LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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PREFAZIONE

Il lavoro che viene qui presentato, fu originariamente pubblicato sulla rivista

Luce e Ombra, 1906, mesi di febbraio-marzo-aprile, comprendendo

complessivamente 38 pagine; e, contemporaneamente, sulle Annales des

Sciences Psychique e su The Annals of Physical Science.

Una seconda edizione aumentata fu pubblicata in Luce e Ombra, 1919-20

(in 4 puntate, dal luglio-agosto al gennaio-febbraio), e questa comprendeva

49 pagine.

Una terza edizione fu pubblicata, questa volta in volume, dalla tipografia

Dante (Città della Pieve, Perugia), nel 1930. Il numero delle pagine salì a 122.

Tale è la storia di questa monografia. Ma negli anni della guerra, il Bozzano -

in mancanza di riviste estere ed italiane da leggere e su cui pubblicare - pensò

di rivedere le sue classificazioni analitiche, con lo scopo di esaminare tutti i

nuovi casi che dal 1930 in poi si erano venuti accumulando nelle sue rubriche.

Nacque così la monografia che qui viene ora pubblicata. Essa, come la prima,

recava il titolo, quando il Maestro me la consegnò, di: Delle apparizioni di

defunti al letto di morte; ma trattandosi di un titolo che, per quanto

tecnicamente esatto, si dimostrava più adatto per una monografia che per un

libro vero e proprio, pensai di mutarlo nell’altro - Le Visioni dei Morenti -

che qui figura.

L’importanza del tema non ha bisogno di essere sottolineata. L’Autore, infatti,

dopo avere acutamente compenetrato il complesso di questa classe di

fenomeni, perviene a dimostrare come, partendo appunto dalle acquisizioni

fondamentali quali ci sono state poste in evidenza dalla telepatia

sperimentale, non sia adeguata, per i casi del genere, l’ipotesi della telepatia

fra viventi.

Ne deriva che se alcuni metapsichisti vogliono continuare a servirsi

dell’ipotesi della telepatia fra viventi per spiegare i casi di visitazione dei

defunti al letto di morte, allora costoro, per sostenere il punto di vista

strettamente animico, dovrebbero forzatamente fuoriuscire, per darsi ragione

dei fatti, dai dati sperimentali.

E se l’ipotesi in discussione è insufficiente e inadeguata, allora non rimane

che l’ipotesi spiritica, la quale invece non ha contrasti di sorta da superare; o,

se ne ha, li ha solo nel senso del misoneismo personale degli indagatori, ma

non mai nel senso dell’inquadramento della teoria nel complesso fenomenico.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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Tutto è teoricamente e praticamente chiaro se sono entità spirituali quelle che

agiscono, mentre è anche luminosamente evidente al nostro criterio lo

svolgersi degli eventi, visto che in nulla contrasta il nostro senso logico la

circostanza che dei defunti - sempre viventi - si rechino al capezzale dei loro

casi per accoglierli e per guidarli in ambiente spirituale.

Il valore teorico della presente classe non era sfuggito del resto a due autentici

scienziati ufficiali di fama mondiale; né a Sir William Barret, che vi dedicò un

libro (Death-Bed Vision - Methuen, London, 1926, pagg. 116), né al prof.

Charles Richet, il quale riconobbe che le apparizioni dei defunti al letto di

morte sono francamente le più sconcertanti, le più suggestive e le più probanti

in senso spiritualista.

Gastone De Boni

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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INTRODUZIONE

In qualsiasi epoca della storia dei popoli venne rilevato il fatto che durante la

crisi suprema della morte l’intelligenza umana dava non di rado segni di

perspicacia e antiveggenza straordinarie, o andava soggetta a percezioni

d’ordine supernormale; queste ultime ben sovente condivise da altre persone

presenti o lontane.

I rappresentanti della scienza ufficiale, nonché i cultori delle nuove discipline

metapsichiche investigarono già con metodo sperimentale tali manifestazioni

interessantissime del periodo preagonico, e se pervennero con facilità a farne

rientrare una parte nell’orbita delle leggi acquisite della psicofisiologia e della

patologia mentale, non è detto che vi siano riusciti per tutte. Esse, infatti,

appariscono di gran lunga più complesse di quanto era dato sospettare, e la

vastissima loro sfera di azione si estende dai semplici fenomeni d’ipermnesia

e di paramnesia, a quelli di azione e percezione telepatica; dai fenomeni di

lucidità e di telestesia, a quelli di retrocognizione e precognizione, a tutto ciò

sovrapponendosi episodi sensazionali di visioni estatiche, di visioni

panoramiche, di visioni simboliche, nonché episodi altamente suggestivi di

percezione di fantasmi di defunti.

Questi ultimi risultano di gran lunga i più comuni, e ciò a tal segno che

l’esperienza popolare ne trasse una delle tante sue generalizzazioni

proverbiali, in conformità della quale ogni donna del popolo vi dirà che

quando un infermo parla coi propri morti, non vi ha per lui più speranza

di guarigione; e novantanove volte su cento il portato dell’esperienza popolare

non erra.

Non essendo possibile svolgere entro i limiti di una monografia un tema vasto

quanto quello enunciato, mi propongo nel presente lavoro di soffermarci

esclusivamente sui fenomeni delle “Apparizioni di defunti al letto di morte”.

Sono questi i fenomeni che maggiormente attrassero l’attenzione dei

rappresentanti della scienza ufficiale nei rami della psicologia e della

patologia mentale, i quali si trovarono d’accordo per classificarli in massa

nella categoria delle allucinazioni propriamente dette; induzione pienamente

legittima in se stessa, inquantoché è noto che le condizioni preagoniche

predispongono ad ogni forma di sensazioni e percezioni allucinatorie, mentre,

a tutta prima, non si potrebbe asserire che le visioni qui considerate

differiscono qualitativamente dalle altre; induzione, dunque, legittima, a

condizione però di non incogliere nell’errore di formulare conclusioni

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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d’ordine generale in base a indagini parziali; e ciò in quanto sta di fatto che si

estendono i processi dell’analisi comparata a un numero adeguato di

manifestazioni del genere, non si tarda a rilevare come dalle medesime

emergano situazioni di fatto impressionanti di ben altra natura, le quali

appariscono letteralmente inesplicabili con la comoda ipotesi delle

allucinazioni patologiche. Da ciò la necessità di riprenderne lo studio per

analizzare più addentro, spogliando la mente da ogni preconcetto di scuola.

Questo il motivo che m’indusse a intraprendere la presente classificazione.

Nei commenti e nelle considerazioni che verrò formulando a misura che si

citeranno episodi di più in più complessi e imbarazzanti, mi conformerò

rigorosamente ai classici metodi d’indagine scientifica che guidarono

psicologi e psichiatri nell’analisi comparata dei fatti, analisi che questa volta

estenderò a una vasta sezione della casistica in esame totalmente dimenticata

dai miei predecessori, e così comportandomi, otterrò lo scopo di far emergere

che la sezione in discorso è caratterizzata dall’emergenza di situazioni di fatto

altamente suggetive in una direzione teorica insospettata dalla scienza

ufficiale; situazioni di fatto le quali non conducono soltanto a far capo qualche

volta all’ipotesi telepatica, ma richiedono ben sovente di orientarsi

decisamente verso l’interpretazione spiritualistica di una gran parte delle

manifestazioni stesse, le quali appartengono alla classe dei fenomeni

supernormali d’ordine spontaneo indagati dalla metapsichica, ed esorbitano

dai limiti angusti che l’odierna scienza universitaria ha imposto

imprudentemente a se stessa. Il che non impedisce agli indagatori liberi da

preconcetti di scuola, di concludere per conto loro in senso spiritualista, visto

che non è ammissibile che in nome della scienza vengano pronunciati giudizi

inappellabili contro l’unica ipotesi capace di spiegare complessivamente ed

esaurientemente le “apparizioni di defunti al letto di morte”.

Ciò premesso, inizio senz’altro l’esposizione dei fatti.

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CATEGORIA I

Casi in cui le apparizioni dei defunti sono percepite unicamente

dal moribondo, e si riferiscono a persone della cui morte egli era

consapevole.

Sono queste le modalità di estrinsecazione più frequenti nella casistica

contemplata, e già si comprende come risultino anche le meno interessanti

dal punto di vista scientifico. Dato infatti lo stato vivissimo di passione cui

presumibilmente soggiace un moribondo il quale conservi la coscienza di sé,

dato lo stato consecutivo d’iperestesia dei centri corticali d’ideazione e le

condizioni più o meno morbose del loro funzionamento; dato infine

l’orientamento inevitabile del pensiero di un morente, il quale non può non

rivolgersi con suprema ambascia verso i propri cari lontani o verso chi lo

precedette nella tomba, si comprende come tutto ciò possa non

infrequentemente determinare fenomeni di allucinazione subbiettiva.

Ciò posto, in omaggio ai metodi d’indagine scientifica, giova rilevare come nel

caso delle apparizioni di defunti al letto di morte esista una circostanza di

fatto che mal si presta ad essere dilucidata con l’ipotesi allucinatoria; ed è che

se il pensiero vivissimo rivolto ai propri cari risultasse la causale

determinante i fenomeni indicati, in tal caso il moribondo, anziché sottostare

esclusivamente a forme allucinatorie raffiguranti defunti (e ben sovente

defunti dimenticati dal degente), dovrebbe sottostare con maggiore frequenza

a forme allucinatorie raffiguranti persone viventi a lui care; ciò che è ben

lungi dall’essere. Si rileva invece che non vi sono esempi di un morente il

quale scorga o conversi con sedicenti fantasmi di viventi nella guisa medesima

in cui tali visioni e dialogizzazioni avvengono con fantasmi di defunti. Per

converso, vi sono esempi di moribondi che scorsero fantasmi ritenuti di

persone viventi, ma in siffatte circostanze risultò costantemente provato che

le persone implicate erano decedute in quel frattempo, sebbene nessuno dei

presenti fosse a cognizione del fatto. E’ pur forza convenire che le predette

considerazioni rivestono un alto valore induttivo nel senso

dell’interpretazione spiritica dei fatti, per quanto la natura dei medesimi ne

renda sommamente ardua la dimostrazione sperimentale. Comunque, le

considerazioni esposte valgono a far meglio emerger l’opportunità di

un’ulteriore e più ponderata analisi della casistica in esame.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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Ciò posto, inizio l’esposizione di un numero di casi adeguato alla multiforme

varietà con cui si estrinsecano le manifestazioni contemplate in questa prima

categoria.

CASO I - Nella vita del Rev. Dwight L. Moody (pag. 385), fervente

propagandista evangelico degli Stati Uniti, vita scritta dal di lui figlio, così

vengono descritti gli ultimi istanti della sua agonia:

«Improvvisamente egli mormorò: - La terra recede, il cielo si apre a me

dinnanzi... Ne ho valicati i confini: Dio mi attende... Non mi richiamate! Tutto

ciò è bello... Somiglia a una visione estatica. Se questa è la morte, quanto essa

è dolce!

«Indi il suo volto si ravvivò, e con accento di lieto rapimento, esclamò: -

Dwight! Irene... Io vedo i bimbi (alludendo a due piccoli nipotini che gli

erano morti).

- Voltandosi quindi verso la propria moglie: - Cara - le disse - tu sei stata una

buona moglie per me. –Dopo di che, perdette conoscenza...».

CASO II - Il prof. A. Pastore del Regio Liceo di Genova, in un interessante

articolo pubblicato sul Fanfulla della Domenica (N. 36, anno 1887), così

scrive di sé:

«Io ho provato una malattia gravissima. Nel periodo della crisi, mentre avevo

interamente perduto la coscienza del dolore fisico, mi si era aumentata

straordinariamente la potenza dell’immaginazione, ed io vedevo chiaramente

in una confusione distintissima (due parole non accoppiabili, e che pure, in

questo caso, esse sole rendono l’idea), vedevo me piccolo, giovane, uomo, nei

vari momenti della mia vita: un sogno; ma un sogno più forte, più intenso,

vivente. E in questo spazio immenso, azzurro, luminoso, mi si faceva incontro

mia madre: mia madre, mortami quattro anni innanzi. E’ un’impressione

inesprimibile. Rileggendo il Fedone dopo quella ora, ho meglio inteso

Socrate».

CASO III - Mr. Hudson Tuttle, così descrive un altro caso venuto a sua

conoscenza:

«Un episodio assai impressionante occorse alcuni anni or sono nella città di

Hartford. L’uomo che me lo riferì era siffattamente convinto circa il

significato supernormale di quanto aveva presenziato da non dimenticarlo

più. Egli vive tuttora negli Stati occidentali; è uomo pratico, positivo, l’ultimo

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a lasciarsi andare a fantasticherie. Nell’occasione di cui si tratta, egli vegliava

al capezzale di un morente, di professione tipografo.

«Da circa una mezz’ora l’agonizzante si andava lentamente spegnendo. Il

respiro, di più in più difficile, erasi fatto lentissimo e debolissimo. Venne

infine un momento in cui il vigilante lo credette morto; ma improvvisamente

le sue pupille si riaprirono, animate da un’espressione d’intensa meraviglia e

di lieto riconoscimento; portò di slancio in alto le braccia, come per stringere

al petto qualcuno, e col volto illuminato da un’ebbrezza di giubilo, esclamò: -

Tu, tu, madre mia! - Detto ciò, ricadde morto sui guanciali.

«Nessuno mi potrà mai persuadere - afferma il relatore - che quest’uomo non

abbia realmente scorta a sé dinanzi la propria madre». (Hudson Tuttle: The

Arcana of Spiritualism, pag. 167).

CASO IV - Mr. Alfred Smedley, a pagine 50-51 del suo libro: Some

Reminiscences, descrive nei termini seguenti gli ultimi istanti della propria

moglie:

«Brevi momenti prima della sua morte, i suoi occhi si affissarono su di un

alcunché che sembrava riempirla d’intensa e piacevole sorpresa: indi esclamò:

- Come mai! Ecco qui la sorella Carlotta; ecco qui mia madre, mio padre, il

fratello Giovanni e la sorella Maria! Ed ecco che ora mi conducono anche

Bessy Heap! Sono qui tutti. Oh, come è bello! Come è bello! - Quindi

rivolgendosi a me, chiese: - Non li vedi tu? – No mia cara, così lo potessi! -

risposi. - Ma dunque tu non li puoi vedere? - replicò essa con sorpresa –

eppure si trovano tutti qui, e sono venuti per condurmi con loro. Una parte

della nostra famiglia ha già varcato la grande fiumana, e ben presto tutti ci

troveremo riuniti nella novella dimora celeste.

«Aggiungerò qui che Bessy Heap era stata la fedele ed affezionata governante

della famiglia, e che mia moglie era sempre stata la di lei favorita.

«Dopo siffatto episodio estatico, essa rimase un po’ di tempo come sfinita;

indi affissando intensamente lo sguardo in alto e in alto portando le braccia,

esalava l’ultimo respiro».

CASO V - Il dottore in medicina Paul Edwards così scriveva nell’aprile

dell’anno 1900, a l direttore del Light (1900, pag. 167):

«Circa l’anno 1887, allorché io dimoravo in una città della California, fui

chiamato al capezzale di una signora, mia carissima amica, la quale si trovava

agli estremi in seguito a consunzione. Tutti erano consapevoli che quella pura

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e nobile anima, che quella moglie e madre esemplare era votata alla morte; e,

sull’ultimo, essa pure si convinse della sua fine imminente.

«Volle pertanto prepararsi al triste passo. Chiamati i figli al proprio capezzale,

li baciò l’uno dopo l’altro, facendoli allontanare non appena profferito

l’estremo reciproco addio. Per ultimo, il di lei marito si avvicinò onde

impartire e ricevere a sua volta l’ultimo vale da un’amorosissima moglie in

pieno possesso delle sue facoltà mentali. Ed essa cominciò dicendo: - Newton

(che tale era il nome del marito)... non piangere, poiché io non soffro, ed ho

l’animo preparato e sereno. Ti ho amato in terra, ti amerò ancora e sempre

dopo la mia dipartita. Mi propongo di venire a te, ove ciò sia possibile; non

potendolo, veglierò su te, sui figli miei dal cielo, in attesa della vostra venuta.

Per ora, il mio più forte desiderio è quello di andarmene... In questo momento

io scorgo molte ombre che si muovono... tutte biancovestite... Odo una

melodia celestiale... Oh! qui c’è Sadie! Mi sta daccanto, ed è pienamente

consapevole dell’esser mio. - (Sadie era di lei figlia, ed erale morta dieci anni

prima in tenerissima età). - Sissy, mia Sissy - ammonì il marito - non ti

avvedi che vaneggi? -Ah! mio caro - replicò l’inferma - perché mi hai

richiamata? Ora mi riuscirà più difficile di riandarmene. Mi sentivo così felice

nell’Al di là! Era delizia, era incanto. - Dopo circa tre minuti la morente

aggiunse: - Io me ne vado nuovamente, e questa volta non tornerò più se

anche tu mi richiamassi.

«La scena suddescritta ebbe la durata di circa otto minuti. Appariva

chiaramente come la morente si trovasse in piena visualizzazione dei due

mondi ad un tempo, poiché essa descriveva l’aspetto delle forme spirituali

ch’ella scorgeva nell’Al di là, e in pari tempo indirizzava la parola alle persone

presenti...

«Di tutte le scene di morte cui ebbi ad assistere, è stata questa la più solenne

ed impressionante».

CASO VI - Il dottore in medicina A. Wilson di New York, al quale occorse di

trovarsi presente agli ultimi istanti del tenore James Moore, così si esprime al

riguardo:

«Erano le quattro del mattino, e l’aurora, ch’egli attendeva ansiosamente,

cominciava ad infiltrarsi attraverso le imposte. Reclinandomi su di lui, vidi

che in volto appariva tranquillo e l’occhio aveva limpido. Il povero infermo

guardandomi in faccia, e prendendo la mia mano fra le sue, così disse: - Voi,

caro dottore, siete stato un buon amico per me; voi non mi avete

abbandonato. - Si fu dopo quelle parole che avvenne un alcunché ch’io non

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dimenticherò mai, e che la penna è impotente a descrivere. Non posso

esprimere altrimenti il mio pensiero senonché dicendo ch’egli, per quanto in

possesso dei propri sensi quanto ogni persona sana, ebbe la visione dell’Al di

là; e sebbene io non pervenga a spiegare soddisfacentemente la cosa a me

stesso, con tutto ciò sono convinto ch’egli sia penetrato nel soggiorno

spirituale. Or ecco il perché. Dopo le predette parole, egli, con tonalità di voce

assai più forte dell’usato, era uscito improvvisamente in queste altre parole: -

Qui... qui c’è mia madre! Oh, come mai, mamma! Sei dunque venuta a

prendermi?... No, no, sono io che sto per venire a te... Attendi mamma. - Così

dicendo, il suo volto aveva assunto un’espressione d’ineffabile giubilo. Rimasi

profondamente impressionato dal modo con cui egli aveva pronunciato quelle

parole. La mia convinzione circa il fatto ch’egli abbia veduto e conversato con

la propria madre è assoluta; di ciò io sono sicuro, quanto sono sicuro di

trovarmi in questo momento qui seduto allo scrittoio.

«Nell’intento di serbar memoria di quanto per me era stato un dialogo tra

madre e figlio, come pure allo scopo di possedere un ricordo del fatto più

straordinario a me occorso in vita, io presi nota immediatamente, parola per

parola, di quanto egli aveva detto... Fu quella la più bella morte cui ebbi ad

assistere». (Light, 1903, pag. 418).

Si prenda nota che nel caso esposto, come in quello che precede, i relatori,

nonché testimoni di quanto riferiscono, sono dottori in medicina i quali si

dichiarano entrambi assolutamente convinti circa la presenza reale sul posto

dei defunti visualizzati dai morenti. Ed essi non pensano affatto a discutere

intorno all’ipotesi allucinatoria: quest’ultima costituisce un presupposto che

può sorgere in mente soltanto a chi legge relazioni del genere senza avere mai

assistito a manifestazioni consimili. Coloro, invece, che vi hanno assistito

acquistano con ciò la certezza intuitiva sulla realtà obiettiva di quanto si

svolse in loro presenza; certezza che se non può dirsi scientifica, riveste

nondimeno altrettanto valore dimostrativo per la mente del pensatore, e ciò

in quanto i veri componenti nei fenomeni in esame sono coloro che hanno

assistito allo svolgersi dei fatti, e non mai coloro che li hanno semplicemente

letti.

Si vedrà che nella presente classificazione risultano relativamente numerosi i

casi del genere riferiti e presenziati da dottori in medicina, mentre a nessuno

tra essi venne in mente di tirare in ballo l’ipotesi allucinatoria.

Due tra essi, per prudenza professionale, si astengono soltanto dal

commentare ciò che riferiscono.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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CASO VII - Lo tolgo dal Journal of the American S. P. R. (1913, pag.

603). Il signor Rud. C. Gittermann, membro della Società inglese di ricerche

psichiche, così scrive al professore Hyslop:

«Mio padre moriva in Germania il giorno 18 marzo 1892, e mia madre veniva

a convivere con noi a Odessa; ma cadeva a sua volta malata, e moriva il giorno

6 di maggio dell’anno seguente 1893.

«Mia madre, alla guisa del padre mio, erasi sempre conservata scettica

irriducibile in merito alla credenza sull’esistenza e sopravvivenza dello spirito

umano.

«Ora avvenne che pochi minuti prima di morire, ricuperando un istante

coscienza di sé (giaceva inconscia da un paio d’ore), si rialzò da se stessa nel

letto, protese in alto le braccia, e col volto atteggiato a grande sorpresa,

esclamò: - Papà! Papà - proprio come le si fosse presentata inattesa e

benvenuta l’apparizione di lui; quindi cadde riversa nelle braccia di mia

moglie, esalando l’ultimo respiro.

«Mia madre aveva l’abitudine di chiamare suo marito con l’appellativo di

“Papà” alla guisa di noi bimbi. Certifico che quanto affermo è solenne verità».

(Firmato: Rud C. Gittermann).

Il prof. Hyslop osserva:

«Questo caso è interessante in quanto è associato a una condizione di spirito

che non dovrebbe logicamente provocare un’esperienza di tal natura. Infatti,

se le convinzioni religiose della mente possono allegarsi come causale delle

visioni al letto di morte, per converso, nel caso esposto, una condizione

irreligiosa dello spirito, non avrebbe dovuto razionalmente provocare una

visione simile. Comunque, una tale circostanza non vale di per sé sola come

prova, tenuto conto che nel caso in questione non si rivengono incidenti

suggestivi, fatta eccezione dell’uso corretto dell’appellativo “Papà”».

CASO VIII - Il signor S. Bennett comunica al prof. Hyslop quest’altro

episodio, ch’io tolgo dal Journal of the American S. P. R. (1918, pag.

607).

«Il signor G. H. Tench moriva nell’anno 1902 in conseguenza di un

carcinoma, e dopo anni di grandi sofferenze stoicamente sopportate...

«Durante le ultime settimane io lo vegliavo assiduamente. Malgrado le atroci

sofferenze che lo dilaniavano, egli non volle mai prendere narcotici o

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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stimolanti, osservando a chi ne lo esortava: - Io vissi sempre da vero Hall

Tench, e voglio morire tutto di un pezzo.

«Nella notte in cui avvenne la fine, egli svegliò suo figlio invitandolo a

radunare la famiglia, poiché la sua ora era venuta. Egli parlò con tutti nella

guisa più razionale e cosciente immaginabile, e quando in ultimo

sopraggiunse suo fratello, egli disse ancora: - Addio Will; a momenti me ne

vado. - Dopo di che chiuse gli occhi. I familiari credettero fosse giunta la fine;

ma dopo breve intervallo egli riaperse gli occhi, alzò la testa, guardò con

espressione di vivo interesse in alto, verso i piedi del letto, e disse con voce

chiarissima: - Come mai! Sono persone come noi! - E subito si spense...

«Tench non era un uomo religioso, per quanto fosse assistito fino all’ultimo

da un ministro metodista; ma in cambio era un uomo altamente morale e

rigidamente onesto in ogni manifestazione della vita; nonché fornito di

grande risolutezza e di coraggio, come ne diede prova nel rifiutare che

venissero attenuate le proprie sofferenze a spese della propria sensibilità. Non

era un uomo di cultura, né un grande lettore, ma io non dubito ch’egli avesse

lungamente riflettuto sul destino che lo attendeva, e molto verosimilmente si

sarà sentito come saturato dalle solite immagini degli angeli alati e delle arpe

angeliche; laonde, niente di più probabile che all’ultimo istante egli

esprimesse la sua sorpresa in vedere che i defunti venuti ad accoglierlo

avessero apparenza di “persone come noi”».

CASO IX - L’episodio seguente, ch’io tolgo ancora dal Journal of the

American S. P. R. (1918, pag. 623), venne comunicato al professore Hyslop

dal dottore in medicina E. H. Pratt:

«Mia sorella Hattie fu colta da un attacco di difterite maligna allorché si

trovava a scuola nel Carroll Seminary. Venne immediatamente trasportata a

casa per essere affidata alle cure di nostro padre, che purtroppo non

pervennero a salvarla. Dopo alcuni giorni di sofferenze estreme, la sua

bell’anima prese il volo verso la plaga che appare a noi tanto tenebrosa e

impenetrabile nella incommensurabile sua immensità.

«L’episodio occorso al suo letto di morte fu così meraviglioso, così realistico e

impressionante, che sebbene avessi allora dieci anni, porto impressa nella

memoria la scena panoramica dell’evento come se si trattasse di ieri.

«Il letto di lei era nel mezzo della camera, e mia madre, mio padre, l’altra

sorella e pochi amici stavamo attorno osservando ansiosamente le care

sembianze della morente a misura che la luce della vita si spegneva, e il

pallore della morte le invadeva. La povera Hattie se ne andava lentamente in

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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condizioni di perfetta calma e apparentemente senza soffrire. E sebbene la

sua gola fosse ingombra dalle membrane difteriche in guisa da renderne assai

fioca la voce, il suo spirito appariva oltre l’usato chiaro e razionale.

«Essa sapeva di morire, e stava confidando alla mamma le sue ultime

disposizioni in merito alle piccole proprietà personali da distribuire in ricordo

alle amiche, quando improvvisamente alzò gli occhi al soffitto, verso l’angolo

più remoto della camera, guardò con intensità di attenzione, apparentemente

ascoltando qualcuno a parlare; quindi fece un lieve cenno di assenso col capo,

e disse: - Sì, nonna, vengo, vengo. Attendi ancora un istante, per piacere. -

Mio padre domandò: - Hattie, vedi dunque la nonna? - Essa parve

sorprendersi della domanda, e replicò prontamente: - Ma sì, papà; e tu non la

vedi? E’ là che mi attende. - E così dicendo, puntava col ditino in direzione

dell’angolo dov’ella aveva guardato. Quindi rivolgendosi nuovamente alla

mamma, finì di dettarle le sue disposizioni in merito ai piccoli tesori da

distribuire alle amiche. Dopo di che, si voltò nuovamente, in ascolto, verso la

nonna, che apparentemente la invitava a venire senza più indugiare; e quindi

diede a ciascuno di noi l’estremo addio. La sua voce era debolissima, ma lo

sguardo, ch’essa rivolgeva successivamente su ciascuno di noi, appariva pieno

d’intelligenza e di vita. Infine si rivolse ancora una volta verso l’angolo della

visione, e con un filo di voce appena intelligibile, mormorò: - Ora sento che

sono pronta, nonna -, e guardando sempre in quella direzione, senza lotta e

senza sofferenze, si spense.

«... La di lei nonna era morta pochi anni prima, e una grande reciproca

affezione le vincolava in vita l’una all’altra.

«L’episodio del riconoscimento da parte di Hattie fu così realistico in ogni

particolare, da non sembrare possibile spiegarlo senonché ammettendo la

presenza effettiva sul posto della nonna in forma identica a se stessa.

Insomma: l’episodio fu genuinamente, indiscutibilmente reale».

(Firmato: Dottore E. Pratt)

CASO X - Il rev. H. Harbaugh, nella sua opera: Heavenly Recognition,

riferisce il seguente episodio:

«In una famiglia di mia conoscenza, una cara ed amorosa bimba ebbe la

sventura di perdere la mamma in età troppo tenera perché le sembianze di lei

rimanessero impresse nella sua memoria... Quella mite, buona, religiosa

bimbetta era l’idolo della desolata famigliola; ma era un gracile fiore, che ben

presto diede segni di appassire prematuramente. Talvolta mentre giaceva in

grembo di colei che aveva assunto le veci di mamma, ella cingevale il collo con

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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le esili braccia, dicendole: - Ora parlami della mamma! - E quando il racconto

tante volte ripetuto erale nuovamente reiterato, essa chiedeva dolcemente: -

Portami nel salottino, che desidero vedere la mamma. - La domanda era

sempre esaudita, e la bimbetta inferma giaceva per ore in contemplazione

dell’effigie materna...

«Giunse alla fine l’ora suprema, e i familiari e gli amici si adunarono intorno

al lettuccio della bimba morente. La rugiada della morte si posava su quel

fiore, e a misura che la vita si spegneva, il misero corpicino era scosso da

convulsioni spasmodiche. - Mi conosci, angelo mio? - le sussurrò piangendo

all’orecchio la voce del babbo; ma la risposta non venne.

«D’un tratto quel visino esangue parve animarsi per l’influsso del paradiso; gli

occhi di lei si spalancarono radiosi, le braccine esangui e rattrappite si

protesero in alto in un supremo sforzo impulsivo, lo sguardo si affissò

nell’indefinito, come se compenetrasse nell’Al di là, e le labbra si agitarono

pronunciando una sola parola: - Mamma! -, con accento di sorpresa, di gioia,

di trasporto estatico; e con quel grido supremo, la bimba passava in grembo

alla madre che l’attendeva.

«Il ministro ch’ebbe ad assistere alla beatitudine di quella dipartita, esclamò:

- Se non avessi creduto all’assistenza dei nostri defunti al letto di morte, ora

non potrei più dubitarne». (Citato da Robert Pike, nel libro: Life’s

Borderland and Beyond; pag. 11-12).

CASO XI - Quest’altro episodio venne in luce in seguito alla pubblicazione di

una mia monografia sui casi qui contemplati. La signora Le Normans Des

Varannes, scrive in questi termini al direttore della Revue du Monde

Invisible, monsignor Le Monnier (luglio, 1906):

«L’articolo di Ernesto Bozzano sulle apparizioni di defunti al letto di morte,

mi ha tanto più interessato in quanto io pure fui testimone di un episodio

simile...

«Noi avevamo perduto uno dei nostri figli di tifo infettivo. Mi ero recata a

Parigi per curarlo, e tre giorni dopo ne riportavo la salma. Avevo lasciato mio

marito sofferente per una malattia di stomaco, vecchia di parecchi anni. Dopo

la morte del nostro Paolo, ogni crisi del male lo lasciava sempre più debole; ed

egli declinava rapidamente, sopportando con coraggio e rassegnazione

mirabili gli atroci dolori. Poco di poi non poté più scendere il letto, e non mi

fu più possibile di farmi illusioni sul di lui stato... Egli ricevette i Sacramenti

con perfetta conoscenza, e chiese gli fossero portati alcuni fiori di crisantemi

da lui piantati sulla tomba del figlio. Nel cuore della notte successiva, mia

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

14

figlia venne a darmi il cambio al capezzale del padre; ma verso le cinque essa

mi richiamò: l’infermo peggiorava rapidamente, e parve felice di rivedermi.

Mi assisi accanto al letto e presi la sua mano fra le mie.

« - Ora tu resterai, non è vero? - egli chiese, - e non te ne andrai fino a che... -

Egli esitò a pronunciare la parola fatale.

« - Non ti lascio più - risposi.

« - Grazie - egli mormorò.

«Dopo di che, rimanemmo tutti in silenzio.

«Presumibilmente egli aveva perduto l’uso della vista, e più non sentiva il

contatto delle mie mani, perché per assicurarsi della mia presenza, egli

mormorava d’ogni tanto: - Accarezza! Accarezza! - Io frizionavo dolcemente

quella povera mano gelida, e il suo volto riprendeva un’espressione più

tranquilla.

«Ad un tratto noi lo vedemmo stendere la mano libera, e fare il gesto di chi ne

stringe un’altra fra le sue, mormorando:

« - Sì, sì, mio Paolo.

« - Vedi dunque Paolo? - chiesi.

« - Ma sì che lo vedo - rispose, quasi stupito della mia domanda.

«Ebbimo tutti il medesimo pensiero: Paolo viene ad assisterlo e ad aiutarlo a

morire.

«Noi pensavamo certamente tutti a un altro letto di morte, presso il quale io

mi trovavo da solo diciotto mesi prima; ma non credo che ad alcuno di noi

fosse balenata in mente l’idea di un intervento tangibile del nostro caro

defunto. Non poteva dunque trattarsi di trasmissione involontaria del

pensiero.

«Il mio povero marito rinnovò parecchie volte l’atto di stringere la mano a un

essere invisibile; indi, senza spasimi, la sua anima esulò dal corpo con un lieve

sospiro, e una serenità suprema discese sul di lui volto».

CASO XII - Il dottore in medicina W. C. De Sermyn, nella sua opera:

Contribution à l’étude de certaines facultés cérébrales méconnues,

riferisce il seguente fatto, osservato personalmente nella sua lunga carriera

professionale:

«Giovanni Vitalis era un uomo robusto, tarchiato, sanguigno, ammogliato

senza figli, e dotato di una salute perfetta. Aveva circa trentanove anni

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

15

quando fu colto da febbre violenta e da dolori articolari. Io ero il suo medico,

e quando lo visitai, mi avvidi che presentava i sintomi di un reumatismo

articolare acuto...

«... Il mattino del sedicesimo giorno di malattia, fui sorpreso di trovare

Giovanni Vitalis alzato, vestito, seduto sul letto e sorridente, con le mani e i

piedi interamente liberi dal male e senza febbre. La sera precedente lo avevo

lasciato assai male, con le articolazioni delle spalle, del gomito, delle mani, dei

ginocchi, dei piedi tumefatte e doloranti, e con una febbre altissima;

dimodoché non avrei mai più immaginato di trovarlo fresco e guarito.

