sé significa quindi pensare al Brahman e c'è pertanto analogia tra l'onorare il Brahman con le formule sacre e il badare a se stessi provvedendo alla nutrizione, alla quale vien attribuito carattere di offerta rituale. Cfr. il sacrificio ai soffi vitali, trattato particolarmente nella Mahanarayana Up. Il Brahman si presenta in due forme, delle quali la materiale è il presupposto dell'immateriale, che d'altra parte è la sola vera: ossia, la perfetta immobile serenità s'acquisisce attraverso la forza realizzatrice dell'esperienza. Interessante è l'affermazione che attraverso vari gradi si giunge all'unione con il Brahman, il che ricorda la dottrina dei cinque involucri del Brahman di cui parla la Taittiriya Up., come pure il fatto che al Brahman vengono attribuite qualità convenienti a una divinità personale.


I

In verità la disposizione [dei sacri fuochi] per gli antichi era un sacrificio al Brahman. Perciò colui che sacrifica, dopo averli disposti, deve meditare sui fuochi come fossero l'Atman. Allora il sacrificio è completo, è veramente perfetto 1 (1, 1).

Esso (il fuoco ovvero l'Assoluto) si presenta in due forme, il prana e il sole. Questi sono i due sentieri, che si dipartono come il giorno e la notte (6, 1).

Quello che, stando nell'interno della ninfea del cuore, consuma il cibo, è identico con il fuoco che, stando nel cielo, consuma ogni creatura come se fosse cibo.

La ninfea [del cuore] in verità è lo spazio etereo. I quattro punti cardinali e i quattro punti intermedi costituiscono i petali. Lungo lo stelo, prana e sole si dipartono verso il basso (ossia verso la manifestazione visibile dell'Assoluto). Bisogna onorarli con la sillaba Om, con le vyahrti [Bhuh, Bhuvah, Svah] e con la savitri 2 (6, 2).

"Il Brahman ha due forme, una materiale e una immateriale. Quella materiale è priva di verità; quella immateriale è quella vera, è il Brahman, è la luce. La luce è il sole e questo è la sillaba Om. Questa si manifestò e si divise in tre parti. Om ha tre parti (A, U, M) e per mezzo di queste tutto l'universo è intessuto e ordito in essa (6, 3)."

In verità questo universo [al principio] era inespresso. Prajapati, che è la verità, dopo aver praticato l'ascesi, pronunciò successivamente le sillabe Bhuh, Bhuvah, Svah. Queste costituiscono la parte più solida del corpo di Prajapati: Svah è la testa, Bhuvah è l'ombelico, Bhuh rappresenta i piedi, il sole è l'occhio. La mahati matra del Purusa (= Brahman) risiede infatti nell'occhio. L'occhio è la verità 3. Perciò bisogna meditare sulla formula Bhuh, Bhuvah, Svah (6,6).

"Questo desiderabile [splendore] di Savitar: Savitar è il sole. Esso deve essere scelto da colui che desidera raggiungere l'Atman; così dicono gli interpreti del Veda."

Meditiamo sullo splendore del dio: il dio è Savitar. Io penso a quello che è chiamato il suo splendore: così dicono gli interpreti del Veda.

"Perché stimoli i nostri pensieri: stimoli i nostri pensieri, ossia l'intelligenza: così dicono gli interpreti del Veda. ""Splendore"": quello che è riposto nel sole e la pupilla nell'occhio hanno il nome di bhargas (""splendore""): così dicono gli interpreti del Veda (6,7)."

Esso è il signore dell'anima, Sambhu, Bhava, Rudra, Prajapati, il creatore di tutto, Hiranyagarbha, la verità, il prana, il hamsa 4, il precettore, Visnu, Narayana, Arka, Savitar, il creatore, il dispensatore, il grande sovrano, Indra, Indu. Esso, che riluce, come fuoco celato dal fuoco, celato dall'uovo d'oro dalle mille aperture 5, esso bisogna desiderar di conoscere, esso bisogna ricercare (6, 8).

Così esso ha due aspetti (sole e prana). Colui che così sa medita sull'Atman soltanto, sacrifica soltanto all'Atman 6 (6,9).

Dell'individuo la forma superiore è il cibo, perché il prana è costituito di cibo. Se invero uno non mangia, perde la mente, l'udito, il tatto, la vista, la parola, l'odorato e il gusto e lascia gli spiriti vitali. Ma se mangia, prospera negli spiriti vitali e possiede mente, udito, tatto, vista, parola, gusto e odorato (6, 11).

Il Brahman ha due aspetti, il tempo e il non tempo. Quello che è prima del sole è il non tempo, incompleto. Quello che comincia con il sole è il tempo ed è completo. Del [Brahman] completo l'aspetto è l'anno. Dall'anno invero nascono le creature, nell'anno, una volta nate, crescono, nell'anno muoiono. Perciò l'anno è Prajapati come tempo. Esso è il cibo, è il nido del Brahman 7 ed è l'Atman (6, 15).

Al principio in questo universo soltanto il Brahman esisteva. Illimitato verso l'oriente, illimitato verso il mezzogiorno, illimitato verso l'occidente, illimitato verso settentrione, illimitato di sopra, illimitato da ogni parte. Esso è costituito di etere. Da questo etere esso desta questo universo. Da questo esso sorge e in esso va a finire. Di questo Brahman la forma luminosa è quella che arde nel sole lassù, nel fuoco senza fumo [e nel cuore]. Quello che è nel fuoco e quello che è nel cuore e quello che è nel sole, sono in realtà una sola cosa. Nell'unità con l'Uno va colui che così sa (6, 17).

II

Il fuoco [garhapatya, costruito] con cinque mattoni, è l'anno 8. I suoi mattoni sono la primavera, l'estate, la stagione delle piogge, l'autunno, l'inverno. Questo fuoco, poiché ha una testa, due fianchi, un torso e una coda, è simile a un uomo. La [terra] è il primo pilastro sacrificale di Prajapati. Avendo sollevato il sacrificante con le mani fino all'atmosfera, lo offre al vento.

Il vento è il prana. Il fuoco [daksina] è il prana. I suoi mattoni sono il prana, il vyana, l'apana, il samana, l'udana. Questo fuoco, poiché ha una testa, due fianchi, un torso e una coda, è simile a un uomo. L'atmosfera è il secondo pilastro sacrificale di Prajapati. Avendo sollevato il sacrificante fino al cielo, lo offre a Indra. Indra è il sole. Il fuoco [ahavaniya] è pure il [sole]. I suoi mattoni sono il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, l'Atharvaveda, l'epica e i Purana. Questo fuoco, poiché ha una testa, due fianchi, un torso e una coda, è simile a un uomo. Il cielo è il terzo pilastro sacrificale di Prajapati. Con le mani fa l'offerta del sacrificante all'Atmavid. Poi l'Atmavid, avendolo sollevato, lo offre al Brahman. Là ottiene la beatitudine, la felicità (6, 33).

"Il fuoco garhapatya è la terra, il fuoco daksina è l'atmosfera, il fuoco ahavaniya è il cielo. Essi sono il pavamana, il pavaka, lo suci. Il [sacrificante] fa un'offerta di cibo nella [propria] bocca 9. Per questo bisogna venerare il fuoco, costruirgli l'altare, lodarlo, meditarvi. L'uccello color dell'oro, che risiede nel cuore e nel sole, lo smergo, il cigno, il fulgore, il toro è [pure] in questo fuoco 10 noi rendiamo omaggio. Il [sacrificante] deve meditare sul ""desiderabile fulgore del sole"" (6, 34)."

Onore al fuoco, che sulla terra risiede, che protegge il mondo: dona il [tuo] mondo a colui che sacrifica!

Onore al vento, che nell'atmosfera risiede, che protegge il mondo: dona il [tuo] mondo a colui che sacrifica!

Onore al sole, che nel cielo risiede, che protegge il mondo: dona il [tuo] mondo a colui che sacrifica!


Onore al Brahman, che in ogni dove risiede, che ogni cosa protegge: dona il tutto a colui che sacrifica!

Da un aureo vaso è celato il volto del vero: rimuovilo, o Pusan, per [poter scorgere] Visnu, che ha il vero come legge. Quel personaggio che è nel sole, quello son io 11!

"Esso è colui che ha il vero come legge. Ciò che costituisce la solarità del sole è il suo aspetto splendente 12. [Ma] ciò che sta nel mezzo del sole e pure nell'occhio e nel fuoco, questo è il Brahman, questo è l'immortalità, questo è il fulgore, questo è colui che ha il vero come legge. Ciò che sta nel mezzo del sole è l'immortalità; di esso la luna e i prana sono i germogli. esso è il Brahman, esso è l'immortalità, esso è il fulgore, esso è colui che ha il vero come legge. Ciò che sta nel mezzo del sole risplende [come] la formula Om, apo jyoti raso'mrtam Brahma Bhuh Bhuvah Svah Om."

Colui che scorge il costituito di otto parti, il puro, il cigno, il signore dei tre fili, il sottile, l'eterno che ha due aspetti, fulgente di splendore, costui vede ogni cosa 13.

Ciò che sta nel mezzo del sole è la sillaba Ud (= 0m). [Da esso] sorgono i due raggi di luce 14. Esso è il conoscitore che ha per legge il vero, esso è il Yajus, è il calore, è il fuoco, è il vento, è il soffio vitale, è l'acqua, è la luna, è lo splendore, è l'immortalità, è il Brahman, è l'oceano di luce. In esso coloro che sacrificano sprofondano come nel mare. Qui è l'unicità del Brahman, perché in esso sono raccolti tutti i desideri.
"A questo proposito si dice: ""Come una lampada agitata da un vento leggero, [soltanto] un lieve chiarore manda colui che sale tra gli dei. [Ma] chi così sa, in verità è il conoscitore, ravvisa la dualità, giunge sicuramente all'unità e s'immedesima in essa"" 15."

Coloro che sempre si sollevano [tra gli dei] come gocce [sollevate dal vento], come la folgore [che esce] dalla luce [celata] fra le nubi nel più alto cielo, costoro invero, luci splendenti per l'origine, corrispondono alle lingue del fuoco [, non all'essenza del fuoco] 16 (6,35).

Due sono le forme del Brahman nel suo aspetto di luce: una è quella pura, l'altra è quella destinata a crescere 17. Perciò bisogna sacrificare sull'altare con formule, erbe, burro fuso, carne, focacce, riso bollito e cose di questo genere e pure con i cibi e le bevande lasciate dal fuoco bisogna sacrificare nella bocca per aumentare il vigore, per ottenere il mondo beato, per ottenere l'immortalità.

A questo proposito si dice: Chi desidera il cielo deve offrire l'agnihotra. Con l'agnistoma 18 conquista il mondo di Yama, con l'ukthya il mondo della luna, con il [rito] sodasin il mondo del sole, con l'atiratra il mondo di Indra, con il sacrificio che dura mille anni il mondo di Prajapati (6, 36).

"La forma del [Brahman puro,] che risiede nello spazio etereo, è la luce suprema 19. In verità, la forma del [Brahman puro,] che risiede nello spazio etereo, è la sillaba Om. Questa si manifesta in triplice modo: nel fuoco, nel sole, nel prana e per sua virtù [il fuoco] arde, [il sole] sorge, [il respiro] si muove sempre. Perciò bisogna meditare sullo splendore infinito con la sillaba Om. Esiste poi una vena, chiamata ""ricca di cibo"". Essa fa giungere l'oblazione gettata nel fuoco fino al sole; il succo che di là trabocca piove in forma di udgitha; da questo [nascono] i soffi vitali, dai soffi vitali le creature."

"A questo proposito si dice: ""[La vena] fa giungere al sole l'offerta che si fa nel fuoco; il sole la fa piovere con i suoi raggi ; da essa [nasce] il cibo"" (6,37 ; 7,11)."
"Chi offre l'agnihotra spezza la rete della cupidigia; inoltre lacera l'involucro che in quattro strati avvolge il Brahman; quindi avendo trapassato lo spazio che sta al di là [dei quattro involucri] egli scorge l'immortale."

"A questo proposito si dice: ""Dentro il sole si trova la luna; dentro la luna si trova il fuoco; dentro il fuoco si trova il sattva; dentro il sattva si trova l'immortale"" 20."

Il Brahman che è esaltato due, tre volte con [l'invocazione] Mahah, come dio è penetrato nei mondi.

Venerazione all'Om! Venerazione al Brahman! (6,38).


III

Agni, la gayatri, il trivrt, il rathantara, la primavera, il prana, le stazioni lunari, i Vasu sorgono a oriente, riscaldano, si sciolgono in pioggia, cantano l'inno di lode, rientrano e guardano attraverso un foro 21 (7,1).
Indra, la tristubh, il pancadasa, il brhat, l'estate, il vyana, la luna, i Rudra sorgono a mezzogiorno, riscaldano, si sciolgono in pioggia, cantano l'inno di lode, rientrano e guardano attraverso un foro (7, 2).

I Marut, la jagati, il saptadasa, il vairupya, la stagione delle piogge, l'apana, il [pianeta] Sukra (Venere), gli Aditya sorgono a occidente, riscaldano, si sciolgono in pioggia, cantano l'inno di lode, rientrano e guardano attraverso un foro (7,3).

I Visvadeva, l'anustubh, l'ekavimsa, il vairaja, l'autunno, il samana, il [pianeta] Varuna, i Sadhya sorgono a settentrione, riscaldano, si sciolgono in pioggia, cantano l'inno di lode, rientrano e guardano attraverso un foro (7, 4).

Mitra e Varuna, la pankti, il trinava e il trayastrimsa, il sakvara e il raivata, l'inverno e la stagione della brina, l'udana, gli Angiras e la luna sorgono allo zenith, riscaldano, si sciolgono in pioggia, cantano l'inno di lode, rientrano e guardano attraverso un foro (7, 5).

Il pianeta Saturno, i nodi ascendente e discendente, i serpenti, i rakshasa, gli yaksa, uomini, uccelli, sarabha (animali favolosi), elefanti e altre creature sorgono al nadir, riscaldano, si sciolgono in pioggia, cantano l'inno di lode, rientrano e guardano attraverso un foro (7, 6).

Il Brahman in verità è l'Atman che sta nel cuore, il piccolissimo, onniforme, simile a un fuoco fiammeggiante. Tutto questo universo è suo nutrimento. In esso sono intessute tutte queste creature. Quello che è nel fuoco e quello che è nel cuore e quello che è nel sole, sono in realtà una sola cosa. Onore a te, che, onniforme, risiedi nel vero cielo (7, 7).

Note :
1. Il sacrificio al Brahman, ossia il sacrificio perfetto, implica conoscenza della verità suprema, cioè dell'unicità dell'esistente. Soltanto ravvisando l'omosostanzialità tra fuochi sacrificali e se stesso il sacrificio sarà dunque completo.

"2. La sacra sillaba Om riassume nelle lettere che la compongono l'universo; le vyahrti sono il mezzo con cui il creatore produsse le varie parti dell'universo; la savitri e l'elogio solenne del sole."

3. Al di là delle varie parti visibili dell'universo esiste una quarta parte, qui chiamata mahati matra, che risiede nel sole ovvero nell'occhio ed è la parte dell'Assoluto che rimane al di là dell'individuazione empirica. Cfr. Mandukya Up., Brahmabindu Up.

4. L'epiteto di cigno dato al Brahman-fuoco è dovuto al fatto che esso dappertutto si spinge.

5. L'uovo d'oro è l'universo sensibile, attraverso il quale traluce l'Assoluto.

6. Colui che sa che i due aspetti del Brahman, quello macrocosmico e quello microcosmico, sono identici, può sostituire al rito sacrificale la meditazione sul proprio se.
7. Il Brahman risiede nell'anno, che è la realizzazione empirica dell'Assoluto.
8. I fuochi sacrificali vengono identificati con terra, atmosfera, cielo. Dalle forze che dominano in ciascuna di queste parti dell'universo (anno, ossia tempo cui tutto sulla terra è soggetto, vento o soffio vitale, Indra o sole), immaginate antropomorficamente, colui che compie il sacrificio conoscendo la verità viene sollevato gradatamente fino al Brahman, dove gode beatitudine infinita. La quarta tappa dell'ascesa è denominata Atmavid: si tratta forse del Brahman che ha preso coscienza di se stesso e che diventa allora il tramite per cui dall'indifferenziato e dall'inevoluto si passa ai vari momenti della creazione. Cfr. v. BUITENEN, op. cit., p. 33.

9. I fuochi sacrificali (propriamente pavamana, pavaka e suci sono epiteti delle oblazioni, trasferiti ai fuochi nei quali le oblazioni sono gettate) rappresentano l'universo, ma questo si trova nell'intimo di ciascuno, in quanto il fuoco della digestione non è diverso dai fuochi sacrificali o dal sole.

10. L'uccello color dell'oro è simbolo dell'Atman-Brahman, che è dappertutto e si configura nelle quattro creature non umane dalle quali Satyakama riceve l'insegnamento in Ch.Up, 4, 5 sgg.

"11. Cfr. B.Up., 5, 15, 1; Isa Up., 15-16, dove le strofe ricorrono con qualche variante. Il Brahman già prima è stato equiparato a Visnu, del resto strettamente collegato con il sole."

12. L'essenza del sole (dalla quale vien distinto l'aspetto esteriore) è il Brahman, donde derivano luna e prana, i quali rappresentano forse emblematicamente la varietà dei fenomeni. Il Brahman risplende come la formula chiamata siras (apo jyoti raso 'mrtam), alla quale vengono aggiunte altre interiezioni sacre.

"13. Alcuni degli epiteti dell'Assoluto come fuoco o sole meritano una spiegazione. Esso ha due aspetti, uno microcosmico, l'altro macrocosmico: in tal modo ha otto parti, cioè è perfetto nei due aspetti, la perfezione essendo indicata dalla completezza dei quattro quarti. Il cigno, come s'è detto, è epiteto del sole in quanto si spinge dappertutto; i tre fili sono i Veda, o forse i tre dementi costitutivi dell'universo."

14. Forse nell'unità dell'Assoluto si produce il principio della differenziazione.
15. Non il ricorrere agli dei conferisce la liberazione, ma soltanto la conoscenza dell'unità assoluta.

16. Il concetto sembra il seguente: coloro che s'innalzano agli dei non s'identificano con il Brahman-fuoco, per la derivazione dal quale appariscono tuttavia luminosi, ma ne sfiorano soltanto l'essenza, così come le lingue delle fiamme sono in certo modo differenti dal vivo del fuoco.

17. Mentre la forma pura del Brahman è sciolta da ogni vincolo materiale, la forma incarnata, ossia l'aspetto dinamico dell'Assoluto, che si realizza come sole nel macrocosmo e come prana nel microcosmo, richiede sacrifici e offerte: come altrove nelle Upanisad si ammette il rito e si accetta la vita, la conservazione della quale è configurata come un sacrificio al soffio vitale.

"18. L'agnistoma, propriamente ""inno di lode ad Agni"", è la forma più semplice del sacrificio di soma ed è accompagnato dalla recitazione di dodici inni; l'ukthya e il sodasin sono caratterizzati dalla recitazione di quindici e sedici inni; con l'atiratra infine si continuava fin nella notte il rito sacrificale."

19. Il v. BUITENEN è intervenuto drasticamente nella ricostruzione di questo brano. Il Brahman, che è luce infinita ed è pure la sillaba Om, si manifesta come
fuoco, sole, prana. Fra le tre manifestazioni c'è, per mezzo di una vena, un rapporto continuo di scambio, attraverso il quale si riconosce l'origine celeste della materialità empirica. L'udgitha, ossia la parte essenziale del canto sacro, è costituito dall'essenza del sole, ovvero dalla sillaba Om.

20. Il Brahman è avvolto da quattro involucri e anche si trova al centro di quattro cerchi concentrici, formati da sole, luna, fuoco, sattva, che qui sembra indicare ciò che esiste di più alto e puro, sempre però nell'ambito dell'individuazione fenomenica.

"21. Tutto fuoriesce e tutto ritorna nel Brahman, come i raggi solari che dal sole appunto si dipartono e nel sole rientrano. Nei sei gruppi di otto membri ciascuno che compaiono in questa sezione della Upanisad, il primo vocabolo è il nome d'una divinità, il secondo d'una strofa, il terzo d'uno stoma, ossia d'un modo di cantare un inno, il quarto indica l'inno, il quinto una stagione, il sesto uno dei soffi vitali, il settimo un corpo celeste, l'ottavo una classe di dei o semidei (ma il sesto gruppo è piuttosto eterogeneo nel contenuto). Questi fenomeni, appartenenti al mondo, attraversano le varie vicende della vita (rappresentate come le fasi di entità astrali, che al cader della notte rientrano nella sfera celeste e appaiono come corpi celesti luminosi); di contro sta l'Uno, immobile e non soggetto a variazioni."




MAHANARAYANA UPANISAD

La Mahanarayana Upanisad appartiene alla scuola del Yajurveda nero, è d'epoca piuttosto tarda e deve il suo titolo al poema in onore di Narayana, anima del mondo, spirito supremo immanente in ogni cosa, che occupa la parte centrale di essa. Esiste in varie recensioni: qui viene tradotta la recensione andhra, come edita da J. VARENNE, La Mahanarayana Up., 2 tomi, Paris, 1960.

La MN. Up. è una sorta di breviario, senza indicazioni liturgiche, per il brahmano che ha rinunciato al mondo (samnyasin), ma che non rifiuta il rito: questo viene infatti celebrato, sia pure in maniera spirituale e tutt'affatto particolare. Dopo aver meditato sul mito cosmogonico, il samnyasin esalta il Brahman
Atman, fondamento e vivificatore dell'universo, che si presenta come un dio personale (sia pure con qualche esitazione tra le denominazioni neutra e maschile), è variamente denominato (Prajapati, Narayana
"Visnu, Brahman o Brahma [maschile], Purusa), è presente nel cuore d'ognuno e interviene con la grazia per farsi riconoscere (cfr. Svetasvatara Up., 3, 20 e Kathaka Up., 1, 2, 20). Purificatosi con abluzioni e con la recitazione di formule, il samnyasin celebra, consumando il pasto, il Pranagnihotra, oblazione ai soffi vitali: poiché ha reso se stesso e le sue cose simili ad ambrosia degna di essere offerta, ogni atto ha valore sacrale e quindi nell'atto di mangiare si scorge un sacrificio offerto al proprio fuoco interiore. In tal modo il samnyasin realizza in sé l'universo e ottiene la comunione con lo spirito supremo. Il culto mentale (manasa yajna) deve la sua origine all'accettata superiorità del pensiero e del silenzio, con quello connesso, nei confronti della parola e dell'espressione e sembra sottintendere la possibilità, riservata a pochi eletti, di conferire valore nuovo e sacro a oggetti e atteggiamenti dell'esperienza comune; ma non ci pare da escludere che il sacrificio ai soffi vitali, compiuto giornalmente, significhi o adombri la convinzione dell'ineludibilità della vita e delle sue esigenze."

L'interpretazione della MN. Up. è resa possibile dal confronto con i trattati giuridici (soprattutto Baudhayana Dharmasastra, 2, 7, 12) che descrivono il rituale del culto mentale, sorta di compromesso tra la rinuncia completa e l'integrazione nell'edificio religioso brahmanico.


11

1-2. Nell'oceano infinito, al centro dei mondi, oltre il cielo, più grande di ciò che è grande, penetrando negli astri con il suo splendore, Prajapati si muove dentro l'embrione [d'oro] .

3-4. Il Tat in cui tutte le cose si riconducono e da cui tutte si dipartono, il Tat sul quale son fondati tutti gli dei, il Tat è il passato, il Tat è il futuro, il Tat stesso [riposa] nel supremo, eterno cielo.

5-6. Il Tat avvolse lo spazio etereo, il cielo e la terra, con lo splendore, con il fulgore fa brillare il sole, i vati lo hanno tessuto nelle acque primordiali 2: esso [riposa] nel supremo, eterno [cielo e pure] nelle creature.

7-8. Il Tat da cui fu messa in moto la creazione del mondo, che con l'acqua diffuse i viventi sulla terra e attraverso le piante penetrò negli uomini e negli animali, nelle creature immobili e in quelle che si muovono:

9-10. null'altro è più grande di esso e pure [nulla] è più piccolo di quello che è più alto di ciò che è alto, più grande di ciò che è grande, che è l'Uno, il non evoluto, che ha infinite forme, che è il tutto, il primordiale al di là delle tenebre 3.

11-12. Il Tat è l'ordine cosmico e la verità, è il sublime Brahman dei veggenti. Offerte e doni, ciò che in varia guisa è nato o nasce, tutto sostiene [Prajapati,] centro dell'universo!

13-14. Ciò che è Agni e Vayu, ciò che è il sole e la luna, ciò che è l'ambrosia splendente, ciò che è il Brahman, ciò che è l'oceano [primordiale], [tutto] è Prajapati.

15-16. Tutte le divisioni del tempo sono nate dal Purusa 4, che è il lampo: i secondi, i minuti, le ore, i giorni e le notti, senza eccezioni.

"17-18. ""Le quindicine, i mesi, le stagioni, l'anno si svolgano regolarmente!"": [colui che così dispose] è colui che munse le acque e anche lo spazio atmosferico e il cielo 5."

"19-20. Non è possibile afferrarlo di sopra, né di traverso, né al mezzo; nessuno lo domina; il suo nome è Grande Gloria."

"21-22. La sua forma non cade sotto la vista; nessuno lo può vedere con l'occhio; vien concepito per mezzo del cuore, del pensiero, della mente; coloro che lo conoscono diventano immortali 6."

"23-24. Nato dalle acque e dall'essenza della terra, si sviluppò da Visvakarman; Tvastar ne andò foggiando la forma: questa è tutta l'origine dell'Atman cosmico al principio."

25-26. Io conosco questo Purusa grandioso, che ha il colore del sole, che sta al di là delle tenebre. Chi così lo conosce diventa immortale: non esiste altra via per giungere [all'immortalità] .

"27-28. Prajapati si muove dentro l'embrione [d'oro]; egli, che è innato, si moltiplica in varia guisa. I saggi conoscono dove nasce, i sapienti ambiscono il luogo [d'origine] dei [suoi] raggi."

29-30. Onore alla sacra luce che risplende per gli dei, che degli dei è il cappellano 7, che è nata prima degli dei!

"31-32. Facendo nascere [questa] sacra luce, gli dei al principio dissero: ""Gli dei saranno sottomessi alla volontà del brahmano che così sappia [la vera natura di essa]""."

"33-34. Pudore e bellezza sono le due tue spose; il giorno e la notte sono i fianchi, le stelle il corpo, gli Asvin la bocca. Mandami verso il [mondo] desiderato! Mandami verso il [mondo] di là! Mandami verso tutto!"

"35-36. Al principio, egli si sviluppò come aureo embrione; nato, divenne l'unico signore dell'universo. Egli fissò la terra e il cielo 8: a qual dio dobbiamo sacrificare con l'oblazione ?"

37-38. [Il dio] che, con la potenza, divenne l'unico sovrano del mondo, di ciò che respira e di ciò che socchiude gli occhi, e domina chi ha due gambe e chi ne ha quattro: a qual dio dobbiamo sacrificare con l'oblazione?

39-40. [Il dio] che dà l'anima, che dà la forza, di cui tutti, anche gli dei, venerano l'insegnamento, per cui l'immortalità e la morte 9 sono [soltanto] un'ombra: a qual dio dobbiamo sacrificare con l'oblazione?

41-42. [Il dio] che, con la potenza, dicono che signoreggi le [montagne] coperte di neve, e l'oceano insieme con il fiume Rasa 10, [il dio] le cui braccia sono le regioni celesti: a qual dio dobbiamo sacrificare con l'oblazione?

43-44. [Il dio] verso cui guardano le due masse sostenute dalla [sua] protezione, tremanti nell'intimo 11, [il dio] sul quale [fondandosi] il sole si diffonde al levarsi: a qual dio dobbiamo sacrificare con l'oblazione ?

45-46. [Il dio] da cui il cielo possente e la terra furono fissati, da cui furono puntellati il sole e la volta celeste, [il dio] che nell'atmosfera misura lo spazio: a qual dio dobbiamo sacrificare con l'oblazione ?

47-48. Quando le grandi acque [cosmiche] ricevettero l'intelligenza universale 12 dando origine a Agni, allora sorse [Prajapati] unico principio di vita degli dei: a quale dio dobbiamo sacrificare con l'oblazione?

49-50. [Il dio] che, con la potenza, vide le acque [primordiali] quando ricevettero l'intelligenza universale dando origine a Agni, il dio supremo che tra gli dei era l'unico: a qual dio dobbiamo sacrificare con l'oblazione?

"51-52. Egli è il dio che è per tutte le regioni celesti, per primo nacque dentro l'embrione [d'oro], in varie forme nasce e nascerà; il suo viso è volto indietro, il suo viso è volto verso tutte le direzioni."

"53-54. Da ogni parte guarda, in ogni parte si rivolge, le mani agiscono dappertutto, così i piedi; con le braccia, con le ali piega cielo e terra, dando [così loro] origine, egli, l'unico dio."

55-56. Egli è il Vena 13 che vede [ogni cosa], che conosce tutte le creature, nel quale tutto l'universo si ritrova come nel nido comune, in lui questo mondo unico si forma e si distrugge, egli è intessuto, onnivadente, in [tutte] le creature.

57-58. Il gandharva che conosce l'ambrosia riveli la parola celata nel mistero! Tre quarti sono celati nel mistero: chi sa ciò può diventare padre del sole 14!

"59-60. Egli è il nostro amico, il padre, il distributore, egli conosce le funzioni e tutti gli esseri; [egli conosce il luogo] dove gli dei, nel terzo [mondo], gustando l'ambrosia, ottennero le [loro] funzioni."

"61-62. [Colui che sa] immediatamente conquista cielo e terra, i [tre] mondi, le regioni celesti e la [regione della] luce; dopo aver dipanato la trama dell'ordine cosmico, ha visto il Tat, è diventato il Tat [presente] in [tutte] le creature."

63-64. Dopo aver percorso i [tre] mondi, veduto [tutte] le creature, percorso tutte le regioni e i quarti del cielo, Prajapati, primo nato dell'ordine cosmico, da se stesso (= per la propria potenza) è diventato l'anima del mondo.

II 15

65-66. Ad [Agni,] meraviglioso signore dell'assemblea rituale, al caro amico di Indra, ho domandato come grazia la saggezza.

67-68. Ardi, o Agni, allontanando da me l'annientamento, portami bestiame, mezzi di vita, le varie regioni dello spazio!

69-70. O Agni, il mondo non faccia del male alle vacche, ai cavalli, ai servi [nostri] ! Vieni, o Agni, tu che porti [la luce] ! Avvolgimi con lo splendore!

III

71. Noi desideriamo conoscere il [mistero del] Purusa. Meditiamo sul [mistero del] grande dio dai mille occhi! Rudra ci riveli il Tat!

72. Noi desideriamo conoscere il [mistero del] Purusa. Meditiamo sul grande dio! Rudra ci riveli il Tat!

73. Noi desideriamo conoscere il [mistero del] Purusa. Meditiamo sul [dio Ganesa] dalla proboscide curva! L'elefante ci riveli il Tat!

74. Noi desideriamo conoscere il [mistero del] Purusa. Meditiamo su Cakratunda (Nandikesvara, aiutante di Siva)! Nandin ci riveli il Tat!

75. Noi desideriamo conoscere il [mistero del] Purusa. Meditiamo su [Skanda] dal grande esercito! Colui che ha sei volti ci riveli il Tat!

76. Noi desideriamo conoscere il [mistero del] Purusa. Meditiamo su [Garuda] dalle ali d'oro! Garuda ci riveli il Tat!

77. Noi desideriamo conoscere [il mistero di] colui che è l'anima dei Veda. Meditiamo sull'embrione d'oro! Il Brahman ci riveli il Tat!

78. Noi desideriamo conoscere [il mistero di] Narayana. Meditiamo sul dio che possiede i tesori! Visnu ci riveli il Tat!

79. Noi desideriamo conoscere il [mistero del] dio dalle unghie di diamante. Meditiamo sul [dio] dalle acute zanne! L'uomo
leone (quinto avatara di Visnu) ci riveli il Tat!

80. Noi desideriamo conoscere il [mistero del dio] splendente. Meditiamo sul [dio] che genera la grande luce! Il sole ci riveli il Tat!

81. Noi desideriamo conoscere [il mistero di Agni] comune a tutti gli uomini. Meditiamo su Agni! Agni ci riveli il Tat!

82. Noi desideriamo conoscere [il mistero di] Katyayani. Meditiamo sulla dea fanciulla! Durga ci riveli il Tat!

IV 16

83-84. La dea che è la prima tra mille, che ha cento radici e cento boccioli, l'erba durva che distrugge gli incubi, porti via ogni mio peccato 17.

85-86. Tu che t'accresci stelo su stelo, nodo su nodo, del pari, o durva, fa che noi duriamo per cento, per mille [generazioni] .


87-88. Tu che fai durare, che prolunghi [la nostra discendenza] per cento, per mille [generazioni]: o dea, o mattone [fatto di erbe], vogliamo onorarti con un'oblazione.

89-90. O tu che sei percorsa da cavalli, che sei percorsa da carri, che sei percorsa da Visnu, tu sei la [terra] portatrice di ricchezze! Ti onorerò con deferenza, ad ogni passo proteggimi 18!

91-92. Tu sei la terra, la vacca lattifera, tu sorreggi, tu porti il mondo, tu sei stata sollevata dal nero cinghiale dalle cento zampe!

93-94. O argilla, distruggi il mio peccato, ciò che io ho commesso di male! O argilla, tu fosti concessa dal Brahman e consacrata da Kasyapa 19.

95-97. O argilla, donami la ricchezza, in te tutto è riposto. O argilla così stabilita, ogni [colpa] da me allontana e io andrò alla dimora suprema con il male distrutto da te!

98-99. O Indra, rendici coraggiosi di fronte a ciò di cui noi abbiamo paura! O generoso, sforzati per proteggerci in questo [rito]. Distruggi i nemici, disperdi gli avversari!

100-101. Datore di felicità, capo della [nostra] tribù, uccisore di Vrtra, vittorioso sui nemici: Indra, il toro, marci alla nostra testa, [il dio] che dà la felicità, che libera dalla paura!

102-103. Ci benedica Indra, dalla grande gloria! Ci benedica Pusan, signore di tutti i tesori! Ci benedica Garuda, il cui passo nessuno può arrestare 20! Ci benedica Brhaspati!

104-105. Il soma dà coraggio quando lo si sia bevuto, sgorga spumeggiando, è uno scrosciante [fiume], è un potente guerriero, esso che è spremuto dai viticci. Tutti gli arbusti e le piante, che [pur] son cose simili, non ingannarono Indra 21.

"106-107. Il Vena ha scoperto dal bordo splendente il Brahman che nasce per primo all'oriente; ne ha rivelato le forme basilari, le più vicine [e in esso ha visto] la fonte dell'essere e del non essere 22."

108-109. O terra, sii propizia, senza spine, aperta! Concedi a noi la tua larga protezione!

110-112. [La terra] che si riconosce dal profumo, inaccessibile, sempre fausta, ricca di concime, signora di tutte le creature: io la prego per [ottenere] felicità. Mi tocchi la buona fortuna e la mia cattiva sorte svanisca!

