VISIONI IN PUNTO DI MORTE di Sir William
Barrett
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INTRODUZIONE
Nel 1874 un giovane professore di fisica
si recò a visitare un amico nella Contea di
Westmeath, in Irlanda. La loro
conversazione si incentrò principalmente sull’ipnosi -
o «mesmerismo», per utilizzare un termine
allora maggiormente in voga - e l’amico
gli propose l’idea di tentare un
esperimento di ipnosi su alcuni bambini del villaggio.
Il professore, il cui nome era William
Barrett, rimase stupefatto e sorpreso dai
risultati che scaturirono da tale
esperimento. Una bambina era infatti in grado di
provare e di percepire ciò che l’ipnotista
provava e percepiva. Quando il ricercatore
poneva la mano sopra una lampadina accesa,
la bambina ritirava la sua con un
movimento brusco. Se invece l’uomo
assaggiava dello zucchero, ella sorrideva con
piacere e se egli poneva del sale sulla
sua lingua, sul volto della bambina
comparivano delle smorfie di disgusto.
Ora, stando al Prof. W. B. Carpenter, noto
per il suo acceso scetticismo, risultati
come questo potrebbero essere dovuti ad un
«aumento della sensitività» causato
dall’ipnosi. Carpenter riteneva che, per
effetto dell’ipnosi, l’udito e l’olfatto si
acutizzassero a tal punto da permettere al
soggetto di percepire quello che avveniva
alle sue spalle, ma Barrett poté
constatare che ciò era alquanto improbabile: sale e
zucchero non avevano infatti alcun odore.
Altri esperimenti resero la teoria
dell’«aumento della sensitività» quasi del
tutto inaccettabile. Da un mazzo di carte ne
venne presa una a caso e venne riposta
all’interno di un libro. Il soggetto ipnotizzato
tenne il libro vicino al capo e in breve
tempo fu in grado di asserire correttamente che
si trattava del cinque di cuori. In altri
esperimenti un diverso soggetto fu in grado di
indovinare l’ora segnata da un orologio
che era stato chiuso in una scatola e le cui
lancette erano state disposte casualmente;
un altro ancora identificò correttamente
quattordici carte prese a caso da un
mazzo.
I risultati emersi da tali esperimenti si
rivelarono molto inquietanti per Barrett. La
scienza era stata la principale passione
della sua vita e, a diciannove anni, egli era
stato l’assistente del Prof. John Tyndall,
noto fisico e «libero pensatore». A
ventott’anni (nel 1873) ottenne una
cattedra al Royal College of Science di Dublino
e, sentendosi molto affascinato dai
fenomeni della luce e del calore, si dedicò a delle
importanti ricerche in materia, inventando
anche due nuove leghe.
Essendo amico e discepolo di Tyndall ci si
sarebbe potuti aspettare che anch’egli
marciasse in prima linea con quegli uomini
di scienza che non vedevano di buon
grado il Movimento Spiritualista, il quale
era andato diffondendosi in Europa e in
America fin dagli anni ‘50, e che finivano
spesso per tacciarlo di irrazionalità e di
sconsiderato feticismo. Ma ora egli si
trovava di fronte ad un’evidenza che sembrava
sfidare tutti i dogmi su cui si basava la
moderna scienza.
Barrett era un uomo molto onesto e, invece
di accantonare la sconcertante evidenza
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che si era palesata ai suoi occhi - così
come fecero invece molti suoi illustri
contemporanei - scrisse un documento a
tale proposito e, nel 1876, lo sottopose alla
British
Association for the Advancement of Science. Il destino volle che il Presidente
della commissione che esaminava gli
scritti fosse Alfred Russell Wallace, il
naturalista che scoprì la teoria
evoluzionistica contemporaneamente a Charles
Darwin. Trent’anni prima, quand’egli era
insegnante in una scuola, aveva condotto
degli esperimenti di ipnosi con i suoi
alunni, molto simili a quelli descritti da Barrett.
Aveva così avuto modo di constatare che
uno dei suoi allievi sorrideva con piacere
quando lui si portava alla bocca dello
zucchero e che ritraeva bruscamente la sua
mano quand’egli si punzecchiava un dito
con uno spillo. Così Wallace, nonostante le
proteste dei suoi colleghi, diede la sua
approvazione allo scritto, il quale venne letto a
Glasgow nel 1876. Ma la British
Association non poté spingersi oltre e la
commissione rifiutò decisamente che il
documento venisse pubblicato.