«Con espressione calmissima, egli mi raccontò che attribuiva la sua

guarigione improvvisa a una visione avuta nella notte. Pretendeva che gli

fosse apparso suo padre, morto da parecchi anni. Ed ecco ciò che mi raccontò:

« - Mio padre è venuto a visitarmi nella notte. Entrò dalla finestra; ristette un

momento a guardarmi da lontano, poi si avvicinò, mi toccò un po’ dovunque

per togliermi i dolori e la febbre; quindi mi annunciò ch’io morrò questa sera

alle ore nove precise. Prima di andarsene egli mi esortò a prepararmi alla

dipartita da buon cattolico. Conformemente io mandai a chiamare il mio

confessore, che ben presto sarà qui. Mi confesserò, mi comunicherò, e mi farò

amministrare la estrema unzione. Io vi ringrazio per le cure che mi avete

prodigate, e la mia morte non sarà certo dovuta a deficienze da parte vostra.

E’ mio padre che mi chiama; e verrà a prendermi questa sera, alle ore nove.

«Tutto ciò egli riferì con l’atteggiamento il più sereno immaginabile, e dal suo

volto sorridente irradiava un’espressione di vera beatitudine.

« - Voi sognaste; foste vittima di un’allucinazione - io gli dissi, - e mi stupisco

che prendiate la cosa sul serio.

« - No, no - egli rispose, - tutt’altro che un sogno: ero perfettamente sveglio.

Mio padre è venuto realmente: l’ho visto, gli ho parlato, e m’apparve come

quando era vivo.

« - Ma quella predizione di morte ad ora fissa? Voi non la prenderete sul serio

di sicuro? Tanto più che siete guarito perfettamente.

« - Mio padre non può avermi ingannato; e quindi sono certo di morire questa

sera all’ora indicata.

« - Il suo polso era pieno, calmo, regolare, e la sua temperatura normale.

Nulla indicava ch’io mi trovassi in presenza di un malato grave. Comunque,

prevenni la famiglia che negli attacchi di reumatismi cerebrali si verificavano

qualche volta dei casi di morte improvvisa, e consigliai un consulto col dottor

R.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

16

«Quando il dottore R. arrivò, e apprese di che si trattava, disse in presenza del

malato ogni sorta di facezie a proposito dell’allucinazione occorsa e della

predizione di morte; ma dinnanzi ai familiari riuniti egli annunciò che il male

aveva attaccato il cervello, e che in casi simili il pronostico è grave.

«Egli aggiunse: - La calma del malato è bizzarra ed insolita. La sua credenza

all’obbiettività della visione avuta e alla sua prossima morte è sorprendente.

Ordinariamente si ha paura della morte, ed egli invece non se ne preoccupa

affatto, ed anzi sembra felice di morire. Con tuttociò io garantisco ch’egli non

ha punto l’aria di un uomo che deve morire questa sera; e quanto al fissare

anticipatamente l’ora precisa della morte, non è che una “farsa”.

«Io tornai verso mezzogiorno a vedere il malato, a cui m’interessavo

grandemente. Lo trovai alzato, che passeggiava in lungo e in largo nella sua

camera, con passo fermo, senza dar segno di debolezza o di dolore.

« - Vi aspettavo - egli disse. - Ora che mi sono confessato e comunicato, posso

mangiare qualche cosa? Ho una fame atroce, ma non volevo prendere nulla

senza il vostro consenso.

«Siccome non aveva febbre, ed appariva in perfetta salute permisi ch’egli

mangiasse una bistecca, ed anche un contorno di patate.

«Ritornai verso le otto di sera. Volevo trovarmi vicino al malato per l’ora

fatale delle nove.

«Egli era sempre gaio, e prendeva parte alla conversazione con grande

spontaneità e perfetto raziocinio. Tutti i rappresentanti della famiglia si

trovavano con lui nella camera. Si conversava animatamente e si rideva. Vi si

trovava pure il suo confessore, dal quale seppi che aveva somministrato anche

l’estrema unzione al malato. Egli osservò in proposito: - Il malato insisteva a

tal segno, ch’io non credetti doverlo contrariare. Del resto, è un sacramento

che si può amministrare parecchie volte.

«Vi era nella camera un orologio a pendolo, e Giovanni Vitalis - ch’io non

perdevo mai di vista - vi gettava d’ogni tanto degli sguardi ansiosi.

«Quando il pendolo segnò nove ore meno un minuto, e mentre si continuava

a conversare animatamente ed a ridere, egli si alzò dal sofà e disse

tranquillamente: - L’ora è venuta.

«Baciò la moglie, i fratelli e le sorelle; quindi saltò agilmente sul letto, ne

accomodò i guanciali, e alla guisa di un attore quando saluta il pubblico, curvò

parecchie volte il capo, dicendo: - Addio! Addio! - Infine si allungò nel letto

senza affrettarsi, e non si mosse più.

«Io mi avvicinai lentamente, persuaso ch’egli simulasse la morte; ma con mio

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

17

grande stupore mi avvidi ch’egli era morto davvero, senza scosse, senza

rantolo, senza un sospiro. Era morto di una morte ch’io non vidi mai l’uguale.

Si sperò per qualche tempo che si trattasse di una sincope prolungata, o di

catalessi. Conformemente si differì a lungo il seppellimento, ma ci si dovette

alfine arrendere all’evidenza, di fronte alla rigidità cadaverica, ed ai segni

palesi dello sfacelo». (Citato da Camillo Flammarion nelle Annales des

Sciences Psychiques, 1911, pag. 257).

Questo il caso interessante, strano ed eccezionale riferito dal dottore De

Sermyn, il quale si astiene dal commentarlo, per quanto dalla tesi prolungata

nel libro che lo contiene si rilevi che le “facultés cérébrales méconnues” di cui

parla l’autore, escludano l’ipotesi allucinatoria, e corrispondano alle facoltà di

senso supernormali indagate dalla metapsichica, con implicita la possibilità

che le medesime valgano talvolta a stabilire rapporti col mondo degli

“invisibili”.

Ma già si comprende che l’urgente dovere di un dottore curante nelle

circostanze esposte, era quello di estirpare a qualunque costo dalla mente

dell’infermo l’idea pericolosa ch’egli sarebbe morto in quel medesimo giorno,

a un’ora prestabilita, persuadendolo ch’egli era stato vittima di un brutto

sogno allucinante.

Si è visto che il malato negò recisamente che potesse trattarsi di un sogno,

affermando ch’egli era ben certo di trovarsi sveglio; e siccome la

conversazione avuta col fantasma del padre ebbe una certa durata, deve

ammettersi che il malato avesse il tempo di discernere se era o non era

sveglio. Inoltre, nello svolgersi dell’evento si rileva una circostanza altamente

suggestiva nel senso dell’intervento reale sul posto di un’entità disincarnata,

ed è che il percipiente il quale era infermo da diciassette giorni, e che in quel

momento aveva tutte le articolazioni del corpo tumefatte, con febbre

altissima, si trovò guarito da un istante all’altro e senza febbre; ciò in seguito

all’imposizione delle mani dell’entità del defunto da lui visualizzata. Ora non è

certo naturale che un complesso di tumefazioni artritiche in tutte le

articolazioni del corpo, abbia da dissiparsi da un istante all’altro, insieme alla

febbre che le accompagnava. Tutto ciò, al contrario, rasenta il prodigio.

Quanto all’altra circostanza, in apparenza sensazionale, del percipiente che

venne a morire all’ora precisa in cui era stato preconizzato che dovesse

morire, non riveste valore scientifico, tenuto conto che il fatto del preciso

realizzarsi dei preannunci di morte, può ragionevolmente ascriversi ad azione

autosuggestiva; per quanto ciò non significhi che tale soluzione sia sempre la

vera, e probabilmente non era la vera nel caso in esame.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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CASO XIII - Lo tolgo dal Light (1915, pag. 502). La signora C. I. Chambers,

infermiera volontaria, narra questo fatto:

«Il seguente episodio di un fanciullo morente che vede e riconosce il padre

defunto, venne a mia notizia poche settimane or sono, mentre mi trovavo di

servizio nell’ospedale della Contea.

«Io ero comandata di servizio nelle corsie dei militari, quando sopraggiunse

l’infermiera L., la quale prestava la sua opera nella corsia degli uomini, al

piano superiore. Disponeva di una mezz’ora di libertà, e veniva a prendere

una tazza di thè con me. Parlammo di vari casi interessanti affidati alle nostre

cure; e a un dato momento chiesi:

« - Come sta il piccolo Brown?

«La mia amica scosse il capo. Tommy Brown era un fanciullo dodicenne, sul

quale era stata praticata una grave operazione nella speranza di salvarlo; ma

quel misero corpicino disfatto si era dimostrato impotente a reggere la prova.

Il fanciullo proveniva da una numerosa e poverissima famiglia, in cui la

mamma aveva trovato impossibile di risolvere il problema dell’esistenza; e

proprio nell’età in cui il fanciullo avrebbe dovuto nutrirsi per crescere, egli

raramente sapeva che cosa volesse dire non essere affamato; ed erano ben

poche le sere in cui non andava a letto digiuno. In conseguenza, la sua vitalità

erasi dimostrata troppo debole per sostenere un’operazione chirurgica; e

invece di migliorare, egli andò rapidamente peggiorando, malgrado le cure

costanti e le attenzioni pietose dei dottori e delle infermiere.

« - Non credo - riprese la mia amica - ch’egli possa arrivare a domattina... Due

anni or sono, proprio in questo giorno, il di lui padre moriva nel letto di fronte

a quello in cui ora giace il suo Tommy... - E dopo una pausa, la mia amica

aggiunse: - Povero fanciullo! Già diverse volte lo credetti morto, ma non sì

tosto pratico l’iniezione ordinata dal dottore, egli torna in vita. Quando

rinviene, prende una scossa, anela, boccheggia, spalanca gli occhi, e subito

guarda fissamente il letto di fronte. L’altra notte, mentre la mamma lo

vegliava, egli disse: - Mamma, là c’è il babbo.

«La mamma guardò nella direzione indicata dal fanciullo, ma non vide altro

che un letto vuoto e un muro bianco.

« - No, mio caro, laggiù non vi è alcuno - rispose la mamma, accarezzando il

fanciullo.

« - Ma sì che c’è. Non lo vedi vicino a quel letto? - Ed egli indicava

nuovamente il letto dov’era morto il padre suo. Ed aggiungeva: - Mamma,

perché non vai a salutarlo e a parlargli?

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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«Ma la mamma non vedeva nulla; né io, né l’altra infermiera di servizio.

Allora la mamma domandò: - Mio caro, che cosa fa il babbo?

« - Egli ti guarda. - E poco dopo: - Ora guarda me; ecco che mi fa cenno con la

mano: egli desidera ch’io me ne vada con lui.

«E così dicendo, provò debolmente ad alzarsi; ma noi lo trattenemmo,

cercando di calmarlo.

«Una volta la mamma, pensando che il fanciullo non sentisse, ci sussurrò: -

Suo babbo è morto da due anni. - Ma Tommy udì, e prontamente replicò: -

No, non può essere. Egli è laggiù accanto al letto, e mi fa cenno con la mano...

mi chiama... mi chiama... - E così dicendo perdette conoscenza... Alle cinque

del mattino seguente il povero Tommy aveva risposto alla chiamata del

babbo».

CASO XIV - Nel caso seguente si nota una circostanza interessante dal punto

di vista teorico, ed è che il morente vede fantasmi di defunti che per quanto

fossero noti ai familiari, egli non conosceva; con ciò eliminandosi l’ipotesi

dell’autosuggestione; non però quella della suggestione presumibile dei

presenti.

Tolgo il caso dal Journal of the American S. P. R. (1907, pag. 47). Non si

fa il nome del relatore, il quale è persona assai nota al prof. Hyslop.

«Questa sera (maggio 14, 1906) mi recai a visitare una signora cui era morto,

due settimane prima, il proprio bimbo di nove anni. Egli era stato operato di

appendicite due o tre anni prima, e l’atto operativo aveva provocato una

peritonite, da cui però era guarito. Ma cadde nuovamente malato, e si dovette

trasportarlo all’ospedale per una seconda operazione.

«Quando si risvegliò dal sonno degli anestetici, egli era perfettamente in

sensi, e riconobbe i parenti, il dottore e l’infermiera. Ebbe nondimeno il

presentimento di morire, e chiese alla mamma di tenergli la mano fino a che

non se ne fosse andato. Debbo aggiungere che dopo l’operazione gli furono

somministrati degli stimolanti, che probabilmente avranno resa molto attiva

la sua mentalità.

«Fatto si è che guardando in alto, egli disse: - Mamma, non vedi lassù la mia

sorellina?

« - No, caro, dove la vedi?

« - Proprio in quel punto. Essa mi guarda.

«Allora la mamma, onde, calmarlo, affermò che la vedeva.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

20

«Poco dopo il volto del fanciullo si atteggiò nuovamente a un sorriso, ed egli

osservò:

« - Ora viene a trovarmi anche Mrs. C. (una signora di cui era invaghito,

morta due anni prima). Essa mi sorride e mi chiama a sé.

«E dopo brevi istanti: - Ecco che giunge anche Roy. Io me ne vado con loro;

ma però non voglio abbandonarti mamma; e tu verrai presto a trovarmi, non

è vero? Apri la porta, e pregali di entrare. Sono fuori che attendono. - E così

dicendo, si spense.

«Dimenticavo la visione più importante: quella della notte. Mentre la mamma

tenevagli la mano, egli disse: - Mamma, vai diventando piccola... la tieni

sempre la mia mano? La nonna è qui con me, ed è molto più alta e molto più

corpulenta di te, non è vero? Anche la sua mano è molto più grande della tua.

«Non bisogna dimenticare che il fanciullo aveva ,nove anni. Vide dunque

realmente gli spiriti da lui descritti e riconosciuti? Oppure le visioni erano

conseguenza dell’iperestesia cerebrale consecutiva alle medicine

somministrate?».

(La mamma del fanciullo conferma quanto sopra; e in base a un’inchiesta

condotta al riguardo, risultò che il fanciullo non aveva mai conosciuto la

nonna, morta venti anni prima ch’egli nascesse. Roy era il nome di un

piccolo amico di lui, morto un anno prima).

Dissi in principio che in questo caso l’ipotesi dell’autosuggestione era

eliminata dal fatto che al degente eransi presentati fantasmi di defunti da lui

non conosciuti, ma che non potevasi eliminare l’altra ipotesi della suggestione

presumibile dei presenti. Tutto ciò per doverosa concessione ai metodi

d’indagine scientifica; che, del resto, appare sommamente improbabile che i

presenti abbiano rivolto il pensiero alla nonna del fanciullo, morta venti anni

prima.

CASO XV - Nei tre episodi che seguono, i morenti hanno la visione di entità

spirituali che non sono quelle dei loro defunti; circostanza abbastanza rara

nella categoria delle apparizioni qui considerate. Non è il caso di osservare

che dal punto di vista dell’ipotesi allucinatoria, il fatto rientrerebbe

nell’ordine naturale e prevedibile di simili eventi; mentre dal punto di vista

della ipotesi spiritica, sarebbero gli “spiriti-custodi” preposti a ciascuno di

noi, che in tali contingenze si manifesterebbero al letto di morte.

Tolgo questo primo esempio dal Light (1907, pag. 118). Il dottore G. J. Grote,

riferisce quanto segue:

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

21

«Avevo un degente di nome D..., già ispettore di finanza, il quale soccombette

a un enorme ingrossamento del fegato. Mio fratello era suo intimo amico, e

venne chiamato telegraficamente al suo capezzale, dove rimase fino alla

morte, avvenuta poche ore dopo. Era accorso anche un altro amico del

morente, certo signor R., egli pure agente di finanza; il quale fu stupito di

sentire il suo superiore moribondo a pregarlo a volerlo interrogare sui metodi

con cui si stazzano le botti di birra, ecc. ecc.

«Egli appagò il suo desiderio; e i l morente, dopo avere risposto, domandò se

lo aveva fatto correttamente. - In guisa correttissima - replicò Mr. R.; e allora

il morente così spiegò: - Il motivo per cui vi chiesi di rivolgermi domande, è

che desideravo farvi convinti ch’io sono in possesso di tutte le mie facoltà

mentali, e che non sono affatto allucinato. Ora io debbo confidarvi che

insieme a mia moglie ed a voi due, io scorgo nella camera altre forme

spirituali che io non conosco, ma che sono indubbiamente accorse per un

scopo. Quale sia questo scopo io non lo so, ma per vostro conforto desidero

farvi sapere che l’esistenza di un mondo spirituale non è un’ipotesi, ma un

fatto reale. - Detto ciò, egli si spense rapidamente.

«Mio fratello, e il signor D. e il signor R. erano tutti membri della Chiesa

Congregata».

CASO XVI - Lo desumo dal Light (1901, pag. 339). Il dottore N. W.

Worthen riferisce questo episodio, narrato da un ecclesiastico di Vermont

(Stati Uniti).

«Io sono un ecclesiastico, ed alcuni anni or sono fungevo da pastore nella

chiesa di una città della Nuova Inghilterra, dove rimasi in servizio parecchi

anni. Tra i membri della congregazione eravi una giovane donna sui

trent’anni, di eletta intelligenza e nobile carattere, ch’io denominerò Alice.

Era bella, geniale, ed anche amata da tutta la comunità. Fu colta da febbre

maligna, che degenerò in un ascesso lombare, a cui soccombette dopo

parecchie settimane di sofferenze.

«Nella notte precedente alla sua morte, essa mandò per me verso le due

antimeridiane. Si trovavano ad assisterla tre signore, che parvero accordare

ben poca attenzione alla mia venuta. Si sarebbe detto che fossero soggiogate

da una strana malìa che impedisse loro di parlare.

«Presi posto vicino al letto dell’inferma, e chiesi come si sentisse. - Molto

debole - essa rispose. Dopo siffatto brevissimo dialogo, si ritornò al silenzio

imbarazzante di prima. Finalmente una delle signore si rivolse a me,

sussurrandomi: - Alice ha visto un angelo. - E allora compresi che il silenzio di

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

22

quelle donne era dovuto a tema ed a rispetto, poiché sentivano di trovarsi

sulla soglia del mondo spirituale.

«Io non risposi per qualche tempo, in attesa di accertarmi se nella inferma si

notassero sintomi di vaneggiamento. Finalmente ruppi il silenzio, e chiesi: -

Alice, avete dunque avuta la visione di un messaggero spirituale? - Rispose: -

Sì, proprio vero. - Domandai: - Quando avvenne la vostra visione? - Ed essa: -

A mezzanotte. - Dove e come la vedeste? - Parve mi fossero largite nuove

facoltà visive, e mentre guardavo lontano nello spazio, vidi come una

luminosità globale che si dirigeva verso di me, nella quale ravvisai poco dopo

una forma spirituale umana, la quale penetrò nella mia camera. - Com’era

vestita? - Di bianco immacolato. - Dove stava? - Tra il letto e il pianoforte.

«A questo punto le signore assistenti s’intromisero per dirmi che durante la

visione l’inferma aveva conversato con qualcuno. Chiesi: - Che cosa vi disse lo

spirito? - Rispose: - Molte cose mi disse; e tra l’altro, che sarebbe tornato a

prendermi, trascorse ventiquattr’ore.

«Allora domandai: - Sapreste dirmi il giorno della settimana? - Ed essa: -

Venerdì. - (Erano infatti le tre antimeridiane del venerdì). Chiesi ancora: -

Sapreste dirmi il giorno del mese? - Essa lo disse, poi esclamò: - O mio

pastore, voi non dovete rivolgermi simili domande: io sono in possesso di

tutte le mie facoltà mentali, e so quel che dico.

«Intanto essa diveniva sempre più debole, e quando parve assopirsi, io me ne

tornai a casa... - Alla sera del domani, sul fare della mezzanotte, la bell’anima

di Alice esulava dal corpo per il soggiorno degli immortali, Quando ne deposi

la salma nella bara, notai che un dolce sorriso irradiava da quelle sembianze

tanto provate dal dolore. La casa era affollata di amici, molti fra i quali

pensavano di trovarsi in un ambiente reso sacro dalla presenza di un angelo, e

dalla esistenza esemplare ivi trascorsa da una donna genuinamente angelica».

CASO XVII - Mi venne comunicato privatamente dal direttore delle

Annales des Sciences Psychiques, signor Cesar De Vesme; e si riferisce

alla morte della moglie del celebre “bardo” brettone, Teodoro Botrel, morte

avvenuta il giorno 11 luglio 1916, a Port-Aven, in Brettagna. Il signor Brotel

scrive in questi termini, in data 1° novembre 1919, al signor De Vesme:

«Caro confratello,

«Lessi con grande interesse e commozione lo studio di Ernesto Bozzano..., e

in conseguenza, comprendo per qual motivo voi ora mi domandate un

esemplare del mio In Memoriam pubblicato in occasione della morte della

mia compianta consorte. Infatti è palese che in pieno possesso delle sue

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

23

facoltà mentali, la mia cara Estinta ha visto un “angelo”, ed intravvisto un

angolo della sua dimora celeste; mentre al momento della morte, ha

improvvisamente visualizzato lo spirito della madre sua.

«Non posso inviarvi che un’edizione ridotta del mio In Memoriam; ma vi

trascriverò, per uso del signor Bozzano, le testimonianze di due brave donne

brettoni - la nostra domestica e la cucitrice -, le quali, mentre io mi trovavo a

combattere al “fronte”, non abbandonarono un istante il capezzale

dell’agonizzante, morta di peritonite in cinque giorni, senza perdere mai la

propria lucidità mentale.

«Testimonianza di Giuseppina Mainguy - ... L’inferma alzò gli occhi

verso il soffitto esclamando: - Oh!, com’è bello ciò che mi attende! Dio sia

lodato, che mi permise di vedere un lembo del cielo!... Amiche mie, ecco che

giunge un angelo. E’ qui alla mia sinistra... Le vostre preghiere lo attrassero a

noi... Però... non capisco... Egli è senz’ali!

«Dopo di che, ogni volta che ci si avvicinava al paravento, posto a sinistra del

letto, essa interrompeva la conversazione per ammonirci: - Non passate da

quella parte! Non disturbate il mio angelo!

«Testimonianza di Giuseppina Allanie - Il di lei volto divenne raggiante,

e come rapita in estasi, fissando un alcunché in direzione del soffitto,

esclamò: - Vedo un lembo del cielo! Oh! Com’è bello!... Ed ecco un angelo che

viene a me! Ecco la mamma! Oh! Mamma! - Noi non osavamo interloquire,

ed eravamo commosse in vederla rapita in gioia estatica, malgrado le sue

grandi sofferenze.

«Testimonianza di Teodoro Botrel - Copio dal mio quaderno di note

queste linee: “Arrivai a Port-Aven alle dieci del martedì. L’inferma aveva

perduto l’uso della parola dalle cinque del mattino, ma conservata piena

coscienza di sé. Alle ore 14 essa improvvisamente si scosse, e con voce

chiarissima ed esultante, esclamò: - Mamma! - e nulla più. Essa aveva

profferito quest’ultima parola esalando l’ultimo respiro”».

(Firmato: Teodoro Botrel).

Il signor Botrel, a proposito dello stupore manifestato dalla moglie morente in

vedere un “angelo senza ali”, osserva giustamente in una nota:

«Queste sue parole provano in guisa efficace ch’essa non era vittima di

un’allucinazione; giacché, nella sua fede ingenua, essa si aspettava di scorgere

angeli muniti di ali. Da ciò il di lei stupore nel riscontrare come la realtà fosse

ben diversa!».

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

24

Si è già citato un episodio (caso VIII) in cui il moribondo, alla vista di

apparizioni consimili, esclama: «Come mai! Essi sono persone come noi!» Al

che il relatore fa seguire il commento: «Molto verosimilmente si sarà sentito

come saturato dalle solite immagini degli angeli alati e delle arpe angeliche;

laonde, niente di più probabile che all’ultimo istante egli esprimesse la sua

sorpresa in vedere i defunti venuti ad accoglierlo avessero apparenza di

“persone come noi”».

Citerò più oltre (caso XXXIII) un terzo episodio congenere di una fanciulla

decenne che, a sua volta, si dimostra sorpresa di scorgere “angeli senz’ali”.

Ora siffatti incidenti presentano un reale valore probativo, inquantoché è

notorio che i fantasmi allucinatori assumono forme corrispondenti alle idee

preformatesi nella mentalità dell’infermo (e non potrebbe accadere

altrimenti); dimodoché se nelle vie cerebrali di quest’ultimo si fosse radicata

l’idea degli “angeli alati” (come da bambini abbiamo tutti sentito affermare

dalla mamma, e da grandi abbiamo letto nella Bibbia, nonché visto

rappresentato cento volte nei dipinti delle chiese), in tal caso avrebbero

dovuto manifestarsi all’inferma delle forme allucinatorie di “angeli alati”. E

siccome nei casi indicati risulta che i morenti, per quanto pervasi da siffatto

preconcetto, videro fantasmi in contraddizione col preconcetto stesso, si

avrebbe a concluderne che in simili circostanze si trattasse effettivamente di

“apparizioni veridiche di fantasmi di defunti”, e non già di “allucinazioni

patologiche”.

CASO XVIII - Il caso che segue, ch’io desumo dalla Revue Spirite (1926,

pag. 288), differisce da ogni altro in quanto il protagonista non è

precisamente un infermo sul letto di morte, ma un affogato il quale ritorna

miracolosamente alla vita, e narra ciò che vide nel periodo in cui rimase privo

di sensi. Inoltre il caso acquista valore dalla circostanza che fu narrato a

Victor Hugo, il quale vi appose commenti interessanti.

Il relatore, signor Maurice Laurent, informa ch’egli è in possesso di un

opuscolo esaurito da mezzo secolo, pubblicato in data del 1868, e intitolato:

Victor Hugo en Zelande; in cui l’autore, testimone dei fatti, descrive

giornalmente le vicende del viaggio in Olanda, con tutta la famiglia, di Victor

Hugo. Il cronista premette che per quanto il grande scrittore avesse preso le

debite precauzioni onde mantenere l’incognito, la sua gloria era tale che tutti

lo riconoscevano e lo salutavano rispettosamente chiamandolo per nome,

mentre dovunque i bimbi, guidati dalle mamme, gli offrivano fiori come ad un

sovrano. Tra l’altro, il cronista racconta un incidente interessante occorso a

Victor Hugo nella cittadina di Ziericsee. Egli scrive:

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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«Due belle bimbette gli presentarono un mazzo di fiori, ed uno del paese disse

a Victor Hugo: - Queste sono le bimbe di un resuscitato. - Di un resuscitato? -

esclamò stupito Victor Hugo. Allora il personaggio che aveva interloquito

raccontò che il padre delle bimbe era vedovo, che aveva perduto un bimbo

adorato, e che gli restavano quelle due bimbe ed un bimbo. Indi aggiunse che

un giorno in cui il padre, insieme al figlio, percorreva in vettura un angusto

stradale fiancheggiato da un fossato stagnante, il cavallo prese ombra, e la

vettura si rovesciò nel fossato. Il bimbo, che aveva potuto salvarsi

aggrappandosi a un cespuglio, più non vedendo comparire il babbo, supplicò

piangendo alcuni contadini che glielo restituissero. Si estrasse la vettura, col

cavallo morto, e il padre del bimbo inanimato.

«Per lungo tempo si tentò inutilmente di rianimarlo con frizioni ed altri

processi consigliati dal caso, ma infine egli diede segno di vita, riprese

lentamente i sensi, aperse gli occhi: era salvo.

«Orbene: quest’uomo il quale era stato strappato per miracolo a una morte

orribile, appena fu in grado di parlare mormorò con accento desolato: - Ma

che cosa faceste? Mi trovavo così bene dove ero! Mia moglie e il figlio mio

erano con me... Vennero subito a darmi il benvenuto... Io li vedevo... Mi

trovavo in cielo... Inebbriato di luce radiosa... Oh! Dio mio! Che cosa faceste...

Ma, dunque, non sono più morto?

«In seguito, questo resuscitato si riconciliò con la vita; e non solo si sentì

guarito da ogni infermità corporale, ma si sentì liberato per sempre da ogni

pena morale, giacché oramai sapeva di certa scienza che un giorno si sarebbe

riunito con le creature adorate che già aveva incontrato nell’Al di là».

Victor Hugo così commenta:

«Sono due gli enigmi da risolvere in questo memorabile evento: l’enigma del

corpo e l’enigma dell’anima. Non mi curo di compenetrare il primo, né di

spiegare come possa darsi che un annegato rimanga un’ora intera in fondo a

uno stagno senza morirne.

«Ma ciò ch’io comprendo assai bene sono i lamenti di un’anima riscattata

dalla morte. Che diamine! Essa era già esulata dalla vita terrena, da

quest’ombra di vita; era sfuggita da un corpo maculato, da due labbra

illividite, da un fossato stagnante. Aveva appena iniziato l’ammaliante

ascensione, e dal fango del fondo, attraverso acque limacciose, aveva affiorato

alla superficie. Senonché si avvide di non potersi elevare perché una piuma

delle proprie ali la vincolava ancora a un orribile respiro postremo soffocato

nel fango; e tutto ciò mentre già respirava deliziosamente l’ineffabile

freschezza dell’Al di là della vita, ed erasi riunita alle adorate creature che

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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aveva perduto: una moglie ed un bimbo. E la prigioniera evasa ma non libera,

venne ad un tratto bruscamente assalita da un intempestivo fremito vitale;

sentì che il vincolo che la univa al corpo, anziché rompersi si rinsaldava, e che

in luogo di elevarsi verso la luce, ridiscendeva nella notte della vita; tutto ciò

per opera di qualcuno il quale aveva forzato violentemente l’anima a rientrare

in un cadavere. E allora quest’anima questa resuscitata in terra, proruppe in

un grido d’angoscia disperata.

«L’evento insegna questo: che l’anima può rimanere un certo tempo sospesa

al di sopra del corpo, vincolata al corpo, allo stato fluttuante; non più

prigioniera, ma non ancora libera. Tale stato fluttuante dell’anima è la

letargia, è l’agonia del corpo. Il rantolo è il segnacolo dell’anima che si prova

ad evadere dalla bocca del morente; che ricade, che rientra, che scuote

convulsamente l’organismo, fino a che non pervenga a dissipare il vincolo

fluidico che la connette al respiro postremo. Mi par di vederla: essa lotta,

sfugge dal labbro; rientra nel corpo; nuovamente si emancipa; infine perviene

ad infliggere l’ultimo gran colpo d’ala alla salma. Ed eccola che libera si eleva

e si dilegua nell’azzurro immenso. Ma qualche volta essa non perviene a

liberarsi; il morente ritorna alla vita, e l’anima desolata riprende il suo posto

nel carcere. Nei sogni qualche volta, noi abbiamo la sensazione di queste

complesse manovre di andata e ritorno della grande prigioniera. I sogni

segnano i brevi passi che all’anima è dato percorrere fuori del corpo, fino a

quando non giunga il termine del suo servaggio. Tutte le notti, l’anima nel

sonno compie un giro nel pratellino spirituale dei sogni».

CASO XIX - Lo ricavo dal Light (1920, pag. 281). Mr. Horace Leaf, il noto

scrittore spiritualista, riferisce il seguente interessante episodio, facendolo

seguire da qualche considerazione a proposito della circostanza che colui il

quale ebbe ad osservarlo e pubblicarlo, ritiene poterlo spiegare con l’ipotesi

psicologica della reviviscenza di impressioni rimaste latenti in fondo alla

subcoscienza (criptomnesia), laddove non potrebbesi razionalmente

applicare tale ipotesi al caso in esame; e ciò maggiormente qualora si voglia

debitamente considerarlo in rapporto al complesso dei casi analoghi qui

contemplati.

Questo l’episodio.

«Un idiota, morto da parecchio tempo in età di trent’anni, rimase orfano della

madre allorché non aveva ancora due anni. Le sue condizioni d’idiozia erano

congenite; dimodoché quando la sorella maggiore prese il posto della madre

defunta, egli non diede il benché menomo indizio di avere rilevato una

differenza. Per il modo di sentire e di pensare della famiglia, nessuno dei

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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componenti la medesima ebbe mai a fare allusioni alla defunta; ma ove anche

ciò non fosse, le allusioni di tal natura sarebbero passate inosservate per il

povero idiota, il quale nulla comprendeva delle conservazioni altrui. Egli

spendeva il suo tempo a tracciare geroglifici col gesso sulle lavagne della

scuola tenuta da un suo cognato, o a trotterellare zoppicando nella pista di

ricreazione della scuola, o a cantare a modo suo. Inoltre, egli si prodigava due

grandi gioie quotidiane: l’una delle quali consisteva nel recarsi, dopo

colazione, in un boschetto vicino a conversare con gli uccelli; l’altra nel fare

girare i cilindri con cui si stira la biancheria.

«Quando all’età di trent’anni egli si ammalò di tubercolosi, la di lui sorella era

morta da lungo tempo, e nessuno della famiglia sopravviveva; o, per lo meno,

nessuno della famiglia aveva avuto più rapporti con lui fino al giorno

dell’ultima infermità, la quale condusse rapidamente agli estremi il povero

idiota.

«Ed anche qualche giorno prima di morire, quando egli avrebbe dovuto

rimanere ben guardato a letto, non era possibile trattenerlo dal recarsi a

conversare quotidianamente con gli uccelli del boschetto; e nell’ultimo giorno

di sua vita, allorché giaceva in condizioni di sfinimento estremo, volle provare

ad alzarsi, e pervenne a sedere nel letto mormorando che doveva recarsi nel

boschetto per non dare un dispiacere agli uccelli. Il cognato si offerse di

andare lui al convegno, onde spiegare agli uccelli per quali motivi il loro

amico non poteva venire; e dovette fare le finte di andare.

«Dopo di che, il morente non tardò ad entrare in agonia. Giaceva con gli occhi

chiusi, oppresso da un rantolo penoso. La vita si andava rapidamente

spegnendo nell’organismo disfatto; ed ecco che improvvisamente egli apre gli

occhi, guarda in un angolo della camera, si rianima di nuova vita, appare

cosciente di sé, e con tonalità di voce altamente espressiva, giammai osservata

in quel povero idiota, esclama: - Come mai? Qui c’è mia madre? Oh! Come è

bella! - Detto ciò, la sua testa ricadde pesantemente sul guanciale: egli era

morto».