113. In verità, gli dei capeggiati da Visnu con i loro inni hanno conquistato questi mondi, sì che non possono più perderli.

114-115. Il grande Indra che ha per braccio la folgore, che ha [la coppa chiamata] Sodasin, [ci] conceda la protezione! Il liberale ci dia la benedizione e uccida chi ci odia.

116-117. O Brhaspati, rendi [me], che spremo cantando il soma, simile a Kaksivat figlio di Usij 23! E un corpo inerte, [come] in conseguenza dell'impurità rituale, tocchi a colui che ci odia!

118-119. La condotta tradizionale è un filtro disteso, purificati dal quale si va oltre il male. Purificati da questo filtro puro possiamo noi superare il nemico, il male!

120-121. O Indra, tu che stai insieme, congiunto, con i Marut, bevi il soma, o eroe, o vincitore di Vrtra, tu che [lo] conosci! Uccidi i nemici, disperdi gli avversari, concedici la sicurezza da ogni parte!

122-123. Le acque, le piante ci siano amiche! E siano ostili a colui che ci odia e a colui che noi odiamo!

124-125. Acque, siate di conforto! Teneteci sotto la [vostra] protezione, per [poter ottenere] grande gioia e splendore!

126-127. Del vostro liquido benefico a noi date parte come madri amorose [che offrono il proprio latte].


128-129. Noi vogliamo metterci a disposizione di colui per [raggiungere] la cui dimora voi ci ristorate, o acque, e ci date [nuova] vita 24!

130. Io mi rifugio presso Varuna dal corno d'oro! Pregato [da me], concedimi una via di salvezza!

131-133. Se io ho mangiato delle cose impure, se ho accettato doni da malvagi, se ho agito male in pensiero, parole, opere, Indra, Varuna, Brhaspati e Savitar mi purifichino ancora e sempre.

134. Onore ad Agni, che brilla nelle acque! Onore a Indra, onore a Varuna! Onore a Varuni! Onore alle acque!

135. La furia, l'impurità, l'irrequietezza delle acque: [tutto] questo svanisca!

136-137. [Il male che ho fatto] mangiando troppo, bevendo troppo, impadronendomi con la violenza dei beni [altrui], [tutto] ciò il re Varuna allontani da me con la mano!

138-140. Senza peccato, senza passioni, emancipato, libero da colpe, salito nel più alto cielo possa io abitare insieme con il Brahman! E Varuna che sta nelle acque mi purifichi, egli che toglie ogni sozzura!

141-142. O Gange, o Yamuna, o Sarasvati, o Sutudri insieme con la Parusni, accogliete questo mio inno di lode! O Marudvrdha insieme con l'Asikni e la Vitasta, o Arjikiya insieme con la Susoma, ascoltate!

"143-144. L'ordine cosmico e la verità nacquero dal tapas acceso 25; da esso nacque la notte, da esso l'oceano ondoso."

"145-146. Dall'oceano ondoso nacque l'anno; [questo] sovrano di ogni cosa che batta le palpebre divise il giorno e la notte."

147-148. Il dispensatore creò per ordine il sole e la luna, il cielo e la terra, lo spazio etereo e la luce.

149-151. Da quelle macchie che son nella terra, nel cielo, nell'atmosfera, da queste Varuna, purificatore del peccato, i veggenti, gli dei liberino la terra, il cielo, le acque!

152-155. Colui che nel mezzo dell'universo è il guardiano dell'universo, [Varuna che concede] i mondi puri, la [luce] aurea della morte, la luce dorata che domina il cielo e la terra, ci conceda [quei mondi e quella] luce!

156-158. L'acqua rifulge e io sono luce. La luce risplende e io sono il Brahman. Io, quale io sia, sono il Brahman! Sì, sono il Brahman, il Brahman io sono! In verità, io offro me stesso in libagione! Svaha!

159-160. C'è il peccatore che infrange il voto della castità, che ruba, che uccide un brahmano, che viola il talamo del maestro e c'è Varuna [, signore] delle acque, che purifica dal peccato: e per opera sua che si è liberi dalla colpa.

"161-163. ""Tu che dimori nello spazio etereo, non fare che io pianga!"": così dicono i saggi. [Simile all']oceano, al momento della creazione originaria il soma risonò generando le creature, esso, il re dell'universo. Esso sta sul filtro di lana, come un toro sul dorso [della vacca]: il soma, che è il succo spremuto, ha acquistato grande forza 26."

V 27

164-165. Spremiamo il soma per Agni, che bruci le ricchezze di chi è nemico! Agni faccia che noi passiamo oltre ogni difficoltà e pericolo, come con una barca [si passa] oltre un fiume.

166-167. Io ho cercato rifugio presso la dea Durga, dal color del fuoco, che riluce di splendore, la [dea] solare che si compiace dei frutti dell'azione. Onore, perché [ci] guidi in una fausta traversata.

168-169. O Agni, di nuovo con le [tue] benedizioni portaci oltre tutte le difficoltà. Sii per noi una fortezza ampia, poderosa, spaziosa. Felicità e benessere alla [nostra] discendenza!

170-171. Fa che noi passiamo, o Agni, oltre ogni difficoltà e pericolo, come con una barca [si passa] oltre un fiume! Invocato con riverenza come da Atri 28, sappi essere, o Agni, il protettore dei nostri corpi.

172-173. Invochiamo Agni, vittorioso in battaglia, il signore della vittoria, il terribile, [perché discenda] dalla dimora altissima! Agni, il dio, faccia che noi passiamo oltre ogni difficoltà! Agni resista al pericolo!

174-175. Tu che sei l'antico, da onorarsi nei sacrifici, il hotar eternamente giovane, su qual [seggio] ti assidi? O Agni, ristora il tuo corpo e procura a noi il benessere!

176-177. O Indra, tu ti sei impadronito del dolce [latte] sparso dalle vacche. Possiamo noi andare insieme, dietro di te, fino al [cielo di] Visnu, culmine del firmamento, abitazione comune di Visnu [e dei suoi fedeli]. Si possa godere [questa gioia futura già] qui nel mondo!

178-180. Bhuh è il cibo. Al fuoco, alla terra, Svaha! Bhuvah, è il cibo. Al vento, all'atmosfera, Svaha! Suvar è il cibo. Al sole, al cielo, Svaha! Bhuh, Bhuvah, Suvar sono il cibo. Alla luna, alle regioni celesti, Svaha! Onore agli dei! Per i Mani, Svaha! Bhuh, Bhuvah, Suvar! Il cibo! Om 29!

181-183. Bhuh,! Al fuoco, alla terra, Svaha! Bhuvah! Al vento, all'atmosfera, Svaha! Suvar! Al sole, al cielo, Svaha! Bhuh, Bhuvah, Suvar! Alla luna, alle regioni celesti, Svaha! Onore agli dei! Ai Mani, Svada! Bhuh, Bhuvah, Suvar! Il fuoco! Om!

184-186. Bhuh! Al fuoco e alla terra e alla grandezza, Svaha! Bhuvah! Al vento e all'atmosfera e alla grandezza, Svaha! Suvar! Al sole e al cielo e alla grandezza, Svaha! Bhuh, Bhuvah, Suvar! Alla luna, e alle costellazioni e alle regioni celesti e alla grandezza, Svaha! Onore agli dei! Ai Mani, Svaha! Bhuh, Bhuvah, Suvar! La grandezza! Om!

187-188. Proteggici dal peccato, o Agni! Svaha! Proteggici, tu che conosci tutto, Svaha! Proteggi il sacrificio, o tu che sei ricco di splendore, Svaha! Proteggi l'universo, tu che hai celebrato cento sacrifici, Svaha!

189-190. Proteggici, o Agni, per effetto della prima [invocazione], proteggici per effetto della seconda, proteggi il [nostro] vigore con la terza, o dio, proteggi per effetto della quarta invocazione, Svaha!

191-193. L'eccelso tra i metri vedici, che, assumendo ogni forma, è penetrato nei metri [partendo] dai metri, Indra primigenio, potente [dio] dei buoni, ha parlato: [questa è] la dottrina segreta. Onore alla [forza di] Indra, ai veggenti, agli dei. Ai Mani, Svadha! Bhuh, Bhuvah, Suvar! Il metro vedico! Om !

194-195. Onore al Brahman! La mia memoria sia senza debolezze! Possa io ricordare ciò che è stato udito dalle orecchie! Non uccidere in me [la memoria] ! Om!

196-198. L'ardore è l'ordine cosmico, l'ardore è la verità, l'ardore è la tradizione sacra, l'ardore è la pace raggiunta, l'ardore è il controllo interiore, l'ardore è la tranquillità, l'ardore è la generosità, l'ardore è il sacrificio. Bhuh, Bhuvah, Suvar! Dopo che si è così adorato il Brahman, questa [adorazione] è l'ardore.

"199-200. Come d'un albero fiorito va lontano il profumo, così lontano si diffonde il profumo del retto agire; come ci si avventura [con prudenza] su una lama di spada posta su un fossato pensando: ""Se oscillerò di qua o di là cadrò nel fossato"", del pari si stia in guardia dal peccato."

VI 30

201-202. Più piccolo del piccolo, più grande del grande, l'Atman è posto nel segreto della creatura. Chi è libero da angoscia, costui, per la grazia del creatore, ravvisa in questo [Atman] che è inattivo, il signore e la sua maestà.

203-204. Da lui derivano i sette prana 31, le sette fiamme, il combustibile, le sette lingue, i sette mondi dove si muovono i prana, che stanno nell'intimo [di ognuno] disposti a sette a sette.

205-206. Da lui [procedono] gli oceani e tutte le montagne, [originati] da lui scorrono i fiumi di ogni tipo, da lui [provengono] tutte le piante e la linfa vitale, da lui originata è la nostra anima interiore.

207-208. Brahma tra gli dei, guida tra i poeti, veggente tra i sacerdoti, bufalo tra gli animali, aquila tra i rapaci, [fortissimo come ferro di] ascia tra gli alberi, il soma attraversa il filtro scrosciando.

209-210. Un aja monta godendo una aja rosso
bianconera, che ha generato molta prole della sua stessa natura. Un altro aja la lascia, poiché ne ha già goduto 32.

"211-212. [L'Atman è il sole che è come un] cigno nel puro cielo, è dio nell'atmosfera [come folgore], è sacerdote presso l'altare, è ospite nella casa; risiede nell'uomo, risiede nello spazio infinito, nell'ordine cosmico, nel firmamento. È figlio delle acque, figlio della vacca [primordiale], figlio dell'ordine cosmico, figlio del monte, è il grande ordine cosmico."

213-214. Si è mescolato il burro. Il burro è la matrice, è posto nel burro, il burro è la sua casa. O Agni, in piena autonomia conduci [gli dei] ! Sii felice! O toro, conduci l'oblazione accompagnata dallo Svaha!

215-216. L'onda del miele è salita dall'oceano e con gli steli [del soma] ha raggiunto l'immortalità, che è il nome segreto del burro sacrale, [detto anche] lingua degli dei, ombelico dell'universo 33.

217-218. Noi vogliamo celebrare il nome del burro: in questo sacrificio vogliamo sostener[lo] con l'omaggio. Il sacerdote brahman ascolti il [nome] rivelato: il bufalo dalle quattro corna l'ha emesso.

"219-220. Quattro sono le sue corna, tre i piedi, due le teste, sette le sue mani; legato tre volte il toro muggisce: il gran dio è penetrato tra i mortali."

221-222. Foggiato in tre modi, nascosto dai Pani, il burro gli dei l'hanno scoperto nella vacca. Indra ne ha generato una parte, il sole un'altra, una terza l'estrassero con la [propria] potenza dal [poeta] veggente.

223-224. Rudra, il gran saggio, che al principio, prima degli dei, vide tutti i pensieri, [vide] la nascita dell'embrione d'oro, il dio ci fornisca d'una salda memoria.

"225-226. Nulla esiste che sia al di là di lui, nulla che stia al di qua, nulla è più piccolo, nulla è più grande; egli soltanto, fermo come un albero, si erige nel cielo; tutto è compenetrato da questo essere."

227-228. Alcuni hanno ottenuto l'immortalità non con l'opera sacrificale, non con la discendenza, non con la ricchezza, ma con la rinuncia. [Soltanto] gli asceti penetrano questo [mistero] luminoso, posto nel segreto al di là del cielo.

229-230. Coloro che hanno come scopo ben determinato di conoscere la verità dei Veda, gli asceti che si sono purificati praticando la rinuncia, costoro, al momento della morte, del tutto immortali sono liberi nel mondo del Brahman.

231-232. La ninfea che sta nel mezzo della cittadella [del corpo], piccola, libera dal male, dimora del supremo [Brahman], e lo spazio etereo che si trova dentro di essa, piccolo, libero da angosce: questo bisogna venerare.

233-234. Il suono [Om], che è pronunciato all'inizio dei Veda ed è posto anche alla fine dei Veda, che è al di là di ciò che è coinvolto nella dissoluzione della natura, è il signore supremo.

235-236. [Invochiamo] il dio dalle mille teste, il dio che tutto vede, che a tutti dà la prosperità, Narayana, il dio universale, eterno, la parola suprema,

237-238. Narayana sommo sotto ogni riguardo, eterno, signore universale. Tutto questo universo è quell'essere, tutto ha qui il fondamento.

239-240. [Invochiamo] il signore di tutto, il signore dell'anima, l'eterno, benefico, immobile, Narayana degno di essere conosciuto, anima di tutte le cose, meta suprema.

241-242. Narayana è la suprema luce, è l'anima, Narayana è il sommo! Narayana è la suprema, intima essenza del Brahman, Narayana è il sommo!

243-244. Narayana è il meditante supremo ed è la meditazione. Narayana è il sommo! E tutto questo universo che si vede o che si ode,

245-246. tutto, interiormente ed esteriormente, Narayana l'ha compenetrato e vi risiede. [Invochiamo] il poeta infinito, eterno, che arriva fin dove [arriva] l'oceano, che a tutti dà la prosperità.

247-248. Simile a un calice di ninfea, il cuore, rivolto verso il basso, si trova una spanna sotto la nuca e [una spanna] sopra l'ombelico.

"249-250. Risplende, incoronato di fiamme, esso che è il grande santuario del tutto; circondato dalle vene, pende, simile a un calice [di ninfea]."

251-252. Nel suo interno c'è una piccola cavità: in essa tutto [l'universo] è fondato, dentro di essa c'è un grande fuoco, una fiamma universale [che brilla] in ogni parte.

"253-254. Esso è il sole, il veggente non soggetto a vecchiezza, che, [lì] posto, ripartisce il cibo; esso [lì] giace, ma i suoi raggi si diffondono per traverso, in alto, in basso."

255-256. [Il cuore-sole] riscalda il suo corpo dalla pianta dei piedi fino alla testa: nel suo intimo è posta la fiamma del fuoco, che, piccola, s'innalza,

257-258. risplendente come il lampo [che sorge] dal seno della scura nube, sottile come la barba della spiga del riso, gialla, rilucente, grossa come un atomo.

259-260. Nel centro di questa fiamma è riposto l'Atman supremo: esso è Brahma, è Siva, è Hari, è Indra, è l'immortale, è il supremo sovrano 34!

261-262. In verità, è il sole questo disco che qui riscalda, è il complesso degli inni sacri, è la raccolta degli inni sacri, è il mondo degli inni sacri. E quanto alla fiamma che riluce nel disco, sono le melodie, è il mondo delle melodie.

263-264. E l'essere che è nella fiamma [che arde] nel disco è il complesso delle formule sacrificali, è la raccolta delle formule sacrificali, è il mondo delle formule sacrificali. E questo essere d'oro che brilla dentro il sole in verità è la triplice scienza.

265-266. Il sole in verità è lo splendore, il vigore, la forza, la gloria, è l'occhio, è l'orecchio, è l'anima, è il pensiero, è la volontà, è Manu, è Mrtyu, Satya (nome di vari esseri divini), Mitra, Vayu, è lo spazio etereo, è il soffio vitale, è il guardiano dei mondi, è Ka, è Kim 35,

"267-268. è la felicità, è il Tat, è la verità, il cibo, l'ambrosia, è la vita, è l'universo, è la beatitudine suprema, è l'essere esistente per se stesso. Quando si dice che l'anno è Prajapati, [si vuol dire che] è il sole; il personaggio [che è nel sole] è il sovrano di [tutte] le creature."

269. Ottiene di congiungersi, di vivere insieme con il Brahman, ottiene di congiungersi, di eguagliare, di vivere insieme con gli dei colui che così sa. Questa è l'Upanisad.

VII 36

270-273. Onore al signore della distruzione! Onore a colui che pone termine alla distruzione! Onore al dio che si volge in alto! A colui che ha per caratteristica di volgersi verso l'alto! Onore a colui che è l'oro! A colui che ha per caratteristica di essere l'oro! Onore a colui che è il bel colore! A colui che ha per caratteristica di essere il bel colore! Onore a colui che è la vita! A colui che ha per caratteristica di essere la vita! Onore all'Arciere! A colui che ha per caratteristica di essere l'Arciere!

274-276. Onore a Siva! A colui che ha per caratteristica di essere Siva! Onore a colui che è una fiamma! A colui che ha per caratteristica di essere una fiamma! Onore a colui che è l'Atman! A colui che ha per caratteristica di essere l'Atman! Onore al Supremo! A colui che ha per caratteristica di essere il Supremo! Questa [litania] che considera tutte le caratteristiche, [applicabile anche] a Soma e a Surya, utilizza come mezzo di purificazione la mano e le formule 37.

277-278. Io mi rifugio presso colui che sempre rinasce. Onore, onore a colui che sempre rinasce! Io sono, io sono, io non sono eccellente! Assistimi! Onore a colui che è l'origine dell'esistenza!

279-281. Onore al dio della prosperità! Onore all'antico, all'ottimo, a Rudra! Onore a colui che è il Tempo! Onore a colui che pone fine al tempo! Onore a colui che è la forza! Onore a colui che pone fine alla forza! Onore a colui che vince la forza! Onore a colui che vince tutte le creature! Onore a colui che esalta lo spirito!

282-283. Onore alle tue forme terrifiche e a quelle non terrifiche, o Arciere, a quelle contemporaneamente terrifiche e non terrifiche, a tutte e sempre, o Rudra!

284. Noi desideriamo conoscere il [mistero del] Purusa. Meditiamo sul grande dio! Rudra ci riveli il Tat!

285-286. Signore di tutte le scienze, signore di tutte le creature, signore della preghiera, signore della formula sacrificale: Brahma mi sia propizio, infatti egli è sempre propizio Om!

287-288. Onore a colui che ha il braccio d'oro, che è del color dell'oro, che ha l'aspetto aureo, che è il signore dell'oro. Al consorte di Ambika, al consorte di Uma, al signore degli animali, onore, onore!

289-290. Questo essere nero
bruno, votato alla castità, dai molti occhi [noi l'onoriamo come fosse] l'ordine, la verità, il Brahman. Onore a lui, che ha tutte le forme!

291-292. Rudra in verità è tutto: onore a Rudra! Rudra è lo spirito sommo, è il bene, è la grandezza. Onore, onore!

293-294. L'universo intero, il vario mondo, ciò che in varia guisa nacque e ancora nasce: Rudra è tutto. Onore a Rudra!

295-296. A Rudra, generoso, preveggente, potente, quale preghiera potremo rivolgere che sia gradita al cuore? Rudra è l'intero universo: Onore a Rudra!

297-298. Per colui che usa un cucchiaio di legno speciale per l'oblazione al fuoco, le oblazioni sono ben fondate e [saranno] di poi ben fondate.

299-300. Del [tuo] splendore fa come un'ampia rete! Avanza, simile a un re potente per il corteggio! Tu che t'affretti dietro l'avida rete, sei l'arciere: colpisci i demoni con i [dardi] più ardenti 38!

"301-302. Le tue [fiamme] ondeggianti volano rapidamente; tu che brilli vivamente, afferra [i demoni] con forza!"

Tu che sei libero da ogni legame lancia con la lingua [frecce] ardenti in tutte le direzioni, le faville [che son come] uccelli!

303-304. Invia le tue spie, tu che sei il più veloce! Sii per la nostra tribù un guardiano non mai ingannato! Chi ci vuol male, da vicino o da lontano, non giunga mai sul tuo cammino, o Agni!

305-306. Alzati, o Agni, tendi [l'arco] contro i nemici, riducili in cenere, o tu dai dardi acuti! O tu che ti accendi, abbatti e brucia, come un cespuglio secco, colui che ci ha fatto del male!

307-308. Levati, caccia lontano da noi [i nemici] ! Palesa, o Agni, le divine qualità! Distruggi la resistenza di costoro che son posseduti dai demoni! Uccidi i nemici, siano essi o no del nostro sangue!

"309-311. Aditi [comprende] gli dei, i gandharva, gli uomini, i Mani, i demoni: di tutte queste creature è la madre, essa, la pingue, la grande, la maestosa, l'incitatrice, la risonante, la mobile, la vasta, la distesa, essa che è tutti gli esseri. Quando gli fu domandato: ""Come è, chi è?"", la risposta di Vasistha fu: ""Essa è la veritiera, l'immortale""."

312-316. Le acque in verità sono questo intero universo, le acque sono tutte le creature, le acque sono i soffi vitali, le acque sono le bestie, sono il cibo, sono l'ambrosia, le acque sono la regalità universale, sono la regalità individuale, sono la regalità autonoma, le acque sono i metri, sono le luci, sono le formule sacrificali, le acque sono la verità, sono l'insieme delle divinità. Bhuh, Bhuvah, Suvar! Le acque! Om!

VIII 39

317-318. Le acque purifichino la terra e la terra, purificata, mi purifichi! [Le acque e] il signore del Brahman purifichino [la terra e la terra] purificata dal Brahman mi purifichi!

319-320. Se [ho mangiato] dei resti che non dovevano essere mangiati, se ho compiuto qualche mancanza, se ho accettato il dono degli empi, le acque mi purifichino da tutto! Svaha!

321-322. Agni e Manyu (dio dell'ira) e i signori dell'ira mi guardino dai peccati commessi per ira. Il peccato di giorno commesso con la mente, con la parola, con le mani, con i piedi, con il ventre, con il sesso, il giorno lo cancelli!

323. E ciò che di male è in me, questo io l'offro in oblazione e me stesso [offro] nella matrice dell'ambrosia, nella verità, nella luce! Svaha!

324-325. Il sole e Manyu e i signori dell'ira mi guardino dai peccati commessi per ira. Il peccato di notte commesso con la mente, con la parola, con le mani, con i piedi, con il ventre, con il sesso, la notte lo cancelli!

326. E ciò che di male è in me, questo io l'offro in oblazione e me stesso [offro] nella matrice dell'ambrosia, nel sole, nella luce! Svaha!

327-328. Om: questo [mantra costituito d'una] sola sillaba rappresenta il Brahman: la divinità è Agni, lo rsi è il Brahman, l'uso è per ottenere l'identità, la comunione con lo spirito supremo.

329-330. Venga la dea che esaudisce i desideri! [Venga il mantra Om] che equivale all'imperituro Brahman! La gayatri è la madre di tutti i metri: godi di questa mia preghiera.

331-333. Il peccato commesso di giorno, dal giorno è cancellato. Il peccato commesso di notte, dalla notte è cancellato. O gran dea che possiedi ogni colore, o Sarasvati, o tu che conosci la scienza delle sandhya 40,

334-335. tu sei l'energia, sei la potenza, sei la forza, sei lo splendore! Tu sei il nome e la funzione degli dei, sei l'intero universo, sei la vita universale di tutti, sei la vita dell'universo! Sei la vincitrice [del male] ! Om! Io invoco la gayatri, invoco la Savitri' invoco Sarasvati, invoco i veggenti del Veda, invoco Sri!

336-337. Della gayatri, gayatri è il metro, Visvamitra è lo rsi, Savitar è la divinità, Agni è la bocca, Brahma è la testa, Visnu è il cuore, Rudra è la crocchia dei capelli, la terra è la matrice.

"338-339. Dotata dei cinque soffi vitali, prana, apana, vyana, udana, samana, la gayatri è di color bianco, appartiene alla stessa famiglia di Samkhyayana 41, ha ventiquattro sillabe, tre parti, sei cavità, cinque teste; il suo uso si ha durante l'iniziazione."

340. Om equivale a Bhuh, a Bhuvah, a Suvar! Om è la grandezza, Om è l'uomo, Om è il tapas, Om è la verità!

341. Om equivale alla formula della savitri: Meditiamo sul desiderabile splendore del dio Sole, che dia impulso alle nostre menti!

342. Om è [la formula detta siromantra]: Le acque, la luce, il succo, l'ambrosia, il Brahman! Bhuh, Bhuvah, Suvar! Om 42!

343-344. O tu che sulla terra sei nata sulla cima più alta, sulla sommità della montagna, tu sei stata lasciata libera dai brahmani! Va' dunque, o dea, come più t'aggrada.

345-346. Io ti ho lodato, tu sei la dea che concede grazie, sei la madre dei Veda e due volte nata stimoli nel fuoco [le nostre energie]. La dea se ne torni nel mondo del Brahman, dopo avermi concesso lunga vita sulla terra, ricchezza, splendore brahmanico!

347-349. Il sole ardente è [il primo degli] Aditya, il [suo] splendore effonde [l'essenza] imperitura. Essi versano miele, esso è il succo e il succo è la verità! Le acque, la luce, il succo, l'ambrosia, il Brahman! Bhuh, Bhuvah, Suvar! Om!

350. Mi tocchi il Brahman! Mi tocchi il miele! Mi tocchino il Brahman e il miele!

351. Nei [tuoi] confronti io sono per te quello che è un fanciullo [indifeso], o Soma che distruggi gli incubi, o irresistibile! Io offro in libagione quei soffi vitali che [in realtà] sono tuoi, o Soma!

352-353. Colui che dà a un brahmano questo [mantra chiamato] Trisuparna senza che sia domandato, costui cancella la colpa d'aver ucciso un brahmano. Quei brahmani che recitano il Trisuparna ottengono il soma, purificano la loro discendenza fino al millesimo grado.

354. Om! Con la saggezza [s'ottiene] il Brahman, con la saggezza il miele, con la saggezza, in verità, [s'ottengono] miele e Brahman!

355-356. Oggi, o divino Savitar, procuraci il beneficio d'aver dei figli! Caccia lontano l'incubo! O divino Savitar caccia lontano tutti i mali e portaci ciò che è fausto!

357. Miele [portano] i venti a chi è puro, miele versano i fiumi. Ricche di miele siano per noi le piante!

358-359. La notte e l'aurora siano miele! Ricca di miele sia la superficie terrestre! Miele sia per noi il padre cielo! L'albero sia ricco di miele, ricco di miele il sole, ricche di miele siano per noi le vacche!

360-361. Colui che dà a un brahmano questo [mantra chiamato] Trisuparna senza che sia domandato, costui cancella la colpa d'aver procurato un aborto. Quei brahmani che recitano il Trisuparna ottengono il soma, purificano la loro discendenza fino al millesimo grado.

362. Om! Con la saggezza s'ottiene il Brahman, con la saggezza il miele, con la saggezza, in verità, s'ottengono miele e brahman!

363-364. Brahma tra gli dei, guida tra i poeti, veggente tra i sacerdoti, bufalo tra gli animali, aquila tra i rapaci, [fortissimo come ferro di] ascia tra gli alberi, il soma attraversa il filtro scrosciando (= 207-208).

"365-366. [L'Atman è il sole che è come un] cigno nel puro cielo, è dio nell'atmosfera [come folgore], è sacerdote presso l'altare, è ospite nella casa; risiede nell'uomo, risiede nello spazio infinito, nell'ordine cosmico, nel firmamento. È figlio delle acque, figlio della vacca primordiale, figlio dell'ordine cosmico, figlio del monte, è il grande ordine cosmico"
( = 211-212).

367. Per l'inno ti [onoriamo], per lo splendore ti [onoriamo] !

368-371. I canti, simili a fiumi, scorrono tranquillamente, purificandosi interiormente nel cuore, nella mente. Io considero i rivoli del burro sacrificale: nel loro mezzo c'è un'aurea canna nel quale giace l'aquila che produce il miele distribuendolo agli dei. Intorno a essa stanno sette bionde [lingue di fuoco], che versano a piacer loro rivoli d'ambrosia 43.

372-373. Colui che dà a un brahmano questo [mantra chiamato] Trisuparna senza che sia domandato, costui cancella la colpa consistente nell'uccisione d'un nobile. Quei brahmani che recitano il Trisuparna ottengono il soma, purificano la loro discendenza fino al millesimo grado.

374-375. Gradendo [il nostro inno] è venuta a noi la divina saggezza, Visvaci benevola, ben disposta. Favoriti da te, favorendoti [a nostra volta, lasciando] da parte i cattivi discorsi, noi vogliamo proclamare l'alta [parola], [divenuti per tua grazia] esperti nelle scienze.

376-377. Favoriti da te si diventa poeti, o dea, si ottiene la qualità di brahman, si diventa felici! Favoriti da te si trova un ricco tesoro! Favoriscici [colmandoci] di ricchezze, o saggezza!

378-381. Indra mi dia la saggezza! La divina Sarasvati mi dia la saggezza. Mi concedano la saggezza i due Asvin dalle corone di ninfee e quella tra le apsaras che è la saggezza stessa e quello tra i gandharva che è lo spirito. La saggezza,
la divina Sarasvati dal dolce profumo mi sia favorevole! Svaha!

382-383. Vieni a me tu che sei la saggezza, che hai soave profumo, che assumi tutti gli aspetti, che hai il color dell'oro, [sempre] attiva! Forte, ricca di latte, la saggezza dal volto augurale mi sia benigna!

384-386. Agni mi conceda la saggezza, la discendenza, la sua luce! Indra mi conceda la saggezza, la discendenza, la [sua] luce! Surya mi conceda la saggezza, la discendenza, la [sua] luce!

IX 44

387-388. S'allontani la morte, ci tocchi l'immortalità! Il sole ci conceda la sicurezza! Come la chioma d'un albero, la prosperità si stenda su di noi! Che Indra ci sia amico!

"389-390. O morte, segui un altro cammino, quello che è tuo, che è diverso dalla via degli dei [donde non si ritorna] ! A te che osservi, che ascolti [tutti noi] io dico: ""Non colpire la nostra progenie, non [colpire] gli uomini!""."

391-392. Con il pensiero noi afferriamo il vento, il respiro, Prajapati che è il custode dell'universo. Ci protegga dalla morte, ci difenda dal peccato! Dotati di lunga vita, possiamo noi giungere alla vecchiezza!

393-394. O Brhaspati, tu hai portato la liberazione dall'al di là che appartiene a Yama, [ci hai liberato] dalla maledizione. Gli Asvin, medici degli dei, hanno allontanato la morte da me con tutte le loro forze, o Agni!

395-396. Gli dei seguono Hari che toglie ti peccati], è signore di tutto, è il dominatore dei pensieri. Il Brahman, che è simile a lui, mi segua! Non distruggere la strada! Avanza!

397-398. Attizzando il fuoco con i trucioli, possa io ottenere i due mondi! Avendo raggiunto la fortuna nei due mondi, io passo oltre la morte!

399-400. O morte, non colpire, non uccidere! Non togliermi, non levarmi il vigore! Non colpir la mia prole, o poderosa, non la vita e noi t'onoreremo con un'oblazione, tu che vedi gli uomini!

401-402. Non colpire di noi né chi è grande, né chi è piccolo, né chi cresce, né chi è già cresciuto, né il padre, né la madre, o Rudra, non colpire i nostri cari corpi!

403-404. Non colpirci né nella discendenza, né nella vita, né nelle vacche e neppure nei cavalli. Adirato, o Rudra, non colpirci! Noi ti onoreremo con oblazioni.

405-406. Tu solo e non altri, o Prajapati, domini tutte queste creature. Ci tocchi ciò per il cui desiderio ti facciamo oblazioni! Possiamo essere signori delle ricchezze!

407-408. [Il dio] che benedice, che regna sulla tribù, il signore uccisore di Vrtra e vincitore dei nemici, Indra, il toro, marci davanti a noi, egli che beve il soma e dà la sicurezza.

409-410. Noi offriamo una libagione a Tryambaka, a [Siva] dal soave profumo, che accresce la prosperità. Possa io, come una zucca dal suo picciolo, essere distaccato dalla morte, non dall'immortalità!

411-412. I mille e diecimila lacci che tu possiedi, o morte, per uccidere l'uomo, noi li allontaniamo tutti per mezzo della magia del sacrificio.

413-416. Alla morte, Svaha! Alla morte, Svaha! Del peccato commesso dagli dei tu sei l'espiazione: Svaha! Del peccato commesso dagli uomini tu sei l'espiazione: Svaha! Del peccato commesso dai Mani tu sei l'espiazione: Svaha! Del peccato commesso da me stesso tu sei l'espiazione: Svaha! Del peccato commesso da un altro tu sei l'espiazione: Svaha ! Del peccato commesso da noi tutti tu sei l'espiazione: Svaha!

417-421. Del peccato commesso di giorno e di quello commesso di notte tu sei l'espiazione: Svaha! Del peccato commesso da addormentati e di quello commesso da svegli tu sei l'espiazione: Svaha! Del peccato commesso nel sonno profondo e di quello commesso da svegli tu sei l'espiazione: Svaha! Del peccato commesso con coscienza e di quello commesso senza saperlo tu sei l'espiazione: Svaha! Tu sei l'espiazione del peccato, del peccato: Svaha!

422-423. Quel grave peccato che abbiamo commesso contro di voi, o dei, con la parola o per storditaggine, questo peccato rigettatelo, o dei, sul nemico che ci vuol male.

424-426. Il desiderio ha prodotto [il peccato]. Onore, onore! Il desiderio ha prodotto [il peccato] ! È il desiderio ad agire, non son io che agisco. Il desiderio è l'attore, non son io l'attore. Il desiderio è quello che fa agire, non son io quello che fa agire. Questa [oblazione] è per te, o desiderio! Al desiderio, Svaha!

"426-429. L'ira ha prodotto [il peccato]. Onore, onore! L'ira ha prodotto [il peccato] ! È l'ira ad agire; non son io che agisco. L'ira è quella che agisce; io non agisco. L'ira è quella che fa agire, non son io quello che fa agire. Questa [oblazione] è per te, o ira! All'ira, Svaha!"

X 45

430-433. Io offro grani di sesamo, ricchi di succo, ben pestati, odorosi: portino gioia nel mio cuore, Svaha! Le vacche, l'oro, la ricchezza, cibo e bevande: per lo splendore di tutte [queste cose], Svaha! Fortuna, successo, prosperità, buona fama, mancanza di debiti, [splendore] brahmanico, abbondanza di figli, fede, saggezza, conoscenza: Agni conceda [tutto ciò]: Svaha!

434-439. Neri sono i grani di sesamo, bianchi, benefici, obbedienti. I grani di sesamo mi purifichino dal peccato, da qualunque male mi sia giunto, Svaha! Se ho mangiato durante la prima cerimonia funebre il cibo d'un ladro, se ho ucciso un brahmano, se ho violato il talamo del maestro, se ho rubato le vacche, se ho bevuto liquori spiritosi, se ho commesso l'aborto: i grani di sesamo portino la pace, Svaha! Fortuna, successo, prosperità, buona fama, mancanza di debiti, [splendore] brahmanico, abbondanza di figli, fede, saggezza, conoscenza: Agni conceda [tutto ciò]: Svaha!