Senza dubbio fu proprio questa ostinata
cecità da parte dei suoi colleghi che spinse
Barrett a essere più determinato che mai a
non restare nel silenzio. Cominciò così a
studiare un nuovo «gioco-esperimento» che
si stava diffondendo nei salotti inglesi
negli anni ‘70 - il «gioco
dell’imposizione volontaria». Una persona veniva mandata
fuori dalla stanza in cui tutti gli altri
si trovavano e il gruppo nascondeva un oggetto -
oppure decideva un’azione che l’altro
avrebbe dovuto eseguire, come ad esempio
grattarsi il naso o togliersi gli
occhiali. Sorprendentemente, l’esperimento aveva quasi
sempre un esito positivo e Barrett
incominciò a pensare che la telepatia rivestisse una
notevole importanza in tutto ciò. Un prete
dello Derbyshire, il Rev. A. M. Creery, si
accorse che le sue figlie erano in grado
di indovinare nomi di città, di persone e
persino brani di poesie se venivano spinte
a farlo. Contattò Barrett e quest’ultimo
rimase talmente impressionato da ciò che
poté constatare che, nel 1881, scrisse un
breve articolo a tale proposito su Nature.
Fu proprio quell’inverno che, trovandosi a
Londra presso un amico, Barrett ebbe
l’idea di fondare una società di
scienziati e di filosofi in grado di prendere in
considerazione tali fenomeni in modo
obiettivo e con mente aperta. La stessa idea era
venuta precedentemente ad un illustre
allievo di Cambridge, Frederick Myers, mentre
in una notte stellata del 1869 si trovava
a passeggiare con il suo anziano professore,
Henry Sidgwick. Tuttavia, l’«Associazione
Spiritualista» che era stata fondata negli
anni ‘70, non aveva incontrato un gran
successo: i personaggi pubblici di un certo
rispetto si erano dimostrati infatti
alquanto riluttanti ad associare il loro nome allo
Spiritualismo. Ma, quando nel gennaio del
1882 Barrett convocò una riunione, tenne
a precisare che sarebbe stato più
opportuno non classificarsi come Spiritualisti e
insistette invece che l’Associazione
dovesse essere considerata soltanto come un
gruppo di scienziati disposti a
investigare a mente aperta su quei fenomeni che
restavano ancora privi di una spiegazione
logica. Nessuno si dimostrò
particolarmente entusiasta nei confronti
della sua idea. Tuttavia Sidgwick accettò
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ugualmente di essere il Presidente di
questa nuova associazione e, soltanto un mese
dopo, fu fondata la Society far
Psychical Research.
Uno dei primi obbiettivi di Barrett fu
quello di condurre una nuova e più ardua
ricerca sul caso delle sorelle Creery. Assieme
a Sidgwick, Myers, Edmund Gurney e
Balfour Stewart, egli fece di tutto per
poter escludere che si trattasse di un caso di
frode. Le quattro bambine furono esaminate
separatamente e assieme, e i risultati
furono sempre molto sorprendenti: in una
delle varie prove una bambina fu in grado
di indovinare correttamente nove su
quattordici carte estratte a caso da un mazzo.
(Uno statista calcolò che vi era una
possibilità che ciò accadesse su miliardi di
miliardi). Nel luglio del 1882 Barrett
pubblicò i risultati di tali esperimenti sulla
rivista Nineteenth Century,
commentando che nessuno avrebbe potuto tacciare di
deliberata frode le prove condotte. Ma in
un successivo articolo accadde proprio ciò
che egli non si aspettava. Un uomo di nome
Horatio Donkin si chiese cosa fosse più
credibile: una possibilità su miliardi di
miliardi o una collusione fra i soggetti degli
esperimenti e gli illustri scienziati?
(Questa divenne nota come la «Legge di
Donkin»). Barrett tuttavia non si
preoccupò poi più di tanto per questo attacco.
L’Associazione aveva infatti attratto a sé
molti importanti personaggi, fra cui
Gladstone,
Lord Tennyson, Mark Twain, Lewis Carroll, John Ruskin, William James
e Alfred Russe1 Wallace. Sentiva - a
ragione – che l’investigazione sui fenomeni
paranormali era ormai diventata un serio
oggetto di studio. Scienziati scettici come
Carpenter e Lankester non avrebbero più
potuto congedare a lungo il tutto con un
sogghigno beffardo.