Questo l’interessante episodio. Mr. Horace Leaf osserva quanto segue:

«Il relatore, anziché vedere in questo patetico incidente una prova mirabile

dell’amore materno, il quale anche dall’oltretomba sorveglia le vicende

terrene del suo disgraziato figliuolo, e lo attende sulla soglia di un mondo

migliore, nel quale ricupererà le sue facoltà mentali: invece di vedere tutto

questo, egli considera l’episodio come un esempio “tipico di una caratteristica

speciale all’idiozia”. E prosegue informando i lettori “che si conoscono

numerosi esempi di analoghe forme d’ipermnesia al momento della morte,

in cui le impressioni rimaste registrate nei centri mnemonici, e da lungo

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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tempo dimenticate, risorgono improvvisamente sotto forma di fantasmi

obbiettivati”. Egli nondimeno ammette che non si conoscono esempi tanto

portentosi quanto quello in esame, tenuto conto del lungo periodo trascorso

dalla morte della madre alla visione del figlio; tenuto conto che in tutto quel

periodo il figlio non aveva certamente mai pensato alla madre; e soprattutto,

tenuto conto delle condizioni mentali di quest’ultimo.

«Conveniamone: tutte queste disquisizioni scientifiche sono ben povera cosa,

e non pervengono razionalmente a sostituirsi alla verità sui fatti, la quale è

questa: che la madre fu realmente presente al letto di morte del figlio, il quale

positivamente la vide».

CASO XX - Lo ricavo da La Ricerca Psichica (1938, pag. 62). L’associato

Odoardo Vighi riferisce:

«Il 29 luglio 1931 passò serenamente a miglior vita una mia amata sorella, a

75 anni di età; io ne contavo allora 65.

«Per circostanze speciali fui io solo a vegliarla al capezzale nella notte dal 28

al 29.

«La poverina, presa da continui sussulti, allorché pareva addormentarsi si

svegliava di scatto, e non poteva riposare. Ad onta però delle sue sofferenze

mostravasi nel pieno possesso delle facoltà mentali, e conversava con me con

tutta calma, benché fosse conscia che l’ultima sua ora stava per scoccare.

«Verso le due, dopo scambiate alcune parole, chiuse gli occhi e parve

assopirsi. Stava coricata sul fianco destro, ed io, seduto a lei di fronte, la

guardavo mestamente, tenendomi, per non svegliarla, immobile e silenzioso.

«Dopo un momento la vidi aprire gli occhi e fissarli nel vuoto con marcata

espressione di lieta sorpresa. Indi esclamò:

« - Papà! - (nostro padre era morto nel 1889); - Sofia! - (una nostra sorella,

morta nel 1892); - Odoardo! - (io).

«Subito correggendosi, come se qualcuno le avesse fatto notare l’errore:

« - Ah! già! è vero: Odoardo è ancora al mondo!

«Indi, con piacevolissimo sorriso: - A momenti vengo a trovarvi tutti, sapete!

«Dopo di che, tacque e richiuse gli occhi. Il solito sussulto la prese, e si svegliò

di nuovo.

«Assistita da tutti i suoi cari, nel pomeriggio del 29, dolce e serena lasciò la

terra.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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«Il caso, del quale accerto la perfetta esattezza, finisce qui. Esso è assai

semplice, e molti, immagino, considereranno quella visione una mera

impressione soggettiva della moribonda. Io però, che nel silenzio della notte

vidi coi miei occhi quella meraviglia e quel sorriso spargersi sul volto della

morente, e udii con le mie orecchie quelle esclamazioni e quelle frasi, emesse

e pronunciate con tono d’assoluta naturalezza, ebbi di colpo e nitida

l’impressione della reale presenza al letto di morte dei nostri cari defunti. Tale

impressione la conservo ancora.

«Sono in errore? Forse sì, forse no. Io tengo per il “no”, e confesso

francamente che il ricordo di quel caso, nei tristi momenti della vita mi è

sempre stato di grande conforto».

Caso semplice, ma buono, il quale è anche caratteristico della grande

maggioranza delle manifestazioni del genere. E non dimentichiamo che il

relatore ha mille volte ragione quando afferma che lui, il quale vide coi propri

occhi la meraviglia del sorriso che improvvisamente illuminò il volto della

morente, e udì con le proprie orecchie la tonalità naturalissima ed espressiva

con cui vennero profferite quelle parole e quelle esclamazioni, lui che vide e

sentì, ebbe di colpo e nitida l’impressione della reale presenza al letto di

morte dei suoi cari defunti.

Non dimentichiamo che tali dichiarazioni sono anche quelle che si ascoltano

da tutti coloro ch’ebbero ad assistere a manifestazioni simili, e in conseguenza

vanno tenute in gran conto prima di avventurare giudizi inappellabili su ciò

che non si conosce che di riflesso: i veri competenti in argomento sono coloro

che furono testimoni dei fatti; e, come già si è visto e ripetutamente si vedrà

più oltre, tra gli assertori della medesima verità si annoverano

frequentemente dottori in medicina che a loro volta videro e sentirono.

Ripeto infine che i casi semplici appartenenti alla presente categoria non

vanno considerati isolatamente, ma bensì in unione a tutte le altre categorie

di manifestazioni analoghe percepite collettivamente dai presenti, o

svoltesi combinate a prove d’intensificazione dirette e indirette, o di

conserva con altre manifestazioni convergenti verso

l’interpretazione spiritualistica del complesso dei fatti.

CASO XXI - Lo ricavo dal libro di A. Page intitolato: Thomas De Quincey:

His Life and Writing (vol. II pag. 305).

Tutti conoscono per fama il nome di Thomas De Quincey, di cui il Page ha

pubblicato la storia della sua vita avventurosa e dei suoi scritti. Egli tra l’altro,

è l’autore del celebre libro: Le confessioni di un mangiatore d’oppio.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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Miss De Quincey, la figlia di lui, descrive in questi termini un episodio occorso

al letto di morte del padre:

«A un dato momento, mia sorella tolse dal letto la pesante coperta,

sostituendola con uno scialle leggero, e domandò: - Babbo, va meglio così? -

Sì, mia cara, molto meglio. Me ne sento sollevato.

«Sul tardi, nella notte, giunse l’amico dottore Warburton Begbie, col

proposito di vegliare l’infermo il quale andava lentamente spegnendosi. Due

sole volte il morente interruppe il suo respiro affannoso per rivolgere vaghe

parole agli astanti. Già da qualche ora egli non riconosceva più nessuno,

quando improvvisamente lo sentimmo mormorare distintamente: - Oh!

Mamma mia! Cara la mamma mia! Ma, dunque, le mie convinzioni erano

radicalmente sbagliate?

«Poco dopo, quando i segni dell’approssimarsi della grande ora apparvero sul

volto del morente, lo vedemmo all’improvviso protendere in alto ambe le

braccia, esclamando con accento di enorme sorpresa: - Oh, sorella! Sorella!

Sorella! Anche tu?

«Dopo di che, il suo respiro affannoso divenne rantolo, e all’ora in cui la città

di Edimburgo si risveglia a nuova vita, lo spirito del padre mio esulò per

sempre dalla spoglia mortale».

Da notarsi nella narrazione esposta l’esclamazione del morente allorché vide

apparire a sé dinanzi il fantasma della madre sua: «Ma dunque le mie

convinzioni erano radicalmente sbagliate?» Il De Quincey non credeva alla

sopravvivenza; da ciò la sua grande sorpresa, e la corrispondente

esclamazione in trovarsi in presenza della propria madre rediviva. Niun

dubbio che tale esclamazione, dal punto di vista dell’interpretazione teorica

dei fatti, riveste un alto significato decisamente in favore della presenza reale

sul posto delle due apparizioni di defunti occorse nel caso in esame, visto che

se il morente non credeva alla sopravvivenza, allora non è più possibile

spiegare gli eventi attribuendoli agli effetti autosuggestivi “dell’attenzione

aspettante”, e tanto meno alle inesistenti “tradizionali convinzioni religiose”

del morente.

CASO XXII - Lo pubblica il Light (1938, pag. 167). Mr. W. R. Bradbrook

scrive:

«L’eccellente articolo di Mr. Abdy Collins sulle “apparizioni di defunti al letto

di morte”, in cui egli dimostra con grande efficacia come nel caso speciale non

possa trattarsi di percezioni allucinatorie da doversi attribuire agli effetti

“dell’Attenzione aspettante”, ovvero alle conseguenze di “tradizionali

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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convinzioni religiose”, m’induce a riferire un caso da me osservato, il quale

concorre a rafforzare tale punto di vista.

«Si tratta di una giovane donna sui quarant’anni, dalle forme scultorie e

bellissima nel sembiante, che il vizio del bere e i costumi depravati avevano

trasformato in una donna da trivio.

«La sua santa madre era la personificazione della pazienza, del

compatimento, dell’amore materno inestinguibile, per quanto dovesse

continuamente subire le sfuriate della propria figlia, accompagnate da un

linguaggio esecrando, e financo da violenze fisiche. L’unica protesta

dell’infelice vecchierella era un’esclamazione da lei profferita gemendo: - Oh!

La mia povera Editta! -, esclamazione che rendeva più che mai furente la figlia

indiavolata.

«La madre infelicissima finì per morirne di crepacuore senza mai profferire

una sola parola di rimprovero verso la figlia spietata.

«Ma non tardò a giungere l’ora postrema anche per la figlia. Colpita da morbo

venereo, fu trasportata d’ufficio in un ospedale d’isolamento, dove le

complicazioni del male la ridussero in condizioni disperate. Durante gli ultimi

giorni di vita, essa frequentemente inveiva imprecando in modo orribile

contro il fantasma della propria madre, ch’essa vedeva continuamente al suo

capezzale, e insisteva presso le infermiere affinché scacciassero quella

“vecchiaccia” la cui presenza non poteva tollerare. E morì imprecando alla

madre pietosa che veniva ad accoglierne lo spirito!».

Questo il caso tristissimo da me osservato, il quale è anche in favore delle

conclusioni a cui giunse Mr. Abdy Collins. Infatti questa volta non può certo

parlarsi di “attenzione aspettante”, o di “tradizionali convinzioni religiose” le

quali abbiano provocato un’allucinazione corrispondente al letto di morte.

Immagino invece che i lettori riconosceranno con me che nell’episodio

drammatico citato si ammira commossi un esempio edificante di amore

materno, in cui le virtù di sacrificio e di compatimento per la propria creatura

degenerata assurgono ad altitudini a tal segno sublimi, che né la morte per

crepacuore, né il fatto stesso della propria disincarnazione pervennero ad

arrestare lo slancio pietoso materno per la protezione e l’assistenza di colei

che per la mamma era pur sempre «la sua povera Editta!».

CASO XXIII - Lo ricavo dalla rivista francese Psychica (1935, pag. 205). Il

professore olandese L. Van Meerbeek, invia la seguente relazione alla rivista

citata:

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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«Tutti coloro che si sono trovati al capezzale di numerosi morenti, e che ne

raccolsero le ultime parole, raccontano che ben sovente gli infermi, giunti

sulla soglia dell’Al di là, danno prova di acquisire nozioni precise

sull’esistenza del mondo spirituale, del quale essi scorgono fugaci visioni,

mentre in taluni casi si direbbe che prima di abbandonare la dimora terrena,

essi compiano una rapida escursione preliminare nell’ambiente che li attende.

«A rincalzo di quanto affermo, invio la traduzione di un caso del genere, ch’io

ricavo dal libro: Una voce dall’Al di là, di cui è autore il dottore in medicina

F. A. Kraft. Egli scrive:

«Durante trent’anni di pratica professionale negli ospedali e nelle case

private, io ebbi occasione di assistere alle crisi preagoniche di centinaia

d’infermi, crisi preagoniche da me osservate con vigile attenzione fino alla

morte, a scopo di studio.

«Mi ritengo pertanto in diritto di affermare con cognizione di causa che una

quarta parte dei morenti rivelano autentiche facoltà di chiaroveggenza, facoltà

che per lo più emergono qualche ora prima della morte.

«In molti di tali casi, il volto dei morenti si rianima all’improvviso; riaprono

gli occhi, e con accento di grande sorpresa informano i presenti su ciò che si

manifesta alla loro visione spirituale.

«Io presi nota di numerosi episodi del genere, i quali si rassomigliano tutti.

Eccone qualcuno a titolo di esempio:

« - Oh! Come è bello quello che scorgo!... Ambiente splendido!... - Come mai?

Tu qui, mamma? Ed è questo l’ambiente in cui vivi?... - Come mi sento bene!

Perché non sei venuta prima ad accogliermi? Con la tua presenza, io non

soffro più... - Ma tu sei ringiovanita... Come sei bella!... - E questi sono i fiori

spirituali? Comprendo... - Dunque tu non sei morta... Quale conforto!...

«In altra circostanza, un soldato gravemente ferito al fronte nella grande

guerra, morì nel 1920 all’ospedale. Circa dieci minuti prima di esalare l’ultimo

respiro, egli, volgendo lo sguardo verso un angolo della camera, esclamò: -

Come mai? Tu qui, Enrico? Tu qui, mio buon Carlo?... Eppure siamo stati

falciati insieme alla guerra,... Ed ecco che vi rivedo più vivi che mai, e più belli

di allora... Quanto a me, sono infermo da due anni... Sì, sì, fermatevi qui con

me... tenetemi compagnia... Ecco qui la mia buona Emma che giunge anche

lei!... Emma, non andartene più... Aspettami, che non tarderò molto a venire

con voi... Tutto ciò è bello... comprensibile... chiaro!

«Questi i ragguagli frammentari e le esclamazioni dei morenti allorché

scorgono e conversano coi parenti e gli amici che li precedettero nella tomba;

ciò che trasforma subitaneamente la loro agonia in una parentesi di giubilo, la

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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quale fa sì che attendono impazienti il momento in cui si riuniranno ai loro

cari.

«Ed ora mi accingo a riferire per esteso un caso da me osservato in un

ospedale di Saint-Louis, caso che lasciò in me un’impressione incacellabile.

«Un veterano della guerra di secessione nord-americana, libero pensatore

irriducibile, destituito di qualsiasi tendenza religiosa o mistica, consapevole

della sua prossima fine, attendeva serenamente la grande ora

dell’annientamento finale. Suo fratello era morto di vecchiaia quattro mesi

prima nel letto affiancato al suo.

«Nondimeno avvenne che un mattino egli perdette la sua serenità filosofica,

dimostrandosi molto agitato, e chiedendo insistentemente di me. Allorché

verso le dieci antimeridiane io entrai nella corsia dell’ospedale, egli da lontano

mi fece cenno di avvicinarmi. Il suo volto, abitualmente sofferente, appariva

ravvivato da una gioia radiosa. Egli, che non parlava mai, era divenuto

discorsivo, ed ecco ciò che aveva da dirmi:

«Alle tre del mattino mi sono svegliato, rivolgendo attorno vagamente lo

sguardo senza scopo alcuno. D’improvviso vidi formarsi un fantasma ai piedi

del letto. Non ne rimasi affatto impressionato, ed anzi ebbi a risentirne un

senso benefico di conforto. Nel frattempo, l’apparizione andò rapidamente

concretandosi, fino quando riconobbi nel volto del fantasma mio fratello

Giacomo. Non era affatto una rappresentazione fantasmogena, bensì mi

trovavo in presenza di un essere vivente, il quale protendendosi col corpo, mi

salutò con cenni della mano; ciò che indusse in me un senso indescrivibile di

benessere. Nel tempo stesso - non so come - vidi sfilare a me dinanzi i quadri

cinematografici di tutta la mia esistenza trascorsa insieme a mio fratello, il

quale era anche l’unico amico mio. Dopo di che, egli cominciò a parlarmi, ed

io ne udivo risuonare la voce come quando era vivo. Egli disse: Caro Maxwell,

domenica prossima, alle ore undici del mattino, le tue sofferenze avranno

termine. Io, come vedi, sopravvissi alla morte del corpo; sono anzi più vivo di

prima, e tu verrai a convivere con me, in condizioni di esistenza ideali, e in

ambiente di pace e di felicità ineguagliabile in terra. Non temere di nulla, e

attendi serenamente la grande ora della liberazione. Detto ciò, l’apparizione si

dileguò, e debbo convenire che da quel momento io mi sento realmente felice

ed esultante, giacché io sono ben certo che non si trattava di un’allucinazione.

«Voi, dottore, ben sapete che da quindici giorni io non prendo più medicine, e

tanto meno stimolanti. Inoltre, voi che mi conoscete sapete altresì quale

miscredente irriducibile io sia sempre stato. Ma ora, invece, attendo con

impaziente serenità la mia ultima domenica terrena. Sono pronto per la

partenza; tanto più che la vita in questo mondo fu per me una lunga e

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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laboriosa sequela di miserie. Comunque, caro dottore, abbiate la bontà di

venire domenica a trovarmi, giacché desidero di sapermi a voi vicino al

momento della morte.

«Nel mattino della domenica io mi trovavo al capezzale dell’infermo, il quale

conservava integre le sue facoltà mentali. L’espressione del volto era serena,

anzi pareva quella di un uomo esultante nell’attesa di una buona novella. La

voce era debole, ma distinta.

«Quando le sfere dell’orologio a pendolo segnarono le undici meno un quarto,

egli sollevo la mano destra, e indicando il lato sinistro del capezzale, mormorò

con voce chiarissima, intelligibile a tutti i presenti: - Ecco qui mio fratello

Giacomo... E’ venuto a prendermi... Tutto ciò è bello...

«Scoccarono le undici, e proprio in quel preciso istante, il morente esalò

l’ultimo respiro, così com’egli aveva preannunciato cinque giorni prima».

Il caso esposto non si discosta notevolmente dagli altri che precedono, ma

non cessa per questo di apportare il contributo di qualche nota nuova,

interessante ed istruttiva, all’ulteriore comprensione del tema in esame.

Comunque, ciò che vi ha di maggiormente rilevabile nel caso stesso, è la

personalità del relatore, il quale è tra i pochi professionisti delle discipline

mediche che pervennero a liberare la propria mente dalle strettoie dei

preconcetti di scuola, riconoscendo il grande valore teorico, nel senso

filosofico, delle “apparizioni dei defunti al letto di morte”; manifestazioni che

per la grandissima maggioranza dei suoi colleghi non sono altro che

“allucinazioni patologiche” determinate dalle condizioni preagoniche. Niun

dubbio che se costoro si fossero comportati come il relatore, e avessero preso

nota sistematicamente di tutti gli episodi del genere occorsi nella loro pratica

professionale, col proposito di applicare ai medesimi i processi scientifici

dell’analisi comparata e della convergenza delle prove, avrebbero con

ciò fatto capo alle medesime conclusioni a cui giunse il relatore; vale a dire

che lungi dal trattarsi sempre di allucinazioni patologiche, ci si trova quasi

sempre in presenza di manifestazioni autentiche di defunti, con le

conseguenze teoriche che ne derivano. E si sarebbero persuasi come ciò

emerga soprattutto da certi casi in cui non solo i fantasmi visualizzati dai

defunti sono percepiti collettivamente dai presenti, ma qualche volta sono i

presenti che li percepiscono prima del morente; come pure, se ne sarebbero

persuasi in base ad altre circostanze di fatto svariate concomitanti con le

manifestazioni dei defunti, come i lettori potranno rilevare dalle altre

categorie di apparizioni analoghe che mi dispongo a riferire. Si aggiunga

infine che il complesso delle considerazioni esposte conduce a inferirne

logicamente come, in linea di massima, debbasi accordare la medesima

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

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interpretazione anche alla grande maggioranza dei casi contemplati in questa

prima categoria, e ciò tanto più nelle circostanze del caso in esame, nonché di

taluni che precedono e di altri che seguiranno, in cui si tratta di morenti

irriducibilmente convinti dell’annientamento finale, dimodoché non

avrebbero potuto autosuggestionarsi fino ad allucinarsi in senso contrario alle

proprie convinzioni.

CASO XXIV - Lo ricavo dalla Revue Spirite (1935, pag. 374), e il relatore è

un altro dottore in medicina. Egli scrive:

«Il 15 ottobre 1933, verso mezzogiorno, io mi trovavo al capezzale di un mio

cugino, di nome Eugène Hennet, dell’età di anni 68, il quale attendeva la

morte da un momento all’altro. Soffriva da un anno per un carcinoma

inoperabile all’esofago, e aveva dimostrato lungo il corso di tutta la malattia

un ammirevole stoicismo, una rassegnazione esemplare. Giammai un lamento

era uscito dalle sue labbra sempre sorridenti. Io lo ammiravo per il suo

coraggio, il quale era pari all’angelica sua bontà che lo rendeva simpatico e

caro a tutti coloro che l’avvicinavano.

«Mi parve un sacro dovere di recarmi ad assisterlo nella imminente agonia, la

quale fu mite e di breve durata. Sebbene nulla più c’era da fare dal punto di

vista professionale, io sentivo come una forza di attrazione che mi vincolava a

quell’uomo integerrimo, a quel carattere forte, a quell’anima bella. Egli era

giunto agli estremi dell’esaurimento vitale, e si spegneva lentamente,

regolarmente. Le funzioni del pensiero erano già totalmente assenti nel

moribondo, gli occhi vitrei non avevano espressione, la respirazione

rallentava progressivamente il suo ritmo: 15 pulsazioni al minuto, poi 14, 13,

12, 10. Era facile prevedere l’ora esatta in cui sarebbe avvenuta la fine. E

quando giunse il momento fatale, io ebbi ad assistere al prodigio di vedere il

morente, già rantolante per l’estremo anelito e incosciente da parecchie ore,

alzarsi di scatto nel letto, e protendere le braccia esclamando: - Papà Druon!

Fratello Léon! Voi qui! - Dopo di che, il suo corpo ricadde pesantemente sul

letto, con la bocca spalancata: era morto.

La di lui moglie, impressionatissima per quella scena, si rivolse a me

chiedendo: - Che cosa significa tutto questo? - Cara cugina - le dissi - tutto ciò

significa che il padre e il fratello di tuo marito sono venuti ad accoglierlo onde

facilitargli l’ingresso in ambiente spirituale, che è il soggiorno normale di tutti

noi. Per me che comprendo, questa è la ricompensa dovuta a chi aveva ben

meritato nella esistenza incarnata.

«Quella scena gloriosa al letto di morte, aveva fortemente impressionato me

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

36

pure, e ringraziavo Iddio di avermi fatto assistere a un evento spirituale di

tanta eloquenza dimostrativa. Quale lezione per me! Quale prova mirabile

della sopravvivenza umana! Quale conforto supremo mi aveva apportato

quello spettacolo! Nel mezzo di tante tristezze dell’esistenza terrena finita,

l’anima mia si sentiva ravvivata da una speranza infinita».

(Firmato: Dottore F. Deregnaucourt)

Così termina la sua relazione un altro dottore in medicina. La scena gloriosa

svoltasi dinanzi al suo sguardo attonito, era bastata per renderlo senz’altro

convinto di aver assistito a una prova incrollabile della sopravvivenza umana.

E non può non riconoscersi ch’egli aveva le sue buone ragioni da far valere.

Anzitutto perché – come già dissi - altro è leggere le relazioni di simili episodi,

ed altro, ben altro l’assistervi; vale a dire che chi vi assiste ed ascolta

l’accentuazione eloquente delle esclamazioni dei morenti, osservando la

mimica espressiva che ne accompagna le parole, risulta con ciò l’unico giudice

competente in argomento; poi, perché anche nel caso esposto deve osservarsi

che se l’infermo era già da qualche ora in condizioni comatose, non è più il

caso di tirare in ballo l’ipotesi allucinatoria consecutiva ad autosuggestione da

parte di un morente i cui centri corticali d’ideazione più non funzionavano da

parecchio tempo.

CASO XXV - L’episodio che segue merita di essere citato in quanto in esso si

contiene un particolare insolito nella classe dei fenomeni qui considerati,

particolare che in apparenza contraddice una regola fondamentale

caratteristica della classe stessa.

Desumo l’episodio dalla rivista Psychic News (1932, N. 24, pag. 14).

Mrs. Kathleen L. March, riferisce:

Mio marito è un anglo-cattolico e, come tale, non vuol saperne di pratiche

spiritiche, o di fenomeni supernormali in genere.

«Eppure sei anni or sono, quando io non lo conoscevo ancora, eragli occorso

un evento che avrebbe dovuto predisporlo in senso spiritico.

«Egli era caduto infermo di polmonite aggravata da complicazioni che lo

ridussero in condizioni disperate. Gli furono amministrati i Sacramenti, e i

parenti furono chiamati al suo capezzale (egli si trovava in una “Casa di

cura”).

«D’improvviso, quando più non dava segni di vita, si riscosse, e guardando a

sé da lato, scorse la madre sua - morta due anni prima -, la quale curvandosi

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

37

su di lui, disse: - Coraggio John. Sta di buon animo! - Detto ciò, disparve.

«Da quel momento le sue condizioni febbrili e la dispnea si attenuarono come

per incanto, migliorò rapidamente, riprese le forze, e dopo qualche giorno

tornò a casa guarito.

«Egli racconta a tutti la storia della sua prodigiosa visione materna, foriera

della sua guarigione, ma non vuol saperne di considerarla una manifestazione

spiritica come tante altre, e rimane più che mai contrario alle pratiche di tal

natura.

«Quanto a me, ho intrapreso delle indagini per conto mio, e sono pronta ad

accogliere qualunque logica versione dei fatti».

Questo l’episodio in merito al quale osservai che in esso si conteneva un

particolare che aveva l’apparenza di una discrepanza dalle regole

fondamentali con cui si estrinsecano i casi del genere; e la discrepanza

consiste in ciò che feci osservare nell’introduzione al presente lavoro; vale a

dire che nelle “apparizioni di defunti al letto di morte” si riscontra un

particolare a tal segno immancabile, che trasse l’esperienza popolare a

formulare una delle tante sue generalizzazioni proverbiali, in conformità della

quale ogni donna del popolo vi dirà che quando un infermo parla coi propri

morti, non vi è speranza di guarigione. Il che è a tal segno conforme a verità

da doversi riconoscere che si tratta di una regola fondamentale nei fenomeni

in esame.

Ma già si comprende che non esiste regola senza eccezioni, per quanto, in

fondo, le eccezioni confermino la regola.

E infatti, nel caso in esame noi dovremmo inferirne che se l’infermo versava

in condizioni disperate, segno ch’egli era pervenuto a uno stato avanzato di

disincarnazione incipiente, in cui il “corpo eterico” risulta già esulato dal

“corpo fisico”, per quanto rimanga ancora vincolato a quest’ultimo pel tramite

del “cordone fluidico”, così come il corpo del neonato rimane ancora vincolato

al corpo materno pel tramite del “cordone ombelicale”. Ora, se tali erano le

sue condizioni, allora nell’infermo dovevano essere entrati in funzione i sensi

spirituali, e in conseguenza, se la madre defunta era accorsa al suo capezzale,

egli doveva scorgerla; il che lungi dal contraddire, convalida il motto

proverbiale dell’esperienza popolare, visto che in tali contingenze il ritorno

alla vita risulta un caso eccezionale.

Altrettanto dicasi per il caso analogo citato in precedenza (caso XVIII) ,in cui

si trattava di un annegato miracolosamente richiamato alla vita, il quale

raccontò di essersi trovato in compagnia della moglie e del figlio defunti, in un

ambiente di luce radiosa. Vale a dire che anche in questa circostanza il “corpo

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

38

eterico” dell’annegato doveva risultare esteriorato, salvo sempre l’integrità del

“cordone fluidico” che lo vincolava al “corpo fisico”, in assenza del quale non

avrebbe più potuto tornare alla vita. E pertanto, anche questa volta, date le

condizioni di disincarnazione inoltrata in cui trovasi l’infermo, le quali

spiegano le sue facoltà di veggenza, anche il suo ritorno alla vita, lungi

dall’infirmare, conferma la regola di cui si tratta.

* * *

I casi che precedono rappresentano nella sua più semplice espressione la

fenomenologia presa in esame.

Da questi si passa ad altri in cui si contiene un elemento sensazionale di più,

costituito dal fatto che la percezione di un dato fantasma di defunto non è che

una ripetizione o rievocazione di altra identica apparizione occorsa in epoca

anteriore al medesimo percipiente, talora in un periodo assai remoto della sua

vita. Si riscontra pure qualche volta che in siffatta anteriore obbiettivazione il

fantasma apparso aveva annunciato al percipiente che gli si sarebbe

manifestato ancora una volta: e in alcuni rari casi esso aveva specificato

altresì che ciò sarebbe avvenuto nell’ora suprema della morte.

In un altro caso qui riportato, il fantasma apparso al letto di morte risulta

quello di una personalità medianica la quale, in epoca antecedente, era solita

manifestarsi al percipiente per mezzo della scrittura automatica.

Tenuto conto di circostanze siffatte, la spiegazione autosuggestiva potrebbe

ancora farsi valere presupponendo una rievocazione allucinatoria dell’evento

corrispondente occorso in tempi più o meno remoti al medesimo percipiente,

salvo sempre circostanze speciali che conferiscano ai fatti un significato

nettamente supernormale.

Le modalità con cui si estrinsecano i casi in esame si dimostrano assai

multiformi; ma gli episodi che seguono basteranno a darne un concetto

adeguato.

CASO XXVI - Lo tolgo dal libro: A Memoir of Mario, dei signori Godfrey

Pearse e Frank Hird; e riguarda la morte della celebre cantante Giulia Grisi.

«Nella primavera del 1869, Giulia Grisi ebbe una strana visione: le apparve al

capezzale il fantasma della propria bimba Bella, morta a Brighton nel 1861,

che le annunciò come ben presto si sarebbero riunite per sempre. Il tenore

Mario nulla tralasciò allo scopo di sollevare l’animo della Grisi dallo stato di

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

39

abbattimento in cui era caduta, ma ogni tentativo fu inutile: essa mostravasi

convinta della realtà della visione avuta, e in conseguenza altrettanto sicura

dell’imminente sua fine...

«La grande cantante Giulia Grisi moriva il giorno 3 novembre 1869. L’ultima

parola da lei pronunciata fu il nome della bimba defunta. Erasi

improvvisamente alzata a sedere sul letto, aveva allargato le braccia come per

ricevere una persona invisibile, aveva mormorato:

- Bella! - ed era ricaduta sui guanciali esalando l’ultimo respiro». (Opera

citata, pag. 270).

Nella narrazione esposta non è chiaramente indicato se la prima visione della

Grisi era occorsa nel sonno o se si trattava di allucinazione allo stato di veglia;

dimodoché non è possibile avventurare considerazioni circa l’ipotesi meglio

rispondente al caso; visto che soltanto nella circostanza di una malattia

accidentale si sarebbe potuto legittimamente eliminare l’ipotesi

autosuggestiva.

CASO XXVII - In questo episodio è notevole la circostanza che la visione

apparsa al letto di morte, era occorsa altre volte alla medesima persona quale

simbolo premonitorio della morte di terzi a lei vincolati affettivamente;

dimodoché nelle apparizioni stesse vi sarebbe un elemento veridico

inconciliabile con le ipotesi allucinatoria, suggestiva e telepatica.

Lo tolgo dal Journal of the American S. P. R. (1918, pag. 617). Mrs. M.

Street scrive in questi termini al professor Hyslop:

«Mia madre era solita dire che nell’imminenza della morte di qualche suo

stretto parente od amico, le appariva immancabilmente la propria madre in

atto di guardarla con insistenza.

«La prima volta che venni a cognizione di tali visioni della mamma, io avevo

dodici anni. Giaceva inferma la più intima amica di lei, e in quella sera, come

al solito, la mamma era tornata dalla casa dell’amica, e si era posta a letto a

me daccanto. Quando al mattino mi svegliai, la vidi seduta sulla sponda del

letto in attitudine di concentramento doloroso. Le chiesi che cosa avesse, ed

ella rispose: - Temo che l’amica F. sia morta. - Domandai perché lo temeva, ed

essa spiegò: - In questo momento mi apparve la mamma. - E aggiunse che la

nonna immancabilmente le appariva nell’imminenza della morte di qualche

persona a lei cara. Indi ripeté: - Quando stamane apersi gli occhi, vidi la

mamma ai piedi del letto, che mi guardava con insistenza. - Un’ora dopo

giunse mia zia dalla casa dell’inferma, annunciandone la morte occorsa per

tempo in quel mattino.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

40

«Io non ricordo distintamente altri esempi di siffatte visioni della mamma,

fino al mattino della di lei morte, avvenuta quindici anni dopo. Erasi

ammalata di polmonite, ma il dottore l’aveva trovata molto migliorata, ed io

mi sentivo tranquilla. In quella notte mi trovavo sola a vegliarla, e verso le

quattro del mattino mi avvicinai per somministrarle una medicina. Essa parve

svegliarsi da un sonno leggero, mi guardò con intensità di affetto, e disse: - Mi

apparve la mamma. - Il significato di tali parole mi balenò subito in mente.

Somministrai tremante la medicina, e corsi a svegliare il babbo affinché

andasse per il dottore. E prima che questi arrivasse, essa era passata in

condizioni comatose, e poche ore dopo si spegneva. Le parole riferite furono

le ultime che mi rivolse, e le aveva pronunciate con voce chiara e ferma. Essa

morì per debolezza di cuore, conseguenza della polmonite. Mia nonna era

morta un mese prima ch’io venissi alla luce».

CASO XXVIII - Il caso seguente, rigorosamente documentato, venne

comunicato da Alessandro Aksakof alla direzione delle Annales des

Sciences Psychiques (1894, pagg. 257-267). Data la sua lunghezza mi sarà

forza limitare le citazioni ai pochi brani indispensabili alla comprensione del

soggetto.

«Mia sorella Caterina è morta lasciando una bimba della età di anni tre, ch’io

mi assunsi di educare. Durante il periodo di età che va dagli otto ai nove anni

la piccola Giulia, la quale non ricordava quasi la mamma, cominciò

improvvisamente a parlare di lei, dicendo che ella desiderava rivederla,

poiché già l’aveva vista in sogno. Un giorno in cui noi tutti eravamo radunati

nella sala, la piccina esclamò: - Ecco la mamma che viene! - Così dicendo, si

mosse come per andarle incontro, e la udimmo rivolgere la parola a un

alcunché d’invisibile. Dopo tal giorno, le visioni della bimba si fecero assai

frequenti. Tentai dapprima di persuaderla che quelle non erano altro che pure

fantasie, e che l a mamma non poteva venire; ma allorquando la intesi parlare

di avvenimenti passati occorsi prima della sua nascita e a lei totalmente

sconosciuti, e che la udii trasmetterci, da parte della madre sua, dei consigli

profondi e molto seri, consigli che alla sua età non era certo in grado di

comprendere... fu giocoforza credere alla realtà di siffatte apparizioni... -

(Testimonianza di Mad. Dimitrief).