440. In me si purifichino [i cinque soffi vitali,] prana, apana, vyana, udana, samana! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

441. In me si purifichino parola, pensiero, occhio, orecchio, lingua, naso, seme, intelligenza, desiderio, volontà! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

442. In me si purifichino pelle, epidermide, carne, sangue, grasso, midollo, nervi, ossa! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

443. In me si purifichino testa, mani, piedi, fianchi, dorso, ventre, gambe, organo genitale, ano! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

444. Levati, o spirito [del fuoco] ! O tu che sei giallo, rossiccio, dagli occhi fiammeggianti, dà, dà [la purezza] ! In me si purifichino tutte le cose concesse! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

445. In me si purifichino la terra, le acque, la luce, il vento, l'atmosfera! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

446. In me si purifichino udito, tatto, vista, gusto, odorato! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

447. In me si purifichino ragione, parola, corpo, azioni! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

448. Dal senso dell'io, che è [in me] latente [, possa io essere liberato] ! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

449. In me l'Atman si purifichi! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

450. In me si purifichi l'Atman interiore! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

451. In me si purifichi l'Atman supremo! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

452. Alla fame, Svaha! Alla fame e alla sete, Svaha! All'ottenimento [della fortuna], Svaha! All'uso delle strofe sacre, Svaha!

453. Al sommo signore, Svaha! Io distruggo il male della fame e della sete, la sfortuna massima!

454. Allontana da me la sventura, l'insuccesso e ogni peccato, Svaha!

455-456. In me si purifichi l'Atman, i cui cinque involucri sono costituiti da cibo, respiro, mente, conoscenza, beatitudine! Io sono luce! Possa io essere senza peccato, senza colpa, Svaha!

XI 46

457. Ad Agni, Svaha! A tutti gli dei, Svaha! Alla solida terra, Svaha! Alla sede immota, Svaha! Alla sede imperitura, Svaha! Ad Agni che compie sacrifici auspicali, Svaha!

"458. Alla giustizia; Svaha! All'ingiustizia, Svaha! Alle acque, Svaha ! Alle piante e agli alberi, Svaha!"

459. Ai demoni, agli dei, agli uomini, Svaha! Alle [divinità] domestiche, Svaha! Alle case, Svaha! Alle divinità della casa, Svaha! A tutti i demoni, Svaha!

460. Al desiderio, Svaha! All'atmosfera, Svaha! Ciò che nel mondo palpita e si muove ha nome bhaga: a questo nome [divino], Svaha!

461. Alla terra, Svaha! All'atmosfera, Svaha! Al cielo, Svaha! Al sole, Svaha! Alla luna, Svaha! Alle costellazioni, Svaha!

462. A Indra, Svaha! A Brhaspati, Svaha! A Prajapati, Svaha! Al Brahman, Svaha! Ai Mani, Svadha! Agli dei, Svaha! Onore a Rudra, al signore degli animali, Svaha!

463. Agli dei, Svaha! Ai Mani, Svadha! Onore agli spiriti! Agli uomini, Hanta! A Prajapati, Svaha! Al supremo Signore, Svaha!

464. Simile a fonte inesauribile dalle cento, dalle mille correnti, possa io avere messi inesauribili dalle mille correnti. Al deposito della ricchezza, Svaha!

"465-466. Gli spiriti che di giorno e di notte vagano desiderosi di offerte sono i servi di Vituda (essere demoniaco). A costoro io, desideroso di prosperità, offro l'oblazione; in me il signore della prosperità generi la prosperità, Svaha!"

XII

467-468. Om: esso è il Brahman. Om: esso è Vayu. Om: esso è l'Atman. Om: esso è la verità. Om: esso è tutto l'universo. Om: esso è il corpo. Om: onore!

469-471. Si muove dentro tutte le varie creature, nel segreto [del cuore]. Tu sei il sacrificio, sei la formula Vasat, sei Indra, sei Rudra, sei Visnu, sei il Brahman, sei Prajapati, tu sei l'acqua.

472. Le acque, la luce, il succo, l'ambrosia, il Brahman! Bhuh, Bhuvah, Suvar! Om!

XIII 47

473. Fondandomi fiduciosamente sul prana, io offro in libagione l'ambrosia!

474. Fondandomi fiduciosamente sull'apana, io offro in libagione l'ambrosia!

475. Fondandomi fiduciosamente sul vyana, io offro in libagione l'ambrosia!

476. Fondandomi fiduciosamente sull'udana, io offro in libagione l'ambrosia!

477. Fondandomi fiduciosamente sul samana, io offro in libagione l'ambrosia!

478. Possa la mia anima ottenere l'immortalità nel [mondo del] Brahman!

479. Tu sei il giaciglio dell'ambrosia 45.

480. Fondandomi fiduciosamente sul prana, io offro in libagione l'ambrosia! E tu, benevolo, entra in me, perché io non sia distrutto. Al prana, Svaha!

481. Fondandomi fiduciosamente sull'apana, io offro in libagione l'ambrosia! E tu, benevolo, entra in me, perché io non sia distrutto. All'apana, Svaha!

482. Fondandomi fiduciosamente sul vyana, io offro in libagione l'ambrosia! E tu, benevolo, entra in me, perché io non sia distrutto. Al vyana, Svaha!

483. Fondandomi fiduciosamente sull'udana, io offro in libagione l'ambrosia! E tu, benevolo, entra in me, perché io non sia distrutto. All'udana, Svaha!

484. Fondandomi fiduciosamente sul samana, io offro in libagione l'ambrosia! E tu, benevolo, entra in me, perché io non sia distrutto. Al samana, Svaha!

485. Possa la mia anima ottenere l'immortalità nel [mondo del] Brahman!

486. Tu rivesti come coperta l'ambrosia.

487. Fondandomi fiduciosamente sul prana, io ho offerto in libagione l'ambrosia. Con questo cibo rinvigorisci il prana!

488. Fondandomi fiduciosamente sull'apana, io ho offerto in libagione l'ambrosia. Con questo cibo rinvigorisci l'apana!

489. Fondandomi fiduciosamente sul vyana, io ho offerto in libagione l'ambrosia. Con questo cibo rinvigorisci il vyana.

490. Fondandomi fiduciosamente sull'udana, io ho offerto in libagione l'ambrosia. Con questo cibo rinvigorisci l'udana.

491. Fondandomi fiduciosamente sul samana, io ho offerto in libagione l'ambrosia. Con questo cibo rinvigorisci il samana.

XIV 49

492-493. Il Purusa, della grandezza d'un pollice, è penetrato nel pollice. Il signore di tutto l'universo, il signore che gode di tutto, si rallegri [in me] !

494-495. La parola sia nella mia bocca, il respiro nelle narici, la vista negli occhi, l'udito nelle orecchie, la forza nelle braccia, il vigore nelle gambe! Tutte le membra siano sane! La [tua essenza] sottile penetri nel mio corpo! Onore a te, non portare offesa!

496-497. Gli uccelli dalle belle ali si sono aggruppati intorno a Indra, i veggenti della famiglia di Priyamedha cercano rifugio [presso il dio] 50. Dissipa le tenebre, riempi il nostro occhio, libera noi che siamo come presi in mezzo a una rete!

498. Tu raccogli i soffi vitali. Entra in noi, tu che sei Rudra, che determini la fine! Rinvigorisciti con questo cibo!

499. Onore a Rudra e a Visnu! Salvaci dalla morte!

500-501. Tu, o Agni, sorgi dalla luce, tu che brilli. Tu sorgi dalle acque, dalle pietre, tu nasci dagli alberi, dalle erbe. Tu nasci puro, e signore degli uomini.

502-504. Sta presso di me in grazia della benefica [oblazione] ! Sta presso di me in grazia della gradita [oblazione] ! Sta presso di me in grazia della ben compiuta [oblazione] ! Sta presso di me in grazia dello splendore brahmanico [che ho ottenuto] ! Sta presso [di me] seguendo il buon esito del sacrificio! Onore a te, o sacrificio! Onore a te, onore a te!


XV 51

505. La verità è la cosa più eccellente, la cosa più eccellente è la verità! Con la verità non si precipita mai dal mondo celeste, perché la verità è [propria] dei giusti. Per questo ci si compiace della verità.

506. Il tapas [è la cosa più eccellente], dicono alcuni. Non c'è tapas superiore al digiuno: infatti il tapas più eccellente è una cosa difficile a raggiungersi, assai difficile a raggiungersi. Per questo ci si compiace del tapas 52.

507. Il dominio [di sé è la cosa più eccellente], dicono sempre coloro che praticano il brahmacarya. Per questo ci si compiace del dominio [di sé].

508. La pace [è la cosa più eccellente], dicono gli eremiti che vivono nella foresta. Per questo ci si compiace della pace.

509. L'elargizione [è la cosa più eccellente], così dicono, lodando, tutte le creature. Niente è più difficile a farsi dell'elargizione. Per questo ci si compiace dell'elargizione.

510. La legge [è la cosa più eccellente], dicono altri. Tutto l'universo è soggetto alla legge. Niente è più difficile a praticare che la legge. Per questo ci si compiace della legge.

511. La procreazione [è la cosa più eccellente], così pensa la maggior parte della gente. Perciò si nasce in moltissimi. Per questo moltissimi si compiacciono della procreazione.

512. I fuochi del sacrificio [sono la cosa più eccellente], dicono alcuni. Per questo bisogna approntare i fuochi.

513. L'agnihotra [è la cosa più eccellente], dicono altri. Per questo ci si compiace dell'agnihotra.

514. Il sacrificio [è la cosa più eccellente]: con il sacrificio infatti gli dei hanno raggiunto il cielo. Per questo ci si compiace del sacrificio.

515. Il [culto] mentale [è la cosa più eccellente], così dicono coloro che sanno. Per questo coloro che sanno si compiacciono del [culto] mentale.

516. La rinuncia [è la cosa più eccellente], dice il sacerdote brahman. Infatti il sacerdote brahman è la cosa più eccellente, la cosa più eccellente è il sacerdote brahman. In verità la rinuncia è superiore a tutte le altre cose, che sono inferiori.

517. [Lo stesso succederà per] chi così sa: questo è il significato segreto.

"518. Suparna, discendente di Aruna e di Prajapati, s'avvicinò a Prajapati padre [di tutti gli esseri] e disse: ""Signore, quale cosa ritieni che sia la suprema?"". A lui quello rispose:"

"519. ""In grazia della verità soffia il vento, in grazia della verità brilla il sole nel cielo. Il fondamento della parola è la verità, sulla verità tutto l'universo è fondato. Per questo si dice che la verità è la cosa suprema."

520. In grazia del tapas gli dei al principio diventarono dei, in grazia del tapas i veggenti scoprirono la luce, in grazia del tapas respingiamo i rivali, i nemici, sul tapas tutto l'universo è fondato. Per questo si dice che il tapas è la cosa suprema.

521. In grazia del dominio [di sé] si scuote il peccato, in grazia del dominio [di sé] coloro che praticano il brahmacarya giunsero alla luce, il dominio [di sé] è cosa assai difficile da ottenere per le creature, sul dominio [di sé] tutto l'universo è fondato. Per questo si dice che il dominio [di sé] è la cosa suprema.

522. Pacificati in grazia della pace, si è benevoli, in grazia della pace gli asceti trovarono il cielo, la pace è cosa assai difficile da ottenere per le creature, sulla pace tutto l'universo è fondato. Per questo si dice che la pace è la cosa suprema.

523. L'elargizione, il salario dei preti, è la corazza dei sacrifici. Nel mondo tutta la gente sta dietro a chi elargisce. Con l'elargizione si sono respinti i nemici, in grazia dell'elargizione i nemici diventano amici, sull'elargizione tutto
l'universo è fondato. Per questo si dice che l'elargizione è la cosa suprema.

524. La legge è il fondamento di tutto quanto si muove, nel mondo la gente s'affretta verso chi sia più giusto, in grazia della legge s'allontana il male, sulla legge tutto l'universo è fondato. Per questo si dice che la legge è la cosa suprema.

"525. La procreazione è il fondamento [di tutto]; nel mondo colui che tira convenientemente il filo della discendenza si libera dal debito verso i padri, in verità [la procreazione] rappresenta per la discendenza la liberazione dal debito [verso i padri]. Per questo si dice che la procreazione è la cosa suprema."

"526. I fuochi rituali sono la triplice scienza e il cammino che porta agli dei. Il fuoco garhapatya rappresenta il Rgveda, la terra, [la melodia] rathantara; il fuoco anvaharya rappresenta il Yajurveda, l'atmosfera, [la melodia] Vamadevya; il fuoco abavaniya rappresenta il Samaveda, il mondo celeste, [la melodia] brhat. Per questo si dice che i fuochi del sacrificio sono la cosa suprema."

527. L'agnihotra sera e mattino rappresenta per le case l'espiazione, il sacrificio propiziatorio, l'offerta augurale, è la introduzione alle grandi cerimonie, è la luce del mondo celeste. Per questo si dice che l'agnihotra è la cosa suprema.

528. Alcuni dicono che [la cosa suprema] è il sacrificio. Con il sacrificio gli dei ottennero il cielo, con il sacrificio vinsero i demoni, con il sacrificio i nemici diventano amici, sul sacrificio tutto l'universo è fondato. Per questo si dice che il sacrificio è la cosa suprema.

529. Il rito di purificazione consacrato a Prajapati è mentale. In grazia di questo [rito] mentale, ossia in grazia dello spirito, si scorge ciò che è bene, con lo spirito i saggi hanno procreato la stirpe, sul [rito] mentale tutto l'universo è fondato. Per questo si dice che il [culto] mentale è la cosa suprema.

"530-531. Coloro che riflettono dicono che il Brahman è la rinuncia. Il Brahman è l'universo, è la felicità somma, è l'essere esistente di per sé, è la formula ""l'anno è Prajapati""."

532. L'anno è il sole e l'essere che è nel sole è il signore supremo, è il Brahman, è l'Atman.

"533. I raggi con i quali il sole riscalda son gli stessi per cui Parjanya piove; in grazia di Parjanya nascono erbe e piante, dalle erbe e dalle piante si produce il cibo,"

534. con il cibo s'ottengono i soffi vitali, con i soffi vitali la forza, con la forza il tapas, con il tapas la fede, con la fede la saggezza, con la saggezza la riflessione, con la riflessione la ragione, con la ragione la pace, con la pace la coscienza, con la coscienza la memoria, con la memoria il ricordo, con il ricordo la conoscenza, con la conoscenza si fa conoscere [al discepolo] l'Atman.

535. Perciò quando si dà [a qualcuno] del cibo si danno tutte queste cose: dal cibo provengono i soffi vitali, dai soffi vitali delle creature proviene la ragione, dalla ragione la conoscenza, dalla conoscenza la beatitudine, il Brahman, la sede [beata] .

536. Colui dal quale tutto questo universo è stato tessuto, terra, atmosfera, cielo, regioni celesti principali e secondarie, è quell'Essere quintuplo, dalle cinque anime 53: egli è tutto questo universo, è ciò che è stato e ciò che sarà. Formato dal desiderio di conoscere, nato dall'ordine cosmico, possiede ogni ricchezza, è la fede, è la verità, è il maestoso al di sopra delle tenebre.

537. Conosciutolo con la mente, con il cuore, non t'avvicinerai più alla morte, conoscendo [la verità] !

538. Per questo si dice che la rinuncia ha superato [tutti] i tapas.

"539. Soddisfatto della ricchezza, tu sei potente; tu sei colui che nel prana raduna [gli elementi vitali], o Brahman! Tu sei il creatore di tutto, tu dai l'ardore al fuoco, il fulgore al sole, lo splendore alla luna. [O soma,] tu che sei stato preso con l'adatto mestolo, io [ti destino] al Brahman, alla magnificenza!"

540. Si concentri la mente dicendo Om ! Questa è la grande dottrina, il segreto degli dei.

541. Chi così sa ottiene la maestà del Brahman.

542. Con questa scienza si ottiene la maestà del Brahman. Questa è la dottrina segreta.

"543. Per colui che così sa, nel sacrificio il sacrificatore è l'anima, la sposa è la fede, il combustibile è il corpo, l'altare è il petto, il mazzo di erbe sacrificali è costituito dai capelli, la scopa è la crocchia, il palo del sacrificio è il cuore, il burro chiarificato è il desiderio, la vittima è l'ira, il fuoco è il tapas, il salario dei sacerdoti è il dominio [di sé], che distrugge [le passioni], il hotar è la voce, l'udgatar è il respiro, l'adhvaryu è l'occhio, il sacerdote brahman è la mente, l'agnidh è l'orecchio;"

"544. la consacrazione è il fatto di vivere, l'oblazione è il fatto di mangiare, l'assunzione del soma è il fatto di bere, la preparazione alla spremitura del soma è il fatto di godere, il pravargya 54 è costituito dal camminare, dal sedersi, dal levarsi;"

"545. l'ahavaniya è la bocca, l'offerta è costituita dalle formule rituali, l'oblazione è ciò che conosce, il combustibile è ciò che mangia sera e mattina, le tre spremiture del soma sono ciò che [mangia] al mattino, a mezzogiorno e alla sera;"

546. l'alternarsi [dei sacrifici] del plenilunio e del novilunio è l'alternarsi del giorno e della notte, i sacrifici che si compiono all'inizio delle tre stagioni principali sono le quindicine e i mesi, i sacrifici di animali sono le stagioni, i cicli dei giorni sacrificali sono le varie annate. In verità questo sacrificio [è come quello che] impegna tutte le proprietà. L'abluzione alla fine del sacrificio è la morte.

547. In verità questo sacrificio quotidiano durerà fin quando si morirà di vecchiaia. Chi, così sapendo, muore nel periodo in cui il sole procede verso Nord (tra il solstizio d'inverno e quello d'estate), giunto alla magnificenza degli dei, ottiene l'intima comunione con il sole.

548. Chi poi muore nel periodo in cui il sole declina verso mezzogiorno, giunto alla magnificenza dei Mani, ottiene l'intima comunione con la luna e quivi rimane.

549. Il brahmano che conosce ottiene queste due magnificenze del sole e della luna e dopo ottiene la magnificenza del Brahman,

550. e dopo ottiene la magnificenza del Brahman.

Questa è la dottrina segreta.


Note :
1. Nella prima sezione dell'Upanisad si celebra Prajapati, prima creatura dell'universo, del quale tuttavia è creatore, animatore e principio, immanente e trascendente al tempo stesso. Egli è il Tat, ossia ciò che è, è il Brahman, è l'Atman, in lui tutte le persone divine si riassumono: la conoscenza di lui, che è quella dell'identità Atman-Brahman, libera dalla morte. Frequenti sono le strofe tratte dalle Samhita vediche.

2. Alla creazione dell'universo, immaginata come il lavoro d'un tessitore, hanno partecipato i veggenti, autori dei canti vedici, che hanno assistito alla nascita dell'embrione d'oro, foggiato dagli artigiani divini Visvakarman e Tvastar.

3. Il primordiale al di là delle tenebre è il fuoco, cui l'Atman, che in seguito sostituisce Prajapati come uno-tutto, è identificato.

4. Prajapati è detto purusa in quanto anima del mondo.

5. Prajapati trasse da tutto l'universo l'essenza, che poi distribuì ordinando tutti i fenomeni.

"6. Cfr. Svet. Up., 3, 13; K.Up., 2, 6, 9."

7. Il cappellano degli dei è il fuoco. Cfr. str. 10.

8. La terra e il cielo al principio della creazione non avevano ancora un posto stabile. Cfr. str. 43. Le str. 35-50 corrispondono a R.V., 10, 121, 1-8.

9. Ossia il mondo degli dei e il mondo degli uomini.

10. Il fiume Rasa scorre ai limiti della terra e separa il mondo degli uomini da quello dei demoni.

11. Le due masse del cielo e della terra, ancora ondeggianti, perché non fissate, all'inizio della creazione.

"12. Mentre nel testo rigvedico si parla di ""embrione"", ricordato nell'Upanisad alla str. 35, qui si vuol sottolineare l'origine razionale di tutto l'esistente, di cui il primogenito è il fuoco."

13. Vena è epiteto di una creatura che tutto vede e comprende.

14. Prajapati è definito gandharva, che nel R. V. è propriamente epiteto del sole. Della parola creatrice in R.V., 10, 164, 45b si dice che soltanto un quarto è conosciuto. Chi possiede la conoscenza diventa egli stesso Prajapati, che è padre del sole in quanto ne ha fissato il luogo e le funzioni.

15. Le sezioni seconda e terza contengono invocazione ad Agni, simbolo di Prajapati e dell'Atman, e ad altre divinità perché sia svelato il mistero dell'Assoluto. Le str. 71-82 sono imitazioni della savitri vedica (cfr. R. V., 3, 62, 10)
16. Cominciano le operazioni purificatorie. Il recitante si comporta come se si apprestasse a compiere effettivamente l'abluzione, ma in realtà si tratta d'una cerimonia soltanto mentale. Quasi tutti i mantra, diretti a ottenere la protezione di varie entità, sono tratti dalle raccolte vediche.

17. Viene consacrata l'erba durva, un mazzo della quale deve tenersi in mano durante l'intera abluzione.

18. Consacrazione dell'argilla con cui ci si asperge il corpo.

19. Kasyapa è epiteto di Visnu nel suo secondo avatara come tartaruga, ma potrebbe anche riferirsi a Prajapati, cui impresa analoga viene attribuita. Del pari il cinghiale poco sopra citato può essere Prajapati o Visnu nel suo terzo avatara.

20. Letteralmente: la cui ruota è sicura.

21. Indra, che secondo la strofe rigvedica (10, 89, 5) non fu ingannato da altre piante che cercavano di sostituirsi al soma, aiuterà il fedele a scoprire gli inganni dei demoni.
22. Si invoca a protezione il Brahman nel suo aspetto di sole, quale fu scoperto dal Vena, per il quale cfr. str. 55.

23. Kaksivat, cui sono attribuiti parecchi inni del Rgveda, ebbe da Brhaspati il dono dell'ispirazione poetica.
24. La strofe, appartenente a R.V., 10, 9, 1-3, probabilmente significa: noi siamo simili a cantori che, compiendo il bagno purificatorio, sono indotti dall'acqua ristoratrice ad affrettarsi presso la dimora di colui che intende far celebrare un sacrificio.

25. Il tapas, ossia l'ardore come principio cosmogonico (qui però si dice che fu acceso forse da Prajapati, il demiurgo), è esaltato nell'inno 10, 190 del R.V, riportato nelle str. 143-149. Al tapas, che è anche il calore che si sprigiona dall'ascesi e l'ascesi stessa, sono riconosciute delle virtù purificatrici, che ne consentono l'inserzione in questa sezione.

26. Le operazioni purificatorie si concludono con una strofe rigvedica (9, 97, 4o) esaltante il soma, la cui dirompente vitalità è auspicata per l'officiante.

27. La quinta sezione comprende preghiere, rivolte soprattutto ad Agni, perché siano superati gli ostacoli e si ottenga il tapas, l'ardore già esaltato nelle str. 143-149

28. Atri è un veggente vedico che Agni salvò dall'incenerimento. Talvolta il salvataggio è attribuito agli Asvin.

29. In questa oblazione mentale resa a costituiscono la sostanza stessa dell'oblazione.

varie divinità le formule sacrificali
"30. La sesta sezione comprende un poema in onore di Visnu-Narayana, che simboleggia l'anima dell'universo e risiede nel cuore dell'uomo. Il celebrante, recitando queste strofe tratte dalle varie raccolte vediche e intese a esaltare la supremazia di varie entità rituali, come il soma, il burro, il miele, che sono identificate con Narayana, riconoscerà in se stesso la presenza del signore supremo. Interessante l'allusione, nella prima strofa, alla ""grazia"" del creatore"

31. Abitualmente si contano cinque prana. Qui i prana indicano forse i sette organi dei sensi del capo (orecchie, occhi, narici, bocca) e corrispondono alle sette fiamme del sacrificio.

32. Cfr. Svet. Up., 4, 5.

33. Le strofe 215-222 corrispondono a R. V., 4, 58, 1-4, che esaltano il burro rituale, chiamato miele, equiparato al soma e assimilato all'immortalità. Il bufalo mostruoso è il simbolo del soma. Il burro si trova nella vacca primordiale, liberata dalla prigionia dei demoni Pani per opera di Indra. Esso ha tre forme: burro propriamente detto, soma (collegato con il sole che gli ha dato la forza ardente), essenza della parola sacra, propria del veggente.

34. L'insistenza nella descrizione del cuore, che è al centro di tutto come il sole è al centro dell'universo, si spiega, nota acutamente il VARENNE, op. cit., t. 1, p. 153, con la necessità di fondare teoricamente il culto mentale, basato sull'esistenza nell'intimo dell'individuo del fuoco sacrificale e della divinità cui l'oblazione sarà offerta.

35. Ossia il dio, o il principio, sconosciuto.
"36. Formule per ottenere la purificazione, rivolte in gran parte a Rudra-Siva; le ultime strofe della sezione sono rivolte alla Terra madre, identificata con Aditi, origine di tutto l'esistente, e alle acque, essenza e primo principio dell'universo."

37. Forse perché la recitazione delle formule è accompagnata da determinati movimenti della mano (nyasa).

38. Le strofe 299-308 corrispondono a un inno del Rgveda (4, 4, 1-5) dedicato ad Agni nel suo aspetto terrifico di fuoco della foresta. Il fuoco è paragonato a un re cacciatore seguito dai satelliti, ma è nello stesso tempo la rete distesa nella quale cadono i demoni ostili, ossia le passioni da cui si chiede di essere liberati per intervento di Rudra-Siva, alla cui persona è qui rivolto l'inno rigvedico.

39. Continuano le formule purificatorie. Viene esaltata soprattutto la gayatri o savitri, la famosa strofe rigvedica (3, 62, 10) esaminata nelle sue varie parti (divinità cui è rivolta, metro, uso ecc.) e identificata con l'intero universo, con la sillaba sacra Om, con il Brahman, la comunione con il quale è assicurata dalla recitazione di essa. Il Brahman è l'immortalità, è l'ambrosia, che è simile al miele, al soma, al burro, al succo, i quali vengono alla lor volta ricordati e celebrati insieme con la saggezza, derivante dalla conoscenza esoterica concessa dalla grazia divina: si otterrà così la purificazione dai peccati più gravi.

"40. Le sandhya (propriamente ""crepuscolo"" indicano i riti celebrati all'alba, al mezzogiorno e al tramonto del sole."
41. Nome di un celebre maestro vedico.

"42. Questa formula è chiamata siromantra, ""formula capitale"", ed è raccomandata negli esercizi di controllo del respiro, tipici del Yoga."
"43. Nelle str. 368-371 (i primi versi sono tratti dal già citato inno di R.V., 4, 58) dalla considerazione del burro sacrificale si passa alla contemplazione della parola e del canto poetico, dolce come il burro. Continuando nella proliferazione delle immagini e degli accenni, si ricordano il soma (la ""verga d'oro"", simbolo dell'energia tipica del membro virile e della bevanda rituale), l'aquila, strettamente congiunta con il mito del soma, e le sette fiamme del sacrificio: tutto è simbolo o equivalente dell'ambrosia, che a sua volta è la bevanda dell'immortalità e l'immortalità stessa."

44. Si rivolgono al dio della morte e a diverse divinità delle preghiere atte a preservare dalla morte, che è considerata come una conseguenza del peccato.

45. Preghiere e oblazioni con grani di sesamo per ottenere dal fuoco la purificazione del corpo e dell'anima, nonché beni terreni. I costituenti del corpo sono minuziosamente elencati ed è fatta pure allusione alla teoria dei cinque involucri che costituiscono l'Atman. Cfr. T.Up., 2.
46. Nelle sezioni undecima e dodicesima si hanno ancora invocazioni a varie entità, anche ostili, e formule da recitarsi a bassa voce, affermanti l'unica realtà dello Spirito Supremo.
47. Formule per il rito del pranagnihotra: l'iniziato, consumando il suo pasto, offre in libagione nel fuoco esistente nel proprio intimo l'ambrosia che è costituita dalie sue cose e da se stesso, compiendo un sacrificio spirituale per il quale il sommo spirito, Narayana, penetrerà in lui rinvigorendo le singole facoltà.

"48. Le formule delle str. 479 e 486 sono rivolte all'acqua, con la quale il celebrante si purifica la bocca prima e dopo l'offerta. Cfr. B.Up., 6, 1, 14; Ch. Up., 5, 2, 2."

49. Si rivolgono preghiere a Narayana, chiamato con i nomi di varie divinità e invitato a stabilirsi nell'animo del sacrificante insieme con i soffi vitali, rinvigoriti dall'offerta mentale appena compiuta.

50. Come gli uccelli o i veggenti vedici cercano Indra, così tutti ambiscono il pranagnihotra, che garantisce la comunione con lo spirito supremo.
51. Nell'ultima sezione si esalta, in due modi diversi (505-517 e 518-531), la rinuncia, che è superiore ai precetti morali, alle pratiche rituali e alla stessa conoscenza esoterica ed è identificata con la divinità suprema personale, qui definita Brahman o Brahma, in cui tutto si riassume. Infine si assicura, a colui che riconoscerà nel proprio io il principio divino immanente in tutte le cose e che resta così avvolto in un'aura di sacralità, per cui tutto ciò che lo concerne è di per sé un sacrificio, il raggiungimento dell'immortalità, ossia il ricongiungimento con la magnificenza del Brahman.

52. Tapas indica, qui e in seguito, più che l'ascesi o l'ardore con essa congiunto, l'insieme dei doveri inerenti alla condizione d'appartenenza. Da notare che l'eccellenza d'una cosa è fatta dipendere dalla difficoltà dell'ottenimento.

53. Allusione alla teoria dei cinque involucri dell'Atman di T.Up., 2.
54. La cerimonia introduttiva al sacrificio di soma.





UPANISAD POSTVEDICHE
SETTARIE E DEL YOGA

CHAGALEYA UPANISAD

La Chagaleya Upanisad, così chiamata dal nome del maestro cui è attribuita l'esposizione della dottrina, appartiene a una scuola del Yajurveda nero e sembra, sia per ragioni linguistiche sia per il contenuto, piuttosto tarda. Essa esamina il problema della morte: perché, nonostante il compimento dei riti, il corpo si dissolve e che cosa permane dopo la morte? La risposta è che l'Atman è il principio della vita: alla sua dipartita il corpo ritorna ai suoi componenti materiali, così come un carro può dirsi esistere finché ci sia il conducente che tiene unite le varie parti di esso e lo guida. L'insegnamento è posto sulla bocca di asceti fanciulli, con un'allusione forse a B.Up., 3, 5, 1, dove s'afferma che bisogna ritornare alla semplicità infantile per conoscere la verità, il che significa che non con le sole forze della ragione s'attinge il vero, il possesso del quale non è del resto prerogativa della casta brahmanica. La similitudine del carro e del corpo è conosciuta da Kath. Up., 1, 3, 3.


"1. I saggi tenevano una sessione sacrificale vicino alla Sarasvati. Esclusero dalla consacrazione Kavasa Ailusa [, che pur si trovava] fra loro, perché era figlio d'una serva. Essi dissero: ""Sarebbe contrario al Rgveda e al Yajurveda, contrario al Samaveda"". Egli allora disse: ""Signori, se celebrate questo sacrificio, se recitate il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, ciò è [dovuto alla] potenza di chi?"". Essi dissero: ""Noi siamo brahmani: per costoro le cose stanno così""."

"2. Egli disse: ""Poiché voi fate la consacrazione a vostro piacere, che è ciò per cui siete brahmani?"". Essi risposero: ""Hanno offerto per noi l'oblazione upaghata secondo il Rgveda e il Yajurveda, hanno fiutato le nostre teste, hanno fatto la [nostra] iniziazione, per questo siamo brahmani"". Allora, mostrando il sacerdote Atreya, il cui corpo giaceva non lontano, disse: ""[Gli] è stata fatta l'oblazione upaghata secondo il Rgveda e il Yajurveda, gli è stata fiutata la testa, è stato iniziato: ma [tutto] questo non ha superato [la morte]"". ""Come mai?"", chiesero."

"3. Egli disse: ""Nella [foresta] Naimisa i Sunaka tenevano una sessione sacrificale. Fra essi il sacerdote Atreya aveva il compito di dar inizio a tutti [i riti sacri,] alle formule d'adorazione e d'invito, alla cerimonia del mattino, al prauga e all'ajya (inni cantati al sacrificio del mattino), al marutvatiya (inno in onore di Indra alla libagione di mezzogiorno), alla [preghiera per la] consacrazione dei [vasi] mahavira, alla formula per attizzare il fuoco, per ottenere il re [Soma], per la spremitura [del soma], alle [formule] d'accompagnamento, di invocazione, alle strofe di tre, quindici, diciassette, trentun versi. Dove è andato ciò?"". Quelli rimasero zitti e, raggruppatisi attorno quanti erano, dissero: ""Dacci l'insegnamento, noi siamo tuoi [discepoli]"". Ma quello sorridendo disse: ""Badate bene, non commettete errori. Un inferiore non sarebbe capace di istruire dei superiori"". Quelli dissero: ""Non darci l'insegnamento; comunque tu sei la [sola] via di salvezza""."

"4. Quello disse: ""Radunatevi nel Kuruksetra e mettetevi al servizio degli [asceti] fanciulli. Essi vi riveleranno quello che volete sapere"". Allora quelli si radunarono e s'avviarono verso il Kuruksetra e s'avvicinarono agli [asceti] fanciulli. Costoro conobbero ciò che desideravano coloro che s'erano avvicinati e dissero: ""Come mai vi siete messi al servizio degli [asceti] fanciulli, voi che siete capi di grandi famiglie, dalla grande dottrina, uomini eminenti? Infatti capi di grandi famiglie, dalla grande dottrina, uomini eminenti abitano nel Kuruksetra"". Quelli si guardarono l'un l'altro e riconobbero: ""Quel [Kavasa Ailusa] non ci ha ingannato dicendoci di badare a questi [asceti] fanciulli"". E dissero a quei venerandi: ""Voi rendete inutile la parola che è in noi. Colui [ci] ha mandato qui e man mano ci siamo accostati siamo scevri di invidia, come chi ha ottenuto la fede""."

"5. Quelli dissero: ""Che cosa desiderate da noi ?"". Allora quelli dissero: ""Nel [bosco] Naimisa i Sunaka tenevano una sessione sacrificale. Fra essi il sacerdote Atreya aveva il compito di dar inizio a tutti [i riti sacri], alle formule d'adorazione e d'invito, alla cerimonia del mattino, al prauga e all'ajya, al marutvatiya, alla [preghiera per la] consacrazione dei [vasi] Mahavira, alla formula per attizzare il fuoco, per ottenere il re [Soma], per la spremitura [del soma], alle [formule] d'accompagnamento e d'invocazione, alle strofe di tre, quindici, diciassette e trentun versi. Dove è andato a finire ciò [che ha fatto], poiché egli giaceva come giace un cadavere?"". Quelli dissero: ""I nostri predecessori ci insegnarono a non parlare a chi non fosse rimasto per un anno. Rimanete per un anno e poi saprete"". Quelli rimasero per un anno."

