LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
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PREFAZIONE
Il lavoro che viene qui presentato, fu originariamente
pubblicato sulla rivista
Luce e Ombra, 1906,
mesi di febbraio-marzo-aprile, comprendendo
complessivamente 38 pagine; e, contemporaneamente,
sulle Annales des
Sciences Psychique e su The Annals of Physical
Science.
Una seconda edizione aumentata fu pubblicata in Luce e
Ombra, 1919-20
(in 4 puntate, dal luglio-agosto al gennaio-febbraio), e questa comprendeva
49 pagine.
Una terza edizione fu pubblicata, questa volta in volume,
dalla tipografia
Dante (Città della Pieve, Perugia), nel 1930. Il
numero delle pagine salì a 122.
Tale è la storia di questa monografia. Ma negli anni della
guerra, il Bozzano -
in mancanza di riviste estere ed italiane da leggere e su
cui pubblicare - pensò
di rivedere le sue classificazioni analitiche, con lo
scopo di esaminare tutti i
nuovi casi che dal 1930 in poi si erano venuti accumulando
nelle sue rubriche.
Nacque così la monografia che qui viene ora pubblicata.
Essa, come la prima,
recava il titolo, quando il Maestro me la consegnò, di: Delle
apparizioni di
defunti al letto di morte; ma trattandosi di un titolo che, per quanto
tecnicamente esatto, si dimostrava più adatto per una
monografia che per un
libro vero e proprio, pensai di mutarlo nell’altro - Le
Visioni dei Morenti -
che qui figura.
L’importanza del tema non ha bisogno di essere
sottolineata. L’Autore, infatti,
dopo avere acutamente compenetrato il complesso di questa
classe di
fenomeni, perviene a dimostrare come, partendo appunto
dalle acquisizioni
fondamentali quali ci sono state poste in evidenza dalla
telepatia
sperimentale, non sia adeguata, per i casi del genere,
l’ipotesi della telepatia
fra viventi.
Ne deriva che se alcuni metapsichisti vogliono continuare
a servirsi
dell’ipotesi della telepatia fra viventi per spiegare i
casi di visitazione dei
defunti al letto di morte, allora costoro, per sostenere
il punto di vista
strettamente animico, dovrebbero forzatamente fuoriuscire,
per darsi ragione
dei fatti, dai dati sperimentali.
E se l’ipotesi in discussione è insufficiente e
inadeguata, allora non rimane
che l’ipotesi spiritica, la quale invece non ha contrasti
di sorta da superare; o,
se ne ha, li ha solo nel senso del misoneismo personale
degli indagatori, ma
non mai nel senso dell’inquadramento della teoria nel
complesso fenomenico.
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Tutto è teoricamente e praticamente chiaro se sono entità
spirituali quelle che
agiscono, mentre è anche luminosamente evidente al nostro
criterio lo
svolgersi degli eventi, visto che in nulla contrasta il
nostro senso logico la
circostanza che dei defunti - sempre viventi - si rechino
al capezzale dei loro
casi per accoglierli e per guidarli in ambiente
spirituale.
Il valore teorico della presente classe non era sfuggito
del resto a due autentici
scienziati ufficiali di fama mondiale; né a Sir William
Barret, che vi dedicò un
libro (Death-Bed Vision - Methuen, London, 1926, pagg.
116), né al prof.
Charles Richet, il quale riconobbe che le apparizioni dei
defunti al letto di
morte sono francamente le più sconcertanti, le più
suggestive e le più probanti
in senso spiritualista.
Gastone De Boni
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VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
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INTRODUZIONE
In qualsiasi epoca della storia dei popoli venne rilevato
il fatto che durante la
crisi suprema della morte l’intelligenza umana dava non di
rado segni di
perspicacia e antiveggenza straordinarie, o andava
soggetta a percezioni
d’ordine supernormale; queste ultime ben sovente condivise
da altre persone
presenti o lontane.
I rappresentanti della scienza ufficiale, nonché i cultori
delle nuove discipline
metapsichiche investigarono già con metodo sperimentale
tali manifestazioni
interessantissime del periodo preagonico, e se pervennero
con facilità a farne
rientrare una parte nell’orbita delle leggi acquisite
della psicofisiologia e della
patologia mentale, non è detto che vi siano riusciti per
tutte. Esse, infatti,
appariscono di gran lunga più complesse di quanto era dato
sospettare, e la
vastissima loro sfera di azione si estende dai semplici
fenomeni d’ipermnesia
e di paramnesia, a quelli di azione e percezione
telepatica; dai fenomeni di
lucidità e di telestesia, a quelli di retrocognizione e
precognizione, a tutto ciò
sovrapponendosi episodi sensazionali di visioni estatiche,
di visioni
panoramiche, di visioni simboliche, nonché episodi
altamente suggestivi di
percezione di fantasmi di defunti.
Questi ultimi risultano di gran lunga i più comuni, e ciò
a tal segno che
l’esperienza popolare ne trasse una delle tante sue
generalizzazioni
proverbiali, in conformità della quale ogni donna del
popolo vi dirà che
quando un infermo parla coi propri morti, non vi ha
per lui più speranza
di guarigione; e novantanove volte su cento il portato
dell’esperienza popolare
non erra.
Non essendo possibile svolgere entro i limiti di una
monografia un tema vasto
quanto quello enunciato, mi propongo nel presente lavoro
di soffermarci
esclusivamente sui fenomeni delle “Apparizioni di defunti
al letto di morte”.
Sono questi i fenomeni che maggiormente attrassero
l’attenzione dei
rappresentanti della scienza ufficiale nei rami della
psicologia e della
patologia mentale, i quali si trovarono d’accordo per
classificarli in massa
nella categoria delle allucinazioni propriamente dette;
induzione pienamente
legittima in se stessa, inquantoché è noto che le
condizioni preagoniche
predispongono ad ogni forma di sensazioni e percezioni
allucinatorie, mentre,
a tutta prima, non si potrebbe asserire che le visioni qui
considerate
differiscono qualitativamente dalle altre; induzione,
dunque, legittima, a
condizione però di non incogliere nell’errore di formulare
conclusioni
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d’ordine generale in base a indagini parziali; e ciò in
quanto sta di fatto che si
estendono i processi dell’analisi comparata a un numero
adeguato di
manifestazioni del genere, non si tarda a rilevare come
dalle medesime
emergano situazioni di fatto impressionanti di ben altra
natura, le quali
appariscono letteralmente inesplicabili con la comoda
ipotesi delle
allucinazioni patologiche. Da ciò la necessità di
riprenderne lo studio per
analizzare più addentro, spogliando la mente da ogni
preconcetto di scuola.
Questo il motivo che m’indusse a intraprendere la presente
classificazione.
Nei commenti e nelle considerazioni che verrò formulando a
misura che si
citeranno episodi di più in più complessi e imbarazzanti,
mi conformerò
rigorosamente ai classici metodi d’indagine scientifica
che guidarono
psicologi e psichiatri nell’analisi comparata dei fatti,
analisi che questa volta
estenderò a una vasta sezione della casistica in esame
totalmente dimenticata
dai miei predecessori, e così comportandomi, otterrò lo
scopo di far emergere
che la sezione in discorso è caratterizzata dall’emergenza
di situazioni di fatto
altamente suggetive in una direzione teorica insospettata
dalla scienza
ufficiale; situazioni di fatto le quali non conducono
soltanto a far capo qualche
volta all’ipotesi telepatica, ma richiedono ben sovente di
orientarsi
decisamente verso l’interpretazione spiritualistica di una
gran parte delle
manifestazioni stesse, le quali appartengono alla classe
dei fenomeni
supernormali d’ordine spontaneo indagati dalla
metapsichica, ed esorbitano
dai limiti angusti che l’odierna scienza universitaria ha
imposto
imprudentemente a se stessa. Il che non impedisce agli
indagatori liberi da
preconcetti di scuola, di concludere per conto loro in
senso spiritualista, visto
che non è ammissibile che in nome della scienza vengano pronunciati
giudizi
inappellabili contro l’unica ipotesi capace di spiegare
complessivamente ed
esaurientemente le “apparizioni di defunti al letto di
morte”.
Ciò premesso, inizio senz’altro l’esposizione dei fatti.
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CATEGORIA I
Casi in cui le apparizioni dei defunti sono percepite
unicamente
dal moribondo, e si riferiscono a persone della cui morte
egli era
consapevole.
Sono queste le modalità di estrinsecazione più frequenti
nella casistica
contemplata, e già si comprende come risultino anche le
meno interessanti
dal punto di vista scientifico. Dato infatti lo stato
vivissimo di passione cui
presumibilmente soggiace un moribondo il quale conservi la
coscienza di sé,
dato lo stato consecutivo d’iperestesia dei centri
corticali d’ideazione e le
condizioni più o meno morbose del loro funzionamento; dato
infine
l’orientamento inevitabile del pensiero di un morente, il
quale non può non
rivolgersi con suprema ambascia verso i propri cari
lontani o verso chi lo
precedette nella tomba, si comprende come tutto ciò possa
non
infrequentemente determinare fenomeni di allucinazione
subbiettiva.
Ciò posto, in omaggio ai metodi d’indagine scientifica,
giova rilevare come nel
caso delle apparizioni di defunti al letto di morte esista
una circostanza di
fatto che mal si presta ad essere dilucidata con l’ipotesi
allucinatoria; ed è che
se il pensiero vivissimo rivolto ai propri cari risultasse
la causale
determinante i fenomeni indicati, in tal caso il
moribondo, anziché sottostare
esclusivamente a forme allucinatorie raffiguranti defunti (e
ben sovente
defunti dimenticati dal degente), dovrebbe sottostare con maggiore frequenza
a forme allucinatorie raffiguranti persone viventi a lui
care; ciò che è ben
lungi dall’essere. Si rileva invece che non vi sono esempi
di un morente il
quale scorga o conversi con sedicenti fantasmi di viventi
nella guisa medesima
in cui tali visioni e dialogizzazioni avvengono con
fantasmi di defunti. Per
converso, vi sono esempi di moribondi che scorsero fantasmi
ritenuti di
persone viventi, ma in siffatte circostanze risultò
costantemente provato che
le persone implicate erano decedute in quel frattempo,
sebbene nessuno dei
presenti fosse a cognizione del fatto. E’ pur forza
convenire che le predette
considerazioni rivestono un alto valore induttivo nel
senso
dell’interpretazione spiritica dei fatti, per quanto la
natura dei medesimi ne
renda sommamente ardua la dimostrazione sperimentale.
Comunque, le
considerazioni esposte valgono a far meglio emerger l’opportunità
di
un’ulteriore e più ponderata analisi della casistica in
esame.
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Ciò posto, inizio l’esposizione di un numero di casi
adeguato alla multiforme
varietà con cui si estrinsecano le manifestazioni contemplate
in questa prima
categoria.
CASO I - Nella
vita del Rev. Dwight L. Moody (pag. 385), fervente
propagandista evangelico degli Stati Uniti, vita scritta
dal di lui figlio, così
vengono descritti gli ultimi istanti della sua agonia:
«Improvvisamente egli mormorò: - La terra recede, il cielo
si apre a me
dinnanzi... Ne ho valicati i confini: Dio mi attende...
Non mi richiamate! Tutto
ciò è bello... Somiglia a una visione estatica. Se questa
è la morte, quanto essa
è dolce!
«Indi il suo volto si ravvivò, e con accento di lieto
rapimento, esclamò: -
Dwight! Irene... Io vedo i bimbi (alludendo a due
piccoli nipotini che gli
erano morti).
- Voltandosi quindi verso la propria moglie: - Cara - le
disse - tu sei stata una
buona moglie per me. –Dopo di che, perdette conoscenza...».
CASO II - Il
prof. A. Pastore del Regio Liceo di Genova, in un interessante
articolo pubblicato sul Fanfulla della Domenica (N.
36, anno 1887), così
scrive di sé:
«Io ho provato una malattia gravissima. Nel periodo della
crisi, mentre avevo
interamente perduto la coscienza del dolore fisico, mi si
era aumentata
straordinariamente la potenza dell’immaginazione, ed io
vedevo chiaramente
in una confusione distintissima (due parole non
accoppiabili, e che pure, in
questo caso, esse sole rendono l’idea), vedevo me piccolo, giovane, uomo, nei
vari momenti della mia vita: un sogno; ma un sogno più
forte, più intenso,
vivente. E in questo spazio immenso, azzurro, luminoso, mi
si faceva incontro
mia madre: mia madre, mortami quattro anni innanzi. E’ un’impressione
inesprimibile. Rileggendo il Fedone dopo quella
ora, ho meglio inteso
Socrate».
CASO III - Mr.
Hudson Tuttle, così descrive un altro caso venuto a sua
conoscenza:
«Un episodio assai impressionante occorse alcuni anni or
sono nella città di
Hartford. L’uomo che me lo riferì era siffattamente
convinto circa il
significato supernormale di quanto aveva presenziato da
non dimenticarlo
più. Egli vive tuttora negli Stati occidentali; è uomo
pratico, positivo, l’ultimo
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a lasciarsi andare a fantasticherie. Nell’occasione di cui
si tratta, egli vegliava
al capezzale di un morente, di professione tipografo.
«Da circa una mezz’ora l’agonizzante si andava lentamente
spegnendo. Il
respiro, di più in più difficile, erasi fatto lentissimo e
debolissimo. Venne
infine un momento in cui il vigilante lo credette morto;
ma improvvisamente
le sue pupille si riaprirono, animate da un’espressione
d’intensa meraviglia e
di lieto riconoscimento; portò di slancio in alto le braccia,
come per stringere
al petto qualcuno, e col volto illuminato da un’ebbrezza
di giubilo, esclamò: -
Tu, tu, madre mia! - Detto ciò, ricadde morto sui
guanciali.
«Nessuno mi potrà mai persuadere - afferma il relatore -
che quest’uomo non
abbia realmente scorta a sé dinanzi la propria madre». (
Arcana of Spiritualism, pag. 167).
CASO IV - Mr.
Alfred Smedley, a pagine 50-51 del suo libro: Some
Reminiscences,
descrive nei termini seguenti gli ultimi istanti della propria
moglie:
«Brevi momenti prima della sua morte, i suoi occhi si
affissarono su di un
alcunché che sembrava riempirla d’intensa e piacevole
sorpresa: indi esclamò:
- Come mai! Ecco qui la sorella Carlotta; ecco qui mia
madre, mio padre, il
fratello Giovanni e la sorella Maria! Ed ecco che ora mi
conducono anche
Bessy Heap! Sono qui tutti. Oh, come è bello! Come è
bello! - Quindi
rivolgendosi a me, chiese: - Non li vedi tu? – No mia
cara, così lo potessi! -
risposi. - Ma dunque tu non li puoi vedere? - replicò essa
con sorpresa –
eppure si trovano tutti qui, e sono venuti per condurmi
con loro. Una parte
della nostra famiglia ha già varcato la grande fiumana, e
ben presto tutti ci
troveremo riuniti nella novella dimora celeste.
«Aggiungerò qui che Bessy Heap era stata la fedele ed
affezionata governante
della famiglia, e che mia moglie era sempre stata la di
lei favorita.
«Dopo siffatto episodio estatico, essa rimase un po’ di
tempo come sfinita;
indi affissando intensamente lo sguardo in alto e in alto
portando le braccia,
esalava l’ultimo respiro».
CASO V - Il
dottore in medicina Paul Edwards così scriveva nell’aprile
dell’anno 1900, a l direttore del Light (1900,
pag. 167):
«Circa l’anno 1887, allorché io dimoravo in una città
della California, fui
chiamato al capezzale di una signora, mia carissima amica,
la quale si trovava
agli estremi in seguito a consunzione. Tutti erano
consapevoli che quella pura
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e nobile anima, che quella moglie e madre esemplare era
votata alla morte; e,
sull’ultimo, essa pure si convinse della sua fine
imminente.
«Volle pertanto prepararsi al triste passo. Chiamati i
figli al proprio capezzale,
li baciò l’uno dopo l’altro, facendoli allontanare non
appena profferito
l’estremo reciproco addio. Per ultimo, il di lei marito si
avvicinò onde
impartire e ricevere a sua volta l’ultimo vale da
un’amorosissima moglie in
pieno possesso delle sue facoltà mentali. Ed essa cominciò
dicendo: - Newton
(che tale era il nome del marito)... non piangere, poiché io non soffro, ed ho
l’animo preparato e sereno. Ti ho amato in terra, ti amerò
ancora e sempre
dopo la mia dipartita. Mi propongo di venire a te, ove ciò
sia possibile; non
potendolo, veglierò su te, sui figli miei dal cielo, in
attesa della vostra venuta.
Per ora, il mio più forte desiderio è quello di
andarmene... In questo momento
io scorgo molte ombre che si muovono... tutte
biancovestite... Odo una
melodia celestiale... Oh! qui c’è Sadie! Mi sta daccanto,
ed è pienamente
consapevole dell’esser mio. - (Sadie era di lei figlia,
ed erale morta dieci anni
prima in tenerissima età). - Sissy, mia Sissy - ammonì il marito - non ti
avvedi che vaneggi? -Ah! mio caro - replicò l’inferma -
perché mi hai
richiamata? Ora mi riuscirà più difficile di riandarmene.
Mi sentivo così felice
nell’Al di là! Era delizia, era incanto. - Dopo circa tre
minuti la morente
aggiunse: - Io me ne vado nuovamente, e questa volta non
tornerò più se
anche tu mi richiamassi.
«La scena suddescritta ebbe la durata di circa otto
minuti. Appariva
chiaramente come la morente si trovasse in piena
visualizzazione dei due
mondi ad un tempo, poiché essa descriveva l’aspetto delle
forme spirituali
ch’ella scorgeva nell’Al di là, e in pari tempo
indirizzava la parola alle persone
presenti...
«Di tutte le scene di morte cui ebbi ad assistere, è stata
questa la più solenne
ed impressionante».
CASO VI - Il
dottore in medicina A. Wilson di New York, al quale occorse di
trovarsi presente agli ultimi istanti del tenore James
Moore, così si esprime al
riguardo:
«Erano le quattro del mattino, e l’aurora, ch’egli
attendeva ansiosamente,
cominciava ad infiltrarsi attraverso le imposte.
Reclinandomi su di lui, vidi
che in volto appariva tranquillo e l’occhio aveva limpido.
Il povero infermo
guardandomi in faccia, e prendendo la mia mano fra le sue,
così disse: - Voi,
caro dottore, siete stato un buon amico per me; voi non mi
avete
abbandonato. - Si fu dopo quelle parole che avvenne un
alcunché ch’io non
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VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
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dimenticherò mai, e che la penna è impotente a descrivere.
Non posso
esprimere altrimenti il mio pensiero senonché dicendo
ch’egli, per quanto in
possesso dei propri sensi quanto ogni persona sana, ebbe
la visione dell’Al di
là; e sebbene io non pervenga a spiegare
soddisfacentemente la cosa a me
stesso, con tutto ciò sono convinto ch’egli sia penetrato
nel soggiorno
spirituale. Or ecco il perché. Dopo le predette parole,
egli, con tonalità di voce
assai più forte dell’usato, era uscito improvvisamente in
queste altre parole: -
Qui... qui c’è mia madre! Oh, come mai, mamma! Sei dunque
venuta a
prendermi?... No, no, sono io che sto per venire a te...
Attendi mamma. - Così
dicendo, il suo volto aveva assunto un’espressione
d’ineffabile giubilo. Rimasi
profondamente impressionato dal modo con cui egli aveva
pronunciato quelle
parole. La mia convinzione circa il fatto ch’egli abbia
veduto e conversato con
la propria madre è assoluta; di ciò io sono sicuro, quanto
sono sicuro di
trovarmi in questo momento qui seduto allo scrittoio.
«Nell’intento di serbar memoria di quanto per me era stato
un dialogo tra
madre e figlio, come pure allo scopo di possedere un
ricordo del fatto più
straordinario a me occorso in vita, io presi nota
immediatamente, parola per
parola, di quanto egli aveva detto... Fu quella la più
bella morte cui ebbi ad
assistere». (Light, 1903, pag. 418).
Si prenda nota che nel caso esposto, come in quello che
precede, i relatori,
nonché testimoni di quanto riferiscono, sono dottori in
medicina i quali si
dichiarano entrambi assolutamente convinti circa la
presenza reale sul posto
dei defunti visualizzati dai morenti. Ed essi non pensano
affatto a discutere
intorno all’ipotesi allucinatoria: quest’ultima
costituisce un presupposto che
può sorgere in mente soltanto a chi legge relazioni del
genere senza avere mai
assistito a manifestazioni consimili. Coloro, invece, che
vi hanno assistito
acquistano con ciò la certezza intuitiva sulla realtà
obiettiva di quanto si
svolse in loro presenza; certezza che se non può dirsi
scientifica, riveste
nondimeno altrettanto valore dimostrativo per la mente del
pensatore, e ciò
in quanto i veri componenti nei fenomeni in esame sono
coloro che hanno
assistito allo svolgersi dei fatti, e non mai coloro che
li hanno semplicemente
letti.
Si vedrà che nella presente classificazione risultano
relativamente numerosi i
casi del genere riferiti e presenziati da dottori in
medicina, mentre a nessuno
tra essi venne in mente di tirare in ballo l’ipotesi
allucinatoria.
Due tra essi, per prudenza professionale, si astengono
soltanto dal
commentare ciò che riferiscono.
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CASO VII - Lo
tolgo dal Journal of the American S. P. R. (1913, pag.
603). Il signor Rud. C.
Gittermann, membro della Società inglese di ricerche
psichiche, così scrive al professore Hyslop:
«Mio padre moriva in Germania il giorno 18 marzo 1892, e
mia madre veniva
a convivere con noi a Odessa; ma cadeva a sua volta
malata, e moriva il giorno
6 di maggio dell’anno seguente 1893.
«Mia madre, alla guisa del padre mio, erasi sempre
conservata scettica
irriducibile in merito alla credenza sull’esistenza e
sopravvivenza dello spirito
umano.
«Ora avvenne che pochi minuti prima di morire, ricuperando
un istante
coscienza di sé (giaceva inconscia da un paio d’ore),
si rialzò da se stessa nel
letto, protese in alto le braccia, e col volto atteggiato
a grande sorpresa,
esclamò: - Papà! Papà - proprio come le si fosse
presentata inattesa e
benvenuta l’apparizione di lui; quindi cadde riversa nelle
braccia di mia
moglie, esalando l’ultimo respiro.
«Mia madre aveva l’abitudine di chiamare suo marito con
l’appellativo di
“Papà” alla guisa di noi bimbi. Certifico che quanto
affermo è solenne verità».
(Firmato: Rud C. Gittermann).
Il prof. Hyslop osserva:
«Questo caso è interessante in quanto è associato a una
condizione di spirito
che non dovrebbe logicamente provocare un’esperienza di
tal natura. Infatti,
se le convinzioni religiose della mente possono allegarsi
come causale delle
visioni al letto di morte, per converso, nel caso esposto,
una condizione
irreligiosa dello spirito, non avrebbe dovuto
razionalmente provocare una
visione simile. Comunque, una tale circostanza non vale di
per sé sola come
prova, tenuto conto che nel caso in questione non si
rivengono incidenti
suggestivi, fatta eccezione dell’uso corretto
dell’appellativo “Papà”».
CASO VIII - Il
signor S. Bennett comunica al prof. Hyslop quest’altro
episodio, ch’io tolgo dal Journal
of the American S. P. R. (1918, pag.
607).
«Il signor G. H. Tench moriva nell’anno 1902 in
conseguenza di un
carcinoma, e dopo anni di grandi sofferenze stoicamente
sopportate...
«Durante le ultime settimane io lo vegliavo assiduamente.
Malgrado le atroci
sofferenze che lo dilaniavano, egli non volle mai prendere
narcotici o
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VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
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stimolanti, osservando a chi ne lo esortava: - Io vissi
sempre da vero Hall
Tench, e voglio morire tutto di un pezzo.
«Nella notte in cui avvenne la fine, egli svegliò suo
figlio invitandolo a
radunare la famiglia, poiché la sua ora era venuta. Egli
parlò con tutti nella
guisa più razionale e cosciente immaginabile, e quando in
ultimo
sopraggiunse suo fratello, egli disse ancora: - Addio
Will; a momenti me ne
vado. - Dopo di che chiuse gli occhi. I familiari
credettero fosse giunta la fine;
ma dopo breve intervallo egli riaperse gli occhi, alzò la
testa, guardò con
espressione di vivo interesse in alto, verso i piedi del
letto, e disse con voce
chiarissima: - Come mai! Sono persone come noi! - E subito
si spense...
«Tench non era un uomo religioso, per quanto fosse
assistito fino all’ultimo
da un ministro metodista; ma in cambio era un uomo
altamente morale e
rigidamente onesto in ogni manifestazione della vita;
nonché fornito di
grande risolutezza e di coraggio, come ne diede prova nel
rifiutare che
venissero attenuate le proprie sofferenze a spese della
propria sensibilità. Non
era un uomo di cultura, né un grande lettore, ma io non
dubito ch’egli avesse
lungamente riflettuto sul destino che lo attendeva, e
molto verosimilmente si
sarà sentito come saturato dalle solite immagini degli
angeli alati e delle arpe
angeliche; laonde, niente di più probabile che all’ultimo
istante egli
esprimesse la sua sorpresa in vedere che i defunti venuti
ad accoglierlo
avessero apparenza di “persone come noi”».
CASO IX - L’episodio
seguente, ch’io tolgo ancora dal Journal of the
American S. P. R. (1918,
pag. 623), venne comunicato al professore
Hyslop
dal dottore in medicina E. H. Pratt:
«Mia sorella Hattie fu colta da un attacco di difterite
maligna allorché si
trovava a scuola nel Carroll Seminary. Venne
immediatamente trasportata a
casa per essere affidata alle cure di nostro padre, che
purtroppo non
pervennero a salvarla. Dopo alcuni giorni di sofferenze
estreme, la sua
bell’anima prese il volo verso la plaga che appare a noi
tanto tenebrosa e
impenetrabile nella incommensurabile sua immensità.
«L’episodio occorso al suo letto di morte fu così
meraviglioso, così realistico e
impressionante, che sebbene avessi allora dieci anni,
porto impressa nella
memoria la scena panoramica dell’evento come se si
trattasse di ieri.
«Il letto di lei era nel mezzo della camera, e mia madre,
mio padre, l’altra
sorella e pochi amici stavamo attorno osservando
ansiosamente le care
sembianze della morente a misura che la luce della vita si
spegneva, e il
pallore della morte le invadeva. La povera Hattie se ne
andava lentamente in
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VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
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condizioni di perfetta calma e apparentemente senza
soffrire. E sebbene la
sua gola fosse ingombra dalle membrane difteriche in guisa
da renderne assai
fioca la voce, il suo spirito appariva oltre l’usato
chiaro e razionale.
«Essa sapeva di morire, e stava confidando alla mamma le
sue ultime
disposizioni in merito alle piccole proprietà personali da
distribuire in ricordo
alle amiche, quando improvvisamente alzò gli occhi al
soffitto, verso l’angolo
più remoto della camera, guardò con intensità di
attenzione, apparentemente
ascoltando qualcuno a parlare; quindi fece un lieve cenno
di assenso col capo,
e disse: - Sì, nonna, vengo, vengo. Attendi ancora un
istante, per piacere. -
Mio padre domandò: - Hattie, vedi dunque la nonna? - Essa
parve
sorprendersi della domanda, e replicò prontamente: - Ma
sì, papà; e tu non la
vedi? E’ là che mi attende. - E così dicendo, puntava col
ditino in direzione
dell’angolo dov’ella aveva guardato. Quindi rivolgendosi
nuovamente alla
mamma, finì di dettarle le sue disposizioni in merito ai
piccoli tesori da
distribuire alle amiche. Dopo di che, si voltò nuovamente,
in ascolto, verso la
nonna, che apparentemente la invitava a venire senza più
indugiare; e quindi
diede a ciascuno di noi l’estremo addio. La sua voce era
debolissima, ma lo
sguardo, ch’essa rivolgeva successivamente su ciascuno di
noi, appariva pieno
d’intelligenza e di vita. Infine si rivolse ancora una
volta verso l’angolo della
visione, e con un filo di voce appena intelligibile,
mormorò: - Ora sento che
sono pronta, nonna -, e guardando sempre in quella
direzione, senza lotta e
senza sofferenze, si spense.
«... La di lei nonna era morta pochi anni prima, e una
grande reciproca
affezione le vincolava in vita l’una all’altra.
«L’episodio del riconoscimento da parte di Hattie fu così
realistico in ogni
particolare, da non sembrare possibile spiegarlo senonché ammettendo
la
presenza effettiva sul posto della nonna in forma identica
a se stessa.
Insomma: l’episodio fu genuinamente, indiscutibilmente
reale».
(Firmato: Dottore E. Pratt)
CASO X - Il rev.
H. Harbaugh, nella sua opera: Heavenly Recognition,
riferisce il seguente episodio:
«In una famiglia di mia conoscenza, una cara ed amorosa
bimba ebbe la
sventura di perdere la mamma in età troppo tenera perché
le sembianze di lei
rimanessero impresse nella sua memoria... Quella mite,
buona, religiosa
bimbetta era l’idolo della desolata famigliola; ma era un
gracile fiore, che ben
presto diede segni di appassire prematuramente. Talvolta
mentre giaceva in
grembo di colei che aveva assunto le veci di mamma, ella
cingevale il collo con
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
13
le esili braccia, dicendole: - Ora parlami della mamma! -
E quando il racconto
tante volte ripetuto erale nuovamente reiterato, essa
chiedeva dolcemente: -
Portami nel salottino, che desidero vedere la mamma. - La
domanda era
sempre esaudita, e la bimbetta inferma giaceva per ore in
contemplazione
dell’effigie materna...
«Giunse alla fine l’ora suprema, e i familiari e gli amici
si adunarono intorno
al lettuccio della bimba morente. La rugiada della morte
si posava su quel
fiore, e a misura che la vita si spegneva, il misero
corpicino era scosso da
convulsioni spasmodiche. - Mi conosci, angelo mio? - le
sussurrò piangendo
all’orecchio la voce del babbo; ma la risposta non venne.
«D’un tratto quel visino esangue parve animarsi per
l’influsso del paradiso; gli
occhi di lei si spalancarono radiosi, le braccine esangui
e rattrappite si
protesero in alto in un supremo sforzo impulsivo, lo
sguardo si affissò
nell’indefinito, come se compenetrasse nell’Al di là, e le
labbra si agitarono
pronunciando una sola parola: - Mamma! -, con accento di
sorpresa, di gioia,
di trasporto estatico; e con quel grido supremo, la bimba
passava in grembo
alla madre che l’attendeva.
«Il ministro ch’ebbe ad assistere alla beatitudine di
quella dipartita, esclamò:
- Se non avessi creduto all’assistenza dei nostri defunti
al letto di morte, ora
non potrei più dubitarne». (Citato da Robert Pike, nel
libro: Life’s
Borderland and Beyond; pag. 11-12).
CASO XI - Quest’altro
episodio venne in luce in seguito alla pubblicazione di
una mia monografia sui casi qui contemplati. La signora Le
Normans Des
Varannes, scrive in questi termini al direttore della Revue
du Monde
Invisible,
monsignor Le Monnier (luglio, 1906):
«L’articolo di Ernesto Bozzano sulle apparizioni di
defunti al letto di morte,
mi ha tanto più interessato in quanto io pure fui
testimone di un episodio
simile...
«Noi avevamo perduto uno dei nostri figli di tifo
infettivo. Mi ero recata a
Parigi per curarlo, e tre giorni dopo ne riportavo la
salma. Avevo lasciato mio
marito sofferente per una malattia di stomaco, vecchia di
parecchi anni. Dopo
la morte del nostro Paolo, ogni crisi del male lo lasciava
sempre più debole; ed
egli declinava rapidamente, sopportando con coraggio e
rassegnazione
mirabili gli atroci dolori. Poco di poi non poté più
scendere il letto, e non mi
fu più possibile di farmi illusioni sul di lui stato...
Egli ricevette i Sacramenti
con perfetta conoscenza, e chiese gli fossero portati
alcuni fiori di crisantemi
da lui piantati sulla tomba del figlio. Nel cuore della
notte successiva, mia
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
14
figlia venne a darmi il cambio al capezzale del padre; ma
verso le cinque essa
mi richiamò: l’infermo peggiorava rapidamente, e parve
felice di rivedermi.
Mi assisi accanto al letto e presi la sua mano fra le mie.
« - Ora tu resterai, non è vero? - egli chiese, - e non te
ne andrai fino a che... -
Egli esitò a pronunciare la parola fatale.
« - Non ti lascio più - risposi.
« - Grazie - egli mormorò.
«Dopo di che, rimanemmo tutti in silenzio.
«Presumibilmente egli aveva perduto l’uso della vista, e
più non sentiva il
contatto delle mie mani, perché per assicurarsi della mia
presenza, egli
mormorava d’ogni tanto: - Accarezza! Accarezza! - Io
frizionavo dolcemente
quella povera mano gelida, e il suo volto riprendeva
un’espressione più
tranquilla.
«Ad un tratto noi lo vedemmo stendere la mano libera, e
fare il gesto di chi ne
stringe un’altra fra le sue, mormorando:
« - Sì, sì, mio Paolo.
« - Vedi dunque Paolo? - chiesi.
« - Ma sì che lo vedo - rispose, quasi stupito della mia
domanda.
«Ebbimo tutti il medesimo pensiero: Paolo viene ad
assisterlo e ad aiutarlo a
morire.
«Noi pensavamo certamente tutti a un altro letto di morte,
presso il quale io
mi trovavo da solo diciotto mesi prima; ma non credo che
ad alcuno di noi
fosse balenata in mente l’idea di un intervento tangibile
del nostro caro
defunto. Non poteva dunque trattarsi di trasmissione
involontaria del
pensiero.
«Il mio povero marito rinnovò parecchie volte l’atto di
stringere la mano a un
essere invisibile; indi, senza spasimi, la sua anima esulò
dal corpo con un lieve
sospiro, e una serenità suprema discese sul di lui volto».
CASO XII - Il
dottore in medicina W. C. De Sermyn, nella sua opera:
Contribution à l’étude de
certaines facultés cérébrales méconnues,
riferisce il seguente fatto, osservato personalmente nella
sua lunga carriera
professionale:
«Giovanni Vitalis era un uomo robusto, tarchiato,
sanguigno, ammogliato
senza figli, e dotato di una salute perfetta. Aveva circa
trentanove anni
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
15
quando fu colto da febbre violenta e da dolori articolari.
Io ero il suo medico,
e quando lo visitai, mi avvidi che presentava i sintomi di
un reumatismo
articolare acuto...
«... Il mattino del sedicesimo giorno di malattia, fui
sorpreso di trovare
Giovanni Vitalis alzato, vestito, seduto sul letto e
sorridente, con le mani e i
piedi interamente liberi dal male e senza febbre. La sera
precedente lo avevo
lasciato assai male, con le articolazioni delle spalle,
del gomito, delle mani, dei
ginocchi, dei piedi tumefatte e doloranti, e con una
febbre altissima;
dimodoché non avrei mai più immaginato di trovarlo fresco
e guarito.
«Con espressione calmissima, egli mi raccontò che
attribuiva la sua
guarigione improvvisa a una visione avuta nella notte.
Pretendeva che gli
fosse apparso suo padre, morto da parecchi anni. Ed ecco
ciò che mi raccontò:
« - Mio padre è venuto a visitarmi nella notte. Entrò
dalla finestra; ristette un
momento a guardarmi da lontano, poi si avvicinò, mi toccò
un po’ dovunque
per togliermi i dolori e la febbre; quindi mi annunciò
ch’io morrò questa sera
alle ore nove precise. Prima di andarsene egli mi esortò a
prepararmi alla
dipartita da buon cattolico. Conformemente io mandai a
chiamare il mio
confessore, che ben presto sarà qui. Mi confesserò, mi
comunicherò, e mi farò
amministrare la estrema unzione. Io vi ringrazio per le
cure che mi avete
prodigate, e la mia morte non sarà certo dovuta a
deficienze da parte vostra.
E’ mio padre che mi chiama; e verrà a prendermi questa
sera, alle ore nove.
«Tutto ciò egli riferì con l’atteggiamento il più sereno
immaginabile, e dal suo
volto sorridente irradiava un’espressione di vera
beatitudine.
« - Voi sognaste; foste vittima di un’allucinazione - io
gli dissi, - e mi stupisco
che prendiate la cosa sul serio.
« - No, no - egli rispose, - tutt’altro che un sogno: ero
perfettamente sveglio.
Mio padre è venuto realmente: l’ho visto, gli ho parlato,
e m’apparve come
quando era vivo.
« - Ma quella predizione di morte ad ora fissa? Voi non la
prenderete sul serio
di sicuro? Tanto più che siete guarito perfettamente.
« - Mio padre non può avermi ingannato; e quindi sono
certo di morire questa
sera all’ora indicata.
« - Il suo polso era pieno, calmo, regolare, e la sua
temperatura normale.
Nulla indicava ch’io mi trovassi in presenza di un malato
grave. Comunque,
prevenni la famiglia che negli attacchi di reumatismi
cerebrali si verificavano
qualche volta dei casi di morte improvvisa, e consigliai
un consulto col dottor
R.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
16
«Quando il dottore R. arrivò, e apprese di che si
trattava, disse in presenza del
malato ogni sorta di facezie a proposito
dell’allucinazione occorsa e della
predizione di morte; ma dinnanzi ai familiari riuniti egli
annunciò che il male
aveva attaccato il cervello, e che in casi simili il
pronostico è grave.
«Egli aggiunse: - La calma del malato è bizzarra ed
insolita. La sua credenza
all’obbiettività della visione avuta e alla sua prossima morte
è sorprendente.
Ordinariamente si ha paura della morte, ed egli invece non
se ne preoccupa
affatto, ed anzi sembra felice di morire. Con tuttociò io
garantisco ch’egli non
ha punto l’aria di un uomo che deve morire questa sera; e
quanto al fissare
anticipatamente l’ora precisa della morte, non è che una
“farsa”.
«Io tornai verso mezzogiorno a vedere il malato, a cui
m’interessavo
grandemente. Lo trovai alzato, che passeggiava in lungo e
in largo nella sua
camera, con passo fermo, senza dar segno di debolezza o di
dolore.
« - Vi aspettavo - egli disse. - Ora che mi sono
confessato e comunicato, posso
mangiare qualche cosa? Ho una fame atroce, ma non volevo
prendere nulla
senza il vostro consenso.
«Siccome non aveva febbre, ed appariva in perfetta salute permisi
ch’egli
mangiasse una bistecca, ed anche un contorno di patate.
«Ritornai verso le otto di sera. Volevo trovarmi vicino al
malato per l’ora
fatale delle nove.
«Egli era sempre gaio, e prendeva parte alla conversazione
con grande
spontaneità e perfetto raziocinio. Tutti i rappresentanti
della famiglia si
trovavano con lui nella camera. Si conversava animatamente
e si rideva. Vi si
trovava pure il suo confessore, dal quale seppi che aveva
somministrato anche
l’estrema unzione al malato. Egli osservò in proposito: -
Il malato insisteva a
tal segno, ch’io non credetti doverlo contrariare. Del
resto, è un sacramento
che si può amministrare parecchie volte.
«Vi era nella camera un orologio a pendolo, e Giovanni
Vitalis - ch’io non
perdevo mai di vista - vi gettava d’ogni tanto degli
sguardi ansiosi.
«Quando il pendolo segnò nove ore meno un minuto, e mentre
si continuava
a conversare animatamente ed a ridere, egli si alzò dal
sofà e disse
tranquillamente: - L’ora è venuta.
«Baciò la moglie, i fratelli e le sorelle; quindi saltò
agilmente sul letto, ne
accomodò i guanciali, e alla guisa di un attore quando
saluta il pubblico, curvò
parecchie volte il capo, dicendo: - Addio! Addio! - Infine
si allungò nel letto
senza affrettarsi, e non si mosse più.
«Io mi avvicinai lentamente, persuaso ch’egli simulasse la
morte; ma con mio
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
17
grande stupore mi avvidi ch’egli era morto davvero, senza
scosse, senza
rantolo, senza un sospiro. Era morto di una morte ch’io
non vidi mai l’uguale.
Si sperò per qualche tempo che si trattasse di una sincope
prolungata, o di
catalessi. Conformemente si differì a lungo il
seppellimento, ma ci si dovette
alfine arrendere all’evidenza, di fronte alla rigidità
cadaverica, ed ai segni
palesi dello sfacelo». (Citato da Camillo Flammarion
nelle Annales des
Sciences Psychiques, 1911, pag. 257).
Questo il caso interessante, strano ed eccezionale
riferito dal dottore De
Sermyn, il quale si astiene dal commentarlo, per quanto
dalla tesi prolungata
nel libro che lo contiene si rilevi che le “facultés
cérébrales méconnues” di cui
parla l’autore, escludano l’ipotesi allucinatoria, e
corrispondano alle facoltà di
senso supernormali indagate dalla metapsichica, con
implicita la possibilità
che le medesime valgano talvolta a stabilire rapporti col
mondo degli
“invisibili”.
Ma già si comprende che l’urgente dovere di un dottore
curante nelle
circostanze esposte, era quello di estirpare a qualunque
costo dalla mente
dell’infermo l’idea pericolosa ch’egli sarebbe morto in
quel medesimo giorno,
a un’ora prestabilita, persuadendolo ch’egli era stato
vittima di un brutto
sogno allucinante.
Si è visto che il malato negò recisamente che potesse
trattarsi di un sogno,
affermando ch’egli era ben certo di trovarsi sveglio; e siccome
la
conversazione avuta col fantasma del padre ebbe una certa
durata, deve
ammettersi che il malato avesse il tempo di discernere se
era o non era
sveglio. Inoltre, nello svolgersi dell’evento si rileva
una circostanza altamente
suggestiva nel senso dell’intervento reale sul posto di
un’entità disincarnata,
ed è che il percipiente il quale era infermo da
diciassette giorni, e che in quel
momento aveva tutte le articolazioni del corpo tumefatte,
con febbre
altissima, si trovò guarito da un istante all’altro e
senza febbre; ciò in seguito
all’imposizione delle mani dell’entità del defunto da lui
visualizzata. Ora non è
certo naturale che un complesso di tumefazioni artritiche
in tutte le
articolazioni del corpo, abbia da dissiparsi da un istante
all’altro, insieme alla
febbre che le accompagnava. Tutto ciò, al contrario,
rasenta il prodigio.
Quanto all’altra circostanza, in apparenza sensazionale,
del percipiente che
venne a morire all’ora precisa in cui era stato
preconizzato che dovesse
morire, non riveste valore scientifico, tenuto conto che
il fatto del preciso
realizzarsi dei preannunci di morte, può ragionevolmente
ascriversi ad azione
autosuggestiva; per quanto ciò non significhi che tale
soluzione sia sempre la
vera, e probabilmente non era la vera nel caso in esame.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
18
CASO XIII - Lo
tolgo dal Light (1915, pag. 502). La signora C. I. Chambers,
infermiera volontaria, narra questo fatto:
«Il seguente episodio di un fanciullo morente che vede e
riconosce il padre
defunto, venne a mia notizia poche settimane or sono,
mentre mi trovavo di
servizio nell’ospedale della Contea.
«Io ero comandata di servizio nelle corsie dei militari,
quando sopraggiunse
l’infermiera L., la quale prestava la sua opera nella
corsia degli uomini, al
piano superiore. Disponeva di una mezz’ora di libertà, e
veniva a prendere
una tazza di thè con me. Parlammo di vari casi
interessanti affidati alle nostre
cure; e a un dato momento chiesi:
« - Come sta il piccolo Brown?
«La mia amica scosse il capo. Tommy Brown era un fanciullo
dodicenne, sul
quale era stata praticata una grave operazione nella
speranza di salvarlo; ma
quel misero corpicino disfatto si era dimostrato impotente
a reggere la prova.
Il fanciullo proveniva da una numerosa e poverissima
famiglia, in cui la
mamma aveva trovato impossibile di risolvere il problema
dell’esistenza; e
proprio nell’età in cui il fanciullo avrebbe dovuto
nutrirsi per crescere, egli
raramente sapeva che cosa volesse dire non essere
affamato; ed erano ben
poche le sere in cui non andava a letto digiuno. In
conseguenza, la sua vitalità
erasi dimostrata troppo debole per sostenere un’operazione
chirurgica; e
invece di migliorare, egli andò rapidamente peggiorando,
malgrado le cure
costanti e le attenzioni pietose dei dottori e delle
infermiere.
« - Non credo - riprese la mia amica - ch’egli possa
arrivare a domattina... Due
anni or sono, proprio in questo giorno, il di lui padre
moriva nel letto di fronte
a quello in cui ora giace il suo Tommy... - E dopo una
pausa, la mia amica
aggiunse: - Povero fanciullo! Già diverse volte lo
credetti morto, ma non sì
tosto pratico l’iniezione ordinata dal dottore, egli torna
in vita. Quando
rinviene, prende una scossa, anela, boccheggia, spalanca
gli occhi, e subito
guarda fissamente il letto di fronte. L’altra notte,
mentre la mamma lo
vegliava, egli disse: - Mamma, là c’è il babbo.
«La mamma guardò nella direzione indicata dal fanciullo,
ma non vide altro
che un letto vuoto e un muro bianco.
« - No, mio caro, laggiù non vi è alcuno - rispose la
mamma, accarezzando il
fanciullo.
« - Ma sì che c’è. Non lo vedi vicino a quel letto? - Ed
egli indicava
nuovamente il letto dov’era morto il padre suo. Ed
aggiungeva: - Mamma,
perché non vai a salutarlo e a parlargli?
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
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«Ma la mamma non vedeva nulla; né io, né l’altra
infermiera di servizio.
Allora la mamma domandò: - Mio caro, che cosa fa il babbo?
« - Egli ti guarda. - E poco dopo: - Ora guarda me; ecco
che mi fa cenno con la
mano: egli desidera ch’io me ne vada con lui.
«E così dicendo, provò debolmente ad alzarsi; ma noi lo
trattenemmo,
cercando di calmarlo.
«Una volta la mamma, pensando che il fanciullo non
sentisse, ci sussurrò: -
Suo babbo è morto da due anni. - Ma Tommy udì, e prontamente
replicò: -
No, non può essere. Egli è laggiù accanto al letto, e mi
fa cenno con la mano...
mi chiama... mi chiama... - E così dicendo perdette
conoscenza... Alle cinque
del mattino seguente il povero Tommy aveva risposto alla
chiamata del
babbo».
CASO XIV - Nel
caso seguente si nota una circostanza interessante dal punto
di vista teorico, ed è che il morente vede fantasmi di
defunti che per quanto
fossero noti ai familiari, egli non conosceva; con ciò
eliminandosi l’ipotesi
dell’autosuggestione; non però quella della suggestione
presumibile dei
presenti.
Tolgo il caso dal Journal of the American S. P. R. (1907,
pag. 47). Non si
fa il nome del relatore, il quale è persona assai nota al
prof. Hyslop.
«Questa sera (maggio 14, 1906) mi recai a visitare una
signora cui era morto,
due settimane prima, il proprio bimbo di nove anni. Egli
era stato operato di
appendicite due o tre anni prima, e l’atto operativo aveva
provocato una
peritonite, da cui però era guarito. Ma cadde nuovamente
malato, e si dovette
trasportarlo all’ospedale per una seconda operazione.
«Quando si risvegliò dal sonno degli anestetici, egli era
perfettamente in
sensi, e riconobbe i parenti, il dottore e l’infermiera.
Ebbe nondimeno il
presentimento di morire, e chiese alla mamma di tenergli
la mano fino a che
non se ne fosse andato. Debbo aggiungere che dopo
l’operazione gli furono
somministrati degli stimolanti, che probabilmente avranno
resa molto attiva
la sua mentalità.
«Fatto si è che guardando in alto, egli disse: - Mamma,
non vedi lassù la mia
sorellina?
« - No, caro, dove la vedi?
« - Proprio in quel punto. Essa mi guarda.
«Allora la mamma, onde, calmarlo, affermò che la vedeva.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
20
«Poco dopo il volto del fanciullo si atteggiò nuovamente a
un sorriso, ed egli
osservò:
« - Ora viene a trovarmi anche Mrs. C. (una signora di
cui era invaghito,
morta due anni prima).
Essa mi sorride e mi chiama a sé.
«E dopo brevi istanti: - Ecco che giunge anche Roy. Io me
ne vado con loro;
ma però non voglio abbandonarti mamma; e tu verrai presto
a trovarmi, non
è vero? Apri la porta, e pregali di entrare. Sono fuori
che attendono. - E così
dicendo, si spense.
«Dimenticavo la visione più importante: quella della
notte. Mentre la mamma
tenevagli la mano, egli disse: - Mamma, vai diventando
piccola... la tieni
sempre la mia mano? La nonna è qui con me, ed è molto più
alta e molto più
corpulenta di te, non è vero? Anche la sua mano è molto
più grande della tua.
«Non bisogna dimenticare che il fanciullo aveva ,nove
anni. Vide dunque
realmente gli spiriti da lui descritti e riconosciuti?
Oppure le visioni erano
conseguenza dell’iperestesia cerebrale consecutiva alle
medicine
somministrate?».
(La mamma del fanciullo conferma quanto sopra; e in base a
un’inchiesta
condotta al riguardo, risultò che il fanciullo non aveva
mai conosciuto la
nonna, morta venti anni prima ch’egli nascesse. Roy era il
nome di un
piccolo amico di lui, morto un anno prima).
Dissi in principio che in questo caso l’ipotesi
dell’autosuggestione era
eliminata dal fatto che al degente eransi presentati
fantasmi di defunti da lui
non conosciuti, ma che non potevasi eliminare l’altra
ipotesi della suggestione
presumibile dei presenti. Tutto ciò per doverosa
concessione ai metodi
d’indagine scientifica; che, del resto, appare sommamente
improbabile che i
presenti abbiano rivolto il pensiero alla nonna del
fanciullo, morta venti anni
prima.
CASO XV - Nei tre
episodi che seguono, i morenti hanno la visione di entità
spirituali che non sono quelle dei loro defunti;
circostanza abbastanza rara
nella categoria delle apparizioni qui considerate. Non è
il caso di osservare
che dal punto di vista dell’ipotesi allucinatoria, il
fatto rientrerebbe
nell’ordine naturale e prevedibile di simili eventi;
mentre dal punto di vista
della ipotesi spiritica, sarebbero gli “spiriti-custodi”
preposti a ciascuno di
noi, che in tali contingenze si manifesterebbero al letto
di morte.
Tolgo questo primo esempio dal Light (1907, pag.
118). Il dottore G. J. Grote,
riferisce quanto segue:
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
21
«Avevo un degente di nome D..., già ispettore di finanza,
il quale soccombette
a un enorme ingrossamento del fegato. Mio fratello era suo
intimo amico, e
venne chiamato telegraficamente al suo capezzale, dove
rimase fino alla
morte, avvenuta poche ore dopo. Era accorso anche un altro
amico del
morente, certo signor R., egli pure agente di finanza; il
quale fu stupito di
sentire il suo superiore moribondo a pregarlo a volerlo
interrogare sui metodi
con cui si stazzano le botti di birra, ecc. ecc.