«L’apparizione della di lei mamma s’iniziava costantemente così: la piccina

correva incontro a qualcheduno, dal quale pareva ricevesse un bacio sulla

fronte; dopo di che Giulia andava a sedere sopra una scranna particolare del

salotto, - presso alla quale - essa asseriva, - la mamma ama sempre prendere

posto. - Indi Giulia cominciava a parlare in nome di sua madre, iniziando

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

41

sempre il discorso così: - Di’ a tua zia ecc. - Un giorno, ad esempio, ella

informò: - Mamma dice: Di’ a tua zia che io avrei potuto rendermi visibile

anche a lei, ma tale vista provocherebbe in lei una scossa nervosa tanto forte

che ne cadrebbe ammalata... I bambini invece hanno meno paura di noi; ecco

perché io ti parlo per suo mezzo. - (Testimonianza di Maria Sabourof).

«L’ultima volta ch’ella apparve a Giulia, annunciò che avrebbe cessato di

manifestarsi poiché Giulia non ne aveva più bisogno, ma che un giorno, in

una circostanza molto seria della sua vita, ella sarebbe ancora tornata...

«All’età di ventun anni Giulia andò sposa a un bravo e onesto uomo di mare -

il signor M. Debrovolsky -, che la rese felice. Dieci anni or sono, nella

circostanza del matrimonio della propria figlia, Giulia si raffreddò, e divenne,

come sua madre, vittima della tubercolosi. Ella morì a 41 anni in Crimea, dove

l’avevano condotta nella speranza di guarirla.

«Morì pienamente cosciente, come avviene alla maggior parte degli etici.

All’ultimo istante, ella si voltò improvvisamente dall’altra parte, il suo volto

assunse una espressione di stupore misto a tristezza, forse anche a timore, e,

come se s’indirizzasse a qualcuno, esclamò: - E’ egli dunque possibile? -

Furono queste le sue ultime parole, ed esse fanno presumere che in quel

momento solenne della sua vita - come aveva preannunciato il fantasma

della madre sua - quest’ultima le fosse apparsa al letto di morte. -

(Testimonianza di Natalia R.)».

Niun dubbio che nell’episodio esposto si riscontrano modalità di

estrinsecazione che suggeriscono in guisa irresistibile l’interpretazione

spiritica dei fatti; specialmente la circostanza della bimba che nelle apparenti

conversazioni con la mamma defunta, si dimostra a cognizione di eventi

occorsi prima della sua nascita, e indubbiamente ignorati da lei, mentre

la mamma defunta imparte per suo mezzo consigli pratici profondi e molto

seri alla sorella vivente, consigli che «una bimba di otto anni non era in

grado di comprendere». Senonché è deplorevole che le tre relatrici non

abbiano pensato a specificare i fatti, anziché limitarsi a un accenno troppo

generico in proposito.

Comunque giova rilevare ancora che in occasione della preannunciata ultima

apparizione alla sua bimbetta, la mamma anziché dichiararle spietatamente

che le si sarebbe manifestata ancora una volta al suo letto di morte, le

preannunciò prudentemente che lo avrebbe fatto in una circostanza

molto seria della sua vita, allusione quest’ultima che se doveva in seguito

risultar chiara per chiunque ad evento compiuto, si prestava invece ad

essere beneficamente fraintesa in multipli modi dalla percipiente, come lo fu.

Ora, dal nostro punto di vista, tale circostanza vale ad eliminare l’unica ipotesi

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

42

contraria all’interpretazione spiritualista dei fatti, vale a dire l’ipotesi di

un’allucinazione consecutiva ad autosuggestione.

CASO XXIX - Tolgo quest’altro esempio dal notissimo libro di Mrs.

D’Esperance: Shadow Land (pagg. 140-143), ed è il caso cui poc’anzi

accennai, nel quale il fantasma apparso al letto di morte del percipiente, fu

quello di una personalità medianica solita anteriormente a manifestarglisi per

mezzo della scrittura automatica. Mrs. D’Esperance scrive:

«Poco dopo il nostro gruppo d’invisibili amici si accrebbe di una piccola

bimba la quale scriveva in un cattivo inglese cosparso di vocaboli spagnuoli.

La sua ortografia era puramente fonetica, ed il modo con cui si esprimeva

caratterizzava indubbiamente una vivace quanto capricciosa bimba, dell’età

dai sette agli otto anni. Ella disse di essere morta abbruciata insieme a una

sorella maggiore, durante l’incendio di una chiesa in Santiago...

«Prese subito grande simpatia per uno dei componenti il nostro circolo,

ch’essa chiamava Giorgio, e che aveva senz’altro dichiarato amare sopra tutti.

Da quel momento parve esclusivamente dedicare le sue attenzioni all’amico

prediletto. Se Giorgio per una ragione qualsiasi, non poteva intervenire alle

sedute, la piccola Ninia non si manifestava, o se lo faceva se ne mostrava

oltremodo sconsolata...

«Oh!, la piccola amica fedele! Alcuni anni dopo, Mrs. F. ed io percorrevamo

oltre a mille miglia onde assistere agli ultimi istanti di Giorgio. Avevo finito di

scrivere sotto la di lui dettatura una lettera dolorosa, e gliel’avevo riletta. - Va

bene - egli disse - e ve ne rendo grazie. Vorrei ora provarmi a sottoscriverla. -

Ciò detto, egli si volta, guarda, ed esclama: - Oh! Come mai? Tu, Ninia? Oh,

cara, la mia piccola Ninia! Come sei buona! - Lo guardai sorpresa, trepidante;

il suo volto appariva raggiante e ravvivato da un riflesso vermiglio. - Cara, la

mia piccola Ninia - egli ripeté con trasporto d’amore - non andartene più... - e

guardava con occhi bramosi. Avvertendo che noi lo andavamo sorvegliando

inquieti, disse: - Che piccola bimba carina! Ora mi sento un po’ stanco;

procurerò di dormire. - Chiuse gli occhi e si assopì, conservando sul volto una

espressione di lieto appagamento e di riposo come mai egli aveva dimostrato.

Dubitavamo si trattasse dell’ultimo sonno; ma poco dopo si risvegliò, e prese

a guardare ansiosamente attorno; indi il suo sguardo si portò in quel punto

dov’egli aveva scorto poco prima la piccola amica: sorrise bentosto, facendo

un cenno di saluto e di soddisfazione.

«Durante le poche ore di vita che gli avanzavano, egli alluse ripetute volte alla

piccola “Ninia”. - Essa finirà per annoiarsi della lunga attesa - mormorò una

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

43

volta.

«Le sue facoltà mentali mai vacillarono un sol momento; ebbe sempre piena

conoscenza del gran passo cui si andava approssimando, e la presenza della

piccola “Ninia” sembrava ispirargli il coraggio necessario per affrontarlo.

Parlò con noi fino all’ultimo, mantenendosi sempre tranquillo e sereno, e le

ultime sue parole furono: - Cara la mia piccola Ninia! Oh, la mia piccola

amica!».

Questo l’episodio gentile e suggestivo narrato da Mrs. D’Esperance, il quale,

nondimeno, nulla presenta che possa farsi valere quale prova diretta o

indiretta in favore dell’interpretazione spiritualista dei fatti.

Ma le cose cambiano qualora ci si proponga di non considerarlo allo stato

isolato, bensì in unione al complesso dei casi probanti, in senso spiritualista,

contenuti nella presente classificazione, nonché tenendo conto che con la

medesima famosa medium si estrinsecarono altri casi d’identificazione

spiritica che segnarono una data nella storia del medianismo. Basti, per ora,

ricordare che la D’Esperance fu la medium con la quale si materializzava e si

smaterializzava in luce, fuori del gabinetto, in presenza di una trentina di

sperimentatori, la forma celestiale di “Nepenthes”, sé affermante vissuta ai

tempi eroici dell’antica Grecia, la quale per invito di uno sperimentatore,

scrisse sul di lui taccuino una celebre frase a lui rivolta, e lo fece in greco

antico, lingua ignorata da tutti i presenti.

CASO XXX - L’episodio che sto per riferire appartiene a una categoria di casi

assai rari, i quali diversificano lievemente dagli altri pel fatto che la

percezione di un dato fantasma di defunto, anziché all’istante preagonico,

accade parecchie ore, od anche un giorno prima della morte del percipiente;

ed anziché a persona gravemente inferma, occorre a chi si trova, al momento,

in apparente stato normale di salute; con questo però di rimarchevole, che

tutto ciò avviene in conseguenza e in adempimento di una promessa fatta da

quel fantasma medesimo al percipiente in occasione di una antecedente

apparizione. Date circostanze siffatte si comprende come anche per questi

episodi non sia possibile eliminare la ipotesi dell’autosuggestione presumibile

quale spiegazione del realizzarsi della morte al momento vaticinato.

Deduco il caso dai Proceedings of the S. P. R. (vol. VIII, pag. 376). Il

signor Thomas James Norris narra quanto segue:

«Sessant’anni or sono, la signora Carleton venne a morire nella Contea di

Leitrim. Essa e mia madre erano intime amiche. Qualche giorno dopo la sua

morte, ella apparve in sogno a mia madre, e le disse: - Tu non mi rivedrai più,

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

44

neppure in sogno, fatta eccezione per una sola volta, la quale si realizzerà

ventiquattr’ore prima della tua morte.

«Nel marzo del 1864, mia madre viveva a Dalkey con mia figlia e mio genero:

il dottore Lyon. La sera del 2 marzo, al momento di ritirarsi nella propria

camera, essa si mostrava di buonissimo umore, e rideva e scherzava con Mrs.

Lyon. Nella notte medesima, o piuttosto verso il mattino, il dottor Lyon intese

rumore nella di lei camera. Risvegliò subito la moglie, e mandò a vedere ciò

che occorreva. Essa trovò mia madre per metà fuori del letto, il volto

atteggiato ad espressione di grande terrore. Attese a rimetterla a letto,

rinfrancandola.

«Venuto il mattino, essa appariva pienamente rimessa: fece la consueta

colazione restando a letto, e mangiò di buon appetito. Allorché mia figlia stava

per lasciarla, essa pregò che le si apprestasse un bagno; e non appena l’ebbe

fatto, mandò per mia figlia, alla quale disse: - L’amica mia, signora Carleton, è

finalmente venuta dopo 56 anni. Essa mi disse che la mia fine è imminente, e

che morrò domani mattina all’ora in cui tu mi hai trovato stamane a metà

fuori del letto. Ho preso un bagno affinché voi non abbiate a detergere il mio

corpo.

«A partire da quel momento essa cominciò a declinare rapidamente, e si

spense il giorno 4 di marzo, all’ora preannunciata».

(Firmato: M. Thomas James Norris. Il dottore Richard Lyon

conferma quanto sopra)

CASO XXXI - Venne raccolto dal Myers, e per quanto sostanzialmente

diverso dai precedenti, presenta con l’ultimo di essi l’analogia di un

preannuncio di morte pel tramite di un’apparizione di defunto.

«... Mr. Lloyd Ellis presentava già sintomi d’infermità polmonare all’epoca

della morte del proprio padre; non già però a tal segno da far prevedere

prossima una soluzione fatale. Comunque, la sua salute cominciò a declinare

verso la fine dell’anno, e nel mese di gennaio 1870, egli si trovava in fin di

vita.

«Una notte, dopo essere giaciuto qualche tempo in uno stato apparente di

dormiveglia (era un lunedì, a quanto ricordo), egli si riscosse, e

improvvisamente chiese alla propria madre: - Dov’è andato il babbo? - Essa

piangendo rispose: - Figlio mio, tu ben sai che il babbo non è più; ch’egli è

morto da oltre un anno. - Davvero? - egli mormorò - eppure si trovava qui con

me ora fa un istante, ed è venuto per darmi appuntamento alle ore 3 di

mercoledì venturo.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

45

«E alle ore 3 del mattino del venturo mercoledì, il povero Lloyd Ellis esalava

l’ultimo respiro». (Journal of the S. P. R., vol. III, pag. 359).

CASO XXXII - Termino questa prima categoria di casi con la citazione di tre

episodi i quali, per le caratteristiche specialissime che presentano, altamente

suggestive nel senso spiritualista, appariscono meritevoli di essere considerati

a parte.

Questo primo episodio venne pubblicato dalla rivista Psychic News (1935,

N. 171, pag. 2); ed anche questa volta il relatore è un dottore in medicina. Egli

scrive:

«Molti anni or sono, io ero lo “studente anziano” delegato come assistente

nelle corsie di un grande ospedale. Una parte delle mie attribuzioni consisteva

nel prendere nota delle variazioni febbrili e delle alterne vicende per cui

passavano taluni infermi speciali; e ciò per alleviare il compito dei dottori

curanti e delle infermiere.

«Un giorno di primavera venne accolta nelle corsie una graziosa bimbetta

afflitta da un male incurabile della colonna vertebrale. Era una bimbetta

votata a lenta estinzione.

«Fortunatamente le sofferenze della piccola Winnie non erano accentuate, ma

era obbligata a giacere giorno e notte in un lettuccio speciale, in posizione

incurvata ed incomoda.

«Non passò gran tempo che la piccola inferma divenne una personcina

interessante ed amata da tutto il personale dell’ospedale, a cominciare dal

direttore per finire al più giovane degli studenti; e ciò per l’angelica sua bontà,

per la sua pazienza rassegnata, e per la gratitudine commovente da lei

dimostrata per tutti coloro che si interessavano a lei.

«Una curiosa circostanza del suo male consisteva in ciò, che malgrado il lento

ma inesorabile logorio dei tessuti del suo corpicino, il di lei faccino avvenente

rimaneva sempre rubicondo e paffutello; ed era invero un faccino grazioso,

che attraeva gli sguardi.

«A misura che passavano le settimane, la mobilità delle braccine e degli arti

inferiori era divenuta praticamente nulla, per cui si doveva imboccarla come

si fa coi bimbi di un anno. Questa circostanza di fatto è importante in vista di

quanto avvenne.

«Noi studenti eravamo un’accolta di praticoni senza nulla di spirituale nelle

nostre mansioni ospedaliere: i malati, anche se pietosamente tali, erano “casi

da studiare” e nulla più. Ma per la piccola Winnie le cose andavano ben

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

46

diversamente. Si rimaneva ammutoliti in di lei presenza, e ciò per un senso

indefinibile di rispetto quasi mistico che cagionava in noi quel visino angelico,

dall’espressione certamente più spirituale che terrena.

«Passarono altre e poi altre settimane; i pazienti andavano via, ed altri

prendevano i loro posti, ma la povera bimbetta Winnie era sempre con noi. I

suoi genitori erano persone benestanti, i quali apprezzavano grandemente le

attenzioni da noi tutti prodigate alla loro bimba, la quale non avrebbe potuto

essere così diligentemente assistita in una casa privata. Ed essi avevano

provvisto affinché fosse trasportata in una cameretta riservata a lei sola,

pagandone l’affitto.

«Un mattino, allorché stavo prendendo note intorno alle variazioni febbrili di

un nuovo arrivato, mi si avvicinò l’infermiera di Winnie, dicendomi: - Venite

a vedere la bimba, poiché mi pare sia il caso di avvertire i genitori che le cose

si mettono male.

«Entrai nella cameretta, e la trovai che con un filo di voce rispondeva alle

domande di un chirurgo dell’ospedale. Appena mi scorse sulla soglia, mi

salutò da lontano col suo sorriso angelico.

«Non eravi bisogno di essere esperti nel diagnosticare a colpo di occhio i

malati, per avvedersi che la falce della morte sovrastava a quel lettuccio di

bimba.

«Dopo brevi momenti il respiro ed il polso di lei cominciarono a rallentare

rapidamente, e per due volte giudicammo che fosse finito; ma così non era: la

piccola agonizzante dimostrava una meravigliosa resistenza nella lotta con la

morte.

«Ed è a questo punto che avvenne il miracolo.

«Winnie da parecchie settimane giaceva supina nel lettuccio, incapace di

muovere mani e piedi irrigiditi dalla paralisi, allorché la vedemmo riaprire gli

occhi, spalancadoli smisuratamente, e figgendo lo sguardo in un angolo del

soffitto.

«Noi tutti, inconsciamente, fummo tratti a guardare in quel punto che tanto

affascinava la morente, ma nulla scorgemmo.

«Ed ecco la bimbetta, con gli arti paralizzati, protendere in alto le braccine in

linea retta con le spalle, mentre le dita delle sue manine s’incurvavano, come

se avesse afferrato altre due mani venute a sollevarla dalla posizione supina in

cui giaceva. E infatti la vediamo sollevata lentamente, gradualmente, fino a

farle assumere la posizione di seduta; e allora, con lo sguardo radiante di

esultanza sempre rivolto all’angolo misterioso, essa grida con timbro vocale

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

47

letteralmente normale: - Oh! Ganma! Mia cara Ganma! Sì, sì, vengo!

«Detto ciò, lungi dall’abbandonarsi pesantemente sul lettuccio, vi ridiscende

lentamente, cautamente, così come era avvenuto nell’alzarsi a sedere. Il

fenomeno erasi svolto in guisa da produrre in noi tutti l’impressione che la

bimba fosse stata alzata e poi deposta nel letto con l’aiuto di un’entità

invisibile.

«Venimmo in seguito a sapere dai genitori che “Ganma” era la nonna della

bimbetta Winnie, ch’essa era morta da circa un anno, e che la nonna e la

nipotina si erano amate reciprocamente in terra con trasporto affettivo

commovente.

«Concludendo: appare certo, per non dire ovvio, che i muscoli paralizzati

della bimbetta morente non avrebbero potuto compiere il gesto stupefacente

a cui avevamo assistito, gesto che per noi studenti in medicina appare in

verità un miracolo».

(Firmato: dottore J. San)

Che pensarne di questo commovente episodio, di cui è relatore e testimone un

dottore in medicina? E’ vero che trattasi ancora di un caso di “apparizione di

defunti al letto di morte” il quale è percepito unicamente dal morente; ma, in

compenso, questa volta si accompagnano all’episodio altre circostanze di fatto

le quali suggeriscono palesemente l’interpretazione spiritica.

E la suggerisce soprattutto la mimica con cui si svolse l’incidente della bimba

paralizzata la quale protese in alto le braccia, comportandosi alla guisa di chi

porge le mani a un’altra persona per farsi aiutare a sollevarsi in posizione di

seduta, gesto seguito dall’altro complementare della bimba che viene

riadagiata cautamente nel lettuccio, così come se le mani medesime che

l’avevano aiutata ad alzarsi, si fossero adoperate a deporla con le dovute

precauzioni nel letto.

Qualcuno potrebbe obbiettare che due mani invisibili - quindi fluidiche - non

avrebbero potuto sollevare un corpo fisico; ma tale obbiezione non regge in

presenza di analoghi fenomeni della casistica medianica ad effetti fisici, pei

quali si assiste a mani fluidiche invisibili - ma fotografabili e fotografate - le

quali producono gesti di forza di gran lunga superiori. Così, ad esempio, con

la medianità di Eusapia Paladino, lo scrivente insieme al prof. Morselli, al

prof. Porro e al dottor Venzano, ebbe ad assistere ripetutamente al fenomeno

della medium sollevata, insieme alla sedia, da due mani invisibili, e deposta

sul tavolo delle esperienze; tutto ciò in ambiente sufficientemente rischiarato

da una lampadina rossa.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

48

Del resto, potrebbe inferirsene altresì che nel caso qui considerato, i muscoli

paralizzati della bimbetta morente fossero stati direttamente vitalizzati da una

corrente di energia supernaturale trasmessa alla bimba dal contatto con le

mani fluidiche intervenute in suo aiuto.

Da un altro punto di vista, osservo che appare inverosimile che una bimbetta

decenne abbia potuto autosuggestionarsi fino ad allucinarsi nel periodo

comatoso preagonico, in cui le funzioni del pensiero risultano già totalmente

soppresse; allucinazione che per giunta avrebbe provocato il di lei risveglio

dal coma (il che è letteralmente assurdo ed impossibile), nonché determinato

la reintegrazione vitale dei propri muscoli paralizzati (altra impossibilità

fisiologica).

E’ logico tutto ciò? E tale artificiosa interpretazione dell’evento sarebbe forse

più scientifica che non sia quella del darsi ragione in presenza d’insigni

uomini di scienza, com’è il caso dell’episodio personalmente osservato da chi

scrive? Non credo che possano darsi titubanze nella scelta da farsi tra le due

soluzioni del quesito.

CASO XXXIII - Lo desumo dal Journal of the American S. P. R. (1928,

pagg. 375-391) ed è un episodio commovente di una fanciulla inferma che nei

tre ultimi giorni di vita scorge e conversa col fratellino defunto, e con altre

entità spirituali, mentre le si presentano fugaci visioni dell’Al di là. Senonché

l’esposizione del caso occupa diciassette pagine della rivista, per cui dovrò

limitarmi a poche essenziali citazioni.

Il padre della fanciulla era il Rev. David Anderson Dryden, missionario della

chiesa Metodista; e fu la di lui moglie che raccolse quanto la figlia ebbe a

profferire negli ultimi giorni di vita. Alla morte della moglie, si pubblicarono

in opuscolo le note di lei, nell’intento di apportare conforto a qualche anima

dubitosa e dolorante.

La bimba si chiamava Daisy. Era nata in Marysville (California), il 9

settembre 1854, ed era morta a San José di California il giorno 8 ottobre 1864.

Aveva pertanto dieci anni compiuti.

Il rev. F. L. Higgings, nell’introduzione all’opuscolo in questione osserva:

«Ciò che è notevolissimo nel caso di Daisy è l’insolita durata, e in conseguenza

l’inusitata chiarezza delle sue visioni e rivelazioni. Essa ebbe tempo di

famigliarizzarsi con le meraviglie che vedeva e che sentiva.

«Ammalatasi di febbre tifoidea, ebbe il presentimento della sua fine,

malgrado i buoni pronostici dei medici.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

49

«Tre giorni prima di morire divenne chiaroveggente, e i familiari lo rilevarono

per la prima volta in seguito a una citazione della Bibbia fatta dal babbo;

citazione che provocò nell’inferma la osservazione che “sperava di tornare

qualche volta a confortarli”. Dopo di che, aveva aggiunto: - Chiederò ad Allie

se la cosa è possibile. - Allie era un di lei fratellino morto sette mesi prima di

febbre scarlattina. Dopo breve tempo, essa aveva aggiunto: - Allie dice che la

cosa è possibile, e che potrò tornare qualche volta, ma voi non saprete che

sono presente; sebbene io sarò in grado di conversare col vostro pensiero.

«Stralcio questi brani dai ricordi della mamma:

«Due giorni prima che Daisy ci lasciasse, venne il direttore della scuola a

trovarla. Essa gli parlò liberamente della sua prossima dipartita, e mandò un

estremo vale alle compagne. Prima di andarsene egli rivolse all’inferma una

frase biblica piuttosto oscura: - Mia buona Daisy - egli disse - tu sei prossima

a guardare il gran fiume tenebroso. - Quando fu partito, essa chiese al babbo

che cosa egli avesse inteso dire con l’appellativo: “il fiume tenebroso”. Il

babbo cercò di spiegare il concetto; ma essa replicò: - E’ un errore grossolano;

non vi è neanche una linea di distinzione tra questa e l’altra vita. - Ed essa

protese la manina fuori delle coperte, e con un cenno appropriato, disse: - l’Al

di là, è l’Al di qua; io so bene che è così, poiché vedo voi simultaneamente agli

spiriti. - Noi chiedemmo che ci ragguagliasse sull’Al di là; al che osservò: - Io

non posso descrivervelo, perché è troppo differente dal nostro mondo, e non

riuscirei a farmi comprendere...

«Mentre le sedevo accanato, la sua mano strinse la mia; e guardandomi negli

occhi, disse: - Cara mamma, io vorrei che tu potessi vedere Allie, che si trova a

te daccanto. - Involontariamente ,mi guardai attorno; ma Daisy così continuò:

- Egli dice che non lo puoi vedere perché i tuoi occhi spirituali sono chiusi; e

che io lo posso, perché il mio spirito è ora vincolato al corpo da un filo

debolissimo di vita. - Allora chiesi: - Egli te lo disse in questo momento? - Sì,

proprio ora. - Al che osservai: - Daisy, come fai dunque a conversare con

Allie? Io non vi sento discorrere, e tu non muovi le labbra. - Essa sorrise, e

soggiunse: - Noi conversiamo col pensiero. - Chiesi ancora: - In qual forma ti

apparisce Allie? Lo vedi vestito? - Ed essa: - Oh, no; egli non è precisamente

vestito come siamo noi. Sembra che abbia il corpo avvolto in un alcunché di

bianchissimo, che è meraviglioso. Se tu vedessi com’è fine, leggero,

risplendente quel manto! E come è candido! Eppure non si scorgono pieghe, e

non vi sono segni di cucito; indizio che non è un vestito. Comunque, egli si

attagliava così bene! - Suo padre trasse dai Salmi il versetto: - Egli è vestito di

luce. - Oh sì; proprio così! - ella rispose.

«Essa amava molto che la sorella Lulu cantasse per lei, soprattutto dal libro

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

50

degli Inni religiosi. A un dato momento in cui Lulu cantava un inno in cui si

parlava di angeli alati, Daisy esclamò: - Oh, Lulu, non è strana la cosa? Noi

pensammo sempre che gli angeli avessero le ali; ma è un errore: essi non ne

portano affatto. – Lulu osservò: - Ma bisogna che le abbiano per volare nei

cicli. - Daisy soggiunse: - Essi non volano: si trasportano. Vedi, quando penso

ad Allie, egli sente, ed è qui subito.

«Un’altra volta chiesi: - Come fai a vedere gli angeli? - Rispose: - Io non li

vedo sempre; ma quando li vedo, sembra che i muri della camera spariscano,

e la mia visione arriva a una distanza infinita, e gli spiriti che scorgo non si

potrebbero contare. Alcuni si appressano a me, e sono quelli ch’io conobbi in

vita; gli altri non li vidi mai.

«Il mattino del giorno in cui venne a morire, essa mi chiese di porgerle uno

specchio. Io esitavo, per tema che rimanesse impressionata alla vista del

proprio volto così smunto; ma suo padre osservò: - Lascia che contempli il

suo povero visino, se così le piace. - Le diedi lo specchio, ed essa guardò

lungamente la propria immagine con espressione calma, ma triste. Poi disse: -

Il mio corpo è ormai logoro; somiglia al vecchio vestito della mamma appeso

nel gabinetto. Essa non lo porta più, ed io smetterò ben presto di portare il

mio. Ma io possiedo un corpo spirituale che prenderà il suo posto. Anzi lo

indosso già; ed è con gli occhi spirituali che vedo il mondo spirituale; sebbene

il mio corpo terreno sia vincolato ancora allo spirito. Voi deporrete il mio

corpo nella tomba perché io non ne avrò più bisogno. Era fatto per la vita

terrena: essa è finita, ed è quindi naturale che venga messo da parte. Ma io

rivestirò un altro corpo assai più bello, e simile a quello di Allie. Mamma non

piangere. S’io me ne vado così presto è per il mio bene. Se fossi cresciuta negli

anni sarei forse divenuta una donna cattiva, come avviene di molte. Dio solo

sa quel che meglio conviene alla nostra ascensione spirituale... - Quindi

domandò: - Mamma, aprimi la finestra, ch’io desidero contemplare per

l’ultima volta il mio bel mondo. Prima che sorga l’alba di domani io non sarò

più. - Io compiacqui al suo desiderio, ed essa rivolgendosi al babbo, disse: -

Papà, alzami un pochino. - Allora, sostenuta dal babbo, guardò attraverso la

finestra spalancata, esclamando: - Addio, mio bel cielo! Addio, alberi miei!

Addio, fiori! Addio, roselline belle! Addio, roselline rosse! Addio, addio bel

mondo! - Quindi ristette in silenzio un istante; poi soggiunse: - Come l’amo

ancora! Eppure non desidero rimanere.

«Quella sera stessa, alle ore otto e mezzo, essa guardò l’orologio e disse: -

Sono le otto e mezzo. Quando scoccheranno le undici e mezzo, Allie verrà a

prendermi. - Essa reclinò il capo sull’omero del babbo, dicendo: - Papà,

desidero morire così. Quando l’ora sarà venuta, te ne avvertirò.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

51

«... Alle undici e un quarto, essa disse: - Papà, alzami; Allie è venuto a

prendermi. - Quando ebbe riassunta la posizione desiderata, chiese che si

cantasse. Qualcuno disse: - Andiamo a chiamare Lulu - ma Daisy osservò: -

No, non la disturbare: essa dorme. - E allora, proprio al momento in cui le

sfere dell’orologio segnavano le undici e mezzo - l’ora preannunciata per la

sua dipartita - essa protese in alto le braccia, dicendo: - Vengo, Allie! - e più

non respirò.

«Il babbo ricompose nel suo letto quel corpicino esanime, dicendo: - La cara

nostra bimba è partita; ora non soffre più. - Nella camera regnava un silenzio

solenne, ma non si piangeva. Perché piangere? Noi dovevamo invece

ringraziare il Sommo Padre per gli ammaestramenti che pel tramite di una

bimba ci aveva impartiti in quei tre giorni sacri alla gloria dei cieli. E mentre

si stava contemplando il volto della nostra morticina, si sentiva che la camera

era affollata di angeli venuti a confortarci, ed una pace dolcissima scendeva

nei nostri spiriti, come se gli angeli ci ripetessero: - Essa non è qui: è risorta».

(Il professore Hyslop entrò in rapporto epistolare con la sorella della

veggente, signora Lulu Ddyden, la quale confermò la verità scrupolosa dei

fatti esposti nel diario materno, e gli diede facoltà di ripubblicarli nella sua

rivista).

Qui mi arresto con le citazioni, dolente di non poter trascrivere la relazione

intera. In questo episodio, oltre il fatto dell’insolito prolungarsi delle visioni

supernaturali con assenza completa di delirio fino all’ultimo istante, va notato

l’altro fatto che le osservazioni della bimba veggente sul mondo spirituale

concordano mirabilmente con la dottrina spiritica, e tutto ciò pel tramite di

una bimba assolutamente ignara dell’esistenza della dottrina stessa. Chi gliele

suggeriva? Non certo i parenti per trasmissione telepatica del pensiero,

poiché ignoravano quanto la figlia le dottrine spiritiche le quali, nell’anno

1864 erano appena in germe. Come dunque faceva a concepire da sé tante

verità trascendentali diametralmente opposte a quelle apprese con la

religione dei suoi padri? Come poteva spontaneamente formulare concetti

profondi quali quelli impliciti nelle affermazioni che “l’Al di là è l’Al di qua”?

Che non esistono linee di separazione tra il soggiorno degli uomini e quello

degli spiriti? Che gli spiriti conversano tra di loro col pensiero? Che

percepiscono telepaticamente il pensiero a loro rivolto dai viventi e accorrono

istantaneamente senza limiti di distanza? Che gli spiriti non volano, ma si

trasportano? Che i defunti tornano a rivedere i loro cari, ma che la loro

presenza è per lo più ignorata, per quanto essi conversino col loro pensiero (o

la loro subcoscienza)? Che l’uomo possiede un “corpo spirituale” (o

perispirito)? Che il mondo spirituale è siffattamente diverso dal nostro da

risultare impossibile descriverlo, perché non si perverrebbe a farsi

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

52

comprendere? E quale profonda filosofia spiritualista nelle parole: «S’io me

ne vado così presto è per il mio bene... Dio solo sa quel che meglio conviene

alla nostra ascensione spirituale...». In queste semplici due frasi si contiene

l’essenza di tutti gli ammaestramenti spiritici intorno alle vicende

disparatissime delle vite individuali considerate in rapporto all’eterna

giustizia e al mistero dell’Essere.

Conveniamone francamente: In tutto questo le ipotesi allucinatoria,

autosuggestiva e telepatica non entrano affatto. Ne consegue che le visioni

della bimba Daisy non possono dilucidarsi senonché ammettendo che la

veggente formulasse le proprie osservazioni in base a dati di fatto in qualche

guisa obbiettivi, e fornisse dilucidazioni a lei suggerite da terzi, conforme a

quanto essa medesima affermava.

Al qual proposito appariscono curiosi gli sforzi di dialettica del rev. Higgings

per distinguere i fenomeni occorsi al letto di morte della bimba Daisy Dryden,

da quelli del moderno spiritismo, nell’intento di dimostrare come i primi

soltanto risultino conformi ai dettami della Sacra Bibbia, e che perciò essi soli

debbano considerarsi rivelazioni divine. Egli osserva:

«La bimba non era in alcun modo una medium spiritica, nella guisa

medesima che non lo sono Mosè o San Giovanni, i quali dettarono a loro volta

il Libro delle Rivelazioni. Giammai spirito alcuno prese possesso del suo

corpo, neppure un solo istante, o parlò per bocca sua. Bensì, per concessione

di Dio, le furono dischiusi i sensi spirituali affinché negli ultimi giorni di vita

godesse lo spettacolo del mondo spirituale, pur rimanendo vincolata al corpo

in conseguenza del fatto, rilevato dal dottore, ch’essa effettivamente impiegò

tre giorni a morire».

Non occorre rilevare che le osservazioni del rev. Higgings dimostrano soltanto

le sue troppo scarse cognizioni sulla dottrina avversata. La verità in proposito

è questa: che se si elimina l’ipotesi allucinatoria, allora le visioni della bimba

Daisy risultano schiettamente e classicamente spiritiche.

L’ingegnere Stanley De Brath, nel suo libro: Psychic Research (pag. 141),

cita il caso di Daisy Dryden, ed osserva in proposito:

«Secondo me, questa semplice e commovente narrazione è più dimostrativa e

convincente di tutte le disquisizioni dei filosofi e di tutte le dottrine dei

teologi. Io non invidio coloro che pervengono a leggere la narrazione esposta

senza commuoversi, e senza vederne il significato... Lasciamo che coloro i

quali ritengono ancora di potere affastellare sul conto delle “allucinazioni

patologiche” le percezioni genuinamente trascendentali della fanciulla

morente, lasciamo che costoro si tengano le loro cieche e desolanti opinioni,

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

53

se così preferiscono; ma sappiano che non siamo noi, ma essi che cadono

vittime di una enorme illusione...».