La Società si trovò a vivere numerosi
contrattempi. Noti medium ad essa appartenenti
furono colti in fallo; altri – come Daniel
Dunglas Home, che riusciva a far levitare dei
pesanti tavoli fino al soffitto e a
lavarsi il viso con dei carboni ardenti - producevano
dei risultati così spettacolari che
nessuno era disposto a credervi. Si affacciò così
immediatamente un problema: la «ricerca
psichica» non avrebbe mai potuto diventare
una scienza esatta, poiché i suoi
esperimenti non erano ripetibili in laboratorio. Tutto
sembrava dipendere dallo stato d’animo dei
soggetti. Quando le sorelle Creery erano
contente ed eccitate, facevano raramente
degli errori (una volta riuscirono addirittura
ad indovinare diciassette carte una dopo
l’altra); quando invece si trovavano ad avere
a che fare con persone noiose o scettiche,
le loro prestazioni subivano un sensibile
crollo di rendimento. Davano il meglio di se
stesse quando gli esperimenti venivano
posti come dei giochi, ed esse sentivano
che non aveva alcuna importanza se avessero
avuto successo o meno. Non appena si
accorgevano che le cose stavano per diventare
serie, cominciavano a fallire. Sette anni
dopo i primi esperimenti condotti da Barrett
sulle bambine Creery, queste furono colte
in fallo e ci si accorse che stavano
imbrogliando. Ammisero che avevano
cominciato ad utilizzare un codice - colpi di
tosse, piccoli movimenti e così via -
perché erano dispiaciute di non poter sempre
soddisfare le persone che si recavano a
vederle. Insistettero tuttavia che i risultati che
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inizialmente avevano prodotto, erano
genuini e le relazioni di Barrett confermano che
quasi certamente le bambine dicevano la
verità; ma questo fu indubbiamente un altro
duro colpo per la Society for Psychical
Research.
Barrett fu spinto a credere al
«paranormale» a dispetto della sua volontà e persino
andando contro a quelli che per lui erano
ormai dei consolidati parametri di giudizio.
Era disposto a credere al trasferimento
del pensiero (o telepatia, come Myers la
denominò nel 1882), ma riteneva che i
fenomeni prodotti da Home - come ad
esempio fluttuare fuori da una finestra
situata al secondo piano e rientrare attraverso
un’altra - non fossero null’altro che un
qualche tipo di allucinazione. Tuttavia poiché
alcuni suoi amici intimi, verso i quali
nutriva la più completa fiducia, svilupparono
dei poteri medianici, dovette abbandonare
una tale teoria. Cionondimeno si sforzava
sempre con ostinazione di trovare delle
spiegazioni scientifiche che potessero
avvalorare i fenomeni a cui assisteva
giorno dopo giorno. Essendo uno scienziato,
rimase molto impressionato dalla teoria
dell’«etere» - il fluido invisibile che si
suppone trasmetta le onde luminose. Ebbe
il sospetto che qualcosa di simile potesse
spiegare anche l’ipnosi; suppose infatti
che vi potesse essere un «fluido magnetico»
che passava dall’ipnotista al soggetto
ipnotizzato, oppure che esistesse un qualche
tipo di «etere psichico» che potesse
fungere da trasmettitore delle onde mentali.
Quando incominciò ad interessarsi alla
rabdomanzia, pensò in primo luogo che alla
base del fenomeno vi potesse essere una
spiegazione «elettrica», ovvero che vi fosse
un qualche campo magnetico in corrispondenza
delle correnti d’acqua sotterranee.
Ma, alla fine del suo libro The
Divining Rod, scritto assieme a Theodore Besterman,
fu costretto ad ammettere che nessuna
delle «teorie fisiche» poteva spiegare i
fenomeni con cui fino ad allora era venuto
in contatto - come ad esempio il fatto che
alcuni rabdomanti possano identificare la
presenza di acqua nel sottosuolo
semplicemente sospendendo un pendolo sopra
una mappa geografica - e che la
spiegazione più verosimile dovesse essere
ricercata in una parte ignota della mente, la
quale era responsabile delle risposte che
si ricavavano per mezzo del pendolo e della
bacchetta. Infine, verso gli ultimi anni
della sua vita, ammise che tutte le sue ricerche
lo avevano portato inesorabilmente a
credere nell’esistenza di un «mondo spirituale»
e di una vita dopo la morte.
E’ un peccato che Barrett sembri essere
stato un uomo eccessivamente modesto. A
differenza di molti altri eminenti
investigatori psichici egli non scrisse mai
un’autobiografia, così i dettagli della
sua vita sono stati ricavati unicamente dalle
testimonianze dei suoi amici e colleghi.
