VISIONI IN PUNTO DI MORTE di Sir William Barrett

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INTRODUZIONE

Nel 1874 un giovane professore di fisica si recò a visitare un amico nella Contea di

Westmeath, in Irlanda. La loro conversazione si incentrò principalmente sull’ipnosi -

o «mesmerismo», per utilizzare un termine allora maggiormente in voga - e l’amico

gli propose l’idea di tentare un esperimento di ipnosi su alcuni bambini del villaggio.

Il professore, il cui nome era William Barrett, rimase stupefatto e sorpreso dai

risultati che scaturirono da tale esperimento. Una bambina era infatti in grado di

provare e di percepire ciò che l’ipnotista provava e percepiva. Quando il ricercatore

poneva la mano sopra una lampadina accesa, la bambina ritirava la sua con un

movimento brusco. Se invece l’uomo assaggiava dello zucchero, ella sorrideva con

piacere e se egli poneva del sale sulla sua lingua, sul volto della bambina

comparivano delle smorfie di disgusto.

Ora, stando al Prof. W. B. Carpenter, noto per il suo acceso scetticismo, risultati

come questo potrebbero essere dovuti ad un «aumento della sensitività» causato

dall’ipnosi. Carpenter riteneva che, per effetto dell’ipnosi, l’udito e l’olfatto si

acutizzassero a tal punto da permettere al soggetto di percepire quello che avveniva

alle sue spalle, ma Barrett poté constatare che ciò era alquanto improbabile: sale e

zucchero non avevano infatti alcun odore. Altri esperimenti resero la teoria

dell’«aumento della sensitività» quasi del tutto inaccettabile. Da un mazzo di carte ne

venne presa una a caso e venne riposta all’interno di un libro. Il soggetto ipnotizzato

tenne il libro vicino al capo e in breve tempo fu in grado di asserire correttamente che

si trattava del cinque di cuori. In altri esperimenti un diverso soggetto fu in grado di

indovinare l’ora segnata da un orologio che era stato chiuso in una scatola e le cui

lancette erano state disposte casualmente; un altro ancora identificò correttamente

quattordici carte prese a caso da un mazzo.

I risultati emersi da tali esperimenti si rivelarono molto inquietanti per Barrett. La

scienza era stata la principale passione della sua vita e, a diciannove anni, egli era

stato l’assistente del Prof. John Tyndall, noto fisico e «libero pensatore». A

ventott’anni (nel 1873) ottenne una cattedra al Royal College of Science di Dublino

e, sentendosi molto affascinato dai fenomeni della luce e del calore, si dedicò a delle

importanti ricerche in materia, inventando anche due nuove leghe.

Essendo amico e discepolo di Tyndall ci si sarebbe potuti aspettare che anch’egli

marciasse in prima linea con quegli uomini di scienza che non vedevano di buon

grado il Movimento Spiritualista, il quale era andato diffondendosi in Europa e in

America fin dagli anni ‘50, e che finivano spesso per tacciarlo di irrazionalità e di

sconsiderato feticismo. Ma ora egli si trovava di fronte ad un’evidenza che sembrava

sfidare tutti i dogmi su cui si basava la moderna scienza.

Barrett era un uomo molto onesto e, invece di accantonare la sconcertante evidenza

 

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che si era palesata ai suoi occhi - così come fecero invece molti suoi illustri

contemporanei - scrisse un documento a tale proposito e, nel 1876, lo sottopose alla

British Association for the Advancement of Science. Il destino volle che il Presidente

della commissione che esaminava gli scritti fosse Alfred Russell Wallace, il

naturalista che scoprì la teoria evoluzionistica contemporaneamente a Charles

Darwin. Trent’anni prima, quand’egli era insegnante in una scuola, aveva condotto

degli esperimenti di ipnosi con i suoi alunni, molto simili a quelli descritti da Barrett.

Aveva così avuto modo di constatare che uno dei suoi allievi sorrideva con piacere

quando lui si portava alla bocca dello zucchero e che ritraeva bruscamente la sua

mano quand’egli si punzecchiava un dito con uno spillo. Così Wallace, nonostante le

proteste dei suoi colleghi, diede la sua approvazione allo scritto, il quale venne letto a

Glasgow nel 1876. Ma la British Association non poté spingersi oltre e la

commissione rifiutò decisamente che il documento venisse pubblicato.