"6. Allora gli [asceti] fanciulli dissero: ""Voi brahmani siete rimasti per un anno. Dunque vi diamo l'insegnamento""."
"E avendoli presi con loro andarono sulla strada. Essi allora incontrarono un carro che correva scricchiolando e [gli asceti fanciulli] dissero: ""Guardate!"".""Che cosa? [Noi vediamo] soltanto un carro, o cari"". ""È proprio così. E come appare ? Come un [cavallo] di Balkh avvicinandosi salta scalpitando con gli zoccoli, proprio come [un torrente salta] con le onde spumeggianti, così questo [carro] salta mentre i cavalli s'avvicinano e le ruote girano rapidamente. E come [il cavallo] incontrandosi con un avversario nitrisce, così questo [carro] scricchiola. E come quel [cavallo] corre di qua e di là, sembra rattrappirsi e rattenere lo scalpitio o si slancia, così questo carro di qua e di là corre, sembra rattrappirsi e rattenere la corsa o si slancia. E come quello conduce alla [sua] dimora il re o il ministro del re così questo conduce alla dimora il conducente"". Essi dissero: ""È proprio così"". ""È così"". E seguirono la traccia di quel [carro] e arrivarono al termine [del viaggio] nella serata."

"7. Quando il cocchiere, tolto il giogo ai cavalli, spinta [la vettura] da parte, se ne fu andato, allora [il carro] si dissolse. ""Avete visto? Come [è successo] ?"". Quelli dissero: ""Come noi vediamo che questo ammasso di legna è slegato [e cade a terra], così questo [carro] è caduto in terra. Non si muove, non si volge, non va avanti"". Gli asceti fanciulli dissero: ""Poiché esso è in tali condizioni, che cosa se ne è andato da lui ?"". ""Il cocchiere"". ""È proprio così - essi dissero - L'Atman è quello che spinge [il corpo], gli organi dei sensi sono i cavalli, le vene sono le cinghie, le ossa sono le redini, il sangue è l'olio [dei meccanismi], l'azione è la frusta, la parola è lo scricchiolio, la pelle è la copertura. Come quel [carro], lasciato da colui che lo spinge, non si muove, non scricchiola, del pari questo [corpo], lasciato dal sé cosciente (prajnatman), non parla, non si muove, non respira. Ma si putrefà, i cani gli s'affollano intorno, calano i corvi, si precipitano gli avvoltoi, gli sciacalli [lo] divorano"". Essi riconobbero subito [che le cose stavano così]. Toccando i piedi, dissero agli [asceti] fanciulli: ""Noi non possediamo nulla con cui ripagare [l'insegnamento ricevuto]"". E, giungendo le mani, resero omaggio."
Questo disse il venerabile Chagaleya.

A questo proposito ci sono alcune strofe:

Come un carro, dal cocchiere abbandonato, per nulla si muove, così succede per il corpo, quando sia abbandonato dall'Atman. Come per quello ci sono i mozzi, le ruote, il giogo, l'asse, la copertura, la frusta, i cavicchi, [così per il corpo umano ci sono le diverse membra del corpo].




KAIVALYA UPANISAD

"La Kaivalya Upanisad, che pur è tra le più antiche Upanisad non vediche, introduce nello stesso tempo alle Upanisad settarie, di epoca più recente. In modo riassuntivo essa predica il modo di raggiungere lo stato di kaivalya, ossia di ""isolamento"" da ogni contingenza legata al ciclo delle esistenze, riconoscendo, attraverso la contemplazione interiore e la rinuncia, l'unità dell'Uno"
tutto, che giace nel profondo del cuore ed è personificato in Siva. Interessanti sono le citazioni e i punti di contatto soprattutto con la Svet. Up., con la quale la Kaivalya Up. divide l'esplicito riferimento alle pratiche yogiche e la denominazione del Supremo Spirito come Siva.


PRIMO KHANDA

"1. Allora Asvalayana, accostatosi al venerabile Brahma, disse: ""O venerabile, rivela la scienza del Brahman, suprema, ricercata sempre dai buoni, segreta, affinché senza indugio, distrutta ogni colpa, il saggio giunga a Colui che è più alto di ciò che è alto""."

"2. A lui disse allora [Brahma,] l'antico progenitore: ""Cerca di conoscere [la verità] per mezzo della fede, della devozione, della meditazione, del Yoga."

3. Non con le opere, non con la progenie, non con il [donar] denaro, con la rinuncia soltanto alcuni son giunti all'immortalità. Posto al di là del firmamento, risplendente nel segreto [del cuore] è il luogo in cui penetrano gli asceti. (= Mn. Up., 227-228).

"4. Coloro che hanno come scopo ben determinato la conoscenza del Vedanta, gli asceti che si son purificati praticando la rinuncia, tutti costoro, al momento supremo, del tutto immortali, son liberi nei mondi del Brahman (= M.Up., 3, 2, 6; Mn.Up., 229-230)."

5. In un luogo solitario, stando in una positura comoda, puro, con il collo, il capo, il corpo eretti, giunto che sia all'ultimo stadio della vita, controllando tutti i sensi, inchinandosi con devozione al maestro,

"6. mediti sulla ninfea del cuore, [che deve essere] libero da passioni, puro; concentrandosi su colui che nel centro [del cuore] abita, privo di colpe, di angosce, inconcepibile, invisibile, dalle forme infinite, fausto, placato, immortale, fonte del Veda,"

7. [concentrandosi su colui] che è senza inizio, senza metà, senza fine, sull'unico Signore, che è costituito di pensiero e di beatitudine, che è senza forma, che è meraviglioso, sul compagno di Uma, sul Supremo Signore, il Sire dai tre occhi, dalla nera gola, sommamente sereno, l'asceta giunge alla fonte di [tutto] l'esistente, al testimone di tutto, che è al di là di ogni tenebra.

8. Egli è Brahma, è Siva, è Indra, è l'Immortale, il supremo, il Signore di se stesso, è Visnu, è la vita, è il Tempo, è Agni, è la luna,

9. è tutto ciò che è stato e ciò che sarà sempre. Conosciutolo, uno supera la morte. Non c'è altra via per la liberazione.

10. Chi vede se stesso in tutte le creature e tutte le creature in se stesso giunge al Brahman supremo, non per un'altra causa.

11. Facendo del proprio corpo l'arani inferiore e della sillaba Om l'arani superiore, insistendo nella confricazione, ossia nella conoscenza, il saggio brucia il male (= Svet.Up., 1, 14).

12. Quando l'anima è avvolta dall'illusione, si ottiene un corpo e si agisce. Nello stato di veglia si è soddisfatti dei vari piaceri consistenti in donne, cibi, bevande e così via.

13. Nel sonno l'anima individuata gode felicità e dolori nei mondi creati dalla propria illusione. Nello stato di sonno profondo, scomparso ogni fenomeno, si esperimenta una forma di beatitudine, immersi nell'oscurità.

14. Ma per effetto delle azioni compiute in altre esistenze l'anima incorporata di nuovo passa allo stato di sogno e di veglia. Nei tre stati l'anima incorporata prova sentimenti di gioia e da essa [sorge] tutto questo bello, vario [mondo]. Il fondamento [di tutto] è [però il Brahman,] la beatitudine, l'intelligenza pura, in cui i tre stati di coscienza si riassorbono.

15. Da Esso nascono il respiro vitale, l'intelletto e tutti gli organi di senso, l'etere, il vento, la luce, le acque, la terra, sostegno di tutto (= M.Up., 2, 1, 3).

16. Quello che è il Brahman supremo, l'anima di ogni cosa, il principale sostegno d'ogni cosa, ciò che è più sottile del sottile, ciò che è eterno: Esso è te, tu sei il Tat.

17. Quando si riconosca ciò che si manifesta fenomenicamente negli stati di veglia, di sonno e di sonno profondo come il Brahman, come il se stesso, si è liberi da ogni vincolo.

18. Da ciò che appare nei tre stati di coscienza come oggetto di fruizione, o fruitore, o fruizione, da questi io sono distinto, io, l'eterno Siva, testimone [di tutto], puro pensiero 1.

19. Da me ogni cosa sorge, in me tutto è fondato, in me tutto scompare, io sono il Brahman, senza secondo.

SECONDO KHANDA

20. Io sono più piccolo di ciò che è piccolo, e del pari io sono grande, io sono questo variopinto universo, io sono il primordiale, il Purusa, il Signore d'oro, io sono Siva.

21. Senza mani e piedi, io ho potenza inconcepibile, io vedo senza occhi, io odo senza orecchie, io [tutto] conosco, io son di varia forma, nessuno mi conosce, io son sempre coscienza.

"22. Io sono colui che deve essere conosciuto per mezzo dei molti Veda, io ho creato il Vedanta, io conosco i Veda; né merito né demerito esistono per me, non distruzione, non rinascita, non corpo, non sensi, non intelletto."

23. Non terra, non acqua, non fuoco esistono per me, non vento, non etere. Conoscendo la natura dello Spirito Supremo, che è nascosto nel segreto [del cuore], che è senza secondo, che è privo di parti,

"24. che è il testimone di tutto, che è al di là di ciò che è e di ciò che non è, si raggiunge la pura natura dello Spirito Supremo"". Chi recita la litania satarudriya 2 diventa [come se fosse] purificato dal fuoco, dal vento, dall'Atman, è libero dal peccato d'aver bevuto bevande inebrianti, d'aver ucciso un brahmano, d'aver rubato oro, è libero dal peccato di non aver compiuto ciò che doveva compiere. Perciò, se recita questa preghiera sempre o anche una volta sola, l'asceta che ha superato gli asrama giunge a Colui che non ha [bisogno di aver] raggiunto la liberazione 3. Così s'ottiene quella conoscenza che distrugge l'oceano del ciclo delle esistenze. Perciò così conoscendo s'ottiene il kaivalya, il kaivalya s'ottiene."

Note alla Kayvalya upanisad:

1. Parla l'asceta che ha avuto l'esperienza dell'unità. Si noti che vengono ricordati i tre stati di coscienza menzionati in B.Up., 4, 3, non i quattro stati di coscienza della Mandukya Up.

2. La litania satarudriya è un inno del Yajurveda in onore di Rudra. Si è pensato che la Kaiv. Up. sia una sorta di esplicazione o di appendice di questa litania, ovviamente composta in ambiente sivaita.

3. Siva è per natura al di là di ogni condizionamento.



BASKALA-MANTRA UPANISAD

La Baskala-Mantra Upanisad (il titolo allude a una scuola del Rgveda) è un componimento che arieggia gli inni vedici. L'Upanisad appartiene invece a un'epoca piuttosto tarda: ciò si ricava sia dal contenuto tipicamente upanisadico, incentrato sul tema dell'unità di tutto l'esistente e della presenza in esso del supremo principio, sia dalla forma, che è un'imitazione dello stile del R. V., di cui moltiplica le caratteristiche morfologiche e sintattiche. Indra, presa forma d'ariete, rapisce in cielo Medhatithi (il mito è conosciuto da R. V., 8, 2, 40) e gli rivela la dottrina salvatrice, consistente nel riconoscere che tutto l'esistente si riassume in lui. Indra, che dal soma bevuto prende vigore per uccidere Vrtra che si nascondeva nelle viscere delle montagne, è il sole e il fuoco che porta le offerte agli dei, è il vento e la luna, è trascendente e immanente, tutto sorveglia e si trova nel profondo del cuore, è al di là d'ogni possibilità d'ottenimento, è tutto ciò che esiste.


1. Trasformatosi in ariete, il saggio Indra s'avvicinò a Medhatithi, figlio di Kanva, e lo rapì in cielo. Questi allora, con il fiato mozzo, interrogò [Indra] e lo pose davanti al punto principale:

"2. ""Chi mai sei tu, che differisci [da tutti] ? Io non ho proprio la possibilità di conoscere [chi tu sia]. Tu ti muovi graziosamente: vedendoti così, nessuno direbbe [che sei] un ariete."

3. Non hai toccato terra alzandoti. Chi mai è capace di saltare verso quel [cielo] ? Dì dunque chi sei tu, tu che sei il più sapiente di tutti. Il Brahman, che è costituito di gioia, non [ti] potrà toccare in modo nocivo.

4. Indra, che sorveglia gli uomini, toro che vince i più forti, trionfante, con la [sua] potenza veglia su di me. Il dio che compie imprese terribili [ti] colpisca con il forte [vajra], se non segui la legge.

5. Dove mi vuoi condurre contro la mia volontà? Dov'è la tua abitazione, o essere meraviglioso ? In qualche luogo nostro padre dorme, egli che non sa [che io sono stato] rapito né [conosce] il rapitore.

"6. [E anche lo ignorano gli dei] che abitano a occidente, a meridione, a oriente e nelle due altre direzioni. Eppure io non ho mai cessato di adorarli. Certamente non sanno che io mi trovo a tal punto del cammino, essi dall'apparenza ingannatrice, che non vengono a me""."

"7. L'altro, sorridendo, levò le sue angosce, dicendo: ""Qual pensi che sia il rifugio ? Senza averti condotto alla mia dimora io non lascio te che così protesti."

8. Fra i cantori io sono quello che dona [l'offerta], io son quello che consuma il succo di latte e soma. Io, vegliando su tutti i mondi, ho versato il nutrimento nella bocca degli dei.

9. Gli involucri dell'uovo cosmico sono la mia sede. Io sono distinto [dal fenomeno], io sono unito, io, il poderoso. Io [ho ucciso] il drago che abitava sulla montagna. Io, terribile, concedo pure l'aiuto per mezzo del forte [vajra].

10. Io ho trafitto le interiora delle montagne, ciò che Indra ha fatto con le [sue] armate'. Chi mai [mi] conosce? Chi [mi] rivelerà? Chi affronterà l'agguato del distruttore?

11. Chi ha veduto la protezione da me [concessa] a chi adora, il favore universale [donato] in tutti i mondi? Io per natura assumo ogni forma, grazie ai miei poteri, io che in realtà unico risplendo.

12. Io veglio su tutto, controllando da vicino. Chi altri ha mai raggiunto la mia grandezza? Io, distendendomi su cielo e terra porto la calda bevanda [dell'offerta] per la protezione delle creature.

13. Io conosco bene quella via del sacrificio, conosco l'ombelico dell'universo. Io, amico, padre, madre di questo universo, in ogni dove porto le fiamme del cielo e dell'atmosfera.

"14. Io ho conosciuto i Veda e i sacrifici, gli inni e le ricchezze; io faccio ardere quel [fuoco] che sembra sgorgare dalle acque celesti nel mezzo dell'oceano 2."

15. Io sono il sommo fuoco che il sacerdote adhvaryu ha acceso sui mattoni chiamati lokamprna, che [il cantore] esalta con i canti, quaggiù e nel cielo, superando i termini [del cielo] come un uccello [supera il limite] delle nubi.

16. Io, che mi muovo su un carro che non cade, con i mozzi a dodici raggi, ho una sola ruota 3. Io, risplendendo giorno dopo giorno, nutrendo il corpo, porto l'ambrosia.

17. Io, purificando in ogni dove le regioni del cielo, i punti cardinali e i punti intermedi, percorro l'universo. Io [come luna] ho deposto nel grembo [della terra] tutte le erbe medicinali, con le quali gli uomini adoranti possono soddisfare il mondo 4.

18. Io mi muovo nel mezzo dell'universo, raggiungendo i confini in alto e in basso. Colui che sa che io mi trovo nascosto nel segreto, costui è sul punto di raggiungere la quiete.

19. Io sono apparso qui sulla terra sotto cinque, dieci forme, sotto una sola forma, sotto mille, infinite forme. [Conoscendo che] questo universo è stato disteso da me, uno lo ottiene. Se [secondo alcuni] le cose stanno diversamente per quanto mi concerne, [costoro] non hanno la vera conoscenza.

20. Né il cantore giunge fino a me, né alcuno mi raggiunge con i canti [sacrificali], non chi digiuna o chi rende omaggio mi ha ottenuto. Eppure tutti da ogni parte s'avvicinano.

21. Dov'è la [bestia] nociva, dov'è l'animale da preda, dov'è mai l'ariete? Io sostengo tutto questo universo partitamente. Il fatto che le creature abbiano paura di me, dipende proprio soltanto dalla mia [natura]: esse non potrebbero divorare me, io potrei divorarle una dietro l'altra 5.

22. Poiché tu hai esercitato già prima in molti modi l'ascesi in onor mio, io mi sono trasformato in ariete per la tua buona sorte. Tu hai intrapreso il cammino della rettitudine per la tua fortuna: giungi dunque alla mia veritiera natura, che è unica.

23. Io sono la luce, io sono l'ordine cosmico, la liberazione dai legami, io sono quel che fu, che è, che sarà. Io sono te, io sono io e te. Sappi che tu sei me. Non dubitare per effetto della [tua mente troppo] semplice.

24. In verità io sono colui che tutti comanda, colui che sorregge, colui che prende ogni aspetto, sono Rudra che punisce, son Prajapati immortale, io sono il cigno privo di angosce, senza vecchiezza, antico, che si muove [sulle acque primordiali] 6.

"25. Io sono il cantore che in ogni dove si volge, che dappertutto è presente, che, supremo, veglia sugli uomini. Io sono dappertutto, io sono potente. Io soltanto sono tutto ciò che quaggiù esiste""."



note alla BASKALA
MANTRA UPANISAD:

1. L'ariete divino si paragona quindi a Indra ma non s'identifica con lui.
"2. Si allude al mito del fuoco sottomarino, prodotto dall'asceta Aurva per distruggere i suoi nemici e seppellito nell'acqua perché non bruciasse i tre mondi. [; poi noto che il fuoco è considerato figlio dell'acqua, forse perché il fuoco del lampo brilla nelle nuvole grevi di pioggia."

3. Colui che si muove su una sola ruota è il sole.

"4. La luna, per i rapporti che ha con l'alternarsi delle stagioni e quindi con lo sviluppo della vegetazione, è detta ""signora delle erbe medicinali""."

"5. Considerata la reale natura dell'ariete, scompaiono le interpretazioni legate al fatto puro e semplice del rapimento, che è legato all'apparenza. Nell'unità sostanziale dell'esistente sussiste tuttavia una dualità di divoratore e di divorato, per cui all'Assoluto può attribuirsi anche un aspetto terrifico. Aksan è congiuntivo di ghas, con a privativo; anuksam è forma riprodotta ipoteticamente sulla 3a prs. pl. e attribuita alla 1a prs. sing."

"6. Intendo praniti come nominativo d'un non attestato pranitin, ""del quale è propria la punizione"", e tamana, letteralmente ""senza respiro"", come sinonimo di ""immortale"", che è al di là del soffio vitale. Il cigno che vaga sulle acque primordiali è un'immagine abbastanza frequente per indicare l'anima universale prima della manifestazione dell'universo sensibile."




PRANAGNIHOTRA UPANISAD

"La Pranagnihotra Upanisad esalta il ""sacrificio giornaliero ai soffi"", ossia il pasto considerato, dopo la purificazione effettuata per mezzo di abluzioni e recitazioni di formule sacre, vediche o d'impronta vedica' come un'offerta alle diverse facoltà dell'uomo, assimilate a determinate deità. Cfr. Mahanarayana Up. Come l'oblazione s'offre nel fuoco, così il cibo s'offre nei cinque fuochi esistenti nel corpo dell'uomo, secondo teorie particolarmente sviluppate nelle scuole yoghiche. Esplicita è anche la correlazione tra momenti o elementi del sacrificio e membra o atteggiamenti dell'uomo, che assurgono a un valore sacrale. Mentre gli altri testi dello stesso genere riservano la pratica di questo rito a determinate categorie di iniziati, la Prana promette la liberazione a tutti, purché muoiano a Benares: e questo è un tratto tipicamente induista e denuncia l'epoca piuttosto tarda di questa Upanisad."

1-3. Ora esporremo il sacrificio [che si compie] nel proprio corpo, che costituisce l'essenza di tutte le Upanisad, che supera la conoscenza della trasmigrazione, nel quale l'inno sacro è costituito dal cibo: l'uomo infatti può liberarsi dal ciclo delle esistenze anche [persistendo] in questo corpo, pur senza celebrare l'agnihotra, pur senza il Yoga fondato sul samkhya 1.

"4. Secondo la regola propria [di questo rito, il sacrificante,] dopo aver deposto sul suolo il cibo, lo consacra con le tre [strofe che iniziano] ""Le erbe di cui Soma è il re"" e con le due [strofe che iniziano] ""O signore del cibo""."

"5. ""Le erbe di cui Soma è il re, numerose, dai cento aspetti, possano, per l'impulso di Brhaspati, liberarci dall'angoscia!"

6. Ricche di frutti e sterili, spoglie di fiori o piene, possano, per l'impulso di Brhaspati, liberarci dall'angoscia!

"7. Io ti lego insieme la pianta nagharisa (Costus Speciosus), che dà vita; che ti dia lunga vita e cacci da te i demoni!"

8. O signore del cibo, concedi a noi del cibo sano, rinvigorente! Fa prosperare colui che offre, concedi forza a noi, al [nostro] bestiame!

9 Quel cibo [che io mangio] spesso, impuro se prima toccato dai [demoni]

10. Rudra o dai Pisaca, il signore lo renda tutto senza pericolo e benefico! Al Signore, Svaha
"12. [Poi dice:] ""Tu agisci, [o Prajapati,] nell'interno delle creature, nel segreto, tu che volgi il volto in ogni"
direzione, tu sei il sacrificio, sei il Brahman, sei Rudra, sei Visnu, sei l'interiezione Vasat!

"13. Le acque sono luce; essenza, immortalità, Brahman! Bhuh, Bhuvah, Svah, Om! Onore [alle acque] 2!"

14. Le acque purifichino la terra ed essa, purificata, mi purifichi! [Le acque e] Brahmanaspati purifichino [la terra e questa,] purificata dal Brahman, mi purifichi!

"15-17. Se [ho mangiato] dei resti impuri, se ho commesso qualche cattiva azione, se ho accettato dei doni dagli indegni, di tutto mi purifichino le acque. [O acqua,] tu sei l'ambrosia, sei il giaciglio dell'ambrosia. Io libo questa ambrosia nel soffio vitale. In me, o caro, sei stato onorato 3. Al prana, Svaha! Svaha! Al vyana, Svaha! All'udana, Svaha! Al samana, Svaha!""."

18. Dicendo così, sacrifica al prana [tenendo il cibo] con il mignolo e il pollice, all'apana [tenendolo] con l'anulare [e il pollice], al vyana [tenendolo] con il medio [e il pollice], al samana [tenendolo] con l'indice [e il pollice], all'udana [tenendolo] con tutte [le dita].

19. In silenzio offre una sola [oblazione] al [fuoco] ekarsi, due al [fuoco] ahavaniya, una sola al [fuoco] daksina, una al [fuoco] garhapatya, una al [fuoco] sarvaprayascittiya (che tutto espia) 4.

"20. Poi, dopo aver sorbito l'acqua dicendo: ""Tu rivesti come coperta l'ambrosia, io ti uso per [ottenere] l'immortalità"", di nuovo prenda dell'acqua e di nuovo la sorbisca."

21. Dopo aver preso dell'acqua nella mano sinistra e aver toccato il cuore, mormori queste formule:

"22. ""Il soffio vitale è Agni, è l'Atman supremo avvolto dai cinque soffi: possa esserci sicurezza per tutte le creature! Possa non esserci per me timore!"


"23. Tu sei tutto, sei comune a tutti gli uomini, hai tutte le forme. Tutto ciò che nasce, da te è portato; in te [offerte], tutte le oblazioni [vanno] dove tu risiedi come [il dio] Brahma eternamente immortale""."

24. [Versa un po' d'acqua sull'alluce del piede destro dicendo]

"25. ""È il grande dio, questo essere che è posto nella punta del pollice 5. Io lo irroro d'acqua: esso alla fine di questo [rito si troverà] nella dimora degli immortali""."

"26. In verità sull'Atman bisogna meditare dicendo: ""Io faccio l'agnihotra""; [l'Atman] è infatti [come] il figlio di tutti [e quindi a tutti è caro]. Poi [il sacrificante] presenta le oblazioni per porre termine al sacrificio nel proprio corpo dicendo: ""Io porto a termine il sacrificio""."

27. Ci sono quattro fuochi sacrificali [nell'uomo]: come si chiamano?

"28. Qui [nel corpo] si trova un fuoco chiamato solare, che ha la forma d'un disco solare ed è avvolto da mille raggi 6; dopo essere divenuto l'ekarsi, si trova nella testa."

29. Il fuoco chiamato dentale ha la forma d'un quadrato e, dopo essere divenuto il fuoco ahavaniya, si trova nella bocca.

"30. Il fuoco chiamato corporeo favorisce la digestione, divora le oblazioni, ha la forma d'una mezza luna; dopo esser divenuto il fuoco daksina si trova nel cuore."

31. Il fuoco chiamato addominale, dopo aver consumato interamente nell'individuo ciò che si mangia, si beve, si lecca o si divora, dopo esser divenuto il fuoco garhapatya, si trova nella regione dell'ombelico.

32. Il [fuoco] prayascittiya sta sotto le tre donne (le tre arterie Ida, Pingala, Susumna) e, risplendente come la luna, effettua la procreazione.

33-34. Di questo sacrificio [celebrato] nel corpo, munito del palo sacrificale e della corda, chi è il sacrificatore? Chi è la signora? Chi sono gli officianti, i sovrintendenti, le coppe sacrificali, le oblazioni, l'altare principale, l'altare settentrionale, la coppa per raccogliere il soma, il carro, la vittima ?

35. Chi è l'adhvaryu, chi sono il hotar, il brahmanacchamsin (aiuto del sacerdote brahman), il pratiprasthatar (aiuto dell'adhvaryu), il prastotar (aiuto dell'udgatar), il maitravaruna (aiuto del hetar), l'udgatar, il dharapotar (sacerdote addetto alla purificazione dell'acqua)?

36. Quali sono le erbe sacre, il cucchiaio, la coppa per il burro chiarificato, le due libagioni di burro, le due porzioni di burro (per Agni e Soma), le offerte preparatorie, le offerte accessorie, l'offerta del latte?

37. Quali sono la recitazione degli inni, la recitazione della formula beneauspicante, qual è l'ahimsa 7, quali sono i quattro patnisamyaja (oblazioni a Agni, Tvastar, Soma e alle spose degli dei), che cosa è il palo, la corda, che cosa sono le offerte vegetali, il salario dei sacerdoti, la purificazione finale ?

38. Di questo sacrificio [celebrato] nel proprio corpo, munito del palo sacrificale e della corda, il sacrificatore è l'Atman, la signora è l'intelligenza, gli officianti sono i Veda, l'adhvaryu è l'io, il hotar è il pensiero,

39. il brahmanacchamsin è il prana, il pratiprasthatar è l'apana, il prastotar è il vyana, l'udgatar è l'udana, il maitravaruna è il samana,

40. l'altare principale è il corpo, l'altare settentrionale è il naso, la coppa per raccogliere il soma è la testa, il carro è costituito dai piedi, il cucchiaio è la mano destra, la coppa per il burro chiarificato è la mano sinistra,

41. le due libagioni di burro sono le orecchie, le due porzioni di burro (per Agni e Soma) sono gli occhi, il dharapotar è il collo,


42. i sovrintendenti sono gli elementi sottili, le offerte preparatorie sono gli elementi materiali, le offerte accessorie sono le qualità,

43. l'offerta di latte è la lingua, la recitazione degli inni è costituita dai denti e dalle labbra, la recitazione della formula beneauspicante è il palato,

44. i patnisamyaja sono memoria, compassione, tolleranza, rispetto per la vita (ahimsa),

45. il palo sacrificale è la sillaba Om, la corda è la speranza, il carro è la mente, la vittima è il desiderio, le erbe sacre sono i capelli, le coppe sacrificali sono gli organi di percezione, le oblazioni sono gli organi d'azione,

46. l'insieme delle offerte è il rispetto per la vita, il salario dei sacerdoti è la rinuncia,

47. la purificazione finale [si ottiene] con la morte.

48. Tutte le divinità sono così poste nel corpo.

49-50. L'uomo che muoia a Benares o reciti questo testo sacro, pur dopo una sola vita potrà ottenere la liberazione -  potrà ottenere la liberazione.




Note alla PRANAGNIHOTRA UPANISAD:

1. Ossia: pur senza pratiche dichiaratamente settarie.

"2. Questa formula è chiamata siromantra o ""formula capitale""."

3. L'interpretazione di questa frase è assai dubbia. A me sembra probabile che il celebrante si rivolga al proprio soffio vitale, che dal sacrificio compiuto ottiene vigore.

4. I fuochi del sacrificio corrispondono ai cinque fuochi interni (cfr. str. 28 sgg.).

5. Secondo la tradizione esoterica, sull'alluce del piede destro è prigioniero l'Atman-Brahman, che sarà liberato grazie a riti particolari, come in questo caso, o alle pratiche del Yoga.

6. Per meglio sottolineare l'assoluta proposta identità tra fuochi interni e fuochi del sacrificio, ai primi viene attribuita la forma che il rituale esigeva che avessero i secondi.

7. La domanda relativa all'ahimsa rimane senza risposta. Alle str. 44 e 46 infatti l'ahimsa, come del resto è normale, apparisce esigenza o qualità dell'uomo, non elemento del sacrificio.


ATHARVASIRAS UPANISAD

"L'Atharvasiras Upanisad, ""Culmine dell'Atharvaveda"", costituisce, insieme con le tre Upanisad che seguono, un esempio delle Upanisad settarie, di epoca piuttosto tarda, che identificano in una determinata divinità personale l'Assoluto impersonale cui era giunta la speculazione delle Upanisad più antiche. Essa è intesa a celebrare Rudra"
Siva, chiamato anche Isana o Mahesvara, nel quale si riconosce il Brahman, il principio unitario che tutto produce e in cui tutto ritorna, che dimora nel cuore dell'individuo e che tutto compenetra. Suo simbolo è la sillaba Om e soprattutto la quarta semilettera, ossia la risonanza nasale che permane dopo la pronuncia della sillaba. Alla fine del capitolo V si trova un accenno al costume di cospargersi testa e membra di cenere, proprio della setta dei Pasupata (attestata a partire dalla metà del primo millennio d. C.), che considerano le anime individuali come la bestia (pasu) legata alla corda (pasa) dell'ignoranza, che Siva tiene e che Siva potrà distruggere.

I

"Om! Gli dei si recarono nel mondo celeste e chiesero a Rudra: ""Chi sei?"". Egli rispose: ""Io sono l'Unico, io fai al principio, sono e sarò, nessun altro esiste che sia da me distinto. Io dall'interno [della materia primigenia] penetrai nell'interno [di ognuno], penetrai nell'interno dello spazio etereo. Io sono eterno e transeunte, visibile e invisibile, io sono il Brahman e il contrario del Brahman. Io sono l'oriente e l'occidente, il meridione e il settentrione, lo zenith e il nadir, io sono le regioni principali del cielo e le regioni intermedie. Io sono il principio maschile, il principio neutro e il principio femminile. Io sono la [sacra] gayatri, la savitri [rivolta al sole], io sono la tristubh [di undici sillabe], io sono la Jagati [di dodici sillabe], io sono l'anustubh [di otto sillabe], io sono l'inno sacro. Io sono il fuoco garhapatya, il fuoco daksina, il fuoco ahavaniya. Io sono la verità. Io sono la vacca. Io sono Gauri. Io sono il Rgveda, il Yajurveda, il Samaveda, "
le formule dell'Atharvaveda. Io sono il primigenio, l'ottimo, il migliore. Io sono l'acqua, il fuoco, io sono nascosto, io son l'eremita. Io sono ciò che è imperituro e ciò che è perituro. Io sono la ninfea azzurra, io sono ciò che purifica, ciò che è terrifico, ciò che è dentro e ciò che è fuori, io sono la luce [che vien] dall'oriente. Così io sono per tutti. Colui che mi conosce così, conosce tutti gli dei, tutti i Veda con le parti aggiuntive. E, con la mia forza, son io che rendo perfetto il Brahman per mezzo di [tutto] ciò che al Brahman si riferisce, la vacca per mezzo del toro, il brahmano per mezzo della dignità sacerdotale, l'oblazione con il burro chiarificato, la vita con il nutrimento,
"la verità con il [proferire il] vero, la giustizia con la giustizia"" 1."

Allora gli dei si rivolsero a Rudra, gli dei guardarono Rudra, gli dei meditarono su Rudra. Poi, alzando le braccia, gli dei pronunciarono l'elogio:

II

1. Om! Rudra è il Beato ed è pure Brahma: onore, onore
a lui!

2. Rudra è il Beato ed è pure Visnu: onore, onore a lui!

3. Rudra è il Beato ed è pure Skanda: onore, onore a lui!

4. Rudra è il Beato ed è pure Indra: onore, onore a lui!

5. Rudra è il Beato ed è pure Agni: onore, onore a lui!

6. Rudra è il Beato ed è pure Vayu: onore, onore a lui!

7. Rudra è il Beato ed è pure Surya: onore, onore a lui!

8. Rudra è il Beato ed è pure Soma: onore, onore a lui!

9. Rudra è il Beato ed è pure gli otto prenditori (cfr. B.Up., 3, 2, 1-9): onore, onore a lui!

10. Rudra è il Beato ed è pure gli otto superprenditori: onore, onore a lui !

11. Rudra è il Beato ed è pure Bhuh: onore, onore a lui!

12. Rudra è il Beato ed è pure Bhuvah: onore, onore a lui !

13. Rudra è il Beato ed è pure Svah: onore, onore a lui!

14. Rudra è il Beato ed è pure Mahah: onore, onore a lui!

15. Rudra è il Beato ed è pure la terra: onore, onore a lui!

16. Rudra è il Beato ed è pure l'atmosfera: onore, onore a lui!

17. Rudra è il Beato ed è pure il cielo: onore, onore a lui!

18. Rudra è il Beato ed è pure l'acqua: onore, onore a lui!

19. Rudra è il Beato ed è pure il fuoco: onore, onore a lui!

20. Rudra è il Beato ed è pure il tempo: onore, onore
a lui!

21. Rudra è il Beato ed è pure Yama: onore, onore a lui! 22. Rudra è il Beato ed è pure la morte: onore, onore a lui!

23. Rudra è il Beato ed è pure l'immortalità: onore, onore a lui!

24. Rudra è il Beato ed è pure lo spazio etereo: onore, onore a lui!

25. Rudra è il Beato ed è pure l'universo: onore, onore a lui!

26. Rudra è il Beato ed è pure la materia bruta: onore, onore a lui!

27. Rudra è il Beato ed è pure la materia sottile: onore, onore a lui!

28. Rudra è il Beato ed è pure il bianco: onore, onore a lui!

29. Rudra è il Beato ed è pure il nero: onore, onore a lui !

30. Rudra è il Beato ed è pure il tutto: onore, onore a lui !

31. Rudra è il Beato ed è pure la verità: onore, onore a lui!

32. Rudra è il Beato ed è pure il mondo: onore, onore a lui!

III

Bhuh è il tuo inizio, bhuvah è la metà, Svah è la testa. Tu sei l'onniforme, sei l'unico Brahma. Tu sei duplice, triplice, sei la pienezza, sei la pace, sei la prosperità. Tu sei ciò che è offerto e ciò che non può essere offerto, sei ciò che è dato e ciò che non è dato, sei il tutto e il contrario di tutto, l'intero e la parte, ciò che è fatto e ciò che non fu fatto, sei superiore a ogni perfezione, sei lo scopo supremo! Abbiamo bevuto il soma, siam diventati immortali, siamo entrati nella luce, abbiam trovato gli dei! L'inimicizia come potrebbe agir contro di noi, come potrebbe la frode degli uomini, o immortale?