«Egli appagò il suo desiderio; e i l morente, dopo avere
risposto, domandò se
lo aveva fatto correttamente. - In guisa correttissima -
replicò Mr. R.; e allora
il morente così spiegò: - Il motivo per cui vi chiesi di
rivolgermi domande, è
che desideravo farvi convinti ch’io sono in possesso di
tutte le mie facoltà
mentali, e che non sono affatto allucinato. Ora io debbo
confidarvi che
insieme a mia moglie ed a voi due, io scorgo nella camera
altre forme
spirituali che io non conosco, ma che sono indubbiamente
accorse per un
scopo. Quale sia questo scopo io non lo so, ma per vostro
conforto desidero
farvi sapere che l’esistenza di un mondo spirituale non è
un’ipotesi, ma un
fatto reale. - Detto ciò, egli si spense rapidamente.
«Mio fratello, e il signor D. e il signor R. erano tutti
membri della Chiesa
Congregata».
CASO XVI - Lo
desumo dal Light (1901, pag. 339). Il dottore N. W.
Worthen riferisce questo episodio, narrato da un
ecclesiastico di Vermont
(Stati Uniti).
«Io sono un ecclesiastico, ed alcuni anni or sono fungevo
da pastore nella
chiesa di una città della Nuova Inghilterra, dove rimasi
in servizio parecchi
anni. Tra i membri della congregazione eravi una giovane
donna sui
trent’anni, di eletta intelligenza e nobile carattere,
ch’io denominerò Alice.
Era bella, geniale, ed anche amata da tutta la comunità.
Fu colta da febbre
maligna, che degenerò in un ascesso lombare, a cui
soccombette dopo
parecchie settimane di sofferenze.
«Nella notte precedente alla sua morte, essa mandò per me
verso le due
antimeridiane. Si trovavano ad assisterla tre signore, che
parvero accordare
ben poca attenzione alla mia venuta. Si sarebbe detto che
fossero soggiogate
da una strana malìa che impedisse loro di parlare.
«Presi posto vicino al letto dell’inferma, e chiesi come
si sentisse. - Molto
debole - essa rispose. Dopo siffatto brevissimo dialogo,
si ritornò al silenzio
imbarazzante di prima. Finalmente una delle signore si
rivolse a me,
sussurrandomi: - Alice ha visto un angelo. - E allora
compresi che il silenzio di
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
22
quelle donne era dovuto a tema ed a rispetto, poiché
sentivano di trovarsi
sulla soglia del mondo spirituale.
«Io non risposi per qualche tempo, in attesa di accertarmi
se nella inferma si
notassero sintomi di vaneggiamento. Finalmente ruppi il
silenzio, e chiesi: -
Alice, avete dunque avuta la visione di un messaggero
spirituale? - Rispose: -
Sì, proprio vero. - Domandai: - Quando avvenne la vostra
visione? - Ed essa: -
A mezzanotte. - Dove e come la vedeste? - Parve mi fossero
largite nuove
facoltà visive, e mentre guardavo lontano nello spazio,
vidi come una
luminosità globale che si dirigeva verso di me, nella
quale ravvisai poco dopo
una forma spirituale umana, la quale penetrò nella mia
camera. - Com’era
vestita? - Di bianco immacolato. - Dove stava? - Tra il
letto e il pianoforte.
«A questo punto le signore assistenti s’intromisero per
dirmi che durante la
visione l’inferma aveva conversato con qualcuno. Chiesi: -
Che cosa vi disse lo
spirito? - Rispose: - Molte cose mi disse; e tra l’altro,
che sarebbe tornato a
prendermi, trascorse ventiquattr’ore.
«Allora domandai: - Sapreste dirmi il giorno della
settimana? - Ed essa: -
Venerdì. - (Erano infatti le tre antimeridiane del
venerdì). Chiesi ancora: -
Sapreste dirmi il giorno del mese? - Essa lo disse, poi
esclamò: - O mio
pastore, voi non dovete rivolgermi simili domande: io sono
in possesso di
tutte le mie facoltà mentali, e so quel che dico.
«Intanto essa diveniva sempre più debole, e quando parve
assopirsi, io me ne
tornai a casa... - Alla sera del domani, sul fare della
mezzanotte, la bell’anima
di Alice esulava dal corpo per il soggiorno degli
immortali, Quando ne deposi
la salma nella bara, notai che un dolce sorriso irradiava
da quelle sembianze
tanto provate dal dolore. La casa era affollata di amici,
molti fra i quali
pensavano di trovarsi in un ambiente reso sacro dalla
presenza di un angelo, e
dalla esistenza esemplare ivi trascorsa da una donna
genuinamente angelica».
CASO XVII - Mi
venne comunicato privatamente dal direttore delle
Annales des Sciences Psychiques, signor Cesar De Vesme; e si riferisce
alla morte della moglie del celebre “bardo” brettone,
Teodoro Botrel, morte
avvenuta il giorno 11 luglio 1916, a Port-Aven, in
Brettagna. Il signor Brotel
scrive in questi termini, in data 1° novembre 1919, al
signor De Vesme:
«Caro confratello,
«Lessi con grande interesse e commozione lo studio di
Ernesto Bozzano..., e
in conseguenza, comprendo per qual motivo voi ora mi
domandate un
esemplare del mio In Memoriam pubblicato in
occasione della morte della
mia compianta consorte. Infatti è palese che in pieno
possesso delle sue
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
23
facoltà mentali, la mia cara Estinta ha visto un “angelo”,
ed intravvisto un
angolo della sua dimora celeste; mentre al momento della
morte, ha
improvvisamente visualizzato lo spirito della madre sua.
«Non posso inviarvi che un’edizione ridotta del mio In
Memoriam; ma vi
trascriverò, per uso del signor Bozzano, le testimonianze
di due brave donne
brettoni - la nostra domestica e la cucitrice -, le quali,
mentre io mi trovavo a
combattere al “fronte”, non abbandonarono un istante il
capezzale
dell’agonizzante, morta di peritonite in cinque giorni,
senza perdere mai la
propria lucidità mentale.
«Testimonianza di Giuseppina Mainguy - ...
L’inferma alzò gli occhi
verso il soffitto esclamando: - Oh!, com’è bello ciò che
mi attende! Dio sia
lodato, che mi permise di vedere un lembo del cielo!...
Amiche mie, ecco che
giunge un angelo. E’ qui alla mia sinistra... Le vostre
preghiere lo attrassero a
noi... Però... non capisco... Egli è senz’ali!
«Dopo di che, ogni volta che ci si avvicinava al
paravento, posto a sinistra del
letto, essa interrompeva la conversazione per ammonirci: -
Non passate da
quella parte! Non disturbate il mio angelo!
«Testimonianza di Giuseppina Allanie - Il di lei
volto divenne raggiante,
e come rapita in estasi, fissando un alcunché in direzione
del soffitto,
esclamò: - Vedo un lembo del cielo! Oh! Com’è bello!... Ed
ecco un angelo che
viene a me! Ecco la mamma! Oh! Mamma! - Noi non osavamo
interloquire,
ed eravamo commosse in vederla rapita in gioia estatica,
malgrado le sue
grandi sofferenze.
«Testimonianza di Teodoro Botrel - Copio dal mio
quaderno di note
queste linee: “Arrivai a Port-Aven alle dieci del martedì.
L’inferma aveva
perduto l’uso della parola dalle cinque del mattino, ma
conservata piena
coscienza di sé. Alle ore 14 essa improvvisamente si
scosse, e con voce
chiarissima ed esultante, esclamò: - Mamma! - e nulla più.
Essa aveva
profferito quest’ultima parola esalando l’ultimo
respiro”».
(Firmato: Teodoro Botrel).
Il signor Botrel, a proposito dello stupore manifestato
dalla moglie morente in
vedere un “angelo senza ali”, osserva giustamente in una
nota:
«Queste sue parole provano in guisa efficace ch’essa non
era vittima di
un’allucinazione; giacché, nella sua fede ingenua, essa si
aspettava di scorgere
angeli muniti di ali. Da ciò il di lei stupore nel
riscontrare come la realtà fosse
ben diversa!».
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
24
Si è già citato un episodio (caso VIII) in cui il
moribondo, alla vista di
apparizioni consimili, esclama: «Come mai! Essi sono
persone come noi!» Al
che il relatore fa seguire il commento: «Molto
verosimilmente si sarà sentito
come saturato dalle solite immagini degli angeli alati e
delle arpe angeliche;
laonde, niente di più probabile che all’ultimo istante
egli esprimesse la sua
sorpresa in vedere i defunti venuti ad accoglierlo avessero
apparenza di
“persone come noi”».
Citerò più oltre (caso XXXIII) un terzo episodio
congenere di una fanciulla
decenne che, a sua volta, si dimostra sorpresa di scorgere
“angeli senz’ali”.
Ora siffatti incidenti presentano un reale valore
probativo, inquantoché è
notorio che i fantasmi allucinatori assumono forme
corrispondenti alle idee
preformatesi nella mentalità dell’infermo (e non
potrebbe accadere
altrimenti);
dimodoché se nelle vie cerebrali di quest’ultimo si fosse radicata
l’idea degli “angeli alati” (come da bambini abbiamo
tutti sentito affermare
dalla mamma, e da grandi abbiamo letto nella Bibbia,
nonché visto
rappresentato cento volte nei dipinti delle chiese), in tal caso avrebbero
dovuto manifestarsi all’inferma delle forme allucinatorie
di “angeli alati”. E
siccome nei casi indicati risulta che i morenti, per
quanto pervasi da siffatto
preconcetto, videro fantasmi in contraddizione col
preconcetto stesso, si
avrebbe a concluderne che in simili circostanze si
trattasse effettivamente di
“apparizioni veridiche di fantasmi di defunti”, e non già
di “allucinazioni
patologiche”.
CASO XVIII - Il caso
che segue, ch’io desumo dalla Revue Spirite (1926,
pag. 288),
differisce da ogni altro in quanto il protagonista non è
precisamente un infermo sul letto di morte, ma un affogato
il quale ritorna
miracolosamente alla vita, e narra ciò che vide nel
periodo in cui rimase privo
di sensi. Inoltre il caso acquista valore dalla
circostanza che fu narrato a
Victor Hugo, il quale vi appose commenti interessanti.
Il relatore, signor Maurice Laurent, informa ch’egli è in
possesso di un
opuscolo esaurito da mezzo secolo, pubblicato in data del
1868, e intitolato:
Victor Hugo en Zelande;
in cui l’autore, testimone dei fatti, descrive
giornalmente le vicende del viaggio in Olanda, con tutta
la famiglia, di Victor
Hugo. Il cronista premette che per quanto il grande
scrittore avesse preso le
debite precauzioni onde mantenere l’incognito, la sua
gloria era tale che tutti
lo riconoscevano e lo salutavano rispettosamente chiamandolo
per nome,
mentre dovunque i bimbi, guidati dalle mamme, gli
offrivano fiori come ad un
sovrano. Tra l’altro, il cronista racconta un incidente
interessante occorso a
Victor Hugo nella cittadina di Ziericsee. Egli scrive:
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
25
«Due belle bimbette gli presentarono un mazzo di fiori, ed
uno del paese disse
a Victor Hugo: - Queste sono le bimbe di un resuscitato. -
Di un resuscitato? -
esclamò stupito Victor Hugo. Allora il personaggio che
aveva interloquito
raccontò che il padre delle bimbe era vedovo, che aveva
perduto un bimbo
adorato, e che gli restavano quelle due bimbe ed un bimbo.
Indi aggiunse che
un giorno in cui il padre, insieme al figlio, percorreva
in vettura un angusto
stradale fiancheggiato da un fossato stagnante, il cavallo
prese ombra, e la
vettura si rovesciò nel fossato. Il bimbo, che aveva
potuto salvarsi
aggrappandosi a un cespuglio, più non vedendo comparire il
babbo, supplicò
piangendo alcuni contadini che glielo restituissero. Si
estrasse la vettura, col
cavallo morto, e il padre del bimbo inanimato.
«Per lungo tempo si tentò inutilmente di rianimarlo con
frizioni ed altri
processi consigliati dal caso, ma infine egli diede segno
di vita, riprese
lentamente i sensi, aperse gli occhi: era salvo.
«Orbene: quest’uomo il quale era stato strappato per
miracolo a una morte
orribile, appena fu in grado di parlare mormorò con
accento desolato: - Ma
che cosa faceste? Mi trovavo così bene dove ero! Mia
moglie e il figlio mio
erano con me... Vennero subito a darmi il benvenuto... Io
li vedevo... Mi
trovavo in cielo... Inebbriato di luce radiosa... Oh! Dio
mio! Che cosa faceste...
Ma, dunque, non sono più morto?
«In seguito, questo resuscitato si riconciliò con la vita;
e non solo si sentì
guarito da ogni infermità corporale, ma si sentì liberato
per sempre da ogni
pena morale, giacché oramai sapeva di certa scienza che un
giorno si sarebbe
riunito con le creature adorate che già aveva incontrato
nell’Al di là».
Victor Hugo così commenta:
«Sono due gli enigmi da risolvere in questo memorabile
evento: l’enigma del
corpo e l’enigma dell’anima. Non mi curo di compenetrare
il primo, né di
spiegare come possa darsi che un annegato rimanga un’ora
intera in fondo a
uno stagno senza morirne.
«Ma ciò ch’io comprendo assai bene sono i lamenti di
un’anima riscattata
dalla morte. Che diamine! Essa era già esulata dalla vita
terrena, da
quest’ombra di vita; era sfuggita da un corpo maculato, da
due labbra
illividite, da un fossato stagnante. Aveva appena iniziato
l’ammaliante
ascensione, e dal fango del fondo, attraverso acque
limacciose, aveva affiorato
alla superficie. Senonché si avvide di non potersi elevare
perché una piuma
delle proprie ali la vincolava ancora a un orribile
respiro postremo soffocato
nel fango; e tutto ciò mentre già respirava deliziosamente
l’ineffabile
freschezza dell’Al di là della vita, ed erasi riunita alle
adorate creature che
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
26
aveva perduto: una moglie ed un bimbo. E la prigioniera
evasa ma non libera,
venne ad un tratto bruscamente assalita da un intempestivo
fremito vitale;
sentì che il vincolo che la univa al corpo, anziché
rompersi si rinsaldava, e che
in luogo di elevarsi verso la luce, ridiscendeva nella
notte della vita; tutto ciò
per opera di qualcuno il quale aveva forzato violentemente
l’anima a rientrare
in un cadavere. E allora quest’anima questa resuscitata in
terra, proruppe in
un grido d’angoscia disperata.
«L’evento insegna questo: che l’anima può rimanere un
certo tempo sospesa
al di sopra del corpo, vincolata al corpo, allo stato
fluttuante; non più
prigioniera, ma non ancora libera. Tale stato fluttuante
dell’anima è la
letargia, è l’agonia del corpo. Il rantolo è il segnacolo
dell’anima che si prova
ad evadere dalla bocca del morente; che ricade, che
rientra, che scuote
convulsamente l’organismo, fino a che non pervenga a
dissipare il vincolo
fluidico che la connette al respiro postremo. Mi par di
vederla: essa lotta,
sfugge dal labbro; rientra nel corpo; nuovamente si
emancipa; infine perviene
ad infliggere l’ultimo gran colpo d’ala alla salma. Ed
eccola che libera si eleva
e si dilegua nell’azzurro immenso. Ma qualche volta essa
non perviene a
liberarsi; il morente ritorna alla vita, e l’anima
desolata riprende il suo posto
nel carcere. Nei sogni qualche volta, noi abbiamo la
sensazione di queste
complesse manovre di andata e ritorno della grande
prigioniera. I sogni
segnano i brevi passi che all’anima è dato percorrere
fuori del corpo, fino a
quando non giunga il termine del suo servaggio. Tutte le
notti, l’anima nel
sonno compie un giro nel pratellino spirituale dei sogni».
CASO XIX - Lo
ricavo dal Light (1920, pag. 281). Mr. Horace Leaf, il noto
scrittore spiritualista, riferisce il seguente
interessante episodio, facendolo
seguire da qualche considerazione a proposito della
circostanza che colui il
quale ebbe ad osservarlo e pubblicarlo, ritiene poterlo
spiegare con l’ipotesi
psicologica della reviviscenza di impressioni rimaste
latenti in fondo alla
subcoscienza (criptomnesia), laddove non potrebbesi
razionalmente
applicare tale ipotesi al caso in esame; e ciò
maggiormente qualora si voglia
debitamente considerarlo in rapporto al complesso dei casi
analoghi qui
contemplati.
Questo l’episodio.
«Un idiota, morto da parecchio tempo in età di trent’anni,
rimase orfano della
madre allorché non aveva ancora due anni. Le sue
condizioni d’idiozia erano
congenite; dimodoché quando la sorella maggiore prese il
posto della madre
defunta, egli non diede il benché menomo indizio di avere
rilevato una
differenza. Per il modo di sentire e di pensare della
famiglia, nessuno dei
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
27
componenti la medesima ebbe mai a fare allusioni alla
defunta; ma ove anche
ciò non fosse, le allusioni di tal natura sarebbero
passate inosservate per il
povero idiota, il quale nulla comprendeva delle
conservazioni altrui. Egli
spendeva il suo tempo a tracciare geroglifici col gesso
sulle lavagne della
scuola tenuta da un suo cognato, o a trotterellare
zoppicando nella pista di
ricreazione della scuola, o a cantare a modo suo. Inoltre,
egli si prodigava due
grandi gioie quotidiane: l’una delle quali consisteva nel
recarsi, dopo
colazione, in un boschetto vicino a conversare con gli
uccelli; l’altra nel fare
girare i cilindri con cui si stira la biancheria.
«Quando all’età di trent’anni egli si ammalò di
tubercolosi, la di lui sorella era
morta da lungo tempo, e nessuno della famiglia
sopravviveva; o, per lo meno,
nessuno della famiglia aveva avuto più rapporti con lui
fino al giorno
dell’ultima infermità, la quale condusse rapidamente agli
estremi il povero
idiota.
«Ed anche qualche giorno prima di morire, quando egli
avrebbe dovuto
rimanere ben guardato a letto, non era possibile
trattenerlo dal recarsi a
conversare quotidianamente con gli uccelli del boschetto;
e nell’ultimo giorno
di sua vita, allorché giaceva in condizioni di sfinimento
estremo, volle provare
ad alzarsi, e pervenne a sedere nel letto mormorando che
doveva recarsi nel
boschetto per non dare un dispiacere agli uccelli. Il
cognato si offerse di
andare lui al convegno, onde spiegare agli uccelli per
quali motivi il loro
amico non poteva venire; e dovette fare le finte di
andare.
«Dopo di che, il morente non tardò ad entrare in agonia.
Giaceva con gli occhi
chiusi, oppresso da un rantolo penoso. La vita si andava
rapidamente
spegnendo nell’organismo disfatto; ed ecco che
improvvisamente egli apre gli
occhi, guarda in un angolo della camera, si rianima di
nuova vita, appare
cosciente di sé, e con tonalità di voce altamente
espressiva, giammai osservata
in quel povero idiota, esclama: - Come mai? Qui c’è mia
madre? Oh! Come è
bella! - Detto ciò, la sua testa ricadde pesantemente sul
guanciale: egli era
morto».
Questo l’interessante episodio. Mr. Horace Leaf osserva
quanto segue:
«Il relatore, anziché vedere in questo patetico incidente
una prova mirabile
dell’amore materno, il quale anche dall’oltretomba
sorveglia le vicende
terrene del suo disgraziato figliuolo, e lo attende sulla
soglia di un mondo
migliore, nel quale ricupererà le sue facoltà mentali:
invece di vedere tutto
questo, egli considera l’episodio come un esempio “tipico
di una caratteristica
speciale all’idiozia”. E prosegue informando i lettori
“che si conoscono
numerosi esempi di analoghe forme d’ipermnesia al
momento della morte,
in cui le impressioni rimaste registrate nei centri
mnemonici, e da lungo
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
28
tempo dimenticate, risorgono improvvisamente sotto forma
di fantasmi
obbiettivati”. Egli nondimeno ammette che non si conoscono
esempi tanto
portentosi quanto quello in esame, tenuto conto del lungo
periodo trascorso
dalla morte della madre alla visione del figlio; tenuto
conto che in tutto quel
periodo il figlio non aveva certamente mai pensato alla
madre; e soprattutto,
tenuto conto delle condizioni mentali di quest’ultimo.
«Conveniamone: tutte queste disquisizioni scientifiche
sono ben povera cosa,
e non pervengono razionalmente a sostituirsi alla verità
sui fatti, la quale è
questa: che la madre fu realmente presente al letto di
morte del figlio, il quale
positivamente la vide».
CASO XX - Lo
ricavo da La Ricerca Psichica (1938, pag. 62). L’associato
Odoardo Vighi riferisce:
«Il 29 luglio 1931 passò serenamente a miglior vita una
mia amata sorella, a
75 anni di età; io ne contavo allora 65.
«Per circostanze speciali fui io solo a vegliarla al
capezzale nella notte dal 28
al 29.
«La poverina, presa da continui sussulti, allorché pareva
addormentarsi si
svegliava di scatto, e non poteva riposare. Ad onta però
delle sue sofferenze
mostravasi nel pieno possesso delle facoltà mentali, e
conversava con me con
tutta calma, benché fosse conscia che l’ultima sua ora
stava per scoccare.
«Verso le due, dopo scambiate alcune parole, chiuse gli
occhi e parve
assopirsi. Stava coricata sul fianco destro, ed io, seduto
a lei di fronte, la
guardavo mestamente, tenendomi, per non svegliarla,
immobile e silenzioso.
«Dopo un momento la vidi aprire gli occhi e fissarli nel
vuoto con marcata
espressione di lieta sorpresa. Indi esclamò:
« - Papà! - (nostro padre era morto nel 1889); -
Sofia! - (una nostra sorella,
morta nel 1892); -
Odoardo! - (io).
«Subito correggendosi, come se qualcuno le avesse fatto
notare l’errore:
« - Ah! già! è vero: Odoardo è ancora al mondo!
«Indi, con piacevolissimo sorriso: - A momenti vengo a
trovarvi tutti, sapete!
«Dopo di che, tacque e richiuse gli occhi. Il solito
sussulto la prese, e si svegliò
di nuovo.
«Assistita da tutti i suoi cari, nel pomeriggio del 29,
dolce e serena lasciò la
terra.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
29
«Il caso, del quale accerto la perfetta esattezza, finisce
qui. Esso è assai
semplice, e molti, immagino, considereranno quella visione
una mera
impressione soggettiva della moribonda. Io però, che nel
silenzio della notte
vidi coi miei occhi quella meraviglia e quel sorriso
spargersi sul volto della
morente, e udii con le mie orecchie quelle esclamazioni e
quelle frasi, emesse
e pronunciate con tono d’assoluta naturalezza, ebbi di
colpo e nitida
l’impressione della reale presenza al letto di morte dei
nostri cari defunti. Tale
impressione la conservo ancora.
«Sono in errore? Forse sì, forse no. Io tengo per il “no”,
e confesso
francamente che il ricordo di quel caso, nei tristi
momenti della vita mi è
sempre stato di grande conforto».
Caso semplice, ma buono, il quale è anche caratteristico
della grande
maggioranza delle manifestazioni del genere. E non
dimentichiamo che il
relatore ha mille volte ragione quando afferma che lui, il
quale vide coi propri
occhi la meraviglia del sorriso che improvvisamente
illuminò il volto della
morente, e udì con le proprie orecchie la tonalità
naturalissima ed espressiva
con cui vennero profferite quelle parole e quelle
esclamazioni, lui che vide e
sentì, ebbe di colpo e
nitida l’impressione della reale presenza al letto di
morte dei suoi cari defunti.
Non dimentichiamo che tali dichiarazioni sono anche quelle
che si ascoltano
da tutti coloro ch’ebbero ad assistere a manifestazioni
simili, e in conseguenza
vanno tenute in gran conto prima di avventurare giudizi
inappellabili su ciò
che non si conosce che di riflesso: i veri competenti in
argomento sono coloro
che furono testimoni dei fatti; e, come già si è visto e
ripetutamente si vedrà
più oltre, tra gli assertori della medesima verità si
annoverano
frequentemente dottori in medicina che a loro volta videro
e sentirono.
Ripeto infine che i casi semplici appartenenti alla
presente categoria non
vanno considerati isolatamente, ma bensì in unione a tutte
le altre categorie
di manifestazioni analoghe percepite collettivamente dai
presenti, o
svoltesi combinate a prove d’intensificazione dirette e
indirette, o di
conserva con altre manifestazioni convergenti verso
l’interpretazione spiritualistica del complesso dei fatti.
CASO XXI - Lo
ricavo dal libro di A. Page intitolato: Thomas De Quincey:
His Life and Writing (vol.
II pag. 305).
Tutti conoscono per fama il nome di Thomas De Quincey, di
cui il Page ha
pubblicato la storia della sua vita avventurosa e dei suoi
scritti. Egli tra l’altro,
è l’autore del celebre libro: Le confessioni di un
mangiatore d’oppio.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
30
Miss De Quincey, la figlia di lui, descrive in questi
termini un episodio occorso
al letto di morte del padre:
«A un dato momento, mia sorella tolse dal letto la pesante
coperta,
sostituendola con uno scialle leggero, e domandò: - Babbo,
va meglio così? -
Sì, mia cara, molto meglio. Me ne sento sollevato.
«Sul tardi, nella notte, giunse l’amico dottore Warburton
Begbie, col
proposito di vegliare l’infermo il quale andava lentamente
spegnendosi. Due
sole volte il morente interruppe il suo respiro affannoso
per rivolgere vaghe
parole agli astanti. Già da qualche ora egli non
riconosceva più nessuno,
quando improvvisamente lo sentimmo mormorare distintamente:
- Oh!
Mamma mia! Cara la mamma mia! Ma, dunque, le mie
convinzioni erano
radicalmente sbagliate?
«Poco dopo, quando i segni dell’approssimarsi della grande
ora apparvero sul
volto del morente, lo vedemmo all’improvviso protendere in
alto ambe le
braccia, esclamando con accento di enorme sorpresa: - Oh,
sorella! Sorella!
Sorella! Anche tu?
«Dopo di che, il suo respiro affannoso divenne rantolo, e
all’ora in cui la città
di Edimburgo si risveglia a nuova vita, lo spirito del
padre mio esulò per
sempre dalla spoglia mortale».
Da notarsi nella narrazione esposta l’esclamazione del
morente allorché vide
apparire a sé dinanzi il fantasma della madre sua: «Ma
dunque le mie
convinzioni erano radicalmente sbagliate?» Il De Quincey
non credeva alla
sopravvivenza; da ciò la sua grande sorpresa, e la
corrispondente
esclamazione in trovarsi in presenza della propria madre
rediviva. Niun
dubbio che tale esclamazione, dal punto di vista
dell’interpretazione teorica
dei fatti, riveste un alto significato decisamente in favore
della presenza reale
sul posto delle due apparizioni di defunti occorse nel
caso in esame, visto che
se il morente non credeva alla sopravvivenza, allora non è
più possibile
spiegare gli eventi attribuendoli agli effetti
autosuggestivi “dell’attenzione
aspettante”, e tanto meno alle inesistenti “tradizionali
convinzioni religiose”
del morente.
CASO XXII - Lo
pubblica il Light (1938, pag. 167). Mr. W. R. Bradbrook
scrive:
«L’eccellente articolo di Mr. Abdy Collins sulle
“apparizioni di defunti al letto
di morte”, in cui egli dimostra con grande efficacia come
nel caso speciale non
possa trattarsi di percezioni allucinatorie da doversi
attribuire agli effetti
“dell’Attenzione aspettante”, ovvero alle conseguenze di
“tradizionali
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
31
convinzioni religiose”, m’induce a riferire un caso da me
osservato, il quale
concorre a rafforzare tale punto di vista.
«Si tratta di una giovane donna sui quarant’anni, dalle
forme scultorie e
bellissima nel sembiante, che il vizio del bere e i
costumi depravati avevano
trasformato in una donna da trivio.
«La sua santa madre era la personificazione della
pazienza, del
compatimento, dell’amore materno inestinguibile, per
quanto dovesse
continuamente subire le sfuriate della propria figlia,
accompagnate da un
linguaggio esecrando, e financo da violenze fisiche.
L’unica protesta
dell’infelice vecchierella era un’esclamazione da lei
profferita gemendo: - Oh!
La mia povera Editta! -, esclamazione che rendeva più che
mai furente la figlia
indiavolata.
«La madre infelicissima finì per morirne di crepacuore
senza mai profferire
una sola parola di rimprovero verso la figlia spietata.
«Ma non tardò a giungere l’ora postrema anche per la
figlia. Colpita da morbo
venereo, fu trasportata d’ufficio in un ospedale
d’isolamento, dove le
complicazioni del male la ridussero in condizioni
disperate. Durante gli ultimi
giorni di vita, essa frequentemente inveiva imprecando in
modo orribile
contro il fantasma della propria madre, ch’essa vedeva
continuamente al suo
capezzale, e insisteva presso le infermiere affinché
scacciassero quella
“vecchiaccia” la cui presenza non poteva tollerare. E morì
imprecando alla
madre pietosa che veniva ad accoglierne lo spirito!».
Questo il caso tristissimo da me osservato, il quale è
anche in favore delle
conclusioni a cui giunse Mr. Abdy Collins. Infatti questa
volta non può certo
parlarsi di “attenzione aspettante”, o di “tradizionali
convinzioni religiose” le
quali abbiano provocato un’allucinazione corrispondente al
letto di morte.
Immagino invece che i lettori riconosceranno con me che
nell’episodio
drammatico citato si ammira commossi un esempio edificante
di amore
materno, in cui le virtù di sacrificio e di compatimento
per la propria creatura
degenerata assurgono ad altitudini a tal segno sublimi,
che né la morte per
crepacuore, né il fatto stesso della propria
disincarnazione pervennero ad
arrestare lo slancio pietoso materno per la protezione e
l’assistenza di colei
che per la mamma era pur sempre «la sua povera Editta!».
CASO XXIII - Lo
ricavo dalla rivista francese Psychica (1935, pag. 205). Il
professore olandese L. Van Meerbeek, invia la seguente
relazione alla rivista
citata:
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
32
«Tutti coloro che si sono trovati al capezzale di numerosi
morenti, e che ne
raccolsero le ultime parole, raccontano che ben sovente
gli infermi, giunti
sulla soglia dell’Al di là, danno prova di acquisire
nozioni precise
sull’esistenza del mondo spirituale, del quale essi
scorgono fugaci visioni,
mentre in taluni casi si direbbe che prima di abbandonare
la dimora terrena,
essi compiano una rapida escursione preliminare
nell’ambiente che li attende.
«A rincalzo di quanto affermo, invio la traduzione di un
caso del genere, ch’io
ricavo dal libro: Una voce dall’Al di là, di cui è
autore il dottore in medicina
F. A. Kraft. Egli scrive:
«Durante trent’anni di pratica professionale negli
ospedali e nelle case
private, io ebbi occasione di assistere alle crisi
preagoniche di centinaia
d’infermi, crisi preagoniche da me osservate con vigile
attenzione fino alla
morte, a scopo di studio.
«Mi ritengo pertanto in diritto di affermare con
cognizione di causa che una
quarta parte dei morenti rivelano autentiche facoltà di
chiaroveggenza, facoltà
che per lo più emergono qualche ora prima della morte.
«In molti di tali casi, il volto dei morenti si rianima
all’improvviso; riaprono
gli occhi, e con accento di grande sorpresa informano i
presenti su ciò che si
manifesta alla loro visione spirituale.
«Io presi nota di numerosi episodi del genere, i quali si
rassomigliano tutti.
Eccone qualcuno a titolo di esempio:
« - Oh! Come è bello quello che scorgo!... Ambiente
splendido!... - Come mai?
Tu qui, mamma? Ed è questo l’ambiente in cui vivi?... -
Come mi sento bene!
Perché non sei venuta prima ad accogliermi? Con la tua
presenza, io non
soffro più... - Ma tu sei ringiovanita... Come sei
bella!... - E questi sono i fiori
spirituali? Comprendo... - Dunque tu non sei morta...
Quale conforto!...
«In altra circostanza, un soldato gravemente ferito al
fronte nella grande
guerra, morì nel 1920 all’ospedale. Circa dieci minuti
prima di esalare l’ultimo
respiro, egli, volgendo lo sguardo verso un angolo della
camera, esclamò: -
Come mai? Tu qui, Enrico? Tu qui, mio buon Carlo?... Eppure
siamo stati
falciati insieme alla guerra,... Ed ecco che vi rivedo più
vivi che mai, e più belli
di allora... Quanto a me, sono infermo da due anni... Sì,
sì, fermatevi qui con
me... tenetemi compagnia... Ecco qui la mia buona Emma che
giunge anche
lei!... Emma, non andartene più... Aspettami, che non
tarderò molto a venire
con voi... Tutto ciò è bello... comprensibile... chiaro!
«Questi i ragguagli frammentari e le esclamazioni dei
morenti allorché
scorgono e conversano coi parenti e gli amici che li precedettero
nella tomba;
ciò che trasforma subitaneamente la loro agonia in una
parentesi di giubilo, la
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
33
quale fa sì che attendono impazienti il momento in cui si
riuniranno ai loro
cari.
«Ed ora mi accingo a riferire per esteso un caso da me
osservato in un
ospedale di Saint-Louis, caso che lasciò in me
un’impressione incacellabile.
«Un veterano della guerra di secessione nord-americana,
libero pensatore
irriducibile, destituito di qualsiasi tendenza religiosa o
mistica, consapevole
della sua prossima fine, attendeva serenamente la grande
ora
dell’annientamento finale. Suo fratello era morto di
vecchiaia quattro mesi
prima nel letto affiancato al suo.
«Nondimeno avvenne che un mattino egli perdette la sua
serenità filosofica,
dimostrandosi molto agitato, e chiedendo insistentemente
di me. Allorché
verso le dieci antimeridiane io entrai nella corsia
dell’ospedale, egli da lontano
mi fece cenno di avvicinarmi. Il suo volto, abitualmente
sofferente, appariva
ravvivato da una gioia radiosa. Egli, che non parlava mai,
era divenuto
discorsivo, ed ecco ciò che aveva da dirmi:
«Alle tre del mattino mi sono svegliato, rivolgendo
attorno vagamente lo
sguardo senza scopo alcuno. D’improvviso vidi formarsi un
fantasma ai piedi
del letto. Non ne rimasi affatto impressionato, ed anzi
ebbi a risentirne un
senso benefico di conforto. Nel frattempo, l’apparizione
andò rapidamente
concretandosi, fino quando riconobbi nel volto del
fantasma mio fratello
Giacomo. Non era affatto una rappresentazione
fantasmogena, bensì mi
trovavo in presenza di un essere vivente, il quale
protendendosi col corpo, mi
salutò con cenni della mano; ciò che indusse in me un
senso indescrivibile di
benessere. Nel tempo stesso - non so come - vidi sfilare a
me dinanzi i quadri
cinematografici di tutta la mia esistenza trascorsa
insieme a mio fratello, il
quale era anche l’unico amico mio. Dopo di che, egli
cominciò a parlarmi, ed
io ne udivo risuonare la voce come quando era vivo. Egli
disse: Caro Maxwell,
domenica prossima, alle ore undici del mattino, le tue
sofferenze avranno
termine. Io, come vedi, sopravvissi alla morte del corpo;
sono anzi più vivo di
prima, e tu verrai a convivere con me, in condizioni di
esistenza ideali, e in
ambiente di pace e di felicità ineguagliabile in terra.
Non temere di nulla, e
attendi serenamente la grande ora della liberazione. Detto
ciò, l’apparizione si
dileguò, e debbo convenire che da quel momento io mi sento
realmente felice
ed esultante, giacché io sono ben certo che non si
trattava di un’allucinazione.
«Voi, dottore, ben sapete che da quindici giorni io non
prendo più medicine, e
tanto meno stimolanti. Inoltre, voi che mi conoscete
sapete altresì quale
miscredente irriducibile io sia sempre stato. Ma ora,
invece, attendo con
impaziente serenità la mia ultima domenica terrena. Sono
pronto per la
partenza; tanto più che la vita in questo mondo fu per me
una lunga e
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
34
laboriosa sequela di miserie. Comunque, caro dottore,
abbiate la bontà di
venire domenica a trovarmi, giacché desidero di sapermi a
voi vicino al
momento della morte.
«Nel mattino della domenica io mi trovavo al capezzale
dell’infermo, il quale
conservava integre le sue facoltà mentali. L’espressione
del volto era serena,
anzi pareva quella di un uomo esultante nell’attesa di una
buona novella. La
voce era debole, ma distinta.
«Quando le sfere dell’orologio a pendolo segnarono le
undici meno un quarto,
egli sollevo la mano destra, e indicando il lato sinistro
del capezzale, mormorò
con voce chiarissima, intelligibile a tutti i presenti: -
Ecco qui mio fratello
Giacomo... E’ venuto a prendermi... Tutto ciò è bello...
«Scoccarono le undici, e proprio in quel preciso istante,
il morente esalò
l’ultimo respiro, così com’egli aveva preannunciato cinque
giorni prima».
Il caso esposto non si discosta notevolmente dagli altri
che precedono, ma
non cessa per questo di apportare il contributo di qualche
nota nuova,
interessante ed istruttiva, all’ulteriore comprensione del
tema in esame.
Comunque, ciò che vi ha di maggiormente rilevabile nel
caso stesso, è la
personalità del relatore, il quale è tra i pochi
professionisti delle discipline
mediche che pervennero a liberare la propria mente dalle
strettoie dei
preconcetti di scuola, riconoscendo il grande valore
teorico, nel senso
filosofico, delle “apparizioni dei defunti al letto di
morte”; manifestazioni che
per la grandissima maggioranza dei suoi colleghi non sono
altro che
“allucinazioni patologiche” determinate dalle condizioni preagoniche.
Niun
dubbio che se costoro si fossero comportati come il
relatore, e avessero preso
nota sistematicamente di tutti gli episodi del genere
occorsi nella loro pratica
professionale, col proposito di applicare ai medesimi i
processi scientifici
dell’analisi comparata e della convergenza delle
prove, avrebbero con
ciò fatto capo alle medesime conclusioni a cui giunse il
relatore; vale a dire
che lungi dal trattarsi sempre di allucinazioni
patologiche, ci si trova quasi
sempre in
presenza di manifestazioni autentiche di defunti, con le
conseguenze teoriche che ne derivano. E si sarebbero
persuasi come ciò
emerga soprattutto da certi casi in cui non solo i
fantasmi visualizzati dai
defunti sono percepiti collettivamente dai presenti, ma
qualche volta sono i
presenti che li percepiscono prima del morente; come pure,
se ne sarebbero
persuasi in base ad altre circostanze di fatto svariate
concomitanti con le
manifestazioni dei defunti, come i lettori potranno
rilevare dalle altre
categorie di apparizioni analoghe che mi dispongo a
riferire. Si aggiunga
infine che il complesso delle considerazioni esposte
conduce a inferirne
logicamente come, in linea di massima, debbasi accordare
la medesima
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
35
interpretazione anche alla grande maggioranza dei casi
contemplati in questa
prima categoria, e ciò tanto più nelle circostanze del
caso in esame, nonché di
taluni che precedono e di altri che seguiranno, in cui si
tratta di morenti
irriducibilmente convinti dell’annientamento finale,
dimodoché non
avrebbero potuto autosuggestionarsi fino ad allucinarsi in
senso contrario alle
proprie convinzioni.
CASO XXIV - Lo
ricavo dalla Revue Spirite (1935, pag. 374), e il relatore è
un altro dottore in medicina. Egli scrive:
«Il 15 ottobre 1933, verso mezzogiorno, io mi trovavo al
capezzale di un mio
cugino, di nome Eugène Hennet, dell’età di anni 68, il
quale attendeva la
morte da un momento all’altro. Soffriva da un anno per un
carcinoma
inoperabile all’esofago, e aveva dimostrato lungo il corso
di tutta la malattia
un ammirevole stoicismo, una rassegnazione esemplare.
Giammai un lamento
era uscito dalle sue labbra sempre sorridenti. Io lo
ammiravo per il suo
coraggio, il quale era pari all’angelica sua bontà che lo
rendeva simpatico e
caro a tutti coloro che l’avvicinavano.
«Mi parve un sacro dovere di recarmi ad assisterlo nella
imminente agonia, la
quale fu mite e di breve durata. Sebbene nulla più c’era
da fare dal punto di
vista professionale, io sentivo come una forza di
attrazione che mi vincolava a
quell’uomo integerrimo, a quel carattere forte, a
quell’anima bella. Egli era
giunto agli estremi dell’esaurimento vitale, e si spegneva
lentamente,
regolarmente. Le funzioni del pensiero erano già
totalmente assenti nel
moribondo, gli occhi vitrei non avevano espressione, la
respirazione
rallentava progressivamente il suo ritmo: 15 pulsazioni al
minuto, poi 14, 13,
12, 10. Era facile prevedere l’ora esatta in cui sarebbe
avvenuta la fine. E
quando giunse il momento fatale, io ebbi ad assistere al
prodigio di vedere il
morente, già rantolante per l’estremo anelito e
incosciente da parecchie ore,
alzarsi di scatto nel letto, e protendere le braccia
esclamando: - Papà Druon!
Fratello Léon! Voi qui! - Dopo di che, il suo corpo
ricadde pesantemente sul
letto, con la bocca spalancata: era morto.
La di lui moglie, impressionatissima per quella scena, si
rivolse a me
chiedendo: - Che cosa significa tutto questo? - Cara
cugina - le dissi - tutto ciò
significa che il padre e il fratello di tuo marito sono
venuti ad accoglierlo onde
facilitargli l’ingresso in ambiente spirituale, che è il
soggiorno normale di tutti
noi. Per me che comprendo, questa è la ricompensa dovuta a
chi aveva ben
meritato nella esistenza incarnata.
«Quella scena gloriosa al letto di morte, aveva fortemente
impressionato me
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
36
pure, e ringraziavo Iddio di avermi fatto assistere a un
evento spirituale di
tanta eloquenza dimostrativa. Quale lezione per me! Quale
prova mirabile
della sopravvivenza umana! Quale conforto supremo mi aveva
apportato
quello spettacolo! Nel mezzo di tante tristezze
dell’esistenza terrena finita,
l’anima mia si sentiva ravvivata da una speranza infinita».
(Firmato: Dottore F. Deregnaucourt)
Così termina la sua relazione un altro dottore in
medicina. La scena gloriosa
svoltasi dinanzi al suo sguardo attonito, era bastata per
renderlo senz’altro
convinto di aver assistito a una prova incrollabile della
sopravvivenza umana.
E non può non riconoscersi ch’egli aveva le sue buone
ragioni da far valere.
Anzitutto perché – come già dissi - altro è leggere le
relazioni di simili episodi,
ed altro, ben altro l’assistervi; vale a dire che chi vi
assiste ed ascolta
l’accentuazione eloquente delle esclamazioni dei morenti,
osservando la
mimica espressiva che ne accompagna le parole, risulta con
ciò l’unico giudice
competente in argomento; poi, perché anche nel caso
esposto deve osservarsi
che se l’infermo era già da qualche ora in condizioni
comatose, non è più il
caso di tirare in ballo l’ipotesi allucinatoria
consecutiva ad autosuggestione da
parte di un morente i cui centri corticali d’ideazione più
non funzionavano da
parecchio tempo.
CASO XXV - L’episodio
che segue merita di essere citato in quanto in esso si
contiene un particolare insolito nella classe dei fenomeni
qui considerati,
particolare che in apparenza contraddice una regola
fondamentale
caratteristica della classe stessa.
Desumo l’episodio dalla rivista Psychic News (1932,
N. 24, pag. 14).
Mrs. Kathleen L. March, riferisce:
Mio marito è un anglo-cattolico e, come tale, non vuol
saperne di pratiche
spiritiche, o di fenomeni supernormali in genere.
«Eppure sei anni or sono, quando io non lo conoscevo
ancora, eragli occorso
un evento che avrebbe dovuto predisporlo in senso
spiritico.
«Egli era caduto infermo di polmonite aggravata da
complicazioni che lo
ridussero in condizioni disperate. Gli furono amministrati
i Sacramenti, e i
parenti furono chiamati al suo capezzale (egli si
trovava in una “Casa di
cura”).
«D’improvviso, quando più non dava segni di vita, si
riscosse, e guardando a
sé da lato, scorse la madre sua - morta due anni prima -,
la quale curvandosi
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
37
su di lui, disse: - Coraggio John. Sta di buon animo! -
Detto ciò, disparve.
«Da quel momento le sue condizioni febbrili e la dispnea
si attenuarono come
per incanto, migliorò rapidamente, riprese le forze, e
dopo qualche giorno
tornò a casa guarito.
«Egli racconta a tutti la storia della sua prodigiosa
visione materna, foriera
della sua guarigione, ma non vuol saperne di considerarla
una manifestazione
spiritica come tante altre, e rimane più che mai contrario
alle pratiche di tal
natura.
«Quanto a me, ho intrapreso delle indagini per conto mio,
e sono pronta ad
accogliere qualunque logica versione dei fatti».
Questo l’episodio in merito al quale osservai che in esso
si conteneva un
particolare che aveva l’apparenza di una discrepanza dalle
regole
fondamentali con cui si estrinsecano i casi del genere; e
la discrepanza
consiste in ciò che feci osservare nell’introduzione al
presente lavoro; vale a
dire che nelle “apparizioni di defunti al letto di morte”
si riscontra un
particolare a tal segno immancabile, che trasse
l’esperienza popolare a
formulare una delle tante sue generalizzazioni
proverbiali, in conformità della
quale ogni donna del popolo vi dirà che quando un infermo
parla coi propri
morti, non vi è speranza di guarigione. Il che è a tal
segno conforme a verità
da doversi riconoscere che si tratta di una regola fondamentale
nei fenomeni
in esame.
Ma già si comprende che non esiste regola senza eccezioni,
per quanto, in
fondo, le eccezioni confermino la regola.
E infatti, nel caso in esame noi dovremmo inferirne che se
l’infermo versava
in condizioni disperate, segno ch’egli era pervenuto a uno
stato avanzato di
disincarnazione incipiente, in cui il “corpo eterico”
risulta già esulato dal
“corpo fisico”, per quanto rimanga ancora vincolato a
quest’ultimo pel tramite
del “cordone fluidico”, così come il corpo del neonato
rimane ancora vincolato
al corpo materno pel tramite del “cordone ombelicale”.
Ora, se tali erano le
sue condizioni, allora nell’infermo dovevano essere
entrati in funzione i sensi
spirituali, e in conseguenza, se la madre defunta era
accorsa al suo capezzale,
egli doveva scorgerla; il che lungi dal contraddire,
convalida il motto
proverbiale dell’esperienza popolare, visto che in tali
contingenze il ritorno
alla vita risulta un caso eccezionale.
Altrettanto dicasi per il caso analogo citato in precedenza
(caso XVIII) ,in cui
si trattava di un annegato miracolosamente richiamato alla
vita, il quale
raccontò di essersi trovato in compagnia della moglie e
del figlio defunti, in un
ambiente di luce radiosa. Vale a dire che anche in questa
circostanza il “corpo
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
38
eterico” dell’annegato doveva risultare esteriorato, salvo
sempre l’integrità del
“cordone fluidico” che lo vincolava al “corpo fisico”, in
assenza del quale non
avrebbe più potuto tornare alla vita. E pertanto, anche
questa volta, date le
condizioni di disincarnazione inoltrata in cui trovasi
l’infermo, le quali
spiegano le sue facoltà di veggenza, anche il suo ritorno
alla vita, lungi
dall’infirmare, conferma la regola di cui si tratta.
* * *
I casi che precedono rappresentano nella sua più semplice
espressione la
fenomenologia presa in esame.
Da questi si passa ad altri in cui si contiene un elemento
sensazionale di più,
costituito dal fatto che la percezione di un dato fantasma
di defunto non è che
una ripetizione o rievocazione di altra identica
apparizione occorsa in epoca
anteriore al medesimo percipiente, talora in un periodo
assai remoto della sua
vita. Si riscontra pure qualche volta che in siffatta
anteriore obbiettivazione il
fantasma apparso aveva annunciato al percipiente che gli
si sarebbe
manifestato ancora una volta: e in alcuni rari casi esso
aveva specificato
altresì che ciò sarebbe avvenuto nell’ora suprema della
morte.
In un altro caso qui riportato, il fantasma apparso al
letto di morte risulta
quello di una personalità medianica la quale, in epoca
antecedente, era solita
manifestarsi al percipiente per mezzo della scrittura
automatica.
Tenuto conto di circostanze siffatte, la spiegazione
autosuggestiva potrebbe
ancora farsi valere presupponendo una rievocazione
allucinatoria dell’evento
corrispondente occorso in tempi più o meno remoti al
medesimo percipiente,
salvo sempre circostanze speciali che conferiscano ai
fatti un significato
nettamente supernormale.
Le modalità con cui si estrinsecano i casi in esame si
dimostrano assai
multiformi; ma gli episodi che seguono basteranno a darne
un concetto
adeguato.
CASO XXVI - Lo
tolgo dal libro: A Memoir of Mario, dei signori Godfrey
Pearse e Frank Hird; e riguarda la morte della celebre
cantante Giulia Grisi.
«Nella primavera del 1869, Giulia Grisi ebbe una strana
visione: le apparve al
capezzale il fantasma della propria bimba Bella, morta a
Brighton nel 1861,
che le annunciò come ben presto si sarebbero riunite per
sempre. Il tenore
Mario nulla tralasciò allo scopo di sollevare l’animo
della Grisi dallo stato di
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
39
abbattimento in cui era caduta, ma ogni tentativo fu
inutile: essa mostravasi
convinta della realtà della visione avuta, e in
conseguenza altrettanto sicura
dell’imminente sua fine...
«La grande cantante Giulia Grisi moriva il giorno 3
novembre 1869. L’ultima
parola da lei pronunciata fu il nome della bimba defunta.
Erasi
improvvisamente alzata a sedere sul letto, aveva allargato
le braccia come per
ricevere una persona invisibile, aveva mormorato:
- Bella! - ed era ricaduta sui guanciali esalando l’ultimo
respiro». (Opera
citata, pag. 270).
Nella narrazione esposta non è chiaramente indicato se la
prima visione della
Grisi era occorsa nel sonno o se si trattava di
allucinazione allo stato di veglia;
dimodoché non è possibile avventurare considerazioni circa
l’ipotesi meglio
rispondente al caso; visto che soltanto nella circostanza
di una malattia
accidentale si sarebbe potuto legittimamente eliminare
l’ipotesi
autosuggestiva.
CASO XXVII - In
questo episodio è notevole la circostanza che la visione
apparsa al letto di morte, era occorsa altre volte alla
medesima persona quale
simbolo premonitorio della morte di terzi a lei vincolati
affettivamente;
dimodoché nelle apparizioni stesse vi sarebbe un elemento
veridico
inconciliabile con le ipotesi allucinatoria, suggestiva e
telepatica.
Lo tolgo dal Journal of the American S. P. R. (1918,
pag. 617). Mrs. M.
Street scrive in questi termini al professor Hyslop:
«Mia madre era solita dire che nell’imminenza della morte
di qualche suo
stretto parente od amico, le appariva immancabilmente la
propria madre in
atto di guardarla con insistenza.
«La prima volta che venni a cognizione di tali visioni
della mamma, io avevo
dodici anni. Giaceva inferma la più intima amica di lei, e
in quella sera, come
al solito, la mamma era tornata dalla casa dell’amica, e
si era posta a letto a
me daccanto. Quando al mattino mi svegliai, la vidi seduta
sulla sponda del
letto in attitudine di concentramento doloroso. Le chiesi
che cosa avesse, ed
ella rispose: - Temo che l’amica F. sia morta. - Domandai
perché lo temeva, ed
essa spiegò: - In questo momento mi apparve la mamma. - E
aggiunse che la
nonna immancabilmente le appariva nell’imminenza della
morte di qualche
persona a lei cara. Indi ripeté: - Quando stamane apersi
gli occhi, vidi la
mamma ai piedi del letto, che mi guardava con insistenza.