Così il De Brath, e ritengo che la grande maggioranza dei lettori la penserà

come lui.

CASO XXXIV - L’episodio seguente venne riprodotto dalla Revue Spirite

(1926, pag. 462) ma io lo ricavo direttamente da uno dei giornali che lo

pubblicarono. In esso, al fenomeno delle “apparizioni di defunti al letto di

morte”, si aggiunge l’altro fenomeno complementare di una “fotografia

trascendentale”, la quale venne inopinatamente a convalidare la visione

occorsa a una fanciulla morente.

L’episodio si realizzò nel luglio del 1926, nella città di Avana (Cuba), e

produsse una enorme impressione nell’isola intera. Gli stessi giornali politici

ne scrissero e ne discussero a lungo, trattandosi di un fatto occorso in una

famiglia nota a tutta la cittadinanza.

Un amico residente ad Avana mi spedì la copia del giornale El Sol, dal quale

desumo il fatto, nel quale viene riprodotto in prima pagina il “cliché”

della “fotografia” ottenuta. Questa la narrazione dell’episodio:

« Il giorno 8 luglio scorso, moriva nella nostra città una fanciulla decenne:

Marta Fernandez y Mon. Vivace, intelligente, simpatica: essa era la “ gioia del

focolare” dei coniugi Rafael Fernandez Morejon, e Panchita Mon y Morejon.

«La piccola Marta era la primogenita, e dopo di lei venivano due bimbi:

Raquel (tre anni), e Renato (otto mesi). Nulla poteva far presagire la morte

imminente di questa fanciulla esuberante di vita e di salute, immagine vivente

della felicità, e la cui precoce e smagliante intelligenza faceva stupire i maestri

e le sue compagne.

«Fatto si è che il giorno 7 luglio, ella cadde improvvisamente ammalata, e fu

colta da fortissima febbre. Nella notte sopraggiunse il delirio, e il domani essa

era morta.

«I medici avevano diagnosticato una violenta «acidosi», contro la quale lottò

con tutte le risorse della scienza il dottor Toledo coadiuvato da altri medici

chiamati in gran fretta a consulto.

«La notizia di quella morte improvvisa si diffuse in un baleno tra i parenti e i

conoscenti della famiglia, che da ogni parte accorsero desolati alla cameretta

mortuaria (via di Campostelle, N. 5).

«I genitori, annientati dal colpo tremendo, furono circondati dalle amorose

attenzioni di una folla di parenti e conoscenti sinceramente partecipanti al

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

54

loro immenso dolore. Il contributo dei fiori fu tale che in breve la cameretta

parve trasformarsi in una serra meravigliosa, e il lettuccio e la piccola bara

scomparvero sotto un ammanto fiorito.

La madre espresse il desiderio di conservare un ricordo fotografico di quella

cameretta trasformata in cappella funebre; e alle cinque della sera di quel

medesimo giorno, gli amici condussero sul posto un fotografo preso alla

ventura, il quale si accinse subito a disimpegnare il proprio còmpito. Il

domani egli tornò con le prove fotografiche, sulle quali si rilevava un

particolare stupefacente. Nel mezzo a quella festa di fiori, sul tratto scoperto

di un asse della bara, si scorgeva distintissimo il volto di un vecchio, e questo

vecchio era il padre della signora Fernandez; vale a dire il nonno della

fanciulla defunta. Egli era morto da sette anni, ed aveva molto amato in vita la

piccola Marta. A tale vista la signora Fernandez esclamo: - Allora non c’è più

dubbio! Chi si manifestò fu proprio il padre mio, giacché la mia bimba, un

momento prima di spirare disse con un senso di paura, che nella camera eravi

un vecchio il quale voleva parlarle. Indi aggiunse: - Mamma proteggimi: il

vecchio vuol condurmi con sé; ma io non voglio andarmene... Guardalo!

Guardalo! Ora se ne va!

«La signora Fernandez aveva attribuito al delirio quelle affermazioni della

fanciulla; ma ora che la presenza sul posto del padre suo veniva rivelata dalla

lastra fotografica, essa doveva per forza mutare opinione, e convenire che la

verità era ben diversa. Si riscontrò che il volto apparso in mezzo ai fiori, era in

ogni suo tratto identico a una fotografia del defunto inquadrata e appesa al

muro in una camera adiacente, dove il fotografo non era entrato.

«La signora Fernandez è una cattolica molto osservante; nulla sapeva di

spiritismo, e in conseguenza non riusciva a rendersi conto del fenomeno

impressionante; come non riusciva a darsene ragione il di lei consorte.

«Ora, nondimeno, un buon numero di spiritisti accorsero a studiare la

fotografia portentosa, e naturalmente convennero tutti sul fatto che ci si

trovava in presenza di un fenomeno tra i più noti della casistica medianica, il

quale consisterebbe, nientemeno, che nell’intervento reale sul posto dello

spirito del defunto rimasto impresso sulla lastra fotografica; il quale, con la

propria effige, avrebbe inteso fornire una prova indiscutibile della sua

presenza reale al letto di morte della nipotina».

Questo il caso occorso nella città di Avana. Non è chi non vegga l’importanza

teorica specialissima ed immensa del caso stesso. Mentre scrivo, tengo

dinanzi spiegato il numero del giornale El Sol, con la fototipia ingrandita

della camera funebre, in cui si scorge la bara coperta di fiori, e il volto

distintissimo del vecchio nonno rimasto impresso nel legno della bara.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

55

Aggiungo che l’amico il quale mi spediva il giornale, m’informava che egli

conosceva personalmente i membri della famiglia Fernandez, che aveva

conosciuto il nonno della defunta, che si trovava presente allorché fu presa la

fotografia della cameretta, e che la relazione del fatto pubblicata dal giornale

El Sol era scrupolosamente conforme a verità. Niun dubbio pertanto sulla

genuinità dei fatti, i quali sono anche noti a tutta la cittadinanza di Avana; e

così essendo, non pare logicamente possibile spiegarli senza far capo

all’ipotesi spiritica.

Nel corso della presente classificazione mi occorrerà di riferire episodi in cui

le apparizioni dei defunti furono viste collettivamente dall’infermo e dai

parenti, ovvero furono viste solamente dai presenti, col morente in condizioni

comatose; e qualche volta furono viste prima dai presenti, e poi dal

morente; tutte circostanze teoricamente importantissime in quanto valgono

ad escludere l’ipotesi allucinatoria, dimostrando l’obbiettività indiscutibile

delle apparizioni di tal natura, almeno in linea di massima. Ma ecco che nel

caso qui considerato, alle prove già sufficienti del genere esposto, viene ad

aggiungersene un’altra addirittura risolutiva; ed è la prova fotografica della

presenza reale sul posto di una entità del defunto che qualche ora prima fu

percepita da una fanciulla morente. E siccome nelle circostanze in cui si

ottenne l’effige in discorso, non è possibile interpretare l’evento con l’ipotesi

della «fotografia del pensiero», e ciò per la buona ragione che tale

interpretazione potrebbe farsi valere solo a condizione che l’effige fotografica

fosse quella della fanciulla defunta (nel qual caso potrebbe presumersi che

tra i presenti vi fosse chi pensasse intensamente a lei; laddove così come

stanno le cose, sarebbe assurdo il pretendere che tra i presenti vi fosse chi

pensasse intensamente al nonno della fanciulla), ne deriva che il caso assume

valore di prova risolutiva in favore dell’interpretazione spiritica dei fenomeni

in genere delle “apparizioni di defunti al letto di morte”.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

56

CATEGORIA II

Casi in cui le apparizioni dei defunti sono ancora percepite

unicamente dall’infermo; ma si riferiscono a persone di cui egli

ignorava la morte.

I casi appartenenti alla presente categoria possono suddividersi in due

gruppi: quelli in cui gli assistenti erano informati circa l’avvenuta morte della

persona apparsa all’infermo ignaro del fatto, e quelli in cui né il percipiente,

né gli assistenti erano a cognizione dell’evento di morte.

In entrambe le circostanze - a tutto rigore - si perverrebbe ancora a darne

ragione con l’ipotesi allucinatoria combinata a quella telepatica: nel primo

caso presupponendo un fenomeno di trasmissione subcosciente da parte degli

assistenti; nel secondo, facendo capo alla ipotesi della “telepatia ritardata”.

Non aggiungo altro, riservandomi a spiegare nei commenti ai singoli casi per

quali motivi le ipotesi in discorso non pervengono a dare ragione del

complesso dei fatti.

Comincio con quattro casi riguardanti il primo dei gruppi indicati.

* * *

CASO XXXV - Il dottore E. H. Plumtre (ecclesiastico Primate di Well),

scrive in questi termini alla rivista The Spectator, del 26 agosto, 1882:

«Nell’aprile del 1854, la madre di uno dei maggiori pensatori e teologi dei

nostri tempi, giaceva sul letto di morte, ed era rimasta per vari giorni in

condizioni di quasi totale inconsapevolezza. Ma pochi istanti prima di morire

le sue labbra si agitarono, e pervenne a mormorare distintamente: - Eccoli qui

che giungono, e vengono a prendermi. Vi è William, vi è Elisabetta, vi è Emma

ed Anna. - Quindi, dopo una pausa: - Ecco giungere anche Priscilla!

«William era un di lei figlio, morto nella prima infanzia, e il cui nome non era

da molti anni occorso sul labbro della madre. Priscilla era morta due giorni

prima; ma la notizia del triste evento, per quanto conosciuta dalla famiglia,

era ignorata dall’inferma».

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

57

CASO XXXVI - Venne raccolto dal Rev. C. J. Taylor, membro della Society

for P. R. di Londra.

«Novembre 2, 1885. Nei giorni due e tre del novembre 1879, ebbi la sventura

di perdere i miei due primi figli: David Edwards e Harry. Un’epidemia di

febbre scarlattina me li tolse. Il primo contava tre anni, l’altro quattro.

«Harry morì ad Abbot’s Langley il giorno 2 novembre, a quattordici miglia di

distanza del mio vicariato di Apsley. David morì il giorno successivo nel

vicariato medesimo... Circa un’ora prima che lo cogliesse la morte,

quest’ultimo erasi rizzato a sedere sul letto, e additando un alcunché

d’invisibile ai piedi del letto stesso, aveva esclamato: - Ecco qui il fratellino

Harry che mi chiama. - Mi fu detto in seguito che il bimbo aveva aggiunto: -

Egli porta in capo una corona - ma su ciò io nulla posso asserire. Convengo

però che mi trovavo siffattamente prostrato per l’ambascia e le lunghe vigilie,

da potersi presumere che mi siano sfuggite quelle parole. Mi porto invece

garante circa l’esattezza della prima frase, che l’infermiera ebbe a udire con

me».

(Firmato: Rev. X. Z., vicario di Apsley)

In seguito ad analoga richiesta, il Rev. Taylor così scrisse al Podmore: «Il Rev.

Z. mi assicura che le più rigorose precauzioni erano state prese affinché il

piccolo David non venisse a conoscere la morte del fratellino Harry;

dimodoché il Rev. Z. è certo che David era ignaro del fatto. Trovandosi egli

presente al letto di morte, poté udire chiaramente quanto disse il bimbo, il

quale non era affatto in preda a delirio». (Rev. Charles Taylor, in

Proceedings of the S. P. R.; vol. V°, pagina 459).

CASO XXXVII - Quest’altro caso fu comunicato alla «Society F. P. R.» dal

Rev. J. A. Macdonald, il quale l’ebbe in prima mano da Miss Ogle, sorella del

percipiente.

«Manchester, novembre, 9, 1884. - Mio fratello John Alkin Ogle, morì a

Leeds il giorno 17 luglio 1879. Circa un’ora prima di morire, egli ebbe la

visione del proprio fratello, morto 16 anni prima, e, apparentemente

guardandolo con espressione d’intensa meraviglia, aveva esclamato: - Joe!

Joe! - Subito dopo, dando segni di raddoppiato stupore, aveva ancora

esclamato: - Tu, Giorgio Hanley! - A tali parole, mia madre la quale era

arrivata da Melbourne, città lontana quaranta miglia da Leeds, e residenza del

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

58

nominato Giorgio Hanley, rimase profondamente meravigliata: - Come è

strano - ella disse - che egli veda Giorgio, il quale è morto dieci giorni or sono!

- Quindi rivolgendosi a mia cognata, domando se l’infermo ne fosse stato

informato; al che essa rispose negativamente. Risultò che mia madre era la

sola persona la quale fosse a cognizione del fatto.

«Io mi trovavo con gli altri al letto di morte di mio fratello, e fui testimone di

quanto espongo».

(Firmata: Harriett H. Ogle).

In seguito a richiesta, Miss Ogle così scrisse ulteriormente alla «Society F. P.

R.»: « Mio fratello John Alkin Ogle non era né delirante, né inconscio allorché

profferì le parole di cui scrissi. Giorgio Hanley era per lui una semplice

conoscenza, non già un amico intimo. Mai fu fatta menzione in sua presenza

della morte di Hanley». (Proceedings of the S. P. R.; vol. V, pag. 460).

CASO XXXVIII - Il Rev. Minot Savage, nel libro: Can Telepathy

Explain? (pagg. 42-43), riferisce il seguente episodio:

«In una città posta nelle adiacenze di Boston, si trovava morente una fanciulla

sui nove anni. Aveva finito d’intrattenersi coi propri genitori, ai quali aveva

specificato qual fra gli oggetti che le appartenevano desiderava assegnare in

ricordo all’una o all’altra delle sue piccole amiche.

«Tra queste eravi una graziosa fanciulla per nome Jenny, a lei coetanea; e ad

essa pure la piccola moribonda aveva assegnato alcuni giocattoli a titolo di

ricordo.

«Poco dopo, allorché l’ora dell’agonia si avvicinava, prese a dire che scorgeva

a sé vicino volti di persone amiche, che andava denominando. Annunciò

quindi di scorgere tra gli altri anche il proprio nonno e la nonna; dopo di che,

manifestando viva sorpresa, si rivolse al proprio padre dicendo: - Perché,

babbo, non mi dicesti che Jenny era morta? Eccola qui, la mia Jenny. Essa è

venuta con gli altri a ricevermi.

«Ora è da osservarsi come la bimba morente fosse completamente ignara di

quanto concerneva la piccola amica, inquantoché i genitori di lei avevano

scrupolosamente evitato di parlarne in sua presenza onde non provocare in lei

emozioni funeste. Fatto si è che la piccola Jenny era effettivamente morta in

quel frattempo».

Il Rev. Savage così commenta:

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

59

«Questo l’accaduto; ora a me sembra che in ciò si contenga un elemento di

non comune e probante natura in senso spiritualista. Se, difatti, eravi motivi

plausibili perché la bimba immaginasse vedere il proprio nonno e la nonna,

non eranvi invece motivi di sorta perché avesse a immaginare di scorgere

anche la piccola Jenny. Si aggiunga che la circostanza di avere essa assegnato

anche a lei dei ricordi, nonché il fatto della sorpresa provata e della

conseguente esclamazione proferita, testificano come in ciò si contenga un

alcunché da non prestarsi facilmente ad essere delucidato mediante le

consuete ipotesi a fondo telepatico».

* * *

Passo ad esporre altri cinque casi riguardanti il secondo dei gruppi indicati:

quello in cui gli assistenti ignorano, insieme all’infermo, che la persona

apparsa a quest’ultimo sia morta.

Rari, assai rari appariscono i casi del genere; che se - come osserva Mrs.

Sidgwick - «fosse dato raccoglierne in numero adeguato, con ciò si sarebbe

percorso un bel tratto verso la dimostrazione scientifica dell’esistenza

obbiettiva delle apparizioni dei defunti». (Proceeding of the S. P. R., vol.

III, pag. 93).

E siccome l’estrema rarità dei casi in tal natura dipende esclusivamente dalla

pratica difficoltà del combinarsi di una simile triplice coincidenza nelle

speciali manifestazioni in esame, ne deriva che tale sorta di casi sono destinati

a rimanere per sempre estremamente rari, e solo in un lungo volgere di tempo

e di ricerche si potrà pervenire a raccoglierne un numero adeguato.

Dal punto di vista del loro valore teorico in senso spiritualista, niun dubbio

che Mrs. Sidgwick ha ragione: Essi risultano validissimi per la dimostrazione

dell’obbiettività delle apparizioni dei defunti. Con tuttociò, l’indagatore il

quale si proponga di procedere con metodo rigorosamente scientifico, sarà

tenuto, anche in circostanze simili, a procedere con prudente circospezione,

tenendosi lontano da qualsiasi apprezzamento di ordine sentimentale o

mistico; e ciò in quanto non è detto che non possano rinvenirsi ipotesi meno

trascendentali con le quali spiegare i n qualche modo i fatti. Tale risulterebbe

ancora una rara modalità con cui si estrinseca qualche volta la telepatia, pur

ammettendo che in circostanze simili venga raggiunto il limite estremo in cui

l’ipotesi stessa cessa dall’avere fondamento nell’esperienza, per divenire

esclusivamente induttiva, o meglio: gratuita.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

60

CASO XXXIX - Questo primo esempio presenta un limitato valore

scientifico inquantoché la circostanza essenziale richiesta per questo gruppo

di casi, quella che gli assistenti ignorino la morte della persona apparsa al

degente, risulta soltanto presumibile, per quanto con serio fondamento; ciò in

conseguenza del fatto che l’inchiesta promossa al riguardo rimase incompleta

per il rifiuto della madre del bimbo defunto a riferire in proposito, e ciò in

causa di prevenzioni religiose.

Tolgo il caso dal Journal of the American S. P. R. (1918, pag. 590), e il

prof. Hyslop lo fa precedere dalle seguenti considerazioni:

«Il caso che segue risulterebbe molto importante, inquantoché il bimbo

percipiente non sapeva che la sua maestra fosse morta; ma disgraziatamente

la madre di lui si oppone irrazionalmente a riferire i fatti. Le condizioni di

spirito delle persone religiose intorno a questo tema è incomprensibile,

ammenoché non si concluda ch’esse contemplino il problema della

sopravvivenza da un punto di vista puramente egoistico. I loro propositi

irriducibili di non aiutare gli altri ad entrare nel loro ordine d’idee, tendono a

confermare il giudizio degli scettici, che da una parte la credenza non sia

convalidata da prove, e che dall’altra, i credenti dimostrino soltanto un

egoistico interessamento per la vita futura. E troppo spesso tali osservazioni

sono vere. Nelle presenti circostanze noi abbiamo la conferma dei fatti da

parte di un altro testimone, e sebbene non risulti esauriente come si

richiederebbe (perché il teste non apprezzò abbastanza il valore dei

particolari), il rifiuto della madre di apportare la sua testimonianza, si risolve

in un’ottima conferma negativa sulla verità dei fatti. E’ chiaro, cioè, che se i

fatti non corrispondessero a verità, essa li avrebbe recisamente negati».

Stralcio questi brani dalle lettere in cui si riferisce il caso. Il dottore H. L.

Coleman scrive al prof. Hyslop:

«Vorrei parlarvi di una circostanza strana occorsa in una famiglia di miei

cugini abitanti a Greely nel Colorado. Essi ebbero la sventura di perdere un

bimbo, e questi, poco prima di morire, disse alla mamma che vedeva nella

camera la sua maestra di scuola. Essi mi assicurano che il bimbo era in pieno

possesso delle sue facoltà mentali. La parte strana del caso consiste nel fatto

che la maestra era morta improvvisamente circa un’ora prima. Nessuno

poteva prevederne la morte, e il bimbo non ne sapeva assolutamente nulla:

come, a quel che sembra, non ne sapevano nulla i parenti.

«Credete voi, egregio professore, che se riuscissi a ottenere le debite conferme

del fatto, esso potrebbe assumere valore scientifico?...».

Purtroppo, egli non pervenne ad ottenere le conferme desiderate, e poté

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

61

soltanto esibire la testimonianza di un’altra sua cugina, la quale aveva

conversato sullo evento con la mamma del bimbo defunto. Essa riferisce:

«Il bimbo aveva otto anni; appariva esuberante di vita, ed era il favorito della

maestra, la quale erasi recata a visitarlo il giorno che precedette la di lei

morte. Il bimbo ignorava assolutamente che la maestra fosse morta, e la vide

poco dopo l’evento, vestita del costume indossato nella bara. Egli parlava

come in soliloquio...».

Nel caso esposto l’intervallo di un’ora tra la morte della persona lontana e la

di lei apparizione al bimbo morente, ignaro del fatto insieme a tutti i presenti,

risulta un intervallo assai breve dal punto di vista teorico qui considerato.

Comunque, giova tener conto della circostanza che se il bimbo «si mantenne

sempre in pieno possesso delle facoltà mentali», allora anche l’intervallo di

un’ora dalla morte alla visione occorsa, basta per escludere l’ipotesi della

“telepatia ritardata”, mentre l’altro fatto del bimbo che vide l’apparizione

vestita nel costume indossato nella bara dimostra ulteriormente che non

poteva trattarsi di “telepatia tra viventi”.

Insomma, malgrado che la madre del bimbo veggente siasi rifiutata a

convalidare i fatti in servizio della scienza, e malgrado che risulti giustificata

l’osservazione del prof. Hyslop nei riguardi dell’unico teste «il quale non

apprezzò abbastanza il valore dei particolari», contuttociò il caso in esame

può ritenersi sufficientemente chiarito per autorizzare a concludere nel senso

“dell’esistenza obbiettiva dell’apparizione occorsa”.

CASO XL - Lo ricavo dal volumetto di Sir William Barrett: Deathbed

Visions (pag. 25).

«Miss Frances Power Cobb, autrice del noto libro spiritualista: Peak in

Darien, riferisce un incidente di carattere impressionante occorso in una

famiglia di sua conoscenza, i cui membri erano vincolati tra di loro da

sentimenti affettivi eccezionali.

«Allorché la vecchia madre giaceva sul letto di morte, si vide il di lei volto

ravvivarsi con espressione di lieta sorpresa, e subito dopo essa spiegò

ch’erano venuti ad accoglierla, l’uno dopo l’altro, i suoi tre fratelli da lungo

tempo defunti.

«Quindi, dopo una pausa, aveva aggiunto che il suo quarto fratello era a sua

volta intervenuto al convegno familiare.

«Quest’ultima informazione parve immaginaria a tutti i presenti i quali erano

consapevoli che il quarto fratello di lei, residente in India, era tuttora vivente.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

62

«Nondimeno la circostanza della morente che aveva accoppiato il nome del

fratello vivente con quelli dei tre fratelli defunti, aveva cagionato tale

apprensione penosa in uno dei presenti, ch’egli dovette abbandonare la

camera.

«A suo tempo, giunsero lettere dalle Indie in cui si partecipava ai parenti la

morte dell’ultimo fratello della degente, morte avvenuta qualche tempo prima

che la sorella lo scorgesse tra i convenuti al suo letto di morte»

Questo l’episodio narrato da Miss Cobb. Frank Podmore, l’irriducibile

avversario dell’interpretazione spiritualistica dei fenomeni psichici, aveva

alluso al caso in esame nei Proceedings of the S. P. R., osservando che

secondo lui doveva spiegarsi con l’ipotesi della “telepatia ritardata”, a norma

della quale la percipiente avrebbe ricevuto in precedenza, vale a dire al

momento della morte del fratello lontano, il preannuncio telepatico della di

lui morte, preannuncio rimasto latente nella di lei subcoscienza, per indi

emergere in forma allucinatoria durante la crisi preagonica.

In tale sua interpretazione dell’episodio, il Podmore aveva buon gioco, e ciò in

causa dell’insufficienza dei ragguagli forniti in proposito dalla relatrice, la

quale dice soltanto che la morte dell’ultimo fratello della veggente era

avvenuta «qualche tempo prima», frase elastica che per il critico in discorso

doveva significare «qualche ora prima», o, tutto al più, ventiquattr’ore prima;

ciò che rendeva legittima l’interpretazione telepatica dell’episodio in esame,

poiché è notorio che si conoscono casi telepatici (o ritenuti tali) in cui la

morte dell’agente venne percepita nel sonno con l’intervallo di qualche ora;

per cui, in simili contingenze, parve legittimo il presumere che l’impulso

telepatico avesse bensì raggiunto il percipiente al momento della morte

dell’agente, ma senza divenire cosciente in causa dell’essere quest’ultimo

assorbito in altre cure, per indi emergere durante il sonno sotto forma onirica.

CASO XLI - Lo ricavo dalla rivista Psychica (1921, pag. 57).

R. Warcollier, il noto metapsichista francese specializzatosi in laboriose

esperienze di telepatia sperimentale, riferisce il seguente episodio occorso

nella propria famiglia:

«Mio zio Paul Durocq, nell’agosto del 1893 lasciò Parigi con tutta la famiglia

per intraprendere un lungo viaggio di piacere in America.

«Naturalmente fu assai difficile ai parenti ed agli amici di mantenersi in

corrispondenza con lui in causa delle continue sue trasmigrazioni da uno

Stato all’altro dell’Unione Nord-americana, e poi nella repubblica del

Venezuela, dove fu colpito dalla febbre gialla, della quale morì il giorno 24

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

63

giugno 1894.

«In causa della sua morte, tutta la famiglia fece ritorno a Parigi, e noi

venimmo informati intorno a un episodio impressionante occorso al suo letto

di morte.

«Disgraziatamente in quel tempo io avevo 13 anni, ma siccome in seguito

intesi ripetutamente la nonna, le zie, e i figli delle zie a raccontare il medesimo

evento, è naturale che mi rimanesse indelebilmente impresso nella memoria;

senza contare che anche oggidì lo ricorda con me la madre mia.

«Al momento della morte, mio zio Paul Durocq, circondato da tutti i suoi,

ebbe un delirio prolungato durante il quale nomino, l’uno dopo l’altro, tre

amici suoi di Parigi ch’egli diceva scorgere a sé dinnanzi. Li aveva

successivamente accolti con le seguenti esclamazioni: - Come mai, tu qui?... E

tu pure sei qui?... Sei venuto anche tu?...

«Sebbene i presenti rimanessero impressionati da quella scena, nessuno

aveva attribuito importanza dimostrativa alla medesima; importanza che

invece divenne grande allorché la famiglia fu di ritorno a Parigi, poiché si

riscontrò che a casa sua erano pervenute le partecipazioni di morte degli

amici nominati da mio zio durante l’agonia, partecipazioni in base alle quali

risultò come fossero tutti morti qualche tempo prima di lui!». (Seguono le

attestazioni dei cugini Germain Durocq e Maurice Durocq).

Il caso esposto rivestirebbe valore teorico non lieve in senso spiritualista, e ciò

per la circostanza che se si trattava di tre amici defunti, allora non sarebbe più

verosimile il far capo all’ipotesi della “telepatia ritardata”; ciò anzitutto perché

non potrebbe certamente presumersi che tutti fossero morti ventiquattr’ore

prima, poi perché se un caso di telepatia ritardata appare ancora teoricamente

presumibile nei casi della natura in esame, non sarebbe più così qualora si

dovesse ammetterne parecchi occorsi cumulativamente al medesimo letto di

morte.

Disgraziatamente, però, il caso in esame è riferito troppo sommariamente,

mentre le attestazioni lo confermano bensì, ma in guisa altrettanto sommaria.

Si vorrebbe saperne di più, giacché così come sta non offre solide basi per

un’analisi approfondita intorno allo svolgimento dell’evento stesso, analisi

indispensabile per trarne valide conclusioni teoriche.

CASO XLII - Lo tolgo dal libro di Robert Pike: Life’s Borderland and

Beyond (pag. 18). Mr. H. Wedgwood riferisce:

«Circa quarant’anni or sono, una giovinetta mia prossima parente, era

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

64

morente per consunzione. Da parecchi giorni giaceva in condizioni di

prostrazione estrema, e non prendeva parte alcuna a quanto avveniva intorno

a lei. Ed ecco che all’improvviso essa riapre gli occhi, guarda in alto, e

pronuncia lentamente le seguenti frasi: - Ecco Susanna!... Ecco Giovanni!...

Ed ecco Elena!... - Si capiva ch’essa scorgeva intorno a sé le tre sorelle a lei

premorte per l’infermità medesima.

«Quindi, dopo una pausa, essa aveva aggiunto: - Ed ecco qui con me anche

Edoardo! - Questo era un di lei fratello il quale trovavasi alle Indie, ed era

ritenuto vivente da tutti i presenti. La veggente aveva pronunciato il suo nome

con accento di viva sorpresa, quasiché fosse stupita di rivederlo in compagnia

delle sorelle defunte. Detto ciò, essa divenne incosciente, e non tardò ad

esalare l’ultimo respiro.

«Qualche tempo dopo, la famiglia ricevette una lettera dalle Indie in cui si

partecipava la morte del fratello Edoardo per disgrazia accidentale; morte

avvenuta circa due settimane prima dell’evento occorso al letto di morte della

sorella.

«Quanto sopra esposto mi venne riferito dalla sorella maggiore della

veggente, la quale aveva assistito quest’ultima fino alla morte, ed era presente

allorché si svolse l’evento descritto».

Anche per questo episodio dovrebbe escludersi l’ipotesi della “telepatia

ritardata”, dato che si tratterebbe di una morte avvenuta una quindicina di

giorni prima.

Disgraziatamente, però, anche il caso in esame, come i due che precedono, è

riferito in forma aneddotica, senza la indispensabile documentazione che

valga a convalidarlo in guisa scientificamente sufficiente.

Solo in causa dell’estrema rarità degli episodi di tal natura, io mi risolvetti ad

accoglierlo insieme agli altri due, e ciò tanto più che s’intuisce l’autenticità dei

casi stessi, per quanto ciò non basti dal punto di vista scientifico.

CASO XLIII - Lo desumo dal vol. III, pag. 92 dei Proceedings of the S. P.

R. Venne comunicato a detta società da un colonnello irlandese. Tenuto conto

che la protagonista è la moglie del colonnello stesso, si comprende come

questi non desideri vengano pubblicati i nomi. Egli narra:

«Circa sedici anni or sono, la mia consorte mi disse: - Noi riceveremmo

prossimamente degli ospiti, che si tratterranno in casa per una settimana.

Potresti indicarmi qualche persona capace di accompagnare nel canto le

ragazze? - Ricordai che il mio armaiuolo, Mr. X., aveva una figlia dalia voce

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

65

bellissima, la quale studiava canto con intenti professionali. Gliela indicai,

aggiungendo che se così credeva, io avrei scritto a Mr. X., pregandole volesse

permettere a sua figlia di recarsi a passare una settimana con noi. Dietro

risposta affermativa, io scrissi in tal senso, e Miss Giulia X., fu ospite gradita

in casa nostra durante il periodo stabilito.

«Per quanto io mi sappia, mia moglie non la rivide più... Quanto a Miss Giulia

X., invece di dedicarsi all’arte del canto, andò poco dopo sposa a Mr. Henry

Webley. Nessuno di noi ebbe più occasione di rivederla.

«Da quel giorno erano passati sei o sette anni. Mia moglie, la quale da lunghi

mesi giaceva inferma, si trovava allora in fin di vita, e si spense il giorno dopo

a quello di cui ora è discorso. Io le sedevo vicino ragionando con lei di certi

interessi cui ella era ansiosa di dare assetto. Si mostrava perfettamente calma

e rassegnata, nonché in pieno possesso delle sue facoltà mentali; il che è

provato dal fatto che quanto essa consigliava risultò giusto, e ciò che invece

consigliò l’avvocato di casa (il quale era d’avviso che il provvedimento da lei

suggerito fosse inutile), risultò sbagliato.

«D’improvviso essa cambiò discorso, e rivolgendosi a me, domandò: - Le

avverti tu queste voci soavi che cantano? - Risposi negativamente. Ella

soggiunse: -Già le avvertii parecchie volte quest’oggi. Sono voci angeliche

accorse a dare a me la benvenuta nei cieli; ma ciò che v’ha di strano si è ch’io

discerno tra esse una singola voce che sono certa di avere già udita, per

quanto non riesca a ricordarmi a chi appartenga. - A questo punto

s’interruppe bruscamente, e additando in linea retta sopra la mia testa, disse:

- Oh, come mai! Essa è qui presente nell’angolo della camera: è Giulia X!...

Ora viene avanti; si reclina su te; protende in alto le mani; si pone in

attitudine di preghiera... Guarda! Guarda! Essa se ne va. - Io mi voltai da

quella parte, ma nulla vidi. La morente aggiunse ancora: - Ora se n’è andata. -

Io mi figuravo naturalmente che tali affermazioni non corrispondessero ad

altro senonché a fantasie dello stato preagonico.

«Due giorni dopo, prendendo fra le mani un numero del Times, mi accadde

di leggere tra i morti il nome di Giulia X., moglie di Mr. Webley.

«Ne rimasi a tal segno impressionato, che non appena compiuti i funerali,

volli recarmi nel paese dove risiedeva il padre di Giulia X. Colà giunto, mi

recai da lui chiedendo senz’altro se Giulia Webley fosse realmente morta. Al

che egli rispose: - Purtroppo è vero. La poveretta è morta di febbre

puerperale. Nel giorno in cui morì, essa prese a cantare alla mattina, e cantò,

cantò fino a che non si spense».

In altra susseguente comunicazione il colonnello aggiunse:

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

66

«Mrs. Giulia Webley è morta il giorno 2 febbraio 1884, alle ore 6, circa, del

mattino. La mia consorte è morta il giorno 13 febbraio 1884, alle ore 4, circa,

della sera. Io lessi l’annuncio della morte di Mrs. Webley il giorno 14 febbraio

1884. Mia moglie non andò mai soggetta ad allucinazioni di sorta alcuna».

A sua volta, Mr. Henry Webley, marito di Mrs. Giulia X., così scrisse al

Gurney:

«Birmingham, Wenman-Street, 84. - Maggio 18, 1885.

«In risposta alla vostra lettera, eccomi di buon grado a darvi le informazioni

richieste. Mia moglie è morta il giorno 2 febbraio 1884, circa le ore 5.50

antimeridiane. Durante le ultime ore di vita, essa non fece che cantare. Posso

aggiungere che le note sgorgavano ancora dal suo labbro dieci minuti prima di

morire. Sebbene la tonalità della sua voce fosse sempre stata bellissima, mai

apparve così squisitamente soave come in quei supremi momenti».