(R.V., 8, 48, 3).

Anteriore al sole e alla luna è lo spirito sottile. Ma questa sillaba [Om] con la propria forza inghiotte tutto ciò che è contenuto nell'universo, ciò che deriva da Prajapati, ciò che è sottile, ciò che è simile al soma, lo spirito, ciò che è afferrabile per il [fatto di essere] non afferrabile, l'essere con il suo essere, ciò che è simile al soma per il [fatto di essere] simile al soma, ciò che è sottile per il [fatto di essere] sottile, ciò che è simile al vento per il [fatto di essere] simile al vento. Onore, onore a essa, alla distruggitrice, alla grande inghiottitrice!

Nel cuore sono poste tutte le divinità, nel cuore son fissati tutti i sensi, nel cuore stai tu che sempre domini le tre lettere [A, U, M].

La testa è volta a Nord, i piedi a Sud. Rivolto a Nord è il suono Om, il suono Om è la sillaba santa (pranava), il pranava è onnipresente, l'onnipresente è infinito, l'infinito è salvifico, il salvifico è sottile, il sottile è puro, il puro è simile al lampo, ciò che è simile al lampo è il Supremo Brahman, il Supremo Brahman è l'Uno, l'Uno è Rudra, Rudra è il Signore, il Signore è il Beato Mahesvara.

IV

Ma perché è chiamato il suono Om ? Perché non appena è pronunciato fa sollevare tutti i soffi vitali. Per questo è chiamato il suono Om.

Ma perché è chiamato pranava ? Perché non appena è pronunciato fa rivolgere ai brahmani (pranamayati) e rende favorevole la scienza sacra composta dal Rgveda, dal Yajurveda, dal Samaveda e dall'Atharvaveda. Per questo è chiamato pranava.

Ma perché è chiamato onnipresente? Perché non appena è pronunciato arriva in tutti i mondi come l'olio in una focaccia di sesamo, quietamente compenetrandosi e immedesimandosi in [ogni singolo mondo, a sua volta] fondato e intessuto [su un altro fondamento]. Per questo è chiamato l'onnipresente.

Ma perché è chiamato infinito ? Perché non appena è pronunciato il suo limite non può essere scorto né di traverso, né sopra, né sotto. Per questo è chiamato infinito. Ma perché è chiamato salvifico? Perché non appena è pronunciato libera e salva dal grande terrore del concepimento, della nascita, delle malattie, della vecchiezza, della morte, della trasmigrazione delle anime. Per questo è chiamato salvifico. Ma perché è chiamato puro (sukla)? Perché, non appena è pronunciato, risuona (klandate) e stanca (klamayati). Per questo è chiamato puro.

Ma perché è chiamato sottile? Perché, non appena è pronunciato, diventato sottile si impadronisce dei corpi e domina tutte le membra. Per questo è chiamato sottile. Ma perché è chiamato simile al lampo? Perché, non appena è pronunciato, rende luminosa [ogni cosa] nella grande oscurità [del mondo] sensibile. Per questo è chiamato simile al lampo.

Ma perché è chiamato il Supremo Brahman? Perché supera ogni perfezione, è lo scopo supremo. Potente (brhat) con la potenza rende forti (brnhayati). Per questo è chiamato il Supremo Brahman. Ma perché è chiamato l'Uno? Perché dopo aver divorato tutti i soffi vitali assorbendoli, egli, eterno, li raccoglie e poi li riemette: [allora] gli uni vanno al loro padrone, altri verso il loro, altri si dirigono a Sud, a Est, a Nord, a Ovest. Il punto di raccolta di tutti è qui e insieme [ad essi], diventato unico, egli si muove. Per questo è detto l'Unico fra le creature.

Ma perché è chiamato Rudra? Perché soltanto i saggi (rsi) scorgono subito (dru-tam) la sua essenza e non gli altri fedeli. Per questo è chiamato Rudra.

"Ma perché è chiamato Signore, egli che domina tutti gli dei con la potenza creatrice e suprema? ""A te, o eroe, noi eleviamo il canto, come vacche non ancora munte, o Indra, [a te] che sei il signore di ciò che si muove, che sei l'occhio del cielo, che sei il signore di ciò che è stabile"" (R.V., 7, 32, 22). Per questo è chiamato il Signore."

"Ma perché è chiamato Beato (Bhagavat) Mahesvara ? Anche i fedeli (bhakta) hanno parte della conoscenza e [così egli li] favorisce; egli riassorbe in sé e di nuovo ricrea la parola [del Veda] e, avendo rinunciato a ogni apparenza, si esalta e grande rimane attraverso la conoscenza dell'Atman e la potenza del yoga. Per questo è chiamato il Beato Mahesvara."

Questa dunque è la storia di Rudra.

V

"Questo dio pervade tutte le regioni; nacque per primo e ancora è nel grembo; è nato e nascerà; è rivolto verso gli uomini, ma pure volge ovunque lo sguardo (= Svet. Up.,"
2, 16).

Unico è Rudra. [Onore a Lui] che non ha un secondo, che domina questo mondo come sovrano assoluto. Egli, rivolto verso le creature, al tempo della distruzione riassorbe tutti gli esseri, egli che li aveva creati e ne era il protettore (= Svet. Up., 3, 2, con varianti). Colui che, unico, è signore d'ogni matrice, colui per opera del quale tutto questo universo si muove: quando si riconosce questo signore, questo spirito, come il dio da adorare, si giunge per sempre alla pace suprema. (= Svet. Up., 4, 11, con varianti).

Quando si sia lasciata la terra, origine della rete costituita dal nesso causale, e saggiamente si sia deposto in Rudra [il karman] accumulato, si riconosce in Rudra l'Unità, eterna, primordiale, che con l'energia creatrice fa sì che le creature pieghino i lacci della morte.

Con la quarta semilettera [del suono sacro Om], una volta che sia penetrata nell'anima, si conquista la pace, la liberazione delle creature dai vincoli.

"La prima lettera [del suono Om], sacra a Brahma, è rossa quanto al colore; chi la medita sempre giunge al mondo di Brahma."

"La seconda lettera, sacra a Visnu, è nera quanto al colore; chi la medita sempre giunge al mondo di Visnu."

"La terza lettera, sacra a Isana, è bruna quanto al colore; chi la medita sempre giunge al mondo di Isana."

"La quarta semilettera, sacra a tutti gli dei, impercettibile, vaga per il cielo, pura, simile al cristallo quanto al colore; chi la medita sempre giunge al mondo della felicità."

Perciò bisogna venerare questa [sillaba]. Gli asceti dicono che è senza suono (avak), né c'è possibilità di percepirla. Questa è la via rivolta a settentrione per la quale gli dei, i Mani, i veggenti giungono allo scopo supremo, superiore a ogni perfezione. Essa è grande come la punta d'un capello, sta nel mezzo del cuore, è un dio onnipresente, è d'oro, è desiderabile. Per coloro che, saggi, la scorgono nel profondo dell'animo, per costoro c'è la pace, non per gli altri. In essa avendo abbandonato l'ira, il desiderio, la terra e il suo contrario, origine della rete costituita dal nesso causale, avendo saggiamente riposto in Rudra il [karman] accumulato, si riconosce che Rudra è l'Unità. Rudra invero per l'eternità, la primordiale forza creatrice, l'ascesi, è il dominatore. Ciò che si chiama fuoco è cenere, ciò che si chiama vento è cenere, ciò che si chiama acqua è cenere, ciò che si chiama terra è cenere, cenere è il cielo, tutto è cenere, l'intelletto e anche gli occhi. Poiché il voto dei Pasupata è di cospargersi le membra di cenere, perciò questa è la formula rituale dei Pasupata, affinché ci sia per le creature la liberazione dai lacci.

VI

A Rudra che è penetrato nel fuoco, nelle acque, nelle erbe e nelle piante, che tutti i mondi ha creato, a Rudra sia reso omaggio, [come] ad Agni.

A Rudra che è penetrato nel fuoco, nelle acque, nelle erbe e nelle piante, che tutti i mondi ha creato, a Rudra onore, onore!

A Rudra che è nelle acque, nelle erbe e nelle piante, che sorregge alto l'universo, che, sostegno della terra, la sorregge sotto due o tre forme, insieme con i serpenti che son nell'atmosfera, a Rudra onore, onore!

Dopo che Atharvan cucì insieme la testa e pure il cuore, il soma dal cervello fa piovere l'energia vivificatrice, dalla testa. In verità la testa di Atharvan è il ben chiuso ricettacolo dei sensi: infatti il prana difende la testa e pure [la difendono] il cibo e la mente 2.

Non le regioni celesti, non l'atmosfera, non questi mondi sono protetti dagli dei: in Lui tutto questo universo è contesto, diversa da Lui non c'è altra cosa.

Non c'è cosa anteriore a Lui o posteriore, nulla che fu o che sarà. Egli fa volgere così questo universo dopo averlo penetrato con mille piedi e una sola testa.

"Il tempo è sorto dall'eternità, dal [principio del] tempo si dice che Egli tutto pervade. Tutto pervade infatti il beato Rudra. Quando giace volgendo le sue spire 3, Rudra assorbe allora le creature. Quando esala il respiro, nascono le tenebre, nelle tenebre sorgono le acque; quando con un dito agita le acque, l'[acqua] agitata diventa fredda, nel freddo diventa schiuma, dalla schiuma nasce un uovo, dall'uovo Brahma, da Brahma il vento, dal vento la sillaba sacra Om, dalla sillaba sacra la savitri, dalla savitri la gayatri, dalla gayatri nascono i mondi."

"Si lodano l'ascesi e la verità perché stillano quel miele che sempre persiste (ossia la liberazione). In verità questa è la suprema ascesi, è la formula ""Le acque, la luce, il succo, l'immortalità, il Brahman! Bhuh, Bhuvah, Svah! Om!"". Onore!"

VII

"Il brahmano che studi questo ""Culmine dell'Atharvaveda"", se è ignorante della scienza sacra diventa dotto, se non è iniziato diventa iniziato, è purificato da Agni, è purificato da Vayu, è purificato da Surya, è purificato da Soma, è purificato dalla verità, è conosciuto da tutti gli dei, è meditato da tutti i Veda (ai quali diventa superiore), è [come se si fosse] bagnato in tutti i luoghi sacri, esegue tutti i sacrifici. [È come se] mormorasse sessantamila volte la gayatri, centomila volte le storie e le leggende antiche e le lodi di Rudra, diecimila volte la sillaba sacra Om. Purifica fin dove arriva il suo sguardo. Purifica fino alla settima generazione. Così ha promesso il Beato."

"Chi recita una volta questo ""Culmine dell'Atharvaveda"" diventa virtuoso, puro, conscio [del valore] delle sue azioni. Se la recita due volte, raggiunge [Siva,] signore delle schiere divine. Se la recita tre volte penetra così nella verità che è la sillaba Om. La verità, Om! La verità, Om!"

Note:
1. È quindi Rudra colui che agisce nelle più varie evenienze.

"2. Le due strofe appartengono ad Atharvaveda, 10, 2, 26-27, le lezioni del quale testo ho seguito. Con esse, inserite bruscamente in un contesto estraneo, l'autore giustifica il titolo dell'Up. e sembra pressappoco voler dire: dell'uomo, creato da Atharvan (il sacerdote inventore del culto del fuoco), la parte principale è la testa, dove sale il soma che purifica e dà energia e dove si trovano le principali facoltà dell'uomo, ossia il respiro, la capacità di cibarsi e il pensiero; questa Up., che è ""la testa di Atharvan"", come tale deve perciò essere onorata e recitata."

"3. Il serpente è associato a Siva, alle cui braccia s'attorciglia; più spesso è rappresentato come il giaciglio dove giace Visnu nel sonno cosmico che precede l'inizio dell'evoluzione dell'universo."




MUDGALA UPANISAD

La Mudgala Upanisad prende il titolo dal nome d'un asceta vedico, cui nel Mahabharata viene attribuita particolare costanza nel ricercare la pace suprema rifiutando ogni allettamento di gioie anche celesti. Essa è un documento del tentativo d'armonizzare dottrine indù con la tradizione vedica, il cui studio vien raccomandato: interpreta infatti alla luce della teologia visnuitica il celebre Purusasukta (R.V., 10, 90), o inno del macrantropo primigenio, dalle cui membra si generò tutto l'esistente. Secondo il sistema dei Pancaratra, che s'afferma forse nei secoli intorno all'era volgare, Visnu, chiamato anche Vasudeva, Krsna, Hari, Narayana, e qui identificato con il Brahman e con il Purusa, ha quattro manifestazioni o emanazioni (vyuha), che portano nomi di persone appartenenti alla leggenda di Krsna e che rappresentano le tappe successive dell'evoluzione, per cui dal primo principio si sviluppa il mondo delle cose e delle creature. I quattro vyuha sono Visnu-Vasudeva, origine di tutto e autore della liberazione, Sankarsana (materia primigenia e anima universale), Pradyumna (origine razionale del cosmo), Aniruddha (coscienza individuale, individuazione empirica dell'Assoluto, attiva nel mondo). Esposta la teologia visnuitica, che comporta l'abbandono al dio, l'Up. parla delle varie apparizioni del Brahman, che è la cosa più alta ai vari livelli, ma che in realtà è al di fuori d'ogni condizionamento, e conclude enunciando le regole dell'apprendimento e i frutti della raggiunta conoscenza.


I

Io sono il Brahman perfetto, oggetto del famoso Purusasukta, costituito di felicità assoluta, noto con il nome di Sommo Purusa.

1. Noi esporremo delle considerazioni sul significato del Purusasukta. Nella Purusasamhita 1 si parla succintamente del significato del Purusasukta 2.

"[Nella strofa che comincia con le parole] ""Mille teste egli possiede"", la parola Sa (= Egli) indica l'Infinito. E così le parole ""di dieci dita le sovrastò"" significano che s'estende per infinito spazio."

2. Con la prima [strofe] si parla dell'onnipresenza di Visnu per quanto riguarda lo spazio. Con la seconda si parla dell'onnipresenza di Visnu per quanto riguarda il tempo.

"3. Con la terza 3 s'afferma che Visnu concede la liberazione. Con la strofe iniziante con etavan (""tanta è la sua grandezza"") s'asserisce la potenza di Visnu."

"4. Con la stessa strofe alternativamente si dice che [Visnu] può avere quattro vyuha. Con la strofe iniziante con tripad (""per tre quarti"") si celebra la potenza di Aniruddha 4."

"5. Con la [quinta strofe] iniziante con ""Da lui Viraj [è sorto]"", si parla della nascita della prakrti e del purusa da Pada Narayana, ossia da Visnu."

"6. Con la [sesta strofa] iniziante con ""Quando gli dei"", si parla del sacrificio della creazione e [si dice che] sette furono i paridhi 5 e i legni combustibili."

"7. Con la [settima strofe] iniziante con ""Come sacrificio"", si parla del sacrificio della creazione, e con essa si parla pure della liberazione 6."

"8. Con la [strofe ottava] iniziante con ""Da questo"", si parla della creazione delle creature viventi. Con le due strofe inizianti con ""Io conosco"", si parla della potenza di Visnu 7."

"9. Con la [sedicesima strofe] iniziante con ""Col sacrificio"", si riassume ciò che riguarda la creazione e la liberazione. Colui che così ciò conosce potrà essere liberato."

II

"Ora nella Mudgala Upanisad viene spiegata diffusamente l'eccellenza del Purusasukta. Dopo aver esposto la conoscenza del Bhagavat a Indra 8 che s'era inchinato per ascoltare [spiegazioni] sottili, Vasudeva ancora gli insegnò ciò che costituiva il segreto più alto per mezzo dei due Purusasukta, ossia delle due sezioni. Si dice [infatti] che ci son due sezioni [del Purusasukta]. Il Purusa, che è denominato come Sa, dopo aver lasciato il mondo che non è percepibile con la conoscenza da chi ha nome e forma (ossia dall'individuo), e che è estremamente difficile a conoscersi per chi è immerso nel samsara, per il desiderio di salvare gli dei e le altre [creature] tormentate dalle afflizioni e cose simili, assunse un aspetto fausto in tutte le infinite parti [del suo corpo], datore di liberazione al solo guardarlo. Con questa forma penetrò nel mondo, costituito dalla terra e così via, superando la misura d'infinite miglia. Il Purusa Narayana era ciò che è stato, ciò che era sul punto di accadere e ciò che sarebbe stato. Ed era pure colui che garantiva la liberazione a tutti. Ed Egli è più grande d'ogni grandezza, nessuno gli è superiore. Il grande Purusa, essendosi diviso in quattro parti, con tre rimase nel cielo più alto. Con la quarta parte, ossia Aniruddha Narayana, tutte le cose vennero all'esistenza. Come Pada Narayana creò la materia per formare il mondo. Poiché era perfetto nel corpo, non poteva produrre l'opera della creazione. Aniruddha Narayana [creò quindi Brahma 9 e] gli insegnò il modo di creare. ""O Brahma, avendo considerato i tuoi organi di senso come i sacerdoti del rito, avendo considerato il solido corpo con le sue giunture, che costituisce l'involucro, come l'oblazione, avendo considerato me come il fruitore dell'oblazione e la primavera come il burro sacrificale, l'estate come il combustibile, l'autunno come il succo [sacrificale], e avendo così gettato nel fuoco l'oblazione, il [tuo] corpo è considerato, per il contatto corporeo, come Vajra 10. Di poi avendo creato le anime di tutte le creature con i loro doveri e [le anime di coloro] che appariranno in futuro, ecco che il mondo costituito di cose immobili e mobili è fatto"". Bisogna meditare sul fatto che attraverso la relazione esistente tra le anime e il Sé universale, s'è descritta anche la natura della liberazione finale. Colui che conosce il sacrificio della creazione [conosce] la natura della liberazione e ottiene una vita completa."

III

"Il dio che è unico, penetrato in varie apparizioni, nasce, l'innato, in varie forme. Gli adhvaryu lo venerano come Agni; dicono infatti che è il yajus, poiché controlla (yunakti) tutto questo universo 11. I chandoga [lo venerano] come saman, poiché su di esso tutto l'universo si fonda 12. I serpenti [lo venerano] come il veleno. I conoscitori dei serpenti come il serpente. Gli dei come il vigore, gli uomini come la ricchezza, gli asura come la forza creatrice [degli dei], i Mani come l'oblazione funebre, gli esperti nella scienza degli esseri sovrannaturali come un essere sovrannaturale. I gandharva [lo venerano] come un'apparizione trascendente, le apsaras come un gandharva. Come lo si venera, così si diventa. Perciò il brahmano riconosca l'identità del proprio io con il Brahman supremo configurato come Purusa. Colui che così sa, acquista questa natura."

IV

Il Brahman è al di là delle tre afflizioni, è libero dai sei veli, ha superato i sei flutti [dell'esistenza], è al di là dei sei involucri, è privo delle sei modificazioni inerenti all'esistenza, è libero da tutte queste e altre simili caratteristiche.

Le afflizioni, che possono sorgere da se stessi, da altre creature e dalle forze divine [della natura], sono triplici e [riguardano] colui che agisce, l'azione, ciò che deve essere fatto, colui che conosce, la conoscenza, ciò che deve essere conosciuto, colui che fruisce, la fruizione, ciò che deve essere fruito. I sei veli sono pelle, carne, sangue, ossa, nervi, midollo. I sei nemici sono il desiderio, l'ira, la cupidigia, la follia, l'orgoglio, l'invidia. I cinque involucri sono costituiti di cibo, soffio, manas, conoscenza e beatitudine. Le sei condizioni sono l'individuazione (= concepimento), la crescita, la maturità, la decadenza, la distruzione. Le sei onde sono fame, sete, affanno, follia, vecchiezza, morte. I sei errori sono la famiglia, la stirpe, la casta, la classe sociale, lo stadio della vita, le circostanze esteriori. Attraverso l'unione con questi [condizionamenti] lo Spirito Supremo s'individualizza, non altrimenti.

"Chi sempre studia questa Upanisad è [come se fosse] purificato dal fuoco, dal vento, dal sole; è privo di malattie, è eminente, diventa ricco in figli e nipoti, diventa dotto, si libera dai grandi peccati, è libero dal [peccato di] aver bevuto liquori, di aver frequentato donne proibite, di aver attentato alla madre, alla figlia o alla nuora, è libero dal [peccato di] aver rubato dell'oro, di aver abbandonato la [propria] ara sacrificale e il proprio ambiente, è libero dal [peccato di] non obbedire al maestro, di aver sacrificato per un indegno, di aver mangiato ciò che non era lecito, di aver ricevuto doni da un fuoricasta, è libero dal [peccato di] aver avvicinato la donna d'altri, non è più oppresso da passioni, ira, cupidigia, follia, invidia e così via. E libero da ogni male, diventa il Purusa già in questa vita."

Perciò non bisogna rivelare questa interpretazione del Purusasukta, che è un segreto assoluto, un segreto regale conosciuto soltanto dagli dei, più segreto del segreto, a chi non sia consacrato, a chi non sia dotto nei Veda, a chi non pratichi i riti sacrificali, a chi non sia devoto di Visnu, a chi non pratichi il Yoga, a chi parli troppo, a chi dica cose spiacevoli, a chi si sia dedicato allo studio da meno di un anno, a chi sia scontento, a chi non abbia studiato i Veda.

Invero il maestro che così sappia, se è saggio, deve rivelare il significato del Purusasukta in un luogo puro, sotto una costellazione favorevole, dopo aver controllato i suoi soffi e aver meditato sul Purusa, al discepolo che gli sta vicino, [parlandogli] all'orecchio destro. Non deve parlare in modo vario, [altrimenti] si esaurirebbe. Deve dare istruzioni all'orecchio più d'una volta.

Così facendo, sia lo studente sia il maestro già in questa esistenza diventano il Purusa. Questa è l'Upanisad.

La parola s'è stabilita nella mia mente! Pace!

Note:
1. Raccolta peraltro non identificata.

2. Riporto il Purusasukta nella traduzione di VALENTINO PAPESSO, Inni del Rgveda, Bologna, 1929-31, vol. 2°, pp. 148-151.

"1) Il Purusa aveva mille teste, mille occhi, mille piedi; egli, avendo circondato da ogni parte la terra, le sovrastò ancora di dieci dita."

2) Il Purusa è tutto questo (universo), ciò che fu e ciò che sarà. Ed è signore dell'immortalità [degli dei] che cresce sempre più mediante il cibo (sacrificale).

3) Tanta è la grandezza di lui, e anche più grande di così è il Purusa: un quarto di lui sono tutti gli esseri, tre quarti di lui è l'immortale nel cielo.

"4) Per tre quarti il Purusa alto salì, un quarto di lui si riprodusse qui [in questo mondo]; di qui si è disteso in tutte le direzioni, in ciò che mangia e in ciò che non mangia."

5) Da lui nacque Viraj, da Viraj il Purusa. Egli come nacque sorpassò la terra di fronte e da tergo.

6) Quando gli dei distesero [apprestarono] il sacrificio col Purusa come offerta, la primavera fu il burro fuso, l'estate la legna, l'autunno l'oblazione.

"7) (Come) sacrificio il Purusa, nato nel principio, aspersero sul barhis; lo sacrificarono gli dei, i Sadhya e i veggenti (rsi)."

8) Da questo sacrificio completamente offerto fu raccolto il burro fuso, spruzzato (con latte acido): ne fecero gli animali dell'aria, della foresta e del villaggio.

9) Da questo sacrificio completamente offerto nacquero le rc e i saman, da questo nacquero i chandas, da questo il yajus.

"10) Da questo nacquero i cavalli e le bestie che da entrambe le parti [sopra e sotto] hanno i denti (incisivi); da questo nacquero i buoi, da questo nacquero le capre e le pecore."

11) Quando divisero il Purusa, in quante parti lo fecero? Che cosa (è chiamata) la sua bocca, che le braccia, che cosa sono chiamate le coscie e i piedi?

12) Il brahmana fu la sua bocca, le braccia divennero il rajanya [il guerriero], le sue coscie il vaisya, dai piedi nacque il sudra.

"13) La luna nacque dalla mente, il sole nacque dall'occhio; dalla bocca Indra e Agni, dal respiro nacque Vayu."

14) Dall'ombelico originò l'atmosfera, dalla testa il cielo, dai piedi la terra, dall'orecchio i punti cardinali: così formarono i mondi.

15) Sette furono i legni recingenti (il fuoco) [paridhi], tre volte sette legni da bruciare furono posti, quando gli dei distendendo il sacrificio legarono il Purusa (come) bestia sacrificale.

16) Col sacrificio gli dei sacrificarono al sacrificio: questi furono i primi usi. Questi potenti tennero dietro nel cielo, dove sono gli antichi Sadhya, gli dei.

3. In realtà si tratta del secondo verso della seconda strofa. In quanto signore dell'immortalità, Visnu è l'autore della liberazione.

"4. Aniruddha è la quarta parte del Supremo Principio che appare sulla terra. Subito dopo è chiamato Pada Narayana, ossia la quarta parte di Narayana, e rappresenta l'energia attiva della divinità agente nel mondo; da essa si producono la materia primigenia e il principio che la vivifica, individuazione funzionale dello Spirito Supremo, lo stesso nome del quale porta."

5. I paridhi sono dei pezzi di legno fresco posti attorno al fuoco del sacrificio per delimitarlo.

6. Conoscere la verità sull'origine dell'universo, ossia sul sacrificio originario, significa raggiungere la liberazione, la quale ovviamente s'ottiene ricreando in sé quel sacrificio di se stessi, offrendo quindi se stessi al dio, il che significa abbandonarsi a lui con devozione fidente.

"7. Le strofe inizianti con ""lo conosco"" fan parte della litania Uttara Narayana, che è la seconda parte del Purusasukta, si trova in Vajasaneyi Samhita, 31, 8 sg. ed esalta la potenza del Purusa, unica salvezza e fonte d'ognuno."

8. Indra è il rappresentante della religione vedica, cui Vasudeva insegna i principi della nuova religione.

9. Brahma è il demiurgo che crea, o meglio organizza, la materia originaria, per mezzo del sacrificio di se stesso. La sua funzione è quella di superare in qualche modo il vuoto che esiste tra il principio spirituale e la materialità delle cose.

10. Ossia: tu diventi manifestazione sensibile dell'Assoluto. Talvolta vajra indica infarti un vyuha.

11. Lo adorano come la divinità suprema, identificando fuoco e formula sacra, che entrambi sono collegate con il sacerdote officiante. Per altra etimologia di yajus, cfr. B.Up., 5, 13, 2.

12. Tutte le singole parti dell'universo sono simili (sama) al dio supremo, che perciò è il vero fondamento. Cfr. B.Up., 1, 3, 22.




GANAPATI UPANISAD

"La Ganapati Upanisad, detta anche Atharvasirsa Up., ""testa dell'Atharvaveda"" (ossia da recitarsi prima delle formule atharvaniche), è dedicata all'esaltazione di Ganapati o Ganesa, divinità del seguito di Siva o figlio di Siva, il cui culto, ancor oggi vivo nell'India, soprattutto nel Maharastra, ebbe un periodo di particolare fioritura intorno al X secolo d. Cr. Ganapati, che è raffigurato con la testa d'elefante, una sola zanna, un ventre prominente ed è il dio della saggezza (viene generalmente invocato all'inizio delle opere letterarie perché rimuova gli ostacoli), è identificato con l'Assoluto, di cui è la forma visibile: da ciò l'epiteto di Saccidananda, ""costituito di essere, di pensiero e di beatitudine"" con cui è invocato nella str. 4. A chi conosce il versetto magico (str. X) e lo integra con altre osservanze sono promesse sapienza, ricchezza, infine la liberazione. Come le altre Upanisad settarie, anche la Ganapati Up. si propone di dare un testo in armonia con le dottrine genericamente chiamate vediche a culti largamente diffusi di divinità popolari."



"1. Om ! Onore a te, che sei Ganapati! Tu sei [la formula] ""Questo sei tu"" resa visibile. Tu solo sei il creatore. Tu solo sei il conservatore. Tu solo sei il distruttore. Tu solo sei [la formula] ""Tutto questo universo è Brahman"" 1. Tu sei l'Atman reso visibile, per sempre!"

2. [Dicendo ciò,] io esalto l'ordine cosmico, io esalto la verità.

3. Proteggi me! Proteggi il [maestro] che parla, proteggi il [discepolo] che ascolta, proteggi colui che dà, colui che elargisce [l'insegnamento], proteggi colui che ripete, proteggi l'allievo. Proteggi di dietro, proteggi davanti, proteggi da sinistra, proteggi da destra, proteggi di sopra, proteggi di sotto, proteggimi sempre, proteggi da ogni parte!

4. Tu sei costituito di parola, tu sei costituito di pensiero, tu sei costituito di beatitudine, tu sei costituito di Brahman. Tu sei l'unico, o tu che sei costituito di essere, pensiero e beatitudine. Tu sei il Brahman reso visibile. Tu sei costituito di conoscenza [assoluta], sei costituito di conoscenza distintiva 2.

5. Tutto questo mondo nasce da te. Tutto questo mondo per te sta saldo. Tutto questo mondo in te si dissolverà. Tutto questo mondo verso di te si volge. Tu sei la terra, l'acqua, il fuoco, il vento, il cielo. Tu sei le quattro parti della parola 3.

6. Tu sei al di là dei tre elementi costitutivi [della materia], sei al di là dei tre stati [dell'anima, veglia, sogno, sonno profondo], sei al di là della triade individuale di corpo, [pensiero, parola,] sei al di là del tempo che è triplice (passato, presente, futuro). Tu sempre sei fondato sulla radice [dell'universo]. Tu sei costituito della triplice forza [creatrice, conservatrice, distruttrice], su di te i yogin meditano continuamente. Tu sei Brahma, sei Visnu, sei Rudra, sei Indra, sei Agni, sei Vayu, sei il sole, sei la luna, sei la formula sacra Bhuh, Bhuvah, Svah.

7. Dopo aver pronunciato la prima [lettera] della parola guna (G) e subito dopo la prima delle vocali (A), rimane da ultimo l'anusvara (M). Questa sillaba (Gam), segnata [anche] con la mezza luna 4, quando è unita alla [sillaba] salvatrice (ossia Om), in verità è la vera formula della preghiera: essa ha per prima parte G, per parte mediana A, per ultima parte M ed è sormontata da un punto. L'intonazione nasale è ciò che unisce [gli elementi della sillaba], il fatto di pronunciarli insieme costituisce la [loro] unità. Questa è la scienza di Ganesa, il metro è una gayatri difettosa, la divinità è Ganapati 5.

8. OM, Gam! Rendiamo omaggio al dio che ha un solo dente, meditiamo sul [dio] che ha la proboscide curva, ciò che noi chiediamo il dio [dalla testa di] elefante possa concederci!

9. Ha un solo dente, ha quattro mani, porta nelle mani il laccio, ha il pungolo, [con la terza mano fa] il gesto di allontanar la paura, [con la quarta] il gesto di donare, ha un topo sullo stendardo, ha il ventre rosso e prominente, le orecchie sembrano dei ventilabri, rossa è la veste, cosparse di rosso sandalo le membra, lo si onora con fiori rossi. Compassionevole verso i devoti, il dio è l'immortale causa del mondo, si manifesta all'inizio della creazione, è superiore alla prakrti e al purusa 6. Il yogin che così medita su di lui è sommo tra i yogin.

10. Onore al sire dei Vrata! Onore al signore dei Gana! Onore al signore dei Pramatha 7! Onore a te, che hai il ventre prominente, che hai un solo dente, che distruggi gli ostacoli! Onore al figlio di Siva, a colui che è l'immagine della grazia!

11. Chi recita questo testo, quintessenza dell'Atharva Veda, diventa una sola cosa con il Brahman, non è avvinto da legami, sempre gode felicità ed è libero dai cinque peccati capitali 8. Chi lo recita di sera distrugge i peccati compiuti durante il giorno, chi lo recita di mattina distrugge i peccati compiuti nella notte, chi lo recita sera e mattina rimane senza peccato, chi lo recita sempre non trova alcun ostacolo e realizza dharma, artha, kama e moksa. Non bisogna rivelare questo testo a chi non è degno di essere ammaestrato. Se mai uno lo rivelerà per errore commetterà peccato. Qualunque desiderio si formuli, con questo si soddisferà, dopo aver ripetuto questo [mantra] mille volte.

"12. Chi onora con questa [strofe] Ganapati diventa eloquente; chi digiunando la mormora nella quarta notte (consacrata a Ganapati del mese Bhadra, agosto"
"settembre) diventa sapiente; secondo un detto dell'Atharva Veda colui che sa come comportarsi riguardo a Brahma e agli altri [dei] non è mai colto da paura."

"13. Chi sacrifica con delle foglie di durva (Panicum Dactylon) diventa simile a Vaisravana (dio delle ricchezze); chi sacrifica con dei grani abbrustoliti acquista gloria e sapienza; chi sacrifica con mille focacce ottiene ciò che desidera; chi sacrifica con della legna irrorata di burro fuso ottiene tutto, tutto ottiene."

"14. Se si fa rettamente apprendere [questo testo] a otto brahmani, s'acquista lo splendore del sole; se si recita durante un'eclisse di sole, sulla riva d'un grande fiume o vicino a una statua [di Ganapati], si realizza [la potenza delle] formule sacre. È libero da grandi ostacoli, è libero da grandi colpe, è libero da grandi peccati, onnisciente diventa, diventa onnisciente colui che questo sa!"

Note:
"1. Ganapati rappresenta la dottrina monistica delle Up., espressa nei mahavakya citati (Ch.Up., 6, 8, 7; 3, 14, 1); inoltre riassume in sé la forza di Brahma, Visnu, Siva."

2. La conoscenza distintiva si ha quando ancora si distingue tra soggetto e oggetto della conoscenza.

"3. Della parola vedica, che è la parola creatrice, gli uomini conoscono soltanto un quarto; gli altri tre quarti rimangono segreti nel cielo (R.V., 1, 164, 45). "

4. Con la mezza luna sormontata da un punto s'indica l'anunasika, che è un suono nasale assai simile all'anusvara. Le sillabe Om e Gam devono essere pronunciate prima del mantra citato al par. 8.

5. Il versetto è un adattamento della famosa savitri del Rgveda, perciò è detto che si tratta di una gayatri difettosa.

6. Prakrti e purusa, materia e spirito, non sono, come per il Samkhya, gli elementi primevi, bensì le prime manifestazioni dello spirito in cui tutto si risolve.