- Un’ora dopo
giunse mia zia dalla casa dell’inferma, annunciandone la
morte occorsa per
tempo in quel mattino.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
40
«Io non ricordo distintamente altri esempi di siffatte
visioni della mamma,
fino al mattino della di lei morte, avvenuta quindici anni
dopo. Erasi
ammalata di polmonite, ma il dottore l’aveva trovata molto
migliorata, ed io
mi sentivo tranquilla. In quella notte mi trovavo sola a
vegliarla, e verso le
quattro del mattino mi avvicinai per somministrarle una
medicina. Essa parve
svegliarsi da un sonno leggero, mi guardò con intensità di
affetto, e disse: - Mi
apparve la mamma. - Il significato di tali parole mi
balenò subito in mente.
Somministrai tremante la medicina, e corsi a svegliare il
babbo affinché
andasse per il dottore. E prima che questi arrivasse, essa
era passata in
condizioni comatose, e poche ore dopo si spegneva. Le
parole riferite furono
le ultime che mi rivolse, e le aveva pronunciate con voce
chiara e ferma. Essa
morì per debolezza di cuore, conseguenza della polmonite.
Mia nonna era
morta un mese prima ch’io venissi alla luce».
CASO XXVIII - Il caso
seguente, rigorosamente documentato, venne
comunicato da Alessandro Aksakof alla direzione delle Annales
des
Sciences Psychiques (1894,
pagg. 257-267). Data la sua lunghezza mi sarà
forza limitare le citazioni ai pochi brani indispensabili
alla comprensione del
soggetto.
«Mia sorella Caterina è morta lasciando una bimba della
età di anni tre, ch’io
mi assunsi di educare. Durante il periodo di età che va
dagli otto ai nove anni
la piccola Giulia, la quale non ricordava quasi la mamma,
cominciò
improvvisamente a parlare di lei, dicendo che ella
desiderava rivederla,
poiché già l’aveva vista in sogno. Un giorno in cui noi
tutti eravamo radunati
nella sala, la piccina esclamò: - Ecco la mamma che viene!
- Così dicendo, si
mosse come per andarle incontro, e la udimmo rivolgere la
parola a un
alcunché d’invisibile. Dopo tal giorno, le visioni della
bimba si fecero assai
frequenti. Tentai dapprima di persuaderla che quelle non
erano altro che pure
fantasie, e che l a mamma non poteva venire; ma
allorquando la intesi parlare
di avvenimenti passati occorsi prima della sua nascita e a
lei totalmente
sconosciuti, e che la udii trasmetterci, da parte della
madre sua, dei consigli
profondi e molto seri, consigli che alla sua età non era
certo in grado di
comprendere... fu giocoforza credere alla realtà di
siffatte apparizioni... -
(Testimonianza di Mad. Dimitrief).
«L’apparizione della di lei mamma s’iniziava costantemente
così: la piccina
correva incontro a qualcheduno, dal quale pareva ricevesse
un bacio sulla
fronte; dopo di che Giulia andava a sedere sopra una
scranna particolare del
salotto, - presso alla quale - essa asseriva, - la mamma
ama sempre prendere
posto. - Indi Giulia cominciava a parlare in nome di sua
madre, iniziando
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
41
sempre il discorso così: - Di’ a tua zia ecc. - Un giorno,
ad esempio, ella
informò: - Mamma dice: Di’ a tua zia che io avrei potuto
rendermi visibile
anche a lei, ma tale vista provocherebbe in lei una scossa
nervosa tanto forte
che ne cadrebbe ammalata... I bambini invece hanno meno
paura di noi; ecco
perché io ti parlo per suo mezzo. - (Testimonianza di
Maria Sabourof).
«L’ultima volta ch’ella apparve a Giulia, annunciò che
avrebbe cessato di
manifestarsi poiché Giulia non ne aveva più bisogno, ma
che un giorno, in
una circostanza molto seria della sua vita, ella sarebbe
ancora tornata...
«All’età di ventun anni Giulia andò sposa a un bravo e
onesto uomo di mare -
il signor M. Debrovolsky -, che la rese felice. Dieci anni
or sono, nella
circostanza del matrimonio della propria figlia, Giulia si
raffreddò, e divenne,
come sua madre, vittima della tubercolosi. Ella morì a 41
anni in Crimea, dove
l’avevano condotta nella speranza di guarirla.
«Morì pienamente cosciente, come avviene alla maggior
parte degli etici.
All’ultimo istante, ella si voltò improvvisamente
dall’altra parte, il suo volto
assunse una espressione di stupore misto a tristezza,
forse anche a timore, e,
come se s’indirizzasse a qualcuno, esclamò: - E’ egli dunque
possibile? -
Furono queste le sue ultime parole, ed esse fanno
presumere che in quel
momento solenne della sua vita - come aveva preannunciato il fantasma
della madre sua - quest’ultima le fosse apparsa al letto
di morte. -
(Testimonianza di Natalia R.)».
Niun dubbio che nell’episodio esposto si riscontrano
modalità di
estrinsecazione che suggeriscono in guisa irresistibile
l’interpretazione
spiritica dei fatti; specialmente la circostanza della
bimba che nelle apparenti
conversazioni con la mamma defunta, si dimostra a
cognizione di eventi
occorsi prima della sua nascita, e indubbiamente
ignorati da lei, mentre
la mamma defunta imparte per suo mezzo consigli pratici profondi
e molto
seri alla sorella
vivente, consigli che «una bimba di otto anni non era in
grado di comprendere». Senonché è deplorevole che le tre
relatrici non
abbiano pensato a specificare i fatti, anziché limitarsi a
un accenno troppo
generico in proposito.
Comunque giova rilevare ancora che in occasione della
preannunciata ultima
apparizione alla sua bimbetta, la mamma anziché
dichiararle spietatamente
che le si sarebbe manifestata ancora una volta al suo
letto di morte, le
preannunciò prudentemente che lo avrebbe fatto in una
circostanza
molto seria della sua vita, allusione quest’ultima che se doveva in seguito
risultar chiara per chiunque ad evento compiuto, si
prestava invece ad
essere beneficamente fraintesa in multipli modi dalla
percipiente, come lo fu.
Ora, dal nostro punto di vista, tale circostanza vale ad
eliminare l’unica ipotesi
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
42
contraria all’interpretazione spiritualista dei fatti,
vale a dire l’ipotesi di
un’allucinazione consecutiva ad autosuggestione.
CASO XXIX - Tolgo
quest’altro esempio dal notissimo libro di Mrs.
D’Esperance: Shadow Land (pagg. 140-143), ed
è il caso cui poc’anzi
accennai, nel quale il fantasma apparso al letto di morte
del percipiente, fu
quello di una personalità medianica solita anteriormente a
manifestarglisi per
mezzo della scrittura automatica. Mrs. D’Esperance scrive:
«Poco dopo il nostro gruppo d’invisibili amici si accrebbe
di una piccola
bimba la quale scriveva in un cattivo inglese cosparso di
vocaboli spagnuoli.
La sua ortografia era puramente fonetica, ed il modo con
cui si esprimeva
caratterizzava indubbiamente una vivace quanto capricciosa
bimba, dell’età
dai sette agli otto anni. Ella disse di essere morta
abbruciata insieme a una
sorella maggiore, durante l’incendio di una chiesa in
Santiago...
«Prese subito grande simpatia per uno dei componenti il
nostro circolo,
ch’essa chiamava Giorgio, e che aveva senz’altro
dichiarato amare sopra tutti.
Da quel momento parve esclusivamente dedicare le sue
attenzioni all’amico
prediletto. Se Giorgio per una ragione qualsiasi, non
poteva intervenire alle
sedute, la piccola Ninia non si manifestava, o se lo
faceva se ne mostrava
oltremodo sconsolata...
«Oh!, la piccola amica fedele! Alcuni anni dopo, Mrs. F.
ed io percorrevamo
oltre a mille miglia onde assistere agli ultimi istanti di
Giorgio. Avevo finito di
scrivere sotto la di lui dettatura una lettera dolorosa, e
gliel’avevo riletta. - Va
bene - egli disse - e ve ne rendo grazie. Vorrei ora
provarmi a sottoscriverla. -
Ciò detto, egli si volta, guarda, ed esclama: - Oh! Come
mai? Tu, Ninia? Oh,
cara, la mia piccola Ninia! Come sei buona! - Lo guardai
sorpresa, trepidante;
il suo volto appariva raggiante e ravvivato da un riflesso
vermiglio. - Cara, la
mia piccola Ninia - egli ripeté con trasporto d’amore -
non andartene più... - e
guardava con occhi bramosi. Avvertendo che noi lo andavamo
sorvegliando
inquieti, disse: - Che piccola bimba carina! Ora mi sento
un po’ stanco;
procurerò di dormire. - Chiuse gli occhi e si assopì,
conservando sul volto una
espressione di lieto appagamento e di riposo come mai egli
aveva dimostrato.
Dubitavamo si trattasse dell’ultimo sonno; ma poco dopo si
risvegliò, e prese
a guardare ansiosamente attorno; indi il suo sguardo si
portò in quel punto
dov’egli aveva scorto poco prima la piccola amica: sorrise
bentosto, facendo
un cenno di saluto e di soddisfazione.
«Durante le poche ore di vita che gli avanzavano, egli
alluse ripetute volte alla
piccola “Ninia”. - Essa finirà per annoiarsi della lunga
attesa - mormorò una
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
43
volta.
«Le sue facoltà mentali mai vacillarono un sol momento;
ebbe sempre piena
conoscenza del gran passo cui si andava approssimando, e
la presenza della
piccola “Ninia” sembrava ispirargli il coraggio necessario
per affrontarlo.
Parlò con noi fino all’ultimo, mantenendosi sempre
tranquillo e sereno, e le
ultime sue parole furono: - Cara la mia piccola Ninia! Oh,
la mia piccola
amica!».
Questo l’episodio gentile e suggestivo narrato da Mrs.
D’Esperance, il quale,
nondimeno, nulla presenta che possa farsi valere quale prova
diretta o
indiretta in favore dell’interpretazione spiritualista dei
fatti.
Ma le cose cambiano qualora ci si proponga di non
considerarlo allo stato
isolato, bensì in unione al complesso dei casi probanti,
in senso spiritualista,
contenuti nella presente classificazione, nonché tenendo
conto che con la
medesima famosa medium si estrinsecarono altri casi
d’identificazione
spiritica che segnarono una data nella storia del
medianismo. Basti, per ora,
ricordare che la D’Esperance fu la medium con la quale si
materializzava e si
smaterializzava in luce, fuori del gabinetto, in presenza
di una trentina di
sperimentatori, la forma celestiale di “Nepenthes”, sé
affermante vissuta ai
tempi eroici dell’antica Grecia, la quale per invito di
uno sperimentatore,
scrisse sul di lui taccuino una celebre frase a lui
rivolta, e lo fece in greco
antico, lingua ignorata da tutti i presenti.
CASO XXX - L’episodio
che sto per riferire appartiene a una categoria di casi
assai rari, i quali diversificano lievemente dagli altri
pel fatto che la
percezione di un dato fantasma di defunto, anziché
all’istante preagonico,
accade parecchie ore, od anche un giorno prima della morte
del percipiente;
ed anziché a persona gravemente inferma, occorre a chi si
trova, al momento,
in apparente stato normale di salute; con questo però di
rimarchevole, che
tutto ciò avviene in conseguenza e in adempimento di una
promessa fatta da
quel fantasma medesimo al percipiente in occasione di una
antecedente
apparizione. Date circostanze siffatte si comprende come
anche per questi
episodi non sia possibile eliminare la ipotesi
dell’autosuggestione presumibile
quale spiegazione del realizzarsi della morte al momento
vaticinato.
Deduco il caso dai Proceedings of the S. P. R. (vol.
VIII, pag. 376). Il
signor Thomas James Norris narra quanto segue:
«Sessant’anni or sono, la signora Carleton venne a morire
nella Contea di
Leitrim. Essa e mia madre erano intime amiche. Qualche
giorno dopo la sua
morte, ella apparve in sogno a mia madre, e le disse: - Tu
non mi rivedrai più,
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
44
neppure in sogno, fatta eccezione per una sola volta, la
quale si realizzerà
ventiquattr’ore prima della tua morte.
«Nel marzo del 1864, mia madre viveva a Dalkey con mia
figlia e mio genero:
il dottore Lyon. La sera del 2 marzo, al momento di
ritirarsi nella propria
camera, essa si mostrava di buonissimo umore, e rideva e
scherzava con Mrs.
Lyon. Nella notte medesima, o piuttosto verso il mattino,
il dottor Lyon intese
rumore nella di lei camera. Risvegliò subito la moglie, e
mandò a vedere ciò
che occorreva. Essa trovò mia madre per metà fuori del
letto, il volto
atteggiato ad espressione di grande terrore. Attese a
rimetterla a letto,
rinfrancandola.
«Venuto il mattino, essa appariva pienamente rimessa: fece
la consueta
colazione restando a letto, e mangiò di buon appetito.
Allorché mia figlia stava
per lasciarla, essa pregò che le si apprestasse un bagno;
e non appena l’ebbe
fatto, mandò per mia figlia, alla quale disse: - L’amica
mia, signora Carleton, è
finalmente venuta dopo 56 anni. Essa mi disse che la mia
fine è imminente, e
che morrò domani mattina all’ora in cui tu mi hai trovato
stamane a metà
fuori del letto. Ho preso un bagno affinché voi non
abbiate a detergere il mio
corpo.
«A partire da quel momento essa cominciò a declinare
rapidamente, e si
spense il giorno 4 di marzo, all’ora preannunciata».
(Firmato: M. Thomas James Norris. Il dottore Richard Lyon
conferma quanto sopra)
CASO XXXI - Venne
raccolto dal Myers, e per quanto sostanzialmente
diverso dai precedenti, presenta con l’ultimo di essi
l’analogia di un
preannuncio di morte pel tramite di un’apparizione di
defunto.
«... Mr. Lloyd Ellis presentava già sintomi d’infermità
polmonare all’epoca
della morte del proprio padre; non già però a tal segno da
far prevedere
prossima una soluzione fatale. Comunque, la sua salute
cominciò a declinare
verso la fine dell’anno, e nel mese di gennaio 1870, egli
si trovava in fin di
vita.
«Una notte, dopo essere giaciuto qualche tempo in uno
stato apparente di
dormiveglia (era un lunedì, a quanto ricordo), egli
si riscosse, e
improvvisamente chiese alla propria madre: - Dov’è andato
il babbo? - Essa
piangendo rispose: - Figlio mio, tu ben sai che il babbo
non è più; ch’egli è
morto da oltre un anno. - Davvero? - egli mormorò - eppure
si trovava qui con
me ora fa un istante, ed è venuto per darmi appuntamento alle
ore 3 di
mercoledì venturo.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
45
«E alle ore 3 del mattino del venturo mercoledì, il povero
Lloyd Ellis esalava
l’ultimo respiro». (Journal of the S. P. R.,
vol. III, pag. 359).
CASO XXXII - Termino
questa prima categoria di casi con la citazione di tre
episodi i quali, per le caratteristiche specialissime che
presentano, altamente
suggestive nel senso spiritualista, appariscono meritevoli
di essere considerati
a parte.
Questo primo episodio venne pubblicato dalla rivista Psychic
News (1935,
N. 171, pag. 2); ed
anche questa volta il relatore è un dottore in medicina. Egli
scrive:
«Molti anni or sono, io ero lo “studente anziano” delegato
come assistente
nelle corsie di un grande ospedale. Una parte delle mie
attribuzioni consisteva
nel prendere nota delle variazioni febbrili e delle
alterne vicende per cui
passavano taluni infermi speciali; e ciò per alleviare il
compito dei dottori
curanti e delle infermiere.
«Un giorno di primavera venne accolta nelle corsie una
graziosa bimbetta
afflitta da un male incurabile della colonna vertebrale.
Era una bimbetta
votata a lenta estinzione.
«Fortunatamente le sofferenze della piccola Winnie non
erano accentuate, ma
era obbligata a giacere giorno e notte in un lettuccio
speciale, in posizione
incurvata ed incomoda.
«Non passò gran tempo che la piccola inferma divenne una
personcina
interessante ed amata da tutto il personale dell’ospedale,
a cominciare dal
direttore per finire al più giovane degli studenti; e ciò
per l’angelica sua bontà,
per la sua pazienza rassegnata, e per la gratitudine
commovente da lei
dimostrata per tutti coloro che si interessavano a lei.
«Una curiosa circostanza del suo male consisteva in ciò,
che malgrado il lento
ma inesorabile logorio dei tessuti del suo corpicino, il
di lei faccino avvenente
rimaneva sempre rubicondo e paffutello; ed era invero un
faccino grazioso,
che attraeva gli sguardi.
«A misura che passavano le settimane, la mobilità delle
braccine e degli arti
inferiori era divenuta praticamente nulla, per cui si
doveva imboccarla come
si fa coi bimbi di un anno. Questa circostanza di fatto è
importante in vista di
quanto avvenne.
«Noi studenti eravamo un’accolta di praticoni senza nulla
di spirituale nelle
nostre mansioni ospedaliere: i malati, anche se
pietosamente tali, erano “casi
da studiare” e nulla più. Ma per la piccola Winnie le cose
andavano ben
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
46
diversamente. Si rimaneva ammutoliti in di lei presenza, e
ciò per un senso
indefinibile di rispetto quasi mistico che cagionava in
noi quel visino angelico,
dall’espressione certamente più spirituale che terrena.
«Passarono altre e poi altre settimane; i pazienti
andavano via, ed altri
prendevano i loro posti, ma la povera bimbetta Winnie era
sempre con noi. I
suoi genitori erano persone benestanti, i quali
apprezzavano grandemente le
attenzioni da noi tutti prodigate alla loro bimba, la quale
non avrebbe potuto
essere così diligentemente assistita in una casa privata.
Ed essi avevano
provvisto affinché fosse trasportata in una cameretta
riservata a lei sola,
pagandone l’affitto.
«Un mattino, allorché stavo prendendo note intorno alle
variazioni febbrili di
un nuovo arrivato, mi si avvicinò l’infermiera di Winnie,
dicendomi: - Venite
a vedere la bimba, poiché mi pare sia il caso di avvertire
i genitori che le cose
si mettono male.
«Entrai nella cameretta, e la trovai che con un filo di
voce rispondeva alle
domande di un chirurgo dell’ospedale. Appena mi scorse
sulla soglia, mi
salutò da lontano col suo sorriso angelico.
«Non eravi bisogno di essere esperti nel diagnosticare a
colpo di occhio i
malati, per avvedersi che la falce della morte sovrastava
a quel lettuccio di
bimba.
«Dopo brevi momenti il respiro ed il polso di lei
cominciarono a rallentare
rapidamente, e per due volte giudicammo che fosse finito;
ma così non era: la
piccola agonizzante dimostrava una meravigliosa resistenza
nella lotta con la
morte.
«Ed è a questo punto che avvenne il miracolo.
«Winnie da parecchie settimane giaceva supina nel
lettuccio, incapace di
muovere mani e piedi irrigiditi dalla paralisi, allorché
la vedemmo riaprire gli
occhi, spalancadoli smisuratamente, e figgendo lo sguardo
in un angolo del
soffitto.
«Noi tutti, inconsciamente, fummo tratti a guardare in
quel punto che tanto
affascinava la morente, ma nulla scorgemmo.
«Ed ecco la bimbetta, con gli arti paralizzati, protendere
in alto le braccine in
linea retta con le spalle, mentre le dita delle sue manine
s’incurvavano, come
se avesse afferrato altre due mani venute a sollevarla
dalla posizione supina in
cui giaceva. E infatti la vediamo sollevata lentamente,
gradualmente, fino a
farle assumere la posizione di seduta; e allora, con lo
sguardo radiante di
esultanza sempre rivolto all’angolo misterioso, essa grida
con timbro vocale
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
47
letteralmente normale: - Oh! Ganma! Mia cara Ganma! Sì,
sì, vengo!
«Detto ciò, lungi dall’abbandonarsi pesantemente sul
lettuccio, vi ridiscende
lentamente, cautamente, così come era avvenuto
nell’alzarsi a sedere. Il
fenomeno erasi svolto in guisa da produrre in noi tutti
l’impressione che la
bimba fosse stata alzata e poi deposta nel letto con
l’aiuto di un’entità
invisibile.
«Venimmo in seguito a sapere dai genitori che “Ganma” era
la nonna della
bimbetta Winnie, ch’essa era morta da circa un anno, e che
la nonna e la
nipotina si erano amate reciprocamente in terra con
trasporto affettivo
commovente.
«Concludendo: appare certo, per non dire ovvio, che i
muscoli paralizzati
della bimbetta morente non avrebbero potuto compiere il
gesto stupefacente
a cui avevamo assistito, gesto che per noi studenti in
medicina appare in
verità un miracolo».
(Firmato: dottore J. San)
Che pensarne di questo commovente episodio, di cui è
relatore e testimone un
dottore in medicina? E’ vero che trattasi ancora di un
caso di “apparizione di
defunti al letto di morte” il quale è percepito unicamente
dal morente; ma, in
compenso, questa volta si accompagnano all’episodio altre
circostanze di fatto
le quali suggeriscono palesemente l’interpretazione
spiritica.
E la suggerisce soprattutto la mimica con cui si svolse
l’incidente della bimba
paralizzata la quale protese in alto le braccia,
comportandosi alla guisa di chi
porge le mani a un’altra persona per farsi aiutare a
sollevarsi in posizione di
seduta, gesto seguito dall’altro complementare della bimba
che viene
riadagiata cautamente nel lettuccio, così come se le mani
medesime che
l’avevano aiutata ad alzarsi, si fossero adoperate a
deporla con le dovute
precauzioni nel letto.
Qualcuno potrebbe obbiettare che due mani invisibili -
quindi fluidiche - non
avrebbero potuto sollevare un corpo fisico; ma tale
obbiezione non regge in
presenza di analoghi fenomeni della casistica medianica ad
effetti fisici, pei
quali si assiste a mani fluidiche invisibili - ma
fotografabili e fotografate - le
quali producono gesti di forza di gran lunga superiori.
Così, ad esempio, con
la medianità di Eusapia Paladino, lo scrivente insieme al
prof. Morselli, al
prof. Porro e al dottor Venzano, ebbe ad assistere
ripetutamente al fenomeno
della medium sollevata, insieme alla sedia, da due mani
invisibili, e deposta
sul tavolo delle esperienze; tutto ciò in ambiente
sufficientemente rischiarato
da una lampadina rossa.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
48
Del resto, potrebbe inferirsene altresì che nel caso qui
considerato, i muscoli
paralizzati della bimbetta morente fossero stati direttamente
vitalizzati da una
corrente di energia supernaturale trasmessa alla bimba dal
contatto con le
mani fluidiche intervenute in suo aiuto.
Da un altro punto di vista, osservo che appare
inverosimile che una bimbetta
decenne abbia potuto autosuggestionarsi fino ad
allucinarsi nel periodo
comatoso preagonico, in cui le funzioni del pensiero
risultano già totalmente
soppresse; allucinazione che per giunta avrebbe provocato
il di lei risveglio
dal coma (il che è letteralmente assurdo ed
impossibile), nonché determinato
la reintegrazione vitale dei propri muscoli paralizzati (altra
impossibilità
fisiologica).
E’ logico tutto ciò? E tale artificiosa interpretazione
dell’evento sarebbe forse
più scientifica che non sia quella del darsi ragione in
presenza d’insigni
uomini di scienza, com’è il caso dell’episodio
personalmente osservato da chi
scrive? Non credo che possano darsi titubanze nella scelta
da farsi tra le due
soluzioni del quesito.
CASO XXXIII - Lo
desumo dal Journal of the American S. P. R. (1928,
pagg. 375-391) ed è un
episodio commovente di una fanciulla inferma che nei
tre ultimi giorni di vita scorge e conversa col fratellino
defunto, e con altre
entità spirituali, mentre le si presentano fugaci visioni
dell’Al di là. Senonché
l’esposizione del caso occupa diciassette pagine della
rivista, per cui dovrò
limitarmi a poche essenziali citazioni.
Il padre della fanciulla era il Rev. David Anderson
Dryden, missionario della
chiesa Metodista; e fu la di lui moglie che raccolse
quanto la figlia ebbe a
profferire negli ultimi giorni di vita. Alla morte della
moglie, si pubblicarono
in opuscolo le note di lei, nell’intento di apportare
conforto a qualche anima
dubitosa e dolorante.
La bimba si chiamava Daisy. Era nata in Marysville (California),
il 9
settembre 1854, ed era morta a San José di California il
giorno 8 ottobre 1864.
Aveva pertanto dieci anni compiuti.
Il rev. F. L. Higgings, nell’introduzione all’opuscolo in
questione osserva:
«Ciò che è notevolissimo nel caso di Daisy è l’insolita
durata, e in conseguenza
l’inusitata chiarezza delle sue visioni e rivelazioni.
Essa ebbe tempo di
famigliarizzarsi con le meraviglie che vedeva e che
sentiva.
«Ammalatasi di febbre tifoidea, ebbe il presentimento
della sua fine,
malgrado i buoni pronostici dei medici.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
49
«Tre giorni prima di morire divenne chiaroveggente, e i
familiari lo rilevarono
per la prima volta in seguito a una citazione della Bibbia
fatta dal babbo;
citazione che provocò nell’inferma la osservazione che
“sperava di tornare
qualche volta a confortarli”. Dopo di che, aveva aggiunto:
- Chiederò ad Allie
se la cosa è possibile. - Allie era un di lei fratellino
morto sette mesi prima di
febbre scarlattina. Dopo breve tempo, essa aveva aggiunto:
- Allie dice che la
cosa è possibile, e che potrò tornare qualche volta, ma
voi non saprete che
sono presente; sebbene io sarò in grado di conversare col
vostro pensiero.
«Stralcio questi brani dai ricordi della mamma:
«Due giorni prima che Daisy ci lasciasse, venne il
direttore della scuola a
trovarla. Essa gli parlò liberamente della sua prossima
dipartita, e mandò un
estremo vale alle compagne. Prima di andarsene egli
rivolse all’inferma una
frase biblica piuttosto oscura: - Mia buona Daisy - egli
disse - tu sei prossima
a guardare il gran fiume tenebroso. - Quando fu partito,
essa chiese al babbo
che cosa egli avesse inteso dire con l’appellativo: “il
fiume tenebroso”. Il
babbo cercò di spiegare il concetto; ma essa replicò: - E’
un errore grossolano;
non vi è neanche una linea di distinzione tra questa e
l’altra vita. - Ed essa
protese la manina fuori delle coperte, e con un cenno
appropriato, disse: - l’Al
di là, è l’Al di qua; io so bene che è così, poiché vedo
voi simultaneamente agli
spiriti. - Noi chiedemmo che ci ragguagliasse sull’Al di
là; al che osservò: - Io
non posso descrivervelo, perché è troppo differente dal
nostro mondo, e non
riuscirei a farmi comprendere...
«Mentre le sedevo accanato, la sua mano strinse la mia; e
guardandomi negli
occhi, disse: - Cara mamma, io vorrei che tu potessi
vedere Allie, che si trova a
te daccanto. - Involontariamente ,mi guardai attorno; ma
Daisy così continuò:
- Egli dice che non lo puoi vedere perché i tuoi occhi
spirituali sono chiusi; e
che io lo posso, perché il mio spirito è ora vincolato al
corpo da un filo
debolissimo di vita. - Allora chiesi: - Egli te lo disse
in questo momento? - Sì,
proprio ora. - Al che osservai: - Daisy, come fai dunque a
conversare con
Allie? Io non vi sento discorrere, e tu non muovi le labbra.
- Essa sorrise, e
soggiunse: - Noi conversiamo col pensiero. - Chiesi
ancora: - In qual forma ti
apparisce Allie? Lo vedi vestito? - Ed essa: - Oh, no;
egli non è precisamente
vestito come siamo noi. Sembra che abbia il corpo avvolto
in un alcunché di
bianchissimo, che è meraviglioso. Se tu vedessi com’è
fine, leggero,
risplendente quel manto! E come è candido! Eppure non si
scorgono pieghe, e
non vi sono segni di cucito; indizio che non è un vestito.
Comunque, egli si
attagliava così bene! - Suo padre trasse dai Salmi il
versetto: - Egli è vestito di
luce. - Oh sì; proprio così! - ella rispose.
«Essa amava molto che la sorella Lulu cantasse per lei,
soprattutto dal libro
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
50
degli Inni religiosi. A un dato momento in cui Lulu
cantava un inno in cui si
parlava di angeli alati, Daisy esclamò: - Oh, Lulu, non è
strana la cosa? Noi
pensammo sempre che gli angeli avessero le ali; ma è un
errore: essi non ne
portano affatto. – Lulu osservò: - Ma bisogna che le
abbiano per volare nei
cicli. - Daisy soggiunse: - Essi non volano: si
trasportano. Vedi, quando penso
ad Allie, egli sente, ed è qui subito.
«Un’altra volta chiesi: - Come fai a vedere gli angeli? -
Rispose: - Io non li
vedo sempre; ma quando li vedo, sembra che i muri della
camera spariscano,
e la mia visione arriva a una distanza infinita, e gli
spiriti che scorgo non si
potrebbero contare. Alcuni si appressano a me, e sono
quelli ch’io conobbi in
vita; gli altri non li vidi mai.
«Il mattino del giorno in cui venne a morire, essa mi
chiese di porgerle uno
specchio. Io esitavo, per tema che rimanesse impressionata
alla vista del
proprio volto così smunto; ma suo padre osservò: - Lascia
che contempli il
suo povero visino, se così le piace. - Le diedi lo
specchio, ed essa guardò
lungamente la propria immagine con espressione calma, ma
triste. Poi disse: -
Il mio corpo è ormai logoro; somiglia al vecchio vestito
della mamma appeso
nel gabinetto. Essa non lo porta più, ed io smetterò ben
presto di portare il
mio. Ma io possiedo un corpo spirituale che prenderà il
suo posto. Anzi lo
indosso già; ed è con gli occhi spirituali che vedo il
mondo spirituale; sebbene
il mio corpo terreno sia vincolato ancora allo spirito.
Voi deporrete il mio
corpo nella tomba perché io non ne avrò più bisogno. Era
fatto per la vita
terrena: essa è finita, ed è quindi naturale che venga
messo da parte. Ma io
rivestirò un altro corpo assai più bello, e simile a
quello di Allie. Mamma non
piangere. S’io me ne vado così presto è per il mio bene. Se
fossi cresciuta negli
anni sarei forse divenuta una donna cattiva, come avviene
di molte. Dio solo
sa quel che meglio conviene alla nostra ascensione
spirituale... - Quindi
domandò: - Mamma, aprimi la finestra, ch’io desidero
contemplare per
l’ultima volta il mio bel mondo. Prima che sorga l’alba di
domani io non sarò
più. - Io compiacqui al suo desiderio, ed essa
rivolgendosi al babbo, disse: -
Papà, alzami un pochino. - Allora, sostenuta dal babbo,
guardò attraverso la
finestra spalancata, esclamando: - Addio, mio bel cielo!
Addio, alberi miei!
Addio, fiori! Addio, roselline belle! Addio, roselline
rosse! Addio, addio bel
mondo! - Quindi ristette in silenzio un istante; poi
soggiunse: - Come l’amo
ancora! Eppure non desidero rimanere.
«Quella sera stessa, alle ore otto e mezzo, essa guardò
l’orologio e disse: -
Sono le otto e mezzo. Quando scoccheranno le undici e
mezzo, Allie verrà a
prendermi. - Essa reclinò il capo sull’omero del babbo,
dicendo: - Papà,
desidero morire così. Quando l’ora sarà venuta, te ne
avvertirò.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
51
«... Alle undici e un quarto, essa disse: - Papà, alzami;
Allie è venuto a
prendermi. - Quando ebbe riassunta la posizione
desiderata, chiese che si
cantasse. Qualcuno disse: - Andiamo a chiamare Lulu - ma
Daisy osservò: -
No, non la disturbare: essa dorme. - E allora, proprio al
momento in cui le
sfere dell’orologio segnavano le undici e mezzo - l’ora
preannunciata per la
sua dipartita - essa protese in alto le braccia, dicendo:
- Vengo, Allie! - e più
non respirò.
«Il babbo ricompose nel suo letto quel corpicino esanime,
dicendo: - La cara
nostra bimba è partita; ora non soffre più. - Nella camera
regnava un silenzio
solenne, ma non si piangeva. Perché piangere? Noi dovevamo
invece
ringraziare il Sommo Padre per gli ammaestramenti che pel
tramite di una
bimba ci aveva impartiti in quei tre giorni sacri alla
gloria dei cieli. E mentre
si stava contemplando il volto della nostra morticina, si
sentiva che la camera
era affollata di angeli venuti a confortarci, ed una pace
dolcissima scendeva
nei nostri spiriti, come se gli angeli ci ripetessero: -
Essa non è qui: è risorta».
(Il professore Hyslop entrò in rapporto epistolare con la
sorella della
veggente, signora Lulu Ddyden, la quale confermò la verità
scrupolosa dei
fatti esposti nel diario materno, e gli diede facoltà di
ripubblicarli nella sua
rivista).
Qui mi arresto con le citazioni, dolente di non poter
trascrivere la relazione
intera. In questo episodio, oltre il fatto dell’insolito
prolungarsi delle visioni
supernaturali con assenza completa di delirio fino
all’ultimo istante, va notato
l’altro fatto che le osservazioni della bimba veggente sul
mondo spirituale
concordano mirabilmente con la dottrina spiritica, e tutto
ciò pel tramite di
una bimba assolutamente ignara dell’esistenza della
dottrina stessa. Chi gliele
suggeriva? Non certo i parenti per trasmissione telepatica
del pensiero,
poiché ignoravano quanto la figlia le dottrine spiritiche
le quali, nell’anno
1864 erano appena in germe. Come dunque faceva a concepire
da sé tante
verità trascendentali diametralmente opposte a quelle
apprese con la
religione dei suoi padri? Come poteva spontaneamente
formulare concetti
profondi quali quelli impliciti nelle affermazioni che
“l’Al di là è l’Al di qua”?
Che non esistono linee di separazione tra il soggiorno
degli uomini e quello
degli spiriti? Che gli spiriti conversano tra di loro col
pensiero? Che
percepiscono telepaticamente il pensiero a loro rivolto
dai viventi e accorrono
istantaneamente senza limiti di distanza? Che gli spiriti
non volano, ma si
trasportano? Che i defunti tornano a rivedere i loro cari,
ma che la loro
presenza è per lo più ignorata, per quanto essi conversino
col loro pensiero (o
la loro subcoscienza)?
Che l’uomo possiede un “corpo spirituale” (o
perispirito)? Che il mondo spirituale è siffattamente diverso dal
nostro da
risultare impossibile descriverlo, perché non si
perverrebbe a farsi
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
52
comprendere? E quale profonda filosofia spiritualista
nelle parole: «S’io me
ne vado così presto è per il mio bene... Dio solo sa quel
che meglio conviene
alla nostra ascensione spirituale...». In queste semplici
due frasi si contiene
l’essenza di tutti gli ammaestramenti spiritici intorno
alle vicende
disparatissime delle vite individuali considerate in
rapporto all’eterna
giustizia e al mistero dell’Essere.
Conveniamone francamente: In tutto questo le ipotesi
allucinatoria,
autosuggestiva e telepatica non entrano affatto. Ne
consegue che le visioni
della bimba Daisy non possono dilucidarsi senonché
ammettendo che la
veggente formulasse le proprie osservazioni in base a dati
di fatto in qualche
guisa obbiettivi, e fornisse dilucidazioni a lei suggerite
da terzi, conforme a
quanto essa medesima affermava.
Al qual proposito appariscono curiosi gli sforzi di
dialettica del rev. Higgings
per distinguere i fenomeni occorsi al letto di morte della
bimba Daisy Dryden,
da quelli del moderno spiritismo, nell’intento di
dimostrare come i primi
soltanto risultino conformi ai dettami della Sacra Bibbia,
e che perciò essi soli
debbano considerarsi rivelazioni divine. Egli osserva:
«La bimba non era in alcun modo una medium spiritica,
nella guisa
medesima che non lo sono Mosè o San Giovanni, i quali
dettarono a loro volta
il Libro delle Rivelazioni. Giammai spirito alcuno
prese possesso del suo
corpo, neppure un solo istante, o parlò per bocca sua.
Bensì, per concessione
di Dio, le furono dischiusi i sensi spirituali affinché
negli ultimi giorni di vita
godesse lo spettacolo del mondo spirituale, pur rimanendo
vincolata al corpo
in conseguenza del fatto, rilevato dal dottore, ch’essa
effettivamente impiegò
tre giorni a morire».
Non occorre rilevare che le osservazioni del rev. Higgings
dimostrano soltanto
le sue troppo scarse cognizioni sulla dottrina avversata.
La verità in proposito
è questa: che se si elimina l’ipotesi allucinatoria,
allora le visioni della bimba
Daisy risultano schiettamente e classicamente spiritiche.
L’ingegnere Stanley De Brath, nel suo libro: Psychic
Research (pag. 141),
cita il caso di Daisy Dryden, ed osserva in proposito:
«Secondo me, questa semplice e commovente narrazione è più
dimostrativa e
convincente di tutte le disquisizioni dei filosofi e di
tutte le dottrine dei
teologi. Io non invidio coloro che pervengono a leggere la
narrazione esposta
senza commuoversi, e senza vederne il
significato... Lasciamo che coloro i
quali ritengono ancora di potere affastellare sul conto
delle “allucinazioni
patologiche” le percezioni genuinamente trascendentali
della fanciulla
morente, lasciamo che costoro si tengano le loro cieche e
desolanti opinioni,
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
53
se così preferiscono; ma sappiano che non siamo noi, ma
essi che cadono
vittime di una enorme illusione...».
Così il De Brath, e ritengo che la grande maggioranza dei
lettori la penserà
come lui.
CASO XXXIV - L’episodio
seguente venne riprodotto dalla Revue Spirite
(1926, pag. 462) ma io
lo ricavo direttamente da uno dei giornali che lo
pubblicarono. In esso, al fenomeno delle “apparizioni di
defunti al letto di
morte”, si aggiunge l’altro fenomeno complementare di una
“fotografia
trascendentale”, la quale venne inopinatamente a
convalidare la visione
occorsa a una fanciulla morente.
L’episodio si realizzò nel luglio del 1926, nella città di
Avana (Cuba), e
produsse una enorme impressione nell’isola intera. Gli
stessi giornali politici
ne scrissero e ne discussero a lungo, trattandosi di un
fatto occorso in una
famiglia nota a tutta la cittadinanza.
Un amico residente ad Avana mi spedì la copia del giornale
El Sol, dal quale
desumo il fatto, nel quale viene riprodotto in prima
pagina il “cliché”
della “fotografia” ottenuta. Questa la narrazione dell’episodio:
« Il giorno 8 luglio scorso, moriva nella nostra città una
fanciulla decenne:
Marta Fernandez y Mon. Vivace, intelligente, simpatica:
essa era la “ gioia del
focolare” dei coniugi Rafael Fernandez Morejon, e Panchita
Mon y Morejon.
«La piccola Marta era la primogenita, e dopo di lei
venivano due bimbi:
Raquel (tre anni), e Renato (otto mesi).
Nulla poteva far presagire la morte
imminente di questa fanciulla esuberante di vita e di
salute, immagine vivente
della felicità, e la cui precoce e smagliante intelligenza
faceva stupire i maestri
e le sue compagne.
«Fatto si è che il giorno 7 luglio, ella cadde
improvvisamente ammalata, e fu
colta da fortissima febbre. Nella notte sopraggiunse il
delirio, e il domani essa
era morta.
«I medici avevano diagnosticato una violenta «acidosi»,
contro la quale lottò
con tutte le risorse della scienza il dottor Toledo
coadiuvato da altri medici
chiamati in gran fretta a consulto.
«La notizia di quella morte improvvisa si diffuse in un
baleno tra i parenti e i
conoscenti della famiglia, che da ogni parte accorsero
desolati alla cameretta
mortuaria (via di Campostelle, N. 5).
«I genitori, annientati dal colpo tremendo, furono
circondati dalle amorose
attenzioni di una folla di parenti e conoscenti
sinceramente partecipanti al
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
54
loro immenso dolore. Il contributo dei fiori fu tale che
in breve la cameretta
parve trasformarsi in una serra meravigliosa, e il
lettuccio e la piccola bara
scomparvero sotto un ammanto fiorito.
La madre espresse il desiderio di conservare un ricordo
fotografico di quella
cameretta trasformata in cappella funebre; e alle cinque
della sera di quel
medesimo giorno, gli amici condussero sul posto un
fotografo preso alla
ventura, il quale si accinse subito a disimpegnare il
proprio còmpito. Il
domani egli tornò con le prove fotografiche, sulle quali
si rilevava un
particolare stupefacente. Nel mezzo a quella festa di
fiori, sul tratto scoperto
di un asse della bara, si scorgeva distintissimo il volto
di un vecchio, e questo
vecchio era il padre della signora Fernandez; vale a dire
il nonno della
fanciulla defunta. Egli era morto da sette anni, ed aveva
molto amato in vita la
piccola Marta. A tale vista la signora Fernandez esclamo:
- Allora non c’è più
dubbio! Chi si manifestò fu proprio il padre mio, giacché
la mia bimba, un
momento prima di spirare disse con un senso di paura, che
nella camera eravi
un vecchio il quale voleva parlarle. Indi aggiunse: -
Mamma proteggimi: il
vecchio vuol condurmi con sé; ma io non voglio
andarmene... Guardalo!
Guardalo! Ora se ne va!
«La signora Fernandez aveva attribuito al delirio quelle
affermazioni della
fanciulla; ma ora che la presenza sul posto del padre suo
veniva rivelata dalla
lastra fotografica, essa doveva per forza mutare opinione,
e convenire che la
verità era ben diversa. Si riscontrò che il volto apparso
in mezzo ai fiori, era in
ogni suo tratto identico a una fotografia del defunto
inquadrata e appesa al
muro in una camera adiacente, dove il fotografo non era
entrato.
«La signora Fernandez è una cattolica molto osservante;
nulla sapeva di
spiritismo, e in conseguenza non riusciva a rendersi conto
del fenomeno
impressionante; come non riusciva a darsene ragione il di
lei consorte.
«Ora, nondimeno, un buon numero di spiritisti accorsero a
studiare la
fotografia portentosa, e naturalmente convennero tutti sul
fatto che ci si
trovava in presenza di un fenomeno tra i più noti della
casistica medianica, il
quale consisterebbe, nientemeno, che nell’intervento reale
sul posto dello
spirito del defunto rimasto impresso sulla lastra fotografica;
il quale, con la
propria effige, avrebbe inteso fornire una prova
indiscutibile della sua
presenza reale al letto di morte della nipotina».
Questo il caso occorso nella città di Avana. Non è chi non
vegga l’importanza
teorica specialissima ed immensa del caso stesso. Mentre
scrivo, tengo
dinanzi spiegato il numero del giornale El Sol, con
la fototipia ingrandita
della camera funebre, in cui si scorge la bara coperta di
fiori, e il volto
distintissimo del vecchio nonno rimasto impresso nel legno
della bara.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
55
Aggiungo che l’amico il quale mi spediva il giornale,
m’informava che egli
conosceva personalmente i membri della famiglia Fernandez,
che aveva
conosciuto il nonno della defunta, che si trovava presente
allorché fu presa la
fotografia della cameretta, e che la relazione del fatto
pubblicata dal giornale
El Sol era
scrupolosamente conforme a verità. Niun dubbio pertanto sulla
genuinità dei fatti, i quali sono anche noti a tutta la
cittadinanza di Avana; e
così essendo, non pare logicamente possibile spiegarli
senza far capo
all’ipotesi spiritica.
Nel corso della presente classificazione mi occorrerà di
riferire episodi in cui
le apparizioni dei defunti furono viste collettivamente
dall’infermo e dai
parenti, ovvero furono viste solamente dai presenti, col
morente in condizioni
comatose; e qualche volta furono viste prima dai
presenti, e poi dal
morente; tutte circostanze teoricamente importantissime in
quanto valgono
ad escludere l’ipotesi allucinatoria, dimostrando
l’obbiettività indiscutibile
delle apparizioni di tal natura, almeno in linea di
massima. Ma ecco che nel
caso qui considerato, alle prove già sufficienti del
genere esposto, viene ad
aggiungersene un’altra addirittura risolutiva; ed è la prova
fotografica della
presenza reale sul posto di una entità del defunto che
qualche ora prima fu
percepita da una fanciulla morente. E siccome nelle
circostanze in cui si
ottenne l’effige in discorso, non è possibile interpretare
l’evento con l’ipotesi
della «fotografia del pensiero», e ciò per la buona
ragione che tale
interpretazione potrebbe farsi valere solo a condizione
che l’effige fotografica
fosse quella della fanciulla defunta (nel qual caso
potrebbe presumersi che
tra i presenti vi fosse chi pensasse intensamente a lei;
laddove così come
stanno le cose, sarebbe assurdo il pretendere che tra i
presenti vi fosse chi
pensasse intensamente al nonno della fanciulla), ne deriva che il caso assume
valore di prova risolutiva in favore dell’interpretazione spiritica
dei fenomeni
in genere delle “apparizioni di defunti al letto di
morte”.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
56
CATEGORIA II
Casi in cui le apparizioni dei defunti sono ancora
percepite
unicamente dall’infermo; ma si riferiscono a persone di
cui egli
ignorava la morte.
I casi appartenenti alla presente categoria possono
suddividersi in due
gruppi: quelli in cui gli assistenti erano informati circa
l’avvenuta morte della
persona apparsa all’infermo ignaro del fatto, e quelli in
cui né il percipiente,
né gli assistenti erano a cognizione dell’evento di morte.
In entrambe le circostanze - a tutto rigore - si
perverrebbe ancora a darne
ragione con l’ipotesi allucinatoria combinata a quella
telepatica: nel primo
caso presupponendo un fenomeno di trasmissione
subcosciente da parte degli
assistenti; nel secondo, facendo capo alla ipotesi della
“telepatia ritardata”.
Non aggiungo altro, riservandomi a spiegare nei commenti
ai singoli casi per
quali motivi le ipotesi in discorso non pervengono a dare ragione
del
complesso dei fatti.
Comincio con quattro casi riguardanti il primo dei gruppi
indicati.
* * *
CASO XXXV - Il
dottore E. H. Plumtre (ecclesiastico Primate di Well),
scrive in questi termini alla rivista The Spectator,
del 26 agosto, 1882:
«Nell’aprile del 1854, la madre di uno dei maggiori
pensatori e teologi dei
nostri tempi, giaceva sul letto di morte, ed era rimasta
per vari giorni in
condizioni di quasi totale inconsapevolezza. Ma pochi
istanti prima di morire
le sue labbra si agitarono, e pervenne a mormorare
distintamente: - Eccoli qui
che giungono, e vengono a prendermi. Vi è William, vi è
Elisabetta, vi è Emma
ed Anna. - Quindi, dopo una pausa: - Ecco giungere anche
Priscilla!
«William era un di lei figlio, morto nella prima infanzia,
e il cui nome non era
da molti anni occorso sul labbro della madre. Priscilla
era morta due giorni
prima; ma la notizia del triste evento, per quanto
conosciuta dalla famiglia,
era ignorata dall’inferma».
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
57
CASO XXXVI - Venne
raccolto dal Rev. C. J. Taylor, membro della Society
for P. R. di
Londra.
«Novembre 2, 1885. Nei giorni due e tre del novembre 1879,
ebbi la sventura
di perdere i miei due primi figli: David Edwards e Harry.
Un’epidemia di
febbre scarlattina me li tolse. Il primo contava tre anni,
l’altro quattro.
«Harry morì ad Abbot’s Langley il giorno 2 novembre, a
quattordici miglia di
distanza del mio vicariato di Apsley. David morì il giorno
successivo nel
vicariato medesimo... Circa un’ora prima che lo cogliesse
la morte,
quest’ultimo erasi rizzato a sedere sul letto, e additando
un alcunché
d’invisibile ai piedi del letto stesso, aveva esclamato: -
Ecco qui il fratellino
Harry che mi chiama. - Mi fu detto in seguito che il bimbo
aveva aggiunto: -
Egli porta in capo una corona - ma su ciò io nulla posso
asserire. Convengo
però che mi trovavo siffattamente prostrato per l’ambascia
e le lunghe vigilie,
da potersi presumere che mi siano sfuggite quelle parole.
Mi porto invece
garante circa l’esattezza della prima frase, che
l’infermiera ebbe a udire con
me».
(Firmato: Rev. X. Z., vicario di Apsley)
In seguito ad analoga richiesta, il Rev. Taylor così
scrisse al Podmore: «Il Rev.
Z. mi assicura che le più rigorose precauzioni erano state
prese affinché il
piccolo David non venisse a conoscere la morte del
fratellino Harry;
dimodoché il Rev. Z. è certo che David era ignaro del
fatto. Trovandosi egli
presente al letto di morte, poté udire chiaramente quanto
disse il bimbo, il
quale non era affatto in preda a delirio». (Rev.
Charles Taylor, in
Proceedings of the S. P. R.; vol. V°, pagina 459).
CASO XXXVII - Quest’altro
caso fu comunicato alla «Society F. P. R.» dal
Rev. J. A. Macdonald, il quale l’ebbe in prima mano da
Miss Ogle, sorella del
percipiente.
«Manchester, novembre, 9, 1884. - Mio fratello John
Alkin Ogle, morì a
Leeds il giorno 17 luglio 1879. Circa un’ora prima di
morire, egli ebbe la
visione del proprio fratello, morto 16 anni prima, e,
apparentemente
guardandolo con espressione d’intensa meraviglia, aveva
esclamato: - Joe!
Joe! - Subito dopo, dando segni di raddoppiato stupore,
aveva ancora
esclamato: - Tu, Giorgio Hanley! - A tali parole, mia
madre la quale era
arrivata da Melbourne, città lontana quaranta miglia da
Leeds, e residenza del
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
58
nominato Giorgio Hanley, rimase profondamente
meravigliata: - Come è
strano - ella disse - che egli veda Giorgio, il quale è
morto dieci giorni or sono!
- Quindi rivolgendosi a mia cognata, domando se l’infermo
ne fosse stato
informato; al che essa rispose negativamente. Risultò che
mia madre era la
sola persona la quale fosse a cognizione del fatto.
«Io mi trovavo con gli altri al letto di morte di mio
fratello, e fui testimone di
quanto espongo».
(Firmata: Harriett H. Ogle).
In seguito a richiesta, Miss Ogle così scrisse
ulteriormente alla «Society F. P.
R.»: « Mio fratello John Alkin Ogle non era né delirante,
né inconscio allorché
profferì le parole di cui scrissi. Giorgio Hanley era per
lui una semplice
conoscenza, non già un amico intimo. Mai fu fatta menzione
in sua presenza
della morte di Hanley». (Proceedings of the S. P. R.;
vol. V, pag. 460).
CASO XXXVIII - Il Rev.
Minot Savage, nel libro: Can Telepathy
Explain? (pagg.
42-43), riferisce il seguente episodio:
«In una città posta nelle adiacenze di Boston, si trovava
morente una fanciulla
sui nove anni. Aveva finito d’intrattenersi coi propri
genitori, ai quali aveva
specificato qual fra gli oggetti che le appartenevano
desiderava assegnare in
ricordo all’una o all’altra delle sue piccole amiche.