Per una qualche strana ragione non appaiono
dei riferimenti sul suo conto né nel Dictionary
of National Biography né tantomeno
nell’Encyclopaedia Britannica. Per
poter scrivere questa introduzione ho chiesto
l’aiuto
della London Library, della Society for Psychical Research e
Psychic
Studies. Devo dire che mi
hanno spedito ben poco materiale, tanto da indurre
mia moglie a dire scherzosamente che
probabilmente «Barrett non era mai esistito
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realmente» e a farmi pensare in certi
particolari momenti che ella avesse ragione. Ma
un memoriale pubblicato poco dopo la morte
di Barrett nei Proceedings dell’SPR, a
cura di Eleanor Sidgwich, afferma che egli
rimase scapolo fino al 1916 e che in tutto
quel tempo visse con una devota sorella
che si occupò di lui e della casa. Nel 1916 si
sposò con Florence Willie, noto chirurgo e
ginecologo. Ed è proprio dalla
collaborazione fra i due che è scaturito
quello che può ritenersi il suo più affascinante
ed autorevole libro: Visioni in Punto
di Morte.
Nonostante lo scritto sia molto breve, si
tratta di uno dei più importanti ed originali
contributi alla ricerca psichica mai
pubblicati. Barrett era interessato al fatto che le
persone in punto di morte sembrassero
spesso in grado di vedere accanto a loro dei
parenti precedentemente deceduti. Queste
potrebbero essere delle semplici
allucinazioni anche se, in molti casi, si
è riscontrato che il soggetto non sapeva che il
parente in questione era morto. A tale
proposito la storia di Jenny ed Edith, raccontata
nel Capitolo 2, è piuttosto emblematica.
Due bambine di otto anni morirono, a
distanza di tre giorni l’una dall’altra,
in seguito ad un’epidemia di difterite; a Edith
non venne detto che Jenny era già
deceduta. In punto di morte, tre giorni dopo, ella
tuttavia vide apparentemente l’amica
entrare nella sua stanza e chiese al padre:
«Perché non mi hai avvisato che Jenny era
qui?».
Il racconto tuttavia è piuttosto carente
di dettagli e, sebbene Barrett affermi trattarsi di
un caso «autenticato» e citi l’autorità di
James Hyslop, un noto ed importante
membro dell’American Society for Psychical
Research (che, incidentalmente fu
fondata proprio da Barrett), i lettori
hanno tutti i motivi per chiedersi se il fatto sia
realmente accaduto. Quando Barrett cita
invece quei casi di cui la moglie è stata
diretta testimone, allora tale obiezione
svanisce automaticamente. Se riponiamo la
nostra fiducia in Barrett e nelle evidenze
forniteci dai casi collezionati dalla moglie
nel corso della sua attività medica,
possiamo dedurre che una «visione in punto di
morte» come quella descritta nel Capitolo
2, abbia avuto luogo realmente così come è
stata raccontata. Naturalmente, ciò non
basta a provare che la Sig.ra B. abbia visto
realmente la sua sorella defunta Vida.
Potrebbe essersi trattato di un’allucinazione. E’
vero che la Sig.ra B. non sapeva che Vida
fosse morta, ma probabilmente potrebbe
averlo dedotto da un qualche accenno fatto
dalla sua famiglia, o potrebbe essere
venuta a conoscenza della cosa per altre
vie. Allucinazione o meno, tutto ciò
costituisce indubbiamente una grossa mole
di materiale su cui riflettere.
Infatti, come si è detto in precedenza, il
problema della vita dopo la morte ha
costituito indubbiamente il più grosso
scoglio che i primi membri della Society for
Psychical Research hanno dovuto
affrontare. Lo «Spiritualismo» ha avuto origine
attorno agli anni ‘50 nel Rochester, New
York, come risultato di una serie di strani
eventi che si verificarono nella casa
della famiglia Fox - ovvero rumori e colpi alle
pareti che vennero interpretati per mezzo
di un codice alfabetico. Gli «spiriti», che
apparentemente comunicavano tramite due
bambine, chiesero che il loro messaggio
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venisse proclamato al mondo intero e
dissero che «si era giunti agli albori di una
nuova èra». Il movimento «Spiritualista»
si diffuse immediatamente dapprima in
America, poi in Europa. I « Medium»
cominciarono a ricevere messaggi dalle entità
disincarnate e gli scienziati non persero
di certo tempo a denunciare questa nuova
«moda» definendola una vuota illusione che
poteva appassionare soltanto delle menti
deboli. Un triste risultato che scaturì da
quest’onda di scetticismo fu che, tutti coloro
che si dimostravano interessati alle
cosiddette facoltà paranormali, vennero anch’essi
tacciati di creduloneria. Fenomeni quali
l’ipnosi, la telepatia e la precognizione si
trovarono così ad essere circondati da un
alone di sospetto.