Senza dubbio fu proprio questa ostinata cecità da parte dei suoi colleghi che spinse

Barrett a essere più determinato che mai a non restare nel silenzio. Cominciò così a

studiare un nuovo «gioco-esperimento» che si stava diffondendo nei salotti inglesi

negli anni ‘70 - il «gioco dell’imposizione volontaria». Una persona veniva mandata

fuori dalla stanza in cui tutti gli altri si trovavano e il gruppo nascondeva un oggetto -

oppure decideva un’azione che l’altro avrebbe dovuto eseguire, come ad esempio

grattarsi il naso o togliersi gli occhiali. Sorprendentemente, l’esperimento aveva quasi

sempre un esito positivo e Barrett incominciò a pensare che la telepatia rivestisse una

notevole importanza in tutto ciò. Un prete dello Derbyshire, il Rev. A. M. Creery, si

accorse che le sue figlie erano in grado di indovinare nomi di città, di persone e

persino brani di poesie se venivano spinte a farlo. Contattò Barrett e quest’ultimo

rimase talmente impressionato da ciò che poté constatare che, nel 1881, scrisse un

breve articolo a tale proposito su Nature.

Fu proprio quell’inverno che, trovandosi a Londra presso un amico, Barrett ebbe

l’idea di fondare una società di scienziati e di filosofi in grado di prendere in

considerazione tali fenomeni in modo obiettivo e con mente aperta. La stessa idea era

venuta precedentemente ad un illustre allievo di Cambridge, Frederick Myers, mentre

in una notte stellata del 1869 si trovava a passeggiare con il suo anziano professore,

Henry Sidgwick. Tuttavia, l’«Associazione Spiritualista» che era stata fondata negli

anni ‘70, non aveva incontrato un gran successo: i personaggi pubblici di un certo

rispetto si erano dimostrati infatti alquanto riluttanti ad associare il loro nome allo

Spiritualismo. Ma, quando nel gennaio del 1882 Barrett convocò una riunione, tenne

a precisare che sarebbe stato più opportuno non classificarsi come Spiritualisti e

insistette invece che l’Associazione dovesse essere considerata soltanto come un

gruppo di scienziati disposti a investigare a mente aperta su quei fenomeni che

restavano ancora privi di una spiegazione logica. Nessuno si dimostrò

particolarmente entusiasta nei confronti della sua idea. Tuttavia Sidgwick accettò

 

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ugualmente di essere il Presidente di questa nuova associazione e, soltanto un mese

dopo, fu fondata la Society far Psychical Research.

Uno dei primi obbiettivi di Barrett fu quello di condurre una nuova e più ardua

ricerca sul caso delle sorelle Creery. Assieme a Sidgwick, Myers, Edmund Gurney e

Balfour Stewart, egli fece di tutto per poter escludere che si trattasse di un caso di

frode. Le quattro bambine furono esaminate separatamente e assieme, e i risultati

furono sempre molto sorprendenti: in una delle varie prove una bambina fu in grado

di indovinare correttamente nove su quattordici carte estratte a caso da un mazzo.

(Uno statista calcolò che vi era una possibilità che ciò accadesse su miliardi di

miliardi). Nel luglio del 1882 Barrett pubblicò i risultati di tali esperimenti sulla

rivista Nineteenth Century, commentando che nessuno avrebbe potuto tacciare di

deliberata frode le prove condotte. Ma in un successivo articolo accadde proprio ciò

che egli non si aspettava. Un uomo di nome Horatio Donkin si chiese cosa fosse più

credibile: una possibilità su miliardi di miliardi o una collusione fra i soggetti degli

esperimenti e gli illustri scienziati? (Questa divenne nota come la «Legge di

Donkin»). Barrett tuttavia non si preoccupò poi più di tanto per questo attacco.

L’Associazione aveva infatti attratto a sé molti importanti personaggi, fra cui

Gladstone, Lord Tennyson, Mark Twain, Lewis Carroll, John Ruskin, William James

e Alfred Russe1 Wallace. Sentiva - a ragione – che l’investigazione sui fenomeni

paranormali era ormai diventata un serio oggetto di studio. Scienziati scettici come

Carpenter e Lankester non avrebbero più potuto congedare a lungo il tutto con un

sogghigno beffardo.