«Tra queste eravi una graziosa fanciulla per nome Jenny, a
lei coetanea; e ad
essa pure la piccola moribonda aveva assegnato alcuni
giocattoli a titolo di
ricordo.
«Poco dopo, allorché l’ora dell’agonia si avvicinava,
prese a dire che scorgeva
a sé vicino volti di persone amiche, che andava
denominando. Annunciò
quindi di scorgere tra gli altri anche il proprio nonno e
la nonna; dopo di che,
manifestando viva sorpresa, si rivolse al proprio padre
dicendo: - Perché,
babbo, non mi dicesti che Jenny era morta? Eccola qui, la
mia Jenny. Essa è
venuta con gli altri a ricevermi.
«Ora è da osservarsi come la bimba morente fosse
completamente ignara di
quanto concerneva la piccola amica, inquantoché i genitori
di lei avevano
scrupolosamente evitato di parlarne in sua presenza onde
non provocare in lei
emozioni funeste. Fatto si è che la piccola Jenny era
effettivamente morta in
quel frattempo».
Il Rev. Savage così commenta:
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
59
«Questo l’accaduto; ora a me sembra che in ciò si contenga
un elemento di
non comune e probante natura in senso spiritualista. Se,
difatti, eravi motivi
plausibili perché la bimba immaginasse vedere il proprio
nonno e la nonna,
non eranvi invece motivi di sorta perché avesse a
immaginare di scorgere
anche la piccola Jenny. Si aggiunga che la circostanza di
avere essa assegnato
anche a lei dei ricordi, nonché il fatto della sorpresa
provata e della
conseguente esclamazione proferita, testificano come in
ciò si contenga un
alcunché da non prestarsi facilmente ad essere delucidato
mediante le
consuete ipotesi a fondo telepatico».
* * *
Passo ad esporre altri cinque casi riguardanti il secondo
dei gruppi indicati:
quello in cui gli assistenti ignorano, insieme
all’infermo, che la persona
apparsa a quest’ultimo sia morta.
Rari, assai rari appariscono i casi del genere; che se -
come osserva Mrs.
Sidgwick - «fosse dato raccoglierne in numero adeguato,
con ciò si sarebbe
percorso un bel tratto verso la dimostrazione scientifica
dell’esistenza
obbiettiva delle apparizioni dei defunti». (Proceeding
of the S. P. R., vol.
III, pag. 93).
E siccome l’estrema rarità dei casi in tal natura dipende
esclusivamente dalla
pratica difficoltà del combinarsi di una simile triplice
coincidenza nelle
speciali manifestazioni in esame, ne deriva che tale sorta
di casi sono destinati
a rimanere per sempre estremamente rari, e solo in un
lungo volgere di tempo
e di ricerche si potrà pervenire a raccoglierne un numero
adeguato.
Dal punto di vista del loro valore teorico in senso
spiritualista, niun dubbio
che Mrs. Sidgwick ha ragione: Essi risultano validissimi
per la dimostrazione
dell’obbiettività delle apparizioni dei defunti. Con
tuttociò, l’indagatore il
quale si proponga di procedere con metodo rigorosamente
scientifico, sarà
tenuto, anche in circostanze simili, a procedere con
prudente circospezione,
tenendosi lontano da qualsiasi apprezzamento di ordine
sentimentale o
mistico; e ciò in quanto non è detto che non possano
rinvenirsi ipotesi meno
trascendentali con le quali spiegare i n qualche modo i
fatti. Tale risulterebbe
ancora una rara modalità con cui si estrinseca qualche
volta la telepatia, pur
ammettendo che in circostanze simili venga raggiunto il
limite estremo in cui
l’ipotesi stessa cessa dall’avere fondamento
nell’esperienza, per divenire
esclusivamente induttiva, o meglio: gratuita.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
60
CASO XXXIX - Questo
primo esempio presenta un limitato valore
scientifico inquantoché la circostanza essenziale richiesta
per questo gruppo
di casi, quella che gli assistenti ignorino la morte della
persona apparsa al
degente, risulta soltanto presumibile, per quanto con
serio fondamento; ciò in
conseguenza del fatto che l’inchiesta promossa al riguardo
rimase incompleta
per il rifiuto della madre del bimbo defunto a riferire in
proposito, e ciò in
causa di prevenzioni religiose.
Tolgo il caso dal Journal of the American S. P. R. (1918,
pag. 590), e il
prof. Hyslop lo fa precedere dalle seguenti
considerazioni:
«Il caso che segue risulterebbe molto importante,
inquantoché il bimbo
percipiente non sapeva che la sua maestra fosse morta; ma
disgraziatamente
la madre di lui si oppone irrazionalmente a riferire i
fatti. Le condizioni di
spirito delle persone religiose intorno a questo tema è
incomprensibile,
ammenoché non si concluda ch’esse contemplino il problema
della
sopravvivenza da un punto di vista puramente egoistico. I
loro propositi
irriducibili di non aiutare gli altri ad entrare nel loro
ordine d’idee, tendono a
confermare il giudizio degli scettici, che da una parte la
credenza non sia
convalidata da prove, e che dall’altra, i credenti
dimostrino soltanto un
egoistico interessamento per la vita futura. E troppo
spesso tali osservazioni
sono vere. Nelle presenti circostanze noi abbiamo la
conferma dei fatti da
parte di un altro testimone, e sebbene non risulti
esauriente come si
richiederebbe (perché il teste non apprezzò abbastanza
il valore dei
particolari), il
rifiuto della madre di apportare la sua testimonianza, si risolve
in un’ottima conferma negativa sulla verità dei fatti. E’
chiaro, cioè, che se i
fatti non corrispondessero a verità, essa li avrebbe
recisamente negati».
Stralcio questi brani dalle lettere in cui si riferisce il
caso. Il dottore H. L.
Coleman scrive al prof. Hyslop:
«Vorrei parlarvi di una circostanza strana occorsa in una
famiglia di miei
cugini abitanti a Greely nel Colorado. Essi ebbero la
sventura di perdere un
bimbo, e questi, poco prima di morire, disse alla mamma
che vedeva nella
camera la sua maestra di scuola. Essi mi assicurano che il
bimbo era in pieno
possesso delle sue facoltà mentali. La parte strana del
caso consiste nel fatto
che la maestra era morta improvvisamente circa un’ora
prima. Nessuno
poteva prevederne la morte, e il bimbo non ne sapeva
assolutamente nulla:
come, a quel che sembra, non ne sapevano nulla i parenti.
«Credete voi, egregio professore, che se riuscissi a
ottenere le debite conferme
del fatto, esso potrebbe assumere valore scientifico?...».
Purtroppo, egli non pervenne ad ottenere le conferme
desiderate, e poté
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
61
soltanto esibire la testimonianza di un’altra sua cugina,
la quale aveva
conversato sullo evento con la mamma del bimbo defunto.
Essa riferisce:
«Il bimbo aveva otto anni; appariva esuberante di vita, ed
era il favorito della
maestra, la quale erasi recata a visitarlo il giorno che
precedette la di lei
morte. Il bimbo ignorava assolutamente che la maestra
fosse morta, e la vide
poco dopo l’evento, vestita del costume indossato nella
bara. Egli parlava
come in soliloquio...».
Nel caso esposto l’intervallo di un’ora tra la morte della
persona lontana e la
di lei apparizione al bimbo morente, ignaro del fatto
insieme a tutti i presenti,
risulta un intervallo assai breve dal punto di vista
teorico qui considerato.
Comunque, giova tener conto della circostanza che se il
bimbo «si mantenne
sempre in pieno possesso delle facoltà mentali», allora
anche l’intervallo di
un’ora dalla morte alla visione occorsa, basta per escludere
l’ipotesi della
“telepatia ritardata”, mentre l’altro fatto del bimbo che
vide l’apparizione
vestita nel costume indossato nella bara dimostra
ulteriormente che non
poteva trattarsi di “telepatia tra viventi”.
Insomma, malgrado che la madre del bimbo veggente siasi
rifiutata a
convalidare i fatti in servizio della scienza, e malgrado
che risulti giustificata
l’osservazione del prof. Hyslop nei riguardi dell’unico
teste «il quale non
apprezzò abbastanza il valore dei particolari»,
contuttociò il caso in esame
può ritenersi sufficientemente chiarito per autorizzare a
concludere nel senso
“dell’esistenza obbiettiva dell’apparizione occorsa”.
CASO XL - Lo
ricavo dal volumetto di Sir William Barrett: Deathbed
Visions (pag.
25).
«Miss Frances Power Cobb, autrice del noto libro
spiritualista: Peak in
Darien, riferisce un
incidente di carattere impressionante occorso in una
famiglia di sua conoscenza, i cui membri erano vincolati
tra di loro da
sentimenti affettivi eccezionali.
«Allorché la vecchia madre giaceva sul letto di morte, si
vide il di lei volto
ravvivarsi con espressione di lieta sorpresa, e subito
dopo essa spiegò
ch’erano venuti ad accoglierla, l’uno dopo l’altro, i suoi
tre fratelli da lungo
tempo defunti.
«Quindi, dopo una pausa, aveva aggiunto che il suo quarto
fratello era a sua
volta intervenuto al convegno familiare.
«Quest’ultima informazione parve immaginaria a tutti i
presenti i quali erano
consapevoli che il quarto fratello di lei, residente in
India, era tuttora vivente.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
62
«Nondimeno la circostanza della morente che aveva
accoppiato il nome del
fratello vivente con quelli dei tre fratelli defunti,
aveva cagionato tale
apprensione penosa in uno dei presenti, ch’egli dovette
abbandonare la
camera.
«A suo tempo, giunsero lettere dalle Indie in cui si
partecipava ai parenti la
morte dell’ultimo fratello della degente, morte avvenuta
qualche tempo prima
che la sorella lo scorgesse tra i convenuti al suo letto
di morte»
Questo l’episodio narrato da Miss Cobb. Frank Podmore,
l’irriducibile
avversario dell’interpretazione spiritualistica dei
fenomeni psichici, aveva
alluso al caso in esame nei Proceedings of the S. P. R.,
osservando che
secondo lui doveva spiegarsi con l’ipotesi della
“telepatia ritardata”, a norma
della quale la percipiente avrebbe ricevuto in precedenza,
vale a dire al
momento della morte del fratello lontano, il preannuncio
telepatico della di
lui morte, preannuncio rimasto latente nella di lei
subcoscienza, per indi
emergere in forma allucinatoria durante la crisi
preagonica.
In tale sua interpretazione dell’episodio, il Podmore
aveva buon gioco, e ciò in
causa dell’insufficienza dei ragguagli forniti in
proposito dalla relatrice, la
quale dice soltanto che la morte dell’ultimo fratello della
veggente era
avvenuta «qualche tempo prima», frase elastica che per il
critico in discorso
doveva significare «qualche ora prima», o, tutto al più,
ventiquattr’ore prima;
ciò che rendeva legittima l’interpretazione telepatica
dell’episodio in esame,
poiché è notorio che si conoscono casi telepatici (o
ritenuti tali) in cui la
morte dell’agente venne percepita nel sonno con
l’intervallo di qualche ora;
per cui, in simili contingenze, parve legittimo il
presumere che l’impulso
telepatico avesse bensì raggiunto il percipiente al
momento della morte
dell’agente, ma senza divenire cosciente in causa
dell’essere quest’ultimo
assorbito in altre cure, per indi emergere durante il
sonno sotto forma onirica.
CASO XLI - Lo
ricavo dalla rivista Psychica (1921, pag. 57).
R. Warcollier, il noto metapsichista francese
specializzatosi in laboriose
esperienze di telepatia sperimentale, riferisce il
seguente episodio occorso
nella propria famiglia:
«Mio zio Paul Durocq, nell’agosto del 1893 lasciò Parigi
con tutta la famiglia
per intraprendere un lungo viaggio di piacere in America.
«Naturalmente fu assai difficile ai parenti ed agli amici
di mantenersi in
corrispondenza con lui in causa delle continue sue
trasmigrazioni da uno
Stato all’altro dell’Unione Nord-americana, e poi nella
repubblica del
Venezuela, dove fu colpito dalla febbre gialla, della
quale morì il giorno 24
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
63
giugno 1894.
«In causa della sua morte, tutta la famiglia fece ritorno
a Parigi, e noi
venimmo informati intorno a un episodio impressionante
occorso al suo letto
di morte.
«Disgraziatamente in quel tempo io avevo 13 anni, ma
siccome in seguito
intesi ripetutamente la nonna, le zie, e i figli delle zie
a raccontare il medesimo
evento, è naturale che mi rimanesse indelebilmente
impresso nella memoria;
senza contare che anche oggidì lo ricorda con me la madre
mia.
«Al momento della morte, mio zio Paul Durocq, circondato
da tutti i suoi,
ebbe un delirio prolungato durante il quale nomino, l’uno
dopo l’altro, tre
amici suoi di Parigi ch’egli diceva scorgere a sé
dinnanzi. Li aveva
successivamente accolti con le seguenti esclamazioni: -
Come mai, tu qui?... E
tu pure sei qui?... Sei venuto anche tu?...
«Sebbene i presenti rimanessero impressionati da quella
scena, nessuno
aveva attribuito importanza dimostrativa alla medesima;
importanza che
invece divenne grande allorché la famiglia fu di ritorno a
Parigi, poiché si
riscontrò che a casa sua erano pervenute le partecipazioni
di morte degli
amici nominati da mio zio durante l’agonia, partecipazioni
in base alle quali
risultò come fossero tutti morti qualche tempo prima di
lui!». (Seguono le
attestazioni dei cugini Germain Durocq e Maurice Durocq).
Il caso esposto rivestirebbe valore teorico non lieve in
senso spiritualista, e ciò
per la circostanza che se si trattava di tre amici
defunti, allora non sarebbe più
verosimile il far capo all’ipotesi della “telepatia
ritardata”; ciò anzitutto perché
non potrebbe certamente presumersi che tutti fossero morti
ventiquattr’ore
prima, poi perché se un caso di telepatia ritardata appare
ancora teoricamente
presumibile nei casi della natura in esame, non sarebbe
più così qualora si
dovesse ammetterne parecchi occorsi cumulativamente al
medesimo letto di
morte.
Disgraziatamente, però, il caso in esame è riferito troppo
sommariamente,
mentre le attestazioni lo confermano bensì, ma in guisa
altrettanto sommaria.
Si vorrebbe saperne di più, giacché così come sta non
offre solide basi per
un’analisi approfondita intorno allo svolgimento dell’evento
stesso, analisi
indispensabile per trarne valide conclusioni teoriche.
CASO XLII - Lo
tolgo dal libro di Robert Pike: Life’s Borderland and
Beyond (pag.
18). Mr. H. Wedgwood riferisce:
«Circa quarant’anni or sono, una giovinetta mia prossima
parente, era
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
64
morente per consunzione. Da parecchi giorni giaceva in
condizioni di
prostrazione estrema, e non prendeva parte alcuna a quanto
avveniva intorno
a lei. Ed ecco che all’improvviso essa riapre gli occhi,
guarda in alto, e
pronuncia lentamente le seguenti frasi: - Ecco Susanna!...
Ecco Giovanni!...
Ed ecco Elena!... - Si capiva ch’essa scorgeva intorno a
sé le tre sorelle a lei
premorte per l’infermità medesima.
«Quindi, dopo una pausa, essa aveva aggiunto: - Ed ecco
qui con me anche
Edoardo! - Questo era un di lei fratello il quale
trovavasi alle Indie, ed era
ritenuto vivente da tutti i presenti. La veggente aveva
pronunciato il suo nome
con accento di viva sorpresa, quasiché fosse stupita di
rivederlo in compagnia
delle sorelle defunte. Detto ciò, essa divenne
incosciente, e non tardò ad
esalare l’ultimo respiro.
«Qualche tempo dopo, la famiglia ricevette una lettera
dalle Indie in cui si
partecipava la morte del fratello Edoardo per disgrazia
accidentale; morte
avvenuta circa due settimane prima dell’evento occorso al
letto di morte della
sorella.
«Quanto sopra esposto mi venne riferito dalla sorella
maggiore della
veggente, la quale aveva assistito quest’ultima fino alla
morte, ed era presente
allorché si svolse l’evento descritto».
Anche per questo episodio dovrebbe escludersi l’ipotesi
della “telepatia
ritardata”, dato che si tratterebbe di una morte avvenuta
una quindicina di
giorni prima.
Disgraziatamente, però, anche il caso in esame, come i due
che precedono, è
riferito in forma aneddotica, senza la indispensabile
documentazione che
valga a convalidarlo in guisa scientificamente
sufficiente.
Solo in causa dell’estrema rarità degli episodi di tal
natura, io mi risolvetti ad
accoglierlo insieme agli altri due, e ciò tanto più che
s’intuisce l’autenticità dei
casi stessi, per quanto ciò non basti dal punto di vista
scientifico.
CASO XLIII - Lo
desumo dal vol. III, pag. 92 dei Proceedings of the S. P.
R. Venne comunicato a
detta società da un colonnello irlandese. Tenuto conto
che la protagonista è la moglie del colonnello stesso, si
comprende come
questi non desideri vengano pubblicati i nomi. Egli narra:
«Circa sedici anni or sono, la mia consorte mi disse: -
Noi riceveremmo
prossimamente degli ospiti, che si tratterranno in casa
per una settimana.
Potresti indicarmi qualche persona capace di accompagnare
nel canto le
ragazze? - Ricordai che il mio armaiuolo, Mr. X., aveva
una figlia dalia voce
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
65
bellissima, la quale studiava canto con intenti
professionali. Gliela indicai,
aggiungendo che se così credeva, io avrei scritto a Mr.
X., pregandole volesse
permettere a sua figlia di recarsi a passare una settimana
con noi. Dietro
risposta affermativa, io scrissi in tal senso, e Miss
Giulia X., fu ospite gradita
in casa nostra durante il periodo stabilito.
«Per quanto io mi sappia, mia moglie non la rivide più...
Quanto a Miss Giulia
X., invece di dedicarsi all’arte del canto, andò poco dopo
sposa a Mr. Henry
Webley. Nessuno di noi ebbe più occasione di rivederla.
«Da quel giorno erano passati sei o sette anni. Mia
moglie, la quale da lunghi
mesi giaceva inferma, si trovava allora in fin di vita, e
si spense il giorno dopo
a quello di cui ora è discorso. Io le sedevo vicino
ragionando con lei di certi
interessi cui ella era ansiosa di dare assetto. Si
mostrava perfettamente calma
e rassegnata, nonché in pieno possesso delle sue facoltà
mentali; il che è
provato dal fatto che quanto essa consigliava risultò
giusto, e ciò che invece
consigliò l’avvocato di casa (il quale era d’avviso che
il provvedimento da lei
suggerito fosse inutile),
risultò sbagliato.
«D’improvviso essa cambiò discorso, e rivolgendosi a me,
domandò: - Le
avverti tu queste voci soavi che cantano? - Risposi
negativamente. Ella
soggiunse: -Già le avvertii parecchie volte quest’oggi.
Sono voci angeliche
accorse a dare a me la benvenuta nei cieli; ma ciò che
v’ha di strano si è ch’io
discerno tra esse una singola voce che sono certa di avere
già udita, per
quanto non riesca a ricordarmi a chi appartenga. - A
questo punto
s’interruppe bruscamente, e additando in linea retta sopra
la mia testa, disse:
- Oh, come mai! Essa è qui presente nell’angolo della
camera: è Giulia X!...
Ora viene avanti; si reclina su te; protende in alto le
mani; si pone in
attitudine di preghiera... Guarda! Guarda! Essa se ne va.
- Io mi voltai da
quella parte, ma nulla vidi. La morente aggiunse ancora: -
Ora se n’è andata. -
Io mi figuravo naturalmente che tali affermazioni non
corrispondessero ad
altro senonché a fantasie dello stato preagonico.
«Due giorni dopo, prendendo fra le mani un numero del Times,
mi accadde
di leggere tra i morti il nome di Giulia X., moglie di Mr.
Webley.
«Ne rimasi a tal segno impressionato, che non appena compiuti
i funerali,
volli recarmi nel paese dove risiedeva il padre di Giulia
X. Colà giunto, mi
recai da lui chiedendo senz’altro se Giulia Webley fosse
realmente morta. Al
che egli rispose: - Purtroppo è vero. La poveretta è morta
di febbre
puerperale. Nel giorno in cui morì, essa prese a cantare
alla mattina, e cantò,
cantò fino a che non si spense».
In altra susseguente comunicazione il colonnello aggiunse:
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
66
«Mrs. Giulia Webley è morta il giorno 2 febbraio 1884,
alle ore 6, circa, del
mattino. La mia consorte è morta il giorno 13 febbraio
1884, alle ore 4, circa,
della sera. Io lessi l’annuncio della morte di Mrs. Webley
il giorno 14 febbraio
1884. Mia moglie non andò mai soggetta ad allucinazioni di
sorta alcuna».
A sua volta, Mr. Henry Webley, marito di Mrs. Giulia X.,
così scrisse al
Gurney:
«Birmingham, Wenman-Street, 84. - Maggio 18, 1885.
«In risposta alla vostra lettera, eccomi di buon grado a
darvi le informazioni
richieste. Mia moglie è morta il giorno 2 febbraio 1884,
circa le ore 5.50
antimeridiane. Durante le ultime ore di vita, essa non
fece che cantare. Posso
aggiungere che le note sgorgavano ancora dal suo labbro
dieci minuti prima di
morire. Sebbene la tonalità della sua voce fosse sempre
stata bellissima, mai
apparve così squisitamente soave come in quei supremi
momenti».
(Firmato: Henry Webley)
Tale il fatto, al quale farò seguire brevi commenti, senza
escludere, neanche in
queste contingenze, la validità presumibilmente
dell’ipotesi telepatica
considerata nelle molteplici sue modalità di
estrinsecazione.
Esclusa l’ipotesi della trasmissione subcosciente del
pensiero dei presenti,
inquantoché nessuno in fra questi era a cognizione
dell’avvenuta morte di
Mrs. Giulia Webley esclusa l’altra ipotesi della
trasmissione telepatica diretta
tra l’agente e la percipiente, inquantoché la morte di
Mrs. Webley risulta
anteriore di oltre undici giorni a quella della
percipiente, rimangono altre due
modalità di estrinsecazione telepatica applicabili - fino
a un certo punto - ai
fatti.
A norma dell’una in fra queste, si avrebbe a cercare
l’origine dell’impulso
telepatico generatore del fenomeno allucinatorio, nel
pensiero subcosciente
del marito o del padre di Mrs. Webley, nonché di qualsiasi
altra persona
consapevole della morte della signora medesima.
Tutto considerato, però, anche tale ipotesi deve
escludersi; anzitutto, pel fatto
che la percipiente non conosceva né il padre, né il
marito, né altri dei familiari
di Mrs. Webley, dimodoché verrebbero a mancare le condizioni
indispensabili
a che si stabilisca il “rapporto psichico” tra l’agente
e il percipiente;
rapporto psichico impossibile tra due persone che tra di
loro non si
conoscono, e ciò per le ragioni già tante volte espresse
da chi scrive. In
secondo luogo, perché nella quasi totalità dei fenomeni
telepatici, l’agente
trasmette al percipiente la visione allucinatoria di se
medesimo, e non già
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
67
quella di terzi, come sarebbe il caso nell’episodio in
esame. In terzo luogo,
perché in esso è compresa un’altra circostanza assai
difficile a dilucidarsi con
l’ipotesi della trasmissione telepatica collaterale, ed è
quella dell’audizione
allucinatoria di un canto corale in cui viene distinta una
singola voce
decisamente familiare alla percipiente; percezione codesta
troppo chiara e
prolungata per ascriverla a un effetto del pensiero
subcosciente di terzi.
Rimane pertanto l’ipotesi della “telepatia ritardata”, a
norma della quale si
avrebbe a presumere che l’incidente del canto, quale
effettivamente occorse
nel delirio febbrile dell’agonizzante Mrs. Webley, fosse
stato percepito
telepaticamente, per quanto subcoscientemente, dall’altra
inferma Mrs. X.,
all’atto stesso in cui avveniva, per indi rimanere allo
stato latente nella
subcoscienza di lei fino a quando le condizioni
d’iperestesia e d’ipermnesia
preagoniche ne determinarono l’irruzione nel campo della
coscienza.
Senonché - come già si fece rilevare - non sì tosto si
voglia estendere la
portata della così detta “telepatia ritardata” al di là
dell’intervallo di poche ore
tra la morte dell’agente e la visione del percipiente,
essa si trasforma in
un’ipotesi gratuita, non confortata dalla benché menoma
prova di fatto.
Comunque, risulta l’unica capace di dare ragione del complesso
dei fatti;
dimodoché se si rifiuta di ammetterne la validità, allora
non rimane che far
capo all’ipotesi spiritica, la quale risulta maggiormente
legittima qualora si
consideri che scientificamente parlando, non è lecito
isolare un caso per
analizzarlo separatamente, ma si è tenuti a considerarlo
in rapporto agli altri
casi appartenenti al medesimo gruppo; nelle quali
contingenze l’ipotesi
spiritica avrebbe il sopravvento decisivo su tutte.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
68
CATEGORIA III
Casi in cui terze persone collettivamente al morente
percepiscono
il medesimo fantasma di defunto.
Questo gruppo di casi, in cui vi è percezione collettiva
del medesimo
fantasma, presenta un interesse teorico notevolissimo in
quanto ben sovente
le modalità con cui si estrinsecano gli eventi non
consentono altra
interpretazione che quella implicante la presenza
obbiettiva del fantasma del
defunto visualizzato dal morente.
Non è detto, però, che debba sempre concludersi in tal
senso, poiché nei casi
in cui si tratta di un solo percipiente oltre l’infermo,
potrebbe inferirsene
legittimamente che quest’ultimo abbia servito quale agente
trasmettitore di
una forma allucinatoria elaboratasi nella sua mente; e ciò
nei casi di
visualizzazione simultanea dell’assistente con l’infermo;
ché se invece il
fantasma fosse percepito dall’assistente in tempi e
localizzazioni diverse,
allora il fatto assumerebbe un altro significato teorico
nel senso della sua
interpretazione spiritica. Lo stesso dicasi nei casi in
cui l’assistente percepisce
l’apparizione al momento in cui l’infermo giace in
condizioni comatose, le
quali escludono l’elaborazione di ogni forma del pensiero;
o quando il
morente è un bimbo in tenerissima età, circostanza che
nella maggioranza dei
casi esclude ogni possibilità che il suo pensiero abbia
potuto fungere da
agente trasmettitore di un’allucinazione patologica agli
assistenti.
Infine, già si comprende che quando invece l’apparizione è
percepita da tutti i
presenti, allora non può trattarsi in nessun caso di
trasmissione allucinatoria
a fondo telepatico, e ciò per la buona ragione che non
esistono allucinazioni
patologiche d’ordine collettivo trasmesse
telepaticamente; soltanto
allucinazioni patologiche collettive conseguite per suggestione
verbale, e
queste quasi unicamente e rarissimamente tra le folle per
fanatismo mistico.
Ed anche in simili circostanze chi sottostà all’influenza
verbale
suggestionatrice non sono affatto le folle, bensì una o
due persone isteriche od
esaltate che si trovano in mezzo alle folle. Al qual
riguardo ho già citato
ripetute volte in altri miei lavori i giudizi recisamente
negativi formulati da
due grandi autorità psichiatriche: il professore Enrico
Morselli e il professore
Charles Richet. Così stando le cose, ritengo di avere già
concesso molto agli
oppositori ammettendo invece che possano realizzarsi
talora delle
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
69
allucinazioni patologiche trasmesse telepaticamente
dall’infermo a un solo
assistente, non potendosi escludere che qualche volta tra
gli assistenti abbia a
trovarsi un grande “sensitivo” il quale ignori di esserlo.
Citerò più oltre degli episodi in cui si realizzano tutte
queste modalità di
estrinsecazione, con le conseguenze teoriche che ne
derivano.
* * *
CASO XLIV - Comincio
con un episodio in cui vi è simultaneità di
percezione tra l’infermo e chi presta assistenza, per
quanto le medesime
risultino di natura diversa tra di loro.
Tolgo il caso dal Journal of the American S. P. R. (1918,
pag. 503). Mrs.
Laura C. Homers riferisce in questi termini ciò che le
occorse di osservare al
letto di morte di un grande amico suo:
«... Il signor Quinby rimase a letto tre settimane, e
negli ultimi sedici giorni
non prese né cibo né medicine. Nella seconda settimana
della sua malattia,
verso le undici pomeridiane, mi occorse di vedere accanto
al letto una sorta di
nebulosità piuttosto opaca, localizzata tra l’infermo e
me, avente la forma di
una grossa bietola con la punta in basso, della lunghezza
approssimativa di un
piede e mezzo, forse altrettanto profonda. Il tutto si
elevava dal suolo tre o
quattro piedi, misurando la manifestazione dall’apice.
«Il mio primo pensiero fu che si trattasse di fumo,
sebbene esso apparisse
troppo opaco per essere tale, e rimanesse immobile sul
posto. Inoltre, dal
punto in cui mi trovavo, potevo vedere nelle altre camere,
e da nessuna parte
si scorgeva fumo.
«Esso rimase immobile nel medesimo punto per un periodo di
tempo
discretamente lungo, e non saprei dire quando e come si
dileguasse. Allorché
più non lo vidi, riferii la curiosa esperienza
all’infermo, ed egli soggiunse: - Io
ho sentito che a
me daccanto si trovava mia madre! Ora so che vi era».
Questo primo curioso episodio non risulta precisamente
conforme al titolo
della presente categoria, visto che non si tratta di un
medesimo fantasma di
defunto visto collettivamente dal morente e
dall’assistente, bensì di due
percezioni tra di loro disparate, ma concordanti nel senso
che si riferivano
alla medesima manifestazione al letto di morte,
localizzata nel medesimo
punto dello spazio. Percezioni entrambe incipienti,
giacché l’assistente vide il
fenomeno iniziale di una concrezione fantasmogena che non
pervenne ad
estrinsecarsi, mentre il degente ebbe l’intuizione che in
quel punto preciso
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
70
dello spazio dovesse trovarsi la forma spirituale della
madre sua.
Così stando le cose, il caso risulta interessante per la
natura incipiente delle
due manifestazioni complementari l’una dell’altra; ciò che
concorre a
dimostrare il carattere indipendente delle due percezioni
occorse, quindi
l’obbiettività di quella concrezione fantasmogena iniziale
che l’infermo non
vide, ma che presentì nella forma che avrebbe dovuto
assumere; vale a dire,
nella forma di colei che tentava di manifestarsi
ostensibilmente al figlio
moribondo.
CASO XLV - Lo
ricavo dai Proceedings of the S. P. R. (vol. VI, pag. 21).
Mrs. Emma M. Pearson riferisce:
«... Nel novembre del 1864 io fui chiamata a Brighton, ove
giaceva
gravemente inferma mia zia Harriet Pearson... La sua
camera aveva tre
finestre, ed era situata al di sopra del salotto.
Nell’attigua camera dormivo io
con Mrs. Coppinger. D’ordinario l’una di noi passava la
notte accanto
all’inferma, ma nella notte del 22 dicembre 1864 si
trovava invece a vegliarla
Mrs. John Pearson, mentre noi riposavamo.
«I locali erano illuminati, e la porta che metteva nella
camera dell’inferma era
aperta.
«Tra le ore una e le due del mattino, e in un momento in
cui né io né Mrs.
Coppinger dormivamo perché ansiosamente sensibili ad ogni
lieve rumore
che ci pervenisse dall’altra camera, occorse un incidente
oltremodo
impressionante. Entrambe scorgemmo una figura di donna
piccola, avvolta in
un vecchio scialle, con un antiquato cappello in testa, e
una parrucca ornata
da tre ordini di ricci, la quale, varcando la soglia che
separava le due camere,
era entrata in quella dell’inferma. Mrs. Coppinger
rivolgendosi a me, aveva
esclamato: - Emma hai tu visto? Sta su: è la zia Anna - (era
questa una sorella
defunta dell’inferma).
Risposi tosto: - Sì, sì; era proprio zia Anna; e questo è
un triste preannuncio: zia Harriet morirà entro
quest’oggi. - Scendemmo
entrambe dal letto. In quel momento Mrs. John Pearson
irruppe nella camera
esclamando a sua volta: - Era proprio la zia Anna; ma dov’è
andata? - Onde
calmarla io osservai: - Probabilmente sarà stata Elisa che
è scesa a vedere
come sta la sua padrona. - A tale osservazione Mrs.
Coppinger sali di corsa al
piano superiore, dove rinvenne Elisa profondamente
addormentata. La
risvegliò, e la fece vestire; indi le camere tutte furono
minuziosamente
rovistate, ma inutilmente...
«La zia Harriet morì nella sera di quel medesimo giorno, e
prima di morire
essa ci raccontò che aveva veduto la propria sorella, la
quale era venuta a
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
71
prenderla».
(Firmate: Emma M. Pearson, Elisa Quinton, in Proceeding of
the
S. P. R., vol. VI, pag. 21).
Questo interessante episodio non richiederebbe commenti
intesi a dimostrare
che si deve escludere l’interpretazione allucinatoria
sotto qualsiasi forma. Si
consideri infatti che due delle percipienti avevano visto
contemporaneamente (quindi
niente suggestione verbale dell’una
sull’altra) la
forma fantasmogena di una loro zia defunta, al momento in cui si
avviava nella camera dell’inferma, mentre una terza
percipiente, la quale
vegliava l’inferma, l’aveva scorta quando entrava nella
camera, e, a sua volta,
la morente aveva alluso di averla vista avvicinarsi al suo
capezzale per
annunciarle che veniva a prenderla.
Tutto concorre pertanto a dimostrare che se, in un primo
tempo, due
percipienti scorsero la medesima forma fantasmogena
dirigersi alla camera
della morente, e se, in un secondo tempo, un’altra
percipiente la vide entrare
nella camera, e se, in un terzo tempo, la morente la
scorse a sua volta e la
intese parlare, allora tutto ciò equivale ad ammettere che
vi era stata
successione nelle
tre percezioni; vale a dire un distacco nei tempi in cui
le medesime si svolsero; ciò che vale ad escludere
l’ipotesi allucinatoria sotto
qualsiasi forma, dimostrando l’obbiettività del fantasma
visto in triplice
successione da
quattro percipienti.
CASO XLVI - Venne
comunicato alla Society for P. R. di Londra, dal
professore W. C. Crosby, membro della società medesima.
«Mrs. Carolina Rogers, dell’età di anni 72, vedova di due
mariti, il primo dei
quali - Mr. Tisdale - era morto 35 anni prima, abitò
durante gli ultimi
venticinque anni di sua vita in Roslindale (Massachusset,
Ashland-Street).
Dopo la morte dell’ultimo figlio, occorsa parecchi anni or
sono, essa visse
costantemente sola. Sui primi di marzo di quest’anno, fu
colpita da paralisi, e
dopo una malattia di circa sei settimane, venne a morire
nel dopopranzo di
martedì 15 aprile.
«Mrs. Mary Wilson, infermiera di professione, di anni 45,
assistette Mrs.
Rogers durante l’intera malattia, restando al suo
capezzale pressoché
ininterrottamente fino alla morte. Mai, prima d’allora
essa aveva veduto Mrs.
Rogers, e nulla sapeva intorno alla sua vita trascorsa.
L’inferma parlava
frequentemente con lei, così come con altri, del suo
secondo marito - Mrs.
Rogers - nonché dei propri figli, esprimendo la speranza
di rivederli un
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
72
giorno.
«Nel dopopranzo del 14 aprile, Mrs. Rogers cadde in stato
d’incoscienza, nel
quale perdurò fino alla morte, che occorse ventiquattro
ore dopo...
«Mr. Wilson era esausta dalle lunghe vigilie; trovandosi
inoltre nell’ansiosa
attesa di assistere da un istante all’altro alla morte
dell’inferma, era
naturalmente nervosa e timorosa; tanto più che ben sovente
Mrs. Rogers
aveva parlato di avere scorto a sé vicino i fantasmi dei
propri familiari defunti.
Provava in pari tempo uno strano sentimento come di attesa
di una visita
d’oltretomba.
«Tra le ore due e le tre del mattino - momento in cui la
propria figlia dormiva,
ed essa giaceva sul sofà - occorse a Mrs. Wilson di
volgere causalmente lo
sguardo verso la porta che metteva nell’altra camera, ed
ivi, su quella soglia,
ella scorse la figura eretta di un uomo di media statura,
dall’aspetto fiorente,
dalle larghe spalle che portava ritratte all’indietro.
Aveva nuda la testa, e i
capelli e la barba apparivano di un colore rosso-cupo;
indossava un soprabito
scuro e sbottonato; l’espressione del volto aveva grave,
né troppo arcigna, né
troppo amabile. Figgeva intensamente lo sguardo ora in
Mrs. Wilson, ed ora
in Mrs. Rogers, restando in una immobilità assoluta.
Mrs. Wilson credette naturalmente di trovarsi in presenza
di una persona
vivente, per cui non sapeva rendersi conto del come avesse
potuto introdursi
nella casa. Indi, vedendo ch’egli continuava a mantenersi
immobile come una
statua, cominciò a sospettare che si trattasse di un
alcunché di anormale.
Presa da timore, rivolse altrove lo sguardo chiamando ad
alta voce la figlia
affinché si risvegliasse. Poco dopo, rivolse timorosamente
lo sguardo in
direzione della porta, ma tutto era sparito. Tanto la
comparsa del fantasma,
quanto la sua disparizione erano occorse senza rumore.
«Durante quel tempo Mrs. Rogers era rimasta assolutamente
tranquilla,
immersa presumibilmente nel medesimo stato d’inconscienza
in cui da
lunghe ore giaceva. La camera in cui la porta metteva non
era illuminata; per
cui non fu possibile a Mrs. Wilson di riscontrare la
trasparenza o meno
dell’apparizione. Si recò poco dopo in detta camera e
nell’altra attigua: indi,
non appena spuntato il giorno, scese in basso, e dovunque
ebbe a riscontrare
che le porte erano debitamente chiuse a chiave, ed ogni
cosa al suo posto.
«In quel mattino medesimo, Mrs. Hildreth, nipote dell’inferma,
la quale
abitava nelle adiacenze e da lunghi anni viveva in grande
familiarità con la
propria zia, si recò a visitarla. Mrs. Wilson ne
approfittò per raccontarle
quanto erale occorso, e domandò se per avventura
l’apparizione da lei scorta
somigliasse al defunto Mr. Rogers. Al che Mrs. Hildreth
rispose
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
73
negativamente (altri che conobbero Mr. Rogers furono
unanimi nel negarlo).
La loro conversazione venne a questo punto interrotta; ma
qualche ora più
tardi Mrs. Hildreth tornò sull’argomento, e riferì a Mrs.
Wilsons che la
descrizione da lei fatta dell’apparizione collimava
perfettamente con l’aspetto
personale di Mr. Tisdale, primo marito di Mrs. Rogers.
«Ora è da considerare che Mrs. Rogers si era stabilita a
Roslindale dopo il suo
matrimonio col secondo marito, che Mrs. Hildreth era
l’unica persona del
paese la quale avesse conosciuto Mrs. Tisdale, che nella
casa di Mrs. Rogers
non esistevano ritratti di lui, né altro qualsiasi oggetto
capace di mettere sulle
tracce delle di lui sembianze».
(Firmata: Mary Wilson)
Mrs. Hildreth così conferma: «Il racconto che precede
risulta una completa ed
accurata descrizione del caso occorso a Mrs. Wilson, così
com’essa medesima
ebbe a raccontarmelo nel mattino del 15 aprile».
(Firmata: Mrs. F. E. Hildreth, in Proceedings of the S. P.
R., vol.
VIII, pag. 229-231)
Nel caso esposto è da rilevare che per quanto l’inferma
abbia dichiarato
ripetute volte di avere scorto a sé vicino i fantasmi dei
propri defunti, non
sembra però verosimile ch’ella abbia partecipato alla
percezione della visione
fantomatica di Mrs. Wilson; e ciò in causa dello stato
comatoso in cui da
lunghe ore si trovava, e in cui perseverò fino alla morte.
Tutto concorre
pertanto a far presumere vi sia stata successione nel
tempo; quindi piena
indipendenza della visione occorsa; la quale, per
soprappiù, assume il valore
di un’ottima prova di identificazione spiritica, visto che
la signora Wilson la
quale non aveva mai conosciuto il defunto, lo descrisse in
guisa a tal segno
precisa che fu subito identificato da colei che l’aveva
conosciuto in vita.
CASO XLVII - Lo
desumo, come gli altri, dai Proceedings of the S. P. R.,
vol. X, pag. 372. Venne comunicato alla società medesima
da Mrs. B., persona
conosciuta da Frank Podmore. Essa, riferendosi alla morte
della propria
madre, narra, tra l’altro, quanto segue:
«...Mia sorella minore, ora defunta, venne chiamata al
letto di mia madre, e
lasciò il Devonshire, dove si trovava presso una famiglia
amica, per accorrere
a casa. Ivi giunta, non sì tosto ebbe messo piede nella
sala, si arretrò
spaventata gridando di aver veduto il fantasma della madrina
seduto
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
74
accanto al fuoco, al posto consueto di nostra madre.
«La madrina era morta fin dall’anno 1852. Essa era
stata la governante di
nostra madre, e quasi la sua nutrice; aveva vissuto con
lei durante l’intera sua
vita coniugale, era stata madrina della prima sua bimba, e
allorché nostro
padre venne a morire, erasi assunto il còmpito di
sostituirlo fin dove era
possibile nell’intento di risparmiare alla mamma ogni
sorta di
preoccupazioni; còmpito ch’ella adempì nobilmente fino
alla morte.
«Alle grida di Miss X. accorse l’altra mia sorella, che si
recò tosto nella sala
onde rendersi conto dell’accaduto, e scorse il fantasma
nell’identica posizione
in cui l’aveva visto Miss X. Più tardi, il fantasma
medesimo fu visto accanto al
letto di mia madre; indi, seduto sulla sponda del letto
stesso. Lo videro
distintamente e nel medesimo tempo, entrambe le mie
sorelle unitamente a
una vecchia domestica. L’apparizione era la riproduzione
parlante di ciò che
in vita fu la madrina, eccezione fatta per la veste
grigia che indossava,
avendo essa avuto per uso - se ben ricordo - di vestire
costantemente di nero.
Anche mia madre la vide, e si rivolse da quella parte
esclamando: - Maria! -
che tale appunto era il di lei nome».
Anche nel caso esposto sono forti, per non dire
risolutive, le prove induttive
circa la presenza reale sul posto del fantasma apparso a
quattro percipienti. Si
rileva infatti che la prima apparizione fu osservata in
successione da due
percipienti; il che, si noti bene, non era occorso nella
camera dell’inferma,
bensì nella sala da pranzo, dove il fantasma si manifestò
seduto sulla
poltroncina abituale dell’inferma. Più tardi il fantasma
medesimo fu visto
accanto al letto della morente, quindi seduto sulla sponda
del letto stesso, e
furono tre le percipienti che lo scorsero nel
medesimo tempo (per cui
viene esclusa l’ipotesi della suggestione verbale, nonché
l’altra della
suggestione telepatica da parte del pensiero della
morente). Fu in
quest’ultima circostanza che la morente vide l’apparizione
e rivolgendosi dalla
parte in cui stava, esclamò: «Maria!», che tale era il
nome della defunta; ciò
che trae ad inferirne che la morente avesse in quel
momento visto per la
prima volta il fantasma della «madrina», nel quel caso
l’apparizione anteriore
nella sala da pranzo doveva risultare una manifestazione
indipendente; e con
ciò verrebbe più che mai esclusa l’assurda ipotesi secondo
la quale il pensiero
della morente avrebbe determinato telepaticamente
l’apparizione del
fantasma che in tale circostanza fu visto collettivamente
e
successivamente da due
percipienti.
Ci si troverebbe pertanto in presenza di multiple
situazioni di fatto tutte
convergenti verso la dimostrazione della obbiettività del
fantasma apparso.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
75
CASO XLVIII - L’episodio
che segue risulta teoricamente importante sotto
diversi punti di vista, ma disgraziatamente l’editore del Light,
dalla quale
rivista io lo desumo (1917, pag. 262), invece di
pubblicare la relazione, ne
diede un riassunto; e ciò in causa della riduzione delle
pagine della rivista per
le condizioni generate dalla guerra. Dimodoché in esso
mancano particolari
indispensabili onde conferire ai fatti valore scientifico.
Comunque, mi risolvo
a riferirlo, dolente di dover dichiarare che per la
medesima ragione della
trascuratezza degli editori e dei relatori, troppo sovente
io mi veda costretto a
mettere da parte gemme d’incomparabile valore.
«La signora M. S. di Edimburgo, sebbene non sia infermiera
di professione,
fece per elezione molta pratica in tal senso; ed ora ci
manda relazione della
morte per febbre di una bimba di sei anni, figlia dei
propri vicini di
pianerottolo.
«La madre di lei si dimostrava tristemente negligente dei
propri doveri verso
la sua bambina, non immaginando quanto essa fosse
gravemente ammalata; e
la lasciava per ore ed ore in custodia di un suo
fratellino dodicenne.
«Un giorno che la signora M. S. si recava ad assistere la
piccola Nelly, osservò
che il visino di lei era atteggiato a una gioia radiosa; e
improvvisamente le
parve che la camera fosse invasa da una vivida luce
“proprio come se le pareti
della camera non fossero esistite”; ed ella scorse al di
sopra del letto un’entità
spirituale di bimba in atteggiamento di chi sta in attesa.
In pari tempo, vide
che una nebulosità caratteristica sorgeva dal capo della
bimba inferma, e
andava a reintegrarsi in una forma a lei sovrastante, che
sembrava una altra
personcina di bimba drappeggiata di nebbia. Tale
personcina era già per metà
condensata, quando entrò nella camera la mamma; e
immediatamente ogni
concrezione fluidica disparve rientrando nel corpo della
bimba, mentre
l’espressione di gioia estatica che aveva assunto il di
lei volto, si mutò in
atteggiamento di sofferenza. La signora M. S. consigliò la
mamma a ritirarsi; e
nuovamente cominciò ad elevarsi una nubecola dal capo
della bimba, mentre
il visino di lei si atteggiò nuovamente a gioia estatica.
Poco dopo, essa
esclamò: - Lily! - e così dicendo, si spense.
Simultaneamente la forma
sovrastante erasi reintegrata e completata; e allora la
signora veggente scorse
l’altra entità spirituale di bimba avvicinarsi a quella
forma, prenderla con sé e
dileguarsi insieme alla sua vista.
«Fu soltanto dopo lo svolgimento degli eventi che la
signora M. S. apprese
come “Lily” fosse una sorellina di Nelly, morta un anno
prima».
Non sfuggirà a nessuno l’importanza che rivestirebbe
l’episodio esposto
qualora fosse integralmente reso, nonché convalidato dalle
necessarie
testimonianze. E l’importanza del medesimo deriva dalla
circostanza
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
76
dell’essere occorso al letto di morte di una bimba in
tenerissima età. Infatti
non è presumibile che una bimba di sei anni, ignara di
morire e in preda a
grandi sofferenze, avesse agio di pensare alla sorellina
defunta con intensità
di affetto sufficiente per trasmettere la visione
telepatico-allucinatoria alla
signora che l’assisteva.
E una volta eliminata tale eventualità, la versione
spiritica dell’evento non
potrebbe mettersi in dubbio. Tanto più se si considera
l’apparizione della
bimba defunta Lily, in unione al fenomeno di
“sdoppiamento” occorso al letto
di morte; fenomeni di cui la morente non poteva
trasmettere l’immagine
allucinatoria alla signora M. S. per la semplice ragione
che ne ignorava la
possibilità.
CASO XLIX - Recentemente
venne in luce in Inghilterra un libriccino di
contenuto metapsichico, dovuto alla signora Joy Snell, la
quale dopo aver
esercitata la professione di “nurse” (infermiera
patentata) per una ventina
d’anni, narra in esso le proprie esperienze di “sensitiva”
chiaroveggente al
capezzale degli innumerevoli infermi assistiti. Il libro è
interessante,
suggestivo ed istruttivo.
Il professore islandese Haraldur Niellson, dopo aver letto
il volumetto, volle
fare la conoscenza personale di colei che l’aveva scritto,
e nel proprio libro:
Mes expériences personnelles (pag. 107), così
si esprime al riguardo:
«Mi trovai dinanzi a una signora coltissima... Trassi
gioia e conforto dall’aver
fatto la sua conoscenza... Non mi accadde mai d’imbattermi
in una più
perfetta discepola di Cristo, capace di amare tutte le
creature del mondo. La di
lei amicizia è quanto di più magnifico mi offerse la
vita...».
Tali dichiarazioni del prof. Niellson sono importanti, in
quanto conferiscono
maggior valore all’aureo libriccino di Mrs. Joy Snell. In
merito alle proprie
esperienze al letto di morte, ella osserva che la maggior
parte dei degenti si
estinguono in condizioni di torpore comatoso, incapaci di
sentire od
esprimere qualsiasi emozione; ma che vi sono molte
eccezioni alla regola, e
che ben sovente, e indipendentemente dalle condizioni
fisiologiche del
morente o dal suo stato d’animo, questi scorge accanto al
letto delle
personalità di defunti da lui riconosciuti, ma invisibili
per gli altri. Venne
giorno però che nella signora Snell si svilupparono
facoltà chiaroveggenti, e
allora scorse di conserva ai morenti le personalità
spirituali venute ad
accoglierli e ad aiutarli al gran passo.
Mi limiterò a riferire un solo episodio del genere, a
titolo di esempio. Mrs. Joy
Snell scrive:
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
77
«La prima volta ch’io ebbi tale prova oculare, si fu al
letto di morte della
signorina L., una graziosa giovinetta diciassettenne, la
quale era amica mia. Si
spegneva per consumazione e senza sofferenze; ma l’estremo
languore del
corpo la rendeva anche moralmente stanca e desiderosa
dell’eterno riposo.
«Ma quando giunse per lei l’ora suprema, io scorsi che due
forme spirituali le
stavano accanto, l’una a destra e l’altra a sinistra del
letto. Non mi ero avvista
che fossero entrate; e quando divennero per me visibili,
erano già disposte ai
lati della morente; ma io le vedevo distinte quanto le
persone viventi. Io
denominai tali radiose entità col titolo di “angeli”, e
d’ora innanzi le chiamerò
così. Riconobbi subito in quelle forme angeliche due
giovanette, le quali erano
state in vita le migliori amiche dell’inferma, ed erano
morte da un anno,
entrambe all’età medesima di lei.
«Un istante prima che apparissero, la morente aveva
esclamato: - Si è fatto
improvvisamente oscuro; io non vedo più nulla. - Ciò
nonostante essa vide e
riconobbe subito le angiolette amiche. Un sorriso di gioia
suprema illuminò il
di lei volto, e stendendo loro le mani, esclamò
lietamente: - Siete venute a
prendermi? Ne sono felicissima, poiché mi sento stanca.
«E mentre la morente porgeva le mani alle angiolette,
queste facevano
altrettanto; l’una stringendo la destra, l’altra la
sinistra di lei. I loro volti erano
atteggiati a un sorriso più dolce ancora di quello che
irradiava dal volto della
morente nell’esultanza di presto ritrovare il riposo cui
anelava. Essa non parlò
più, ma continuò a tenere per circa un minuto le braccia
protese in alto, con le
sue mani strette in quelle delle amiche defunte, mentre
non cessava un solo
momento di contemplarle con espressione di giubilo
infinito. A un dato
momento le amiche abbandonarono le di lei mani, che
ricaddero
pesantemente sul letto. La morente emise un sospiro, come
se si accingesse
lietamente a prendere sonno, e dopo brevi istanti lo
spirito di lei esulava dal
corpo; ma sul di lei volto rimase impresso il dolce
sorriso che l’aveva
illuminato quando scorse a sé daccanto le amiche defunte».