Quando Barrett riuscì a fondare una società
che si occupava dello studio di queste
dubbie materie, offri in realtà un grande
contributo alla causa della ricerca sul
«paranormale». Durante i suoi primi anni,
la Society for Psychical Research pubblicò
degli interessanti studi sulla telepatia,
sulle allucinazioni e su altri fenomeni. Molti
dei suoi membri – forse la maggior parte -
non erano disposti a credere in una vita
dopo la morte. Tanti erano d’accordo con
Lewis Carroll che scrisse: «Sono convinto
che la frode non può essere la completa
spiegazione di tutti i fenomeni» e ancora:
«Credo nell’esistenza di una forza
naturale, simile all’elettricità, tramite cui la mente
di un individuo può agire su quella di un
altro». Essere un membro dell’SPR non
voleva quindi obbligatoriamente dire
essere uno Spiritualista.
Tuttavia la Society accumulò anche un
considerevole numero di testimonianze
autenticate relative a visioni e a
comunicazioni con «fantasmi» e spiriti. Laddove in
certi casi si potrebbe parlare di
allucinazioni o spiegare il tutto per mezzo della
telepatia (ad esempio quando un soggetto
«vede» un parente che muore in quel
preciso momento in un altro luogo), ve ne
sono altri, ed il loro numero è in verità
molto esiguo, che sembrano non sottostare
a nessuna di queste due spiegazioni. Per
meglio comprendere sarà sufficiente citare
anche un solo esempio. Nel 1921, un
agricoltore di nome James Chaffin morì nel
North Carolina, lasciando la sua azienda
agricola in eredità al terzogenito
Marshall e non lasciando invece alcun avere alla
moglie e agli altri tre figli. Quattro
anni dopo, suo figlio James fece un sogno in cui il
padre si trovava in piedi vicino al suo
letto con addosso un vecchio cappotto nero e si
rivolgeva a lui dicendo: «Troverai il
testamento nella tasca del mio cappotto». Egli si
precipitò subito dalla madre e venne a
sapere che il cappotto nero era stato dato a suo
fratello John. Nella casa di John lo
poterono finalmente esaminare e, cucito dentro
alla fodera della tasca, trovarono un
piccolo foglio con su scritto: «Leggete il 27°
capitolo della Genesi nella vecchia Bibbia
di mio padre». Nel 27° capitolo della
Genesi trovarono così un testamento che
recava una data successiva a quello che
lasciava tutti gli averi a Marshall e che
questa volta divideva l’ammontare dei beni in
modo equo fra la moglie e i quattro figli.
Inizialmente Marshall contestò il caso, ma
quando ebbe modo di esaminare il
testamento fu costretto ad ammettere che si
trattava di un documento autentico. La
proprietà fu così divisa fra tutti e cinque. Un
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avvocato che si occupò delle ricerche sul
caso per conto dell’SPR, escluse
categoricamente una qualsiasi possibilità
di frode. E’ pertanto difficile non giungere
alla conclusione che James Chaffin abbia
cambiato idea a proposito del suo
testamento nel corso della sua fatale
malattia e abbia inserito le sue ultime volontà
nella Bibbia - convinto probabilmente che
sarebbero state ritrovate poco dopo la sua
morte - ma, vedendo che le cose erano
andate diversamente da come si era aspettato,
decise poi di «ritornare» per portare
l’attenzione del figlio sul testamento nascosto.
Sono stati casi come questo che alla fine
hanno convinto molti membri dell’SPR che
la vita dopo la morte non era soltanto una
fantasticheria dettata da un profondo
desiderio inconscio. Sir Arthur Conan Doyle
e Sir Oliver Lodge erano stati membri
dell’SPR sin dal 1890 senza purtuttavia
credere assolutamente nella possibilità di una
vita dopo la morte. Lodge si convinse del
contrario in seguito alla morte di suo figlio
Raymond nel corso della Prima Guerra Mondiale,
quando parecchi medium
cominciarono a produrre messaggi che
sembravano provare al di fuori di ogni dubbio
che Raymond era ancora vivo; Doyle cambiò
invece parere quando un giovane
invalido che praticava la «scrittura
automatica» cominciò a produrre la calligrafia
esatta di suo cognato – ucciso
recentemente a Mons - e l’entità rivelò un segreto che
solo lui e Doyle conoscevano. così anche
Doyle e Lodge si trovarono ad essere
attaccati violentemente dagli scettici per
la loro creduloneria e faciloneria.