La Società si trovò a vivere numerosi contrattempi. Noti medium ad essa appartenenti

furono colti in fallo; altri – come Daniel Dunglas Home, che riusciva a far levitare dei

pesanti tavoli fino al soffitto e a lavarsi il viso con dei carboni ardenti - producevano

dei risultati così spettacolari che nessuno era disposto a credervi. Si affacciò così

immediatamente un problema: la «ricerca psichica» non avrebbe mai potuto diventare

una scienza esatta, poiché i suoi esperimenti non erano ripetibili in laboratorio. Tutto

sembrava dipendere dallo stato d’animo dei soggetti. Quando le sorelle Creery erano

contente ed eccitate, facevano raramente degli errori (una volta riuscirono addirittura

ad indovinare diciassette carte una dopo l’altra); quando invece si trovavano ad avere

a che fare con persone noiose o scettiche, le loro prestazioni subivano un sensibile

crollo di rendimento. Davano il meglio di se stesse quando gli esperimenti venivano

posti come dei giochi, ed esse sentivano che non aveva alcuna importanza se avessero

avuto successo o meno. Non appena si accorgevano che le cose stavano per diventare

serie, cominciavano a fallire. Sette anni dopo i primi esperimenti condotti da Barrett

sulle bambine Creery, queste furono colte in fallo e ci si accorse che stavano

imbrogliando. Ammisero che avevano cominciato ad utilizzare un codice - colpi di

tosse, piccoli movimenti e così via - perché erano dispiaciute di non poter sempre

soddisfare le persone che si recavano a vederle. Insistettero tuttavia che i risultati che

 

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inizialmente avevano prodotto, erano genuini e le relazioni di Barrett confermano che

quasi certamente le bambine dicevano la verità; ma questo fu indubbiamente un altro

duro colpo per la Society for Psychical Research.

Barrett fu spinto a credere al «paranormale» a dispetto della sua volontà e persino

andando contro a quelli che per lui erano ormai dei consolidati parametri di giudizio.

Era disposto a credere al trasferimento del pensiero (o telepatia, come Myers la

denominò nel 1882), ma riteneva che i fenomeni prodotti da Home - come ad

esempio fluttuare fuori da una finestra situata al secondo piano e rientrare attraverso

un’altra - non fossero null’altro che un qualche tipo di allucinazione. Tuttavia poiché

alcuni suoi amici intimi, verso i quali nutriva la più completa fiducia, svilupparono

dei poteri medianici, dovette abbandonare una tale teoria. Cionondimeno si sforzava

sempre con ostinazione di trovare delle spiegazioni scientifiche che potessero

avvalorare i fenomeni a cui assisteva giorno dopo giorno. Essendo uno scienziato,

rimase molto impressionato dalla teoria dell’«etere» - il fluido invisibile che si

suppone trasmetta le onde luminose. Ebbe il sospetto che qualcosa di simile potesse

spiegare anche l’ipnosi; suppose infatti che vi potesse essere un «fluido magnetico»

che passava dall’ipnotista al soggetto ipnotizzato, oppure che esistesse un qualche

tipo di «etere psichico» che potesse fungere da trasmettitore delle onde mentali.

Quando incominciò ad interessarsi alla rabdomanzia, pensò in primo luogo che alla

base del fenomeno vi potesse essere una spiegazione «elettrica», ovvero che vi fosse

un qualche campo magnetico in corrispondenza delle correnti d’acqua sotterranee.

Ma, alla fine del suo libro The Divining Rod, scritto assieme a Theodore Besterman,

fu costretto ad ammettere che nessuna delle «teorie fisiche» poteva spiegare i

fenomeni con cui fino ad allora era venuto in contatto - come ad esempio il fatto che

alcuni rabdomanti possano identificare la presenza di acqua nel sottosuolo

semplicemente sospendendo un pendolo sopra una mappa geografica - e che la

spiegazione più verosimile dovesse essere ricercata in una parte ignota della mente, la

quale era responsabile delle risposte che si ricavavano per mezzo del pendolo e della

bacchetta. Infine, verso gli ultimi anni della sua vita, ammise che tutte le sue ricerche

lo avevano portato inesorabilmente a credere nell’esistenza di un «mondo spirituale»

e di una vita dopo la morte.