(Mrs. Joy Snell:
The Ministry of Angels).
In merito al caso esposto, mi affretto ad avvertire che
non sarebbe possibile
valutarne con equità l’importanza teorica in senso spiritualista,
qualora si
pretendesse di analizzarlo allo stato isolato, tenuto
conto ch’esso appartiene a
una lunga serie di casi analoghi osservati per un
ventennio dalla medesima
grande “sensitiva”, i quali debbono considerarsi
cumulativamente; còmpito,
purtroppo, che non è possibile intraprendere nella
presente monografia.
Ciò premesso, riconosco che nel caso in esame si
riscontrano due soli
particolari suggestivi in senso spiritualista, l’uno dei
quali consiste nella
circostanza della veggente la quale riconobbe nelle forme
spirituali apparse,
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
78
due grandi amiche della morente, ciò che assume il valore
di un caso
d’identificazione spiritica. L’altro particolare emerge
dal gesto eloquente della
morente la quale aveva proteso in alto le braccia, in atto
di porgere ambe le
mani a due forme spirituali che apparentemente si
trovavano ai lati del suo
capezzale, e la veggente vide allora le amiche defunte
stringere fra le proprie
le mani di lei,. come pure osservò che non appena le
rilasciarono, esse
ricaddero pesantemente sul letto: tutti particolari che
dal nostro punto di
vista dimostrano come l’intero gesto della morente risulti
conforme alle
modalità con cui avrebbe dovuto estrinsecarsi qualora
fosse stato obbiettivo.
Ciò stabilito, giova comparare l’episodio in esame con
l’altro analogo riferito
in precedenza (caso XXXII), in cui un dottore in
medicina narra di una
bimbetta morente che per quanto con gli arti paralizzati,
portò in alto le
braccine, e ciò in guisa da suggerire che una entità
invisibile l’avesse aiutata
nella bisogna; il che veniva ulteriormente avvalorato
dalla circostanza che il
dottore aveva visto incurvarsi le dita di ambe le mani
della bimba, così come
se la medesima avesse realmente afferrato le mani di
un’entità spirituale ivi
esistente, e ciò allo scopo di farsi aiutare onde porsi a
sedere nel letto; non
solo, ma poco dopo si vide la bimba riadagiarsi nel letto
con provvide cautele,
proprio come se fosse stata aiutata a farlo. Niun dubbio
che tali modalità di
svolgimento suggerivano la presenza sul posto di un’entità
spirituale la quale
avesse aiutata la bimba. Senonché la prova complementare
in tal senso
mancava, in quanto il dottore nulla aveva scorto in quel
punto. Ed ecco che il
presente episodio, in tutto analogo per la fattispecie,
interviene propizio ad
apportare la prova complementare in tal senso, che per
quanto indiretta,
risulta teoricamente efficace, poiché questa volta la
“sensitiva” aveva scorto
entità spirituali identificate in atto di aiutare in guisa
analoga un’altra
morente. Dunque appariva legittimo il presupporre
altrettanto nel caso della
bimba paralizzata.
Per converso, dal punto di vista dell’episodio in esame,
giova rilevare che
nell’altro in discussione emerge positivamente che la
bimba paralizzata non
avrebbe dovuto compiere da sola il gesto di forza
osservato dal reale
intervento estrinseco per la spiegazione dei fatti;
circostanza quest’ultima che
giunge a sua volta propizia onde convalidare
indirettamente la realtà
obbiettiva di quanto aveva osservato di analogo
l’infermiera veggente.
CASO L - Lo
desumo dal Light (1935, pag. 271), e si tratta di un caso
collettivo di genere non comune, poiché le due percipienti
udirono una voce
maschile che conversava con una persona inferma, mentre
quella tra esse che
guardò nell’interno della camera da uno spiraglio della
porta, non vide
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
79
alcuno.
Mrs. Mary Fotzgibbon (8, Montpellier Road, London, W. 5)
riferisce:
«Mia nonna, la quale conviveva con noi, era da lungo tempo
confinata nel
letto per l’età molto avanzata. Era quasi cieca e
sordastra, con lieve
indebolimento delle facoltà mentali. Tali sue condizioni
avevano del tragico,
poiché essa era stata invece una donna molto attiva ed
energica, che a tutto
s’interessava, ed amava il conversare.
«Una sera mia sorella venne a me chiedendo: - Con chi
parla l a nonna? Chi è
venuto a visitarla? – Tali domande mi sorpresero, ben
sapendo che nessuno
era venuto. Comunque, mia sorella insisteva affermando che
quando era
passata dinanzi alla porta della camera in cui giaceva la
nonna, aveva
distintamente udito la voce di un uomo che conversava con
lei, ma che si era
trattenuta dall’entrare per non parere indiscreta.
«Essa era talmente certa di quanto affermava, che io mi
decisi a salire al
piano superiore per origliare alla porta della nonna. Non
c’era più dubbio: si
udiva chiaramente una voce maschile la quale conversava
con la nonna. Stetti
in ascolto per un paio di minuti, e siccome non pervenivo
a riconoscere la
voce che parlava, apersi pianamente uno spiraglio nei
battenti della porta, e
guardai all’interno: la nonna sedeva nel letto conversando
con una persona
che apparentemente si trovava a lei di fronte, ai piedi
del letto; ma in quel
punto io non vidi alcuno.
«Ne rimasi impressionata. Rinchiusi cautamente la porta, e
scesi le scale
informando mia sorella su quanto erami occorso. Discutemmo
calorosamente
insieme intorno a quel mistero, ma senza venire a capo di
nulla.
«Poco dopo, mia madre scese a sua volta raccontandoci di
aver trovato la
nonna molto sollevata di spirito. Dopo di che, aveva
aggiunto: - E sapete
perché? Essa si è messa in testa che è venuto a trovarla
il defunto suo figlio
Jackie, indugiandosi parecchio tempo a conversare con lei,
stando ai piedi del
letto.
«Naturalmente mia madre ne aveva concluso che la nonna era
stata vittima di
un’allucinazione; e quando la informammo su quanto era
occorso a noi di
riscontrare in coincidenza con la narrazione dell’inferma,
essa non volle
ammetterlo, e si burlò di noi.
«Senonché, da quella sera la nonna cominciò a peggiorare
rapidamente, e
qualche giorno dopo toccò a nostra madre di venirci a
dire, con espressione di
serietà, che il defunto cugino Jackie era tornato a
visitare la nonna,
preannunciandole che sarebbe venuto a prenderla fra
quattro giorni.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
80
«E quattro giorni dopo la nonna moriva».
I casi auditivi-collettivi al letto di morte sono
abbastanza rari, e in questo
episodio le due percipienti avevano udita la voce
misteriosa dal di fuori
dell’ambiente in cui risuonava, mentre la prima tra esse
l’aveva percepita
casualmente passando dinnanzi alla porta della camera in
cui giaceva
l’inferma; ciò che vale più che mai ad escludere l’ipotesi
autosuggestiva
provocatrice di un’audizione allucinatoria, e con ciò,
traendo ad ammettere il
carattere obbiettivo della voce percepita.
Ora ciò equivale ad ammettere che la nonna abbia visto
e conversato
effettivamente col figlio defunto; il che vale convalidare
anche l’obbiettività
della successiva apparizione del medesimo fantasma venuto
a preannunciare
all’inferma che sarebbe tornato a prenderla in capo a
quattro giorni; e tanto
più la convalida se si considera che il preannuncio
risultò veridico.
CASO LI - Lo
ricavo dal Light (1937, pag. 63). Mr. H. L. Williams,
comandante in ritiro del Corpo di Polizia delle Indie,
riferisce:
«Da qualche tempo io mi trovo a convivere con Mr. Hugo
Quintal, un
veterano della Polizia indiana, il quale giorni or sono
introdusse il discorso
intorno a un evento impressionante cui aveva assistito al
letto di morte di una
sua nipote, di nome Jessie Taylor, deceduta per
consunzione in quella
medesima casa.
«Egli cominciò dicendo che quando la morente ebbe esalato
l’ultimo respiro, e
la sua salma giaceva irrigidita nel letto, con le labbra
chiuse, aveva udito una
voce che così gli parlò: - Zio Hugo, addio. Io me ne vado
con la zia Vittoria -
(quest’ultima era morta qualche anno prima). Quella voce proveniva dal
punto in cui giaceva la salma inanimata. Detto ciò, Mr.
Quintal chiese a me: -
Come spiegate questo incidente? - Risposi: - Secondo me,
l’unica spiegazione
razionale sarebbe il presumere che lo spirito di lei,
tuttora presente, abbia
trovato il modo di sottrarre alla propria salma ancora calda,
fluidi vitali
sufficienti per articolare alla “voce diretta” la frase
che avete udita. - Egli
soggiunse: - Proprio quello che pensavo anch’io.
«Nell’anno seguente anche “Lena”, la sorella di Jessie,
moriva nella camera
medesima, per la medesima infermità. Si trovavano presenti
al letto di morte,
la madre di lei, Mrs. Hope Taylor, Miss Martha Taylor,
Mrs. George Nobbs,
Mr. Hugo Quintal, ed altre due amiche di famiglia.
«Riferisco ciò che avvenne, quale a me lo raccontarono
Miss Martha Taylor e
Mrs. George Nobbs.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
81
«Per alcuni minuti la moribonda conversò volubilmente con
la defunta sorella
Jessie, per quanto quest’ultima fosse invisibile a tutti i
presenti; e tale
conversazione terminò con la seguente frase: - Cara
Jessie, non sono ancora
pronta. Verrai a prendermi più tardi. - Non appena
pronunciate tali parole,
noi tutti scorgemmo la forma fluidica di Jessie che a
passo lento si avviava
verso la porta, e quel che appare più stupefacente ancora,
ne udimmo tutti
risuonare i passi!
«Mr. George Nobbs aggiunse che sebbene fosse
impressionatissima per
l’accaduto, ebbe il coraggio di tener dietro
l’apparizione, e la vide uscire dalla
porta per poi salire il viale che conduce al portone
d’ingresso.
«Alcune ore dopo, la morente esalava l’ultimo respiro».
(Firmato: H. L. Williams, novembre 24, 1936)
Nel caso esposto erano sei le persone presenti, e tutte
scorsero la forma
fluidica della defunta Jessie, la quale, un momento prima,
aveva conversato,
benché invisibile, con la sorella morente; e tutte la
scorsero in forma identica,
tutte la videro avviarsi alla porta, tutte ne udirono
risuonare i passi;
particolare quest’ultimo che richiede un commento in
servizio dei profani in
metapsichica. E’ infatti presumibile che chi è profano in
argomento ritenga
assurdo che i presenti abbiano udito risuonare i passi di
uno spirito, il quale
per sua natura dovrebbe ritenersi immateriale; ma tale
particolare risulta
invece tra i più comuni nella fenomenologia metapsichica
d’ordine fisico,
specialmente nei fenomeni d’infestazione, in cui l’eco dei
passi deambulanti
negli ambienti infestati risuona talvolta così potente da
far traballare
l’impiantito, mentre risulta indubbiamente reale,
obbiettivo, registrabile e
registrato dal disco del fonografo; ma già si comprende
che non è l’eco dei
piedi fluidici che calcano l’impiantito, bensì l’opera del
defunto, il quale agisce
con la forza della volontà sui fluidi esteriorati
nell’ambiente, in guisa da
riprodurre sincronicamente il fenomeno fisico dei passi
reali.
Ciò spiegato, non rimane che concludere osservando che in
base al complesso
di quanto si venne esponendo deve escludersi la
spiegazione allucinatoria del
caso in esame, visto che sei persone non possono
allucinarsi in guisa identica.
In pari tempo tutto ciò vale a dimostrare come anche la
conversazione
avvenuta in precedenza tra la sorella agonizzante e la
sorella defunta, era a
sua volta una conversazione autentica, non già
immaginaria; con le
conseguenze teoriche che ne derivano.
CASO LII - Tolgo
l’episodio seguente dal Journal of the American S. P.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
82
R. (1921, pagg.
114-122), ed è un episodio rigorosamente
documentato, in cui
i relatori avevano preso nota immediata dell’evento
occorso, il quale si
realizzò al letto di morte del noto poeta e prosatore
nord-americano Orazio
Traubel (1858-1919), che fu il Boswell dell’altro
sommo poeta nord-americano
Walt Whitman. Egli era stato l’intimo amico di
quest’ultimo, e lo aveva
studiato tutta la vita con immenso amore, così come il
Boswell aveva studiato
Samuel Johnson; e dopo la morte dell’amico, egli aveva
pubblicato un Diario
di parecchi volumi che ne illustrava la vita e il
pensiero. Orazio Traubel, a sua
volta, fu poeta geniale della scuola medesima di Walt
Whitman, e per taluni
critici le poesie del discepolo rivaleggiano con quelle
del maestro.
La signora Flora Mac Donald Denison che si trovò presente
al letto di morte
di Orazio Traubel, riferisce quanto segue:
«Il giorno 28 agosto, Orazio era molto depresso di
spirito. La malattia di
Anna e la partenza dei Bains erano amarezze troppo forti
per la sua fibra.
Mildred gli tenne compagnia lungamente, e decidemmo di non
lasciarlo solo
un istante.
«Quando ci recammo sulla veranda per trasportarlo in casa,
lo trovammo
raggiante di gioia. Appena mi vide, esclamò: - Flora,
guarda! Guarda! Presto:
egli se ne va. - Dove? Che cosa vedi, Orazio? Io nulla
scorgo. - Là, su quella
sporgenza di roccia, mi apparve Walter. Ne vidi la testa
ed il busto. Portava il
cappello; era splendido, raggiante; pareva circonfuso da
un’aureola d’oro. Mi
salutò con la mano, quasi a rinfrancarmi, e mi parlò.
Udivo distintamente il
timbro della sua voce, ma non compresi che una sola frase:
Vieni. Ti attendo. -
In quella, sopraggiunse Frank Bains, al quale egli ripeté
il medesimo
racconto; e per tutta la sera si mostrò sollevato di
spirito, raggiante, felice...
«Nella notte del 3 settembre, Orazio stava male, e lo
vegliai per alcune ore.
Quando vidi le sue pupille immobili dirigersi lentamente
su di me, io credetti
ch’egli entrasse in agonia. Invece desiderava di essere
cambiato di posizione.
Mentre eseguivo il suo desiderio, notai ch’egli pareva
stare in ascolto. Subito
dopo osservò: - Sento la voce di Walt. Egli mi parla. -
Chiesi: - Che cosa ti
dice? - Soggiunse: - Egli mi ripete: Vieni con me. Vieni,
ti attendo. - Dopo
qualche istante, egli aggiunse: - Flora, insieme a Walt
sono qui convenuti tutti
gli amici. Vi è Bob, vi è Buck e gli altri...
«Il colonnello Cosgrave giunse alla sera per vegliare
Orazio; e gli avvenne di
scorgere il fantasma di Walt Whitman, il quale apparve
dall’altro lato del
letto, gli si avvicinò, e gli toccò la mano destra,
ch’egli teneva in tasca. Quando
lo toccò, il colonnello avvertì una sorta di scossa
elettrica. Anche Orazio vide
Walt, e lo disse. Tali apparizioni ebbero per effetto di
dissipare come per
incanto ogni tetraggine dall’ambiente. Nessuno più si
sentiva depresso: un
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
83
senso di trionfale esultanza permeava l’atmosfera di
quella casa».
(Firmata: Flora Mac Donald Denison)
Il dottor Franklin Prince, segretario della «American
Society for P. R.»,
scrisse al colonnello Cosgrave, onde ottenere ulteriori
ragguagli sull’evento.
Dal carteggio che ne derivò, stralcio questi brani
essenziali: «Nei mesi di
agosto e settembre 1919, io vissi in rapporti familiari
con Orazio Traubel, a
tutti noto per le sue opere e per le sue nobilissime
aspirazioni spirituali. Prima
di tale periodo io non lo conoscevo personalmente; come
pure, non avevo che
una cognizione molto superficiale delle opere e delle
idealità di Walt
Whitman. Rilevo tutto questo al fine di dimostrare che la
mia mentalità
cosciente e subcosciente, non era punto influenzata dalle
opere e dalle idealità
degli scrittori in discorso. Aggiungo inoltre che il mio
lungo servizio militare
in Francia con l’esercito Canadese, passato quasi sempre
in prima linea, dal
gennaio 1915 fino all’Armistizio, mi aveva naturalmente
familiarizzato con la
morte; dimodoché l’ambiente che circonda i morenti, per
quanto m’ispirasse
un grande rispetto, non generava in me quella tensione
nervosa, o quella
sovreccitazione emozionale che si verificano naturalmente
in persone non
familiarizzate con la morte. Ed anche questo io faccio
rilevare al fine di
provare ch’io mi trovavo in condizioni normali di spirito
allorché si realizzò lo
evento di cui vi scrisse Flora Denison, evento ch’io
confermo in ogni
particolare. In breve: ecco ciò che avvenne:
«Nelle tre notti che precedettero la morte di Orazio Traubel,
io mi recavo a
vegliarlo nelle ultime ore della notte. Attendevo da un
momento all’altro la
sua fine, e i miei pensieri si mantenevano spiritualmente
sereni ed elevati,
conforme alla solennità del momento e dell’ambiente che mi
circondava;
come anche in virtù di una sorta di magnetismo peculiare
che pareva emanare
da quell’uomo che si spegneva, il quale era stato un
grande altruista, ed aveva
spesa tutta la vita in servizio dell’umanità. Già altre
volte avevo avvertita
questa sorta curiosa di magnetismo spirituale, e sempre in
presenza di grandi
caratteri; non mai con uomini ordinari.
«Orazio Traubel si estingueva per paralisi e per
esaurimento, ma in apparenza
non soffriva. Era semicosciente, ed articolava
difficilmente le parole in causa
della paralisi alla lingua; ma i suoi occhi, sempre vivaci
ed espressivi, ci
facevano facilmente indovinare i suoi desideri.
Nell’ultima notte, verso le tre
del mattino, egli si aggravò improvvisamente, il respiro
divenne quasi
impercettibile, e gli occhi si chiusero; pareva immerso in
condizioni comatose,
mentre il suo corpo era in preda a moti convulsivi. Poco
dopo egli riaperse gli
occhi, appuntando lo sguardo ai piedi del letto, mentre il
labbro si agitava in
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
84
uno sforzo vano di parlare. Supponendo ch’egli avesse
bisogno di respirare
più liberamente, io rimisi delicatamente il suo capo nella
posizione normale,
ma egli subito si voltò tornando a guardare dalla medesima
parte, fissando
estatico un punto situato a tre piedi al di sopra del
letto. Allora fui tratto
irresistibilmente a guardare da quella parte. L’ambiente
era
insufficientemente rischiarato da una lampadina notturna
posta dietro una
cortina, nell’angolo estremo della camera.
«Gradatamente il punto in cui si appuntavano i nostri
sguardi si andò
rischiarando; quindi apparve una leggera nubecola, che si
diffuse e ingrandì
rapidamente, assumendo in breve forma umana, nella quale
si delinearono le
sembianze di Walt Whitman. Egli appariva in piedi accanto
al letto del
morente, vestito di una ruvida giacca leggera, col solito
cappello di feltro in
testa, e la mano destra in tasca; posa in lui familiare, e
che si vede riprodotta
in alcuni suoi ritratti. Guardava Traubel, e gli sorrideva
affettuosamente,
come a rinfrancarlo e a dargli il benvenuto. Due volte gli
fece cenno col capo;
e dall’espressione del volto si comprendeva ch’egli
intendeva fargli buon
animo. Rimase pienamente visibile per circa un minuto
primo, per poi
dissiparsi gradatamente... Ma prima di dissiparsi, mentre
Orazio ed io lo
guardavamo intensamente, egli si mosse, avvicinandosi ad
Orazio. Questi, che
per la paralisi non poteva restare a lungo con la testa
voltata da una parte, fu
forzato a riprendere la posizione normale, e così facendo
balbettò: - Qui c’è
Walt. - Nel tempo stesso, il fantasma si diresse a me,
attraversando
apparentemente il letto, e mi toccò la mano, quasi in
segno di addio. Quel
contatto fu da me avvertito come una leggera scossa
elettrica. Quindi Walt
sorrise un’ultima volta ad Orazio, e disparve dalla nostra
vista.
«Ciò avvenne il giorno 6 di settembre, due ore prima che
l’infermo morisse,
ore che per lui trascorsero in buona parte nel coma,
mentre la paralisi gli
toglieva l’uso della favella anche negli intervalli di
veglia; ma lo sguardo era
pieno di silenziosi messaggi, e si capiva ch’egli scorgeva
altre manifestazioni
da noi non viste».
(Firmato: Colonnello Cosgrave)
In questo interessante episodio di visualizzazione
collettiva al letto di morte,
si rilevano indizi altamente suggestivi nel senso
dell’obbiettività del fantasma
apparso. Anzitutto per le modalità con cui si venne
estrinsecando, le quali
s’iniziarono in forma di una nubecola luminosa che si
allungò, si condensò,
crebbe in volume fino a raggiungere le proporzioni e poi
la forma umana, in
cui si delinearono le sembianze del defunto poeta Walt
Whitman, intimo
amico dell’altro poeta morente. Ora è noto che tali
modalità di estrinsecazione
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
85
risultano quelle che ordinariamente si riscontrano nei
processi delle
materializzazioni sperimentali di fantasmi, tanto allorché
si realizzano in
forma concreta, come quando assumono forma imponderabile (e
nel nostro
caso si sarebbe trattato di un fantasma fluidico
imponderabile, quindi
capace di passare attraverso ad un letto). In secondo luogo, l’obbiettività
presumibile dell’apparizione si desumerebbe dall’altra
circostanza del
fantasma che si avvicina al percipiente toccandogli una
mano in segno di
saluto; contatto che il percipiente avverte in forma di
una leggera scossa
elettrica.
Non si può negare che le due circostanze esposte, per
quanto non possano
considerarsi risolutive nel senso dell’obbiettività del
fantasma, risultino però
sufficienti onde autorizzare a concludere che le
probabilità maggiori stanno in
favore di quest’ultima spiegazione; e in conseguenza,
della interpretazione
spiritica dei fatti; interpretazione che, del resto,
risulterebbe ugualmente
legittima qualora si fosse trattato di un fantasma
puramente telepatico
trasmesso dal pensiero consapevole del defunto all’amico
morente.
Al qual proposito ripeto che l’unica ipotesi rivale delle
due riferite - quella
della trasmissione al percipiente del pensiero allucinato
del morente - ipotesi
che per puro sentimento di correttezza scientifica ho
accolto ed illustrato in
precedenza nel presente lavoro, è invece da eliminarsi in
qualunque
circostanza di visualizzazioni collettive della natura
esposta, e ciò in quanto
essa è contraddetta dai fatti fino al punto da esserne
demolita, come mi
riservo a dimostrare nelle argomentazioni conclusionali.
CASO LIII - In
quest’altro episodio non si tratta precisamente di visione
collettiva al letto di morte, bensì di apparizione
percepita in rapporto a
persona che doveva morire diciotto mesi dopo, vedendo a
sua volta la
medesima apparizione. Si tratterebbe pertanto di visione
premonitoria,
ripresentatasi al letto di morte.
Tolgo il caso dal Journal of the S. P. R. (1905,
pag. 327). Il signor Joshua
Hodgson scrive:
«Nella sera di venerdì, 29 luglio 1898, mia moglie era
molto affaccendata
intorno alle incombenze domestiche, ed io le sedevo
vicino, fumando e
leggendo, fino a che mi addormentai. Rimasi in sonno fin
oltre la mezzanotte;
e quando mi svegliai e mi guardai attorno, fui sommamente
stupito di vedere
a me dinanzi due figure umane: mia moglie sdraiata sul
seggiolone immersa
in sonno profondo, e un’altra figura biancovestita a lei
sovrastante.
Guardando in volto la figura sovrastante, con immensa
meraviglia ravvisai la
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
86
madre di mia moglie! Avvenuto il riconoscimento, essa
disparve, mentre mia
moglie continuò a dormire tranquillamente, ignara di
quanto accadeva.
Ritenni prudente di non far cenno con lei dell’evento
occorso, per tema
d’impressionarla, e me ne astenni per parecchi mesi; ma
debbo confessare che
la visione occorsa aveva lasciato in me l’impressione
spiacevole che si
trattasse di un pronostico di sventura imminente.
«Mia moglie moriva il giorno 18 marzo 1900, diciotto mesi
dopo che sua
madre mi era apparsa a lei sovrastante nel sonno.
«Pochi giorni prima di morire, essa disse che vedeva sua
madre insieme al
proprio figlio (morto diciassette mesi prima), i
quali l’attendevano e la
chiamavano. Dopo tali parole, essa passò allo stato
d’incoscienza,
perdurandovi fino alla morte...».
Nell’episodio esposto, in cui lo svolgimento degli eventi
confermò l’intuizione
del relatore secondo la quale l’apparizione osservata era
un pronostico di
sventura imminente, deve inferirsene che se la
visualizzazione della madre
della propria moglie risultò premonitoria di morte per
quest’ultima, allora
tale visualizzazione assume carattere intenzionale da
parte di colei che si era
manifestata a tale scopo; considerazione la quale vale a
collegare la prima
manifestazione con la seconda al letto di morte. E se così
è, se cioè, debbono
considerarsi entrambe intenzionali, nonché complementari
l’una dell’altra,
allora ne consegue razionalmente che doveva trattarsi di
manifestazioni
estrinseche, obbiettive, indipendenti, non già originate
nella subcoscienza di
colei che doveva morire.
CASO LIV - Lo
ricavo dal Light (1926, pag. 583). Mrs. L. M. Tranter, di
professione «nurse» (infermiera patentata), invia
la seguente breve relazione
di ciò che vide ed ascoltò vegliando un’inferma sul letto
di morte:
«Assistevo, in qualità di “nurse” privata, una vecchia
signora di 87 anni. Una
notte in cui vegliavo nella sua camera, assorta nella
lettura, udii l’inferma a
pronunciare con tonalità meravigliata il nomignolo di
“Tedd”, iniziando
subito una conversazione con qualcheduno. Smisi di
leggere, e mi alzai per
accorrere al letto dell’inferma; ma mi arrestai di botto
stupita, poiché avevo
scorto una forma vaporosa seduta nel seggiolone prossimo
al letto. In pari
tempo sentivo come se mi si fosse sottratta tutta la forza
dalle gambe. Stetti
qualche tempo a guardare; quindi mi avvidi che la forma
diveniva indistinta,
poi trasparente, e infine si dileguò a me dinanzi.
«Poco dopo l’inferma moriva; e quando mi accinsi a
raccogliere i dati
necessari onde stendere regolare denuncia del decesso,
trovai che il nome del
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
87
marito defunto della vecchia signora era “Edward”; il che
corrispondeva al
nomignolo profferito dalla morente. Chiesi allora
spiegazioni in proposito ad
una di lei figlia, e seppi che la vecchia signora, quando
nominava il marito, lo
chiamava costantemente col vezzeggiativo “Tedd”».
Noto in questo episodio come la relatrice-percipiente
informi che
simultaneamente all’apparizione del fantasma fluidico nel
seggiolone,
«pareva che le venisse sottratta tutta la forza delle
gambe»; ciò che
tenderebbe a far presumere ch’essa possedesse facoltà
medianiche, e in
conseguenza, che avesse contribuito col proprio “fluido”
alla estrinsecazione
del fenomeno; nel qual caso, anche per questo episodio
dovrebbe inferirsene
che non si trattava di un fantasma telepatico, ma di una
materializzazione
incipiente del defunto manifestatosi.
CASO LV - Lo
deduco dalla rivista francese Psychica (1936, pag. 135). Mr.
André Richard, scrive dalla città di Douai (Francia):
«Da parecchi giorni, nella nostra provincia non si parla
che di uno strano
evento occorso, e qualificato per miracolo dal popolino;
evento che si realizzò
nella Somme, frazione “Bayon”, comune di Plachy, a undici
chilometri da
Amiens; ed avvenne al letto di morte di una certa Martin,
nata Maria
Alexandrine Biendiné, dell’età di anni 72.
«La signora in discorso era caduta inferma, e venne
trasportata a casa della di
lei figlia maggiore, signora Jeanne Martin.
«Siccome il male si era aggravato rapidamente, il dottore
curante M. Noquet
consigliò i familiari di vegliare durante la notte la
settuagenaria.
«Nel mattino di lunedì, 27 aprile 1936, alle ore otto,
l’inferma entrò in agonia.
«Erano presenti al letto di morte il marito Gaston Martin,
di anni 78; la
signora Jeanne Martin loro figlia, di anni 45; Mad.
Gosset, di anni 65;
un’amica del vicinato, il figlio Emilio Martin, e i
coniugi Minet, nipoti della
morente.
«D’improvviso, alle ore 8,30, l’agonizzante fu colta da
viva agitazione, si rizzò
a sedere nel letto, e con occhi smisuratamente spalancati
prese a fissare
insistentemente un angolo della camera. Quindi,
evidentemente spossata
dallo sforzo compiuto, ricadde pesantemente sui
guanciali».
A questo punto, il marito Gaston Martin, riferisce:
«In tale istante tutti i presenti videro apparire un globo
luminoso sovrastante
al capo della moribonda, il quale si trasformò lentamente
in un busto vivente
di donna che spostandosi in alto, prese posto vicino alla
parete. La testa di
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
88
quel busto era alquanto più grande del naturale, e
rappresentava una giovane
donna sui trent’anni, molto bella, e dall’espressione
dolcissima. Essa volgeva
sui convenuti il proprio sguardo radioso, che a tratti,
pareva scintillante.
Dietro alla forma eravi una sorgente di luce solare
abbagliante. Quindi quel
busto femmineo ridiscese lentamente, e quando fu vicino al
capo della
morente, scomparve, quasiché fosse stato assorbito dal
capo di quest’ultima.
«In quel preciso istante, l’inferma esalava l’ultimo
respiro».
Questo l’episodio supernormale inconsueto, in cui il
fenomeno delle
“apparizioni dei defunti al letto di morte” è costituito
da un busto femmineo
non riconosciuto; e siccome fu collettivamente osservato
da sette persone, per
le quali si svolse in guisa identica, non è lecito
metterne in dubbio
l’obbiettività. Ma che cosa rappresentava quel busto
vivente di giovane donna
sconosciuta a tutti i presenti, bella, radiosa, circonfusa
da un ampio alone di
luminosità abbagliante?
Un giornale locale scrisse che il popolino aveva subito
concluso
all’apparizione della Madonna, e che molti cattolici
avevano gridato al
miracolo; ciò che non sorprende, date siffatte portentose
modalità di
estrinsecazione.
Dal nostro punto di vista, giova osservare che nella
fattispecie il caso appare
realmente inconsueto nella categoria dei fenomeni qui
considerati, in cui le
forme spirituali apparse risultano costantemente fantasmi
di parenti e di
amici defunti, noti al morente e agli assistenti; ma non
bisogna dimenticare
che ogni regola comporta numerose eccezioni, le quali, in
fondo, confermano
la regola.
A puro titolo informativo, noterò che per gli aderenti
all’interpretazione
spiritualista dell’alto medianismo, la spiegazione
dell’episodio in esame
potrebbe ricercarsi negli ammaestramenti impartiti dai
defunti comunicanti;
secondo i quali tutti i viventi sarebbero assistiti (fin
dove è lecito, senza
interferire con le “prove” cui deve sottostare ogni
singolo individuo) da uno
“spirito-guida” che li sorveglierebbe nel corso intero
della loro esistenza
incarnata (ciò che la chiesa cattolica avrebbe intuito
nel simbolo “dell’angelo
custode”); nel
qual caso dovrebbe inferirsene che in luogo dei parenti o
conoscenti della morente, siasi manifestato il di lei
“spirito-guida”.
Ovvero, potrebbe anche presumersi che la forma spirituale
apparsa sia stata
in vita un’amica di gioventù della vecchierella morente, e
in conseguenza
risultasse sconosciuta a tutti i presenti. Non
dimentichiamo che la morente fu
la prima a scorgerla, comportandosi in guisa da suggerire
che probabilmente
la riconobbe. Senonché, adottando tale interpretazione,
riuscirebbe meno
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
89
facile il darsi ragione dell’aureola di luminosità in cui
apparve circonfusa
l’apparizione, segnacolo quest’ultimo di elevatezza nella
gerarchia spirituale.
Comunque sia di ciò, sta di fatto che dal nostro punto di
vista, anche questa
inconsueta modalità di estrinsecazione occorsa nella
categoria delle
“apparizioni dei defunti al letto di morte”, convalidata
collettivamente da
sette testimonianze, nonché divenuta di pubblica ragione
nel circondario in
cui si estrinsecò, deve considerarsi obbiettiva, e niente
affatto allucinatoria.
CASO LVI - Lo tolgo
dal Light (1907, pag. 494). Il dottore W. T. O’Hara,
medico sui transatlantici della Compagnia «White Star
Line», racconta che in
uno dei viaggi sulla linea di Yokohama, era stata affidata
alle cure del capitano
una graziosa fanciulla decenne rimasta orfana, la quale
tornava al Giappone,
dove l’attendevano i parenti. Era così graziosa, così
buona e intelligente che
avvinse ben presto i cuori di tutti i componenti
l’equipaggio, ma soprattutto
degli ufficiali di bordo, incluso il dottore che riferisce
il fatto.
Allorché il transatlantico giunse nel mare della China, la
fanciulla si ammalò
gravemente di febbre tropicale, e malgrado tutte le cure
prodigate dal dottore,
essa andò rapidamente peggiorando, e si comprese che
annunciavasi
inevitabilmente un decorso fatale della malattia.
A questo punto il dottore informa che quando vegliava la
fanciulla, cominciò a
provare un senso inesplicabile di una presenza nella
cabina, per quanto
nulla scorgesse a sé intorno. Il polso della fanciulla
diveniva sempre più
debole, e il dottore sorvegliava ansiosamente i mutamenti
nell’espressione del
di lei volto; quando all’improvviso la cabina cominciò a
illuminarsi in guisa
misteriosa, sebbene l’alba fosse ancora lontana. In breve
quella luminosità
divenne brillante come l’aurora nell’imminenza del sorgere
del sole: quindi
parve condensarsi in una radiosità palpitante, con
ondulazioni azzurre,
bianche, dorate, le quali si concentravano intorno al
corpo della piccola
inferma. Così fu per qualche tempo; quindi tutto disparve,
e la cabina tornò
nella primitiva semi-oscurità, in cui una lampadina
notturna velata era la sola
fonte luminosa.
Durante l’estrinsecarsi del fenomeno, la fanciulla aveva
guardato il dottore
con aria di chi vorrebbe chiedere spiegazioni; quindi
aveva mormorato: - Oh!
Guardate! Guardate! Come è bello! - E così dicendo, le
dita della mano di lei
strinsero convulsamente la mano del dottore. A questo
punto, il dottore così
prosegue:
«Essa rivolse improvvisamente lo sguardo in alto. Anch’io
guardai in quella
direzione, e vidi rasente il soffitto, al di sopra del di
lei capo, formarsi un
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
90
globo luminoso dai contorni indecisi, risplendente alla
guisa di un fanale
immerso in fitta nebbia. Crebbe lentamente come già
l’altro fenomeno
luminoso, e divenne infine una brillante sfera di luce
bianco-azzurra, la quale
pareva palpitante di vita. Aveva qualche somiglianza coi
fuochi di Sant’Elmo
quali appariscono sulle sommità dell’alberatura durante le
tempeste saturate
di elettricità.
«Ed anche questa volta, la fanciulla mi aveva guardato
mormorando: - Oh,
guardate! Guardate!
«Lentamente - tanto lentamente che per qualche tempo io
non me ne avvidi -
quel globo luminoso scese sulla fanciulla e ne circonfuse
il capo, conferendo a
quel volto soave di bimba sofferente una gloria di
radiosità spirituale
letteralmente angelica. Giammai ebbi ad assistere a una
visione di bellezza
simile, e giammai vi assisterò in avvenire.
«Mentre quel globo sostava vagolando e vibrando intorno al
capo della
fanciulla morente, io sentii che la mano di lei si
contraeva fra le mie, mentre
un lieve tremito ne scuoteva il corpo. L’inferma fece un
debole sforzo onde
rialzare il capo, esclamando con voce fioca e parole
stentate:
« - Oh! Mamma, mamma! Sì, sì, la scorgo la via radiosa.
Com’è bella! Come
tutto risplende!
«La sua voce si estinse in un lieve bisbiglio incompreso,
mentre quel globo
luminoso si elevava di scatto, raggiungeva il soffitto, e
spariva. La testolina
ricciuta della fanciulla ricadde sui guanciali. Ebbi ad
avvertire nel corpo una
lieve contrazione dei muscoli, le dita della di lei mano
si rilassarono, il polso
divenne insensibile, emise un leggero sospiro, mentre quel
visino d’angelo
diveniva bianco, bianco come un pannolino.
«M’inginocchiai, col pianto che mi faceva groppo in gola;
mi trovavo solo
oramai con una morticina.
«Le incrociai sul petto le manine, e macchinalmente
guardai l’orologio:
segnava le due e trenta antimeridiane.
«Mentre ancora stavo genuflesso, si aperse la porta della
cabina ed entrò il
capitano, seguito dal primo e secondo ufficiale, e dagli
altri due ufficiali
supplenti. Il capitano si avvicinò al lettuccio, pose la
mano sulla fronte della
morticina; quindi si volse a me dicendo:
« - Me lo aspettavo! - Indi aggiunse: - Dottore, io non
credo affatto ai
fantasmi, né agli spiriti, od a cose simili, e ritengo che
tra di noi non siavi
alcuno che vi creda. Ciò non toglie che io, con questi
quattro ufficiali, abbiamo
assistito proprio in questo momento a qualche cosa di
straordinario; e questo
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
91
“qualche cosa” era così distinto e reale da escludere ogni
possibilità
d’illusioni. Ciò che abbiamo visto è un globo di luce
azzurrognola, che pareva
un fuoco di Sant’Elmo nella tempesta. Apparve al di sopra
delle nostre teste,
nel salottino dei fumatori; e mentre lo guardavamo, esso
attraversò la camera,
dirigendosi verso la porta. Quivi rimase un istante, per
poi avviarsi alla porta
di questa altra cabina, ed ivi sparire. A tale vista, io
dissi ai miei compagni:
Ragazzi, l’angelica bambina nostra in questo momento è
morta...».
Nel commovente episodio esposto, il particolare
teoricamente più suggestivo
consiste nel fatto che il globo luminoso visto dal
capitano e dagli ufficiali di
bordo, oltre a dimostrarsi il medesimo globo visualizzato
dal dottore e dalla
fanciulla morente, risultò guidato da una intenzionalità
ben definita, in
quanto si diresse dal salottino degli ufficiali, alla
porta della cabina in cui
spirava in quel momento la fanciulla affidata alle cure
del capitano; con ciò
facendosi messaggero della di lei morte. Niun dubbio
pertanto intorno alla
genesi trascendentale della manifestazione.
E qui sorge spontanea la domanda: Che cosa, dunque,
rappresentava quel
globo luminoso? Al qual proposito giova ricordare l’altro
analogo evento
descritto nel caso che precede, in cui ebbe ad assistere
all’estrinsecazione di
un globo luminoso il quale si trasformò rapidamente in un
busto di donna
vivente. Dal che dovrebbe indursene come anche nel caso in
esame, il globo di
luce azzurrognola visto collettivamente e successivamente
da sei persone, il
quale erasi dimostrato guidato da una volontà,
rappresentasse a sua volta una
delle modalità con cui si manifestano gli spiriti dei
defunti, e in cui volle
manifestarsi agli ufficiali di bordo la madre della
fanciulla morente; mentre la
medesima entità manifestavasi a quest’ultima in forma
umana allo scopo di
farsi riconoscere.
Noto in proposito che nella casistica medianica non sono
rari i casi in cui
tanto gli “spiriti dei defunti”, quanto gli “spiriti dei
morenti”, appariscono ai
percipienti sotto la forma di un globo luminoso; e in una
mia precedente
monografia ho citato un buon numero di casi di tal natura;
tra i quali è
notevole l’episodio di una madre la quale, al momento in
cui il proprio bimbo
esalava l’ultimo respiro, vide scaturire dal suo capo un
globo luminoso che
rapidamente si elevava e scompariva attraverso il
soffitto.
Nell’episodio esposto giova rilevare ancora la frase del
relatore in cui informa
che quando la fanciulla da lui vegliata era entrata in
agonia, egli cominciò a
provare un senso inesplicabile di una presenza nella
cabina, per quanto
nulla scorgesse a sé intorno. Tale misteriosa sensazione
“di una persona”,
risulta addirittura come nei casi di “telepatia al momento
della morte”, nei
casi delle “manifestazioni dei defunti”, e nei casi dei
fantasmi quali si
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
92
estrinsecano nelle “case o località infestate”; e concorre
efficacemente a
dimostrare la natura “obbiettiva” dei fantasmi che si
manifestano; come pure
sottintende un’azione telepatica sul percipiente da parte
dei fantasmi in
questione.
Noto che sono frequenti i casi in cui il percipiente,
assorto nella lettura, o in
altra mansione qualunque, non avrebbe scorto il fantasma
se questi non lo
avesse indotto telepaticamente a voltarsi dalla parte in
cui avveniva la sua
manifestazione. E quest’ultima circostanza - del fantasma
il quale non è
visibile che nel punto in cui il percipiente è influenzato
telepaticamente a
guardare - si trasforma in un’ottima prova in favore della
obbiettività dei
fantasmi che così si comportano.
Non credo pero che tra i lettori del pietosissimo episodio
esposto, possano
rinvenirsi delle mentalità a tal segno inaridite intuitivamente
dal preconcetto
materialista, da persistere nell’attribuire illogicamente
tutto ciò che avvenne,
alle gesta della subcoscienza di una bimba morente.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
93
CATEGORIA IV
Casi di apparizioni al letto di morte coincidenti con
analoghi
preannunci o riconferme conseguite medianicamente
La presente categoria risulta fra le più importanti dal
punto di vista
scientifico, inquantoché presuppone l’applicazione diretta
dei metodi
d’indagine sperimentale ai fenomeni delle “apparizioni di
defunti al letto di
morte”. Così com’è, essa non rappresenta che una semplice
intrapresa
iniziale, ma l’inizio è di buon augurio, e lascia
intravvedere la possibilità di
pervenire un giorno nell’intento; ciò che risulterebbe
degno coronamento
d’ogni più alto ideale scientifico. Comunque, rimane pur
sempre indubitato
che solo in virtù dei metodi d’indagine sperimentale è
dato sperare in una
soluzione finale dei perturbanti problemi che si
connettono con le
manifestazioni metapsichiche in genere, problemi il cui
alto valore teorico,
oltreché interessare le discipline scientifiche e
filosofiche, si estende, si eleva
fino a divenire sociale e morale.
Non è detto però che l’introduzione del preannuncio o
della riconferma
medianiche nel quadro fenomenico delle apparizioni in
esame, valga ad
eliminare totalmente l’ipotesi telepatico-allucinatoria,
alla quale gli odierni
indagatori attribuiscono una tale multiformità di
estrinsecazioni ipotetiche,
da rendere sommamente arduo eliminarla in una moltitudine
di
manifestazioni medianiche. E nel caso nostro, si potrebbe
sempre presumere
che il fatto di un’apparizione al letto di morte
preannunciata o riconfermata
medianicamente, tragga origine da un rapporto telepatico a
distanza avvenuto
tra la subcoscienza del medium e l’infermo, o del medium e
i consultanti.
Dei nove casi qui considerati, i primi tre si
dimostrano più o meno deficienti
dal punto di vista teorico, e mi risolvo a citarli
nell’unico intento di
accumulare materiale metapsichico in servizio degli
indagatori futuri; ma non
si potrebbe affermare altrettanto per quelli che seguono,
i quali
rappresentano invece un contributo importante in favore
dell’obbiettività
delle apparizioni dei defunti.
CASO LVII - Lo
tolgo dal Journal of the American S. P. R. (1907, pag.
49). Ivi il prof.
Hyslop enumera una serie di “visioni di moribondi”, e tra gli
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
94
altri, cita il seguente episodio occorso a due signore di
sua conoscenza, e da
lui trascritto sotto la loro dettatura.
«Quattro o cinque settimane prima della morte di mio
figlio, mi trovavo in
compagnia dell’amica signora S., dotata di facoltà
medianiche; e venne
dettato un messaggio in cui lo “spirito-guida” di lei -
una bambina sé
denominante “Bright Eyes” - promise di recarsi al letto di
mio figlio,
gravemente infermo di carcinoma.
«Orbene: la notte precedente alla sua morte, egli si lagnò
che intorno al suo
letto gironzolava una bambina, e chiese chi fosse. Tutto
ciò avveniva a
Muskoka, centosessanta miglia più a nord di Toronto.
L’infermo ignorava
assolutamente l’esistenza del messaggio conseguito con
Mrs. S. ...».
Il prof. Hyslop così commenta:
«L’intima amicizia esistente tra Mrs. G., la madre del
defunto, e Mrs. E.
residente a Muskoka, lascia adito a presumere che
allusioni o suggestioni
siano state inconsciamente trasmesse al figlio prima della
di lui morte; o che
al momento dell’esperimento medianico, qualche discorso
sia stato fatto,
capace di togliere all’incidente quel valore che
apparentemente riveste».
CASO LVIII - In
occasione della morte di Mr. Ferneyhough, di Maritzburg
(Colonia del Capo), noto
spiritualista inglese, direttore di riviste psichiche e
medium scrivente,
il Light ne pubblica la necrologia (1912, pag. 452), dalla
quale desumo il seguente paragrafo:
«Il giorno 22 febbraio 1892, il signor Ferneyhough ebbe la
sventura di
perdere il figlio primogenito Reginaldo, in età di cinque
anni. In quell’epoca le
dottrine spiritualiste non avevano attrattive per lui; ma
qualche tempo dopo
si lasciò indurre a intervenire in un circolo
sperimentale, e in data 28
novembre 1894; si legge nel suo diario:
«La prima prova d’identificazione mi giunge proprio al
momento in cui stavo
per rinunciare alle indagini. Si manifestò una Mrs.
Nelson, la quale era stata
in vita un’infermiera di Maritzburg, e venne dettato:
“Recati subito a casa tua,
poiché è là che si trova il tuo bimbo”. Il significato del
messaggio si connetteva
alla malattia dell’altro suo bimbo Cirillo, e il signor
Ferneyhough ebbe subito
l’impressione - in seguito giustificata - che “il bimbo
che si trovava a casa sua”
fosse Reginaldo, venuto ad accogliere il fratellino
Cirillo; forse egli pure
destinato a morire.
«E che tale impressione non fosse conseguenza di
immaginazione esaltata è
confermato dal fatto che il bimbo infermo Cirillo, un
momento prima di
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
95
morire, pronunciò indispettito il nome del fratellino
Reginaldo, dicendogli di
andarsene, che non voleva venire con lui, che non vi
sarebbe andato, poiché
voleva rimanere con la mamma».
Questo secondo episodio risulterebbe di per sé
teoricamente molto
interessante, ma, come il primo, si presta alle medesime
dubbiezze formulate
dal prof. Hyslop, visto che se il padre era presente, non
poteva non pensare
intensamente al preannuncio medianico ottenuto, con le
conseguenze
autosuggestive che ne derivano.
Ciò rilevato per la imparziale valutazione dei fatti, vi
sarebbe da obbiettare
che le modalità con cui si svolse la visualizzazione del
bimbo morente, mal si
accordano con tale versione dell’evento, giacché se il
bimbo si mostrò
indispettito contro il fratellino Reginaldo, se gli disse
di andar via perché
voleva rimanere con la mamma, e non già venire con lui,
tutto ciò significa
che tra i due bimbi protagonisti erasi svolto
spontaneamente un dialogo reale,
il cui soggetto non poteva certo attribuirsi a
trasmissione telepatica del babbo.
CASO LIX - Questo
caso dovrebbe classificarsi nella categoria seguente, in
cui si contemplano i casi di apparizioni viste unicamente dagli
assistenti; ma
siccome in esso si contiene un episodio di riconferma
medianica della visione
occorsa, lo unisco senz’altro a questa categoria.
Nell’anno 1917 destò molto interesse in Inghilterra un
caso di identificazione
spiritica narrato dal signor Richard Wilkinson, uomo
d’affari assai noto, e
scettico indurito in materia di spiritualismo e di
religioni; il quale avendo
perduto il proprio figlio in guerra, fu indotto dalla
propria consorte ad
assistere ad una seduta medianica, durante la quale si conseguirono
prove
eccellenti sulla presenza e l’identità del figlio. Altre
sedute si succedettero ed
altre prove straordinarie si accumularono, fino alla
convinzione assoluta dello
scrittore Mr. Wilkinson; il quale, a conforto di tante
anime doloranti, si decise
a riferire i fatti sulla rivista The London Magazine,
per il mese di ottobre
1917. Stralcio questo brano dalla relazione in questione:
«Durante il periodo in cui mia moglie erasi recata ad
assistere il proprio padre
caduto malato a Brighton (e morto poco dopo), un
mattino verso le otto, in
pieno giorno, essa scorse a sé da lato l’apparizione del
figlio. Nessuna
spiegazione scientifica, nessuna teoria potrà mai indurla
ad ammettere che si
trattasse di autosuggestione e allucinazione. Essa è ben
certa che suo figlio
trovavasi a lei daccanto.
«Qualche giorno dopo essa faceva ritorno a Londra. Non
aveva raccontato
l’evento - per lei sacro - a nessuno, in attesa di veder
me alla stazione per
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
96
confidarmelo. Alla sera di quel medesimo giorno, ci
recammo insieme dalla
medium Mrs.
Annie Brittain, e appena fummo in seduta, le prime parole da
lei pronunciate furono queste: - Vostro figlio desidera
che sua madre sappia
che non era affatto un sogno il suo; ma che a lui fu
concesso per un momento
di sollevare il velo che ci separa. - Quindi la medium aggiunse:
- Anche
Giovanna lo vide. - Ora Giovanna è una nostra intima
amica, che qualche
giorno prima aveva raccontato a mia moglie di aver visto
l’apparizione di
nostro figlio in circostanze che escludevano assolutamente
la possibilità di un
sogno. Inutile aggiungere che Mrs. Brittain non aveva mai
sentito parlare di
questa signora Giovanna».
Anche per questo terzo episodio non si possono escludere
le solite dubbiezze,
giacché i coniugi consultanti che si recarono dalla
celebre medium Mrs.
Brittain, erano entrambi consapevoli, ed anzi avevano in
precedenza discusso
sul caso impressionante dell’apparizione improvvisa del
figlio defunto alla
madre sua. Ma se ciò giustifica in pieno l’ipotesi della
trasmissione telepatica
del di lei pensiero intensamente vibrante nel senso
corrispondente al
messaggio conseguito, però si rileva nel messaggio stesso
una frase
complementare la quale appare letteralmente inattesa, in
quanto il figlio
informa la madre sulla veridicità di una sua precedente
apparizione a
un’amica di famiglia dotata di facoltà di “sensitiva”. Ora
è certamente molto
meno verosimile che anche questa seconda allusione
veridica a una
manifestazione del defunto la quale più non riguardava la
madre sua, debba
ugualmente attribuirsi alle facoltà supernormali
inquisitorie della medium, la
quale sarebbe pervenuta a carpirla nelle subcoscienze dei
consultanti. In ogni
modo, siccome non potrebbe escludersi tale possibilità, ne
deriva che anche
questo terzo caso, in apparenza molto suggestivo in senso
spiritualista, risulta
invece poco conclusivo in tal senso.