Ma, di tutte le ricerche intraprese dai
primi membri dell’SPR, quella di Barrett sulle
«visioni in punto di morte» è stata
indubbiamente la più ricca di frutti. Il problema
principale della maggior parte delle più
convincenti «evidenze di sopravvivenza»
collezionate dall’SPR, è che risultano
molto complicate da comprendere. Il caso delle
«Comunicazioni Incrociate» è probabilmente
il più convincente di tutta la letteratura
relativa alla ricerca psichica, poiché gli
«spiriti» comunicarono apparentemente
attraverso più medium e i messaggi vennero
poi confrontati e connessi fra di loro
come se si trattasse di assemblare i pezzi
di un mosaico; è difficile pensare ad un
modo più convincente per eliminare la
frode o la pura coincidenza. Tuttavia uno
studio per dimostrare la completa evidenza
del fenomeno, richiede mesi di lettura
(ammonta a migliaia di pagine) e richiede
una conoscenza del Greco, del Latino e di
parecchie altre lingue.
Vi è una soddisfacente dose di buon senso
nello studio condotto da Barrett sui
pazienti in punto di morte. Se una grande
percentuale di persone era in grado di
vedere realmente dei parenti
precedentemente deceduti, doveva sicuramente essere
facile dimostrare l’evidenza del fenomeno.
Durante gli anni ‘30 e ‘40 la Society for
Psychical Research perse gran parte del suo
impeto originale; tanto per cominciare fu
dominata da molti scettici che divennero
noti come «High’n Dries», i quali
sembravano essere convinti che il proposito
dell’Associazione fosse quello di
considerare tutti i «fenomeni paranormali» con
profondo sospetto. Ma in America la
ricerca stava ottenendo un nuovo impeto grazie
8
al Dott. J. B. Rhine della Duke
University, il quale decise che materie come la
telepatia e la psicocinesi potevano essere
investigate in laboratorio con metodi
statistici. Uno dei suoi colleghi
universitari, il Dott. Karlis Osis, nato a Riga, Latvia,
nel 1917, divenne in seguito il direttore
della Parapsychology Foundation di New
York. Osis ebbe la brillante idea di
spedire un questionario a centinaia di dottori ed
infermieri chiedendo che descrivessero le
loro personali osservazioni relative ai
pazienti in punto di morte. Ciò che lo
interessava maggiormente erano le sensazioni
di timore e di reverenza che, prendendo in
prestito il termine utilizzato da Keats in
una delle sue poesie, denominò «Picchi di
Darien».
Scoprì così che la paura non è l’emozione
dominante nei pazienti in punto di morte,
nemmeno nei bambini. Un numero
sorprendente di persone sperimentava invece
gaiezza ed un senso di esaltazione. Solo
un individuo su venti aveva esperienze di
«Picchi di Darien», accompagnate spesso da
visioni paradisiache. Tuttavia le scoperte
di Osis differivano su di un punto da
quelle di Barrett; non tutte le visioni in punto di
morte erano relative a parenti deceduti,
bensì solo il 52%. Il 28% riguardava invece
parenti ancora in vita e il 20% figure
religiose come il Cristo o la Vergine. D’altro
canto un censimento fatto precedentemente
dalla Society for Psychical Research
aveva messo in luce che le visioni che
talvolta si manifestavano in persone
perfettamente sane, coinvolgevano molto
più i parenti in vita che quelli deceduti. Le
scoperte di Osis indicarono quindi
certamente che, nelle persone in punto di morte, si
veniva a capovolgere quella che era una
normale tendenza. Inoltre generalmente
questi pazienti avevano le visioni in
assenza di febbre o di dolore; erano
completamente svegli e in grado di
rispondere intelligentemente alle domande che
venivano loro poste. La conclusione che
egli trasse fu che i pazienti in punto di morte
non avvertivano alcuna paura di morire e
spesso credevano di essere raggiunti da
alcuni loro parenti deceduti.
Infatti, uno scalatore di nome Albert Heim
fece una simile scoperta negli anni ‘70.
Heim era caduto da un’altezza di venti
metri scivolando da una sporgenza innevata e
aveva sperimentato una sensazione molto
particolare in cui il tempo si era
improvvisamente rallentato ed egli era piombato in una sorta di