(Firmato: Henry Webley)

Tale il fatto, al quale farò seguire brevi commenti, senza escludere, neanche in

queste contingenze, la validità presumibilmente dell’ipotesi telepatica

considerata nelle molteplici sue modalità di estrinsecazione.

Esclusa l’ipotesi della trasmissione subcosciente del pensiero dei presenti,

inquantoché nessuno in fra questi era a cognizione dell’avvenuta morte di

Mrs. Giulia Webley esclusa l’altra ipotesi della trasmissione telepatica diretta

tra l’agente e la percipiente, inquantoché la morte di Mrs. Webley risulta

anteriore di oltre undici giorni a quella della percipiente, rimangono altre due

modalità di estrinsecazione telepatica applicabili - fino a un certo punto - ai

fatti.

A norma dell’una in fra queste, si avrebbe a cercare l’origine dell’impulso

telepatico generatore del fenomeno allucinatorio, nel pensiero subcosciente

del marito o del padre di Mrs. Webley, nonché di qualsiasi altra persona

consapevole della morte della signora medesima.

Tutto considerato, però, anche tale ipotesi deve escludersi; anzitutto, pel fatto

che la percipiente non conosceva né il padre, né il marito, né altri dei familiari

di Mrs. Webley, dimodoché verrebbero a mancare le condizioni indispensabili

a che si stabilisca il “rapporto psichico” tra l’agente e il percipiente;

rapporto psichico impossibile tra due persone che tra di loro non si

conoscono, e ciò per le ragioni già tante volte espresse da chi scrive. In

secondo luogo, perché nella quasi totalità dei fenomeni telepatici, l’agente

trasmette al percipiente la visione allucinatoria di se medesimo, e non già

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

67

quella di terzi, come sarebbe il caso nell’episodio in esame. In terzo luogo,

perché in esso è compresa un’altra circostanza assai difficile a dilucidarsi con

l’ipotesi della trasmissione telepatica collaterale, ed è quella dell’audizione

allucinatoria di un canto corale in cui viene distinta una singola voce

decisamente familiare alla percipiente; percezione codesta troppo chiara e

prolungata per ascriverla a un effetto del pensiero subcosciente di terzi.

Rimane pertanto l’ipotesi della “telepatia ritardata”, a norma della quale si

avrebbe a presumere che l’incidente del canto, quale effettivamente occorse

nel delirio febbrile dell’agonizzante Mrs. Webley, fosse stato percepito

telepaticamente, per quanto subcoscientemente, dall’altra inferma Mrs. X.,

all’atto stesso in cui avveniva, per indi rimanere allo stato latente nella

subcoscienza di lei fino a quando le condizioni d’iperestesia e d’ipermnesia

preagoniche ne determinarono l’irruzione nel campo della coscienza.

Senonché - come già si fece rilevare - non sì tosto si voglia estendere la

portata della così detta “telepatia ritardata” al di là dell’intervallo di poche ore

tra la morte dell’agente e la visione del percipiente, essa si trasforma in

un’ipotesi gratuita, non confortata dalla benché menoma prova di fatto.

Comunque, risulta l’unica capace di dare ragione del complesso dei fatti;

dimodoché se si rifiuta di ammetterne la validità, allora non rimane che far

capo all’ipotesi spiritica, la quale risulta maggiormente legittima qualora si

consideri che scientificamente parlando, non è lecito isolare un caso per

analizzarlo separatamente, ma si è tenuti a considerarlo in rapporto agli altri

casi appartenenti al medesimo gruppo; nelle quali contingenze l’ipotesi

spiritica avrebbe il sopravvento decisivo su tutte.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

68

CATEGORIA III

Casi in cui terze persone collettivamente al morente percepiscono

il medesimo fantasma di defunto.

Questo gruppo di casi, in cui vi è percezione collettiva del medesimo

fantasma, presenta un interesse teorico notevolissimo in quanto ben sovente

le modalità con cui si estrinsecano gli eventi non consentono altra

interpretazione che quella implicante la presenza obbiettiva del fantasma del

defunto visualizzato dal morente.

Non è detto, però, che debba sempre concludersi in tal senso, poiché nei casi

in cui si tratta di un solo percipiente oltre l’infermo, potrebbe inferirsene

legittimamente che quest’ultimo abbia servito quale agente trasmettitore di

una forma allucinatoria elaboratasi nella sua mente; e ciò nei casi di

visualizzazione simultanea dell’assistente con l’infermo; ché se invece il

fantasma fosse percepito dall’assistente in tempi e localizzazioni diverse,

allora il fatto assumerebbe un altro significato teorico nel senso della sua

interpretazione spiritica. Lo stesso dicasi nei casi in cui l’assistente percepisce

l’apparizione al momento in cui l’infermo giace in condizioni comatose, le

quali escludono l’elaborazione di ogni forma del pensiero; o quando il

morente è un bimbo in tenerissima età, circostanza che nella maggioranza dei

casi esclude ogni possibilità che il suo pensiero abbia potuto fungere da

agente trasmettitore di un’allucinazione patologica agli assistenti.

Infine, già si comprende che quando invece l’apparizione è percepita da tutti i

presenti, allora non può trattarsi in nessun caso di trasmissione allucinatoria

a fondo telepatico, e ciò per la buona ragione che non esistono allucinazioni

patologiche d’ordine collettivo trasmesse telepaticamente; soltanto

allucinazioni patologiche collettive conseguite per suggestione verbale, e

queste quasi unicamente e rarissimamente tra le folle per fanatismo mistico.

Ed anche in simili circostanze chi sottostà all’influenza verbale

suggestionatrice non sono affatto le folle, bensì una o due persone isteriche od

esaltate che si trovano in mezzo alle folle. Al qual riguardo ho già citato

ripetute volte in altri miei lavori i giudizi recisamente negativi formulati da

due grandi autorità psichiatriche: il professore Enrico Morselli e il professore

Charles Richet. Così stando le cose, ritengo di avere già concesso molto agli

oppositori ammettendo invece che possano realizzarsi talora delle

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

69

allucinazioni patologiche trasmesse telepaticamente dall’infermo a un solo

assistente, non potendosi escludere che qualche volta tra gli assistenti abbia a

trovarsi un grande “sensitivo” il quale ignori di esserlo.

Citerò più oltre degli episodi in cui si realizzano tutte queste modalità di

estrinsecazione, con le conseguenze teoriche che ne derivano.

* * *

CASO XLIV - Comincio con un episodio in cui vi è simultaneità di

percezione tra l’infermo e chi presta assistenza, per quanto le medesime

risultino di natura diversa tra di loro.

Tolgo il caso dal Journal of the American S. P. R. (1918, pag. 503). Mrs.

Laura C. Homers riferisce in questi termini ciò che le occorse di osservare al

letto di morte di un grande amico suo:

«... Il signor Quinby rimase a letto tre settimane, e negli ultimi sedici giorni

non prese né cibo né medicine. Nella seconda settimana della sua malattia,

verso le undici pomeridiane, mi occorse di vedere accanto al letto una sorta di

nebulosità piuttosto opaca, localizzata tra l’infermo e me, avente la forma di

una grossa bietola con la punta in basso, della lunghezza approssimativa di un

piede e mezzo, forse altrettanto profonda. Il tutto si elevava dal suolo tre o

quattro piedi, misurando la manifestazione dall’apice.

«Il mio primo pensiero fu che si trattasse di fumo, sebbene esso apparisse

troppo opaco per essere tale, e rimanesse immobile sul posto. Inoltre, dal

punto in cui mi trovavo, potevo vedere nelle altre camere, e da nessuna parte

si scorgeva fumo.

«Esso rimase immobile nel medesimo punto per un periodo di tempo

discretamente lungo, e non saprei dire quando e come si dileguasse. Allorché

più non lo vidi, riferii la curiosa esperienza all’infermo, ed egli soggiunse: - Io

ho sentito che a me daccanto si trovava mia madre! Ora so che vi era».

Questo primo curioso episodio non risulta precisamente conforme al titolo

della presente categoria, visto che non si tratta di un medesimo fantasma di

defunto visto collettivamente dal morente e dall’assistente, bensì di due

percezioni tra di loro disparate, ma concordanti nel senso che si riferivano

alla medesima manifestazione al letto di morte, localizzata nel medesimo

punto dello spazio. Percezioni entrambe incipienti, giacché l’assistente vide il

fenomeno iniziale di una concrezione fantasmogena che non pervenne ad

estrinsecarsi, mentre il degente ebbe l’intuizione che in quel punto preciso

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

70

dello spazio dovesse trovarsi la forma spirituale della madre sua.

Così stando le cose, il caso risulta interessante per la natura incipiente delle

due manifestazioni complementari l’una dell’altra; ciò che concorre a

dimostrare il carattere indipendente delle due percezioni occorse, quindi

l’obbiettività di quella concrezione fantasmogena iniziale che l’infermo non

vide, ma che presentì nella forma che avrebbe dovuto assumere; vale a dire,

nella forma di colei che tentava di manifestarsi ostensibilmente al figlio

moribondo.

CASO XLV - Lo ricavo dai Proceedings of the S. P. R. (vol. VI, pag. 21).

Mrs. Emma M. Pearson riferisce:

«... Nel novembre del 1864 io fui chiamata a Brighton, ove giaceva

gravemente inferma mia zia Harriet Pearson... La sua camera aveva tre

finestre, ed era situata al di sopra del salotto. Nell’attigua camera dormivo io

con Mrs. Coppinger. D’ordinario l’una di noi passava la notte accanto

all’inferma, ma nella notte del 22 dicembre 1864 si trovava invece a vegliarla

Mrs. John Pearson, mentre noi riposavamo.

«I locali erano illuminati, e la porta che metteva nella camera dell’inferma era

aperta.

«Tra le ore una e le due del mattino, e in un momento in cui né io né Mrs.

Coppinger dormivamo perché ansiosamente sensibili ad ogni lieve rumore

che ci pervenisse dall’altra camera, occorse un incidente oltremodo

impressionante. Entrambe scorgemmo una figura di donna piccola, avvolta in

un vecchio scialle, con un antiquato cappello in testa, e una parrucca ornata

da tre ordini di ricci, la quale, varcando la soglia che separava le due camere,

era entrata in quella dell’inferma. Mrs. Coppinger rivolgendosi a me, aveva

esclamato: - Emma hai tu visto? Sta su: è la zia Anna - (era questa una sorella

defunta dell’inferma). Risposi tosto: - Sì, sì; era proprio zia Anna; e questo è

un triste preannuncio: zia Harriet morirà entro quest’oggi. - Scendemmo

entrambe dal letto. In quel momento Mrs. John Pearson irruppe nella camera

esclamando a sua volta: - Era proprio la zia Anna; ma dov’è andata? - Onde

calmarla io osservai: - Probabilmente sarà stata Elisa che è scesa a vedere

come sta la sua padrona. - A tale osservazione Mrs. Coppinger sali di corsa al

piano superiore, dove rinvenne Elisa profondamente addormentata. La

risvegliò, e la fece vestire; indi le camere tutte furono minuziosamente

rovistate, ma inutilmente...

«La zia Harriet morì nella sera di quel medesimo giorno, e prima di morire

essa ci raccontò che aveva veduto la propria sorella, la quale era venuta a

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

71

prenderla».

(Firmate: Emma M. Pearson, Elisa Quinton, in Proceeding of the

S. P. R., vol. VI, pag. 21).

Questo interessante episodio non richiederebbe commenti intesi a dimostrare

che si deve escludere l’interpretazione allucinatoria sotto qualsiasi forma. Si

consideri infatti che due delle percipienti avevano visto

contemporaneamente (quindi niente suggestione verbale dell’una

sull’altra) la forma fantasmogena di una loro zia defunta, al momento in cui si

avviava nella camera dell’inferma, mentre una terza percipiente, la quale

vegliava l’inferma, l’aveva scorta quando entrava nella camera, e, a sua volta,

la morente aveva alluso di averla vista avvicinarsi al suo capezzale per

annunciarle che veniva a prenderla.

Tutto concorre pertanto a dimostrare che se, in un primo tempo, due

percipienti scorsero la medesima forma fantasmogena dirigersi alla camera

della morente, e se, in un secondo tempo, un’altra percipiente la vide entrare

nella camera, e se, in un terzo tempo, la morente la scorse a sua volta e la

intese parlare, allora tutto ciò equivale ad ammettere che vi era stata

successione nelle tre percezioni; vale a dire un distacco nei tempi in cui

le medesime si svolsero; ciò che vale ad escludere l’ipotesi allucinatoria sotto

qualsiasi forma, dimostrando l’obbiettività del fantasma visto in triplice

successione da quattro percipienti.

CASO XLVI - Venne comunicato alla Society for P. R. di Londra, dal

professore W. C. Crosby, membro della società medesima.

«Mrs. Carolina Rogers, dell’età di anni 72, vedova di due mariti, il primo dei

quali - Mr. Tisdale - era morto 35 anni prima, abitò durante gli ultimi

venticinque anni di sua vita in Roslindale (Massachusset, Ashland-Street).

Dopo la morte dell’ultimo figlio, occorsa parecchi anni or sono, essa visse

costantemente sola. Sui primi di marzo di quest’anno, fu colpita da paralisi, e

dopo una malattia di circa sei settimane, venne a morire nel dopopranzo di

martedì 15 aprile.

«Mrs. Mary Wilson, infermiera di professione, di anni 45, assistette Mrs.

Rogers durante l’intera malattia, restando al suo capezzale pressoché

ininterrottamente fino alla morte. Mai, prima d’allora essa aveva veduto Mrs.

Rogers, e nulla sapeva intorno alla sua vita trascorsa. L’inferma parlava

frequentemente con lei, così come con altri, del suo secondo marito - Mrs.

Rogers - nonché dei propri figli, esprimendo la speranza di rivederli un

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

72

giorno.

«Nel dopopranzo del 14 aprile, Mrs. Rogers cadde in stato d’incoscienza, nel

quale perdurò fino alla morte, che occorse ventiquattro ore dopo...

«Mr. Wilson era esausta dalle lunghe vigilie; trovandosi inoltre nell’ansiosa

attesa di assistere da un istante all’altro alla morte dell’inferma, era

naturalmente nervosa e timorosa; tanto più che ben sovente Mrs. Rogers

aveva parlato di avere scorto a sé vicino i fantasmi dei propri familiari defunti.

Provava in pari tempo uno strano sentimento come di attesa di una visita

d’oltretomba.

«Tra le ore due e le tre del mattino - momento in cui la propria figlia dormiva,

ed essa giaceva sul sofà - occorse a Mrs. Wilson di volgere causalmente lo

sguardo verso la porta che metteva nell’altra camera, ed ivi, su quella soglia,

ella scorse la figura eretta di un uomo di media statura, dall’aspetto fiorente,

dalle larghe spalle che portava ritratte all’indietro. Aveva nuda la testa, e i

capelli e la barba apparivano di un colore rosso-cupo; indossava un soprabito

scuro e sbottonato; l’espressione del volto aveva grave, né troppo arcigna, né

troppo amabile. Figgeva intensamente lo sguardo ora in Mrs. Wilson, ed ora

in Mrs. Rogers, restando in una immobilità assoluta.

Mrs. Wilson credette naturalmente di trovarsi in presenza di una persona

vivente, per cui non sapeva rendersi conto del come avesse potuto introdursi

nella casa. Indi, vedendo ch’egli continuava a mantenersi immobile come una

statua, cominciò a sospettare che si trattasse di un alcunché di anormale.

Presa da timore, rivolse altrove lo sguardo chiamando ad alta voce la figlia

affinché si risvegliasse. Poco dopo, rivolse timorosamente lo sguardo in

direzione della porta, ma tutto era sparito. Tanto la comparsa del fantasma,

quanto la sua disparizione erano occorse senza rumore.

«Durante quel tempo Mrs. Rogers era rimasta assolutamente tranquilla,

immersa presumibilmente nel medesimo stato d’inconscienza in cui da

lunghe ore giaceva. La camera in cui la porta metteva non era illuminata; per

cui non fu possibile a Mrs. Wilson di riscontrare la trasparenza o meno

dell’apparizione. Si recò poco dopo in detta camera e nell’altra attigua: indi,

non appena spuntato il giorno, scese in basso, e dovunque ebbe a riscontrare

che le porte erano debitamente chiuse a chiave, ed ogni cosa al suo posto.

«In quel mattino medesimo, Mrs. Hildreth, nipote dell’inferma, la quale

abitava nelle adiacenze e da lunghi anni viveva in grande familiarità con la

propria zia, si recò a visitarla. Mrs. Wilson ne approfittò per raccontarle

quanto erale occorso, e domandò se per avventura l’apparizione da lei scorta

somigliasse al defunto Mr. Rogers. Al che Mrs. Hildreth rispose

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

73

negativamente (altri che conobbero Mr. Rogers furono unanimi nel negarlo).

La loro conversazione venne a questo punto interrotta; ma qualche ora più

tardi Mrs. Hildreth tornò sull’argomento, e riferì a Mrs. Wilsons che la

descrizione da lei fatta dell’apparizione collimava perfettamente con l’aspetto

personale di Mr. Tisdale, primo marito di Mrs. Rogers.

«Ora è da considerare che Mrs. Rogers si era stabilita a Roslindale dopo il suo

matrimonio col secondo marito, che Mrs. Hildreth era l’unica persona del

paese la quale avesse conosciuto Mrs. Tisdale, che nella casa di Mrs. Rogers

non esistevano ritratti di lui, né altro qualsiasi oggetto capace di mettere sulle

tracce delle di lui sembianze».

(Firmata: Mary Wilson)

Mrs. Hildreth così conferma: «Il racconto che precede risulta una completa ed

accurata descrizione del caso occorso a Mrs. Wilson, così com’essa medesima

ebbe a raccontarmelo nel mattino del 15 aprile».

(Firmata: Mrs. F. E. Hildreth, in Proceedings of the S. P. R., vol.

VIII, pag. 229-231)

Nel caso esposto è da rilevare che per quanto l’inferma abbia dichiarato

ripetute volte di avere scorto a sé vicino i fantasmi dei propri defunti, non

sembra però verosimile ch’ella abbia partecipato alla percezione della visione

fantomatica di Mrs. Wilson; e ciò in causa dello stato comatoso in cui da

lunghe ore si trovava, e in cui perseverò fino alla morte. Tutto concorre

pertanto a far presumere vi sia stata successione nel tempo; quindi piena

indipendenza della visione occorsa; la quale, per soprappiù, assume il valore

di un’ottima prova di identificazione spiritica, visto che la signora Wilson la

quale non aveva mai conosciuto il defunto, lo descrisse in guisa a tal segno

precisa che fu subito identificato da colei che l’aveva conosciuto in vita.

CASO XLVII - Lo desumo, come gli altri, dai Proceedings of the S. P. R.,

vol. X, pag. 372. Venne comunicato alla società medesima da Mrs. B., persona

conosciuta da Frank Podmore. Essa, riferendosi alla morte della propria

madre, narra, tra l’altro, quanto segue:

«...Mia sorella minore, ora defunta, venne chiamata al letto di mia madre, e

lasciò il Devonshire, dove si trovava presso una famiglia amica, per accorrere

a casa. Ivi giunta, non sì tosto ebbe messo piede nella sala, si arretrò

spaventata gridando di aver veduto il fantasma della madrina seduto

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

74

accanto al fuoco, al posto consueto di nostra madre.

«La madrina era morta fin dall’anno 1852. Essa era stata la governante di

nostra madre, e quasi la sua nutrice; aveva vissuto con lei durante l’intera sua

vita coniugale, era stata madrina della prima sua bimba, e allorché nostro

padre venne a morire, erasi assunto il còmpito di sostituirlo fin dove era

possibile nell’intento di risparmiare alla mamma ogni sorta di

preoccupazioni; còmpito ch’ella adempì nobilmente fino alla morte.

«Alle grida di Miss X. accorse l’altra mia sorella, che si recò tosto nella sala

onde rendersi conto dell’accaduto, e scorse il fantasma nell’identica posizione

in cui l’aveva visto Miss X. Più tardi, il fantasma medesimo fu visto accanto al

letto di mia madre; indi, seduto sulla sponda del letto stesso. Lo videro

distintamente e nel medesimo tempo, entrambe le mie sorelle unitamente a

una vecchia domestica. L’apparizione era la riproduzione parlante di ciò che

in vita fu la madrina, eccezione fatta per la veste grigia che indossava,

avendo essa avuto per uso - se ben ricordo - di vestire costantemente di nero.

Anche mia madre la vide, e si rivolse da quella parte esclamando: - Maria! -

che tale appunto era il di lei nome».

Anche nel caso esposto sono forti, per non dire risolutive, le prove induttive

circa la presenza reale sul posto del fantasma apparso a quattro percipienti. Si

rileva infatti che la prima apparizione fu osservata in successione da due

percipienti; il che, si noti bene, non era occorso nella camera dell’inferma,

bensì nella sala da pranzo, dove il fantasma si manifestò seduto sulla

poltroncina abituale dell’inferma. Più tardi il fantasma medesimo fu visto

accanto al letto della morente, quindi seduto sulla sponda del letto stesso, e

furono tre le percipienti che lo scorsero nel medesimo tempo (per cui

viene esclusa l’ipotesi della suggestione verbale, nonché l’altra della

suggestione telepatica da parte del pensiero della morente). Fu in

quest’ultima circostanza che la morente vide l’apparizione e rivolgendosi dalla

parte in cui stava, esclamò: «Maria!», che tale era il nome della defunta; ciò

che trae ad inferirne che la morente avesse in quel momento visto per la

prima volta il fantasma della «madrina», nel quel caso l’apparizione anteriore

nella sala da pranzo doveva risultare una manifestazione indipendente; e con

ciò verrebbe più che mai esclusa l’assurda ipotesi secondo la quale il pensiero

della morente avrebbe determinato telepaticamente l’apparizione del

fantasma che in tale circostanza fu visto collettivamente e

successivamente da due percipienti.

Ci si troverebbe pertanto in presenza di multiple situazioni di fatto tutte

convergenti verso la dimostrazione della obbiettività del fantasma apparso.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

75

CASO XLVIII - L’episodio che segue risulta teoricamente importante sotto

diversi punti di vista, ma disgraziatamente l’editore del Light, dalla quale

rivista io lo desumo (1917, pag. 262), invece di pubblicare la relazione, ne

diede un riassunto; e ciò in causa della riduzione delle pagine della rivista per

le condizioni generate dalla guerra. Dimodoché in esso mancano particolari

indispensabili onde conferire ai fatti valore scientifico. Comunque, mi risolvo

a riferirlo, dolente di dover dichiarare che per la medesima ragione della

trascuratezza degli editori e dei relatori, troppo sovente io mi veda costretto a

mettere da parte gemme d’incomparabile valore.

«La signora M. S. di Edimburgo, sebbene non sia infermiera di professione,

fece per elezione molta pratica in tal senso; ed ora ci manda relazione della

morte per febbre di una bimba di sei anni, figlia dei propri vicini di

pianerottolo.

«La madre di lei si dimostrava tristemente negligente dei propri doveri verso

la sua bambina, non immaginando quanto essa fosse gravemente ammalata; e

la lasciava per ore ed ore in custodia di un suo fratellino dodicenne.

«Un giorno che la signora M. S. si recava ad assistere la piccola Nelly, osservò

che il visino di lei era atteggiato a una gioia radiosa; e improvvisamente le

parve che la camera fosse invasa da una vivida luce “proprio come se le pareti

della camera non fossero esistite”; ed ella scorse al di sopra del letto un’entità

spirituale di bimba in atteggiamento di chi sta in attesa. In pari tempo, vide

che una nebulosità caratteristica sorgeva dal capo della bimba inferma, e

andava a reintegrarsi in una forma a lei sovrastante, che sembrava una altra

personcina di bimba drappeggiata di nebbia. Tale personcina era già per metà

condensata, quando entrò nella camera la mamma; e immediatamente ogni

concrezione fluidica disparve rientrando nel corpo della bimba, mentre

l’espressione di gioia estatica che aveva assunto il di lei volto, si mutò in

atteggiamento di sofferenza. La signora M. S. consigliò la mamma a ritirarsi; e

nuovamente cominciò ad elevarsi una nubecola dal capo della bimba, mentre

il visino di lei si atteggiò nuovamente a gioia estatica. Poco dopo, essa

esclamò: - Lily! - e così dicendo, si spense. Simultaneamente la forma

sovrastante erasi reintegrata e completata; e allora la signora veggente scorse

l’altra entità spirituale di bimba avvicinarsi a quella forma, prenderla con sé e

dileguarsi insieme alla sua vista.

«Fu soltanto dopo lo svolgimento degli eventi che la signora M. S. apprese

come “Lily” fosse una sorellina di Nelly, morta un anno prima».

Non sfuggirà a nessuno l’importanza che rivestirebbe l’episodio esposto

qualora fosse integralmente reso, nonché convalidato dalle necessarie

testimonianze. E l’importanza del medesimo deriva dalla circostanza

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

76

dell’essere occorso al letto di morte di una bimba in tenerissima età. Infatti

non è presumibile che una bimba di sei anni, ignara di morire e in preda a

grandi sofferenze, avesse agio di pensare alla sorellina defunta con intensità

di affetto sufficiente per trasmettere la visione telepatico-allucinatoria alla

signora che l’assisteva.

E una volta eliminata tale eventualità, la versione spiritica dell’evento non

potrebbe mettersi in dubbio. Tanto più se si considera l’apparizione della

bimba defunta Lily, in unione al fenomeno di “sdoppiamento” occorso al letto

di morte; fenomeni di cui la morente non poteva trasmettere l’immagine

allucinatoria alla signora M. S. per la semplice ragione che ne ignorava la

possibilità.

CASO XLIX - Recentemente venne in luce in Inghilterra un libriccino di

contenuto metapsichico, dovuto alla signora Joy Snell, la quale dopo aver

esercitata la professione di “nurse” (infermiera patentata) per una ventina

d’anni, narra in esso le proprie esperienze di “sensitiva” chiaroveggente al

capezzale degli innumerevoli infermi assistiti. Il libro è interessante,

suggestivo ed istruttivo.

Il professore islandese Haraldur Niellson, dopo aver letto il volumetto, volle

fare la conoscenza personale di colei che l’aveva scritto, e nel proprio libro:

Mes expériences personnelles (pag. 107), così si esprime al riguardo:

«Mi trovai dinanzi a una signora coltissima... Trassi gioia e conforto dall’aver

fatto la sua conoscenza... Non mi accadde mai d’imbattermi in una più

perfetta discepola di Cristo, capace di amare tutte le creature del mondo. La di

lei amicizia è quanto di più magnifico mi offerse la vita...».

Tali dichiarazioni del prof. Niellson sono importanti, in quanto conferiscono

maggior valore all’aureo libriccino di Mrs. Joy Snell. In merito alle proprie

esperienze al letto di morte, ella osserva che la maggior parte dei degenti si

estinguono in condizioni di torpore comatoso, incapaci di sentire od

esprimere qualsiasi emozione; ma che vi sono molte eccezioni alla regola, e

che ben sovente, e indipendentemente dalle condizioni fisiologiche del

morente o dal suo stato d’animo, questi scorge accanto al letto delle

personalità di defunti da lui riconosciuti, ma invisibili per gli altri. Venne

giorno però che nella signora Snell si svilupparono facoltà chiaroveggenti, e

allora scorse di conserva ai morenti le personalità spirituali venute ad

accoglierli e ad aiutarli al gran passo.

Mi limiterò a riferire un solo episodio del genere, a titolo di esempio. Mrs. Joy

Snell scrive:

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

77

«La prima volta ch’io ebbi tale prova oculare, si fu al letto di morte della

signorina L., una graziosa giovinetta diciassettenne, la quale era amica mia. Si

spegneva per consumazione e senza sofferenze; ma l’estremo languore del

corpo la rendeva anche moralmente stanca e desiderosa dell’eterno riposo.

«Ma quando giunse per lei l’ora suprema, io scorsi che due forme spirituali le

stavano accanto, l’una a destra e l’altra a sinistra del letto. Non mi ero avvista

che fossero entrate; e quando divennero per me visibili, erano già disposte ai

lati della morente; ma io le vedevo distinte quanto le persone viventi. Io

denominai tali radiose entità col titolo di “angeli”, e d’ora innanzi le chiamerò

così. Riconobbi subito in quelle forme angeliche due giovanette, le quali erano

state in vita le migliori amiche dell’inferma, ed erano morte da un anno,

entrambe all’età medesima di lei.

«Un istante prima che apparissero, la morente aveva esclamato: - Si è fatto

improvvisamente oscuro; io non vedo più nulla. - Ciò nonostante essa vide e

riconobbe subito le angiolette amiche. Un sorriso di gioia suprema illuminò il

di lei volto, e stendendo loro le mani, esclamò lietamente: - Siete venute a

prendermi? Ne sono felicissima, poiché mi sento stanca.

«E mentre la morente porgeva le mani alle angiolette, queste facevano

altrettanto; l’una stringendo la destra, l’altra la sinistra di lei. I loro volti erano

atteggiati a un sorriso più dolce ancora di quello che irradiava dal volto della

morente nell’esultanza di presto ritrovare il riposo cui anelava. Essa non parlò

più, ma continuò a tenere per circa un minuto le braccia protese in alto, con le

sue mani strette in quelle delle amiche defunte, mentre non cessava un solo

momento di contemplarle con espressione di giubilo infinito. A un dato

momento le amiche abbandonarono le di lei mani, che ricaddero

pesantemente sul letto. La morente emise un sospiro, come se si accingesse

lietamente a prendere sonno, e dopo brevi istanti lo spirito di lei esulava dal

corpo; ma sul di lei volto rimase impresso il dolce sorriso che l’aveva

illuminato quando scorse a sé daccanto le amiche defunte». (Mrs. Joy Snell:

The Ministry of Angels).

In merito al caso esposto, mi affretto ad avvertire che non sarebbe possibile

valutarne con equità l’importanza teorica in senso spiritualista, qualora si

pretendesse di analizzarlo allo stato isolato, tenuto conto ch’esso appartiene a

una lunga serie di casi analoghi osservati per un ventennio dalla medesima

grande “sensitiva”, i quali debbono considerarsi cumulativamente; còmpito,

purtroppo, che non è possibile intraprendere nella presente monografia.

Ciò premesso, riconosco che nel caso in esame si riscontrano due soli

particolari suggestivi in senso spiritualista, l’uno dei quali consiste nella

circostanza della veggente la quale riconobbe nelle forme spirituali apparse,

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

78

due grandi amiche della morente, ciò che assume il valore di un caso

d’identificazione spiritica. L’altro particolare emerge dal gesto eloquente della

morente la quale aveva proteso in alto le braccia, in atto di porgere ambe le

mani a due forme spirituali che apparentemente si trovavano ai lati del suo

capezzale, e la veggente vide allora le amiche defunte stringere fra le proprie

le mani di lei,. come pure osservò che non appena le rilasciarono, esse

ricaddero pesantemente sul letto: tutti particolari che dal nostro punto di

vista dimostrano come l’intero gesto della morente risulti conforme alle

modalità con cui avrebbe dovuto estrinsecarsi qualora fosse stato obbiettivo.

Ciò stabilito, giova comparare l’episodio in esame con l’altro analogo riferito

in precedenza (caso XXXII), in cui un dottore in medicina narra di una

bimbetta morente che per quanto con gli arti paralizzati, portò in alto le

braccine, e ciò in guisa da suggerire che una entità invisibile l’avesse aiutata

nella bisogna; il che veniva ulteriormente avvalorato dalla circostanza che il

dottore aveva visto incurvarsi le dita di ambe le mani della bimba, così come

se la medesima avesse realmente afferrato le mani di un’entità spirituale ivi

esistente, e ciò allo scopo di farsi aiutare onde porsi a sedere nel letto; non

solo, ma poco dopo si vide la bimba riadagiarsi nel letto con provvide cautele,

proprio come se fosse stata aiutata a farlo. Niun dubbio che tali modalità di

svolgimento suggerivano la presenza sul posto di un’entità spirituale la quale

avesse aiutata la bimba. Senonché la prova complementare in tal senso

mancava, in quanto il dottore nulla aveva scorto in quel punto. Ed ecco che il

presente episodio, in tutto analogo per la fattispecie, interviene propizio ad

apportare la prova complementare in tal senso, che per quanto indiretta,

risulta teoricamente efficace, poiché questa volta la “sensitiva” aveva scorto

entità spirituali identificate in atto di aiutare in guisa analoga un’altra

morente. Dunque appariva legittimo il presupporre altrettanto nel caso della

bimba paralizzata.

Per converso, dal punto di vista dell’episodio in esame, giova rilevare che

nell’altro in discussione emerge positivamente che la bimba paralizzata non

avrebbe dovuto compiere da sola il gesto di forza osservato dal reale

intervento estrinseco per la spiegazione dei fatti; circostanza quest’ultima che

giunge a sua volta propizia onde convalidare indirettamente la realtà

obbiettiva di quanto aveva osservato di analogo l’infermiera veggente.

CASO L - Lo desumo dal Light (1935, pag. 271), e si tratta di un caso

collettivo di genere non comune, poiché le due percipienti udirono una voce

maschile che conversava con una persona inferma, mentre quella tra esse che

guardò nell’interno della camera da uno spiraglio della porta, non vide

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

79

alcuno.

Mrs. Mary Fotzgibbon (8, Montpellier Road, London, W. 5) riferisce:

«Mia nonna, la quale conviveva con noi, era da lungo tempo confinata nel

letto per l’età molto avanzata. Era quasi cieca e sordastra, con lieve

indebolimento delle facoltà mentali. Tali sue condizioni avevano del tragico,

poiché essa era stata invece una donna molto attiva ed energica, che a tutto

s’interessava, ed amava il conversare.

«Una sera mia sorella venne a me chiedendo: - Con chi parla l a nonna? Chi è

venuto a visitarla? – Tali domande mi sorpresero, ben sapendo che nessuno

era venuto. Comunque, mia sorella insisteva affermando che quando era

passata dinanzi alla porta della camera in cui giaceva la nonna, aveva

distintamente udito la voce di un uomo che conversava con lei, ma che si era

trattenuta dall’entrare per non parere indiscreta.