CASO LX - Lo
desumo dagli Annali dello Spiritismo in Italia (1875,
pagg. 120 a 149). La
relazione del caso occupa dieci pagine della rivista, per
cui mi limito a riferirne i brani principali. Il relatore
è il noto spiritista della
prima ora Rinaldo Dall’Argine, e i protagonisti sono
persone di sua intima
conoscenza. Egli scrive:
«Il dottore Vincenzo Gubernari, nativo delle Maremme
toscane, aveva fissato
stabile dimora in Arcetri (Pian dei Giullari),
amenissimo paese poco discosto
da Firenze, e senza esservi medico condotto, vi esercitava
ugualmente la sua
professione.
«Il Gubernari, ben fornito di beni di fortuna, erasi unito
in matrimonio con la
signora Isabella Segardi di Siena, discendente di famiglia
patrizia di quella
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
97
città. Essa pure era ricca, ed aveva portato al marito una
dote non
indifferente.
«I coniugi avevano convenuto di farsi reciproca donazione
delle proprie
sostanze, e la signora Isabella aveva già fatto testamento
in quel senso, e
riteneva che il marito avesse fatto altrettanto a di lei
riguardo.
«Quantunque il Gubemari, materialista com’era, ridesse
dello Spiritismo e
degli spiritisti, pure non poté a meno di rimanere
impressionato nel vedere
alcuni suoi conoscenti, che ben sapea molto istruiti,
scevri di pregiudizi, e per
l’addietro più di lui anti-spiritisti, essere ad un tratto
divenuti credenti alle
manifestazioni spiritiche. Un bel giorno dunque il
dottore, sia che volesse
convincersi coi propri occhi, sia che volesse divertirsi
alle spalle dei suoi
conoscenti, manifestò loro il desiderio di tentare un
esperimento nella propria
casa, e li invitò a voler essere della partita.
«La seconda seduta ebbe luogo il 29 ottobre 1874. Appena i
congregati si
furono posti in catena intorno al tavolo, uno spirito lo
mosse agitandolo con
forza sorprendente... E il dottore rimase sommamente
sorpreso quando,
domandando il nome dello spirito presente, gli fu
risposto: - Tua zia Rosa.
«Il dottore essendo rimasto orfano in tenera età, era
cresciuto sotto le
amorose cure di quella zia, che gli aveva fatto da madre.
«Quando si fu rimesso dalla sorpresa, egli esclamò:
« - Ebbene, se tu sei veramente la zia Rosa, aiutami
nell’esercizio della mia
professione, e fammi guadagnare dei bei quattrini!
« - Sono qui per tutt’altro - rispose lo spirito. - Sono
qui per consigliarti a
cambiar vita e a pensare a tua moglie.
« - A mia moglie ho già pensato - rispose intrepidamente
il dottore; - tanto è
vero che tutti e due abbiamo fatto testamento a reciproco
vantaggio.
« - Menzogna - rispose lo spirito agitando fortemente il
tavolo per dimostrare
il suo malumore; - essa tutto ti ha lasciato, ma tu nulla
a lei!
«Allora la signora Isabella prese parte al dialogo, e
volendo persuadere lo
spirito che il Gubernari aveva fatto testamento in favore
di lei, disse
coraggiosamente che suo marito potea provarlo mostrando il
testamento
medesimo agli amici presenti.
«Il Gubernari, per questo inaspettato intervento della
moglie, trovavasi
compromesso, e non sapea come fare per togliersi dalla
brutta posizione;
sapea come stava di coscienza, ed era quindi impossibile
che si decidesse a
confessare i suoi torti, dichiarando che lo spirito non
aveva detto la verità.
Molto turbato per questo incidente, dichiarò che il
testamento non lo avrebbe
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
98
fatto vedere a nessuno.
«Lo spirito allora, agitando il tavolo con maggior forza
di prima gli rispose:
« - Sei un impostore! Sì, te lo ripeto, hai dimenticato la
moglie, e nel tuo
testamento non ti sei ricordato che della tua donna di
servizio, perché... lo sai
tu... Cambia, sì, cambia vita e testamento, e fa presto
perché non hai tempo da
perdere. Tra pochi giorni sarai con noi nel mondo degli
spiriti!
«Questa rivelazione fu come un fulmine sul capo del
dottore. Ne rimase
atterrito... Quindi con rabbia, esclamò:
« - Come! Dovrò morire prima di mia moglie, mentre sono
più giovane di lei?
No, non sarà mai; voglio vivere ancora, e vivrò.
«Così dicendo, si alzò indispettito, e ordinò che fosse
portato altrove il
tavolino che aveva servito all’esperimento.
«Il domani un amico suo - il colonnello Maurizio - per
calcare l’agitazione, gli
parlò di possibili mistificazioni spiritiche, e gli disse
che in quella sera stessa
egli si sarebbe recato dalla contessa Isabella Passerini
per una seduta di
controprova. Il dottore parve calmarsi, ed attese con
impazienza il risultato
della nuova esperienza.
«Il colonnello Maurizio si recò infatti dalla contessa
Passerini, e iniziata la
seduta, fu domandato allo “spirito-guida” se conosceva
quanto era occorso
nella sera precedente in casa del dottor Gubernari. Venne
risposto:
« - Non vi fu mistificazione. Lo spirito della zia del
dottore non gli ha rivelato
che la pura verità.
« - Dunque - domandò il prof. Capelli - il dottor
Gubernari deve proprio
morire, e morir presto?
« - Senza dubbio - continuò lo spirito - e prima della
fine dell’anno corrente.
« -Ma - soggiunse il Capelli - come possiamo noi riferire
al dottore questa
terribile conferma di quanto la zia gli ha rivelato? Noi
non vogliamo, né
possiamo aumentare il suo turbamento.
« - Ciò che ho detto, l’ho detto a voi; col dottore
regolatevi come meglio
credete.
«Detto ciò, lo spirito se ne andò, e la seduta ebbe fine.
«Al dottor Gubernari fu scritto immediatamente che lo
spirito aveva
assicurato trattarsi di mistificazione. Il dottore lesse
avidamente la missiva e
si rincuorò, ridendo di se stesso e delle sue paure; e
siccome godeva in realtà
di una perfetta salute, si vergognò di aver creduto un sol
momento ad una
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
99
morte vicina.
«Malgrado ciò, nella notte del 12 novembre fu assalito da
febbre altissima
accompagnata da forti dolori. I medici diagnosticarono
trattarsi di cosa da
poco, e da non prendersene pensiero... ma intanto il male
aumentava, ed egli
soffriva orribilmente...
«Gli amici si portarono nuovamente dalla contessa
Passerini per una seduta
medianica. Si manifestò la solita entità, che interrogata
in proposito rispose:
« - Siccome si tratta di un ammalato, risponderò che di
malattie non me ne
intendo; ma per soddisfare il vostro desiderio, cercherò
uno spirito che abbia
esercitato in vita la medicina, e ve lo manderò. Aspettate
un momento.
«Il tavolo si fermò, ma dopo pochi minuti si mosse
nuovamente e lo stesso
spirito disse:
« - Ho trovato il medico. Egli è qui: interrogatelo.
«(D.) - Puoi dirci qualche cosa intorno alla malattia del
dottor Gubernari?
«(R.) - Posso dirvi che come spirito ho trovato il
Gubernari gravemente
malato; ma vi confesso però, che se fossi ancora fra voi,
direi di lui ciò che ne
dicono i miei colleghi viventi.
«(D.) - Ma se è vero che è gravemente malato, com’è
possibile che i medici
abbiano dichiarato che il suo male è cosa di poco momento?
«(R.) - Se il corpo, che tiene l’anima imprigionata, fosse
fatta come una
scatola da potersi aprire a piacimento, i medici
conoscerebbero il male che
consuma il Gubernari, mentre egli esternamente sembra
florido.
«(D.) - Il suo male è solamente fisico, o è anche morale?
«(R.) - E’ l’uno e l’altro.
«(D.) - Guarirà o soccomberà?
«(R.) - Mi dispiace dirvelo, ma egli presto sarà dei
nostri.
«(D.) - Puoi dirci chi sei?
«(R.) - Un medico, il cui nome non vi è ignoto.
«(D.) - Favorisci dunque di pronunciarlo.
«(R.) - Ve lo dico, e poi me ne vado, perché non ho
tempo... altre cure mi
attendono. Dottor Panattoni. Buona notte a voi.
«(Il dott. Panattoni, parente del deputato dello stesso
nome, era un buon
medico, il quale esercitava in Firenze la sua
professione).
«Furono chiamati altri medici a consulto, e allora si
seppe che il dottore
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
100
Gubernari aveva internamente una cisti... che il caso era
disperato... Egli
venne a morte il giorno 30 dicembre 1874, vale a dire,
prima della fine
dell’anno, com’era preconizzato.
«Ridotto agli estremi, dicea di vedere vicino al suo
letto, lo spirito del dottor
Panattoni, che non lo abbandonava un sol momento, e al suo
capezzale gli
spiriti di sua madre e della zia Rosa, che lo consolavano
con la loro presenza,
e lo incoraggiavano a lasciare la vita terrena. Temendo
che non lo si credesse,
esclamò più di una volta: - Quello che dico è la pura
verità. Sono agli estremi,
e chi è agli estremi non mente».
Questo quarto episodio risulta già molto meno suscettibile
di essere
interpretato con le consuete ipotesi della “trasmissione
telepatica del
pensiero” e della “lettura nelle subcoscienze altrui”.
Anzitutto, perché ci si
trova in presenza di un caso di premonizione di morte
conseguito
medianicamente, nonché realizzatosi entro la data
preconizzata, e ciò nei
riguardi di persona la quale godeva apparentemente ottima
salute. In secondo
luogo, perché il morente aveva visualizzato al proprio
letto di morte anche lo
spirito del dottor Panattoni; vale a dire, di colui che
aveva riconfermato la
premonizione formulata dalla zia defunta circa l’imminenza
della propria
morte. Ora, siccome il morente tutto ignorava in
proposito, tale notevolissima
coincidenza tra la parte rappresentata dal dottor
Panattoni nei riguardi di
quanto era avvenuto, e ciò che ora avveniva al letto di
morte dell’infermo, non
manca di apparire altamente suggestiva nel senso
dell’obbiettività del
fantasma visualizzato dal morente.
Così stando le cose, ed ove anche si volesse pretendere
che il morente abbia
carpito telepaticamente nelle subcoscienze altrui la
notizia circa la precedente
seduta in cui il dottor Panattoni aveva parlato di lui, si
domanda quale
rapporto di “causa ed effetto” possa rinvenirsi tra una
notizia di tal natura
venuta a conoscenza del morente, e il fatto del morente il
quale vide al suo
capezzale il dottore in discorso venuto a incoraggiarlo
onde predisporlo alla
grande prova della disincarnazione.
Volendo precisare ulteriormente, dirò che un rapporto di
“causa ed effetto”
tra i due eventi può anche affermarsi che esiste, ed è che
il dottore in
questione essendosi interessato all’imminenza della morte
del Gubernari,
volle trovarsi al suo capezzale per confortarlo ed
assisterlo. Si tratterebbe
pertanto di un rapporto di “causa ed effetto” d’ordine
puramente psicologico e
patologico determinatosi per legge di “similarità”.
CASO LXI - Venne
raccolto dal prof. Hodgson, e lo desumo dal vol. III, pagg.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
101
227-228 dei Proceedings of the S. P. R.
«Gennaio 28, 1891. Circa undici anni or sono, epoca in cui
mi trovavo in
grandi angustie per mia moglie, inferma di cancro allo
stomaco, venni a
sapere che una medium, certa Miss. Susie Nickerson White,
aveva dato prove
notevolissime di possedere facoltà supernormali. Mi recai
a trovarla senza
farmi conoscere, e chiesi di avere una seduta che mi fu
tosto concessa.
«Si presentò un’entità sé affermante la sorella di mia
moglie; disse chiamarsi
Maria, nome corrispondente al vero; proseguì accennando a
fatti e vicende di
famiglia conformi in tutto a verità: diede esattamente il
nome di mia moglie:
Elisa Anna; descrisse la sua malattia; pronosticò che non
avrebbe
sopravvissuto e che le restavano pochi mesi di vita.
Sorpreso di tante precise
informazioni, mi venne fatto domandare: - Come si
denominano questi
fenomeni? Psichismo? Sonnambulismo? Che dunque? - Maria
rispose: -
Sapevo che tu stavi per rivolgermi questa domanda: la
lessi nel tuo pensiero. -
Al che soggiunsi: - Tu, dunque, desumi dal mio pensiero
tutto quanto vai
dicendo? - No, - essa replicò - e a dimostrartelo io
riferirò qualche cosa che
non è nel tuo pensiero. Ti preannuncio che fra tre giorni
Elisa Anna dirà ch’io
le sono apparsa, e con me la madre nostra, ch’io spero
poter condurre a lei.
«Premetto che la madre di mia moglie era morta or fanno
quaranticinque
anni, e la sorella di lei, da sei ad otto anni prima. Io
mantenni naturalmente il
segreto su quanto erami occorso. In capo a tre giorni,
l’infermiera accorse
trafelata ad avvertirmi che mia moglie era peggiorata, che
dava segni
manifesti di delirio, che aveva improvvisamente chiamata
la propria madre e
la sorella Maria, per indi precipitarsi giù dal letto e
correre verso la porta
gridando: - Resta mamma! Fermati Maria! Non ve ne andate
ancora!
«Dopo prova siffatta, mi recai nuovamente a consultare
Miss White. Iniziata
la seduta, si presentò la medesima entità. Ero in quel
momento in vive
angustie per mia moglie la quale si mostrava da qualche
giorno incapace a
ritenere qualsiasi sorta di cibi o di liquidi, compresi il
latte e l’acqua. Erasi
pertanto ridotta all’estremo dell’esaurimento, con
l’aggravante di un’insonnia
implacabile. Maria consigliò di preparare per lei del
caffè assai concentrato,
nonché molto caldo, con entro della panna, dello zucchero
e del biscotto alla
crema. Per quanto tale prescrizione mi sorprendesse,
deliberai di prepararla e
di somministrargliela. L’inferma assaporò di buon gusto,
sopportandola
benissimo; e dopo che l’ebbe presa poté dormire
lungamente. Durante
parecchi giorni ne visse in modo esclusivo; gradatamente
però divenne
incapace di ritenere anche cibo siffatto.
«Consultai nuovamente Miss White; e Maria consigliò di
prendere dei limoni,
di estrarne il sugo e somministrarlo in cucchiai
all’inferma parecchie volte al
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
102
giorno; tutto ciò allo scopo di farle tornare l’appetito e
metterla in grado di
ritenere i cibi... Tale prescrizione ebbe pieno successo.
Non andò molto però
che mia moglie riprese a peggiorare. Mi recai per la
quarta volta da Miss
White, e chiesi a Maria quanto tempo le rimarrebbe ancora
da soffrire.
Rispose di non essere in grado di dirlo, ma che però
avrebbe pensato ad
avvertirmene: - La prima volta - essa aggiunse - che
l’inferma dice di avermi
veduta, tu non dovrai più staccarti dal suo capezzale.
«Parecchi giorni dopo, verso le tre o le quattro del
mattino, mi recai a dare il
cambio all’infermiera, e questa mi avvertì: - Mammie (alludendo
a mia
moglie) disse
or ora di aver veduto nuovamente Maria. - Pochi minuti dopo,
mia moglie mormorò: - Me ne vado - e così dicendo esalava
- l’ultimo
respiro».
(Firmati: E. Page; Mary A. Page, già Mary A. Dockert,
l’infermiera citata)
Nel caso che precede, ed a proposito del duplice episodio
di apparizione si
potrebbe ragionevolmente indurre che il fatto della sua
matematica
realizzazione abbia avuto per causa un impulso telepatico
originato nel
pensiero subcosciente della medium, ovvero in quello del
marito.
Non così facilmente dilucidabile si presenta invece
l’altra visione nunzia di
morte per l’inferma. Il compito non sarebbe troppo
difficile qualora la visione
stessa fosse occorsa in presenza del marito; nel qual caso
sarebbe legittimo
presupporre che accadendo a quest’ultimo di riscontrare
sul volto
dell’inferma i contrassegni preagonici, sia egli ricorso
col pensiero alla
formulata promessa, con ciò cambiandosi in agente
telepatico trasmettitore
all’inferma del corrispondente fenomeno allucinatorio.
Senonché l’episodio stesso non avvenne precisamente così.
Fu, come si è
visto, l’infermiera ad avvertire il marito circa l’occorsa
apparizione. Ne
consegue pertanto che la spiegazione accennata non regge,
e che l’ipotesi
telepatica risulta inadeguata al compito. Ammenoché, come
già fu proposto a
spiegazione di analoghe profezie conseguite con Mrs.
Piper, si voglia ricercare
la chiave risolutrice di ogni mistero, nella possibilità
che avvengano fenomeni
d’interferenza telepatica tra subcosciente e subcosciente;
vale a dire,
all’infuori di ogni partecipazione delle rispettive
coscienze normali, salvo
accidentali irruzioni del subcosciente nel cosciente, le
quali appunto
determinerebbero i complessi episodi citati.
A norma di siffatta ipotesi, si avrebbe a indurre che l’io
subcosciente
dell’inferma, avendo avuto il presentimento dell’imminenza
della propria
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
103
morte, e tale presentimento essendo stato percepito
telepaticamente, sia dalla
subcoscienza della medium, sia da quella del marito, abbia
dato origine al
corrispondente fenomeno di ripercussione telepatica nella
coscienza normale
dell’inferma.
Come ben si vede, l’ipotesi suddescritta non si raccomanda
certo per la sua
semplicità, e si dimostra tutt’altro che convincente. Non
è chi non veda come
con siffatte intricatissime teorie, assai più ingegnose
che serie, si esorbitino i
confini dell’induzione scientifica per entrare a gonfie
vele nel dominio
sconfinato del fantastico.
CASO LXII - Onde
facilitare la comprensione dell’interessante episodio che
sto per riferire, giova avvertire che sotto il finto nome
di Elisa Mannors si cela
una signora conosciuta in vita dal dottor Hodgson, e da F.
W. Myers. Tale
signora aveva uno zio - nella relazione chiamato signor F.
- il quale venne a
morte la vigilia del giorno in cui il dottor Hodgson tenne
con Mrs. Piper la
seduta di cui si tratta.
«La notizia della sua morte (del signor F., zio di
Elisa Mannors) venne
inserita in un giornale di Boston, e occorse a me di
leggerla allorché mi
avviavo alla seduta. Il primo messaggio scritto risultò da
parte della signora
Elisa, cosa a cui non mi attendevo. Essa scrisse in modo
spigliato e chiaro, -
annunciando che F. si trovava presente alla seduta, per
quanto in condizioni
da non poter comunicare direttamente; disse che intendeva
ragguagliarmi
circa il modo con cui essa aveva aiutato F. a
raggiungerla; spiegò che si
trovava presente al suo letto di morte e che gli aveva
rivolto parole di
conforto, ch’essa trascrisse, e in cui si conteneva una forma
di espressione
inusitata. Affermò inoltre ch’egli aveva intese quelle
parole, come pure che
l’aveva veduta e riconosciuta.
«Ora tutto ciò mi fu riconfermato punto per punto
nell’unica guisa allora
possibile, vale a dire pel tramite di un amico assai intimo
della signora Elisa,
di me e di un prossimo parente di F. Gli mostrai la
relazione della seduta, e in
capo a un giorno o due, il parente sopradetto, il quale
erasi trovato al letto di
morte, riferì spontaneamente all’amico che il signor F.
morendo, aveva
affermato di scorgere a sé dinnanzi la nipote Elisa che
gli parlava, e aveva
ripetuto le parole da lei profferite. Ora tali parole che
il parente di F. riferì
all’amico risultarono quelle medesime a me riferite dalla
signora Elisa pel
tramite di Mrs. Piper in trans. Già si comprende
che io ignoravo ogni cosa».
(Dott. Hodgson, in Proceedings of the S. P. R.,
vol. XIII, pag. 378).
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
104
L’episodio esposto appare tale da suggerire
irresistibilmente l’interpretazione
spiritica.
Rilevo nondimeno che gli oppositori potrebbero ancora
obbiettare che le
persone le quali assistevano l’infermo signor F., erano
necessariamente a
cognizione dell’incidente supernormale svoltosi al suo
letto di morte; dal che,
secondo taluno fra essi, potrebbe ancora inferirsene che
tra la subcoscienza di
Mrs. Piper in trans e le subcoscienze delle persone
in discorso, fosse
avvenuto un fenomeno di “lettura a distanza nelle
subcoscienze altrui”; ciò
che avrebbe posto in grado la medium di mistificare
inconsciamente il
prossimo ponendo in bocca a una personificazione
subcosciente sé affermante
Elisa Mannors, le informazioni conseguite telepaticamente.
Ciò rilevato in omaggio alla correttezza teorica
serenamente imparziale da
osservarsi nelle indagini psichiche, mi affretto a
dichiarare che siccome Mrs.
Piper non conosceva affatto le persone di cui si tratta,
come non le conosceva
il consultante dottor Hodgson, non sarebbe stato possibile
che si stabilisse
l’indispensabile “rapporto psichico” tra la subcoscienza
della medium e le
subcoscienze degli assistenti al letto di morte, così come
nel caso pratico degli
“apparecchi radiofonici” non è possibile stabilire il
contatto con una stazione
qualunque emittente, se prima non si è regolato il proprio
apparecchio sulla
“lunghezza d’onda” della stazione emittente ricercata.
In altri termini la “lunghezza d’onda” per gli apparecchi
della “radio”
corrisponde al “rapporto psichico” nei fenomeni
telepatici. Nel primo caso è
questione di “vibrazioni vitali”, e ciò nel senso che ogni
singolo individuo
possiede un “ritmo vibratorio” specializzato, che lo
distingue da qualsiasi altro
individuo esistente, “ritmo vibratorio” percepibile alle
personalità integrali
subcoscienti dei “mediums” e dei “sensitivi”; ciò fino al
punto che quando è
occorso a una personalità subcosciente di entrare in tal
guisa in “rapporto
psichico” con un individuo qualunque, essa ne riconoscerà
infallibilmente il
ritmo vibratorio specializzato che lo contraddistingue, e
in conseguenza verrà
posta in grado di rintracciarlo in qualsiasi parte del
mondo egli si trovi (come
avviene per la “radio”);
ma se invece essa non lo conosce personalmente; vale
a dire, se non è mai entrata a contatto con le sue
“vibrazioni vitali”, allora non
perverrà mai a rintracciarlo in base alla semplice
descrizione del di lui aspetto
esteriore, ammenoché non si ponga in mano al “medium” o al
“sensitivo”, un
oggetto portato lungamente sulla persona dall’individuo da
rintracciarsi
(psicometria);
nel qual caso le “vibrazioni vitali” dell’individuo possessore
dell’oggetto psicometrizzato, preservate allo stato
latente nella materia
costituente l’oggetto stesso, serviranno ugualmente allo
scopo.
E qui, dal nostro punto di vista, noto che siccome anche
questa seconda
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
105
circostanza di fatto risulta assente nel caso in esame, ne
consegue che deve
escludersi categoricamente l’interpretazione telepatica
sotto qualsiasi forma
nei confronti di quest’altra “apparizione di defunta al
letto di morte”.
CASO LXIII - Lo
desumo dalla relazione del dottor Hodgson sulle
esperienze con Mrs. Piper (pag. 121), relazione
stampata nel vol. VIII dei
Proceedings of the S. P. R. Solamente le iniziali del nome dei protagonisti
vennero pubblicate.
«Aprile 5, 1889. Mi recai da Mrs. Piper verso la fine di
marzo dell’anno or
decorso (dai primi del febbraio, ero uso recarmi presso
di lei una volta ogni
quindici giorni).
«Essa mi preannunciò la morte di un prossimo parente, che
sarebbe occorsa
entro sei settimane circa, e mi avrebbe procurato qualche
vantaggio
pecuniario. Pensai naturalmente a mio padre, assai
avanzato negli anni, la cui
personalità Mrs. Piper aveva tratteggiata con mirabile
evidenza alcune
settimane prima, per quanto lo avesse fatto in guisa da
far ritenere parlasse
non già di mio padre, ma semplicemente di persona a me
vincolata da stretta
parentela. Chiesi pertanto se la persona che doveva morire
fosse quella
medesima descritta in quella circostanza, ma essa si
schermì in modo che
nulla pervenni a sapere. Pochi giorni dopo occorse alla
mia futura sposa di
recarsi da Mrs. Piper, e questa allora preannunciò senza
reticenze che mio
padre sarebbe morto entro poche settimane.
«Verso la metà di maggio, mio padre il quale andava
rimettendosi da un lieve
attacco bronchiale, venne improvvisamente a morire a
Londra, a seguito di
paralisi cardiaca; il che occorse nel giorno stesso in cui
era stato dai medici
dichiarato fuori pericolo.
«Anteriormente a ciò, “Phinuit”, pel tramite di Mrs.
Piper, avevami
annunciato che si sarebbe recato presso mio padre onde
esercitare su di lui la
propria influenza al riguardo di certe disposizioni
testamentarie da lui prese.
Due giorni dopo ch’ebbi ricevuto la partecipazione
telegrafica di morte, mi
recai con mia moglie da Mrs. Piper, e “Phinuit” riferì che
mio padre si trovava
presente, e che la sua venuta nel mondo degli spiriti era
stata improvvisa.
Dopo di che, mi assicurò di essersi adoperato presso mio
padre onde
persuaderlo in merito alle disposizioni testamentarie
accennate. Indi mi
ragguagliò circa il contenuto del testamento, descrisse le
sembianze del
principale esecutore testamentario, e disse che questi,
non appena io fossi
giunto a Londra, avrebbe avanzato una certa proposta in
mio favore, da
sottomettersi al consenso degli altri due esecutori.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
106
«Tre settimane dopo, io mi trovavo a Londra. L’esecutore
testamentario
principale risultò precisamente quel medesimo descritto da
“Phinuit”; il
testamento apparve redatto nei termini ch’egli aveva
preannunciato; la
proposta a mio favore venne effettivamente avanzata, e mia
sorella la quale
non erasi mai staccata dal capezzale di mio padre durante
gli ultimi tre giorni,
raccontò com’egli si fosse ripetutamente lagnato della
presenza di un vecchio
ai piedi del letto, il quale lo importunava col voler
discutere i suoi privati
interessi».
(Firmati: M. N., e Mrs. N. N.).
Anche al riguardo del citato episodio, è pur forza
convenire come esso si
presti mirabilmente ad essere spiegato con l’ipotesi
spiritica.
Nondimeno, còmpito nostro è quello d’indagare
spassionatamente fino a qual
punto l’ipotesi telepatica pervenga a darne ragione;
anzitutto dal punto di
vista del fenomeno di apparizione al letto di morte; poi,
degli altri incidenti in
quanto si collegano indirettamente al fenomeno principale.
E già si
comprende che con l’ipotesi telepatica si perverrebbe
ancora a spiegare il
complesso dei fatti; purché, bene inteso, ci si astenga
dal sottilizzare intorno
all’artificiosità più o meno eccessiva di talune
congetture messe in campo.
A norma pertanto di siffatta ipotesi, e per quanto
riguarda la coincidenza
impressionante tra l’apparizione al letto di morte e il
preannuncio datone
dalla Piper, si avrebbe a presumere che la subcoscienza
della medium in
trans, impersonando la
sedicente personalità spiritica del “dott. Phinuit”, e
obbiettivandola sotto forma di un vecchio, abbia trasmesso
telepaticamente ai
centri d’ideazione dell’infermo la identica
obbiettivazione allucinatoria; e
tutto ciò attraverso l’oceano Atlantico. Nel qual caso
l’indispensabile
“rapporto psichico” tra la medium e l’infermo lontano da
lei non conosciuto,
sarebbe avvenuto pel tramite del figlio presente, il quale
pertanto avrebbe
funzionato da “oggetto psicometrizzabile”.
In merito all’incidente veridico della profezia di morte,
si avrebbe a ricercarne
la genesi in un fenomeno di percezione telestesica del
vizio cardiaco insidiante
a breve scadenza la vita del padre del consultante.
Al riguardo, infine, degli altri incidenti veridici, quali
la descrizione
dell’aspetto personale di uno tra gli esecutori
testamentari, la rivelazione del
contenuto del testamento, e la proposta avanzata in favore
del signor M. N.,
rimarrebbe da fare audacemente capo alla ipotesi della
lettura del pensiero a
distanza, sempre attraverso l’oceano Atlantico.
Come si vede, gli episodi tutti, per quanto d’ordine
sensazionale, si
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
107
mostrerebbero più o meno suscettibili di venire dilucidati
con l’ipotesi
telepatica considerata nelle molteplici sue modalità di
estrinsecazione, tanto
le autentiche quanto le supposte.
Comunque, prima di avventurarsi oltre i confini
dell’ipotesi stessa, tali
possibilità meritano di essere prese in considerazione.
Non è men vero però, che se si pervenne a tutto dilucidare
con la telepatia, ciò
accadde per avere conferito alla medesima poteri
siffattamente lati e
meravigliosi da ritrovarci tornati per un’altra via -
quella della subcoscienza -
sulla soglia di quel trascendentale spiritualista che pur
con ogni cura si voleva
eludere.
CASO LXIV - Il
seguente notevole episodio io lo ricavo da un aureo
volumetto intitolato: No More Tears (Non più
lagrime) (1), di cui è autrice
Mrs. A. Stuart, una madre il cui unico figlio diciottenne,
aviatore nella Grande
Guerra del 1914, venne ridotto a brandelli dallo scoppio
di un obice ad alta
potenza, togliendo alla mamma anche l’estremo conforto di
una tomba sulla
quale pregare e piangere.
(1) Non più lagrime: esperienze psichice di una madre coi
suoi cari morti.
Edizioni «Alaya», Milano, 1936, pag. 95. Traduzione di
Gina Mignani (G. D.
B.).
Ed essa pianse, pregò, disperò nella solitudine delle mura
domestiche, fino a
quando le avvenne - per pura coincidenza fortuita -
d’iniziarsi alle indagini
medianiche, ottenendo tali e tante prove di
identificazione personale del
proprio figlio, da riacquistare come per incanto la pace
perduta, combinata
alla gloriosa certezza che un giorno si sarebbe riunita al
figlio adorato.
Ritenne pertanto suo sacro dovere d’impartire al mondo la
grande novella che
questa volta poteva affermarsi sulla base dei fatti che
«la morte non esiste»;
ciò a conforto di tante madri che come lei colpite dalla
sventura, soffrivano,
piangevano, e, purtroppo, dubitavano sull’avvenire della
tomba, giacché la
fede dei loro padri, nella quale ritenevano credere
fermamente, erasi rivelata
deficiente nell’ora della prova.
Il volumetto ebbe una diffusione enorme, trovò una grande
ammiratrice nella
regina d’Inghilterra, e fu tradotto in dieci lingue, compresa
la nostra.
Nelle lunghe conversazioni medianiche del figlio con la
mamma, ottenute con
la “psicografia”, con la “chiaroveggenza”, con la
“incorporazione”, con la “voce
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
108
diretta”, e in forma materializzata, conversazioni dalle
quali scaturivano a
gettito ininterrotto prove d’ogni sorta d’indentificazione
personale, si realizzò
pure un incidente in cui il figlio preconizzando la morte
della nonna materna,
designò anche quali sarebbero stati i defunti venuti ad
accoglierla al letto di
morte, ponendo anche se stesso tra questi.
La relatrice ne riferisce nei termini seguenti:
«Mia madre non tardò a seguire mio marito nel mondo
spirituale; e di
quest’ultimo evento “Laddie” preannunciò il giorno e l’ora
precisa in cui
doveva avvenire.
«Mia madre era stata in vita una seguace intransigente
dell’ortodossia
religiosa, e aveva educato me nella identica guisa. Sapeva
che io mi occupavo
di ricerche medianiche, ma non si parlava mai di tale
argomento, per lei
ripulsivo... Una sera in cui si teneva seduta nel nostro
circolo privato, mio
figlio si rivolse a me dicendo: - Mamma, nel prossimo
sabato non
abbandonare mai il capezzale della nonna, per nessun
motivo. Pochi minuti
prima delle dieci pomeridiane (questa è l’approssimazione
massima che mi
sia possibile in questo ambiente in cui non esiste il
tempo terreno), noi
interverremo in sei ad accoglierla nel mondo spirituale.
«Tornando a casa dissi all’infermiera ciò che aveva
preannunciato mio figlio.
Essa non era spiritualista, ma ne rimase impressionata, e
rispose che in quel
giorno si sarebbe trattenuta oltre l’ora abituale, in
attesa degli eventi.
«Mia madre non era malata; solo vecchia di 88 anni, ma
conservava integre le
facoltà mentali. Quando giunse il sabato fatidico, rilevammo
entrambe che
mia madre non era mai stata così bene, e non pareva certo
che dovesse
estinguersi in capo a qualche ora. Senonché quando si
approssimarono le ore
dieci, essa prese a guardare intorno con espressione di
sorpresa; quindi
osservò bruscamente: - Ma perché vengono a me tutte queste
persone? -
L’infermiera le si avvicinò, domandando: - Signora, a
quali persone allude? -
Mia madre parve stupirsi della domanda, e rispose: -
Alludo a tutte queste
persone defunte che mi circondano. - L’infermiera chiese
ancora: - Quante
sono? - Gli occhi di mia madre percorsero lentamente lo
spazio intorno al
letto, mentre con la voce contava: - Uno, due, tre,
quattro... -, per indi
concludere: - Sono in sei. - Io e l’infermiera ci
scambiammo uno sguardo di
stupore eloquente. Quindi l’infermiera, aggiustando i
guanciali, consigliò: -
Cara signora, procuri di dormire. - Allora io chiesi: -
Chi sono, mamma, le
persone che tu vedi? E di che cosa parlano? - Rispose: -
Oh, parlano dei vostri
misteri, ed io non ho nessuna simpatia per tali sorta di
misteri. Vedo tuo
padre, i miei figli, e il caro mio nipote. E’ lui che mi
parla in questo momento.
Dice: Cara nonna, tu pensi che sei prossima a morire; ma
ciò non è vero. Non
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
109
c’è morte, nonna cara. Tu non farai che sonnecchiare, per
poi risvegliarti in
ambiente spirituale...».
«Ciò detto mia madre chiuse gli occhi, cantando
sommessamente la prima
strofa dell’inno: Gesù, mio grande amore. Quindi li
riaperse e ci sorrise.
Siccome sembrava che avesse desiderio di dormire,
abbassammo la luce, e
sedemmo in silenzio... Passarono altri venti minuti; dopo
di che, la vedemmo
agitarsi debolmente. Accorremmo al di lei capezzale. Dopo
qualche istante
essa tornò a chiudere gli occhi, e questa volta per
sempre... Io e l’infermiera
guardammo silenziosamente l’orologio a pendolo, e ci
comprendevamo senza
parlare: mancavano dieci minuti alle dieci...» (Ivi,
pagg. 71-79).
In questo semplice, ma pur sempre notevolissimo episodio
di “apparizione di
defunti al letto di morte” è rilevabile la circostanza del
figlio il quale
preannuncia alla madre che sarebbero intervenuti in sei
ad accogliere lo
spirito della morente, e conformemente, si riscontra che
la morente, invitata a
contare gli spiriti che scorgeva intorno a sé, ne conta
precisamente sei, tra i
quali il di lei nipote adorato. Ciò è interessante e
suggestivo, per quanto gli
oppositori potrebbero ancora obbiettare che la madre e
l’infermiera, presenti
al letto di morte, erano informate al riguardo. Senonché
tale obiezione,
implicante un fenomeno di trasmissione telepatica del
pensiero alla morente,
risulta bensì teoricamente legittima, ma, nel caso
speciale, appare
praticamente gratuita, ed anzi insostenibile, visto che
non si trattava della
trasmissione pura e semplice di un momento, bensì della
presenza
obbiettivata intorno al letto della morente, di sei forme
spirituali di parenti
defunti, dimodoché in simili contingenze, la trasmissione
telepatica del
numero in discorso avrebbe dovuto creare nel sensorio
della morente una
sestuplice allucinazione di altrettanti parenti defunti;
il che appare
inverosimile fino all’assurdo.
E ciò tanto più se si considera tale episodio in unione
all’altro complementare
della rivelazione del giorno, dell’ora e del minuto in cui
la morente doveva
esalare l’ultimo respiro. Si pretenderebbe, forse, che la
realizzazione di
quest’altro annuncio veridico fosse stata conseguita a sua
volta per ausilio
della trasmissione del pensiero? Sarebbe, dunque, stata la
relatrice che
avrebbe provocato la morte di sua madre suggestionandole
l’ora precisa in cui
doveva esalare l’ultimo respiro? Immagino che neanche tra
i più irriducibili
oppositori della sopravivenza umana, possa rinvenirsi chi
abbia l’audacia di
propugnare una simile aberrazione teorica. E se così è, se
questo secondo
episodio esclude in modo categorico l’interpretazione
telepatica sotto tutte le
forme, allora anche nei riguardi del primo deve escludersi
tale ipotesi;
dimodoché l’interpretazione spiritualista dell’episodio in
esame risulta l’unica
suscettibile di spiegare il complesso dei fatti.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
110
Si noti infine, che a volersi attenere rigorosamente ai
metodi d’indagine
scientifica, il presente episodio non avrebbe dovuto
considerarsi allo stato
isolato, bensì in unione alla serie intera delle
esperienze in cui si trova
incastonato; nel qual caso le conclusioni spiritualiste a
cui si pervenne
analizzandolo allo stato isolato per motivi di
classificazione, diverrebbero
letteralmente incrollabili.
CASO LXV - Lo
ricavo dal libro di Natacha Rambova: Rudy, nel quale essa
narra la vita del proprio consorte Rodolfo Valentino, il
celebre artista
cinematografico, facendolo seguire dai messaggi medianici
conseguiti dal
defunto nel proprio circolo privato d’indagini.
Dal punto di vista generico delle “rivelazioni
trascendentali”, il libro presenta
un grande interesse, in quanto risulta una mirabile
sintesi di quanto venne
sempre affermato dagli altri defunti comunicanti.
Si apprende dal libro che Rodolfo Valentino si occupava in
vita di esperienze
medianiche, ed era egli stesso un medium scrivente e
“veggente”
notevolissimo.
I messaggi medianici qui considerati furono ottenuti dalla
Rambova nella
residenza paterna, situata nei dintorni di Nizza, pel
tramite del medium nordamericano
Giorgio Benjamin Wehner.
Dal punto di vista qui considerato, giova accennare
all’incidente iniziale
avvenuto allorché il Valentino versava in condizioni
gravissime a New-York.
In quella sera, nel circolo familiare di Nizza, si
manifestò lo spirito di una
defunta di nome “Jenny”, grande amica di famiglia,
informando di essere
stata al capezzale del morente Rodolfo, il quale l’aveva
vista allorché lo
trasportavano alla Casa di Salute.
Infine, il defunto stesso, nei primi suoi messaggi
medianici, riferisce di aver
visto “Jenny”, e di averla chiamata.
Si tratta pertanto di una triplice conferma della medesima
“apparizione di
defunta al letto di morte”, in cui la prima venne
trasmessa medianicamente,
qualche ora dopo, alla consorte del morente residente a
Nizza, e chi gliela
trasmise fu la stessa defunta che gli si era manifestata a
New-York, mentre la
notizia medesima veniva debitamente convalidata per
lettera, una settimana
dopo, dalla sorella della consorte del Valentino; e, per
soprappiù, veniva in
ultimo riconfermata dal defunto stesso nel primo messaggio
da lui trasmesso
medianicamente alla consorte.
Nel suo messaggio, il defunto così ne scrive:
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
111
«Allorché versavo in condizioni gravissime, ma prima che
si sapesse per certo
ch’io dovevo morire, io vidi improvvisamente sorgermi
dinanzi il fantasma di
“Jenny”. Ne fui così sorpreso, che credo di averla
chiamata ad alta voce. Mi si
manifestò circonfusa da una luminosità colorata in rosa.
Mi guardò
sorridendo - proprio come faceva in vita, quando si
avvedeva che abbisognavo
d’incoraggiamento -, e mi stese le braccia. Con quel
sorriso essa pareva dirmi:
- Non ti crucciare! - Tuttavia non la udii parlare. La
visione si dileguò in un
secondo, ma con ciò io conobbi che dovevo morire.
Dall’intimo dell’essere
mio, ebbi l’intuizione che la mia carriera terrestre era
giunta al suo termine.
Ne rimasi costernato: io non volevo morire...
«In questi ultimi giorni di vita, sebbene qualche volta mi
sentissi in forze, mi
gravava sull’anima un senso di paura inesplicabile...
Venne il tuo messaggio
telegrafico, che mi confortò grandemente. Io ebbi allora
una strana
intuizione: quella che ben presto ti avrei riveduta, e
che, da un momento
all’altro ti avrei vista entrare nella camera. In seguito,
la mia “guida spirituale”
mi spiegò che sentivo così perché in realtà dovevo essere
io quello che
ben presto sarebbe venuto a te...
«Poi le persone a me intorno divennero indistinte:
Silenzio, Tenebre,
Incoscienza... Non posso valutare il tempo in cui rimasi
in quello stato, ma
quando mi risvegliai, quando apersi gli occhi, mi ritrovai
circonfuso da una
meravigliosa luminosità azzurina. Quindi mi vidi venire
incontro “Black
Feather” (lo spirito-guida indiano del Valentino
stesso), la mia buona
“Jenny”, e Gabriella: la mamma mia! Io ero morto! Io ero
vivo!...
«Questi, Natacha, i primi ricordi del mio trapasso».
La narrazione del defunto Valentino intorno alle proprie
sensazioni durante la
crisi della morte, ed alle proprie impressioni circa il
suo primo ingresso nel
mondo spirituale è interessantissima, ma si prolunga per
una decina di
pagine, e sarebbe fuori luogo il riprodurla.
Dal nostro punto di vista, ciò che interessa è quanto si è
riferito intorno al
triplice incidente teoricamente notevolissimo riguardante
la percezione
improvvisa, da parte dell’infermo, del fantasma della
defunta amica “Jenny”,
incidente subito comunicato medianicamente dalla medesima
entità di
defunta, alla consorte dell’infermo residente a Nizza;
mentre una settimana
dopo l’incidente veniva comunicato per lettera alla
consorte della propria
sorella residente a New-York; ciò che valeva a
convalidarlo scientificamente
quale fenomeno realmente avvenuto. Infine, lo spirito del
defunto stesso
riconfermava l’evento, comunicando medianicamente con la
propria consorte
a Nizza.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
112
Ora, ciò che dal punto di vista teorico deve soprattutto
rilevarsi in questo non
comune complesso di convalidazioni fenomeniche, è
l’incidente della defunta
“Jenny” che nella sera medesima del giorno in cui si
manifestava all’infermo,
ne trasmetteva medianicamente notizia alla consorte
residente a Nizza,
precisando di essersi manifestata al Valentino, il quale
l’aveva vista allorché lo
trasportavano alla Casa di Salute.
Si consideri che il fenomeno essendosi svolto a New-York,
ne deriva che se la
personalità spirituale di “Jenny” ne diede notizia,
qualche ora dopo, alla
moglie del morente residente a Nizza, ciò dimostra che
lungi dal trattarsi di
una personificazione subcosciente del medium, chi si
manifestò era invece
l’autentica personalità spirituale della defunta,
trasportatasi fulmineamente a
Nizza per informarne i parenti; ciò che naturalmente
equivale a riconoscere
l’obbiettività del fantasma visto dal Valentino sul letto
di morte. E tanto ci
basta.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
113
CATEGORIA V
Casi in cui i familiari del morente sottostanno essi soli
alla
percezione di fantasmi di defunti.
I casi della natura qui considerati risultano piuttosto
rari, ed è naturale che
ciò avvenga, giacché nell’ordine delle probabilità noi
dovremmo attenderci a
che nella grande maggioranza delle manifestazioni in esame
il solo
moribondo abbia ad esserne il percipiente, e che relativamente
rare abbiano
ad essere le apparizioni percepite collettivamente dal
moribondo e dai
presenti, e più rare ancora quelle percepite dai soli
presenti.
In merito all’interpretazione teorica dei fatti, e da un
punto di vista
rigorosamente scientifico, essi appariscono ancora
suscettibili di venire
spiegati con l’ipotesi telepatica, presupponendo un
fenomeno di trasmissione
del pensiero dell’infermo rivolto in quel momento con
intensità di affetto alla
persona defunta visualizzata dagli assistenti, salvo sempre
circostanze
speciali.
CASO LXVI - In
questo primo episodio, l’assistente ha la percezione di un
fantasma rudimentale, presumibilmente in via di
formazione.
Lo tolgo dal Journal of the S. P. R. (1908, pag.
312). La relatrice e
percipiente è sorella di un membro della società in
discorso. Essa scrive:
«Il primo giorno di novembre 1905, io mi trovavo di
servizio, in qualità
d’infermiera all’ospedale, ed ebbi un’esperienza
interessante.
«Assistevo una signora S., inferma per carcinoma, degente
da sei mesi
all’ospedale, e in quel mattino apparentemente agli
estremi. Essa giaceva in
condizioni comatose da circa cinque ore, e il ritmo del
respiro erasi ridotto a
tre aspirazioni al minuto. Io fui lasciata sola ad
assisterla, con l’attribuzione di
sorvegliare ogni mutamento nelle sue condizioni, e di
proteggerla dal fastidio
delle mosche.
«Sedevo accanto al letto, leggendo un articolo di rivista,
ed ogni tanto
guardando l’inferma. Verso le dodici e cinque minuti (non
eravi orologio
nella camera),
mentre rivolgevo lo sguardo alla morente, vidi dall’altra parte
del letto una figura umana; dico “una figura umana” perché
era
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
114
indubbiamente tale per la forma, sebbene non si
distinguessero in essa le
sembianze, e nell’insieme apparisse costituita di nebbia o
vapori condensati,
con margini incerti e confusi. L’altezza era a un dipresso
la mia (5 piedi e 7
pollici). Vi
era una finestra a ciascun lato del letto, e un paravento di legno
rivestito di tela si trovava dietro la forma. Notai che le
orlature del paravento
erano visibili attraverso il corpo vaporoso del fantasma.
Non fui colta da
senso alcuno di terrore, per quanto non mi sentissi
propensa a interrogare
l’apparizione. Deposi la rivista che leggevo, rimanendo
completamente
assorta nella contemplazione del fantasma, per un tempo
che giudico
valutabile a dieci o quindici minuti. Dopo di che,
un’altra infermiera entrò
nella corsia, e la figura cominciò a diradarsi, ad
attenuarsi rapidamente, fino a
che si dileguò.
«Presi il polso nel collo della morente, e trovai che si
avvertiva ancora, per
quanto essa avesse cessato di respirare. Quando la forma
era presente essa
respirava ancora...».
Data la natura incipiente del fantasma visualizzato
dall’infermiera, nulla, o
ben poco si rinviene di teoricamente suggestivo
nell’episodio citato, salvo la
durata non comune del fenomeno, il quale persistendo un
quarto d’ora circa,
permise alla percipiente di osservarne le alternative di
svolgimento in guisa
minuziosa ed istruttiva.
Dal punto di vista teorico, ciò che può affermarsi
legittimamente consiste
nell’osservazione che non sembra lecito propugnare
l’interpretazione
telepatica del fenomeno, nel senso di attribuirne la
genesi alla proiezione del
pensiero della morente, dal momento ch’essa giaceva da
cinque ore in
condizioni comatose profonde. Comunque, in assenza di
circostanze di
estrinsecazione sufficientemente definite, miglior partito
è quello di astenersi
prudentemente dal pronunciare giudizio in proposito.
CASO LXVII - Lo
ricavo dal Light (1928, pag. 81). Il signor W. J. Farmer
riferisce alcune manifestazioni supernormali realizzatesi
alla morte del
proprio nonno, e da tale narrazione io mi limito a
ricavare il brano seguente
che ci concerne:
«Allorché mio nonno giaceva gravemente infermo e prossimo
alla morte, la
nonna vide entrare dalla porta aperta una signora, la
quale si avvicinò al letto
del degente, e prese a guardarlo in silenzio per qualche
tempo, con
espressione ansiosa ed amorosa. Mia nonna pensò che quella
signora fosse
un’amica dell’infermo, la quale risiedesse in località
lontana; e quando la
visitatrice tornò sui propri passi dirigendosi alla porta,
mia nonna le tenne
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
115
dietro al fine di aiutarla a togliersi gli indumenti, e invitarla
a rifocillarsi.
Senonché vide sparire a sé dinanzi l’ospite! Enormemente
impressionata,
volle informarsi presso la servitù, riscontrando che
nessuno dei componenti la
famiglia aveva segnalata la presenza di una visitatrice.
«Qualche ora dopo mia nonna si decise a parlare del
l’evento con l’infermo,
descrivendo minuziosamente l’aspetto della signora
apparsa, e l’infermo
osservò meravigliato: - Tu descrivesti in modo perfetto la
madre mia. Tu l’hai
vista, ma come mai ciò è possibile, dal momento ch’essa è
morta da tanti
anni?
«Dopo di che, mio nonno informò la moglie che una delle
peculiarità
caratteristiche della madre sua, consisteva
nell’attorcigliarsi sovente un
piccolo fazzoletto da naso intorno al dito mignolo; ora la
forma spirituale
manifestatasi portava un fazzoletto minuscolo
attorcigliato al dito mignolo!
Mia nonna affermò costantemente che la
visitatrice-fantasma appariva in
tutto una donna in carne ed ossa».
Colgo l’occasione offertami dall’episodio esposto onde
osservare che la
circostanza degli infermi prossimi a morire, i quali
talvolta, ancorché svegli e
coscienti, non vedono le forme spirituali dei loro
defunti, le quali, invece, sono
scorte da persone presenti, significa unicamente che tra i
presenti si
trovavano persone “sensitive”, laddove l’infermo non
possedeva tale
prerogativa psichica; o, in altre parole, dimostra che se
lo stato preagonico
determina sovente negli infermi l’emersione anticipata
delle facoltà di visione
spirituale, facoltà esistenti allo stato latente nelle
subcoscienze di tutti, non è
detto però che tale emersione debba realizzarsi
costantemente.
Dal punto di vista teorico, noto che se il morente, quando
ascoltò la
descrizione del fantasma visualizzato della moglie, ne
rimase meravigliato
riscontrando com’essa avesse descritto esattamente la
madre sua, ciò
dimostra che in quel momento il suo pensiero era lontano
dal rievocare il
ricordo della madre defunta, giacché in tal caso egli non
avrebbe mancato di
rilevare la coincidenza occorsa tra il suo pensiero
rivolto con intensità di
affetto alla madre defunta, e la di lei apparizione in
forma alla propria moglie.
Al che deve aggiungersi che se l’apparizione in forma
erasi avvicinata
all’infermo guardandolo in silenzio per qualche tempo con
espressione
ansiosa ed amorosa, un simile comportamento risulta quello
che avrebbe
dimostrato qualunque madre al letto di morte del figlio,
laddove il
comportamento stesso non si saprebbe come farlo originare
dalla mentalità di
un figlio il quale rivolga semplicemente il pensiero alla
madre defunta.