E’ un peccato che Barrett sembri essere stato un uomo eccessivamente modesto. A

differenza di molti altri eminenti investigatori psichici egli non scrisse mai

un’autobiografia, così i dettagli della sua vita sono stati ricavati unicamente dalle

testimonianze dei suoi amici e colleghi. Per una qualche strana ragione non appaiono

dei riferimenti sul suo conto né nel Dictionary of National Biography né tantomeno

nell’Encyclopaedia Britannica. Per poter scrivere questa introduzione ho chiesto

l’aiuto della London Library, della Society for Psychical Research e del College of

Psychic Studies. Devo dire che mi hanno spedito ben poco materiale, tanto da indurre

mia moglie a dire scherzosamente che probabilmente «Barrett non era mai esistito

 

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realmente» e a farmi pensare in certi particolari momenti che ella avesse ragione. Ma

un memoriale pubblicato poco dopo la morte di Barrett nei Proceedings dell’SPR, a

cura di Eleanor Sidgwich, afferma che egli rimase scapolo fino al 1916 e che in tutto

quel tempo visse con una devota sorella che si occupò di lui e della casa. Nel 1916 si

sposò con Florence Willie, noto chirurgo e ginecologo. Ed è proprio dalla

collaborazione fra i due che è scaturito quello che può ritenersi il suo più affascinante

ed autorevole libro: Visioni in Punto di Morte.

Nonostante lo scritto sia molto breve, si tratta di uno dei più importanti ed originali

contributi alla ricerca psichica mai pubblicati. Barrett era interessato al fatto che le

persone in punto di morte sembrassero spesso in grado di vedere accanto a loro dei

parenti precedentemente deceduti. Queste potrebbero essere delle semplici

allucinazioni anche se, in molti casi, si è riscontrato che il soggetto non sapeva che il

parente in questione era morto. A tale proposito la storia di Jenny ed Edith, raccontata

nel Capitolo 2, è piuttosto emblematica. Due bambine di otto anni morirono, a

distanza di tre giorni l’una dall’altra, in seguito ad un’epidemia di difterite; a Edith

non venne detto che Jenny era già deceduta. In punto di morte, tre giorni dopo, ella

tuttavia vide apparentemente l’amica entrare nella sua stanza e chiese al padre:

«Perché non mi hai avvisato che Jenny era qui?».

Il racconto tuttavia è piuttosto carente di dettagli e, sebbene Barrett affermi trattarsi di

un caso «autenticato» e citi l’autorità di James Hyslop, un noto ed importante

membro dell’American Society for Psychical Research (che, incidentalmente fu

fondata proprio da Barrett), i lettori hanno tutti i motivi per chiedersi se il fatto sia

realmente accaduto. Quando Barrett cita invece quei casi di cui la moglie è stata

diretta testimone, allora tale obiezione svanisce automaticamente. Se riponiamo la

nostra fiducia in Barrett e nelle evidenze forniteci dai casi collezionati dalla moglie

nel corso della sua attività medica, possiamo dedurre che una «visione in punto di

morte» come quella descritta nel Capitolo 2, abbia avuto luogo realmente così come è

stata raccontata. Naturalmente, ciò non basta a provare che la Sig.ra B. abbia visto

realmente la sua sorella defunta Vida. Potrebbe essersi trattato di un’allucinazione. E’

vero che la Sig.ra B. non sapeva che Vida fosse morta, ma probabilmente potrebbe

averlo dedotto da un qualche accenno fatto dalla sua famiglia, o potrebbe essere

venuta a conoscenza della cosa per altre vie. Allucinazione o meno, tutto ciò

costituisce indubbiamente una grossa mole di materiale su cui riflettere.

Infatti, come si è detto in precedenza, il problema della vita dopo la morte ha

costituito indubbiamente il più grosso scoglio che i primi membri della Society for

Psychical Research hanno dovuto affrontare. Lo «Spiritualismo» ha avuto origine

attorno agli anni ‘50 nel Rochester, New York, come risultato di una serie di strani

eventi che si verificarono nella casa della famiglia Fox - ovvero rumori e colpi alle

pareti che vennero interpretati per mezzo di un codice alfabetico. Gli «spiriti», che

apparentemente comunicavano tramite due bambine, chiesero che il loro messaggio

 

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venisse proclamato al mondo intero e dissero che «si era giunti agli albori di una

nuova èra». Il movimento «Spiritualista» si diffuse immediatamente dapprima in

America, poi in Europa. I « Medium» cominciarono a ricevere messaggi dalle entità

disincarnate e gli scienziati non persero di certo tempo a denunciare questa nuova

«moda» definendola una vuota illusione che poteva appassionare soltanto delle menti

deboli. Un triste risultato che scaturì da quest’onda di scetticismo fu che, tutti coloro

che si dimostravano interessati alle cosiddette facoltà paranormali, vennero anch’essi

tacciati di creduloneria. Fenomeni quali l’ipnosi, la telepatia e la precognizione si

trovarono così ad essere circondati da un alone di sospetto.