«Essa era talmente certa di quanto affermava, che io mi decisi a salire al

piano superiore per origliare alla porta della nonna. Non c’era più dubbio: si

udiva chiaramente una voce maschile la quale conversava con la nonna. Stetti

in ascolto per un paio di minuti, e siccome non pervenivo a riconoscere la

voce che parlava, apersi pianamente uno spiraglio nei battenti della porta, e

guardai all’interno: la nonna sedeva nel letto conversando con una persona

che apparentemente si trovava a lei di fronte, ai piedi del letto; ma in quel

punto io non vidi alcuno.

«Ne rimasi impressionata. Rinchiusi cautamente la porta, e scesi le scale

informando mia sorella su quanto erami occorso. Discutemmo calorosamente

insieme intorno a quel mistero, ma senza venire a capo di nulla.

«Poco dopo, mia madre scese a sua volta raccontandoci di aver trovato la

nonna molto sollevata di spirito. Dopo di che, aveva aggiunto: - E sapete

perché? Essa si è messa in testa che è venuto a trovarla il defunto suo figlio

Jackie, indugiandosi parecchio tempo a conversare con lei, stando ai piedi del

letto.

«Naturalmente mia madre ne aveva concluso che la nonna era stata vittima di

un’allucinazione; e quando la informammo su quanto era occorso a noi di

riscontrare in coincidenza con la narrazione dell’inferma, essa non volle

ammetterlo, e si burlò di noi.

«Senonché, da quella sera la nonna cominciò a peggiorare rapidamente, e

qualche giorno dopo toccò a nostra madre di venirci a dire, con espressione di

serietà, che il defunto cugino Jackie era tornato a visitare la nonna,

preannunciandole che sarebbe venuto a prenderla fra quattro giorni.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

80

«E quattro giorni dopo la nonna moriva».

I casi auditivi-collettivi al letto di morte sono abbastanza rari, e in questo

episodio le due percipienti avevano udita la voce misteriosa dal di fuori

dell’ambiente in cui risuonava, mentre la prima tra esse l’aveva percepita

casualmente passando dinnanzi alla porta della camera in cui giaceva

l’inferma; ciò che vale più che mai ad escludere l’ipotesi autosuggestiva

provocatrice di un’audizione allucinatoria, e con ciò, traendo ad ammettere il

carattere obbiettivo della voce percepita.

Ora ciò equivale ad ammettere che la nonna abbia visto e conversato

effettivamente col figlio defunto; il che vale convalidare anche l’obbiettività

della successiva apparizione del medesimo fantasma venuto a preannunciare

all’inferma che sarebbe tornato a prenderla in capo a quattro giorni; e tanto

più la convalida se si considera che il preannuncio risultò veridico.

CASO LI - Lo ricavo dal Light (1937, pag. 63). Mr. H. L. Williams,

comandante in ritiro del Corpo di Polizia delle Indie, riferisce:

«Da qualche tempo io mi trovo a convivere con Mr. Hugo Quintal, un

veterano della Polizia indiana, il quale giorni or sono introdusse il discorso

intorno a un evento impressionante cui aveva assistito al letto di morte di una

sua nipote, di nome Jessie Taylor, deceduta per consunzione in quella

medesima casa.

«Egli cominciò dicendo che quando la morente ebbe esalato l’ultimo respiro, e

la sua salma giaceva irrigidita nel letto, con le labbra chiuse, aveva udito una

voce che così gli parlò: - Zio Hugo, addio. Io me ne vado con la zia Vittoria -

(quest’ultima era morta qualche anno prima). Quella voce proveniva dal

punto in cui giaceva la salma inanimata. Detto ciò, Mr. Quintal chiese a me: -

Come spiegate questo incidente? - Risposi: - Secondo me, l’unica spiegazione

razionale sarebbe il presumere che lo spirito di lei, tuttora presente, abbia

trovato il modo di sottrarre alla propria salma ancora calda, fluidi vitali

sufficienti per articolare alla “voce diretta” la frase che avete udita. - Egli

soggiunse: - Proprio quello che pensavo anch’io.

«Nell’anno seguente anche “Lena”, la sorella di Jessie, moriva nella camera

medesima, per la medesima infermità. Si trovavano presenti al letto di morte,

la madre di lei, Mrs. Hope Taylor, Miss Martha Taylor, Mrs. George Nobbs,

Mr. Hugo Quintal, ed altre due amiche di famiglia.

«Riferisco ciò che avvenne, quale a me lo raccontarono Miss Martha Taylor e

Mrs. George Nobbs.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

81

«Per alcuni minuti la moribonda conversò volubilmente con la defunta sorella

Jessie, per quanto quest’ultima fosse invisibile a tutti i presenti; e tale

conversazione terminò con la seguente frase: - Cara Jessie, non sono ancora

pronta. Verrai a prendermi più tardi. - Non appena pronunciate tali parole,

noi tutti scorgemmo la forma fluidica di Jessie che a passo lento si avviava

verso la porta, e quel che appare più stupefacente ancora, ne udimmo tutti

risuonare i passi!

«Mr. George Nobbs aggiunse che sebbene fosse impressionatissima per

l’accaduto, ebbe il coraggio di tener dietro l’apparizione, e la vide uscire dalla

porta per poi salire il viale che conduce al portone d’ingresso.

«Alcune ore dopo, la morente esalava l’ultimo respiro».

(Firmato: H. L. Williams, novembre 24, 1936)

Nel caso esposto erano sei le persone presenti, e tutte scorsero la forma

fluidica della defunta Jessie, la quale, un momento prima, aveva conversato,

benché invisibile, con la sorella morente; e tutte la scorsero in forma identica,

tutte la videro avviarsi alla porta, tutte ne udirono risuonare i passi;

particolare quest’ultimo che richiede un commento in servizio dei profani in

metapsichica. E’ infatti presumibile che chi è profano in argomento ritenga

assurdo che i presenti abbiano udito risuonare i passi di uno spirito, il quale

per sua natura dovrebbe ritenersi immateriale; ma tale particolare risulta

invece tra i più comuni nella fenomenologia metapsichica d’ordine fisico,

specialmente nei fenomeni d’infestazione, in cui l’eco dei passi deambulanti

negli ambienti infestati risuona talvolta così potente da far traballare

l’impiantito, mentre risulta indubbiamente reale, obbiettivo, registrabile e

registrato dal disco del fonografo; ma già si comprende che non è l’eco dei

piedi fluidici che calcano l’impiantito, bensì l’opera del defunto, il quale agisce

con la forza della volontà sui fluidi esteriorati nell’ambiente, in guisa da

riprodurre sincronicamente il fenomeno fisico dei passi reali.

Ciò spiegato, non rimane che concludere osservando che in base al complesso

di quanto si venne esponendo deve escludersi la spiegazione allucinatoria del

caso in esame, visto che sei persone non possono allucinarsi in guisa identica.

In pari tempo tutto ciò vale a dimostrare come anche la conversazione

avvenuta in precedenza tra la sorella agonizzante e la sorella defunta, era a

sua volta una conversazione autentica, non già immaginaria; con le

conseguenze teoriche che ne derivano.

CASO LII - Tolgo l’episodio seguente dal Journal of the American S. P.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

82

R. (1921, pagg. 114-122), ed è un episodio rigorosamente documentato, in cui

i relatori avevano preso nota immediata dell’evento occorso, il quale si

realizzò al letto di morte del noto poeta e prosatore nord-americano Orazio

Traubel (1858-1919), che fu il Boswell dell’altro sommo poeta nord-americano

Walt Whitman. Egli era stato l’intimo amico di quest’ultimo, e lo aveva

studiato tutta la vita con immenso amore, così come il Boswell aveva studiato

Samuel Johnson; e dopo la morte dell’amico, egli aveva pubblicato un Diario

di parecchi volumi che ne illustrava la vita e il pensiero. Orazio Traubel, a sua

volta, fu poeta geniale della scuola medesima di Walt Whitman, e per taluni

critici le poesie del discepolo rivaleggiano con quelle del maestro.

La signora Flora Mac Donald Denison che si trovò presente al letto di morte

di Orazio Traubel, riferisce quanto segue:

«Il giorno 28 agosto, Orazio era molto depresso di spirito. La malattia di

Anna e la partenza dei Bains erano amarezze troppo forti per la sua fibra.

Mildred gli tenne compagnia lungamente, e decidemmo di non lasciarlo solo

un istante.

«Quando ci recammo sulla veranda per trasportarlo in casa, lo trovammo

raggiante di gioia. Appena mi vide, esclamò: - Flora, guarda! Guarda! Presto:

egli se ne va. - Dove? Che cosa vedi, Orazio? Io nulla scorgo. - Là, su quella

sporgenza di roccia, mi apparve Walter. Ne vidi la testa ed il busto. Portava il

cappello; era splendido, raggiante; pareva circonfuso da un’aureola d’oro. Mi

salutò con la mano, quasi a rinfrancarmi, e mi parlò. Udivo distintamente il

timbro della sua voce, ma non compresi che una sola frase: Vieni. Ti attendo. -

In quella, sopraggiunse Frank Bains, al quale egli ripeté il medesimo

racconto; e per tutta la sera si mostrò sollevato di spirito, raggiante, felice...

«Nella notte del 3 settembre, Orazio stava male, e lo vegliai per alcune ore.

Quando vidi le sue pupille immobili dirigersi lentamente su di me, io credetti

ch’egli entrasse in agonia. Invece desiderava di essere cambiato di posizione.

Mentre eseguivo il suo desiderio, notai ch’egli pareva stare in ascolto. Subito

dopo osservò: - Sento la voce di Walt. Egli mi parla. - Chiesi: - Che cosa ti

dice? - Soggiunse: - Egli mi ripete: Vieni con me. Vieni, ti attendo. - Dopo

qualche istante, egli aggiunse: - Flora, insieme a Walt sono qui convenuti tutti

gli amici. Vi è Bob, vi è Buck e gli altri...

«Il colonnello Cosgrave giunse alla sera per vegliare Orazio; e gli avvenne di

scorgere il fantasma di Walt Whitman, il quale apparve dall’altro lato del

letto, gli si avvicinò, e gli toccò la mano destra, ch’egli teneva in tasca. Quando

lo toccò, il colonnello avvertì una sorta di scossa elettrica. Anche Orazio vide

Walt, e lo disse. Tali apparizioni ebbero per effetto di dissipare come per

incanto ogni tetraggine dall’ambiente. Nessuno più si sentiva depresso: un

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

83

senso di trionfale esultanza permeava l’atmosfera di quella casa».

(Firmata: Flora Mac Donald Denison)

Il dottor Franklin Prince, segretario della «American Society for P. R.»,

scrisse al colonnello Cosgrave, onde ottenere ulteriori ragguagli sull’evento.

Dal carteggio che ne derivò, stralcio questi brani essenziali: «Nei mesi di

agosto e settembre 1919, io vissi in rapporti familiari con Orazio Traubel, a

tutti noto per le sue opere e per le sue nobilissime aspirazioni spirituali. Prima

di tale periodo io non lo conoscevo personalmente; come pure, non avevo che

una cognizione molto superficiale delle opere e delle idealità di Walt

Whitman. Rilevo tutto questo al fine di dimostrare che la mia mentalità

cosciente e subcosciente, non era punto influenzata dalle opere e dalle idealità

degli scrittori in discorso. Aggiungo inoltre che il mio lungo servizio militare

in Francia con l’esercito Canadese, passato quasi sempre in prima linea, dal

gennaio 1915 fino all’Armistizio, mi aveva naturalmente familiarizzato con la

morte; dimodoché l’ambiente che circonda i morenti, per quanto m’ispirasse

un grande rispetto, non generava in me quella tensione nervosa, o quella

sovreccitazione emozionale che si verificano naturalmente in persone non

familiarizzate con la morte. Ed anche questo io faccio rilevare al fine di

provare ch’io mi trovavo in condizioni normali di spirito allorché si realizzò lo

evento di cui vi scrisse Flora Denison, evento ch’io confermo in ogni

particolare. In breve: ecco ciò che avvenne:

«Nelle tre notti che precedettero la morte di Orazio Traubel, io mi recavo a

vegliarlo nelle ultime ore della notte. Attendevo da un momento all’altro la

sua fine, e i miei pensieri si mantenevano spiritualmente sereni ed elevati,

conforme alla solennità del momento e dell’ambiente che mi circondava;

come anche in virtù di una sorta di magnetismo peculiare che pareva emanare

da quell’uomo che si spegneva, il quale era stato un grande altruista, ed aveva

spesa tutta la vita in servizio dell’umanità. Già altre volte avevo avvertita

questa sorta curiosa di magnetismo spirituale, e sempre in presenza di grandi

caratteri; non mai con uomini ordinari.

«Orazio Traubel si estingueva per paralisi e per esaurimento, ma in apparenza

non soffriva. Era semicosciente, ed articolava difficilmente le parole in causa

della paralisi alla lingua; ma i suoi occhi, sempre vivaci ed espressivi, ci

facevano facilmente indovinare i suoi desideri. Nell’ultima notte, verso le tre

del mattino, egli si aggravò improvvisamente, il respiro divenne quasi

impercettibile, e gli occhi si chiusero; pareva immerso in condizioni comatose,

mentre il suo corpo era in preda a moti convulsivi. Poco dopo egli riaperse gli

occhi, appuntando lo sguardo ai piedi del letto, mentre il labbro si agitava in

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

84

uno sforzo vano di parlare. Supponendo ch’egli avesse bisogno di respirare

più liberamente, io rimisi delicatamente il suo capo nella posizione normale,

ma egli subito si voltò tornando a guardare dalla medesima parte, fissando

estatico un punto situato a tre piedi al di sopra del letto. Allora fui tratto

irresistibilmente a guardare da quella parte. L’ambiente era

insufficientemente rischiarato da una lampadina notturna posta dietro una

cortina, nell’angolo estremo della camera.

«Gradatamente il punto in cui si appuntavano i nostri sguardi si andò

rischiarando; quindi apparve una leggera nubecola, che si diffuse e ingrandì

rapidamente, assumendo in breve forma umana, nella quale si delinearono le

sembianze di Walt Whitman. Egli appariva in piedi accanto al letto del

morente, vestito di una ruvida giacca leggera, col solito cappello di feltro in

testa, e la mano destra in tasca; posa in lui familiare, e che si vede riprodotta

in alcuni suoi ritratti. Guardava Traubel, e gli sorrideva affettuosamente,

come a rinfrancarlo e a dargli il benvenuto. Due volte gli fece cenno col capo;

e dall’espressione del volto si comprendeva ch’egli intendeva fargli buon

animo. Rimase pienamente visibile per circa un minuto primo, per poi

dissiparsi gradatamente... Ma prima di dissiparsi, mentre Orazio ed io lo

guardavamo intensamente, egli si mosse, avvicinandosi ad Orazio. Questi, che

per la paralisi non poteva restare a lungo con la testa voltata da una parte, fu

forzato a riprendere la posizione normale, e così facendo balbettò: - Qui c’è

Walt. - Nel tempo stesso, il fantasma si diresse a me, attraversando

apparentemente il letto, e mi toccò la mano, quasi in segno di addio. Quel

contatto fu da me avvertito come una leggera scossa elettrica. Quindi Walt

sorrise un’ultima volta ad Orazio, e disparve dalla nostra vista.

«Ciò avvenne il giorno 6 di settembre, due ore prima che l’infermo morisse,

ore che per lui trascorsero in buona parte nel coma, mentre la paralisi gli

toglieva l’uso della favella anche negli intervalli di veglia; ma lo sguardo era

pieno di silenziosi messaggi, e si capiva ch’egli scorgeva altre manifestazioni

da noi non viste».

(Firmato: Colonnello Cosgrave)

In questo interessante episodio di visualizzazione collettiva al letto di morte,

si rilevano indizi altamente suggestivi nel senso dell’obbiettività del fantasma

apparso. Anzitutto per le modalità con cui si venne estrinsecando, le quali

s’iniziarono in forma di una nubecola luminosa che si allungò, si condensò,

crebbe in volume fino a raggiungere le proporzioni e poi la forma umana, in

cui si delinearono le sembianze del defunto poeta Walt Whitman, intimo

amico dell’altro poeta morente. Ora è noto che tali modalità di estrinsecazione

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

85

risultano quelle che ordinariamente si riscontrano nei processi delle

materializzazioni sperimentali di fantasmi, tanto allorché si realizzano in

forma concreta, come quando assumono forma imponderabile (e nel nostro

caso si sarebbe trattato di un fantasma fluidico imponderabile, quindi

capace di passare attraverso ad un letto). In secondo luogo, l’obbiettività

presumibile dell’apparizione si desumerebbe dall’altra circostanza del

fantasma che si avvicina al percipiente toccandogli una mano in segno di

saluto; contatto che il percipiente avverte in forma di una leggera scossa

elettrica.

Non si può negare che le due circostanze esposte, per quanto non possano

considerarsi risolutive nel senso dell’obbiettività del fantasma, risultino però

sufficienti onde autorizzare a concludere che le probabilità maggiori stanno in

favore di quest’ultima spiegazione; e in conseguenza, della interpretazione

spiritica dei fatti; interpretazione che, del resto, risulterebbe ugualmente

legittima qualora si fosse trattato di un fantasma puramente telepatico

trasmesso dal pensiero consapevole del defunto all’amico morente.

Al qual proposito ripeto che l’unica ipotesi rivale delle due riferite - quella

della trasmissione al percipiente del pensiero allucinato del morente - ipotesi

che per puro sentimento di correttezza scientifica ho accolto ed illustrato in

precedenza nel presente lavoro, è invece da eliminarsi in qualunque

circostanza di visualizzazioni collettive della natura esposta, e ciò in quanto

essa è contraddetta dai fatti fino al punto da esserne demolita, come mi

riservo a dimostrare nelle argomentazioni conclusionali.

CASO LIII - In quest’altro episodio non si tratta precisamente di visione

collettiva al letto di morte, bensì di apparizione percepita in rapporto a

persona che doveva morire diciotto mesi dopo, vedendo a sua volta la

medesima apparizione. Si tratterebbe pertanto di visione premonitoria,

ripresentatasi al letto di morte.

Tolgo il caso dal Journal of the S. P. R. (1905, pag. 327). Il signor Joshua

Hodgson scrive:

«Nella sera di venerdì, 29 luglio 1898, mia moglie era molto affaccendata

intorno alle incombenze domestiche, ed io le sedevo vicino, fumando e

leggendo, fino a che mi addormentai. Rimasi in sonno fin oltre la mezzanotte;

e quando mi svegliai e mi guardai attorno, fui sommamente stupito di vedere

a me dinanzi due figure umane: mia moglie sdraiata sul seggiolone immersa

in sonno profondo, e un’altra figura biancovestita a lei sovrastante.

Guardando in volto la figura sovrastante, con immensa meraviglia ravvisai la

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

86

madre di mia moglie! Avvenuto il riconoscimento, essa disparve, mentre mia

moglie continuò a dormire tranquillamente, ignara di quanto accadeva.

Ritenni prudente di non far cenno con lei dell’evento occorso, per tema

d’impressionarla, e me ne astenni per parecchi mesi; ma debbo confessare che

la visione occorsa aveva lasciato in me l’impressione spiacevole che si

trattasse di un pronostico di sventura imminente.

«Mia moglie moriva il giorno 18 marzo 1900, diciotto mesi dopo che sua

madre mi era apparsa a lei sovrastante nel sonno.

«Pochi giorni prima di morire, essa disse che vedeva sua madre insieme al

proprio figlio (morto diciassette mesi prima), i quali l’attendevano e la

chiamavano. Dopo tali parole, essa passò allo stato d’incoscienza,

perdurandovi fino alla morte...».

Nell’episodio esposto, in cui lo svolgimento degli eventi confermò l’intuizione

del relatore secondo la quale l’apparizione osservata era un pronostico di

sventura imminente, deve inferirsene che se la visualizzazione della madre

della propria moglie risultò premonitoria di morte per quest’ultima, allora

tale visualizzazione assume carattere intenzionale da parte di colei che si era

manifestata a tale scopo; considerazione la quale vale a collegare la prima

manifestazione con la seconda al letto di morte. E se così è, se cioè, debbono

considerarsi entrambe intenzionali, nonché complementari l’una dell’altra,

allora ne consegue razionalmente che doveva trattarsi di manifestazioni

estrinseche, obbiettive, indipendenti, non già originate nella subcoscienza di

colei che doveva morire.

CASO LIV - Lo ricavo dal Light (1926, pag. 583). Mrs. L. M. Tranter, di

professione «nurse» (infermiera patentata), invia la seguente breve relazione

di ciò che vide ed ascoltò vegliando un’inferma sul letto di morte:

«Assistevo, in qualità di “nurse” privata, una vecchia signora di 87 anni. Una

notte in cui vegliavo nella sua camera, assorta nella lettura, udii l’inferma a

pronunciare con tonalità meravigliata il nomignolo di “Tedd”, iniziando

subito una conversazione con qualcheduno. Smisi di leggere, e mi alzai per

accorrere al letto dell’inferma; ma mi arrestai di botto stupita, poiché avevo

scorto una forma vaporosa seduta nel seggiolone prossimo al letto. In pari

tempo sentivo come se mi si fosse sottratta tutta la forza dalle gambe. Stetti

qualche tempo a guardare; quindi mi avvidi che la forma diveniva indistinta,

poi trasparente, e infine si dileguò a me dinanzi.

«Poco dopo l’inferma moriva; e quando mi accinsi a raccogliere i dati

necessari onde stendere regolare denuncia del decesso, trovai che il nome del

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

87

marito defunto della vecchia signora era “Edward”; il che corrispondeva al

nomignolo profferito dalla morente. Chiesi allora spiegazioni in proposito ad

una di lei figlia, e seppi che la vecchia signora, quando nominava il marito, lo

chiamava costantemente col vezzeggiativo “Tedd”».

Noto in questo episodio come la relatrice-percipiente informi che

simultaneamente all’apparizione del fantasma fluidico nel seggiolone,

«pareva che le venisse sottratta tutta la forza delle gambe»; ciò che

tenderebbe a far presumere ch’essa possedesse facoltà medianiche, e in

conseguenza, che avesse contribuito col proprio “fluido” alla estrinsecazione

del fenomeno; nel qual caso, anche per questo episodio dovrebbe inferirsene

che non si trattava di un fantasma telepatico, ma di una materializzazione

incipiente del defunto manifestatosi.

CASO LV - Lo deduco dalla rivista francese Psychica (1936, pag. 135). Mr.

André Richard, scrive dalla città di Douai (Francia):

«Da parecchi giorni, nella nostra provincia non si parla che di uno strano

evento occorso, e qualificato per miracolo dal popolino; evento che si realizzò

nella Somme, frazione “Bayon”, comune di Plachy, a undici chilometri da

Amiens; ed avvenne al letto di morte di una certa Martin, nata Maria

Alexandrine Biendiné, dell’età di anni 72.

«La signora in discorso era caduta inferma, e venne trasportata a casa della di

lei figlia maggiore, signora Jeanne Martin.

«Siccome il male si era aggravato rapidamente, il dottore curante M. Noquet

consigliò i familiari di vegliare durante la notte la settuagenaria.

«Nel mattino di lunedì, 27 aprile 1936, alle ore otto, l’inferma entrò in agonia.

«Erano presenti al letto di morte il marito Gaston Martin, di anni 78; la

signora Jeanne Martin loro figlia, di anni 45; Mad. Gosset, di anni 65;

un’amica del vicinato, il figlio Emilio Martin, e i coniugi Minet, nipoti della

morente.

«D’improvviso, alle ore 8,30, l’agonizzante fu colta da viva agitazione, si rizzò

a sedere nel letto, e con occhi smisuratamente spalancati prese a fissare

insistentemente un angolo della camera. Quindi, evidentemente spossata

dallo sforzo compiuto, ricadde pesantemente sui guanciali».

A questo punto, il marito Gaston Martin, riferisce:

«In tale istante tutti i presenti videro apparire un globo luminoso sovrastante

al capo della moribonda, il quale si trasformò lentamente in un busto vivente

di donna che spostandosi in alto, prese posto vicino alla parete. La testa di

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

88

quel busto era alquanto più grande del naturale, e rappresentava una giovane

donna sui trent’anni, molto bella, e dall’espressione dolcissima. Essa volgeva

sui convenuti il proprio sguardo radioso, che a tratti, pareva scintillante.

Dietro alla forma eravi una sorgente di luce solare abbagliante. Quindi quel

busto femmineo ridiscese lentamente, e quando fu vicino al capo della

morente, scomparve, quasiché fosse stato assorbito dal capo di quest’ultima.

«In quel preciso istante, l’inferma esalava l’ultimo respiro».

Questo l’episodio supernormale inconsueto, in cui il fenomeno delle

“apparizioni dei defunti al letto di morte” è costituito da un busto femmineo

non riconosciuto; e siccome fu collettivamente osservato da sette persone, per

le quali si svolse in guisa identica, non è lecito metterne in dubbio

l’obbiettività. Ma che cosa rappresentava quel busto vivente di giovane donna

sconosciuta a tutti i presenti, bella, radiosa, circonfusa da un ampio alone di

luminosità abbagliante?

Un giornale locale scrisse che il popolino aveva subito concluso

all’apparizione della Madonna, e che molti cattolici avevano gridato al

miracolo; ciò che non sorprende, date siffatte portentose modalità di

estrinsecazione.

Dal nostro punto di vista, giova osservare che nella fattispecie il caso appare

realmente inconsueto nella categoria dei fenomeni qui considerati, in cui le

forme spirituali apparse risultano costantemente fantasmi di parenti e di

amici defunti, noti al morente e agli assistenti; ma non bisogna dimenticare

che ogni regola comporta numerose eccezioni, le quali, in fondo, confermano

la regola.

A puro titolo informativo, noterò che per gli aderenti all’interpretazione

spiritualista dell’alto medianismo, la spiegazione dell’episodio in esame

potrebbe ricercarsi negli ammaestramenti impartiti dai defunti comunicanti;

secondo i quali tutti i viventi sarebbero assistiti (fin dove è lecito, senza

interferire con le “prove” cui deve sottostare ogni singolo individuo) da uno

“spirito-guida” che li sorveglierebbe nel corso intero della loro esistenza

incarnata (ciò che la chiesa cattolica avrebbe intuito nel simbolo “dell’angelo

custode”); nel qual caso dovrebbe inferirsene che in luogo dei parenti o

conoscenti della morente, siasi manifestato il di lei “spirito-guida”.

Ovvero, potrebbe anche presumersi che la forma spirituale apparsa sia stata

in vita un’amica di gioventù della vecchierella morente, e in conseguenza

risultasse sconosciuta a tutti i presenti. Non dimentichiamo che la morente fu

la prima a scorgerla, comportandosi in guisa da suggerire che probabilmente

la riconobbe. Senonché, adottando tale interpretazione, riuscirebbe meno

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

89

facile il darsi ragione dell’aureola di luminosità in cui apparve circonfusa

l’apparizione, segnacolo quest’ultimo di elevatezza nella gerarchia spirituale.

Comunque sia di ciò, sta di fatto che dal nostro punto di vista, anche questa

inconsueta modalità di estrinsecazione occorsa nella categoria delle

“apparizioni dei defunti al letto di morte”, convalidata collettivamente da

sette testimonianze, nonché divenuta di pubblica ragione nel circondario in

cui si estrinsecò, deve considerarsi obbiettiva, e niente affatto allucinatoria.

CASO LVI - Lo tolgo dal Light (1907, pag. 494). Il dottore W. T. O’Hara,

medico sui transatlantici della Compagnia «White Star Line», racconta che in

uno dei viaggi sulla linea di Yokohama, era stata affidata alle cure del capitano

una graziosa fanciulla decenne rimasta orfana, la quale tornava al Giappone,

dove l’attendevano i parenti. Era così graziosa, così buona e intelligente che

avvinse ben presto i cuori di tutti i componenti l’equipaggio, ma soprattutto

degli ufficiali di bordo, incluso il dottore che riferisce il fatto.

Allorché il transatlantico giunse nel mare della China, la fanciulla si ammalò

gravemente di febbre tropicale, e malgrado tutte le cure prodigate dal dottore,

essa andò rapidamente peggiorando, e si comprese che annunciavasi

inevitabilmente un decorso fatale della malattia.

A questo punto il dottore informa che quando vegliava la fanciulla, cominciò a

provare un senso inesplicabile di una presenza nella cabina, per quanto

nulla scorgesse a sé intorno. Il polso della fanciulla diveniva sempre più

debole, e il dottore sorvegliava ansiosamente i mutamenti nell’espressione del

di lei volto; quando all’improvviso la cabina cominciò a illuminarsi in guisa

misteriosa, sebbene l’alba fosse ancora lontana. In breve quella luminosità

divenne brillante come l’aurora nell’imminenza del sorgere del sole: quindi

parve condensarsi in una radiosità palpitante, con ondulazioni azzurre,

bianche, dorate, le quali si concentravano intorno al corpo della piccola

inferma. Così fu per qualche tempo; quindi tutto disparve, e la cabina tornò

nella primitiva semi-oscurità, in cui una lampadina notturna velata era la sola

fonte luminosa.

Durante l’estrinsecarsi del fenomeno, la fanciulla aveva guardato il dottore

con aria di chi vorrebbe chiedere spiegazioni; quindi aveva mormorato: - Oh!

Guardate! Guardate! Come è bello! - E così dicendo, le dita della mano di lei

strinsero convulsamente la mano del dottore. A questo punto, il dottore così

prosegue:

«Essa rivolse improvvisamente lo sguardo in alto. Anch’io guardai in quella

direzione, e vidi rasente il soffitto, al di sopra del di lei capo, formarsi un

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

90

globo luminoso dai contorni indecisi, risplendente alla guisa di un fanale

immerso in fitta nebbia. Crebbe lentamente come già l’altro fenomeno

luminoso, e divenne infine una brillante sfera di luce bianco-azzurra, la quale

pareva palpitante di vita. Aveva qualche somiglianza coi fuochi di Sant’Elmo

quali appariscono sulle sommità dell’alberatura durante le tempeste saturate

di elettricità.

«Ed anche questa volta, la fanciulla mi aveva guardato mormorando: - Oh,

guardate! Guardate!

«Lentamente - tanto lentamente che per qualche tempo io non me ne avvidi -

quel globo luminoso scese sulla fanciulla e ne circonfuse il capo, conferendo a

quel volto soave di bimba sofferente una gloria di radiosità spirituale

letteralmente angelica. Giammai ebbi ad assistere a una visione di bellezza

simile, e giammai vi assisterò in avvenire.

«Mentre quel globo sostava vagolando e vibrando intorno al capo della

fanciulla morente, io sentii che la mano di lei si contraeva fra le mie, mentre

un lieve tremito ne scuoteva il corpo. L’inferma fece un debole sforzo onde

rialzare il capo, esclamando con voce fioca e parole stentate:

« - Oh! Mamma, mamma! Sì, sì, la scorgo la via radiosa. Com’è bella! Come

tutto risplende!

«La sua voce si estinse in un lieve bisbiglio incompreso, mentre quel globo

luminoso si elevava di scatto, raggiungeva il soffitto, e spariva. La testolina

ricciuta della fanciulla ricadde sui guanciali. Ebbi ad avvertire nel corpo una

lieve contrazione dei muscoli, le dita della di lei mano si rilassarono, il polso

divenne insensibile, emise un leggero sospiro, mentre quel visino d’angelo

diveniva bianco, bianco come un pannolino.

«M’inginocchiai, col pianto che mi faceva groppo in gola; mi trovavo solo

oramai con una morticina.

«Le incrociai sul petto le manine, e macchinalmente guardai l’orologio:

segnava le due e trenta antimeridiane.

«Mentre ancora stavo genuflesso, si aperse la porta della cabina ed entrò il

capitano, seguito dal primo e secondo ufficiale, e dagli altri due ufficiali

supplenti. Il capitano si avvicinò al lettuccio, pose la mano sulla fronte della

morticina; quindi si volse a me dicendo:

« - Me lo aspettavo! - Indi aggiunse: - Dottore, io non credo affatto ai

fantasmi, né agli spiriti, od a cose simili, e ritengo che tra di noi non siavi

alcuno che vi creda. Ciò non toglie che io, con questi quattro ufficiali, abbiamo

assistito proprio in questo momento a qualche cosa di straordinario; e questo

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

91

“qualche cosa” era così distinto e reale da escludere ogni possibilità

d’illusioni. Ciò che abbiamo visto è un globo di luce azzurrognola, che pareva

un fuoco di Sant’Elmo nella tempesta. Apparve al di sopra delle nostre teste,

nel salottino dei fumatori; e mentre lo guardavamo, esso attraversò la camera,

dirigendosi verso la porta. Quivi rimase un istante, per poi avviarsi alla porta

di questa altra cabina, ed ivi sparire. A tale vista, io dissi ai miei compagni:

Ragazzi, l’angelica bambina nostra in questo momento è morta...».

Nel commovente episodio esposto, il particolare teoricamente più suggestivo

consiste nel fatto che il globo luminoso visto dal capitano e dagli ufficiali di

bordo, oltre a dimostrarsi il medesimo globo visualizzato dal dottore e dalla

fanciulla morente, risultò guidato da una intenzionalità ben definita, in

quanto si diresse dal salottino degli ufficiali, alla porta della cabina in cui

spirava in quel momento la fanciulla affidata alle cure del capitano; con ciò

facendosi messaggero della di lei morte. Niun dubbio pertanto intorno alla

genesi trascendentale della manifestazione.

E qui sorge spontanea la domanda: Che cosa, dunque, rappresentava quel

globo luminoso? Al qual proposito giova ricordare l’altro analogo evento

descritto nel caso che precede, in cui ebbe ad assistere all’estrinsecazione di

un globo luminoso il quale si trasformò rapidamente in un busto di donna

vivente. Dal che dovrebbe indursene come anche nel caso in esame, il globo di

luce azzurrognola visto collettivamente e successivamente da sei persone, il

quale erasi dimostrato guidato da una volontà, rappresentasse a sua volta una

delle modalità con cui si manifestano gli spiriti dei defunti, e in cui volle

manifestarsi agli ufficiali di bordo la madre della fanciulla morente; mentre la

medesima entità manifestavasi a quest’ultima in forma umana allo scopo di

farsi riconoscere.

Noto in proposito che nella casistica medianica non sono rari i casi in cui

tanto gli “spiriti dei defunti”, quanto gli “spiriti dei morenti”, appariscono ai

percipienti sotto la forma di un globo luminoso; e in una mia precedente

monografia ho citato un buon numero di casi di tal natura; tra i quali è

notevole l’episodio di una madre la quale, al momento in cui il proprio bimbo

esalava l’ultimo respiro, vide scaturire dal suo capo un globo luminoso che

rapidamente si elevava e scompariva attraverso il soffitto.