Perché, infatti, una simile condizione mentale avrebbe
dovuto estrinsecarsi e
obbiettivarsi nella forma allucinatoria materna che si
avvicina al capezzale del
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
116
figlio con espressione di ansietà effettiva? Né bisogna
dimenticare l’altro
particolare suggestivo del fantasma il quale erasi
intenzionalmente
manifestato usando il contrassegno d’intensificazione del
fazzoletto
attorcigliato intorno al dito mignolo, quasiché si fosse
proposto con ciò di
farsi meglio identificare dal figlio allorché la
percipiente lo avrebbe informato
intorno alla visione avuta.
CASO LXVIII - Lo
desumo dal libro di Camillo Flammarion: L’Inconnu et
les problèmes psychiques (L’Ignoto e i Problemi dell’Anima) (1).
(1) Ernest Flammarion Editeur, Park, 1900, pag. 585.
L’edizione italiana fu
pubblicata dal Laterza di Bari (ora esaurito, ma in corso
di ristampa)
(G.D.B.).
La signora R. de L. di Lacapelle, scrive al Flammarion:
«Avevo una figlia quindicenne, la quale era la mia gioia e
il mio orgoglio.
Durante un breve viaggio, l’avevo lasciata in compagnia di
mia madre. Dovevo
essere di ritorno il giorno 18 maggio 1894; e nella notte
del 16, io sognai che
mia figlia era gravemente malata, che mi chiamava e
m’invocava piangendo.
Mi risvegliai agitatissima, ripetendo a me stessa la
solita frase proverbiale che
“tout songe et mensonge”.
«Nella giornata io ricevetti una lettera di mia figlia, in
cui mi ragguagliava
sulle vicende domestiche, senza lagnarsi di nulla.
«Il domani, arrivando a casa, non vidi mia figlia venirmi
incontro; e la
cameriera mi informò che una indisposizione improvvisa
l’aveva colta. Salii
nella sua camera, e la trovai sofferente per un fortissimo
dolore di capo. La
feci subito coricare; ed ahimè!, non si alzò più. Due
giorni dopo si dichiarò
un’angina membranosa, e malgrado le cure prodigate, ella
si estinse il giorno
29 maggio.
«Ora, due notti prima della catastrofe, io mi ero sdraiata
sopra un letto
separato per una porta dalla camera di mia figlia. Avevo
chiusi gli occhi, ma
non dormivo; mia figlia si era assopita, e l’infermiera
vegliava. All’improvviso
una vivida luce, paragonabile al sole di mezzogiorno nel
mese di agosto,
rischiarò la camera. Chiamai subito l’infermiera, che
indugiò qualche tempo a
rispondere. Durante l’indugio, io mi ero precipitata nella
camera di mia figlia,
ma la luce erasi spenta. L’infermiera pareva atterrita, e
non rispondeva alle
mie domande, ma il domani essa parlò coi familiari, poi
con me, quindi con
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
117
tutti, ripetendo impressionatissima ch’essa aveva visto
mio marito, morto sei
mesi prima, ai piedi del letto di mia figlia.
«L’infermiera in discorso è tuttora vivente; ha
quarantasei anni, ed è pronta a
ripetere il racconto a chiunque voglia intenderlo».
Nel caso esposto, durante la manifestazione supernormale,
la figlia inferma
erasi assopita, dimodoché è presumibile ch’essa pure abbia
percepito
l’apparizione sotto forma di sogno. Dal che ne deriverebbe
la presunzione
legittima che si trattasse di un puro sogno dell’inferma
il quale avesse
determinato una corrispondente allucinazione obbiettivata
nell’infermiera.
Senonché, in tal caso, come darsi ragione della «vivida
luce, paragonabile al
sole di mezzogiorno», percepita simultaneamente dalla
madre dell’inferma?
Non può certo pretendersi che il sogno della dormiente
siasi trasformato in
un fenomeno allucinatorio luminoso per la madre di lei.
Ciò è assurdo,
laddove nella casistica medianica si hanno esempi
altamente suggestivi di
analoghe trasformazioni percettive nei casi
d’identificazione personale dei
defunti.
Così, ad esempio, in un episodio riferito nei Proceedings
of the S. P. R.,
tre giovinette ebbero simultaneamente la percezione
dell’intervento in mezzo
a loro di una carissima amica morta da poco; senonché una
di tali percipienti
ne scorse la forma spirituale che trasvolò rapida
nell’ambiente; una seconda,
ne udì la voce che profferì distintamente una frase di
saluto all’indirizzo delle
amiche, e una terza, percepì un delizioso profumo di viole
mammole. Ora, a
proposito di quest’ultima percezione olfattiva, si venne a
conoscere che la
salma della defunta su l letto di morte era stata
letteralmente coperta di viole
mammole. E’ palese pertanto che la percezione olfattiva in
discorso non
potrebbe interpretarsi senonché ammettendo la presenza di
un’entità
spirituale la quale avrebbe trasmesso telepaticamente a
ciascuna delle
percipienti la sensazione allucinatorio-veridica
corrispondente alle
idiosincrasie psichiche speciali a ciascuna di esse. E
siccome si trattava di una
defunta si era condotti forzatamente ad ammettere la
presenza reale sul posto
quale unica ipotesi capace di spingere il complesso dei
fatti.
Nel caso in esame, invece, si sarebbe trattato di una
dormiente che sogna, e in
conseguenza ciò trae a concluderne che un presunto sogno
del padre defunto
non avrebbe potuto determinare la seconda manifestazione
supernormale in
discorso, visto che se è lecito presumere che il sognare
di un dato individuo
defunto abbia a provocare qualche volta un’allucinazione
corrispondente in
una persona presente, apparirebbe assurdo il presumere che
col sogno
medesimo si pervenisse a provocare in una persona presente
un’allucinazione
di luminosità abbagliante. La cosa, invece, è ben diversa
nel caso delle
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
118
manifestazioni dei defunti, visto che ammettendone la
presenza spirituale sul
posto, appare razionale che il defunto si proponga di
manifestarsi ai presenti
impressionandoli telepaticamente a seconda delle loro
idiosincrasie psichice,
unico mezzo per lui di conseguire lo scopo, giacché non
bisogna mai
dimenticare che i defunti si manifestano come possono, non
già come
vogliono.
CASO LXIX - Lo
tolgo dal Journal of the American S. P. R. (1918, pag.
608). Il signor S. M.
Bennett comunica al prof. Hyslop il fatto seguente:
«Una delle più antiche residenze nel quartiere di West
Pittston era una
signora vedova M., la quale era madre di due figlie, l’una
delle quali vivente e
maritata in Merriman; l’altra, di nome Stella, era morta
di febbre tifoidea
nell’anno 1876.
«Durante la malattia di sua madre, la signora Merriman fu
quasi sempre al
suo capezzale. Vi si trovavano pure suo figlio, e
un’infermiera di media età,
donna pratica e seria. Una notte, quando la malata era
agli estremi, la signora
Merriman si era coricata per un momento nella camera
adiacente, dietro a
una cortina, mentre l’infermiera si era posta a sedere
nella camera della
morente in guisa da scorgere il letto, malgrado la luce
fioca.
«A un dato momento, essa vide una donna ritta ai piedi del
letto, che
guardava intensamente l’inferma, e vi persisteva per un
tempo abbastanza
lungo. L’infermiera, supponendo che fosse la signora
Merriman, non si alzò.
Ma poco dopo essa vide quella forma divenire confusa e poi
dileguarsi. Allora
rifletté che la statura e la corporatura della persona da
lei vista non
corrispondevano alla figura matronale della signora
Merriman, e perciò si
recò a investigare nella camera attigua, riscontrando che
la signora in
discorso dormiva tranquillamente.
«Allorché l’infermiera descrisse alla signora Merriman
l’aspetto del fantasma
da lei visto, essa riconobbe meravigliando che
l’infermiera aveva descritto il
sembiante della propria sorella defunta».
Anche in questo episodio, in cui la descrizione del
fantasma percepito
dall’infermiera corrispondeva esattamente all’aspetto
della sorella defunta
della relatrice, tutto concorre a dimostrare che si
trattava dell’intervento reale
sul posto della defunta in discorso; ma, purtroppo, la
relazione è troppo
riassuntiva, e in conseguenza troppo deficiente nei
ragguagli indispensabili a
una disamina scientifica dei fenomeni in esame. Meglio
pertanto astenersi dal
pronunciare giudizio in proposito.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
119
CASO LXX - Lo
traggo dal Light (1916, pag. 301). Sir George Kekewich,
l’eminente professore di letteratura classica
greco-latina, definisce in
un’intervista il suo modo di pensare intorno all’esistenza
e sopravvivenza
dell’anima, che sarebbe quello di un indagatore
spregiudicato in attesa di
saperne di più prima di arrivare a una conclusione
definitiva. In pari tempo
egli dichiara che il tema lo interessa in modo
particolare, e ciò in conseguenza
di alcune esperienze straordinarie occorse a lui medesimo
ed agli amici suoi.
Ed egli racconta qualcuna di siffatte esperienze, la prima
delle quali avvenne
al letto di morte della propria madre. Egli riferisce:
«Mia sorella minore, la quale si trovava nella camera
accanto al momento
della di lei morte, venne a me dicendo: - Al momento in
cui la mamma esalava
l’ultimo respiro, vidi liberarsi al di sopra di lei un
fantasma dai capelli rossi; il
che è maggiormente inesplicabile inquantoché, come ben
sai, nostra madre
aveva una speciale avversione per le persone dai capelli rossi.
«Io risposi: - E’ vero che nostra madre aveva una speciale
avversione per le
persone dai capelli rossi; ma io avrei dovuto dirti che la
di lei sorella minore a
cui essa era appassionatamente affezionata, aveva appunto
i capelli rossi.
Essa è morta giovane, con immenso cordoglio di nostra
madre; dimodoché se
nell’Al di là vi è persona cui essa avrebbe desiderato
ardentemente di
ricongiungersi, è proprio lei.
«A parer mio, l’inferenza irresistibile da trarsi da un
evento simile sarebbe
che la sorella defunta sia venuta a riceverla per servirle
da guida nell’Al di là».
Come si vede, anche il prof. Kekewich è condotto
razionalmente a trarre dai
fatti quelle inferenze spontanee e naturali a cui tutti
giungono, a condizione di
non avere le vie cerebrali obnubilate per troppo lunga e
fiduciosa familiarità
con le più audaci, nonché gratuite varietà dell’ipotesi
telepatico-allucinatoria,
di cui tanto si abusa odiernamente.
F. nel nostro caso la varietà dell’ipotesi
telepatico-allucinatoria a cui si
appiglierebbero gli oppositori della sopravvivenza umana,
risulterebbe
sempre quella di una presumibile trasmissione alla
percipiente di una forma
allucinatoria originata nella mentalità della moribonda.
Ma siccome la percipiente dice di aver visto il fantasma
dai capelli rossi al
momento in cui la mamma esalava l’ultimo respiro, allora
non è possibile che
la mentalità della morente fosse ancora capace di
allucinarsi all’istante
matematico in cui cessava totalmente di funzionare
l’organo del pensiero.
CASO LXXI - Il seguente
episodio è teoricamente importante, inquantoché
il morente e il percipiente sono entrambi bambini in
tenerissima età.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
120
Il rev. William Stainton Moses riferisce nel Light (del
7 aprile 1888),
l’episodio seguente, occorso alla figlia di un altro
ministro della chiesa
anglicana, e da questa narrato verbalmente al Moses:
«Miss H. assisteva un bambino morente nella parrocchia del
padre suo. Nella
camera vi erano due letti, l’uno dei quali era una culla
in cui dormiva un
bimbo di tre o quattro anni, fratellino dell’altro
infermo, il quale da parecchie
ore giaceva assopito.
«Miss H., con la mamma dei bimbi, stata accanto al letto
in cui giaceva il
bambino morente, già in preda agli spasimi dell’agonia. Ad
un tratto una
piccola voce strillò dalla culla, e le due donne
volgendosi, videro il fratellino
seduto sul letto, completamente sveglio, che puntava col
ditino nel vuoto, ed
aveva il volto irradiato da una gioia estatica. Egli
gridava: - Oh, mammina,
mammina, che belle signore intorno al fratellino! Belle
signore! Mammina,
mammina, esse vogliono prendersi il fratellino!
«Quando le due donne rivolsero nuovamente gli sguardi al
letto del bimbo
morente, riscontrarono ch’egli era spirato».
Il Moses fa seguire questi commenti:
«In vista del criticismo prevalente contro i fenomeni
medianici, sarebbe di
grande importanza raccogliere casi analoghi al precedente
tenuto conto che i
bambini di tre anni e quelli lattanti non possono
gabellarsi per prestigiatori e
truccatori».
I quali commenti del Moses dovrebbero completarsi
osservando che i bambini
stessi non potrebbero neanche gabellarsi per
telepatizzatori di fantasmi.
Al qual proposito è deplorevole che il Moses abbia
trascurato di riferire l’età
del bimbo morente; ma siccome nei commenti egli parla di
bimbi lattanti, è
lecito inferirne che tale dovesse risultare la di lui
condizione.
CASO LXXII - Ecco un
secondo episodio in cui il morente e il percipiente
sono entrambi bambini in tenerissima età; e questo secondo
episodio è più
importante del primo, inquantoché in esso viene indicata
l’età del bimbo
morente (quattro mesi); ciò che pone in grado di
escludere in modo
categorico qualsiasi forma di autosuggestione nel morente,
con la relativa
trasmissione telepatica alla bimba percipiente; e l’età di
quest’ultima (tre
anni) esclude a sua volta
la possibilità che abbia potuto autosuggestionarsi al
punto di scorgere fantasmi allucinatori per proprio conto,
visto che la sua
piccola mente non arriva certo a concepire la possibilità
di apparizioni
trascendentali al letto di morte del fratellino.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
121
Tolgo il caso dalla rivista Ultra (1909, pag.
91). Il signor Pelusi, ordinatore
della Regia Biblioteca Vittorio Emanuele, in Roma scrive
in data 12 dicembre
1908:
«Nella casa in Roma, via Reggio, N. 21, scala C., int. 1,
abitata dalla famiglia
Nasca, è in subaffitto il signor G. Notari ammogliato con
prole, e con sua
madre vedova.
«Al signor Notari, il giorno 6 dicembre scorso, morì un
bambino di mesi
quattro, verso le ore 22.45. Attorno al letto del piccolo
morente erano il padre,
la madre, la nonna, la padrona di casa signora Giulia
Nasca, e la sorellina
Ippolita, di tre anni, mezzo paralitica, la quale, seduta
sul lettuccio del piccolo
morente, se lo guardava con compassione.
«Ad un certo punto, e proprio quindici minuti prima che la
morte avesse
posto fine a quella tenera esistenza, la sorellina
Ippolita proterge le braccia
verso un angolo della camera, e grida: - Mamma: vedi zia
Olga? - e si mosse
per scendere dal letto e andare ad abbracciarla.
«Gli astanti rimasero allibiti, e domandarono alla bimba:
- Ma dov’è? Ma
dov’è? - E la piccola a ripetere: - Eccola là! Eccola là!
- e volle a forza scendere
il letto per andarle incontro. Il padre l’aiutò a
scendere, ed essa corse ad una
sedia vuota; ma ivi giunta rimase perplessa, poiché la
visione erasi portata in
altro punto della camera. E la piccina vi si rivolse,
dicendo: - Eccola là, zia
Olga! - Poi si acquetò quando sopravvenne lo strazio del
pargoletto che
spirava.
«Codesta zia Olga, sorella della madre della piccina, si
avvelenò or fa un anno
per amore, e il fidanzato assente, come seppe la morte
della sua diletta, dopo
tre mesi di lagrime, si suicidò; e nella stessa notte del
suicidio comparve in
sogno alla sorella della Olga, cioè la madre della piccola
chiaroveggente,
dicendole: - Vedi! Ora mi sposo Olga. - La mattina, dai
giornali, fu appreso il
pietoso suicidio.
«Garantisco la verità dei fatti, essendomi stati ripetuti
stasera nei minimi
particolari dalla famiglia Nasca, miei compari, e dalla
nonna della piccola
chiaroveggente».
(Firmato: M. Pelusi)
Sono questi i casi che trassero il professore Charles
Richet a dichiarare
francamente che se si pervenisse a raccoglierne un certo
numero, in guisa da
poterli sottoporre ai metodi d’indagine scientifica
dell’analisi comparata e
della convergenza delle prove, essi fornirebbero da soli
la tanto auspicata
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
122
dimostrazione, sulla base dei fatti, della sopravvivenza
umana, e ciò in quanto
gli episodi delle “apparizioni dei defunti al letto di
morte”, in cui sono
protagonisti dei bimbi in tenera età, e soprattutto quelli
- come i due citati - in
cui tanto il morente quanto il percipiente sono entrambi
dei bimbi (ciò che
vale ad escludere qualsiasi forma di telepatia
allucinante), non possono
spiegarsi in guisa alcuna con interpretazioni
naturalistiche.
Al qual proposito giova ricordare che lo scrivente ha già
registrato e
pubblicato un buon numero di casi - forse una cinquantina
- in cui sono
percipienti dei bimbi in tenera età, casi che però
appartengono a diverse
categorie di manifestazioni affini, tra le quali la più
ricca di episodi del genere
è quella delle “apparizioni dei defunti poco dopo la loro
morte”, categoria
complementare a quella qui considerata. E se così è,
allora è palese come il
fatto di appartenere a diverse categorie di manifestazioni
affini non impedisca
che gli episodi stessi rivestano cumulativamente un grande
valore teorico, il
quale converge come a centro verso la dimostrazione
sperimentale
dell’esistenza e sopravvivenza dello spirito umano.
Riuscirebbe pertanto interessante e proficuo riunirli
tutti in una speciale
classificazione.
CASO LXXIII - Il noto
pubblicista inglese William Stead, direttore della
Review of Reviews, nel
suo libro intitolato: Real Ghost Stories (1),
riferisce il seguente episodio:
(1) New Edition Re-arranged and Introducted by Estelle W.
Stead. - Stead’s
Publishing House, London, 1921, pag. 256 (G.D.B.).
«Concludo il capitolo con l’esposizione di una fra le più
circostanziate
manifestazioni di fantasmi che siano occorse ai tempi
odierni. E’ anche l’unica
manifestazione qui riferita ad illustrazione della
consolante credenza che gli
spiriti delle persone a noi care vengano a riceverci al
letto di morte per
servirci di guide nell’esistenza spirituale.
«Nell’estate del 1880, quattordici ufficiali del 5°
reggimento Lancieri,
sedevano conversando nella sala della mensa, nella caserma
di cavalleria ad
Aldershot. Erano circa le sette pomeridiane, e tornavano
allora da una marcia,
quando videro entrare nella sala una signora vestita in
costume da sera in seta
bianca, con un lungo velo da sposa sul volto; la quale
sostò un momento a
capo della tavola, per poi dirigersi verso la cucina ed
entrarvi.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
123
«Erasi mossa con passo rapido, ma i cinque ufficiali posti
a capo della tavola
la videro tutti, e nessuno tra essi pensò un sol momento
che non si trattasse di
una signora in carne ed ossa, capitata, non si sa come, in
mezzo a loro.
«L’aiutante in campo, capitano Norton, si alzò di scatto e
corse in cucina,
chiedendo al sergente dove si trovasse l a signora entrata
in quel momento. –
Nessuno è entrato in cucina - rispose il sergente, e i
cuochi e gli sguatteri
furono unanimi nell’affermarlo.
«Quando il capitano Norton riferì la stupefacente novella
ai colleghi, si levò
tra di loro una discussione animatissima, e si finì per
concludere che dovesse
trattarsi di un fantasma. Si discusse pure circa le
sembianze dell’apparizione,
e coloro che la videro furono concordi nell’affermare
ch’essa era bella, molto
bruna, e che in volto esprimeva una grande tristezza. Il
colonnello Vandeleur,
che non l’aveva vista, ascoltando la descrizione delle
sembianze, osservò: - Ma
questa è la moglie del veterinario X., morta nell’India. -
L’ufficiale da lui
nominato era in quel momento - o meglio si supponeva che
fosse - in licenza
di convalescenza. Comunque, anche se il fantasma apparso
fosse stato quello
della moglie di lui, non si vedeva per quale motivo si
fosse manifestata nella
sala della mensa in quella guisa strana.
«Nondimeno, si venne a sapere che l’ufficiale veterinario
in questione era
tornato dalla licenza in quel medesimo pomeriggio,
all’insaputa di tutti i
camerati, sebbene gli rimanessero ancora parecchie
settimane di licenza. Si
venne pure a sapere ch’egli era salito alla sua camera,
posta al di sopra della
cucina, aveva suonato per chiamare l’attendente, accusando
un senso di
malessere, e ordinando una soda con “Brandy”.
«Il mattino seguente, verso le otto e mezzo, l’attendente
salì alla camera
dell’ufficiale, e lo rinvenne morto nel letto.
«Al capitano Norton, nella sua qualità di aiutante di
campo, toccò di entrare
nella camera per procedere all’inventario degli effetti
lasciati dal defunto, e
apporre i sigilli alla camera. E il primo oggetto sul
quale caddero gli sguardi
del capitano, fu la fotografia della signora da lui veduta
la sera precedente,
vestita nell’identico costume da sposa.
«Ecco i nomi degli ufficiali che videro l’apparizione, e
che firmarono la
relazione dell’evento: Capitano Norton, aiutante di campo;
capitano Aubrey
File, del Club Esercito e Marina; capitano Joe Benion, del
Club Esercito e
Marina; il dottore del reggimento (nome dimenticato);
luogotenente Jack
Russel, redattore dello Sporting Times, sotto lo
pseudonimo di “Brer
Rabbit”».
Il particolare teoricamente importante nell’episodio
esposto, è quello di un
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
124
fantasma sconosciuto ai percipienti e identificato in
seguito a un ritratto;
particolare che in apparenza conferirebbe all’episodio il
valore di un caso
autentico d’identificazione spiritica; e nulla osta che
risulti tale
effettivamente.
Senonché, dal punto di vista scientifico, non è possibile
esimersi
dall’osservare che con l’ipotesi telepatica si sarebbe
ancora in grado di
spiegare l’evento. Infatti, tenuto conto che al piano
superiore, e precisamente
sopra la cucina in cui era entrata l’apparizione, si
trovava il marito della
defunta apparsa ai camerati, è lecito presumere che
l’apparizione in discorso
risultasse un’allucinazione telepatica originata nel di
lui pensiero rivolto in
quel momento alla cara defunta.
Ciò posto per la correttezza scientifica nella discussione
delle ipotesi, giova
notare che l’evento si realizzò nell’imminenza della morte
di chi era stato il
marito della defunta apparsa; dimodoché l’evento stesso
assumerebbe il
carattere di preannuncio di morte imminente, e di
visitazione di defunto al
letto di morte; due circostanze altamente suggestive, e di
cui non si può non
tenere il debito conto. Che se l’apparizione fosse
avvenuta nella prossimità del
marito della defunta ma senza la circostanza di morte di
quest’ultimo, allora
la spiegazione puramente telepatica dell’evento
risulterebbe più verosimile.
Si noti bene, però, ch’io mi esprimo in omaggio alle
opinioni negativiste degli
oppositori irriducibili, ma sta di fatto che in realtà la
spiegazione puramente
telepatica dell’evento non è sostenibile in causa delle
seguenti considerazioni
(valevoli altresì per l a classe intera delle
manifestazioni in esame).
In primo luogo, perché le allucinazioni telepatiche tra
viventi si realizzano di
regola tra persone vincolate da sensi affettivi profondi,
condizione essenziale
a che si stabilisca l’indispensabile “rapporto psichico”
tra “l’agente” e il
“percipiente”; e tali vincoli affettivi mancano
nell’episodio esposto.
In secondo luogo, perché, salvo rarissime eccezioni che
non infirmano la
regola, la ricchissima, svariatissima, esuberante
casistica della “telepatia tra
viventi” è costituita da manifestazioni che si
estrinsecano costantemente in
guisa identica, nel senso che l’agente trasmette al
percipiente il fantasma
allucinatorio di se medesimo, giammai quello di terzi a
cui egli
pensi; quasiché si
trattasse della trasmissione di un’allucinazione vedirica
che non sarebbe determinata dal suo pensiero cosciente (il
quale non è affatto
fissato sull’idea di apparire al percipiente), bensì dalla sua volontà
subcosciente, la quale agirebbe trasmettendo
telepaticamente al percipiente
una rappresentazione simbolica di quanto avviene a suo
riguardo,
rappresentazione consistente nella proiezione
allucinatoria del fantasma
dell’agente. Mi riservo a svolgere la tesi importante nel
capitolo conclusionale.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
125
Ovvero, potrebbe anche presumersi che ci si trovasse in
presenza di un
fenomeno incipiente di esteriorazione e proiezione a
distanza, in direzione
della persona pensata, di un condensamento di elementi
psichici combinati a
fluidi sottilissimi capaci di assumere la forma
fantasmogena dell’agente;
fenomeno quest’ultimo che non era sfuggito alla
penetrazione analitica del
Myers, il quale lo aveva segnalato denominandolo col
neologismo di
“psicorragia”; ciò allo scopo di distinguerlo dall’altro
fenomeno affine dello
“sdoppiamento del corpo eterico” (bilocazione), il
quale rappresenterebbe il
fenomeno stesso nella sua piena estrinsecazione. In
quest’ultimo caso, però, il
fenomeno non potrebbe realizzarsi senza che il soggetto
entri in condizioni di
sonno profondo: naturale, sonnambolico, medianico, laddove
ciò non sarebbe
necessario nella fase incipiente qui considerata, che
perverrebbe ancora ad
estrinsecarsi in condizioni di veglia, salvo talora uno stato
fugace di “assenza
psichica”.
Queste due nuove ipotesi intese a schiarire il mistero che
avvolge le modalità
con cui si estrinsecano i fenomeni telepatici, presentano
entrambe il
vantaggio di raggiungere razionalmente tale scopo, e
presumibilmente
risultano entrambe fondate, quindi entrambe applicabili, a
seconda delle
circostanze, alle manifestazioni del genere.
Comunque sia di ciò, e dal punto di vista che ci concerne,
sta di fatto che se i
fenomeni delle “apparizioni dei defunti al letto di morte”
trassero origine
dalla circostanza che il morente pensando con intensità di
affetto a un caro
defunto ne trasmette telepaticamente ai presenti il
fantasma allucinatorio,
allora, conformemente, la casistica telepatica tra viventi
dovrebbe risultare
costituita da episodi in cui gli “agenti” anziché
trasmettere il fantasma
allucinatorio di se medesimi alla persona lontana a cui
pensano, dovrebbero
trasmetterle il fantasma allucinatorio della persona
pensata, e siccome la
persona pensata è colui che percepisce, quest’ultimo
dovrebbe scorgere a sé
dinanzi il fantasma allucinatorio... di se medesimo! Ora
ciò non avvenne mai!
Noto che le considerazioni esposte riguardanti il
perturbante enigma
telepatico in esame, si riferiscono a una circostanza di
fatto a tutti nota; il che
non impedisce che gli oppositori della sopravvivenza umana
persistano ad
abusare in guisa irragionevole e incomprensibile
dell’ipotesi telepatica per
l’interpretazione dei casi delle “apparizioni dei defunti
al letto di morte”,
sebbene il farlo risulti in aperta contraddizione con le
modalità con cui si
estrinsecano i fenomeni telepatici in massa!
Concludendo: In base a quanto esposto, sta di fatto che se
nel caso qui
considerato si fosse trattato di “telepatia”, i camerati
del morente avrebbero
dovuto scorgere il fantasma di quest’ultimo, e non mai
quello della di lui
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
126
moglie; ma siccome fu invece la moglie defunta che apparve
ai medesimi,
allora, sempre in base a quanto si venne esponendo, dovrà
inferirsene che ci
si trova in presenza di un caso autentico di “apparizione
dei defunti al letto di
morte”.
CASO LXXIV - Lo
ricavo dai Proceedings of the S. P. R. (vol. VI, pag.
293). Venne comunicato
a detta società da Miss Walker, cugina della
protagonista. Questa scrive:
«I miei genitori ebbero molti figli, di cui la maggior
parte morirono
nell’infanzia. Sopravvissero Susanna, Carlotta ed io. In
causa di siffatte
numerose lacune, Susanna era a me maggiore di vent’anni.
«Mio padre era proprietario di un feudo inalienabile;
dimodoché la morte dei
suoi figli maschi, William e John - il primo morto nella
fanciullezza, l’altro
nell’infanzia - era stata la più grande sventura della sua
vita.
«Susanna si ricordava di entrambi i fanciulli. William era
nato e morto molto
tempo prima che io venissi alla luce; John era morto
all’età di due anni,
quando da poco io ero nata. Di William non esistevano
ritratti; quanto al
ritratto di John, tu lo conosci. Si tratta di quel dipinto
a olio in cui è
raffigurato in grandezza naturale un bimbo malfermo sui
piedini,
biancovestito, con le scarpette turchine, al lato del
quale si vede un levriere
accoccolato, e di fronte, un arancio che gli rotola ai
piedi...
«Io avevo raggiunta l’età di vent’anni; Susanna ne aveva
quaranta, Carlotta
trenta. La salute di nostro padre declinava rapidamente.
Si viveva allora uniti
e felici in una deliziosa casetta sui confini del comune
di Harrogate.
«Nel giorno di cui ora si tratta, Carlotta erasi sentita
indisposta; dei brividi
subitanei l’avevano colta, e il dottore aveva consigliato
si ponesse a letto. Nel
dopo pranzo, essa dormiva tranquillamente, ed io con
Susanna sedevamo ai
lati del letto. Il sole era tramontato; l’aria imbruniva,
per quanto non si fosse
ancora nella oscurità. Non so da quanto tempo ci si
trovava ivi sedute,
allorché avvenne a me di alzare il capo, e scorsi una
luminosità purpurea al di
sopra del capezzale di Carlotta, e circonfusi in quella
luminosità mi apparvero
due visetti di Cherubini i quali si affissavano
intensamente nell’inferma.
Rimasi qualche istante a guardare estatica, né la visione
accennava a
dileguarsi. Alfine, stendendo la mano a Susanna al di
sopra del letto, dissi
semplicemente questo: - Susanna, guarda in alto. - Essa
guardò, e
atteggiandosi in volto ad espressione d’immenso stupore,
esclamò: - Oh,
Emmelina: essi sono William e John!
«Continuammo entrambe ad affissarci come affascinate in
quella visione, fino
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
127
a quando tutto disparve alla guisa di un dipinto che si dissolva
sul posto.
«Poche ore dopo, Carlotta veniva colta da improvviso
accesso, e in brevi
istanti spirava».
(Firmate: Emmelina W. e Susanna W.)
Il caso esposto venne raccolto e investigato dal Podmore,
il quale osserva
come a dare ragione della visione occorsa, non sia
necessario inferire la
presenza spirituale dei fratellini defunti, e ciò in
quanto si può presupporre
con probabilità maggiore che la visione stessa sia stata i
l riflesso del pensiero
dell’inferma.
Come si vede, ci si trova sempre in presenza della
medesima inferenza teorica
superficiale e sbagliata nella quale incolgono anche
taluni fra i più eminenti
cultori delle indagini psichiche, quale indubbiamente era
il Podmore, per
quanto la sua irriducibile avversione preconcetta per
l’interpretazione
spiritualista di qualsiasi manifestazione supernormale,
annebbiasse troppo
sovente le sue facoltà di penetrazione analitica.
Comunque, nel caso in esame si rileva una circostanza di
fatto sfuggita al
Podmore, la quale può valere anche da sola quale indiretta,
ma efficace
dimostrazione che l’apparizione occorsa non poteva
risultare il riflesso del
pensiero della morente; e tale circostanza è rappresentata
dal paragrafo in cui
è detto che la sorella Susanna si ricordava di entrambi i
fanciulli, che la
relatrice non ricordava né l’uno né l’altro, e che non
esistevano ritratti del
fratellino maggiore. Ora, ove ben si consideri, tutto ciò
vale a significare che
l’altra sorella Carlotta - più giovane di dieci anni di
Susanna - non doveva
ricordare che il fratellino John, poiché, in caso diverso,
la relatrice avrebbe
immancabilmente scritto ch’entrambe le proprie sorelle -
non già Susanna
sola - si ricordavano dei due fanciulli. Non avendolo
fatto, risulta manifesto
che la sorella Carlotta non era nella situazione della
sorella maggiore
Susanna, e neppure in quella della sorella minore, la
quale non ricordava né il
primo, né il secondo fratellino; dimodoché la giustezza
della mia deduzione
appare incontestabile. E qualora fosse accolta, ne
deriverebbe che la visione
percepita dalla relatrice non poteva essere il riflesso
del pensiero della sorella
morente, dal momento che quest’ultima ignorava le
sembianze del maggiore
tra i fratellini apparsi; dimodoché, anche a volersi
mantenere nell’orbita
dell’interpretazione telepatica secondo il Podmore, si
dovrebbe far capo
ugualmente alla genesi estrinseca, o spiritica,
dell’interessante episodio
esposto.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
128
CASO LXXV - La
celebre cantante Nellie Melba pubblicò recentemente un
libro interessante di “memorie”, il quale s’intitola: Melodies
and
Memories. Nei
ricordi della propria adolescenza si contiene il seguente
episodio della natura qui considerata:
«Mia madre venne a morte quando io ero ancora giovinetta;
e sebbene fosse
inferma da parecchi anni, per me la morte era stata fino a
quel giorno un puro
nome; dimodoché col ferale evento si addensò nell’animo
mio un tumulto di
preoccupazioni insospettate e di quesiti da risolvere.
«Al momento solenne della morte, la madre mia aveva chiamato
intorno a sé i
componenti la famiglia, ed aveva impartito a ciascuno un
consiglio o una
raccomandazione speciale. Il mio messaggio fu questo: -
Comportati sempre
come una madre con Vera. - Quest’ultima era la mia
sorellina, in età di
quattro anni.
«Mi confermai subito al desiderio della mamma,
trasportando nella mia
camera il lettuccio della bimba.
«Tre mesi dopo, Vera cadde improvvisamente ammalata. Io,
con l’istitutrice,
la ponemmo a letto, e facemmo del nostro meglio onde
provvedere alle prime
cure consigliate dalla circostanza. L’ora era troppo
inoltrata per mandare a
chiamare un dottore; per cui pensai di coricarmi, in
attesa che giungesse il
mattino, sperando trovare migliorata la sorellina inferma.
«Accatastai legna nel camino, e mi posi a letto, giacendo
per lungo tempo
sveglia, osservando distrattamente le luminosità vaganti
nel soffitto al
bagliore fluttuante delle fiamme del focolare.
D’improvviso ebbi l’impressione
che nella camera si fosse introdotta una terza persona, e
guardando attorno in
quella mezza luce, vidi che questa terza persona era la
madre mia, la quale mi
apparve vestita nel costume nero ch’essa indossava prima
di porsi a letto.
Ammutolita e trepidante per lo spavento, io la guardavo.
Attraversò
lentamente la camera, recandosi presso il lettuccio della
piccola inferma. Ivi
giunta, si arrestò, alzò la mano puntando il dito verso la
bimba malata, e
facendo quindi un gesto misterioso col braccio e con la
mano, come di cosa
spazzata via. Dopo di che, disparve.
«Col cuore che mi scoppiava in petto, accorsi al letto
della sorellina,
riscontrando che dormiva placidamente, e pareva
migliorata.
«Giunto il mattino, narrai l’occorso al padre mio,
manifestando il timore che
la visione della mamma significasse che la malattia di
Vera fosse più seria di
quanto si supponeva, e in conseguenza, che si dovesse
chiamare d’urgenza un
dottore. Ma il padre mi redarguì severamente, dicendo: -
Le tue parole sono
follia, e tu devi scacciare dalla testa simili
superstizioni: Quanto al dottore, lo
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
129
porterò con me questa sera.
«Quando giunse la sera, era troppo tardi: mia sorella
moriva alle quattro
pomeridiane».
In questo interessante episodio ci si trova in presenza di
un terzo caso in cui
“l’apparizione dei defunti al letto di morte” avviene al
capezzale di una bimba
in tenerissima età; il che vale ad escludere l’ipotesi
secondo la quale
l’apparizione stessa sarebbe stata la proiezione
obbiettiva di un’allucinazione
generatasi nella mentalità della persona morente, visto
che una bimbetta di
quattro anni, ignara di essere prossima a morire, ed anche
di ciò che significhi
morire, non potrebbe certo allucinarsi per paura della
morte; il che, nel caso
nostro, appare sempre meglio dimostrato dal gesto
eloquente con cui
l’apparizione fece comprendere alla relatrice che la
piccola inferma doveva
morire; gesto che rivelando un’intenzionalità ben definita
in colei che si
manifestava, non poteva certo originare nella mentalità
infantile della
bimbetta inferma; ciò che vale ad escludere altresì
l’altra variante dell’ipotesi
telepatico-allucinatoria proposta dal Podmore, secondo la
quale, in
circostanze simili, dovrebbe presumersi che si trattasse
“del riflesso del
pensiero” della morente.
Si aggiunga infine che la relatrice, prima di scorgere
l’apparizione della
mamma, ebbe l’impressione che nella camera si trovasse una
terza persona,
impressione che non può certo attribuirsi “al riflesso del
pensiero” della
bimbetta inferma, profondamente addormentata, mentre è
razionale
attribuirla alla volontà telepatizzante della madre
presente in ispirito, e in
conseguenza ansiosa di farsi riconoscere dalla figlia.
In breve: anche questa volta ci si trova in presenza di un
episodio il quale
prova in guisa inconfutabile l’intervento reale sul posto
della defunta apparsa.
CASO LXXVI - Il caso
che segue, rigorosamente controllato e molto
interessante, risulta tale da lasciare perplessi circa
l’ipotesi con cui spiegare i
fantasmi manifestatisi al percipiente, e che probabilmente
rivestono carattere
simbolico.
Tolgo il caso dal Journal of the S. P. R. (1908,
pagg. 308-311). Il dottore
O. Burgess invia al dottor Hodgson il seguente episodio,
occorso in presenza
del dott. Renz, specialista delle malattie nervose. Il
signor G., protagonista
dell’episodio, scrive:
«Ciò che si svolse a me dinanzi durante le ultime cinque
ore di vita della
povera moglie mia, si converte per me nel seguente quesito
molto dibattuto e
che mai perverrò a risolvere: se, cioè, io fossi
mentalmente allucinato, o se
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
130
invece mi fosse accordato il dono della visione
chiaroveggente.
«Prima di descrivere gli eventi, e nell’interesse di
chiunque legga queste
pagine, tengo a dichiarare ch’io non faccio uso di bevande
alcooliche, né di
cocaina o morfina, e che sono e fui sempre morigerato in
tutto; come pure che
non sono di temperamento nervoso, che la mia mentalità è
tutt’altro che
immaginosa, e che fui sempre reputato un uomo misurato,
calmo e risoluto.
Aggiungo che non solo non credetti mai a ciò che si
denomina “spiritismo”,
coi relativi fenomeni delle “materializzazioni
medianiche”, e del “corpo
astrale” visibile, ma che fui sempre ostile a siffatte
teorie.
«Mia moglie è morta alle ore 23.45 di venerdì 23 maggio
1902; e solamente
verso le quattro pomeridiane di quel medesimo giorno io mi
convinsi che ogni
speranza era perduta.
«Riuniti intorno al letto, in attesa dell’ora fatale,
stavano alcuni amici, il
dottore curante e due infermiere. Io sedevo al capezzale
della morente,
stringendo la destra di lei fra le mie mani. Gli amici
erano sparsi per la
camera, taluni seduti, altri in piedi. Nessuno parlava,
tutti vigilando
ansiosamente il ritmo del di lei respiro che si faceva
sempre più debole.
Passarono così due ore, senza che si avvertisse nulla di
mutato. I servi
annunciarono che il pranzo era imbandito, ma nessuno
pareva disposto a
cibarsi. Alle sei e mezzo, io pregai insistentemente gli
amici, il dottore e
l’infermiera, di recarsi a pranzo senza più indugiare,
visto che l’attesa poteva
prolungarsi molto tempo ancora. Tutti, meno due, seguirono
il mio consiglio.
«Quindici minuti dopo, vale a dire alle 6.45 (sono
sicuro dell’ora perché un
orologio stava a me dinanzi sullo stipo), mi accadde di volgere lo sguardo alla
porta d’ingresso, e scorsi sulla soglia, sospese in aria,
tre nubecole
distintissime disposte orizzontalmente, ciascuna delle
quali appariva lunga
circa quattro piedi, con sei od otto pollici di volume. La
più prossima al suolo
ne distava di circa due piedi; le altre seguivano ad
intervalli di circa sei pollici.
«Il mio primo pensiero fu che gli amici (e chiedo loro
scusa per questo mio
giudizio avventato) si
fossero posti a fumare al di là della soglia, in guisa che
il fumo dei loro sigari penetrasse nella camera. Mi alzai
di scatto per
rimproverarli, e trovai che sulla soglia della porta, nel
corridoio e nella
camera adiacenti non eravi alcuno. Invaso da stupore, mi
rivolsi a guardare le
nubecole, le quali lentamente ma positivamente si andavano
approssimando
al letto, fino a che lo avvilupparono completamente.
Guardando attraverso a
quella nebulosa, mi avvidi che a lato della moribonda
stava una figura di
donna non più alta di tre piedi, trasparente, ma in pari
tempo risplendente di
una luce dai riflessi dorati; e dall’aspetto a tal segno
nobile e glorioso da non
esservi parole adeguate per descriverla. Indossava un
costume greco, dalle
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
131
maniche lunghe, larghe, spioventi, e sopra il capo portava
una corona. Quella
figura rimaneva immobile come statua nello splendore della
sua bellezza, con
le mani protese sopra il capo di mia moglie, e
nell’attitudine di chi riceve un
ospite dandogli il benvenuto, lietamente ma serenamente.
Due figure
biancovestite stavano genuflesse ai lati del letto,
sorvegliando amorosamente
mia moglie, mentre altre forme più o meno distinte si
libravano intorno al
letto stesso.
«Sovrastante a mia moglie, stava sospesa in posizione
orizzontale una bianca
forma ignuda, la quale era vincolata al corpo di lei da un
cordone che riferiva
al di sopra dell’occhio sinistro; quasiché si trattasse
del di lei “corpo astrale”.
In dati periodi la figura sovrastante rimaneva
perfettamente immobile; quindi
si contraeva e diminuiva fino a ridursi a proporzioni
minuscole, non superiori
a diciotto pollici di lunghezza, ma pur sempre conservando
la forma
esattissima di donna: capo perfetto, corpo perfetto,
braccia e gambe perfette.
Quando il “corpo astrale” si contraeva e diminuiva, esso
iniziava una lotta
violenta, con agitazioni e manovre degli arti,
nell’intento evidente di
divincolarsi e liberarsi dal corpo. E la lotta persisteva
fino a quando pareva
esaurirsi; allora subentrava un periodo di calma; quindi
il “corpo astrale”
ricominciava ad ingrandire, ma solo per diminuire
nuovamente, e riprendere
la lotta.
«Durante le ultime cinque ore di vita di mia moglie, io
assistetti senza
interruzione a tale stupefacente visione; o, se visione
non era, altri la definisca
come meglio crede. Non vi era modo di farla dileguare ai
miei sguardi; se mi
distraevo conversando con gli amici, se chiudevo le
palpebre, se mi volgevo da
un’altra parte, quando tornavo a guardare il letto di
morte, rivedevo
integralmente la medesima visione. Nel corso di quelle
cinque ore io provavo
uno strano senso di oppressione al capo e alle membra;
sentivo le palpebre
pesanti, come quando si è presi dal sonno, e le sensazioni
provate, unite al
fatto della persistenza di quella visione, mi facevano
temere per la mia
ragione; talché mi rivolgevo sovente al dottore curante, dicendogli:
- Dottore,
io divengo pazzo.
«Finalmente giunse l’ora fatale. Dopo un ultimo spasimo,
la moribonda cessò
di respirare, e simultaneamente io vidi la “forma astrale”
raddoppiare gli
sforzi per liberarsi. Apparentemente mia moglie sembrava
morta; ma pochi
secondi dopo essa riprese a respirare, e così avvenne per
due o tre volte;
quindi tutto fu finito. Con l’ultimo respiro e l’ultimo
spasimo, il cordone
fluidico che la vincolava al “corpo astrale” si spezzò, e
il “corpo astrale” si
dileguò alla mia vista. Anche le altre forme spirituali,
nonché la nebulosità da
cui l’ambiente era invaso, svanirono subitamente; e,
strano a dirsi, anche
l’oppressione di cui soffrivo, svanì come per incanto, e
tornai a sentirmi quale
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
132
fui sempre: calmo, misurato, risoluto; dimodoché fui in
grado d’impartire
ordini e dirigere le preparazioni pietose consigliate
dalle circostanze.
«Io lascio i lettori liberi di giudicare se effettivamente
io mi trovassi in preda a
un accesso allucinatorio determinato dall’ansietà, dal
dolore e dalla
stanchezza, o se, per avventura, non fosse a me concesso
di scorgere un lembo
dell’esistenza spirituale con la sua pace, la sua felicità
e la sua bellezza».
Il dottor Renz, testimone dei fatti, scrive una lunga
lettera di conferma, dalla
quale stralcio questo brano:
«Non appena l’inferma si spense, il signor G., che per sei
ore sedette
immobile al capezzale di lei, si alzò ed impartì gli
ordini per la circostanza con
espressione siffattamente calma da uomo d’affari, che i
presenti ne rimasero
sorpresi. Qualora pertanto egli avesse sottostato per
cinque ore ad un accesso
allucinatorio, la sua mente non sarebbe tornata chiara e
normale da un istante
all’altro. Sono ora trascorsi diciassette giorni dalla
morte della di lui consorte
e dalla visione avuta, e il signor G. continua a
dimostrarsi perfettamente sano
e normale di corpo e di mente...».
(Firmato: Dottore curante, C. Renz)
Il caso esposto appare tanto interessante quanto
imbarazzante. Infatti nella
descrizione del “corpo astrale” visto sovrastante alla
moribonda, si
riscontrano particolari da non potersi spiegare con
l’ipotesi allucinatoria, per
la considerazione che concordano con altre descrizioni del
genere conseguite
da percipienti di cui l’uno non sapeva dell’altro, e nel
tempo risultano
abbastanza strani e inaspettati da non potersi spiegare
con l’ipotesi delle
“fortuite coincidenze”. Di tal natura è il particolare
delle alternative di
accrescimento e di riduzione subite dal “corpo astrale”
prima di esteriorarsi
definitivamente, e ciò a seconda del flusso e del riflusso
della vitalità della
moribonda. Si è citato in precedenza (caso XLVIII) una
descrizione analoga
occorsa al letto di morte di una bambina, e nella
monografia su I Fenomeni
di Bilocazione (caso
XL), io ho riferito un’altra descrizione
analoga di cui fu
percipiente il rev. William Stainton Moses, al letto di
morte del padre suo; e
un quarto episodio del genere si contiene nel caso che
se-guirà, caso che io
m’induco a riferire integralmente a titolo di
convalidazione ulteriore di un
fenomeno che in fondo risulta complementare ai casi delle
“apparizioni dei
defunti al letto di morte”. Ripeto pertanto che siccome
ciascuno dei
percipienti nominati ignorava le esperienze degli altri, e
siccome tali
concordanze non possono ascriversi a “coincidenze
fortuite”, si è condotti ad
ammettere com’essi testifichino sulla obbiettività dei
fenomeni percepiti.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
133
Ne consegue che nel caso esposto, la visione dello
“sdoppiamento fluidico”
della morente dovrebbe ritenersi per genuinamente tale.
Ciò posto, come
spiegare l’apparizione di una minuscola forma femminea,
vestita in costume
dell’antica Grecia, con una corona in capo? Tale insieme
di particolari tende a
far presumere che la figura in parola rivestisse carattere
simbolico; nel qual
caso, in che cosa consisteva essa? Si trattava di una
creazione allucinatoria
della mentalità del percipiente, oppure, di una proiezione
telepatico-simbolica
originata nella volontà di un’entità spirituale? Nella
casistica metapsichica si
riscontra un certo numero di siffatte proiezioni
telepatico-simboliche aventi
presumibilmente origine trascendentale, e ciò specialmente
nel gruppo delle
premonizioni; dimodoché l’esempio riferito rientrerebbe in
un ordine di fatti
conosciuti.
Comunque sia di ciò, tale Frammento episodico
nell’esperienza del
percipiente appare abbastanza strano e misterioso per
consigliare a
sospendere ogni giudizio in proposito, in attesa che altri
episodi analoghi
vengano raccolti in misura adeguata onde permettere di
sottoporli
proficuamente ai metodi d’indagine scientifica
“dell’analisi comparata” e della
“convergenza delle prove”, metodi meravigliosi, coi quali
lo scrivente
pervenne sempre a risolvere qualsiasi perplessità teorica.
CASO LXXVII - Come
avevo preannunciato nei commenti al caso che
precede, in quest’altro episodio oltre a contenersi un
interessante episodio di
“apparizione dei defunti al letto di morte”, si contiene
altresì una lunga
descrizione riguardante un altro fenomeno di
“esteriorizzazione del corpo
spirituale al letto di morte”, descrizione ch’io m’induco
a riportare quasi
integralmente a convalidazione ulteriore di quella che
precede, e ciò tanto più
che gli episodi di tal natura possono considerarsi
complementari di quelli qui
considerati, mentre risultano di un’importanza
fondamentale per la
dimostrazione sulla base dei fatti, della sopravvivenza
umana.
Tolgo il caso dal Light (1935, pagg. 209-211).
Il relatore-percipiente è il
dottore in medicina Riblet B. Hout, residente nella città
di Goshen (Stati
Uniti). Egli fa precedere
la sua relazione dal seguente preambolo:
«A titolo di schiarimento intorno a quanto mi accingo a
riferire, mi preme si
sappia ch’io non sono un medium, ma soltanto un
“sensitivo”, il quale non ha
mai dichiarato pubblicamente d’interessarsi alle indagini
psichiche. Fui tratto
a farlo in base alle mie non cercate personali esperienze
al riguardo, le quali
mi convinsero trattarsi di un ordine importantissimo di
manifestazioni
supernormali che attendono di essere indagate
scientificamente,
manifestazioni di cui l’odierna scienza materialista si è
sempre inutilmente
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
134
sforzata a porne in dubbio l’esistenza.
«Debbo aggiungere che prima dell’evento cui ebbi
recentemente ad assistere,
e che ritengo mio dovere di pubblicare a vantaggio
dell’umanità pensante,
evento riguardante il fenomeno dell’esteriorazione al
letto di morte del “corpo
spirituale”, che pel tramite di un “cordone fluidico”
rimane unito al “corpo
fisico” fino a quando la sua formazione non risulti
compiuta, io non avevo mai
letto nulla di simile, né udito parlarne, giacché - come
dissi -, fino a quel
giorno io mi ero unicamente interessato di ciò che di
supernormale avveniva
spontaneamente intorno a me.
«Si tenga conto pertanto che tutto quanto mi accingo a
riferire non potrebbe
attribuirsi a un fenomeno di drammatizzazione
allucinatoria in un momento
di crisi emozionale, dal momento che il fenomeno cui ebbi
ad assistere era
totalmente ignorato tanto dalla mia mentalità cosciente
quanto da quella
subcosciente.