Quando Barrett riuscì a fondare una società che si occupava dello studio di queste

dubbie materie, offri in realtà un grande contributo alla causa della ricerca sul

«paranormale». Durante i suoi primi anni, la Society for Psychical Research pubblicò

degli interessanti studi sulla telepatia, sulle allucinazioni e su altri fenomeni. Molti

dei suoi membri – forse la maggior parte - non erano disposti a credere in una vita

dopo la morte. Tanti erano d’accordo con Lewis Carroll che scrisse: «Sono convinto

che la frode non può essere la completa spiegazione di tutti i fenomeni» e ancora:

«Credo nell’esistenza di una forza naturale, simile all’elettricità, tramite cui la mente

di un individuo può agire su quella di un altro». Essere un membro dell’SPR non

voleva quindi obbligatoriamente dire essere uno Spiritualista.

Tuttavia la Society accumulò anche un considerevole numero di testimonianze

autenticate relative a visioni e a comunicazioni con «fantasmi» e spiriti. Laddove in

certi casi si potrebbe parlare di allucinazioni o spiegare il tutto per mezzo della

telepatia (ad esempio quando un soggetto «vede» un parente che muore in quel

preciso momento in un altro luogo), ve ne sono altri, ed il loro numero è in verità

molto esiguo, che sembrano non sottostare a nessuna di queste due spiegazioni. Per

meglio comprendere sarà sufficiente citare anche un solo esempio. Nel 1921, un

agricoltore di nome James Chaffin morì nel North Carolina, lasciando la sua azienda

agricola in eredità al terzogenito Marshall e non lasciando invece alcun avere alla

moglie e agli altri tre figli. Quattro anni dopo, suo figlio James fece un sogno in cui il

padre si trovava in piedi vicino al suo letto con addosso un vecchio cappotto nero e si

rivolgeva a lui dicendo: «Troverai il testamento nella tasca del mio cappotto». Egli si

precipitò subito dalla madre e venne a sapere che il cappotto nero era stato dato a suo

fratello John. Nella casa di John lo poterono finalmente esaminare e, cucito dentro

alla fodera della tasca, trovarono un piccolo foglio con su scritto: «Leggete il 27°

capitolo della Genesi nella vecchia Bibbia di mio padre». Nel 27° capitolo della

Genesi trovarono così un testamento che recava una data successiva a quello che

lasciava tutti gli averi a Marshall e che questa volta divideva l’ammontare dei beni in

modo equo fra la moglie e i quattro figli. Inizialmente Marshall contestò il caso, ma

quando ebbe modo di esaminare il testamento fu costretto ad ammettere che si

trattava di un documento autentico. La proprietà fu così divisa fra tutti e cinque. Un

 

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avvocato che si occupò delle ricerche sul caso per conto dell’SPR, escluse

categoricamente una qualsiasi possibilità di frode. E’ pertanto difficile non giungere

alla conclusione che James Chaffin abbia cambiato idea a proposito del suo

testamento nel corso della sua fatale malattia e abbia inserito le sue ultime volontà

nella Bibbia - convinto probabilmente che sarebbero state ritrovate poco dopo la sua

morte - ma, vedendo che le cose erano andate diversamente da come si era aspettato,

decise poi di «ritornare» per portare l’attenzione del figlio sul testamento nascosto.

Sono stati casi come questo che alla fine hanno convinto molti membri dell’SPR che

la vita dopo la morte non era soltanto una fantasticheria dettata da un profondo

desiderio inconscio. Sir Arthur Conan Doyle e Sir Oliver Lodge erano stati membri

dell’SPR sin dal 1890 senza purtuttavia credere assolutamente nella possibilità di una

vita dopo la morte. Lodge si convinse del contrario in seguito alla morte di suo figlio

Raymond nel corso della Prima Guerra Mondiale, quando parecchi medium

cominciarono a produrre messaggi che sembravano provare al di fuori di ogni dubbio

che Raymond era ancora vivo; Doyle cambiò invece parere quando un giovane

invalido che praticava la «scrittura automatica» cominciò a produrre la calligrafia

esatta di suo cognato – ucciso recentemente a Mons - e l’entità rivelò un segreto che

solo lui e Doyle conoscevano. così anche Doyle e Lodge si trovarono ad essere

attaccati violentemente dagli scettici per la loro creduloneria e faciloneria.