7. Vrata, Gana e Pramatha sono geni del seguito di Siva.

8. Rubare, bere liquori spiritosi, violare la consorte del maestro, uccidere un brahmano, uccidere una vacca.





DEVI UPANISAD

"La Devi Up. è assai popolare nel Bengala. Devi, o Durga, paredra di Siva, presenta se stessa come il tutto e viene lodata dagli dei come l'origine e la fine di tutte le apparizioni. Essa è costituita di conoscenza, è presente in ogni creatura, è al di là di ogni comprensione ed è quindi la composizione dei contrari. Della Grande Dea vengono sottolineate la capacità d'intervento nelle cose umane e le virtù salvifiche, che si manifestano a chi medita sulla sua figura e pronuncia i mantra, ossia le formule cui sono attribuite, secondo il costume dell'Induismo tantrico, poteri occulti sia per quanto riguarda la loro sostanza, rappresentativa della divinità, sia per quanto riguarda la loro efficacia. Il ricorso a strofe vediche, più o meno modificate, è abbastanza frequente e si giustifica con il desiderio di fare rientrare nella tradizione sacra culti di origine estranea e più recente; la str. 13 è imitazione della savitri vedica; i mantra (str. 14, 20-21, 22-23) sono invece indicati esotericamente, sostituendo cioè alle singole lettere o gruppi di lettere i loro nomi segreti (ad es. yoni, ""matrice"", indica la lettera E; Agni, ""fuoco"", indica la lettera R). All'ambiente medievale riportano gli accenni all'efficacia della ripetuta recitazione del testo, al culto degli idoli e alla festa di Durga."


"1. Tutti gli dei s'accostarono alla Dea e chiesero: ""Chi sei tu, o grande dea?""."

"2. Essa rispose: ""La mia natura è quella del Brahman, da me procede l'universo fatto di spirito e di materia, al tempo stesso costituito di vuoto e di assoluto. Io sono felicità e dolore, conoscenza e ignoranza, da conoscersi come Brahman e come il contrario del Brahman, così come ha proclamato l'Atharva Veda."

3. Io sono i cinque elementi e il loro contrario, io sono tutto l'universo! Io sono il Veda e il contrario del Veda, io sono la scienza e la nescienza, io sono innata e sono nata, io sono il basso, l'alto, il traverso.

4. Io mi muovo con i Rudra, con i Vasu, con gli Aditya, con tutti gli dei. Io sono il sostegno di Mitra e Varuna, di Indra, di Agni, degli Asvin 1.

5. Io genero Soma e Tvastar, Pusan e Bhaga, io genero Visnu dall'ampio passo, Brahma e Prajapati.

6. Io distribuisco la ricchezza al sacrificatore che offre con zelo l'oblazione e spreme il soma. Io sono la regina, io raccolgo le ricchezze, io creo il padre [di tutti gli dei] sul
culmine [dell'universo]!

"7. Il mio luogo di nascita è nell'oceano, dentro le acque""."

"8. Gli dei esclamarono: ""Onore alla dea, alla grande Dea, alla benevola onore eterno! Onore alla materia primordiale, alla fausta! Con i sensi domati, noi ci inchiniamo a Lei!"

9. Io mi rifugio presso la dea dal colore del fuoco, che brilla per il suo ardore, che è simile al sole, che si compiace dei frutti del sacrificio, che è difficile e facile a raggiungersi. Ella distrugge le tenebre.

10. Gli dei la generarono come parola divina, gli animali di tutte le specie essa pronunciano. Essa, l'incantevole parola, simile a vacca che concede il suo latte, la forza, lodata venga a noi! (R.V., 8, 100, 11).

11. [Essa che è simile alla] notte della distruzione universale, che è lodata dai brahmani, la sposa di Visnu, la madre di Skanda, Sarasvati, Aditi, la figlia di Daksa, purificatrice, benevola: noi ci inchiniamo!

12. Essa è la grande Laksmi, noi la riconosciamo, essa è ogni perfezione, meditiamola. La dea ci ispiri 2!

"13. Essa, che è tua figlia, o Daksa, nacque come Aditi 3; gli dei fausti, fratelli dell'immortalità, le tennero dietro (R. V., 10, 72, 5)"

14. L'amore (ka), la matrice (e), il piacere (i), il dio che porta il fulmine (la), il segreto del cuore (hrim), ha, Sa, Matarisvan (ka), la nube (ha), Indra (la), ancora il segreto del cuore (hrim), l'universo (sakala) insieme con l'illusione (hrim): questa è, compiuta in tutte le sue parti, la madre di tutto, la scienza suprema, la sillaba Om [, simboleggiata nel mantra Ka-e-i-la Hrim Ha-sa-ka-ha-la Hrim Sa-ka-la Hrim] 4.

15. Essa è la forza propria dell'anima! Essa, tenendo nelle mani il laccio, l'uncino, l'arco, le frecce, signoreggia tutto l'universo. Essa è la grande, celebrata dottrina.

16. Chi così conosce supera l'angoscia.

1 7. Onore sia a te, o Beata! La madre ci protegga da ogni parte.

"18. Essa riassume in sé gli otto Vasu, gli undici Rudra, i dodici Aditya, essa riassume in sé tutti gli dei, quanti bevono il soma e quanti non lo bevono, essa riassume in sé gli spiriti maligni, gli asura, i raksas, i demoni mangiatori di carne, i folletti, i semidei; essa rappresenta il sattva, il rajas, il tamas, essa è Prajapati, Indra, Manu 5; essa rappresenta i pianeti, le costellazioni, le stelle; essa è costituita di tempo, dall'istante al minuto e così via. Io la canto sempre,"

19. la dea che distrugge la sofferenza, che dà la gioia e la liberazione, che è infinita, vittoriosa, pura, che dà rifugio, la benevola che palesa la propria benevolenza!

20. L'etere (h) unito alla lettera i, congiunto con il fuoco (r), rallegrato dalla mezzaluna (m) 6: questa è la parte essenziale del mantra della Dea, che esaudisce tutti i propositi.

21. Su questo mantra monosillabico meditano gli asceti dalla coscienza pura, costituiti di somma felicità, oceani di conoscenza.

22. Parola (aim), illusione cosmica (hrim) sorta dal Brah man (klim), quindi la sesta [consonante] (c) unita al volto (a), il sole (m), insieme con l'orecchio (u) e il bindu (m),

23. la terza (a) dopo questi otto [suoni] uniti insieme aggiunta a Narayana (d), il vento (y) unito con il labbro inferiore (ai), quindi vicce: si ha così il fiume costituito di nove onde 7. Possa dare grande felicità!

"24. Io onoro [la Dea] che giace nel centro della ninfea del cuore, che risplende come il sole del mattino, che tiene il laccio e l'uncino, la mite; le sue mani fanno il gesto di esaudire e di rassicurare, ha tre occhi, è vestita di rosso, concede ogni grazia ai fedeli."

25. Io mi inchino a te, o Dea, che distruggi la grande paura, che salvi nelle più grandi difficoltà, che sei costituita di grande compassione!

26. Gli [dei] capeggiati da Brahma non conoscono la tua vera natura: per questo si dice che sei l'inconoscibile. Non si conosce alcun limite: per questo si dice che sei l'infinita. Non puoi essere percepita: per questo si dice che sei l'invisibile. Non si conosce la tua origine: per questo si dice che sei l'innata. Tu sola in ogni dove ti trovi: per questo si dice che sei l'unica. Pur sola tu rivesti ogni forma: per questo si dice che sei la molteplice. Per questo si dice che i tuoi nomi sono: Inconoscibile, Infinita, Invisibile, Innata, Unica, Molteplice.

27. Essa è la madre dei mantra, la dea che è caratterizzata dalla conoscenza dei suoni, è al di là d'ogni conoscenza, è costituita di pensiero. Essa vede il vuoto [che è la sostanza] delle cose vuote 8.

"28. Nulla è superiore a essa, che è celebrata con il nome di Durga. Io mi inchino a Durga, difficile da accostare, alla dea che distrugge la sfortuna; pauroso del ciclo delle esistenze, [io mi inchino] davanti a colei che fa attraversare l'oceano delle esistenze""."

29. Chi studia questo [testo,] capitolo principale dell'Atharva Veda, ottiene il frutto che s'acquista recitando cinque [altri] capitoli principali dell'Atharva Veda.

30. Chi, avendo conosciuto questo capitolo principale dell'Atharva Veda e avendolo recitato dieci milioni di volte, erige un idolo [della Dea], ottiene il frutto d'un'adorazione perfetta. Ma [basta recitarlo] centootto volte [ponendosi] a oriente di esso: questa è la regola tramandata dell'adorazione.

31. Chi lo recita dieci volte, costui è subito liberato dai peccati e supera le maggiori difficoltà per la grazia della Grande Dea.

32. Chi lo legge al mattino, cancella il peccato commesso durante la notte. Chi lo recita alla sera, cancella il peccato commesso durante il giorno. Chi vi si dedica sera e mattino, [pur] malvagio diventa senza peccato. Se lo si recita nella notte alla quarta vigilia, s'ottiene la perfezione della parola.
Se lo si recita davanti a un idolo nuovo, si realizza la presenza della divinità. Se lo si recita al momento della consacrazione, s'ottiene che i soffi [divini] abitino [nell'idolo] 9. Chi lo recita nel mese asvina, al martedì 10, davanti alla Grande Dea, passa al di là della grande morte, colui che così sa. Questa è l'Upanisad.


Note:
1. Le strofe 4, 5, 6, 7 corrispondono in parte a R.V., 10, 125, 1-3, 7, inno dedicato alla parola.
2. Questa strofa è un'imitazione della savitri vedica.

"3. Aditi, ""l'Infinità"", ovvero ""la Libertà"", è la madre degli dei, figlia di Daksa, simbolo dell'intelligenza creatrice e ordinatrice dell'universo."

4. Le varie lettere costituenti il mantra sono indicate con dei nomi segreti, che soltanto il fedele conosce.

5. Ossia le divinità del cielo e dell'atmosfera e il primo uomo.

"6. S'allude alla formula Hrim; con la mezzaluna è indicato il suono nasale (anunasika), che può essere appunto scritto con il segno  ."

"7. Le nove onde sono costituite dalle varie sillabe che formano il mantra Aim, Hrim, Klim, Camum Dayai, Vicce, denominato ""formula di Mahacandi"", altro nome di Durga (le lettere DAYAI sono considerate ognuna a sé e si raggiunge quindi il numero di nove). L'interpretazione mistica di questi mantra, per quel che vale, è quasi completamente affidata alle elucubrazioni dei commentatori indigeni."

8. Ossia vede l'ultima realtà, non definibile se non negativamente o come vuoto assoluto, delle cose fenomeniche, le quali son destituite d'un'intima validità in quanto proiezioni illusorie dell'Assoluto.

9. L'idolo diventa così veramente l'abitazione della divinità.
10. Ossia durante la notte della festa di Durga, che si celebra tra l'ottavo e il nono giorno del mese asvina (settembre-ottobre).





YOGATATTVA UPANISAD

"La Yogatattva Upanisad, ""Upanisad della verità del Yoga"", di cui esistono varie redazioni considerevolmente divergenti tra loro, nel testo commentato da Narayana che abbiamo scelto sembra radunare, senza sistematicità, pensieri e temi propri di scuole yogiche. Dopo un accenno all'eterno ripetersi delle esistenze, si insiste sull'efficacia della meditazione sulle singole parti della sillaba Om; grazie a questa meditazione, come pure per mezzo del pratyahara e del pranayama, l'anima inizia la sua ascesa dal cuore, che è la sua sede finché sussistono i legami con la materia, cosicché, pura come lucido cristallo, trapassa il brahmarandhra o sutura sagittale e si ricongiunge con il Brahman, o con Visnu, esaltato al principio come Supremo Spirito. Un accenno al luogo da scegliersi per esercitare il Yoga, unico mezzo di salvezza, conclude questa Upanisad piuttosto frammentaria, che presenta notevolissime difficoltà nell'interpretazione."


PRIMO KHANDA

1. Om! Io voglio rivelare, per desiderio del bene dei devoti, la verità del Yoga. Chi l'ascolta e la studia si libera da ogni peccato.

2. Visnu, grande yogin, grande asceta, dal corpo smisurato 1, risplende sul cammino della verità come una lampada, egli, lo Spirito Supremo.

3. Ognuno, dopo aver bevuto il latte e premuto i seni, gode di quella matrice nella quale, quando fu gravida, è stato generato.

"4. Quella che era madre, diventa poi sposa; la sposa diventa madre, il padre diventa figlio e il figlio di nuovo padre."

5. Come i secchi legati a una ruota idraulica che girano [continuamente], così per il ciclo delle esistenze [la creatura] esperimenta i [vari] mondi, dopo esser passata attraverso ogni condizione di vita.

6. Tre sono i mondi, tre sono i Veda, tre sono i momenti sacri della giornata, tre sono gli dei [maggiori], tre sono i fuochi sacrificali, tre [essenze] costituiscono i guna: tutte queste cose sono fondate sulla sillaba Om, che è triplice.

7. Colui che medita anche sulla semisillaba, dopo che è stata esaurita la sillaba dai tre fonemi (A, U, M), costui tutto l'universo raggiunge, e ottiene la sede suprema.

8. Come il profumo è nel fiore, come il burro è nel latte, come l'olio è nel seme di sesamo, come l'oro è nelle pepite,

9. così nel cuore c'è una ninfea ed essa è inchinata verso il basso, ha gli steli ritti ed ha in basso un segno: in essa giace lo spirito.

SECONDO KHANDA

"1. Quando si pronuncia la lettera A, la ninfea diventa splendente; quando si pronuncia la lettera U, la ninfea si chiude; quando si pronuncia la lettera M, si percepisce il nada; la semisillaba nasale è invece priva di movimento 2."

2. Colui che ha controllato l'anima con il Yoga, devoto sempre al Sommo Spirito, diventa simile a un puro cristallo, simile in certo modo a un raggio di sole.

3. Con le mani e i piedi [concentrati] sulla testa, simile a tartaruga 3, [il yogin] si concentri su se stesso e così raccolga l'aria in tutte le nove aperture 4.

4. Bloccate poi le nove porte, [si rimane] così respirando ed espirando [all'interno del corpo]: si dice che questo è il kumbhaka immobile, simile a una lampada in mezzo a una giara 5.

5. Quando il soffio si libera ascendendo, si ha come una rottura del [brahmarandhra] simile a petalo di ninfea: si riconosce allora il [Brahman] senza macchia, che sta sulla fronte, in mezzo alle sopracciglia 6.

6. In un luogo che non sia impervio, che sia privo di vento, deserto, tranquillo, sicura è la sorte per coloro che, grazie al Yoga, hanno realizzato la loro vera natura.


Note:
1. In Visnu risiedono infiniti universi, secondo Narayana.

2. Son qui rappresentati gli effetti della meditazione sui vari suoni costituenti la sillaba Om (A, U, M più la semisillaba o risonanza nasale). L'immobilità della semisillaba si traduce nell'acquisizione definitiva, da parte del praticante, dello stato raggiunto, nel quale si percepisce il nada, ossia il brusio indi' stinto prodotto dall'ascesa dell'aria nel corpo sottile, che altrove (Hamsa Up., 4) è detto essere il Brahman.

3. Ossia probabilmente: riducendo tutto alla meditazione. Il paragone con la tartaruga è solitamente impiegato per illustrare il pratyahara, ovvero il ritirarsi dagli oggetti dei sensi, che tuttavia vien dopo il controllo del respiro nelle enunciazioni teoriche del Yoga.

"4. Letteralmente, il precetto viene espresso come un invito rivolto ai yogin: ""Raccogliete, raccogliete il respiro!""."

5. Il kumbhaka, o ritenzione dell'aria inspirata, è il momento più importante del pranayama e produce una situazione simile a quella d'una lampada in mezzo a una giara, che è il corpo, alla giara simile per la fragilità e per la funzione limitatrice che entrambi hanno nei confronti dello spazio.

"6. Tra le sopracciglia è posto l'ajnacakra, ""centro del comando"", che è la sede delle facoltà superiori e dello stesso Brahman."



KSURIKA UPANISAD

"La Ksurika Upanisad, ""Upanisad del coltello"","
insegna a raggiungere l'immortalità per mezzo della concentrazione dello spirito (dharana), che, simile appunto a un coltello, recide i legami che vincolano l'anima alla materia e alle passioni. La dharana è preceduta dalle varie pratiche prescritte dal Yoga, in particolare dal controllo del respiro (pranayama), che, una volta trattenuto nel corpo, viene fatto circolare nelle varie membra seguendo sostanzialmente la via descritta nella fisiologia mistica del Yoga, con il superamento dai vari cakra o centri posti lungo il canale della Susumna e con la recisione di vari punti vitali (marman), posti nel piede, nei polpacci, nelle cosce. Trapassati i cakra e distrutti i punti vitali, l'individualità del yogin si dissolverà, come svanisce la luce d'una lampada che ha consumato l'olio che l'alimentava.


1. Io voglio rivelare il [segreto del] coltello, che è la concentrazione dello spirito (dharana) per realizzare il Yoga: chi, praticando il Yoga, l'otterrà, non rinascerà più. Questi son l'essenza e il significato dei Veda, come è stato insegnato dal Signore che esiste di per sé.

2. Scelto un luogo tranquillo, e qui fissatosi in una positura [adatta, il devoto] deve concentrare lo spirito nel cuore [ritraendolo dagli oggetti dei sensi], come una tartaruga ritrae le sue membra.

3. Con la [recitazione della] sillaba Om, nella quale si ritrovano dodici parti 1, a poco a poco bisogna riempire d'aria l'intero corpo e, dopo aver chiuso tutte le porte,

4. con il petto, il volto, i fianchi, la gola rivolti gradualmente verso il cuore, [il devoto] deve far circolare nel corpo i soffi che son entrati attraverso il naso.

5. Avendo così introdotto il respiro, poi a poco a poco [il devoto] lo deve espellere. Quando abbia fatto penetrare stabilmente nel corpo [il respiro] nella misura fissata per mezzo del pollice 2, concentrandosi,

6. conduca [l'aria] intorno alle caviglie, ai polpacci, alle ginocchia e dalle cosce [la faccia risalire] fino all'ano e al pene, per tre volte [ripetendo la pratica]

7. e la conduca al luogo dove il soffio risiede [abitualmente], nella regione dell'ombelico. Qui si trova il canale Susumna, circondato da molti canali, il sottile, il rosso, il giallo, il nero, l'arancione, il bruno.

8. [Il yogin] introduca [l'aria] nella Susumna, sottilissima, leggera, bianca: lungo essa elevi i soffi, come un ragno [s'arrampica] su un filo,

"9. fino al cuore, simile a una rossa ninfea, la grande dimora dello spirito, chiamato nei testi vedantici ""il piccolo fior di ninfea"". Superatolo, giunge alla gola, donde [l'ambrosia cola] colmando quel canale 3."

10. Preso l'acuto coltello della mente, lucente per la conoscenza, recida nome e forma di quel punto che è posto sopra il piede 4.

"11. Per mezzo [della concentrazione] dello spirito, dedicandosi sempre al Yoga, [il devoto,] simile alla folgore di Indra, con la forza della meditazione e degli esercizi di concentrazione recida il punto che ha nome ""polpaccio""."

12. Poi per mezzo di esercizi quattro volte ripetuti, il yogin effettui senza esitare la recisione del punto che è tra le cosce, liberando in tal modo gli spiriti vitali 5

13. e radunando poi nella gola il complesso delle nadi: si dice che tra queste centouno siano le migliori.

"14. A sinistra deve far buona guardia la Ida, a destra la Pingala; tra di esse c'è il posto migliore [, riservato alla Susumna]. Chi lo conosce, conosce i Veda."

15. La Susumna è posta nel profondo, è pura, è sostanziata di Brahman. Attorno ci sono le settantaduemila nadi, per le quali [la Susumna] è il guanciale [su cui sono poste].
Per mezzo della meditazione esse vengono recise, soltanto la Susumna non viene recisa.

16. Con il coltello, che ha come pura lama il Yoga, che brilla d'immacolato splendore, il saggio può, con la potenza [della concentrazione], recidere le cento vene già in questa vita.

17. Come si profuma con i fiori di gelsomino un guanciale, così [il devoto] faccia sì che il canale [della Susumna] lo sia con le condizioni di nascita buone o cattive 6.

18. Coloro che così sono disposti sono liberati da una
nuova rinascita.

19. Allora con lo spirito consapevole, stando nella sua solitudine, senza passioni, conscio della realtà del Yoga, [il devoto] è senza desideri.

20. Come un uccello, spezzato il laccio, senza paura s'innalza nel cielo, così l'anima, recisi i legami, supera allora l'oceano delle esistenze.

21. Come una lampada, bruciato [l'olio], al momento dell'estinzione sparisce, così il yogin, bruciato tutto il suo karman, dissolve la propria individualità.

22. Il yogin che abbia reciso i legami con il [coltello della concentrazione dello spirito,] che ha come lama le varie parti [della sillaba Om], che è reso acuto dalla disciplina dei soffi, che è affilato sulla cote della rinuncia, non più è tenuto prigioniero.

"23. Quando si libera dai desideri, [il yogin] raggiunge l'immortalità; liberato da tutte le passioni, recisi i legami, non più è tenuto prigioniero - non è tenuto più prigioniero."

Note:

"1. La sillaba Om è considerata composta di quattro parti (A, U, M e la risonanza nasale che segue la pronuncia della sillaba); ogni parte a sua volta è considerata dotata di tre aspetti."

2. Il yogin compie le tre fasi del controllo del respiro: introdotta l'aria per mezzo d'una respirazione ritmata (puraka), si tura con il pollice le narici e chiude gli orifizi attraverso cui l'aria potrebbe sfuggire (kumbhaka), quindi fa circolare l'aria nelle varie parti del corpo e infine la espelle (recaka).

"3. Ho tradotto secondo l'interpretazione di J. VARENNE (Upanisaads du Yoga, Paris, 1971, P. 107), che qui scorge un'allusione a un fatto altrimenti conosciuto nelle pratiche yogiche, ossia alla produzione dell'ambrosia misteriosamente secreta nella parte posteriore della cavità orale, bevendo la quale il yogin ottiene l'immortalità. Il testo consente pure d'intendere: ""...giunge alla gola, controllando [il respiro e] sempre occupando quel canale""."

4. Ossia: distrugga completamente quel punto vitale (marman) che, secondo la tradizione esoterica, è posto sopra l'alluce e nel quale si trova prigioniero l'Atman
Brahman. Testo e traduzione sono tutt'altro che sicuri.

"5. Letteralmente: ""... avendo condotto [l'aria] in mezzo alle cosce, trapassi il marman che comporta la liberazione dei soffi""."

6. In altre parole il devoto, durante l'ascesa, si libera di ogni legame che condiziona una nuova esistenza, depositandolo sulle pareti della Susumna, che viene per così dire impregnata delle engrafie determinate dall'azione compiuta.




BRAHMABINDU UPANISAD

"Questa breve Upanisad, probabilmente di poco anteriore a Sankara, è catalogata fra le Upanisad del Yoga, ma alle pratiche di esso non accenna, se non per quanto riguarda la meditazione sulla sillaba Om. Questa rappresenta l'unica realtà, il Brahman, e nelle sue parti costitutive comprende tanto lo Asabdabrahman, ossia il Brahman immanente e individuale nei suoi tre stati di veglia, sogno e sonno profondo, quanto il Brahman trascendente, denominato Asabdabrahman, che sta al di là della parola ed è simboleggiato con la risonanza nasale che permane dopo la pronuncia delle v""ali e che si trascrive con un punto (bindu, da cui il titolo della Upanisad). La via per giungere al Brahman supremo, che si riflette nell'illusoria individualità organica e psicologica, è l'abbandono della pluralità sensibile e la concentrazione totale delle facoltà, che giunge al suo culmine quando si superi anche l'attività del pensiero, che vien dissolto nell'unità suprema. L'equiparazione finale del Brahman con Vasudeva, ipostasi di Visnu-Krsna, dimostra il carattere relativamente recente dell'operetta."


1. Om ! Lo spirito, si dice, può essere duplice: puro e impuro. Quando è impuro foggia dei desideri, quando è puro è libero da desideri.

2. In verità lo spirito per gli uomini può essere causa di schiavitù o di liberazione: si dice che porta alla schiavitù quando è attaccato agli oggetti dei sensi, porta alla liberazione quando è libero dagli oggetti.

3. Poiché è cosa desiderabile la liberazione dello spirito, libero dagli oggetti dei sensi, colui che desidera la liberazione deve sempre rendere lo spirito libero dagli oggetti dei sensi.

4. Quando lo spirito, lasciato l'attaccamento agli oggetti dei sensi, raccoltosi nel cuore, giunge a sospendere l'attività, questa è la condizione più alta.

5. Bisogna raccogliere [lo spirito] nel cuore finché [tutto] s'annulli. Allora si ha la conoscenza e la liberazione: ciò che è diverso è cultura libresca.

"6. Non è concepibile, né è inconcepibile; è concepibile e inconcepibile [nello stesso tempo]: quando si sia liberi da prevenzioni si realizza allora il Brahman."

7. Bisogna cominciare il yoga con la [meditazione sulla] sillaba [Om] e realizzare il supremo [Brahman meditando sulla sillaba] senza la vocale. Con [il raggiungimento della] condizione che sta oltre la vocale s'ottiene l'essere, non il non-essere.

"8. In verità il Brahman è indiviso, senza determinazioni, senza difetto. Quando si sia riconosciuto ""Io sono il Brahman"", sicuramente si realizza il Brahman."

9. Quando lo si sia riconosciuto come senza determinazioni, infinito, al di là della logica e della comparazione, incommensurabile, senza principio, si ha la felicità suprema.

10. [Per esso] non si può parlare di distruzione, né di nascita, né di oggetto d'adorazione, né di signoria, né di desiderio di liberazione, né di liberazione: questa è la suprema verità.

11. Un solo Atman bisogna pensare che ci sia nello stato di veglia, di sogno e di sonno profondo. Per chi ha superato questi tre stati, non c'è più rinascita.

12. Unico, esso dimora come anima individuale in ogni creatura e apparisce uno e molteplice, come la luna nell'acqua.

13. Come l'etere è compreso in una giara [e], distruggendosi la giara, si distrugge la giara, non l'etere, così [avviene per] l'uomo, simile a una giara.

"14. La pluralità delle forme si dissolve sempre di nuovo, come una giara; [l'individuo] ignora che si sia dispersa, ma [dissoltesi le apparenze] ha per sempre raggiunto la conoscenza."

15. Finché è avvolta dall'illusione della parola, [l'anima] dimora nel loto [del cuore]. Quando le tenebre si son dissipate, scorge allora l'unità assoluta.

16. L'eterna parola è il sommo Brahman? Quando essa sia ridotta a nulla, [allora si ha] ciò che è eterno. Perciò colui che sa mediti sull'eterno se desidera la propria pace 1.

17. Due scienze bisogna conoscere, il Brahman sotto forma di parola e quello che è superiore. Chi s'immerge nel Brahman sotto forma di parola giunge al Brahman supremo.

18. Il saggio, dopo aver studiato i trattati per realizzare conoscenza profana e religiosa, abbandoni totalmente i trattati, come chi cerca il grano [lascia] la paglia 2.

19. Il latte delle vacche di vario colore ha un unico colore. La conoscenza è simile al latte, i [ricercanti] variamente segnati son come le vacche.

20. Come il burro è nascosto nel latte, così in ogni creatura v'è la conoscenza. Bisogna scuotere sempre [ogni creatura], servendosi del raziocinio come d'un frullino.

"21. Prendendo come corda la conoscenza s'attizzerà quindi il fuoco, [ossia si raggiungerà l'identità] di cui si dice: ""Io sono il Brahman, indiviso, senza difetto, supremamente quieto""."

22. Esso, che è la sede di tutte le creature, abita in tutte le creature. Per il favore [da esso manifestato] verso tutti, io sono il Tat, io son Vasudeva, io sono il Tat, io son Vasudeva!

Note:
1. Intendo la prima frase come una proposta che viene respinta. Infatti sia nella str. 15 sia nella str. 17 la parola è chiaramente indicata come una tappa sulla via che porta all'acquisizione del Brahman supremo, che è al di là d'ogni sensazione e d'ogni distinzione razionale.

2. Cfr str. 5 e anche B. Up., 3, 5, 1.



HAMSA UPANISAD

"La Hamsa Upanisad, che è un testo assai tardo, prende il nome da un epiteto indicante l'anima individuale, simile a un ""uccello"", (hamsa = anser), migrante d'esistenza in esistenza fin quando non raggiunga la liberazione, ossia finché non riconosca la propria identità con il Brahman, o Siva, il Supremo Spirito, il Paramahamsa, e non abbandoni la ninfea del cuore, dove risiedono le passioni e i condizionamenti propri dell'individualità. I mezzi per raggiungere lo scopo sono lo studio e le pratiche yogiche: l'anima s'eleverà, superando i sei cakra e ottenendo via via poteri meravigliosi, che s'accompagnano con il percepimento di suoni mistici, che sono le varie tonalità del brusio indistinto (nada) provocato dall'aria inspirata durante la circolazione nel corpo sottile. Bisognerà tuttavia trascurare l'acquisizione di tali poteri: l'emancipazione comporta il distacco da ogni fenomeno umano. In particolare viene raccomandata la ripetizione del mantra Hamso, Hamso. Il vocabolo è anche onomatopeico del ritmo respiratorio (Ham nell'inspirazione, So nell'espirazione), ma nell'iterazione può essere inteso anche come So 'ham, So 'ham, ""Quello son io"", con la quale frase s'afferma l'identità dello spirito individuato con lo spirito universale. L'importanza attribuita al mantra sottolinea certamente la primizia riconosciuta al controllo del respiro, ma anche, a nostro parere, la necessità di accettare la vita"
"1. Gautama disse: ""O signore che conosci ogni legge, che sei esperto d'ogni scienza, con qual mezzo si desta la conoscenza del Brahman?""."

"2. Siva rispose: ""Dopo aver riflettuto su tutti i Veda e aver conosciuto la dottrina di Siva, ascolta allora da me la verità, o Gautama, [come fu] rivelata da Parvati."

3. Essa è un segreto che non deve essere divulgato, è simile a un tesoro [riservato] per chi pratica il Yoga, essa che concerne la conoscenza completa dell'anima e che dà come frutto la gioia e la liberazione.

4. Io voglio esporre la dottrina del Hamsa e del paramahamsa a [te] che sei un novizio padrone di te, in pace, devoto al maestro.

"[La dottrina] è che sempre bisogna ripetere ""Hamso, Hamso"". Con tale suono [il respiro] penetra e permane in tutti i corpi, come il fuoco nel legno, come l'olio nel sesamo. Chi lo conosce non va alla morte. Dopo aver chiuso l'apertura anale, [il praticante] deve far salire il soffio dal centro chiamato adhara fino al manipuraka 1, dopo essere passato attorno per tre volte allo svadhisthana; deve poi, superato l'anuhata, trattenere i soffi nella visuddhi, meditare sull'ajna e sul brahmarandhra, realizzare di essere la sillaba Om (ossia l'Assoluto), e riflettere continuamente sul ronzio che, [salendo] dal centro adhara fino al brahmarandhra, è simile a un puro cristallo: questo si dice che è il Brahman, il supremo Atman."

"5. [Del mantra Hamso, Hamso] l'autore è il Hamsa 2, il metro è una mistica gayatri [di otto sillabe], la divinità [cui è dedicato] è il paramahamsa, la parte iniziale è Ham, la parte conclusiva è So, la parte centrale è So 'ham. Di giorno e di notte si deve ripetere [questo mantra] 21.606 volte 3, [pensando] al sole, alla luna, al [Signore] privo di macchie, al [Brahman] immerso nel mistero: [in tal modo] si rianimerà lo spirito che risiede nel corpo. Questo [mantra, unito] all'invocazione rituale "" Ad Agni e Soma, Vausat "", è usato per il rito del nyasa 4, che impegna le membra e le mani, cominciando dal cuore. Alla fine del rito si deve meditare sull'Atman, ossia sul Hamsa che giace nel cuore dagli otto petali."

6. [Del Hamsa il corpo è così costituito:] Agni e Soma sono le ali, Om è la testa, il punto che sovrasta la mezzaluna è l'occhio o la bocca, Rudra e Rudrani sono i piedi e gli arti, Kala e Agni i due lati del corpo (destro e sinistro), conoscenza e rinuncia sono i due altri lati (superiore e inferiore).

7. Ed esso è il paramahamsa, lo Spirito Supremo, che risplende come dieci milioni di soli e penetra in tutto l'universo! [Finché risiede nella ninfea del cuore] ci sono otto impulsi [corrispondenti agli otto petali della ninfea]: nel petalo orientale c'è inclinazione alle azioni sacre, nel petalo sud-orientale sonno, ignavia e così via, nel meridionale tendenza alla crudeltà, nel sud-occidentale inclinazione al male, nell'occidentale tendenza al piacere, nel nordoccidentale desiderio di viaggiare e cose simili, nel settentrionale tendenza alla sessualità, nel nord-orientale [desiderio di] ricchezze e possesso.

8. Nel mezzo [della ninfea del cuore] c'è la rinuncia, negli steli lo stato di veglia, nel pericarpo lo stato di sonno, nell'androceo lo stato di sonno profondo. Il quarto stato [lo si raggiunge] quando si è abbandonata la ninfea [del cuore]. Quando l'anima s'è dissolta nel nada, allora si dice che c'è lo stato che è al di là del quarto, al di là del pensiero, al di là dello stesso mantra Hamso, Hamso. E tutto così avviene per effetto del [mantra] Hamso, Hamso: da esso il pensiero [del devoto] è mosso 6. [Il devoto] giunge a godere il nada ripetendo [il mantra] dieci milioni di volte: tutto così avviene per effetto del [mantra] Hamso, Hamso. Il nada si manifesta in dieci modi: dapprima come cini, poi come cincini, il terzo grado è come il suono d'una campana, il quarto è come i] suono d'una conchiglia, il quinto è come il suono d'una corda, il sesto è come un battito di mani, il settimo è come il suono d'un flauto, l'ottavo è come il suono d'un tamburo, il nono è come il suono d'una cassa armonica, il decimo è come il rumore d'un tuono. Bisogna tralasciare il nono grado [e i precedenti] e concentrarsi soltanto sul decimo.

9. Al primo grado [di realizzazione del nada] si ha un suono simile a cincini, al secondo questo scompare, al terzo sopravviene [come] una spossatezza, al quarto la testa trema,

10. al quinto il palato trasuda [ambrosia] 7, al sesto si beve l'ambrosia, al settimo si conosce il mistero, all'ottavo si possiede la parola,

11. al nono il corpo diventa invisibile e si ha la vista divina, senza macchia, al decimo si raggiunge il sommo Brahman, nell'identità fra Atman e Brahman.

"12. A questo punto l'intelletto si dissolve e nell'intelletto si bruciano desideri e dubbi, peccati e buone azioni. Appare l'eterno Siva, nella forma di Sakti, onnipresente, rilucente di per sé, puro, illuminato, senza fine, senza macchia, per sempre acquietato""."

Questa è la spiegazione dei Veda
#NOME?


Note:
1. Secondo la fisiologia mistica del Yoga, l'aria inalata nel corpo deve esservi trattenuta e poi fatta salire fino alla sommità del capo per il canale della Susumna, lungo la quale si trovano sette cakra, o centri. Questi sono: adhara, o muladhara, posto alla base della spina dorsale, svadhisthana (regione dei genitali), manipuraka (regione dell'ombelico), anahata (regione del cuore), visuddhi (regione della gola), ajna (regione tra le sopracciglia), brahmarandhra (sutura sagittale), che permette all'aria di uscire e all'anima di raggiungere il Brahman. Salendo lungo questa via si produce un ronzio incessante (nada), che è simile alla risonanza nasale che permane dopo la pronuncia della sillaba sacra Om.