«Ciò premesso, passo a riferire la mia esperienza circa le
modalità con cui
avviene l’esteriorazione del “corpo spirituale” dal “corpo
fluidico” al letto di
morte, esteriorazione la quale si va lentamente
concretando al di sopra del
“corpo fisico”.
* * *
«Forse la manifestazione cui ebbi ad assistere risulta
unica per ciò che
riguarda la lentezza con cui si svolse il fenomeno della
concrezione del “corpo
spirituale” esteriorato. Infatti, l’agonia dell’inferma si
prolungò per dodici ore:
dalle sette della sera alle sette del mattino; e lungo il
corso intero della notte,
io, coi membri della famiglia, sedetti al capezzale della
morente, la quale era
l’unica mia zia, osservando attonito le due fasi solenni
in cui si estrinsecava la
crisi della morte: da una parte, il fenomeno della
vitalità che si andava
gradatamente spegnendo, e dall’altra parte, il fenomeno
sincronico della
vitalità stessa che simultaneamente rinasceva rianimando
un “corpo
spirituale” il quale andava concretandosi al di sopra del
“corpo fisico”.
«Senonché i membri della mia famiglia assisterono
unicamente alla prima
fase del grandioso fenomeno, laddove io scorsi l’una e
l’altra fase in ogni sua
graduatoria di sviluppo sincronicamente combinata. In
altre parole: io
assistetti all’intero processo per il quale gli elementi
fluidici del “corpo
spirituale” si estrinsecarono gradatamente dal “corpo
fisico” per reintegrarsi
immediatamente in un “corpo spirituale” il quale va
lentamente riprendendo
forma e vitalità, sovrastando di circa due piedi
dall’altro che si estingue...
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
135
«La morente aveva 73 anni, ed era stata in guisa non
comune sempre giovane
ed attiva fino agli ultimi dieci giorni di vita, in cui
erasi bruscamente rivelata
la esistenza di un carcinoma gastrico, che non lasciava
adito a possibilità di
guarigione, per quanto né io né gli altri dottori chiamati
a consulto potevamo
immaginare un aggravamento tanto rapido dell’insidioso
male.
«Quando giunsi a casa in quella sera, mia zia pareva
comparativamente in
forze, ed io non sospettavo affatto di dovere assistere
una morente. L’inferma
era in pieno possesso delle sue facoltà mentali, e benché
sofferente,
conversammo a lungo insieme.
«Dopo circa un’ora in cui mi trovavo al suo capezzale, io
divenni consapevole,
in guisa più intuitiva che pratica, che si prospettava un
brusco e gravissimo
mutamento nelle condizioni dell’inferma, la quale sarebbe
entrata
rapidamente in agonia. Procedetti a un esame clinico
rigoroso della degente:
il polso che un’ora prima appariva regolare e ritmico, era
divenuto filiforme e
irregolare; la respirazione, corta e affannosa. Compresi
di trovarmi al
capezzale di una morente.
«Ne avvertii subito i familiari, che si adunarono
costernati intorno al letto.
«Lungo l’intera notte tutti sedemmo in silenzio, vigilando
e meditando sul
mistero solenne della vita e della morte.
«Io contemplavo tristemente, con occhio professionale,
l’avvicendarsi delle
varie contrazioni muscolari nella laboriosa agonia, mentre
la morente era già
passata in condizioni comatose, allorché divenni
all’improvviso consapevole
che in quell’ambiente si andava estrinsecando qualche cosa
d’altro non
percepibile agli occhi normali del corpo. Guardando
casualmente in alto,
avevo scorto un alcunché d’inesplicabile che pareva
concretarsi a circa due
piedi al di sopra del letto, e consisteva in una vaga
sostanza, simile a nebbia,
che pareva condensarsi in quel punto. Aveva aspetto di una
nubecola fumosa
ed immobile sospesa in aria, la quale, a misura che il
tempo passava, andava
positivamente divenendo sempre più opaca, assumendo una
forma oblunga.
Quindi, con mio crescente stupore, rilevai che andava
assumendo certe linee,
certe curve, certe forme ben definite che le conferivano
una simmetria
caratteristica e suggestiva, fino a quando non mi fu
possibile dubitarne: quella
nubecola andava assumendo forme umanoidi.
«Sedetti in silenzio per parecchie ore contemplando
l’emozionante spettacolo,
e quando quella trasformazione divenne sufficientemente
evoluta nel corpo e
nel sembiante, riconobbi in quella forma il corpo fisico e
le sembianze di mia
zia! Non era possibile ingannarsi: era quello il “corpo
spirituale” di lei,
sospeso in aria, in posizione orizzontale, a due piedi dal
corpo fisico. Aveva
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
136
espressione serena, riposata, tranquilla, in aperto
contrasto col corpo fisico
agitato da moti riflessi convulsi e contrazioni penose.
«Riscontrai che il polso della morente, per quanto
apparisse sempre più
debole e intermittente, rimaneva ancora abbastanza vivace
per prolungare di
qualche ora la vita dell’agonizzante, la quale aveva
cessato di emettere gemiti,
assumendo un’espressione di calma relativa.
«Io vigilavo con immenso interesse le modalità con cui
continuava a
svilupparsi il “corpo spirituale”, il quale ora appariva
avvolto nei
drappeggiamenti di una sorta di tessuto che ne modellava
esattamente le
forme. Scorgevo chiaramente le sembianze di quel volto, ed
erano bensì le
sembianze di mia zia, ma ravvivate da un’espressione di
vigore giovanile e di
serena tranquillità, in aperto contrasto con le impronte
della vecchiaia e
l’espressione sofferente del sembiante fisico. Gli occhi
erano chiusi, quasiché
fosse immersa in placido sonno ristoratore, mentre una
misteriosa luminosità
emanava dal quel “corpo spirituale” sovrastante al corpo
fisico.
«Mentre contemplavo con raddoppiato interesse misto a
riverenza e stupore,
tale manifestazione, mi avvenne di rilevare per la prima
volta che una sorta di
cordone fluidica, dal colore perlaceo, scaturiva dal capo
della morente e
andava a congiungersi al capo della “forma spirituale”.
Compresi che quel
cordone fluidica doveva funzionare da tubo conduttore per la
trasfusione dal
corpo fisico a quello spirituale degli elementi
costituenti quest’ultimo. Ciò mi
ricordò il biblico “cordone d’argento” di cui parlano le
Sacre Scritture, e per la
prima volta conobbi il vero significato di tale
espressione: il biblico “cordone
d’argento” era quello che congiungeva il “corpo fisico” al
“corpo spirituale” in
formazione, così come il “cordone ombelicale” congiunge il
corpo della madre
a quello del bimbo in gestazione.
«Rivolsi allora tutta la mia attenzione a quel “cordone”,
e alle modalità con
cui si congiungeva ai due corpi. Riscontrai che
fuoriusciva dalla protuberanza
occipitale alla base del cranio. Potevo anche discernere
il modo con cui quel
cordone s’inseriva nel cranio. Vi si inseriva dilatandosi
a ventaglio e
suddividendosi in numerosi filamenti indipendenti che
penetravano nel
cranio, o meglio, che scaturivano dal medesimo. A breve
distanza dal cranio
tali filamenti divenivano un solo cordone, il cui diametro
era di circa un
pollice. Appariva traslucente, ed emanava una luminosità
perlacea. Quel
cordone pareva animato da un’attivissima energia
vibratoria, ed io ero in
grado di rilevare altresì l’esistenza di lente pulsazioni
ritmiche della sostanza
perlacea, con direzione che dal corpo fisico giungeva al
“doppio spirituale”.
Quando tali pulsazioni si sprigionavano dalla base del
cranio, emanavano nel
tragitto una luminosità che diveniva luce all’altra
estremità del processo. E ad
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
137
ogni pulsazione che arrivava alla meta, il “corpo
spirituale” diveniva
visibilmente più vibrante di vita e più denso, mentre, per
converso, il “corpo
fisico” diveniva in misura corrispondente sempre meno
vitale.
«I fenomeni descritti si prolungarono per tutta la notte;
ma non erano i soli
ad estrinsecarsi, poiché attorno al letto della morente
apparvero altre forme
spirituali indipendenti dalla metamorfosi che andava
compiendosi.
«Infatti, io divenni ben presto consapevole della presenza
nell’ambiente di
entità spirituali. Avevo anzitutto percepito l’eco
attenuata di cori a molte voci i
quali intonavano cantiche mistiche, di cui non distinguevo
le parole. Guardai
nella direzione da cui mi giungevano quei cori, e con
immenso mio stupore
scorsi i volti di molti cari congiunti i quali da tempo
più o meno lungo erano
passati a miglior vita. Tra essi, ravvisai mio zio, cioè
il marito della morente, il
quale si avvicinò per primo al capezzale di lei. Eravi
pure il di lei figlio, morto
da molti anni, il quale pareva vigilare in silenzio il
processo per cui la vita si
trasfonde dal “corpo fisico” a quello “spirituale”. Tre
altre zie, sorelle della
morente, erano venute ad accoglierla nel mondo spirituale.
Infine io mi vidi in
presenza della forma vivente, esultante, radiosa della
madre mia, morta da
cinque anni.
«Tutta da nostra famiglia trovavasi pertanto riunita: i
membri viventi della
medesima per assistere al trapasso di una cara congiunta,
e i membri defunti,
per darle la benvenuta in ambiente spirituale.
«E così uniti, vegliammo l’intera notte in attesa dell’ora
fatidica.
«Ad un dato momento, avvenne una manifestazione simbolica.
Fui come
attratto intuitivamente a guardare in alto, e vidi
scendere lentamente una fitta
pioggerella di petali di rose rosse, che vennero a posarsi
sul letto della
morente. Ne compresi subito il significato: quel “letto di
morte” era in realtà
“un letto di rinascita”, e il rosso fiammante dei petali
di rosa simboleggiava
l’inizio di un’altra vita esente da ogni infermità.
«Accadde inoltre un altro incidente che m’interessò grandemente,
ed è che
mia sorella si dimostrò capace di distinguere delle “luci
di vario colore”
disposte qua e là nell’ambiente, e dov’ella localizzava
una di tali luci, ivi, per
me, trovavasi uno degli spiriti presenti. Ora emerge
palese che se il punto in
cui mia sorella localizzava una luce, corrispondeva sempre
all’esistenza in
quel punto di uno spirito, allora ciò si risolve in una
convalidazione inattesa
dell’obbiettività di quanto scorgevamo entrambi: essa,
cioè, perveniva a
scorgere soltanto la luminosità emanata dalle forme
spirituali, ed io scorgevo
invece tanto la luminosità, quanto gli spiriti.
«Allorché sorgeva l’alba del nuovo giorno, io mi avvidi
che la grande ora si
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
138
avvicinava: sul volto della morente erano apparsi i segni
precursori della
imminente estinzione della vita, e ne diedi avviso ai
convenuti.
«Quindi la mia attenzione si concentrò nell’osservazione
del “corpo
spirituale” che in quel momento era invero meraviglioso a
contemplarsi. I
drappeggiamenti del tessuto spirituale lo avvolgevano
morbidamente, mentre
le sembianze distintissime esprimevano un atteggiamento di
sereno riposo.
Ma il grande contrasto che impressionava era quello
esistente tra i due corpi
appartenenti alla medesima individualità, contrasto che
non consisteva
unicamente nella differenza esistente tra vita e morte,
bensì nella circostanza
che l’uno era contrassegnato dalle impronte della tarda
vecchiaia, laddove
l’altro era animato dal vigore e dalla freschezza
giovanili, e mentre l’uno
appariva vibrante di una vitalità rigogliosa, l’altro
aveva cessato ogni moto
riflesso, e cominciava a irrigidirsi in una immobilità
preludiante alla morte.
«Nel contempo erano cessate le pulsazioni ritmiche del
“cordone fluidico” il
quale appariva afflosciato e poco luminoso. Comunque,
rimaneva ancora
congiunto ai due corpi.
«Mentre osservavo in silenzio, mi accadde di udire una
voce che mi sussurrò
all’orecchio: - Ancora dieci minuti di vita.
«Comunicai ai presenti quanto avevo udito, e attesi con
l’orologio alla mano,
vigilando attentamente il “cordone fluidico” nel punto in
cui s’inseriva alla
base del cranio, diffondendosi a ventaglio suddiviso in
numerosi filamenti.
Non tardai a riscontrare che questi ultimi cominciavano a
rompersi l’uno
dopo l’altro, ritraendosi, attorcigliandosi e scomparendo,
così come
avverrebbe di un filamento molto elastico e molto teso che
improvvisamente
venisse reciso. Quando furono tutti strappati, fatta
eccezione per un solo
filamento centrale, guardai l’orologio. I dieci minuti
erano trascorsi: l’ultimo
strappo stava per compiersi. Attendevo ansiosamente. Ed
ecco apparirmi
un’altra visione simbolica, consistente in un paio di
forbici d’oro, le quali si
apersero e si richiusero a me dinanzi. Simultaneamente,
l’ultimo filamento si
strappò e scomparve: lo spirito neonato era libero!
«Allora il “corpo spirituale” il quale si allungava in
posizione supina,
sovrastante al “corpo fisico”, si raddrizzò, discese a
lato del proprio cadavere,
sostò qualche tempo in quel punto, ed aperse gli occhi,
rivolgendosi a me
sorridendo. Fece un largo cenno di saluto che pareva
rivolto a tutti i suoi cari
ed al mondo che abbandonava, per poi elevarsi e sparire
insieme agli spiriti
venuti ad accoglierlo...».
Questi brani essenziali della interessantissima relazione
del dottore Riblet
Hout intorno al fenomeno dello “sdoppiamento fluidico al
letto di morte” cui
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
139
ebbe ad assistere, relazione che dal punto di vista
dell’accurata descrizione nei
particolari forniti sull’evento solenne, ricorda le famose
esperienze analoghe
del celebre veggente nord-americano Andrew Jackson Davis,
nonché
l’esperienza del rev. William Stainton Moses al letto di
morte del padre suo.
I lettori i quali abbiano letto il mio libro su I
Fenomeni di Bilocazione, in
cui si contengono numerosi altri casi del genere, potranno
riscontrare come la
descrizione che del fenomeno pubblica il relatore risulti
conforme in ogni
particolare essenziale, a tutte le altre ivi contenute; e
siccome si tratta, in
massima parte, di manifestazioni conseguite da sensitivi i
quali tutto
ignoravano in argomento, emerge palese che tale mirabile
concordanza nei
particolari forniti, si risolva in una prova inconfutabile
sulla realtà obbiettiva
degli eventi cui ebbero ad assistere.
Si aggiunga che si conoscono relazioni intorno ad eventi
del genere occorsi nel
mezzo a tribù selvagge o primitive, relazioni dovute ad
esploratori africani e a
missionari, le quali risultano a loro volta conformi a
quelle qui considerate; e
nel libro sopra nominato ebbi cura di riferirne qualche
saggio. Ora, una
concordanza simile, assurge al valore di un’ottima prova
in favore della realtà
obbiettiva dei fenomeni in esame, visto che i popoli
primitivi e quelli selvaggi
non possono ritenersi vittime di autosuggestioni
allucinatorie derivate da
reminescenze di letture, ovvero da conversazioni coi
popoli civili, i quali - si
noti bene -, salvo pochi iniziati, ignorano in massa
l’esistenza di simili fatti.
Niun dubbio pertanto sulla realtà obbiettiva del grandioso
fenomeno, il quale
risolve da solo, in senso affermativo, il formidabile
quesito della
sopravvivenza umana; il che equivale a dire che il grande
mistero è già da ora
risolto, e attende soltanto che i rappresentanti della
scienza ufficiale si
decidano a prenderlo in considerazione per indagarlo e
convalidarlo a loro
volta, divulgando dalle cattedre universitarie la lieta
novella all’umanità
pensante e a quella dolorante.
Ciò stabilito, da un punto di vista d’ordine generale, passo
a commentare
brevemente il caso speciale qui considerato, rilevando
anzitutto che non è
esatto quanto il relatore afferma in principio circa il
fenomeno da lui
osservato, il quale risulterebbe unico per la lentezza in
cui si svolse l’agonia
della morente, e in conseguenza, per la durata con cui si
svolge il processo di
“sdoppiamento”. E’ invece nella natura del fenomeno che
così avvenga
normalmente, e nel caso del padre del rev. William
Stainton Moses, il
processo dello “sdoppiamento del corpo spirituale” si
prolungò, con
alternative continue di evoluzione e involuzione, per
dodici giorni e dodici
notti; dimodoché soltanto per quest’ultimo caso potrebbe
asserirsi ch’esso
ebbe una durata eccezionale; il che, presumibilmente
avvenne in causa della
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
140
circostanza che il vecchio padre del relatore non si
estinse per malattia, ma
unicamente in conseguenza dell’età molto avanzata.
Ritenni di dover segnalare questa insignificante
inesattezza del relatore, in
quanto concorre a convalidare la sua importante
affermazione ch’egli tutto
ignorava intorno all’esistenza del fenomeno cui ebbe ad
assistere.
Quanto a ciò che riguarda i particolari da lui riferiti
intorno ai processi con cui
si svolse il fenomeno dello “sdoppiamento fluidico al
letto di morte”, nonché
alle alternative dello svolgimento, come pure
all’esistenza di un “cordone
fluidico” che congiungeva il corpo fisico al corpo
spirituale in formazione, o al
fatto di quest’ultimo il quale si andava concretando al di
sopra del corpo fisico
assumendo la posizione supina, per indi, dopo avvenuto lo
strappo dell’ultimo
filamento fluidico, discendere a lato del cadavere,
rimanervi qualche tempo,
per poi elevarsi e sparire insieme agli spiriti dei
defunti venuti ad accoglierlo;
in merito a tutti questi particolari, ripeto che la
narrazione del relatore
concorda mirabilmente con tutte le altre del genere.
Giova inoltre osservare come in queste ultime si
riscontrino altresì incidenti
di visualizzazioni simboliche, e ciò palesemente,
nell’intento da parte delle
personalità medianiche presenti, di supplire mediante
rappresentazioni
espressive di un pensiero, alla impossibilità di farlo a
parole o per iscritto.
Infine, rimane da segnalare l’incidente teoricamente più
importante nella
narrazione in esame, ed è quello in cui il relatore
riferisce come la di lui
sorella scorgesse delle «luci di vario colore» disposte
qua e là per l’ambiente,
le quali corrispondevano esattamente alla localizzazione
di altrettanti spiriti
di defunti da lui scorti. Si è visto come il relatore ne
abbia giustamente
inferito che tale combinazione dei due fenomeni di
veggenza, in apparenza
radicalmente diversi, ma in realtà complementari l’uno
dell’altro, dimostrava
in guisa inequivocabile l’obbiettività di quanto
scorgevano entrambi; vale a
dire che sua sorella scorgeva soltanto la luminosità
emanata dalle forme
spirituali dei defunti ivi convenuti, laddove lui scorgeva
tanto la luminosità
quanto gli spiriti.
Ora osservo in proposito che tale inferenza razionale e
inconfutabile, risulta
ulteriormente convalidata dalla circostanza che il
medesimo fenomeno delle
percezioni in apparenza diverse, ma in realtà
complementari tra di loro, si
riscontra identico in altri episodi della casistica in
esame, ma soprattutto nelle
manifestazioni sperimentali medianiche. Così, ad esempio,
nelle famose
esperienze del rev. Stainton Moses, il medium scorgeva
nell’ambiente la
maestosa figura del proprio “spirito-guida” Imperator irradiante
una
luminosità azzurrina, mentre il dottor Speer nulla
scorgeva, e Mrs. Speer
scorgeva in quel punto una colonna di luminosità azzurrina
dell’altezza di un
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
141
uomo; e siccome la scorgeva anche dietro al medium, prima
che quest’ultimo
segnalasse la presenza del suo “spirito-guida”, come pure,
siccome ne
designava infallibilmente tutti gli spostamenti
nell’ambiente, non è proprio il
caso di sofisticare in proposito.
Ne deriva che siffatti incidenti di percezioni in
apparenza diverse del
medesimo fenomeno, ma in realtà complementari tra di loro,
convalidandosi
a vicenda, rendono addirittura incrollabile l’inferenza
circa l’obiettività del
fenomeno osservato, e in conseguenza circa l’obbiettività
dei fenomeni di
“sdoppiamento fluidico”, nonché delle concomitanti
“apparizioni dei defunti
al letto di morte”.
Concludendo: l’episodio esposto, sebbene nulla contenga di
nuovo, deve
accogliersi quale un valido contributo alla casistica
dello “sdoppiamento
fluidico al letto di morte”, e in conseguenza anche un
valido apporto alla
classe dei fenomeni di “bilocazione”, giacché la casistica
qui considerata non è
che una branca di questa ultima classe di manifestazioni
supernormali, per
quanto ne risulti la branca di gran lunga più importante;
ciò in quanto le altre
branche dei fenomeni di bilocazione realizzandosi durante
il corso della vita
vissuta, risultano sempre di natura transitoria e fugace,
quindi rivestono un
valore teorico minore di quel che non avvenga ogni qual
che volta il fenomeno
di bilocazione si determini al letto di morte; nel qual
caso i processi con cui si
estrinseca lo “sdoppiamento fluidico” risultano
radicalmente diversi da tutte
le altre forme transitorie con cui il fenomeno medesimo si
estrinseca nel corso
della vita vissuta; vale a dire che in quest’ultimo caso
il “corpo eterico” quello
che emerge in piena forma dal corpo fisico, rimanendo
unito ad esso con un
filamento fluidico sottilissimo di una elasticità
portentosa, laddove al letto di
morte - come si è visto - il “corpo eterico” va lentamente
rivestendo la forma
permanente e sostanziale di “corpo spirituale”, sottraendo
l’essenza vitale al
corpo fisico, il quale si estingue. Ne deriva che solo in
questo ultimo caso
emerge palese ciò che rappresentano nel mistero
dell’Essere i fenomeni di
“bilocazione”: Essi forniscono la prova cruciale della
sopravvivenza
umana.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
142
CATEGORIA VI
Esempi di apparizioni di defunti occorse dopo breve tempo
da un
evento di morte, e percepite nella casa medesima in cui
giace la
salma
CASO LXXVIII - A niuno
sfuggirà la grande importanza teorica particolare
ai casi del genere indicato. Qualora si pervenisse a
raccoglierli in numero
adeguato, rappresenterebbero un contributo prezioso in
favore della tesi
spiritualista. Per ora, nondimeno, tale possibilità si
dimostra assai lontana, e i
casi stessi risultano tra i più rari che si conoscano; il
che non deve far
meraviglia, tenuto conto delle condizioni che si
richiedono onde possano
realizzarsi.
Il caso seguente, ch’io tolgo dal vol. V, pag. 422 dei Proceedings
of the S.
P. R., è anche l’unico
che figurerà nella presente categoria. Avverto
nondimeno di averne citato un altro in precedenza (caso
XXXIV), in cui
«l’apparizione di un defunto occorsa dopo breve tempo da
un caso di morte, e
percepita nella casa medesima in cui giace la salma», non
venne precisamente
percepita dai viventi, ma fu positivamente dimostrata
dalla “lastra
fotografica”.
Nel caso qui considerato, la relatrice Mrs. Bacchus scrive
in questi termini, in
data dell’agosto 1886:
«Nel giorno di sabato, 24 ottobre 1867, ci congedammo
dagli amici marchesi
De Lys, coi quali si stava a Malvern Well, per recarci a
Cheltenham, dimora di
un cognato di mio marito, Mr. Giorgio Copeland. Egli era
da tempo infermo
in seguito a un attacco di paralisi che lo aveva ridotto
all’impotenza, per
quanto in lui rimanessero inalterate le facoltà mentali.
Tale ultima circostanza
spingeva gli amici a recarsi sovente a trovarlo onde
lenire in qualche modo la
sua sventura.
«Approfittando della vicinanza, deliberammo a nostra volta
di fare
altrettanto. Eravamo informati però, ch’egli aveva altri
ospiti in casa; per cui
risolvemmo di recarci a Cheltenham senza prevenirlo, allo
scopo di fissarvi un
alloggio prima che un invito da sua parte sopravvenisse a
impedirlo.
Prendemmo in affitto alcune camere situate in vicinanza
dell’abitazione stessa
di Mr. Copeland. Ciò fatto, stavamo per assentarci
dall’albergo, allorché ci
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
143
caddero sott’occhio alcune fiale di medicinali disposte
sopra un tavolo.
Domandammo se nella casa vi fossero ammalati, e fummo
informati che una
certa Mrs. R., ivi alloggiata con la propria figlia, era
da qualche tempo
inferma, per quanto si trattasse di cosa lieve, e non
esistessero pericoli di
sorta.
«Con ciò non vi pensammo più.
«Si andò poco dopo da Mr. Copeland, ove nel corso della
serata avvenne di
fare il nome delle gentildonne nostre vicine di alloggio.
Mr. Copeland disse
conoscere Mrs. C.; spiegò ch’essa era vedova di un dottore
in medicina
praticante in Cheltenham, e che una di lei figlia era
andata sposa a un maestro
di collegio, di nome Mr. N. Ricordai allora di aver
conosciuta Mrs. N. in
occasione di un trattenimento in casa del dottor Barry, e
di averla notata per
la sua bellezza mentre stava conversando con la padrona di
casa. Questo era
quanto io sapevo in merito a quelle signore.
«Nel mattino della domenica, all’ora di colazione, notai
che mio marito
pareva soprapensieri. Terminato l’asciolvere, egli
domandò: - Hai tu sentito
trascinare una sedia un momento fa? La vecchia signora che
ci sta sotto è
morta sulla propria sedia nella notte scorsa, e l’hanno
trascinata su di essa
nella propria camera. - Io rimasi assai male; era la prima
volta che mi trovavo
in prossimità di un cadavere; desideravo quindi sloggiare
senza indugio.
Parecchi amici, non sì tosto appresero il fatto, avevano
gentilmente offerto la
loro ospitalità; tuttavia mio marito vi si opponeva. Egli
osservava che un
trasloco era sempre un disturbo, che le mie paure erano sciocchezze,
ch’egli
non aveva piacere a muoversi di domenica, che non era
tratto generoso
l’andarsene perché una persona era morta, e che ove ciò
fosse stato fatto a
noi, non avremmo mancato di adontarcene. In breve: fu
giuocoforza restare.
«Spesi il giorno intero in compagnia del cognato e delle
nipoti. Non
tornammo all’albergo che all’ora di andarsene a letto.
«Dopo essermi addormentata subito, come d’abitudine, mi
risvegliai nel
cuore della notte senza causa apparente, e vidi
distintamente ai piedi del letto
un vecchio gentiluomo dalla rosea faccia paffuta e
sorridente, col cappello in
mano, vestito di un soprabito color celeste, dal taglio
antico, guarnito di
bottoni metallici, e al di sotto un panciotto chiaro con
pantaloni analoghi. Più
lo guardavo e meglio discernevo ogni più minuta
particolarità del volto e del
vestito. Non mi sentivo troppo impressionato. Dopo qualche
tempo provai a
chiudere gli occhi per un minuto o due; quando li
riapersi, il vecchio
gentiluomo era sparito.
«Dopo breve tempo mi riaddormentai. Giunto il mattino, mi
proposi di non
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
144
far parola dell’occorso con nessuno fino a quando non
avessi visto una delle
mie nipoti alla quale intendevo esporre il fatto onde
sapere se per avventura
non vi fosse rassomiglianza tra il dottor R. e il
gentiluomo della mia visione.
Per quanto l’idea mi sembrasse assurda, volevo
sincerarmene.
«Incontrai mia nipote, Mary Copeland (ora Mrs.
Brandling) di ritorno dalla
chiesa, e tosto domandai: - Il dottor R. aveva forse
l’aspetto di un vecchio
gentiluomo dalla rosea faccia paffuta e sorridente, ecc.?
- Essa trasalì per lo
stupore, esclamando: - Chi può avertelo detto? Noi
dicevamo infatti ch’egli
somigliava più a un buon fattore di campagna, che a un
dottore in medicina.
Com’è strano che un uomo dall’aspetto così volgare abbia
avuto per figlia una
creatura così bella!
«Tale il racconto fedelissimo del caso a me occorso... Le
mie due nipoti sono
tuttora viventi, e debbono ricordare esattamente ogni
cosa. Naturalmente io
non sono in grado di dare ragione del fatto. La salma
della vecchia signora
giaceva nella camera sottostante. Ciò che più mi sorprese,
fu la circostanza
ch’io rimasi così poco impressionata per l’accaduto, da
riprendere sonno poco
dopo, senza disturbare alcuno».
(Firmata: Mrs. Bacchus)
Il marito di Mrs. Bacchus così conferma:
«Leaminghton, 27 settembre, 1895. - Lessi la relazione di
mia moglie in
merito a quanto occorse a Cheltenham allorché si era colà
nell’ottobre del
1886, relazione che risponde esattamente a quanto mia
moglie ebbe a
raccontarmi a viva voce nel mattino successivo al fatto;
del che mi ricordo
perfettamente, così come ricordo ch’essa narrò ogni cosa a
sua nipote in quel
mattino medesimo».
(Firmato: Mr. Henry Bacchus)
Per ulteriori ragguagli, ed altre prove testimoniali,
rimando ai Proceedings,
luogo citato.
Nel caso esposto il particolare più importante, dal punto
di vista teorico,
consiste nella dichiarazione della percipiente di non
avere mai conosciuto, né
avere altrimenti avuto alcuna idea dell’apparenza
personale del defunto
dottor R., il che trae a inferirne la realtà obbiettiva
dell’apparizione, restando
eliminata l’ipotesi di un fenomeno di autosuggestione
allucinatoria provocata
in Mrs. Bacchus dal pensiero sgradevole di avere a sé
vicino il cadavere di
Mrs. R.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
145
E qui, in base alle argomentazioni svolte nei commenti al
caso LXXIII, ritengo
tempo perso il tornare a far cenno alle presumibili
interpretazioni
dell’episodio in esame presupponendo un fenomeno di
trasmissione
telepatica del pensiero da parte della figlia di Mrs. R.,
pensiero rivolto, per
ipotesi, alla memoria del proprio padre; ovvero, alla
trasmissione di analoga
visualizzazione occorsa in sogno alla persona medesima.
Vale a dire che con le argomentazioni da me svolte nella
circostanza indicata,
ritengo di avere dimostrato, sulla base dei fatti, che
tali peregrine
elucubrazioni di cui si valgono gli oppositori
irriducibili, non sono soltanto
gratuite, ma contrarie alle modalità con cui si
estrinsecano i fenomeni
telepatici.
Comunque, mi propongo di svolgere ulteriormente la tesi
importantissima nel
capitolo conclusionale che segue.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
146
CONCLUSIONI
Pervenuto al termine di questa breve classificazione,
nella quale tenni conto
soltanto di una piccola percentuale selezionata dei casi
raccolti, non mi
rimane che sintetizzare in poche pagine le risultanze
teoriche venute in luce in
virtù dei processi dell’analisi comparata applicati ai
casi citati.
Come si è visto, nel corso intero della classificazione,
io mi attenni
rigorosamente alla regola di provare costantemente le
capacità dilucidative
dell’ipotesi allucinatoria combinata a un fenomeno di
trasmissione telepatica
del pensiero, applicandola ad ogni singolo caso; a ciò
determinandomi la
considerazione che per la natura stessa dei fenomeni
analizzati, non risultava
sempre facile lo sceverarli da quelli d’ordine
allucinatorio, o telepaticoallucinatorio;
ipotesi queste ultime patrocinate dagli oppositori della
sopravvivenza umana. Ne derivava che urgeva di non
dimenticare mai
l’esistenza di tali possibilità teoriche, applicandole
costantemente, salvo a
rilevare le circostanze episodiche che tendevano a
provarne l’insufficienza, a
tutto vantaggio dell’interpretazione spiritualista.
Tali circostanze episodiche acquistavano il loro valore
dimostrativo in forza
delle modalità con cui si estrinsecavano, sia perché
l’infermo versava talora in
condizioni comatose, le quali escludevano la possibilità che
le visioni degli
assistenti fossero una proiezione del di lui pensiero; sia
perché il degente e gli
assistenti ignoravano la morte della persona apparsa,
circostanza la quale
escludeva ogni forma di autosuggestione e suggestione; sia
perché il defunto
manifestatosi era sconosciuto al percipiente, e veniva
identificato da un
ritratto; sia perché il fantasma assumeva carattere di
manifestazione
premonitoria, altra circostanza inesplicabile con le
ipotesi allucinatoria,
suggestiva e telepatica; sia perché si ottenevano talora
convalidazioni
indirette circa la veridicità delle apparizioni, sotto
forma di preannunci o
riconferme conseguite medianicamente, metodo che
riconduceva i fenomeni
in esame sulla via dell’esperimentazione scientifica; sia
perché tali riconferme
indirette si ottenevano qualche volta con la “fotografia
trascendentale”, in cui
rimaneva impresso sulla “lastra fotografica” il medesimo
fantasma di defunto
visualizzato qualche ora prima dal morente; sia perché il
morente o il
percipiente, e talora entrambi, erano bambini in
tenerissima età, quindi
incapaci di autosuggestionarsi, o suggestionare gli altri
in ordine ad eventi
trascendentali che la loro piccola mente non poteva
comprendere; sia, infine,
perché si conoscevano casi interessantissimi di percezioni
supernormali
collettive al letto di morte, percezioni che talora
risultavano radicalmente
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
147
diverse, ma pur sempre complementari tra di loro, con ciò
convalidando in
guisa inequivocabile l’obbiettività dell’evento occorso. E
questi tre ultimi
gruppi di prove risultavano i più importanti, inquantoché
escludevano in
guisa risolutiva qualsiasi ipotesi ed obbiezione
avversaria; dimodoché era
lecito affermare che pochi casi ben controllati di tal
natura bastavano a
demolire irrevocabilmente l’ipotesi
telepatico-allucinatoria quale spiegazione
legittima dei fenomeni in esame, considerati nel loro
complesso.
A tali inferenze emergenti direttamente dai fatti, si
univano le considerazioni
d’ordine generale, quale quella che se i fenomeni in esame
avessero per
causale il pensiero del moribondo rivolto ai propri cari,
in tal caso il
moribondo, anziché sottostare esclusivamente a forme
allucinatorie
raffiguranti defunti, avrebbe dovuto soggiacere con
maggiore frequenza a
forme allucinatorie raffiguranti persone viventi; ciò che
non si verificava mai.
Ovvero, l’altra considerazione che se nella crisi della
morte si realizzavano
fenomeni di visualizzazione allucinatoria, era altrettanto
vero che si
conseguivano fenomeni di telepatia, telestesia, lucidità,
precognizione,
bilocazione, e via dicendo; tutte manifestazioni d’ordine
supernormale e che
perciò rendevano assai meno improbabile che le apparizioni
dei defunti
risultassero a loro volta supernormali.
Alle quali considerazioni non sarà inutile aggiungere
quest’altra; ed è che se
l’ipotesi allucinatoria applicata ai casi delle visioni di
fantasmi in generale,
appariva formidabile prima dell’avvento delle indagini
metapsichiche, ora
non è più così, tenuto conto del numero sempre crescente
di visioni di tal
natura per le quali è dimostrata la loro origine veridica,
a cominciare dai
fantasmi telepatici, per passare a quelli di natura
premonitoria, e finire alle
visioni delle case infestate, in cui il medesimo fantasma,
vestito nel medesimo
costume, si manifesta successivamente a una moltitudine di
persone, di cui
l’una ignora l’esperienza dell’altra, con ciò
dimostrandosi l’obbiettività sui
generis del fantasma stesso, e l’impotenza dell’ipotesi
allucinatoria a
spiegarlo.
Infine, a proposito di quanto si disse intorno al valore
teorico dei casi d’ordine
collettivo, i quali quando sono osservati da parecchi
percipienti escludono
categoricamente l’interpretazione allucinatoria sotto
tutte le forme, giova
avvertire preventivamente che nei trattati di patologia
mentale si rinvengono
registrati alcuni rari esempi di allucinazioni collettive
occorsi nelle crisi di
esaltazione mistica tra le folle, ma che ciò si realizza
immancabilmente per via
di suggestione verbale, e non mai per via di trasmissione
telepatica
del pensiero. Non
solo, ma si apprende altresì come ciò si determini
unicamente nei riguardi di soggetti isterici o
psicopatici, e non mai tra le folle
propriamente dette; del che informano e discutono due
grandi autorità in
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
148
psichiatria: i professori Charles Richet ed Enrico
Morselli, terminando
entrambi col negare recisamente la esistenza di
allucinazioni patologiche
d’ordine collettivo telepaticamente indotte.
Ne consegue che in base a quanto si venne esponendo si è
tratti a concluderne
che l’ipotesi allucinatoria applicata ai casi delle
apparizioni dei defunti al letto
di morte, perde ogni diritto di esclusività, a tutto
vantaggio
dell’interpretazione spiritica di molte fra le apparizioni
stesse.
E tutto ciò non basta, poiché se si analizzano le modalità
di estrinsecazione
della telepatia - su cui si fondano tutte le presunzioni
della tesi avversaria - si
arriva alla conclusione che le medesime sono contrarie
all’ipotesi allucinatoria
applicata ai fenomeni in esame. Infatti, comparando tra di
loro le molte
migliaia di casi telepatici raccolti, si rileva che una
legge indiscutibile li
governa, ed è che, salvo rarissime eccezioni da non
tenersi in conto alcuno
nello stabilire una legge, è sempre il fantasma
dell’agente che si manifesta al
percipiente; laddove nei casi di apparizioni dei defunti
al letto di morte, la
legge altrettanto indiscutibile è diametralmente opposta;
vale a dire, che sono
sempre fantasmi di defunti quelli che si manifestano ai
percipienti.
Ciò posto, vediamo a che conduce una siffatta
constatazione. In base ad essa,
comincio col rilevare che sebbene nel corso intero della
presente
classificazione, io abbia concesso alla tesi avversaria la
presunzione che
avvengano di regola trasmissioni telepatiche di fantasmi
di persone a cui si
pensi con intensità di affetto, ora giova insistere sul
fatto che tale presunzione
è assolutamente infondata, ed anzi che risulta un errore
grossolano, il quale
non regge alla prova dei fatti; dai quali emerge che
quando una persona pensa
intensamente a un’altra lontana, vi è la probabilità che a
questa ultima si
manifesti il fantasma telepatico della prima, e non mai
che la prima trasmetta
a terzi il fantasma della persona pensata. Tra i due
ordini di fatti s’interpone
un abisso; con questo di aggravante, che il primo soltanto
è reale, l’altro
fantastico. Eppure i propugnatori ad oltranza dell’ipotesi
telepatica
presuppongono costantemente siffatta eventualità, quasiché
si trattasse di
una regola stabilita.
E qui se mi si chiedesse come mai avvenga il fenomeno
imbarazzante della
trasmissione telepatica del proprio fantasma alla persona
a cui si pensa,
laddove, teoricamente parlando, quando si concentra il
pensiero sopra una
data persona lontana, dovrebbe concretarsi nel sensorio
l’immagine
subbiettiva della persona pensata, e in conseguenza,
dovrebbe trasmettersi
telepaticamente l’immagine di quest’ultima persona, e non
mai l’immagine di
colui che la pensa; se mi si chiedesse come dunque si
realizzi nella pratica
una simile contraddizione della teoria, io
risponderei che nessuno ne sa
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
149
nulla, poiché nessuno pervenne ancora a risolvere l’arduo
quesito. E se si
considera che la teoria del Fouillée sulle “idee-forza” è
divenuta classica in
ambiente psicologico, e che in ambiente metapsichico venne
dimostrato che il
pensiero e la volontà sono forze plasticizzanti e
organizzanti mentre la
“fotografia del pensiero” ha provato inappellabilmente che
i pensieri si
concretizzano in immagini fotografabili; se si considera
tutto ciò, allora si
raggiunge la certezza teorica e pratica che nel caso
nostro il fatto di pensare
intensamente a una persona lontana determina nel sensorio
una
rappresentazione subbiettiva - ma in qualche guisa
concreta ed esteriorabile -
della persona a cui si pensa, nonché suscettibile di
essere proiettata
telepaticamente a distanza, e percepita dalla persona a
cui si pensa. In altre
parole, dal punto di vista qui considerato, e teoricamente
parlando, si
dovrebbe inferirne che la persona lontana sulla quale
l’agente concentra il
pensiero, debba percepire il fantasma di se medesima
proiettato
telepaticamente dall’agente! Il che è ben lungi
dall’essere, e tutti sanno che al
percipiente si manifesta invece il fantasma dell’agente,
così come tutti sanno
che non si è mai dato il caso di un percipiente che in
circostanze simili abbia
visualizzato il fantasma di se medesimo!
Come darsi ragione di una siffatta stridente
contraddizione tra la pratica e la
teoria? Ricordo che in
occasione di un commento da me apposto a un
episodio citato in precedenza (caso LXXIII), mi ero
già adoperato a formulare
in abbozzo due ipotesi capaci di risolvere il formidabile
quesito in esame, ed
ora mi dispongo a svolgere adeguatamente la tesi
importantissima,
cominciando con l’osservare che all’interrogativo esposto
non può darsi che
una sola risposta: Se le modalità fenomeniche di cui si
tratta non si sono mai
realizzate nella pratica, allora ciò significa che i
fantasmi telepatici non
sono la concrezione esteriorata del pensiero cosciente
dell’agente.
Si noti che tale conclusione, in apparenza stupefacente, è
invece convalidata
dalle numerose e laboriose esperienze intorno alla così
detta “telepatia
sperimentale”, esperienze sempre poco concludenti, ma che
però valsero a
dimostrare come il pensiero risulti trasmissibile alla
condizione che
l’agente concentri intensamente il pensiero sull’immagine
da
trasmettere al percipiente; ciò che diversifica radicalmente tra di loro le
due serie di esperienze in esame, la prima delle quali
risulterebbe una serie di
esperienze vere e proprie di “trasmissione del pensiero”,
e non mai di
esperienze di “telepatia sperimentale”; mentre la seconda
consisterebbe in
una serie di “manifestazioni vere e proprie di telepatia
fra viventi” non
suscettibili di conseguirsi sperimentalmente, vale a dire
sistematicamente da sperimentatori in condizioni di
veglia. In altri termini:
Nel primo caso entra in funzione il pensiero cosciente
dell’agente; nel secondo
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
150
caso, emerge ed opera la volontà subcosciente del
medesimo.
Ora tali considerazioni forniscono la soluzione dello
enigma teorico qui
considerato, in quanto traggono a inferirne che se la
circostanza fenomenica
del percipiente al quale si manifesti il fantasma di se
medesimo non si è mai
realizzata nella pratica, ciò significa precisamente che i
fantasmi telepatici
non sono la concrezione esteriorata del pensiero cosciente
dell’agente, visto
che quest’ultimo potrebbe soltanto apparire in persona al
percipiente a condizione di concentrare intensamente il
pensiero sull’idea di
apparire al medesimo; vale a dire, facendo con ciò
un’esperienza di
trasmissione del pensiero in cui l’immagine pensata è quella di se stesso.
E di quest’ultima possibilità si hanno buone prove
sperimentali; ricordo in
proposito la relazione classica riferita nei Phantasms
of the Living (caso
Verity), in
cui il percipiente si propose di apparire in persona a una signora
amica concentrando intensamente il pensiero sull’idea di
apparirle, e
ottenendo pienamente lo scopo ripetute volte.
Per converso, quando l’idea di apparire al percipiente non
esiste, allora -
sempre teoricamente parlando - non dovrebbe mai avvenire
che l’agente, pur
pensando intensamente al percipiente, abbia da apparire a
questo ultimo in
persona, visto che il fatto di concentrare il pensiero sul
percipiente provoca
invece nel di lui sensorio la creazione dell’immagine
della persona a cui pensa,
e così stando le cose, sarebbe questa l’immagine che
dovrebbe apparire al
percipiente. Che se nella pratica avviene invece che in
siffatte condizioni di
concentrazione del pensiero, l’agente proietta
inconsapevolmente il proprio
fantasma al percipiente, allora emerge palese che in
simili contingenze non
può trattarsi di trasmissione del pensiero cosciente,
bensì
dell’estrinsecazione di un fenomeno telepatico
propriamente detto, in
cui l’agente, col fatto di pensare intensamente a una
persona designata,
provoca in se medesimo l’emergenza delle facoltà
supernormali subcoscienti,
per ausilio delle quali si estrinseca uno dei consueti,
frequenti, normali
fenomeni telepatici consistenti nell’apparizione del
fantasma dell’agente al
percipiente; il che palesemente è dovuto al fatto che
quando la mentalità di un
individuo è in siffatte condizioni di “monoideismo
affettivo” determina con
ciò una corrente subcosciente di “vibrazioni psichiche”
viaggianti all’infinito
in onde concentriche - così come avviene nella radiofonia
per le “vibrazioni
fisiche” - le quali, in quanto si espandono globalmente,
raggiungono
infallibilmente la meta.
Ora, questo è quanto avviene nelle circostanze indicate,
vale a dire che la
subcoscienza del percipiente riceve un fascio di
vibrazioni psichiche sui
generis provenienti
dall’agente in discorso, le quali emergono dalla
subcoscienza nella coscienza normale, si trasformano
automaticamente nella
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
151
obbiettivazione allucinatoria del fantasma dell’agente
stesso, così come nella
“radiofonia” le “onde elettro-magnetiche” trasmesse dalla
stazione agente, si
trasformano nella “voce”, o nella “musica” che le aveva
generate.
Questa la prima ipotesi dilucidativa da me proposta per la
soluzione del
quesito in esame; alla quale ne feci seguire una seconda,
in cui rilevavo che
potrebbe anche inferirsi col Myers che nel caso nostro non
si tratti puramente
di vibrazioni psichiche, ma che ci si trovi in presenza di
un fenomeno iniziale
di “psicorragia”, vale a dire, di esteriorazione e proiezione
a distanza, in
direzione della persona pensata, di un condensamento di
elementi psichici
combinati a fluidi sottilissimi capaci di assumere
automaticamente la forma
fantasmogena dell’agente telepatizzante; nel qual caso ci
si troverebbe in
presenza di una modalità incipiente di “sdoppiamento
fluidico” che non
rivestirebbe ancora il carattere di un fenomeno di
“bilocazione”, ma ne
sarebbe l’inizio rudimentale.
Queste le ipotesi da me proposte, entrambe
metapsichicamente legittime,
complementari l’una dell’altra, ed entrambe utilizzabili a
seconda delle
circostanze.
Si ponga mente infine che la discussione esposta si
converte in una magnifica
quanto inattesa dimostrazione ulteriore circa l’assurdità
di quanto sostengono
gli oppositori i quali vorrebbero spiegare i casi delle
“apparizioni dei defunti
al letto di morte visualizzate dai presenti
collettivamente al morente”,
ricorrendo all’ipotesi della trasmissione telepatica del
pensiero del morente,
laddove - come si è visto - risulta sperimentalmente
dimostrato che “i
fantasmi telepatici non sono concrezione del pensiero
esteriorato dell’agente”;
e così stando le cose, l’ipotesi in discorso, la quale è
anche l’unica di cui
dispongano i negatori della sopravvivenza umana, decade
inesorabilmente e
per sempre.
Riassumendo:
Con la presente monografia sui fenomeni delle “apparizioni
dei defunti al
letto di morte”, io mi sono cimentato nell’ardua impresa
di accumulare in
numero adeguato episodi del genere accuratamente
selezionati dal punto di
vista della loro autenticità come fatti, per indi
classificarli, analizzarli,
compararli, e inferirne le leggi che li governano.
Queste le conclusioni d’ordine generale a cui pervenni:
In base ai processi dell’analisi comparata tra i fenomeni
telepatici e le “visioni
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
152
dei moribondi”, appare dimostrato che quando le visioni
stesse sono percepite
unicamente dagli assistenti, oppure collettivamente dal
moribondo e dagli
assistenti, è da escludere in linea di massima che ciò
avvenga per effetto di
trasmissione telepatica del pensiero del morente; dal che
ne deriva per logica
conseguenza che le visioni percepite unicamente dal
morente non possono
avere una genesi diversa dalle altre, e che pertanto, in
tesi generale, al gruppo
intero dei fenomeni in esame deve attribuirsi la medesima
origine. E di qual
sorta essa risulti, tendono a dimostrarlo i casi di
visione collettiva, in cui
l’identità del fantasma non potendosi spiegare con la
trasmissione del
pensiero allucinato del moribondo, assume necessariamente
valore di prova;
come pure tendono a dimostrarlo le modalità di
estrinsecazione dei fenomeni
stessi, troppo sovente inconciliabili con l’ipotesi
allucinatoria.
In altri termini: In base all’indagine analitica delle
manifestazioni in esame, si
è pervenuti a provare che le ipotesi allucinatoria e
telepatico-allucinatoria
risultano insufficienti a spiegare il complesso dei fatti,
e per converso, che a
tale scopo si presta mirabilmente l’ipotesi spiritica.
Senonché tale laborioso
còmpito a cui mi sottoposi nell’intento di provare il mio
asserto ricorrendo a
induzioni e deduzioni ricavate dai fatti, è divenuto
all’improvviso felicemente
superfluo per effetto delle considerazioni or ora esposte,
con le quali viene
provato sulla base dei fatti che i “fantasmi telepatici”
non sono la concrezione
esteriorata del pensiero cosciente dell’agente; ciò che
vale a demolire
inesorabilmente l’obbiezione telepatico - allucinatoria
sotto tutte le forme.
E questa volta - sempre da un punto di vista generale - la
tesi qui propugnata
sulla obbiettività delle “apparizioni dei defunti al letto
di morte” assume
aspetto di verità dimostrata, con le conseguenze teoriche
che ne derivano.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
153
Cenni biografici su Ernesto Bozzano
ERNESTO BOZZANO nacque a Genova il 9 gennaio 1862 e mori
in quella
città (dopo un periodo trascorso a Savona) il 24 giugno
1943. Visse sempre
solo e si dedicò tutto, con grande passione, allo studio
della parapsicologia:
condusse la sua esistenza in casa di un fratello ricco, e
sposato con figlie, e
così egli poté esprimere il meglio del suo intelletto in
un ambiente adatto.
Indagò ogni ramo della parapsicologia, senza limitazioni
di sorta,
pubblicando una cinquantina di monografie sui più vari
temi ed argomenti
offertici da essa.
Fu collaboratore di tutte le più importanti riviste
estere, e di Luce e Ombra in
particolare, nella quale ebbe a scrivere dal 1906 al 1939,
pubblicando in essa
3700 pagine.
Essendosi dedicato alla parapsicologia ogni ora del
giorno, senza perdere mai
un solo minuto, riuscì ad assimilare, nel corso di 52
anni, una quantità
enorme di materiale utile, divenendo così uno dei più
grandi eruditi in campo
di parapsicologia.
LE
VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano
154
Pagina INDICE
1 Prefazione
3 Introduzione
5 Categoria I
56 Categoria II
68 Categoria III
93 Categoria IV
113 Categoria V
142 Categoria VI
146 Conclusioni
153 Cenni biografici su
Ernesto Bozzano
154 Indice
Preghiera al Padre - 20/01/2001
Padre Dolce,
Padre Buono.
Tu che sei nell’universo,
Tu che sei nelle cose,
Tu che sei in noi.
Tu che nutri il nostro corpo materiale,
Tu che nutri il nostro corpo spirituale;
Aiutaci in questa esistenza.
Aiutaci a perdonare per il male che ci fanno, perché
anche noi abbiamo fatto del male.
Aiutaci a cercare cibo per il corpo fisico e pane per la
nostra anima.
Aiutaci a superare le prove della vita con serenità;
e che Tu, assieme ai nostri fratelli spirituali, ci sia
sempre vicino.
Amen.