Ma, di tutte le ricerche intraprese dai primi membri dell’SPR, quella di Barrett sulle

«visioni in punto di morte» è stata indubbiamente la più ricca di frutti. Il problema

principale della maggior parte delle più convincenti «evidenze di sopravvivenza»

collezionate dall’SPR, è che risultano molto complicate da comprendere. Il caso delle

«Comunicazioni Incrociate» è probabilmente il più convincente di tutta la letteratura

relativa alla ricerca psichica, poiché gli «spiriti» comunicarono apparentemente

attraverso più medium e i messaggi vennero poi confrontati e connessi fra di loro

come se si trattasse di assemblare i pezzi di un mosaico; è difficile pensare ad un

modo più convincente per eliminare la frode o la pura coincidenza. Tuttavia uno

studio per dimostrare la completa evidenza del fenomeno, richiede mesi di lettura

(ammonta a migliaia di pagine) e richiede una conoscenza del Greco, del Latino e di

parecchie altre lingue.

Vi è una soddisfacente dose di buon senso nello studio condotto da Barrett sui

pazienti in punto di morte. Se una grande percentuale di persone era in grado di

vedere realmente dei parenti precedentemente deceduti, doveva sicuramente essere

facile dimostrare l’evidenza del fenomeno.

Durante gli anni ‘30 e ‘40 la Society for Psychical Research perse gran parte del suo

impeto originale; tanto per cominciare fu dominata da molti scettici che divennero

noti come «High’n Dries», i quali sembravano essere convinti che il proposito

dell’Associazione fosse quello di considerare tutti i «fenomeni paranormali» con

profondo sospetto. Ma in America la ricerca stava ottenendo un nuovo impeto grazie

 

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al Dott. J. B. Rhine della Duke University, il quale decise che materie come la

telepatia e la psicocinesi potevano essere investigate in laboratorio con metodi

statistici. Uno dei suoi colleghi universitari, il Dott. Karlis Osis, nato a Riga, Latvia,

nel 1917, divenne in seguito il direttore della Parapsychology Foundation di New

York. Osis ebbe la brillante idea di spedire un questionario a centinaia di dottori ed

infermieri chiedendo che descrivessero le loro personali osservazioni relative ai

pazienti in punto di morte. Ciò che lo interessava maggiormente erano le sensazioni

di timore e di reverenza che, prendendo in prestito il termine utilizzato da Keats in

una delle sue poesie, denominò «Picchi di Darien».

Scoprì così che la paura non è l’emozione dominante nei pazienti in punto di morte,

nemmeno nei bambini. Un numero sorprendente di persone sperimentava invece

gaiezza ed un senso di esaltazione. Solo un individuo su venti aveva esperienze di

«Picchi di Darien», accompagnate spesso da visioni paradisiache. Tuttavia le scoperte

di Osis differivano su di un punto da quelle di Barrett; non tutte le visioni in punto di

morte erano relative a parenti deceduti, bensì solo il 52%. Il 28% riguardava invece

parenti ancora in vita e il 20% figure religiose come il Cristo o la Vergine. D’altro

canto un censimento fatto precedentemente dalla Society for Psychical Research

aveva messo in luce che le visioni che talvolta si manifestavano in persone

perfettamente sane, coinvolgevano molto più i parenti in vita che quelli deceduti. Le

scoperte di Osis indicarono quindi certamente che, nelle persone in punto di morte, si

veniva a capovolgere quella che era una normale tendenza. Inoltre generalmente

questi pazienti avevano le visioni in assenza di febbre o di dolore; erano

completamente svegli e in grado di rispondere intelligentemente alle domande che

venivano loro poste. La conclusione che egli trasse fu che i pazienti in punto di morte

non avvertivano alcuna paura di morire e spesso credevano di essere raggiunti da

alcuni loro parenti deceduti.

Infatti, uno scalatore di nome Albert Heim fece una simile scoperta negli anni ‘70.

Heim era caduto da un’altezza di venti metri scivolando da una sporgenza innevata e

aveva sperimentato una sensazione molto particolare in cui il tempo si era

improvvisamente rallentato ed egli era piombato in una sorta di