2. Ogni mantra è catalogato secondo l'autore, la divinità cui è dedicato, il metro e così via.

3. Il numero dato corrisponde pressappoco al numero delle inspirazioni compiute durante la giornata.

4. Il nyasa è una pratica religiosa consistente nel toccare certe parti del corpo mentre si pronunciano delle formule stabilite.

5. Interpreto questi due ultimi termini seguendo il commentario di Narayana. Il punto che sovrasta la mezzaluna è l'indicazione grafica della nasalità. È poi evidente che la corrispondenza tra le varie parti dell'anima, immaginata in forma d'uccello, e le divinità, gli elementi rituali e le virtù citate vuol indicare l'omosostanzialità dell'esistente, come apparisce anche più chiaramente dalla frase iniziale del paragrafo seguente.

6. Il concetto alla base di queste frasi sembra essere che il superamento del piano fenomenico, ossia il raggiungimento del quarto stato e d'uno stato addirittura superiore al quarto, avviene in virtù d'una sublimazione, non d'una negazione delle capacità individuali. Analogamente nel centro del cuore, sede delle passioni, c'è la rinuncia.

7. Nella parte posteriore della cavità orale si ha una produzione di ambrosia, che assicura l'immortalità al yogin capace di raccoglierla.



GLOSSARIO
INDICE DEI NOMI

"A : prima lettera del suono sacro Om (= AUM:); simbolo dello stato di veglia, 393, 418, 506, 535 sgg"

Abhipratarin Kaksaseni: personaggio della Ch. Up., 215 sg.

Adhara: v. muladhara.

adhvaryu: sacerdote che mormora, durante il sacrificio, le formule del Yajurveda, 14, 59, 99, 224, 468, 516.

"adhyaya: ""lettura"", parte d'un testo sacro, passim."

"Adi: terza parte del settemplice saman; inizio, principio, 187 sgg."

"aditi: ""l'Infinità"", personificata come madre degli Aditya, classe di divinità cui appartiene il sole, 63, 113, 196 sgg., 202, 210, 212, 451, 527 sg."

"Advaita: ""non dualità,"", denominazione del sistema monistico di Sankara, 17."

"Agni: dio del fuoco sacrificale; A. Vaisvanara è il fuoco comune a tutti gli uomini, simbolo del calore vitale e della funzione della"
digestione, 71, 81, 113 sg., 117, 144, 147 sgg., 166, 201, 215, 295, 3166 343 sg., 442 sgg., 494, 502 e passim.

Agnidh: aiuto del Hotar (v.), 287, 468.

Agnidhriya: uno dei fuochi del sacrificio, 197.

"agnihotra: sacrificio giornaliero da compiersi al mattino e alla sera; è sostituito dal Pranagnihotra, 233 sgg., 322, 372, 421 sgg., 464 sgg., 491 sgg. e passim."

"Agnistoma: ""lode ad Agni"": sacrificio solenne di soma tipico dell'epoca vedica, della durata di cinque giorni, 428."

"Aham Brahmasmi: ""Io sono il Brahman ,"", uno dei mahavakya, affermante l'unità di tutto l'esistente, 20, 72."

ahamkara: coscienza dell'io, principio dell'individuazione, 392, 400, 410.

Ahavaniya: fuoco sacrificale, che, posto a oriente, porta le offerte agli dei, 197, 222, 225, 391, 426, 466 sgg., 494 sg.

"Ahimsa: precetto tipico del Giainismo ma accolto da tutte le correnti religiose indiane, imperante di ""non nuocere"" ad alcun essere vivente, 29, 21O, 496 sg."

Airammadiya: lago del mondo del Brahman, 271.

Aitareya Upanisad, 303-311.

"Aja, Aja: ""capro, capra"" e ""innato, innata"", denominazione e simbolo dell'anima e della materia, 407, 445."

Ajatasatru: re di Benares o Kasi, 83 sgg., 313, 334 sgg.

Ajna: cakra posto nella regione delle sopracciglia, 536, 551.

Ajya: canto del sacrificio del mattino, 475 sg.

Akasa: spazio etereo, che permette la localizzazione di tutte le manifestazioni e che si ritrova nell'intimo del cuore, 30, 84, 86, 111, 120 sgg., 135, 181, 205, 236, 260, 291, 335 e passim.

Akbar: imperatore moghul (1556-1605), 18.
Aksa: frutto della Terminalia Bellerica, adatto per intagliare i dadi, 255.

"Aksara: ""indefettibile"" e ""sillaba"", 110 sgg., 171 sg., 452 e passim."
Allah Upanisad, 9.
"ama: ""quello"", denominazione del trascendente e del principio"
maschile, 68, 165, 177 sgg., 228.
Amalaka: frutto del mirobalano, 255.
Amba, ambali, ambika: nomi di Apsaras e anche di Durga, 317, 450.
Amitaujas: nome del divano del Brahman, 316 sgg.
"Amrta: ""ambrosia"" e ""immortalità"", 69, 82, 199 sgg., 455, 461 sg., 494 e passim."
Ana = Prana, 77, 228.
anahata: cakra posto nella regione del cuore, 551.
"Ananda: ""beatitudine"", essenza del Brahman, 118, 291 sgg. e passim."
"Anandamaya kosha: ""involucro fatto di beatitudine"", nome dell'ultima e intima parte della personalità umana, 291 sgg."
Anandavalli: seconda parte della T. Up., 291 sgg.
Ananta: re dei serpenti, 508.
Andhra: regione del Dekkhan centro-occidentale, 431.
Angir: nome d'un saggio mitico, 371.
"angiras: nome d'un saggio; denominazione d'una stirpe di veggenti"
vedici cui è attribuita, insieme agli atharvan, la composizione
dell'A. V., 174, 293, 371, 382, 388, 430.

"Anna: ""cibo"", tutto ciò che è materiale, 184, 228, 243 sgg., 259, 292, 298 sgg., 406."

"Annamaya Kosa: ""involucro fatto di cibo"", la parte più materiale ed esterna della personalità, 291 sgg."

Aniruddha: vedi vyaha.

Anquetil Duperron A. H.: (1731-1805) autore della traduzione in latino dell'Oupnek'hat, 18, 22.

anrta: ciò che è contrario allo rta, 143, 252.

Antaratman: il sé interiore, 367, 376.

"Antariksa: ""atmosfera"", 147 e passim."

"antaryamin: ""interno reggitore"", epiteto attribuito all'Atman, 33, 107 seg., 406, 418 "
Anumati: dea del piacere amoroso, 165.

anunasika: suono nasale indicato con , 522.

anustubh: strofe vedica costituita di quattro ottonari, 148, 430, 501.

Anusvara: suono nasale indicato con M o con M, 522.

"anuvaka: ""capitolo ,"", 283 sgg."

"anvaharyapacana: fuoco sacrificale posto a mezzogiorno, su cui si pongono le offerte ai Mani; è detto pure daksina, 221, 237, 391, 466."

"apana: uno dei cinque prana (v.); presiede all'evacuazione e all'espulsione del feto, 104, 117, 174, 238, 287, 292, 305 sgg., 390 sg., 430, 461 sg. e passim."

Aparajita: rocca nel mondo del Brahman, 271, 316 sg.

Apas: le acque primordiali, 29, 62, 78, 84, 154 sgg., 229 sgg., 241 sgg. 259, 440 sg., 451 e passim.

apsaras: ninfe celesti, 317, 455, 517

Ara e Ara: lago nel mondo del Brahman, 271, 316 sg.

Arani: nome dei due pezzi di legno che, confricati, producono il fuoco, 402, 482.

"Aranyaka: libri ""silvestri"", interpretanti misticamente il sacrificio, 15 sg., 59."

Arjikiya: nome di fiume, 441.

Arka = sole, 62, 424.

Artabhaga Jaratkarava: interlocutore di Yajnavalkya, 101 sgg.

"artha: ""utile"", vantaggio materiale, uno dei fini della vita secondo la dottrina del trivarga (v.), 523."

Aruna: personaggio mitico, 106, 351, 465.

Aruni: patronimico di Uddalaka e di Naciketas, 154, 234 sgg., 241, 354

Arunmukha: genti vinte da Indra, 329.
Aryaman: uno degli Aditya, 283, 290.
Asabdabrahman: l'Assoluto che sta al di là del suono, della parola, della capacità logico-discorsiva, i quali, limitati come sono dal loro
carattere umano, sono impossibilitati a esaurirne l'infinita complessità, 32, 543 sgg.
"Asana: ""posizioni"", adatte per facilitare la meditazione nel Yoga, 38."
Asanya prana = Mukbya prana.

"Asat: ""non esistente"", sorta di caos originario preesistente alla manifestazione, o meglio all'organizzazione, dell'universo sensibile, 29, 31, 242, 409."

asikni nome d'un fiume, 441.

"Ashrama: le quattro ""condizioni di vita"" degli appartenenti alle caste più elevate (brahmacarin, discepolo, grhastha, capo di famiglia, vanaprastha, eremita, samnyasin, asceta errante libero da ogni legame con il mondo), 28, 484."

Asura: demoni, figli di Prajapati, 135, 273 sgg., 517, 528.

Asvala: sacerdote, interlocutore di Yajnavalkya, 98 sgg.

Asvalayana: interlocutore della Kaivalya Up., 481.

asvamedha: sacrificio del cavallo, il rito più solenne dell'età vedica. Per un anno intero un cavallo veniva lasciato libero, seguito dall'esercito del re sacrificante, al dominio del quale le terre percorse dovevano essere assicurate. Infine il cavallo, simbolo di forza e di vigore, veniva sacrificato, dopo che simbolicamente s'era accoppiato con la prima regina, 61, 64, 103 sg.

Asvapati Kaikeya: regnante e conoscitore di dottrine arcane, 233 sgg.
Asvattta: Ficus Religiosa, 271, 365.

asvin gemelli divini che annunciano la luce e soccorrono chi li invoca nei pericoli o nelle malattie, 95 sg., 166, 435, 443, 455 sg., 527.

Atharvasiras Upanisad, 35, 499, 509.

"Atharvaveda: ""Veda dell'atharvan o sacerdote del fuoco"", quarto Veda, contenente per lo più formule e scongiuri magici e a lungo non riconosciuto nel corpus canonico, 14, 19, 87, 293, 369, 383, 415, 499, 508, 519 e passim."

Atidhanvan Saunaka: maestro, 180 sg.

"atigraha: ""superprenditori"", oggetti dei sensi, senza i quali gli organi dei sensi non entrano in attività, 101 sg., 502."

Atiki: moglie di Usasti, 181 sgg.

atiratra: sacrificio di soma, prolungato fino alla notte, 428.

"Ativadin: ""colui che vince nella discussione"" ovvero ""colui che parla troppo"", 262."

"Atman: propriamente pronome riflessivo, ""se stesso"", indica il principio della vita nell'individuo, l'anima individuale, che è identica con il principio della vita cosmica, ossia con il Brahman, 13, 20 e passim."

"Atmavid: ""conoscitore dell'Atman"", epiteto forse del Brahman nella sua prima individuazione empirica, 425 sg."

Atreya: sacerdote brahmanico, 475 sg.

Atri: veggente vedico, 88, 443.

Aurangzeb: imperatore moghul (1658-1707), 18. Aurobindo Ghosh: filosofo e mistico indiano (1872
1950), 17 sg.
Aurva: fuoco sottomarino esistente nel mezzo dell'oceano, 488.
Avabhrtha: bagno purificatorio dopo la conclusione del sacrificio, 210.
"Avatara: ""discesa"" o manifestazione sulla terra, in forma umana o ferina, dell'Assoluto, con riferimento specialmente a Visnu, 438 sg. "
"avidya: ""ignoranza"" della vera realtà, 134, 172, 348, 356, 373, 400, 409."

"Avyakta: ""il non evoluto"", condizione precedente alla distinzione della pluralità fenomenica, 360, 366, 401."

Ayasya Angirasa: nome d'un veggente vedico, attribuito anche al respiro vitale che sta nella bocca, in quanto essenza vivificante delle membra (anganam rasa), 66 sg., 174.


Bahispavamana: inno introduttivo del sacrificio, 184.

Baka Dalbhya: nome d'un udgatar, 174, 184.

Balaki: v. Gargya Balaki.

Barbis: sorta di giaciglio di erbe sul quale venivano invitati ad assidersi gli dei in occasione del sacrificio, 513.

Barku Varsna: maestro, 121.

Baskala-Mantra Upanisad, 35, 485-490.

Baudhayana Dharmasastra: trattato giuridico, composto fra il 500 e il 200 a. C., 431

"Bhadra: nome d'una melodia; nome d'un mese, 318, 523."

"Bhaga: epiteto di diverse figure divine, ""eccellenza, beatitudine"", 527. "
"Bhagavadgita: ""canto del Beato"", poemetto filosofico"
religioso appartenente al VI libro del Mahabarata, contenente la dottrina di Krsna, imperniata sull'azione disinteressata compiuta per amor di dio, 24, 28, 33, 348, 358, 397.

"Bhagavat: ""venerabile, beato"", epiteto di Visnu ma anche del Brahman e di Siva, 505, 515."

"Bhakti: ""devozione fiduciosa"" del fedele verso la divinità, specialmente Visnu-Krsna, pronta ad aiutare il devoto e a farlo ""partecipe"" (rad. bhaj) della natura divina, 17, 33 sg., 36, 397, 400."

"Bhan: radice significante ""parlare"", 63."

Bharadvaja: veggente vedico, 87.

"Bhargas: ""splendore"" dell'occhio e del sole, 424."

Bhargava Vaidarbhi: interlocutore della Pr. Up., 385, 387.

Bhaskararaya: commentatore delle Upanisad (sec. XVIII), 17.

Bhava: epiteto di Siva, 424.

"Bhogya: ""ciò che deve essere fruito"", epiteto della prakrti (v.), ovvero della natura nelle sue varie manifestazioni, 401."

"Bhoktar: ""fruitore"", ossia lo spirito individuato, che risulta così legato al pluralismo fenomenico, 401."

Bhrguvalli: terza parte della T. Up., 298 sgg.

Bhrgu Varuni: antico saggio, 298 sgg.

Bhuh, Bhuvah, Svah: le tre formule sacre (vyahrti) indicanti rispettivamente la terra, l'atmosfera, il cielo, 143, 196, 224 sg., 285 sg., 423 sg. e passim

Bhujyu Lahyayani: interlocutore di Yajnavalkya, 103 sg.

"Bhaman: ""l'infinito"", 253, 263 sg."

Bhatamatra: particella di sostanza, 331 sgg.

Bindu: segno diacritico indicante 1'anusuara, 543.

Brahma: personificazione del Brahman neutro, primo aspetto della Trimurti, demiurgo cui è riservato il compito di creare il mondo sensibile, traendolo fuori dal caos primigenio, 19, 348, 405, 410, 414, 431, 453 sg., 464, 516 e passim.
Brahmanindu Upanisad, 32, 419, 424, 543-547.

Brahmacarya: il primo degli asrama (v.), 267, 270 sg., 464 sg.

Brahmacarin: discepolo nel primo degli asrama (v.), astretto allo studio e alla castità, 215.

Brahmadatta Caikitaneya: nome d'un udgatar, 68.

Brahmaloka: mondo del Brahman, 136, 269 sgg., 316 sgg.

Brahman: l'Assoluto, di natura spirituale, identico all'Atman (v.), causa efficiente e materiale dell'intero universo, 15, 19 e passim.

Brahman: il quarto sacerdote che in silenzio sorveglia lo svolgimento del rito e interviene per ovviare agli errori o alle omissioni degli altri sacerdoti, 14, 19, 32, 99 sg., 223 sgg., 287, 446, 455, 465.

"Brahmana: appartenente alla prima casta; testo liturgico relativo ai singoli Veda; denominazione dei capitoli di alcune Upanisad, 11, 15 sg., 32, 35, 64, 293, 397 e passim."

Brahmanacchamsin: aiuto del sacerdote brahman, 496.

"Brahmanaspati, Brhaspati: dio vedico, ""signore della formulazione dei sacri testi"", 68, 174, 195, 283, 290, 296, 439 sg., 456, 493 sg."

"Brahmarandhra: ""foro del Brahman"" o ""foro che conduce al Brahman"", sutura sagittale attraverso la quale fuoriesce l'anima individuale per riunirsi all'Assoluto, 37, 533 sgg., 551 sgg."

Brhadaranyaka Upanisad, 11, 20 sgg., 59, 168, 173, 226, 313, 388 e passim.

Brhat: nome d'una melodia, 192, 318, 430, 466.

Brhati: nome d'una strofa, 68.
"Buddhi: ""intelligenza"", riflesso, nell'individuo, della conoscenza propria dell'Assoluto, 36, 360, 392, 410."

Budila Asvatarasvi: brahmano ricercante la verità, trasformato in elefante, 147 sgg., 233 sgg.

Caikitayana Dalbhya: dotto brahmano, 180.

"Cakra: ""centri"" o ostacoli in forma di fiore di ninfea, posti, secondo il Yoga, lungo il canale della Susumna, 37, 537 sgg., 549 sgg."

Cakratunda: epiteto di Nandin, aiutante e cavalcatura di Siva, 437.

caksusi: ninfa del mondo del Brahman, 317.

Candala: uomini di casta infima, 233, 240.

Candra: dio della luna, 83, 156 sg., 232, 306, 315 sgg., 386 e passim.

Caturtha: v. Turiya.

Chagaleya Upanisad, 35, 473, 478

Chandas: inno metrico, 176, 513.

Chandoga: cantore, 169, 516.

Chandogya Upanisad, 11, 16, 24 sgg., 30 sgg., 59, 132, 151, 169, 279, 313, 388 e passim.

Citra Gangyayani: principe edotto delle dottrine segrete, 315.

Cula Bhagavitti: maestro, 161.

"Da: sillaba iniziale di dama, ""dominio di sé"", dana, ""liberalità"", daya, ""compassione"", che sono i principali doveri del brahmano, 141 sg."

Dadhyanc Atharvana: essere mitico, 95 sg.

Daksa: personaggio mitico, simbolo dell'intelligenza creatrice, al quale è attribuita la funzione di demiurgo, 528.

Daksina: v. anvaharyapacana, 225, 372, 426, 494 sg.

Dara Shukoh: principe moghul (1615-1659), studioso delle religioni indiane, 18.

"Deva, Devata: divinità celesti; denominazione degli organi di senso, 66."

Devakiputra: matronimico di Krsna, 211.

"Devanagari: scrittura indiana, degna della ""città degli dei"", 17."

"Devayana: ""via degli dei"", per la quale si sale al cielo per non più tornare sulla terra, 26, 132, 145, 154 sgg., 223, 229 sgg., 316 sgg., 386."

"Devi: ""la dea"", epiteto della paredra di Siva, 525 sgg. Devi Upanisad, 35, 525, 531"
"Dharana: ""fissazione"" della mente su un oggetto circoscritto, sesto membro del Yoga, 38, 537 sgg."
Dharapotar: aiuto del sacerdote brahman, addetto alla purificazione dell'acqua, 496.

Dharma: tutto ciò che s'attiene al dovere religioso e alla giustizia, secondo la concezione del trivarga (v.), 73, 81, 523.

Dharna: pratica per ottenere soddisfazione d'un affronto, 320.

Dhatar: divinità vedica, ordinatrice del creato, 166.

"Dhyana: ""meditazione"", settimo membro del Yoga, 38, 257."

Dhyanabindu Upanisad, 419.

Dur: epiteto del prana, 66.

"Durga: ""l'inaccessibile"", consorte di Siva, figlia del Himalaya, 438, 442, 525 sgg."

Durva: erba sacra, usata nel sacrificio, 438, 523.

Ekarsi: fuoco sacrificale, 494 sg.

Ekavimsa: nome d'uno stoma, 430.

Gana: esseri semidivini, seguaci di Siva e capeggiati da Ganapati o Ganesa, 437, 519 sgg.

Ganapati Upanisad, 35, 519, 524.

Gandhara: regione e popolazione intorno all'odierna Peshawar, 251.
Gandharva: esseri semidivini, musici celesti, 62, 130, 295, 436 e passim.
Gandhi, M.K.: (1869-1948) sua opinione sulle Upanisad, 347.

Gardabhivipita Bharadvaja: maestro, 121.

Gargi Vacaknavi: interlocutrice di Yajnavalkya, 106, 110 sgg.

Gargya Balaki: interlocutore di Ajatasatru, 83 sgg., 313, 334 sgg.

"Garbapatya: ""domestico"", il fuoco centrale del sacrificio vedico, destinato a non spegnersi mai, 197, 221, 391, 425 sg., 466, 494 sg."

Garuda: uccello divino, cavalcatura di Visnu, 438 sg.

Gaudapada: autore della Karika, commentario alla Md. Up., 17, 415.
Gauri: consorte di Siva (v. Durga), 501.

Gautama: nome di famiglia di Uddalaka Aruni e nome d'un veggente vedico, 87, 106 sg., 155 sgg., 230 sgg., 351 sgg., 551

Gayatri: metro vedico, costituito di tre versi di otto sillabe ciascuno, e denominazione della savitri (v.), composta appunto con tal metro, 147 sgg., 199, 204 sgg., 409, 429, 451 sgg., 50l, 508, 522, 552

Ghora Angirasa: maestro di Krsna Devakiputra, 211.

Glava Maitreya = Baka Dalbhya.

Gosruti Vaiyaghrapadya: discepolo di Satyakama, 228.

"Graha: ""prenditore"", epiteto degli otto organi di senso, 101 sgg., 502."
Grhastha: capo di famiglia, astretto ai doveri del secondo asrama (v.), 279.

Guna: i tre costituenti o modi di essere (sattva, rajas, tamas) della prakrti o natura, dal variabile rapporto fra i quali tutto procede secondo il Samkhya (v.), 31, 400, 410, 412, 414, 535

Hamsa: cigno o oca selvatica, simbolo dell'anima migrante. L'iterazione del vocabolo è considerata rappresentativa dell'attività respiratoria, 400, 413, 424, 549 sgg.

Hamsa Upanisad, 536, 549, 554

Hanta: invocazione usata per rivolgersi agli uomini, 144, 460.

Hari: epiteto di Visnu (color del fuoco), 18, 448, 456, 511.

Haridrumata Gautama: maestro di Satyakama, 217 sgg.

"Hathayoga: ""Yoga violento"", denominazione d'un tipo di Yoga diretto a ottenere una realizzazione spirituale, che si traduce nel superamento delle capacità e delle necessità abituali dell'uomo, per mezzo d'una costrizione imposta con la disciplina alle funzioni fisiche e psichiche, 38."

Havirdhana: carri impiegati per portare sul luogo del sacrificio le piante del soma, 403.

Hinkara: la sillaba sacra Hin, pronunciata come introduzione al canto rituale, 160, 184, 186 sgg.

"Hiranyagarbha: ""il germe d'oro,"", epiteto del demiurgo cui è attribuito l'ordinamento, o la manifestazione sensibile, dell'universo, 410, 424, 435, 446"

"Hita: ""benefiche"", epiteto delle 72.000 vene o canali che si dipartono dal cuore (hrdaya), mettendolo in comunicazione con il sole, ai cui raggi esse corrispondono. In esse l'anima si ritira durante il sonno,"
86, 124, 128, 338.

Hotar: sacerdote cui è assegnata la recitazione degli inni del R. V., 14, 99 sg., 177, 224 e passim.

Hrdaya: cuore, 30, 86, 116, 122, 132, 142, 144, 205 sgg., 267 sgg., 423,


447 sgg., 535 sgg. e passim.

Hum: interiezione usata nel sacrificio e nella meditazione, 185.

"Ida: nome d'una nadi (v.), corrente lungo la spina dorsale; divinità pastorale, 37, 167, 495, 540"

Idamdra: nome arcano di Indra, 308.

Ilya: albero nel mondo del Brahman, 316 sg.

"Indha: nome di Indra, ""il fiammeggiante"", 123."

Indra: divinità vedica, re degli dei, amante della guerra e attaccato ai piaceri della vita, 73 e passim.

Indradyumna Bhallaveya: ricco brahmano ricercante la verità, 233 sgg.

Indu: dio della luna, 424.
"Isana, Isvara: ""il Signore"", nome di Siva, dio e principio supremo, 73, 397, 499 sgg., 506."
Isa Upanisad, 11, 28, 59, 134, 749, 345, 349, 427
Itihasapurana: poemi epici e leggende antiche, 91, 120, 139, 201, 253 sgg.

Jabala: madre di Satyakama, 122, 216 sgg.
Jagati: strofe vedica di quattro versi di dodici sillabe ciascuno, 210, 430, 501
Jamadagni: veggente vedico, 87.
Jana Sarkaraksya: ricco brahmano ricercante la verità, 233 sgg.
Janasruti Pautrayana: principe o ricco signore, protettore di Raikva (V.), 213 sgg.
Janaka: re di Videha, celebrato per liberalità, 83, 98, 119 sgg., 149, 334.
Janaki Ayahsthuna: maestro, 161.
"Jatavedas: ""conoscitore delle creature"", epiteto di Agni, 343."
Jitvan Sailini: maestro, 119.
"Jivanmukta: ""liberato in vita"", l'asceta che già in questo mondo ha"
raggiunto la perfezione, 27, 39, 133.
Juhu: cucchiaio per le libagioni, 208.

Ka: pronome interrogativo, designante il primo principio, concepito sotto forma personale ma non passibile d'ulteriore determinazione, 448.
Kabandha Atharvana: nome d'un gandharva, 107.
Kabandhin Katyayana: interlocutore della Pr. Up., 385.
Kahola Kausitakeya: interlocutore di Yajnavalkya, 105.
"Kaivalya: ""isolamento"" da tutto ciò che è legato al mondo e alle sue apparizioni, 479 sgg."
Kaivalya Upanisad, 35, 479 484.
Kaksivat: veggente vedico, 440.
Kala: il tempo, 399, 411 sg., 425, 482, 503, 522
Kalakanja: demoni combattuti da Indra, 329.
"Kam: ""felicità"", epiteto del Brahman, 221."
"Kama: ""amore"", uno dei tre fini della vita dell'uomo, 523."
Kanva: padre di Medhitithi, 487.
Kanva: scuola dei Vajasaneyin, seguaci del Y. V. bianco, 59.
Kapila: mitico fondatore del sistema Samkhya, 409.
Karmadeva: dei transitori, che son giunti alla loro provvisoria dignità per mezzo delle opere compiute, 296.

"Karman: anticamente ""azione sacrificale"", poi ""azione"", in generale, che comporta un rimerito da usufruire su questa stessa terra dove s'è compiuta l'azione, in questa o in una vita successiva, che è determinata quindi nella condizione di partenza dalla qualità morale dell'azione compiuta, 24 sgg., 34, 103, 118, 133, 317, 345, sgg. 359, 400, 506, 541."

"Karuna: ""compassione"", precetto e sentimento fondamentale del buddhista verso tutte le creature, 29."

Kasi = Benares, 110, 334.

"Kasyapa: veggente vedico; epiteto di Visnu nell'avatara come tartaruga, 87, 439"

Katha o Kathata Upanisad, 11, 25, 27, 33 sgg., 351
367, 378, 381, 403, 413, 43l, 434, 473.
"Katyayam: consorte di Siva; moglie di Yajnavalkya, 89, 137, 438."
Kausalya Asualayana: interlocutore della Pr. Up., 385, 389.
Kausitaki: maestro di dottrina, 176 sg., 319, 323.
Kausitaki Upanisad, 11, 26, 30, 34, 78, 83, 132, 156, 271, 313, 338, 386 sgg.
Kavasa Ailusa: saggio di umili origini, 475 sg.
Kena Upanisad, 11, 339, 344
Kha: spazio etereo, 221.
"Khanda, ""sezione"", passim."
"Khilakanda: ""parte aggiuntiva"", terza sezione della B. Up., 59."
Kim: pronome interrogativo neutro, indicante il primo principio impersonale, 448.

Personale, 448.

Kola: frutto della Zizyphus Jujuba, 255.

"Kosa: i cinque ""involucri"", costituiti di cibo, respiro, mente, conoscenza, beatitudine, in cui s'evidenzia il Brahman"
Atman, 281, 291 sgg., 320, 421.

Krsna: avatara di Visnu (v.).

Krsna Devakiputra: discepolo di Ghora Angirasa, 211.

Krta: il colpo vincente al gioco dei dadi, 213 sgg.

Ksatriya: guerriero, appartenente alla seconda casta, 73, 83 sgg., 146 sg., 233, 278, 315, 334, 337.

Ksurika Upanisad, 537, 541

Kubera: dio della ricchezza, 208.

Kumaraharita: maestro, 163.

"Kumbhaka: ritenzione dell'aria inspirata nel torace paragonato a una ""giara"", 536, 539"

"Kundalini: ""l'avvoltolata"", nome dell'energia vitale che, secondo la fisiologia mistica del Yoga, giace alla base della colonna vertebrale e che, destata con apposita procedura, s'innalza fino a raggiungere la sommità del capo per ricongiungersi con lo Spirito universale, 37 sg.; v. anche 533 sgg."

Kuru: popolazione abitante nei pressi dell'odierna Delhi, 98, 115, 334.

"Kuruksetra: ""campo dei Kuru"", regione pianeggiante nei pressi dell'odierna Delhi, 476."

Laksmi: dea della fortuna, consorte di Visnu, 528.

"Layayoga: a yoga della dissoluzione""; metodo per eseguire la distruzione del pensiero, ossia il superamento di ciò che, in quanto pensiero, ancor partecipa dell'attività e dell'individualità terrene, 38."

Lokamprna: nome dei mattoni impiegati nella costruzione dell'altare del fuoco, 488.

M: terza lettera della sillaba sacra Om, simbolo dello stato di sonno profondo, 393, 418 sg., 506, 535 sgg.

Malhuka Paingya: maestro, 161.

"Madhukanda: ""sezione del miele"", comprendente le due prime letture della B. Up., 59."

Madhva: filosofo indiano (sec. XIII), commentatore delle Up., 17 sg.

Madhyandina: scuola dei Vajasaneyin, 59.

Madra: popolazione del Panjab, 103, 106.

"Maghavat: ""liberale"", epiteto di Indra, 275 sgg., 325, 343."

Mahacamasya: nome d'uno rsi, 285.

Mahah: sacra interiezione, 285 sgg., 429, 502.

Mahanarayana Upanisad, 11, 234, 322, 390, 421, 431
469, 481, 491.

Maharastra: regione attorno a Bombay, SIg.

"Mahat: ""il grande"", organo o facoltà della ragione, che evolve, secondo il Samkhya, dalla materia primordiale, 360."

"Mahati Matra: ""grande misura"", parte dell'Assoluto che rimane al di là d'ogni individuazione empirica, 424."

"Mahavakya: ""grande parola"", quintessenza dell'insegnamento delle Up. 20, 521."

Mahavira: nome dei vasi usati nel sacrificio, 475 sg.

"Mahesvara: ""grande Signore"", epiteto di Siva, 499 sgg."

Mahidasa Aitareya: antico saggio, maestro delle dottrine dell'Ait. Up., 210.

Mahiman: nome delle coppe usate nel sacrificio dell'asvamedha, 61 sg.
Maitravaruna: aiuto del hotar, 496.
Maitrayaniya: scuola del Y. V. nero, 421.
Maitrayaniya Upanisad, 11, 421, 430.
Maitreyi: moglie prediletta di Yajnavalkya, 89 sgg., 137 sgg.

"Manas: ""mente"", organo di senso che presiede all'attività dei sensi e appartiene alla sfera dell'individualità fenomenica, 32, 77 sg., 122, 224, 244 sgg., 255, 291, 299 sgg., 332, 431 e passim."

"Manasa Yajna: ""culto mentale,"", 431, 466."

Manasi: ninfa del mondo del Brahman, 317.

Mandukya Upanisad, 11, 22, 415, 419, 424, 483.

Manipuraka: cakra (v.) situato nella regione dell'ombelico, 551.

"Manomaya Kosa: ""involucro costituito di pensiero"", costituente una parte della personalità umana, 293."

Mantra: formula sacra o versetto usati nella liturgia, 35, 323, 438, 452, 522 sgg., 549.

Manu: il primo uomo e il primo legislatore, 72, 204, 279, 448, 529.

Manyu: personificazione dell'ira, 452.

Marman: punti vitali esistenti, secondo il Yoga, in varie parti del corpo, 537 sgg.

Marudvrdha: nome di un fiume, 441.

Marut: dei del vento, 73, 203, 430, 440.

Marutvatiya: inno cantato al sacrificio di mezzogiorno, 475 sg.

Matarisvan: epiteto del dio del vento e del fuoco, 343, 389, 528.

Matsya: popolazione abitante nella regione del Jumna inferiore, 334.

"Maya: ""forza magica, illusione"": dapprima è la potenza magica che hanno gli dei di manifestarsi sotto varia forma, poi è il velo che impedisce di vedere la vera natura dell'Assoluto e quindi è lo stesso mondo fenomenico, che è pura parvenza di fronte alla sola realtà dell'Assoluto, 28, 408."

Medhatithi: figlio di Kanva, rapito in cielo da Indra, 485 sgg.

"Mimamsa: dapprima ""ricerca"", poi denominazione d'un sistema rivolto all'interpretazione della liturgia sacrificale, 17."

Mitra: uno degli Aditya, 283, 290, 430, 527.

"Moksa: ""liberazione, emancipazione"", stato dell'anima emancipata dai legami del mondo materiale, 523."

Mrtyu: dio della morte, 62 sgg., 73, 195, 295, 305 sg., 448, 456 sg.

Mudgala Upanisad, 35, 511, 518.

Muhurta: misura di tempo, istante, guardiano del mondo del Brahman, 316 sg.

Mukhya prana: il respiro nella bocca, 172 sgg.

Muktika Upanisad, 9.

Muladhara: uno dei cakra (v.) posto alla base della colonna vertebrale, 551 sgg.

Mundaka Upanisad, 11, 22, 358, 365, 369, 382, 413, 481 sg.

Naciketa: rito del fuoco, così denominato dal giovane Naciketas, cui fu rivelato dal dio Yama, 351 sgg.

Naciketas: protagonista della K. Up., 16, 351 sgg.

"Nada: ""risonanza"", sia della sillaba Om, sia della Kundalini quando s'innalza lungo la Susumna, 536, 549 sgg."

"Nadi: ""canali"" lungo i quali, secondo il Yoga, circola nell'individuo l'energia vitale, 37, 86, 540 sgg."

Naimisa: foresta sacra, dove fu narrato il Mahabharata, 174, 475 sg.

Naka Maudgalya: maestro, 163, 288.

Nandikesvara, Nandin: cavalcatura e aiutante di Siva, 437.

Narada: antico veggente, 253 sgg.

"Narayana: ""colui che viene tra gli uomini"", epiteto del demiurgo e poi specialmente di Visnu; commentatore delle Upanisad (sec. XIV), 17, 36, 424, 431 sgg., 438, 445 sgg., 461 sg., 511 sgg., 529, 533."

Naudhasa: nome d'una melodia, 318.

"Neti, Neti: determinazione puramente negativa dell'Atman; significa ""No, no!"", ovvero ""Non così, non così"", 89, 117, 124, 136, 140."

Nidhana: parte finale della melodia, 187 sgg.

"Nirguna: ""privo di attributi"", epiteto del Brahman scevro d'ogni condizionamento e al di là d'ogni immaginazione umana, 341."

"Nirvana: la condizione in cui ""s'estinguono"" desideri, interessi, immaginazioni della vita empirica, 541."

Nivid: formula d'invito al sacrificio per gli dei, 112.

"Niyama: ""obblighi"", secondo dei membri del Yoga, 38."

Nya: nome d'un lago nel mondo del Brahman, 271.

Nyagrodha: Ficus Indica, 250.

Nyasa: pratica religiosa, consistente nel toccare determinate parti del corpo mentre si pronunciano delle formule rituali, 449, 552.

Om: sillaba sacra, divisa dapprima in tre, poi in quattro fonemi (A, U, M e la risonanza nasale che permane dopo la pronuncia dei tre primi fonemi), 22, 32, 171 sg., 196, 287, 358, 383, 393, 415 sgg., 429, 499 sgg., 533 sgg., 539 sgg. e passim.

Oupnek'hat: traduzione persiana di cinquanta Upanisad fatta eseguire nel 1657 da Dara Shukoh, 18, 22.

"Pada: ""piede, verso"", 148."

Paingya: maestro, 320.

Pancadasa: nome d'una strofa, 430.

Pancala: popolazione abitante nei pressi di Delhi, 98, 115, 154, 229, 334

Pancaratra: setta visnuitica per la quale Visnu è la prima causa del cosmo, 511.
Pani: demoni vinti da Indra, 446.
Pankti: nome d'una melodia, 430.
Paramahamsa: epiteto del Supremo Spirito, 549 sgg.
Paramesthin: epiteto del Supremo Spirito, 460, 467.
Paridhi: pezzi di legno usati nel sacrificio, 514.
Pariksit: eroe mitico, 103.
Parjanya: dio vedico della pioggia, 73, 87, 156, 230, 239, 467.
Parusni, 441.
"Parvati: ""la montanina"", consorte di Siva, 551."
"Paryarikavidya: ""scienza del palanchino"", esposta nella prima parte"
della Kaus. Up., 315 sgg.
"Pasupata: setta sivaitica, per la quale il Signore Supremo è Siva Pasupati, ""signore degli animali"", 499, 507."
Patancala Kapya: maestro, 103, 106.
Patanjali: autore del Yogasutra, di epoca incerta (IV sec. d.C.?), 35.
Patnisamyaja: oblazioni a varie divinità, 496 sg.
Pauloma: schiere di demoni vinti da Indra, 329.
"Pavaka, Pavamana: ""purificatore"", epiteto delle offerte e anche dei"
fuochi sacrificali, 426.
Pingala: una delle principali nadi, 37, 495, 540.
Pippalada: maestro di dottrina, 383, 395.
Pisaca: esseri demoniaci, 493.
"Pitryana: ""cammino dei padri o dei Mani"", donde si torna sulla terra"
dopo una sosta nella luna, 26, 132, 154 sgg., 229 sgg., 316 sgg., 386.
Prabhuvimita: palazzo nel mondo del Brahman, 271.
Pracinasala Aupamanyava: ricco brahmano, ricercante i supremi veri, 233 sgg.
"Pracinayogya: nome d'un discepolo; altro nome di Satyayajna, 235, 287."

Pradyumna: v. vyuba.

Prahladiya: demoni vinti da Indra, 329.

"Prajapati: ""signore delle creature"", dio vedico padre dei deva e degli asura, creatore dell'universo sensibile; nelle Upanisad è posposto al Brahman e alle divinità personali come Visnu e Siva, 62 sgg., 78, 141 sgg., 224, 272 sgg., 324 sgg., 337, 385 sgg., 424 sgg., 431 sgg., 437 sgg., 493 sgg. e passim."

"Prajna: ""l'intelligente"", epiteto dell'Atman nello stato di sonno profondo senza sogni, 417 sgg."

"Prajna: ""conoscenza, coscienza"", 120, 128, 311, 318, 326, 328 sgg."

"Prajnamatra: ""elemento di coscienza"", 333."

Prajnatman: l'Atman quando è in possesso della conoscenza suprema, 313, 328 sgg., 338, 477

"Prakrti: ""natura"", sostanza primordiale da cui s'evolve il cosmo, 397 sgg., 407, 514, 522 sg."

"Prana: in senso stretto indica il respiro e talvolta l'odorato; in senso più largo designa l'energia o forza vitale, che è la controparte microcosmica del vento, è per alcuni ;l primo principio e circola nel corpo diversificata in cinque soffi (apana, udana, vyana, samana, prana propriamente detto). Talvolta ha il significato generico di organo di senso, la cui attività dipende dall'esistenza del respiro, 29 sg., 37, 64 sgg., 80 sg., 146 sg., 152 sgg., 178, 226 sgg., 238, 262, 292, 313, 319 sgg., 326 sgg., 338, 376, 383"
395, 421 sgg., 461 sgg. e passim.

"Pranagnihotra: ""sacrificio ai soffi vitali"", sorta di sacrificio simbolico che si compie consumando il pasto giornaliero dopo apposite cerimonie purificatorie, attribuendo (o riconoscendo?) carattere sacro a fatti della vita comune, 431, 461, 463, 491 sgg."

Pranagnihotra Upanisad, 35, 491, 497.

"Pranamaya Kosa: ""involucro costituito di prana"", costituente parte dell'entità umana, 292 sg."

Pranava = Om., 504.

"Pranayama: ""controllo del respiro"", terzo fra i membri del Yoga, 38, 533 sgg."

"Prapathaka: a recitazione"", parte d'un testo, 171 sgg."

Prasna Upanisad, Il, 24, 381, 383, 395.

Prastava: preludio dell'inno, 182 sgg., 186 sgg.

Prastotar: aiuto dell'udgatar, 69, 182 sgg., 187, 496.

Pratardana Daivodasi: re discepolo di Indra, 322, 328 sgg.

Pratihara: parte dell'inno, 182 sgg., 186 sgg.

Pratihartar: aiuto dell'udgatar, 182 sgg., 187.

Pratiprasthatar: aiuto dell'adhvaryu, 496.

Pratrda: alunno, 146.

"Pratyahara: ""ritrazione"" dagli oggetti dei sensi, quinto membro del Yoga, per cui il yogin si chiude al mondo esteriore e si fissa nella meditazione, 38, 533 sgg."

Prauga: inno cantato al sacrificio del mattino, 475 sg.

Pravahana Jaivali: re dei Pancala, esperto delle dottrine segrete, 154 sgg., 180 sgg., 229 sgg.

Pravargya: cerimonia introduttiva del sacrificio di soma, 468.

Prayascittiya: fuoco che s'immagina esistere nella regione genitale, 494.

"Preritar: ""impulsore"", epiteto del dio supremo in quanto mette in moto la ruota delle esistenze, 401."

Priyamedha: veggente vedico, 463.

"Punarmrtyu: ""rimorte"", termine dell'esistenza nell'aldilà, di cui oscuramente parlano i Brahmana, senza esplicitare se essa comporti un ritorno in questo mondo, 20, 25, 64, 76, 102."

"puraka: ""riempimento"" dei polmoni per mezzo dell'aria inspirata, 539."

"Purana: ""antichi testi"", risalenti alla prima metà del primo millennio d. C. nella loro stesura attuale, fonti inestimabili per la conoscenza di riti, credenze, atteggiamenti dell'Induismo, 9l, 120, 139, 201, 253, 426"

"Purohita: ""preposto"", il cappellano del re, 98, 434."

"Purusa: ""uomo, spirito"". Indica sia il macrantropo originario da cui tutto l'esistente si genera, sia lo Spirito Supremo in cui tutto si risolve e che tutto domina, sinonimo pertanto di Atman, Brahman, Visnu, Siva; è anche sinonimo talvolta dello spirito individuato, 69 sg., 76, 125 sgg., 205, 369, 404 sgg., 407, 424, 431, 437 sgg., 511 sgg., 523 e passim."

Purusasukta: l'inno 10, 90 del R. V., secondo il quale tutto l'universo s'è prodotto dal macrantropo originario, che sacrificò sé a se stesso, 511 sgg.

"Pusan: ""il nutritore"", dio vedico rappresentante la forza nutritiva del Sole, con il quale viene poi identificato, 73, 149, 345, 349, 427, 439, 527"

Radhakrishnan S.: (1888-vivente) filosofo e uomo politico indiano, 18.
Rahu: demone che inghiotte la luna e il sole provocando le eclissi, 278.
Raikva: asceta e maestro, 30, 213 sgg.
Raikvaparna: villaggio di Raikva, 215.
Raivata: nome d'una melodia, 318, 430.
Rajana: nome d'una melodia, 194.
"Rajas: ""passione, colore"", uno dei tre guna (v.) o modi di essere della materia primordiale, 400, 407, 529. "
"Rajayoga: ""Yoga regale"". È la forma più alta di Yoga, che accompagna alle pratiche fisiopsichiche del Hathayoga esercizi di devozione e meditazioni, allo scopo di superare il piano fenomenico, ciò che consegue al dominio ottenuto sul corpo e sullo spirito, 38."
Rajni: nome d'una parte dell'universo, 208.
Raksas, Raksasa : demoni nottivaghi, 135, 430, 528. Ramakrishna: (1836-886) mistico bengalese, 9.
Ramanuja: mistico indiano dei secc. XI-XII, 17.

Ram Mohan Ray: (1772-1833) riformatore indiano, 18.

Rangaramanuja: commentatore delle Upanisad, 17.

Rathantara: nome d'un saman, 191, 318, 429, 466.

Rayi: materia, res, 385 sg.

Rc: strofe o verso o anche inno di lode, 165, 171 sg., 175 sgg., 513 e passim.

"Recaka: ""espulsione"" dell'aria trattenuta nel corpo, 539."

Revati: nome d'una melodia, 193.

"Rgveda: ""scienza degli inni"", il più antico dei Veda, comprendente 1028 inni destinati a essere recitati dal hotar nelle varie fasi del sacrificio, 14, 19, 31 e passim."

"Rsi: saggio ispirato, che ha ""veduto"" gli inni vedici, 452, 513."

"Rta: ""ordine cosmico"", del quale son guardiani Mitra e Varuna (v.)."

"Rudra: divinità vedica che poi confluirà nella figura di Siva. Come sostantivo plurale indica una classe di divinità, personificazione dei venti tempestosi, assai temute e quindi oggetto di culto per conquistarsene la benevolenza. L'etimologia è discussa; forse Rudra significa a il Rosso"" ed è quindi equivalente di Siva e come questo divinità prearia, 34, 73, 113, 209, 397, 404 sgg., 446, 449 sgg., 499 sgg."

Rudrani: paredra di Rudra, 552.

"Sa: ""egli"". Denominazione del Purusa e dell'infinito, 514 sg."

"Sa: ""questa"". Denominazione di ciò che è percepibile con i sensi e del principio femminile, 68, 165, 177 sgg."

"Sabda: ""suono"", 32, 85, 336."

Sabdabrahman: l'Assoluto manifestantesi come parola, come suono, 32, 543 sgg.

"Sat-Cit-Ananda: ""essenza, coscienza, beatitudine"", epiteto dato all'Assoluto nel tentativo d'interpretarne la varia natura, 519 sgg."

Sadhya: gruppo di divinità capeggiate da brahma, 203, 430, 513.

"Saguna: ""qualificato"", epiteto del Brahman non ancor sciolto dalle immaginazioni terrene, 341."

Sahamana: nome mistico d'una parte dell'universo, 208.

Saibya Satyakama: interlocutore della Pr. Up., 385, 393.

"Sakti: ""potenza, energia"" talora personificata come la consorte di Siva, il quale per mezzo di lei esplica la sua attività; sinonimo di prakrti, 37, 399, 554"

Sakvari: verso della melodia sakvara, 193, 318, 430

Salajya: arengo nel mondo del Brahman, 316 sgg.

"Samadhi: ""enstasi"", assorbimento nell'Assoluto, ultimo dei membri del Yoga, 38."

"Saman: ""melodia"" del canto liturgico, 16, 68, 169 sgg., 177 sgg., 186 sgg."

"Samana: uno dei prana, ""il soffio comune"" che è collocato nel petto e permette la digestione, 117, 175, 239, 287, 390 sg., 430, 461 sg. e passim."

Samasravas: discepolo di Yajnavalkya, 98.

"Samaveda: ""scienza delle melodie"", terzo Veda che raccoglie i canti di pertinenza dell'udgatar, 14, 16 e passim."

"Sambhu: ""datore di prosperità"", epiteto di Siva, 424."

"Samhita: le quattro ""raccolte"" di R. V., Y. V., S. V., a. v.; ""collegamento"" fra varie lettere o varie parole, 9, 284, 433."

"Samkhya: dottrina filosofica che nella sua forma classica ammette un dualismo sostanziale tra spirito e materia (purusa e prakrti). Deve il suo nome alle analisi e alle ""classificazioni"" che hanno per oggetto il progressivo evolversi delle individualità fenomeniche dalla prakrti in seguito allo spezzarsi dell'equilibrio fra i tre modi d'essere o guna della prakrti stessa. Concezioni tipiche del S. si hanno nelle più recenti delle Upanisad vediche, 31, 360, 397 sgg., 409, 412 sgg., 493, 523."

"samkhyakarika ""strofe sul Samkhya"", opera attribuita a Isvarakrsna risalente forse ai secoli intorno all'era volgare ed esponente i principi del sistema, 400."

Samkhyayana: maestro vedico, 453.

"Samsara: ""ciclo delle esistenze"" determinate dall'azione compiuta, 25 sgg., 103, 373, 400, 409 sgg., 515, 535 e passim."

"Samvargavidya: ""scienza del Pigliatutto"", attribuita a Raikva, 213 sgg."

Sanatkumara o Skanda: dio della guerra, 253 sgg.

Sandhya: crepuscoli del mattino e della sera e cerimonia che si compie al loro giungere, 452.

Sandilya: maestro di dottrina, 22, 207, 211.

"Sankara: filosofo brahmanico (788-820 d. Cr.), massimo rappresentante dell'Advaita Vedanta, che predica l'illusorietà di tutte le apparenze rispetto all'unica realtà del Brahman; è anche autore d'un famoso commento alle Upanisad vediche, 9, 17, 28, 59, 64, 66, 79, 87, 135, 178, 190, 207, 233, 253, 286, 289, 299, 308, 412"

Sankarananda: autore d'un commento ad alcune Upanisad (XIV sec.), 17.

Sankarsana: v. vyuha.

Sannyasin o Samnyasin: v. Ashrama, 431.

Saptadasa: nome d'uno stoma, 430.

Sarabha: animale favoloso, 430.

"Sarasvati: dea della parola e dell'eloquenza, consorte di Brahma; fiume dell'Indostan, 167, 441, 452 sgg., 475, 528."

"Sat: ""ciò che è"", denominazione dell'Assoluto donde tutto fuoriesce. Talvolta indica invece la realtà sensibile (B. Up., 2, 3, 1; T. Up., 2, 6), 29, 3l, 88, 169, 241, 252, 294, 318, 409."

"Satapatha Brahmana: ""Brahmana dei cento sentieri"", testo esegetico del Yajurveda bianco, 25, 59, 124, 207, 234, 305."

Satarudriya: inno del Y. V., 16, 1-66, dedicato a Rudra
Siva nei suoi cento aspetti, 484.

"Sattva: ""bontà, chiarezza"", uno dei tre guna della prakrti nel samkhya; ciò che esiste di più alto e di più puro nel mondo fenomenico, 360, 400, 407, 429, 529"
Satvan: popolazione dell'Indostan, 334.
"Satya: ""il vero"", la realtà assoluta, ma talvolta la realtà sensibile (B. Up., 1, 6, 3); nome di vari esseri divini, 82, 143, 252, 263, 270, 295, 318, 448."

Satyakama Jabala: maestro di umile origine, 12, 122, 161, 216 sgg., 228, 426.

Satyavacas Rathitara: maestro, 288.

Satyavaha Bharadvaja: maestro, 371.

Satyayajna Paulusi: ricco brahmano, ricercante la verità, 233 sgg.

Saunaka: maestro, 371.

Saunaka Kapeya: personaggio della Ch. Up., 215 sg.

Sauryayanin Gargya: interlocutore della Pr. Up., 385, 391.

"Savitar: ""l'incitatore"", epiteto e ipostasi del Sole, 184, 402 sg., 424, 441, 453 sg."

Savitri: la strofe rigvedica (3, 62, IO) in onore del Sole, recitata ogni mattina, 147 sg., 160 sg., 423, 437, 451 sgg., 501, 508, 525.

Schopenhauer a. (1788-1860) sua opinione sulle Upanisad, 18.

"Siddhi: ""poteri"" straordinari raggiunti dal yogin, 39."

"Siksa: ""insegnamento"" fonetico, 283."

Siksavalli: prima sezione della T. Up., 283 sgg.

Silaka Salavatya brahmano, 180 sg.

Sinivali: dea protettrice dei parti, 165 sg.

"Siromantra: ""mantra della testa"", o ""formula capitale"", recitata in occasione del Pranagnihotra, 427, 453, 494."

"Siva: ""il benefico,"", epiteto apotropaico (o forse sanscritizzazione di parola dravidica significante ""il Rosso"") d'una divinità probabilmente prearia, conglobante elementi di diversa origine e assurta, insieme con Visnu, a posizione dominante a partire dalle più recenti delle Up. vediche. In Siva coesistono caratteristiche contrastanti: è infatti dio degli asceti e della fecondità, è terrifico (come Rudra) e pronto ad aiutare i fedeli, distrugge i mondi alla fine d'ogni periodo cosmico e conduce la danza orgiastica che simboleggia il divenire dell'universo. Per i suoi seguaci Siva è il dio supremo e unico, il Grande Signore, causa efficiente e materiale dell'universo, che tutto in lui si riassume, 34, 36 sg., 397, 407 sgg., 448 sgg., 479 sgg., 499 sgg. e passim."

Skanda: dio della guerra, 438, 502, 528.

"Smrti: la tradizione ""rammentata"", comprendente testi normativi di particolare autorità, tuttavia non appartenenti alla sruti (v.), 266."

"Sodasin: nome d'una coppa usata nel sacrificio; rito che dura sedici giorni, 428, 440"

Som: interiezione rituale, 287.

Soma: liquore estratto da un vitigno ignoto, sorta di bevanda dell'immortalità offerta in libagione agli dei, e la sua personificazione come dio. È anche sinonimo della luna, cui venne equiparato per la somiglianza del colore, 68, 71, 83 sgg., 116, 156, 195, 230 sgg., 31O, 324, 335, sgg., 439 sgg., 468, 496 e passim.

Somasavana: albero del paradiso del Brahman, 271.

"Sraddha: ""fede,"", 232, 263, 467."

Sraddha: sacrificio offerto ai Mani, 361.

Sri = Laksmi, 453

"Sruti: la rivelazione ""udita"", la sacra conoscenza dei testi del Veda. "

Stobha: interiezione usata nel canto liturgico, 184 sg.

Stoma: modo d'esecuzione del canto liturgico, 175, 430.

Stotra: canto liturgico, 175, 182 e passim.

Subhuta: nome d'una parte dell'universo, 208.

"Suci: ""puro"", epiteto d'un'offerta e anche d'un fuoco sacrificale, 426. "
Sudhanvan Angirasa: gandharva, 103.

Sudra: appartenente alla quarta casta, 73, 214 sg., 513.

Sukesan Bharadvaja: interlocutore dalla Pr. Up., 385, 394.

"Sukra: ""seme, luce"", principio attivo dell'universo, probabile epiteto di Brahma; nome del pianeta Venere, 348, 430."

"Suksma Sarira: ""corpo sottile"", non percepibile ai sensi, che porta le engrafie delle azioni compiute ed è il supporto indispensabile perché l'anima passi da una forma d'esistenza a un'altra, 34, 132."

Sunaka: nome d'una setta d'asceti (= cinici?), 475 sg.

Suparna: personaggio mitico, 465.

Surya: dio del sole, chiamato anche Aditya, 143, 149, 189, 199 Sgg., 212, 271 Sg., 323, 386, 448 e passim.

Suskabhrngara: maestro, 322.

Susoma: nome d'un fiume, 441.

Susumna: una delle nadi, lungo la quale l'anima o la Kundalini ascendono fino al forame occipitale, 37, 272, 286, 495, 537 sgg.

Susupti: stato di sonno profondo senza sogni, 21 sg., 127 sgg., 276, 308, 338, 392, 415 sgg., 482, 553.

Sutudri: nome d'un fiume, 441.

Svadhisthana: cakra posto nella regione dei genitali, 551.

Svadha: interiezione usata nelle offerte ai Mani, 144, 460.

Svah, Svar o Suvar: una delle vyahrti, simboleggiante il sole, 143, 159, 196 e passim.

Svaha: interiezione usata nel rivolgersi agli dei, 144, 158 sgg., 460 sgg. e passim.

"Svapna: ""sonno"", immagine della morte e della beatitudine finale, 21 sg., 126 sgg., 275, 308, 391, 415 sgg., 482, 553."

"Svara: ""suono"", 174."

"Svayambhu: ""esistente di per sé"", epiteto del Brahman, 348, 539 e passim."

Svetaketu : figlio di Uddalaka, 154 sgg., 169, 229 sgg., 241, 252,315 sgg.

Svetasvatara Upanisad, 11, 28, 34 sg., 365, 378 sg., 397
414, 431, 479 e passim.

Syaita: nome d'una melodia, 318.

"Tadvanam: nome mistico del Brahman (""c'è desiderio di lui""), 344. "
Tagore Rabindranath: poeta e mistico indiano (1861-1941), 18.

"Taijasa: ""luminoso"", uno dei quattro stati dell'Atman, corrispondente al sonno con sogni, 418 sg."

Taittiriya: scuola del Y.V. nero, 281.

Taittiriya Upanisad, 11, 20, 35, 75, 130, 281, 302, 318, 320, 367' 421, 458, 467.

Tajjalan: nome segreto del Brahman (secondo Sankara s'allude al fatto che tutto nasce, si dissolve e respira in esso), 207.

Talavakara: scuola del Samaveda, 339.

"Tamas: ""oscurità"", uno dei tre guna del Samkhya, 400, 407, 529."

"Tantra: propriamente ""trama d'un tessuto"", poi dottrina, libro dottrinale che vuole insegnare a realizzare l'infinita potenzialità che è propria dell'uomo per la presenza in lui dell'energia creatrice che regge l'intero universo, 35."

"Tapas: ""calore"" prodotto dal praticar l'ascesi e l'ascesi stessa, 63, 145, 196, 294, 298, 362, 372, 385, 441 sgg., 464 sgg. e passim."

Taponitya Paurusisti: maestro, 288.

Tat: pronome dimostrativo neutro, assunto per indicare l'Essere, la Suprema Realtà, per cui nessuna determinazione è esauriente, 241, sgg., 283, 362 sgg., 369, 433 sg. e passim.

"Tat Tvam Asi: ""Tu sei il Tat ,"", uno dei mahavakya o frasi quintessenziali delle Upanisad, esprimente la convinzione dell'unità sottesa a tutte le manifestazioni, 20, 241, 252, 521."

"Tejas: ""splendore, calore luminoso"", uno dei tre elementi primordiali emanati, secondo Uddalaka, dal Sat, 20 sg., 241, 252, 254 sgg., 258 sgg., 266, 433, 467 e passim."

Trayastrimsa: nome d'uno stoma, 430.

"Trayi Vidya: ""triplice scienza"" costituita dai tre primi Veda, 14, 176, 322, 448."

Trinava: nome d'uno stoma, 430.

Trisanku: re mitico, 289.

Tristubh: strofe vedica di quattro endecasillabi, 209, 430, 501.

Trisuparna: mantra purificatorio, 454 sg.

"Trivarga: ""i tre scopi"", dell'esistenza umana, che sono artha, utilità, vantaggio materiale, dharma, tutto ciò che s'attiene alla giustizia e alla religione, (ama, attività e piacere sessuali. Soltanto un equilibrato contemperamento di queste varie esigenze della vita individuale e associata consente di giungere al moksa, ossia di liberarsi dal ciclo delle esistenze eternamente rinnovantisi, 28."

Trivrt: nome d'una strofa, 429.

"Tryambaka: epiteto di Siva ""trioculo"", 457."

"Turiya: il ""quarto"", stato dell'Atman, che ha superato la veglia, il sonno con sogni e il sonno profondo ed è al di là d'ogni legame con il mondo fenomenico; è simboleggiato dalla risonanza nasale che permane dopo la pronuncia della sillaba Om, 22, 148, 415 sgg., 553"

Tvastar: divinità vedica, ordinatrice del creato, 96, 165, 329, 433 sg., 496, 527

Tyam, Tyad: ciò che trascende l'esperienza umana, 88, 114, 294 (contra 318).

U: seconda lettera della sillaba sacra Om, simbolo dello stato di sonno con sogni, 393, 418, 506' 535 sg.

Udana: uno dei cinque prana, il soffio ascendente seguendo il quale l'anima sale al forame occipitale per lasciare il corpo, 104, 117, 239, 287, 390 sg., 430, 461 sg. e passim.

Udanka Saulbayana: maestro, 120.

Udurasandilya: discepolo, 180 sg.

Uddalaka Aruni: maestro, padre di Svetaketu e forse di Naciketas, 31, 106 sgg., 154 sgg., 229 sgg., 233 sgg., 241
252, 315,351 e passim

udgatar: cantore delle melodie del Samaveda, 14, 99 sgg., 178 sg., 468 e passim.

Udgitha: la parte più importante del saman, 64 sgg., 171 sgg., 186, sgg., 318, 429.

Udambara: Ficus Infectoria, 162.

Uktha: strofe da cantarsi, 81 sg., 146, 179, 322, 330.

Ukthya: rito caratterizzato dalla recitazione di vari inni, 428.

Uma Haimavati: consorte di Rudra-Siva, 343 sg., 450, 482.

Upadrava: parte del saman settemplice, 187 sgg.

Upaghata: tipo di oblazione, 475.

Upakosala Kamalayana: discepolo di Satyakama, 220.

"Upanisad: probabilmente ""seduta segreta, insegnamento esoterico"". Altri interpretano ""venerazione""; altri ancora ""correlazione"", 9 sg. e passim."

Upasad o Upasada: cerimonia preliminare al sacrificio di soma, 158, 210.

Usasta Cakrayana: interlocutore di Yajnavalkya, 104 sg. Usasti Cakrayana: maestro, 181 sgg.
Usij: padre di Kaksivat. 440.
Usinara: popolazione dell'Indostan, 334.
Uttaranarayana: seconda parte del Purusasukta, 515.

"Vac: ""la parola"" considerata anche come creatrice dell'intero universo e divinizzata (v. anche sabdabrahman), 32, 63 sgg., 77 sgg., 119 sg., 144, 151 Sgg, 172 Sg, 224, 226 Sg., 254, 319 Sgg., 326, 528 e passim."

Vaikuntha: epiteto di Indra, passato poi a Visnu e al suo cielo, 84, 335

Vairaja: nome d'un saman, 193, 318, 430.

Vairupa: nome d'un saman, 192, 318.

Vairupya: nome d'un inno, 450.

Vaisravana: patronimico di Kubera, 523.

"Vaisvanara: ""comune a tutti gli uomini"", epiteto di Agni e dell'Atman; nome simbolico dello stato di veglia, 144, 226, 233 sgg., 417."

Vaisya: appartenenti alla terza casta, dei commercianti e degli agricoltori, 73, 233, 278, 513

"Vajapeya: ""bevuta per ottenere la forza"", uno dei sette tipi di sacrificio di soma, 162."

Vajasaneyin: scuola del Yajurveda bianco, che vien perciò chiamato Vajasaneyi Samhita, 345, 515.

Vajasravasa: patronimico di Uddalaka, padre di Naciketas, 351 sgg.

"Vajra: folgore, diamante, arma d'Indra; forse nome d'un vyuha, 487 sg., 516"

"Valli: ""liana"", sezione di un testo, 281 sgg."

Vamadeva: veggente vedico, 72, 310 sg.

Vamadevya: nome d'un saman, 192, 466.

"Vanaprastha: ""abitante nelle selve"", brahmano che vive il terzo asrama (v.)."

Varuna: dio vedico, regnante sul cielo stellato e sulle acque primordiali, custode dello rta e implacabile punitore dei malvagi, 73, 115 sg., 195, 202, 208, 283, 298, 316, 430, 441 sg., 527

Varuni: ipostasi femminile di Varuna, 441.

Vasat: interiezione usata nel rivolgersi agli dei, 144, 461, 494.

Vasistha: veggente vedico, 87, 451.

Vasu: classe di dei capeggiati da Agni, 73, 113, 196 sg., 201 sg., 209, 429, 527 sg.

Vasudeva: ipostasi ed epiteto di Visnu-Krsna, 511 sgg., 543, 547.

Vausat: interiezione rituale, simile a Vasat, 552.

Vayu: dio del vento, 29 sg., 81, 103 sg., 166, 195, 213 sgg., 283, 308, 316, 343 sg., 434, 448.

"Veda: la ""scienza sacra"" dei brahmani. Comprende R. V., Y. V., S. V. e, redatto e accolto nell'ortodossia posteriormente, l'A. V. Per ognuno dei Veda si hanno le Samhita, i Brahmana, gli Aranyaka e le Upanisad. In senso stretto con Veda s'indicano le Samhita, risalenti in parte all'epoca della penetrazione aria nell'India e testimonianza preziosa delle più antiche fasi della religiosità indiana, dapprima incentrata sul sacrificio, 12, 14, 32 e passim."

"Vedanga: ""membra dei Veda"", scienze necessarie per la comprensione dei testi sacri, 371."

"Vedanta: ""fine del Veda"". Con tale vocabolo s'indicano le Up., che sono la parte conclusiva del Veda e, in senso più tecnico, il sistema filosofico, ispirato a un rigoroso monismo, che ha il massimo rappresentante in Sankara e che considera illusorio tutto ciò che è percepibile con i sensi, 14, 17, 381, 481, 483."

"Vena: ""colui che vede"", sorta di spirito che conosce la rivelazione, 436, 440."

Vibhu: palazzo del mondo del Brahman, 316 sg. Vicaksana trono del mondo del Brahman, 316 sgg. Vidagdha Sakalya: interlocutore di Yajnavalkya, 112 sgg., 122.
Videha: popolazione abitante a Nord
Ovest dell'odierna Patna, 98, 110, 119 sgg., 334

"Vidya: ""scienza"" che vien distinta in inferiore (scienza dei riti) e superiore (scienza dell'Atman), 134, 172, 348, 356, 371 sg., 409, 546 e passim."

Vijara: fiume nel mondo del Brahman, 316 sg.

"Vijnana: ""conoscenza, coscienza"", 86, 92, 110, 118, 125, 132, 135, 257, 263, 299, 467 e passim."

"Vijnanamaya Kosa: ""involucro fatto di conoscenza"", uno dei componenti della personalità umana, 293 sg."

"Virama: ""rinuncia"", 146."

"Viraj: sposa di Indra; immagine umana che appare nella pupilla dell'occhio sinistro; sorta di creatore secondario; nome d'una strofa, 123 sg., 185, 216, 513 sg."

Virocana: re dei demoni e rappresentante d'una dottrina vagamente materialistica, 273 sgg.

"Visistadvaita: ""non dualità del[l'Uno che è] ricco d'attributi"", sistema filosofico-religioso di Ramanuja, 18."

Visnu: divinità vedica e induista, cui è demandata la conservazione e la protezione dell'universo e delle creature. Con V. e con i suoi numerosi avatara e vyaha è specialmente collegato il culto della
bhakti, 18, 36, 165, 283, 360, 427, 438 sg., 482, 506, 511 sgg., 527, 543 e passim.

Visuddhi: cakra posto nella regione della gola, 551.

Visvaci: epiteto della dea della saggezza, 455.

"Visve Deva o Visvadeva: originariamente ""tutti gli dei"", poi nome d'una determinata classe di divinità, 73, 185, 196 sgg., 430."

"Visvakarman: ""creatore di tutto"", personificazione del potere creativo, 433 sg."

Visvamitra: veggente vedico, 87, 453.

Visvavasu: genio lascivo, 165.

Vitasta: nome d'un fiume, 441.

Vituda: essere demoniaco, 461.

Vratya: stirpi arie non brahmaniche, 388.

Vrtra: demone che teneva prigioniere le vacche celesti (le acque ?), vinto da Indra, 439 sg., 485.

"Vyahrti: ""interiezione sacra"", 423."

"Vyana: uno dei cinque prana, il ""soffio trasversale"" che presiede alla circolazione del sangue, 104, 117, 174 sg., 238, 292, 390 sgg., 430, 461 sg. e passim."

"Vyuha: ""emanazione"". Secondo la teologia visnuitica propria specialmente dei Pancaratra, dal supremo principio, che è anche la causa unica della liberazione, si sviluppa progressivamente il mondo"
"delle cose e delle creature, attraverso varie manifestazioni, che sono i vyaha e che portano nomi di persone appartenenti alla leggenda di Krsna. Il supremo principio è Visnu, o Vasudeva, o Narayana; sue progressive emanazioni sono Sankarsana (la materia primigenia e l'anima universale), Pradyumna (origine razionale del cosmo), Aniruddha (la coscienza individuale), 511 sgg. "

"Yajamana: ""colui che ordina il sacrificio"", pagandone le spese e godendone i frutti, 69, 99, 196, 224, 496. "

"Yajna: ""sacrificio"", centro del culto vedico, 75, 196, 209 sg., 224, 271, 281 sgg., 372 sgg. e passim. "

Yajnavalkya Vajasaneya: celebre maestro upanisadico, 13, 21, 59, 70, 89 sgg., 98, 140, 151, 161, 273.
Yajnavalkiya Kanda: sezione della B. Up., comprendente la terza e quarta lettura, 59.
Yajnayajniya: nome d'un saman, 193 sg., 318.
Yajnopavita: il cordone sacrificale, portato dai membri delle caste più alte, 323
"Yajurveda: ""Veda delle formule sacrificali"", di pertinenza dell'adhvaryu. Si distingue il Y. V. bianco, che comprende soltanto le formule, dal Y. V. nero, che comprende anche elementi di commento e di esplicazione, 14, 59, 91, 139, 146, 253 sg., 281, 345, 351, 397, 421, 431, 473 e passim. "
Yaksa: essere semidivino, abitante nelle foreste, 430.
Yama: dio della morte, 73, 116, 208, 337, 351 sgg., 428, 456, 503.
"Yama: ""obblighi"", prescrizioni negative costituenti il primo membro del Yoga, 38. "
Yamuna: nome di un fiume, Jumna, 441.
"Yoga: ""controllo"", dominio dei diversi componenti della personalità umana per mezzo di una disciplina "
fisio-psichica. In tal modo s'otterrà l'unione (altro significato legittimamente attribuito al vocabolo) tra l'anima individuale, monda di ogni legame con ciò che è terreno e accidentale, con lo spirito universale, designato sia come Brahman, sia come Grande Signore. Il termine indica ogni metodo che s'ispiri a queste concezioni, ma in senso stretto si riferisce al sistema esposto da Patanjali e dai suoi successori, che si rifanno tuttavia a dottrine antichissime nell'India, 35 sgg., 80, 351, 367,383, 397, 402 sgg., 481, 533 sgg. e passim.
"Yogasutra: ""aforismi sul Yoga"", opera attribuita a Patanjali, che espone dottrine e pratiche del Yoga classico, 35. "
Yogatattva Upanisad, 533, 536.
Yogin: seguace del Yoga, 38, 257, 522 sg., 535 sgg.