Nell’episodio esposto giova rilevare ancora la frase del relatore in cui informa

che quando la fanciulla da lui vegliata era entrata in agonia, egli cominciò a

provare un senso inesplicabile di una presenza nella cabina, per quanto

nulla scorgesse a sé intorno. Tale misteriosa sensazione “di una persona”,

risulta addirittura come nei casi di “telepatia al momento della morte”, nei

casi delle “manifestazioni dei defunti”, e nei casi dei fantasmi quali si

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

92

estrinsecano nelle “case o località infestate”; e concorre efficacemente a

dimostrare la natura “obbiettiva” dei fantasmi che si manifestano; come pure

sottintende un’azione telepatica sul percipiente da parte dei fantasmi in

questione.

Noto che sono frequenti i casi in cui il percipiente, assorto nella lettura, o in

altra mansione qualunque, non avrebbe scorto il fantasma se questi non lo

avesse indotto telepaticamente a voltarsi dalla parte in cui avveniva la sua

manifestazione. E quest’ultima circostanza - del fantasma il quale non è

visibile che nel punto in cui il percipiente è influenzato telepaticamente a

guardare - si trasforma in un’ottima prova in favore della obbiettività dei

fantasmi che così si comportano.

Non credo pero che tra i lettori del pietosissimo episodio esposto, possano

rinvenirsi delle mentalità a tal segno inaridite intuitivamente dal preconcetto

materialista, da persistere nell’attribuire illogicamente tutto ciò che avvenne,

alle gesta della subcoscienza di una bimba morente.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

93

CATEGORIA IV

Casi di apparizioni al letto di morte coincidenti con analoghi

preannunci o riconferme conseguite medianicamente

La presente categoria risulta fra le più importanti dal punto di vista

scientifico, inquantoché presuppone l’applicazione diretta dei metodi

d’indagine sperimentale ai fenomeni delle “apparizioni di defunti al letto di

morte”. Così com’è, essa non rappresenta che una semplice intrapresa

iniziale, ma l’inizio è di buon augurio, e lascia intravvedere la possibilità di

pervenire un giorno nell’intento; ciò che risulterebbe degno coronamento

d’ogni più alto ideale scientifico. Comunque, rimane pur sempre indubitato

che solo in virtù dei metodi d’indagine sperimentale è dato sperare in una

soluzione finale dei perturbanti problemi che si connettono con le

manifestazioni metapsichiche in genere, problemi il cui alto valore teorico,

oltreché interessare le discipline scientifiche e filosofiche, si estende, si eleva

fino a divenire sociale e morale.

Non è detto però che l’introduzione del preannuncio o della riconferma

medianiche nel quadro fenomenico delle apparizioni in esame, valga ad

eliminare totalmente l’ipotesi telepatico-allucinatoria, alla quale gli odierni

indagatori attribuiscono una tale multiformità di estrinsecazioni ipotetiche,

da rendere sommamente arduo eliminarla in una moltitudine di

manifestazioni medianiche. E nel caso nostro, si potrebbe sempre presumere

che il fatto di un’apparizione al letto di morte preannunciata o riconfermata

medianicamente, tragga origine da un rapporto telepatico a distanza avvenuto

tra la subcoscienza del medium e l’infermo, o del medium e i consultanti.

Dei nove casi qui considerati, i primi tre si dimostrano più o meno deficienti

dal punto di vista teorico, e mi risolvo a citarli nell’unico intento di

accumulare materiale metapsichico in servizio degli indagatori futuri; ma non

si potrebbe affermare altrettanto per quelli che seguono, i quali

rappresentano invece un contributo importante in favore dell’obbiettività

delle apparizioni dei defunti.

CASO LVII - Lo tolgo dal Journal of the American S. P. R. (1907, pag.

49). Ivi il prof. Hyslop enumera una serie di “visioni di moribondi”, e tra gli

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

94

altri, cita il seguente episodio occorso a due signore di sua conoscenza, e da

lui trascritto sotto la loro dettatura.

«Quattro o cinque settimane prima della morte di mio figlio, mi trovavo in

compagnia dell’amica signora S., dotata di facoltà medianiche; e venne

dettato un messaggio in cui lo “spirito-guida” di lei - una bambina sé

denominante “Bright Eyes” - promise di recarsi al letto di mio figlio,

gravemente infermo di carcinoma.

«Orbene: la notte precedente alla sua morte, egli si lagnò che intorno al suo

letto gironzolava una bambina, e chiese chi fosse. Tutto ciò avveniva a

Muskoka, centosessanta miglia più a nord di Toronto. L’infermo ignorava

assolutamente l’esistenza del messaggio conseguito con Mrs. S. ...».

Il prof. Hyslop così commenta:

«L’intima amicizia esistente tra Mrs. G., la madre del defunto, e Mrs. E.

residente a Muskoka, lascia adito a presumere che allusioni o suggestioni

siano state inconsciamente trasmesse al figlio prima della di lui morte; o che

al momento dell’esperimento medianico, qualche discorso sia stato fatto,

capace di togliere all’incidente quel valore che apparentemente riveste».

CASO LVIII - In occasione della morte di Mr. Ferneyhough, di Maritzburg

(Colonia del Capo), noto spiritualista inglese, direttore di riviste psichiche e

medium scrivente, il Light ne pubblica la necrologia (1912, pag. 452), dalla

quale desumo il seguente paragrafo:

«Il giorno 22 febbraio 1892, il signor Ferneyhough ebbe la sventura di

perdere il figlio primogenito Reginaldo, in età di cinque anni. In quell’epoca le

dottrine spiritualiste non avevano attrattive per lui; ma qualche tempo dopo

si lasciò indurre a intervenire in un circolo sperimentale, e in data 28

novembre 1894; si legge nel suo diario:

«La prima prova d’identificazione mi giunge proprio al momento in cui stavo

per rinunciare alle indagini. Si manifestò una Mrs. Nelson, la quale era stata

in vita un’infermiera di Maritzburg, e venne dettato: “Recati subito a casa tua,

poiché è là che si trova il tuo bimbo”. Il significato del messaggio si connetteva

alla malattia dell’altro suo bimbo Cirillo, e il signor Ferneyhough ebbe subito

l’impressione - in seguito giustificata - che “il bimbo che si trovava a casa sua”

fosse Reginaldo, venuto ad accogliere il fratellino Cirillo; forse egli pure

destinato a morire.

«E che tale impressione non fosse conseguenza di immaginazione esaltata è

confermato dal fatto che il bimbo infermo Cirillo, un momento prima di

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

95

morire, pronunciò indispettito il nome del fratellino Reginaldo, dicendogli di

andarsene, che non voleva venire con lui, che non vi sarebbe andato, poiché

voleva rimanere con la mamma».

Questo secondo episodio risulterebbe di per sé teoricamente molto

interessante, ma, come il primo, si presta alle medesime dubbiezze formulate

dal prof. Hyslop, visto che se il padre era presente, non poteva non pensare

intensamente al preannuncio medianico ottenuto, con le conseguenze

autosuggestive che ne derivano.

Ciò rilevato per la imparziale valutazione dei fatti, vi sarebbe da obbiettare

che le modalità con cui si svolse la visualizzazione del bimbo morente, mal si

accordano con tale versione dell’evento, giacché se il bimbo si mostrò

indispettito contro il fratellino Reginaldo, se gli disse di andar via perché

voleva rimanere con la mamma, e non già venire con lui, tutto ciò significa

che tra i due bimbi protagonisti erasi svolto spontaneamente un dialogo reale,

il cui soggetto non poteva certo attribuirsi a trasmissione telepatica del babbo.

CASO LIX - Questo caso dovrebbe classificarsi nella categoria seguente, in

cui si contemplano i casi di apparizioni viste unicamente dagli assistenti; ma

siccome in esso si contiene un episodio di riconferma medianica della visione

occorsa, lo unisco senz’altro a questa categoria.

Nell’anno 1917 destò molto interesse in Inghilterra un caso di identificazione

spiritica narrato dal signor Richard Wilkinson, uomo d’affari assai noto, e

scettico indurito in materia di spiritualismo e di religioni; il quale avendo

perduto il proprio figlio in guerra, fu indotto dalla propria consorte ad

assistere ad una seduta medianica, durante la quale si conseguirono prove

eccellenti sulla presenza e l’identità del figlio. Altre sedute si succedettero ed

altre prove straordinarie si accumularono, fino alla convinzione assoluta dello

scrittore Mr. Wilkinson; il quale, a conforto di tante anime doloranti, si decise

a riferire i fatti sulla rivista The London Magazine, per il mese di ottobre

1917. Stralcio questo brano dalla relazione in questione:

«Durante il periodo in cui mia moglie erasi recata ad assistere il proprio padre

caduto malato a Brighton (e morto poco dopo), un mattino verso le otto, in

pieno giorno, essa scorse a sé da lato l’apparizione del figlio. Nessuna

spiegazione scientifica, nessuna teoria potrà mai indurla ad ammettere che si

trattasse di autosuggestione e allucinazione. Essa è ben certa che suo figlio

trovavasi a lei daccanto.

«Qualche giorno dopo essa faceva ritorno a Londra. Non aveva raccontato

l’evento - per lei sacro - a nessuno, in attesa di veder me alla stazione per

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

96

confidarmelo. Alla sera di quel medesimo giorno, ci recammo insieme dalla

medium Mrs. Annie Brittain, e appena fummo in seduta, le prime parole da

lei pronunciate furono queste: - Vostro figlio desidera che sua madre sappia

che non era affatto un sogno il suo; ma che a lui fu concesso per un momento

di sollevare il velo che ci separa. - Quindi la medium aggiunse: - Anche

Giovanna lo vide. - Ora Giovanna è una nostra intima amica, che qualche

giorno prima aveva raccontato a mia moglie di aver visto l’apparizione di

nostro figlio in circostanze che escludevano assolutamente la possibilità di un

sogno. Inutile aggiungere che Mrs. Brittain non aveva mai sentito parlare di

questa signora Giovanna».

Anche per questo terzo episodio non si possono escludere le solite dubbiezze,

giacché i coniugi consultanti che si recarono dalla celebre medium Mrs.

Brittain, erano entrambi consapevoli, ed anzi avevano in precedenza discusso

sul caso impressionante dell’apparizione improvvisa del figlio defunto alla

madre sua. Ma se ciò giustifica in pieno l’ipotesi della trasmissione telepatica

del di lei pensiero intensamente vibrante nel senso corrispondente al

messaggio conseguito, però si rileva nel messaggio stesso una frase

complementare la quale appare letteralmente inattesa, in quanto il figlio

informa la madre sulla veridicità di una sua precedente apparizione a

un’amica di famiglia dotata di facoltà di “sensitiva”. Ora è certamente molto

meno verosimile che anche questa seconda allusione veridica a una

manifestazione del defunto la quale più non riguardava la madre sua, debba

ugualmente attribuirsi alle facoltà supernormali inquisitorie della medium, la

quale sarebbe pervenuta a carpirla nelle subcoscienze dei consultanti. In ogni

modo, siccome non potrebbe escludersi tale possibilità, ne deriva che anche

questo terzo caso, in apparenza molto suggestivo in senso spiritualista, risulta

invece poco conclusivo in tal senso.

CASO LX - Lo desumo dagli Annali dello Spiritismo in Italia (1875,

pagg. 120 a 149). La relazione del caso occupa dieci pagine della rivista, per

cui mi limito a riferirne i brani principali. Il relatore è il noto spiritista della

prima ora Rinaldo Dall’Argine, e i protagonisti sono persone di sua intima

conoscenza. Egli scrive:

«Il dottore Vincenzo Gubernari, nativo delle Maremme toscane, aveva fissato

stabile dimora in Arcetri (Pian dei Giullari), amenissimo paese poco discosto

da Firenze, e senza esservi medico condotto, vi esercitava ugualmente la sua

professione.

«Il Gubernari, ben fornito di beni di fortuna, erasi unito in matrimonio con la

signora Isabella Segardi di Siena, discendente di famiglia patrizia di quella

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

97

città. Essa pure era ricca, ed aveva portato al marito una dote non

indifferente.

«I coniugi avevano convenuto di farsi reciproca donazione delle proprie

sostanze, e la signora Isabella aveva già fatto testamento in quel senso, e

riteneva che il marito avesse fatto altrettanto a di lei riguardo.

«Quantunque il Gubemari, materialista com’era, ridesse dello Spiritismo e

degli spiritisti, pure non poté a meno di rimanere impressionato nel vedere

alcuni suoi conoscenti, che ben sapea molto istruiti, scevri di pregiudizi, e per

l’addietro più di lui anti-spiritisti, essere ad un tratto divenuti credenti alle

manifestazioni spiritiche. Un bel giorno dunque il dottore, sia che volesse

convincersi coi propri occhi, sia che volesse divertirsi alle spalle dei suoi

conoscenti, manifestò loro il desiderio di tentare un esperimento nella propria

casa, e li invitò a voler essere della partita.

«La seconda seduta ebbe luogo il 29 ottobre 1874. Appena i congregati si

furono posti in catena intorno al tavolo, uno spirito lo mosse agitandolo con

forza sorprendente... E il dottore rimase sommamente sorpreso quando,

domandando il nome dello spirito presente, gli fu risposto: - Tua zia Rosa.

«Il dottore essendo rimasto orfano in tenera età, era cresciuto sotto le

amorose cure di quella zia, che gli aveva fatto da madre.

«Quando si fu rimesso dalla sorpresa, egli esclamò:

« - Ebbene, se tu sei veramente la zia Rosa, aiutami nell’esercizio della mia

professione, e fammi guadagnare dei bei quattrini!

« - Sono qui per tutt’altro - rispose lo spirito. - Sono qui per consigliarti a

cambiar vita e a pensare a tua moglie.

« - A mia moglie ho già pensato - rispose intrepidamente il dottore; - tanto è

vero che tutti e due abbiamo fatto testamento a reciproco vantaggio.

« - Menzogna - rispose lo spirito agitando fortemente il tavolo per dimostrare

il suo malumore; - essa tutto ti ha lasciato, ma tu nulla a lei!

«Allora la signora Isabella prese parte al dialogo, e volendo persuadere lo

spirito che il Gubernari aveva fatto testamento in favore di lei, disse

coraggiosamente che suo marito potea provarlo mostrando il testamento

medesimo agli amici presenti.

«Il Gubernari, per questo inaspettato intervento della moglie, trovavasi

compromesso, e non sapea come fare per togliersi dalla brutta posizione;

sapea come stava di coscienza, ed era quindi impossibile che si decidesse a

confessare i suoi torti, dichiarando che lo spirito non aveva detto la verità.

Molto turbato per questo incidente, dichiarò che il testamento non lo avrebbe

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

98

fatto vedere a nessuno.

«Lo spirito allora, agitando il tavolo con maggior forza di prima gli rispose:

« - Sei un impostore! Sì, te lo ripeto, hai dimenticato la moglie, e nel tuo

testamento non ti sei ricordato che della tua donna di servizio, perché... lo sai

tu... Cambia, sì, cambia vita e testamento, e fa presto perché non hai tempo da

perdere. Tra pochi giorni sarai con noi nel mondo degli spiriti!

«Questa rivelazione fu come un fulmine sul capo del dottore. Ne rimase

atterrito... Quindi con rabbia, esclamò:

« - Come! Dovrò morire prima di mia moglie, mentre sono più giovane di lei?

No, non sarà mai; voglio vivere ancora, e vivrò.

«Così dicendo, si alzò indispettito, e ordinò che fosse portato altrove il

tavolino che aveva servito all’esperimento.

«Il domani un amico suo - il colonnello Maurizio - per calcare l’agitazione, gli

parlò di possibili mistificazioni spiritiche, e gli disse che in quella sera stessa

egli si sarebbe recato dalla contessa Isabella Passerini per una seduta di

controprova. Il dottore parve calmarsi, ed attese con impazienza il risultato

della nuova esperienza.

«Il colonnello Maurizio si recò infatti dalla contessa Passerini, e iniziata la

seduta, fu domandato allo “spirito-guida” se conosceva quanto era occorso

nella sera precedente in casa del dottor Gubernari. Venne risposto:

« - Non vi fu mistificazione. Lo spirito della zia del dottore non gli ha rivelato

che la pura verità.

« - Dunque - domandò il prof. Capelli - il dottor Gubernari deve proprio

morire, e morir presto?

« - Senza dubbio - continuò lo spirito - e prima della fine dell’anno corrente.

« -Ma - soggiunse il Capelli - come possiamo noi riferire al dottore questa

terribile conferma di quanto la zia gli ha rivelato? Noi non vogliamo, né

possiamo aumentare il suo turbamento.

« - Ciò che ho detto, l’ho detto a voi; col dottore regolatevi come meglio

credete.

«Detto ciò, lo spirito se ne andò, e la seduta ebbe fine.

«Al dottor Gubernari fu scritto immediatamente che lo spirito aveva

assicurato trattarsi di mistificazione. Il dottore lesse avidamente la missiva e

si rincuorò, ridendo di se stesso e delle sue paure; e siccome godeva in realtà

di una perfetta salute, si vergognò di aver creduto un sol momento ad una

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

99

morte vicina.

«Malgrado ciò, nella notte del 12 novembre fu assalito da febbre altissima

accompagnata da forti dolori. I medici diagnosticarono trattarsi di cosa da

poco, e da non prendersene pensiero... ma intanto il male aumentava, ed egli

soffriva orribilmente...

«Gli amici si portarono nuovamente dalla contessa Passerini per una seduta

medianica. Si manifestò la solita entità, che interrogata in proposito rispose:

« - Siccome si tratta di un ammalato, risponderò che di malattie non me ne

intendo; ma per soddisfare il vostro desiderio, cercherò uno spirito che abbia

esercitato in vita la medicina, e ve lo manderò. Aspettate un momento.

«Il tavolo si fermò, ma dopo pochi minuti si mosse nuovamente e lo stesso

spirito disse:

« - Ho trovato il medico. Egli è qui: interrogatelo.

«(D.) - Puoi dirci qualche cosa intorno alla malattia del dottor Gubernari?

«(R.) - Posso dirvi che come spirito ho trovato il Gubernari gravemente

malato; ma vi confesso però, che se fossi ancora fra voi, direi di lui ciò che ne

dicono i miei colleghi viventi.

«(D.) - Ma se è vero che è gravemente malato, com’è possibile che i medici

abbiano dichiarato che il suo male è cosa di poco momento?

«(R.) - Se il corpo, che tiene l’anima imprigionata, fosse fatta come una

scatola da potersi aprire a piacimento, i medici conoscerebbero il male che

consuma il Gubernari, mentre egli esternamente sembra florido.

«(D.) - Il suo male è solamente fisico, o è anche morale?

«(R.) - E’ l’uno e l’altro.

«(D.) - Guarirà o soccomberà?

«(R.) - Mi dispiace dirvelo, ma egli presto sarà dei nostri.

«(D.) - Puoi dirci chi sei?

«(R.) - Un medico, il cui nome non vi è ignoto.

«(D.) - Favorisci dunque di pronunciarlo.

«(R.) - Ve lo dico, e poi me ne vado, perché non ho tempo... altre cure mi

attendono. Dottor Panattoni. Buona notte a voi.

«(Il dott. Panattoni, parente del deputato dello stesso nome, era un buon

medico, il quale esercitava in Firenze la sua professione).

«Furono chiamati altri medici a consulto, e allora si seppe che il dottore

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

100

Gubernari aveva internamente una cisti... che il caso era disperato... Egli

venne a morte il giorno 30 dicembre 1874, vale a dire, prima della fine

dell’anno, com’era preconizzato.

«Ridotto agli estremi, dicea di vedere vicino al suo letto, lo spirito del dottor

Panattoni, che non lo abbandonava un sol momento, e al suo capezzale gli

spiriti di sua madre e della zia Rosa, che lo consolavano con la loro presenza,

e lo incoraggiavano a lasciare la vita terrena. Temendo che non lo si credesse,

esclamò più di una volta: - Quello che dico è la pura verità. Sono agli estremi,

e chi è agli estremi non mente».

Questo quarto episodio risulta già molto meno suscettibile di essere

interpretato con le consuete ipotesi della “trasmissione telepatica del

pensiero” e della “lettura nelle subcoscienze altrui”. Anzitutto, perché ci si

trova in presenza di un caso di premonizione di morte conseguito

medianicamente, nonché realizzatosi entro la data preconizzata, e ciò nei

riguardi di persona la quale godeva apparentemente ottima salute. In secondo

luogo, perché il morente aveva visualizzato al proprio letto di morte anche lo

spirito del dottor Panattoni; vale a dire, di colui che aveva riconfermato la

premonizione formulata dalla zia defunta circa l’imminenza della propria

morte. Ora, siccome il morente tutto ignorava in proposito, tale notevolissima

coincidenza tra la parte rappresentata dal dottor Panattoni nei riguardi di

quanto era avvenuto, e ciò che ora avveniva al letto di morte dell’infermo, non

manca di apparire altamente suggestiva nel senso dell’obbiettività del

fantasma visualizzato dal morente.

Così stando le cose, ed ove anche si volesse pretendere che il morente abbia

carpito telepaticamente nelle subcoscienze altrui la notizia circa la precedente

seduta in cui il dottor Panattoni aveva parlato di lui, si domanda quale

rapporto di “causa ed effetto” possa rinvenirsi tra una notizia di tal natura

venuta a conoscenza del morente, e il fatto del morente il quale vide al suo

capezzale il dottore in discorso venuto a incoraggiarlo onde predisporlo alla

grande prova della disincarnazione.

Volendo precisare ulteriormente, dirò che un rapporto di “causa ed effetto”

tra i due eventi può anche affermarsi che esiste, ed è che il dottore in

questione essendosi interessato all’imminenza della morte del Gubernari,

volle trovarsi al suo capezzale per confortarlo ed assisterlo. Si tratterebbe

pertanto di un rapporto di “causa ed effetto” d’ordine puramente psicologico e

patologico determinatosi per legge di “similarità”.

CASO LXI - Venne raccolto dal prof. Hodgson, e lo desumo dal vol. III, pagg.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

101

227-228 dei Proceedings of the S. P. R.

«Gennaio 28, 1891. Circa undici anni or sono, epoca in cui mi trovavo in

grandi angustie per mia moglie, inferma di cancro allo stomaco, venni a

sapere che una medium, certa Miss. Susie Nickerson White, aveva dato prove

notevolissime di possedere facoltà supernormali. Mi recai a trovarla senza

farmi conoscere, e chiesi di avere una seduta che mi fu tosto concessa.

«Si presentò un’entità sé affermante la sorella di mia moglie; disse chiamarsi

Maria, nome corrispondente al vero; proseguì accennando a fatti e vicende di

famiglia conformi in tutto a verità: diede esattamente il nome di mia moglie:

Elisa Anna; descrisse la sua malattia; pronosticò che non avrebbe

sopravvissuto e che le restavano pochi mesi di vita. Sorpreso di tante precise

informazioni, mi venne fatto domandare: - Come si denominano questi

fenomeni? Psichismo? Sonnambulismo? Che dunque? - Maria rispose: -

Sapevo che tu stavi per rivolgermi questa domanda: la lessi nel tuo pensiero. -

Al che soggiunsi: - Tu, dunque, desumi dal mio pensiero tutto quanto vai

dicendo? - No, - essa replicò - e a dimostrartelo io riferirò qualche cosa che

non è nel tuo pensiero. Ti preannuncio che fra tre giorni Elisa Anna dirà ch’io

le sono apparsa, e con me la madre nostra, ch’io spero poter condurre a lei.

«Premetto che la madre di mia moglie era morta or fanno quaranticinque

anni, e la sorella di lei, da sei ad otto anni prima. Io mantenni naturalmente il

segreto su quanto erami occorso. In capo a tre giorni, l’infermiera accorse

trafelata ad avvertirmi che mia moglie era peggiorata, che dava segni

manifesti di delirio, che aveva improvvisamente chiamata la propria madre e

la sorella Maria, per indi precipitarsi giù dal letto e correre verso la porta

gridando: - Resta mamma! Fermati Maria! Non ve ne andate ancora!

«Dopo prova siffatta, mi recai nuovamente a consultare Miss White. Iniziata

la seduta, si presentò la medesima entità. Ero in quel momento in vive

angustie per mia moglie la quale si mostrava da qualche giorno incapace a

ritenere qualsiasi sorta di cibi o di liquidi, compresi il latte e l’acqua. Erasi

pertanto ridotta all’estremo dell’esaurimento, con l’aggravante di un’insonnia

implacabile. Maria consigliò di preparare per lei del caffè assai concentrato,

nonché molto caldo, con entro della panna, dello zucchero e del biscotto alla

crema. Per quanto tale prescrizione mi sorprendesse, deliberai di prepararla e

di somministrargliela. L’inferma assaporò di buon gusto, sopportandola

benissimo; e dopo che l’ebbe presa poté dormire lungamente. Durante

parecchi giorni ne visse in modo esclusivo; gradatamente però divenne

incapace di ritenere anche cibo siffatto.

«Consultai nuovamente Miss White; e Maria consigliò di prendere dei limoni,

di estrarne il sugo e somministrarlo in cucchiai all’inferma parecchie volte al

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

102

giorno; tutto ciò allo scopo di farle tornare l’appetito e metterla in grado di

ritenere i cibi... Tale prescrizione ebbe pieno successo. Non andò molto però

che mia moglie riprese a peggiorare. Mi recai per la quarta volta da Miss

White, e chiesi a Maria quanto tempo le rimarrebbe ancora da soffrire.

Rispose di non essere in grado di dirlo, ma che però avrebbe pensato ad

avvertirmene: - La prima volta - essa aggiunse - che l’inferma dice di avermi

veduta, tu non dovrai più staccarti dal suo capezzale.

«Parecchi giorni dopo, verso le tre o le quattro del mattino, mi recai a dare il

cambio all’infermiera, e questa mi avvertì: - Mammie (alludendo a mia

moglie) disse or ora di aver veduto nuovamente Maria. - Pochi minuti dopo,

mia moglie mormorò: - Me ne vado - e così dicendo esalava - l’ultimo

respiro».

(Firmati: E. Page; Mary A. Page, già Mary A. Dockert,

l’infermiera citata)

Nel caso che precede, ed a proposito del duplice episodio di apparizione si

potrebbe ragionevolmente indurre che il fatto della sua matematica

realizzazione abbia avuto per causa un impulso telepatico originato nel

pensiero subcosciente della medium, ovvero in quello del marito.

Non così facilmente dilucidabile si presenta invece l’altra visione nunzia di

morte per l’inferma. Il compito non sarebbe troppo difficile qualora la visione

stessa fosse occorsa in presenza del marito; nel qual caso sarebbe legittimo

presupporre che accadendo a quest’ultimo di riscontrare sul volto

dell’inferma i contrassegni preagonici, sia egli ricorso col pensiero alla

formulata promessa, con ciò cambiandosi in agente telepatico trasmettitore

all’inferma del corrispondente fenomeno allucinatorio.

Senonché l’episodio stesso non avvenne precisamente così. Fu, come si è

visto, l’infermiera ad avvertire il marito circa l’occorsa apparizione. Ne

consegue pertanto che la spiegazione accennata non regge, e che l’ipotesi

telepatica risulta inadeguata al compito. Ammenoché, come già fu proposto a

spiegazione di analoghe profezie conseguite con Mrs. Piper, si voglia ricercare

la chiave risolutrice di ogni mistero, nella possibilità che avvengano fenomeni

d’interferenza telepatica tra subcosciente e subcosciente; vale a dire,

all’infuori di ogni partecipazione delle rispettive coscienze normali, salvo

accidentali irruzioni del subcosciente nel cosciente, le quali appunto

determinerebbero i complessi episodi citati.

A norma di siffatta ipotesi, si avrebbe a indurre che l’io subcosciente

dell’inferma, avendo avuto il presentimento dell’imminenza della propria

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

103

morte, e tale presentimento essendo stato percepito telepaticamente, sia dalla

subcoscienza della medium, sia da quella del marito, abbia dato origine al

corrispondente fenomeno di ripercussione telepatica nella coscienza normale

dell’inferma.

Come ben si vede, l’ipotesi suddescritta non si raccomanda certo per la sua

semplicità, e si dimostra tutt’altro che convincente. Non è chi non veda come

con siffatte intricatissime teorie, assai più ingegnose che serie, si esorbitino i

confini dell’induzione scientifica per entrare a gonfie vele nel dominio

sconfinato del fantastico.

CASO LXII - Onde facilitare la comprensione dell’interessante episodio che

sto per riferire, giova avvertire che sotto il finto nome di Elisa Mannors si cela

una signora conosciuta in vita dal dottor Hodgson, e da F. W. Myers. Tale

signora aveva uno zio - nella relazione chiamato signor F. - il quale venne a

morte la vigilia del giorno in cui il dottor Hodgson tenne con Mrs. Piper la

seduta di cui si tratta.

«La notizia della sua morte (del signor F., zio di Elisa Mannors) venne

inserita in un giornale di Boston, e occorse a me di leggerla allorché mi

avviavo alla seduta. Il primo messaggio scritto risultò da parte della signora

Elisa, cosa a cui non mi attendevo. Essa scrisse in modo spigliato e chiaro, -

annunciando che F. si trovava presente alla seduta, per quanto in condizioni

da non poter comunicare direttamente; disse che intendeva ragguagliarmi

circa il modo con cui essa aveva aiutato F. a raggiungerla; spiegò che si

trovava presente al suo letto di morte e che gli aveva rivolto parole di

conforto, ch’essa trascrisse, e in cui si conteneva una forma di espressione

inusitata. Affermò inoltre ch’egli aveva intese quelle parole, come pure che

l’aveva veduta e riconosciuta.

«Ora tutto ciò mi fu riconfermato punto per punto nell’unica guisa allora

possibile, vale a dire pel tramite di un amico assai intimo della signora Elisa,

di me e di un prossimo parente di F. Gli mostrai la relazione della seduta, e in

capo a un giorno o due, il parente sopradetto, il quale erasi trovato al letto di

morte, riferì spontaneamente all’amico che il signor F. morendo, aveva

affermato di scorgere a sé dinnanzi la nipote Elisa che gli parlava, e aveva

ripetuto le parole da lei profferite. Ora tali parole che il parente di F. riferì

all’amico risultarono quelle medesime a me riferite dalla signora Elisa pel

tramite di Mrs. Piper in trans. Già si comprende che io ignoravo ogni cosa».

(Dott. Hodgson, in Proceedings of the S. P. R., vol. XIII, pag. 378).

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

104

L’episodio esposto appare tale da suggerire irresistibilmente l’interpretazione

spiritica.

Rilevo nondimeno che gli oppositori potrebbero ancora obbiettare che le

persone le quali assistevano l’infermo signor F., erano necessariamente a

cognizione dell’incidente supernormale svoltosi al suo letto di morte; dal che,

secondo taluno fra essi, potrebbe ancora inferirsene che tra la subcoscienza di

Mrs. Piper in trans e le subcoscienze delle persone in discorso, fosse

avvenuto un fenomeno di “lettura a distanza nelle subcoscienze altrui”; ciò

che avrebbe posto in grado la medium di mistificare inconsciamente il

prossimo ponendo in bocca a una personificazione subcosciente sé affermante

Elisa Mannors, le informazioni conseguite telepaticamente.

Ciò rilevato in omaggio alla correttezza teorica serenamente imparziale da

osservarsi nelle indagini psichiche, mi affretto a dichiarare che siccome Mrs.

Piper non conosceva affatto le persone di cui si tratta, come non le conosceva

il consultante dottor Hodgson, non sarebbe stato possibile che si stabilisse

l’indispensabile “rapporto psichico” tra la subcoscienza della medium e le

subcoscienze degli assistenti al letto di morte, così come nel caso pratico degli

“apparecchi radiofonici” non è possibile stabilire il contatto con una stazione

qualunque emittente, se prima non si è regolato il proprio apparecchio sulla

“lunghezza d’onda” della stazione emittente ricercata.

In altri termini la “lunghezza d’onda” per gli apparecchi della “radio”

corrisponde al “rapporto psichico” nei fenomeni telepatici. Nel primo caso è

questione di “vibrazioni vitali”, e ciò nel senso che ogni singolo individuo

possiede un “ritmo vibratorio” specializzato, che lo distingue da qualsiasi altro

individuo esistente, “ritmo vibratorio” percepibile alle personalità integrali

subcoscienti dei “mediums” e dei “sensitivi”; ciò fino al punto che quando è

occorso a una personalità subcosciente di entrare in tal guisa in “rapporto

psichico” con un individuo qualunque, essa ne riconoscerà infallibilmente il

ritmo vibratorio specializzato che lo contraddistingue, e in conseguenza verrà

posta in grado di rintracciarlo in qualsiasi parte del mondo egli si trovi (come

avviene per la “radio”); ma se invece essa non lo conosce personalmente; vale

a dire, se non è mai entrata a contatto con le sue “vibrazioni vitali”, allora non

perverrà mai a rintracciarlo in base alla semplice descrizione del di lui aspetto

esteriore, ammenoché non si ponga in mano al “medium” o al “sensitivo”, un

oggetto portato lungamente sulla persona dall’individuo da rintracciarsi

(psicometria); nel qual caso le “vibrazioni vitali” dell’individuo possessore

dell’oggetto psicometrizzato, preservate allo stato latente nella materia

costituente l’oggetto stesso, serviranno ugualmente allo scopo.

E qui, dal nostro punto di vista, noto che siccome anche questa seconda

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

105

circostanza di fatto risulta assente nel caso in esame, ne consegue che deve

escludersi categoricamente l’interpretazione telepatica sotto qualsiasi forma

nei confronti di quest’altra “apparizione di defunta al letto di morte”.

CASO LXIII - Lo desumo dalla relazione del dottor Hodgson sulle

esperienze con Mrs. Piper (pag. 121), relazione stampata nel vol. VIII dei

Proceedings of the S. P. R. Solamente le iniziali del nome dei protagonisti

vennero pubblicate.

«Aprile 5, 1889. Mi recai da Mrs. Piper verso la fine di marzo dell’anno or

decorso (dai primi del febbraio, ero uso recarmi presso di lei una volta ogni

quindici giorni).

«Essa mi preannunciò la morte di un prossimo parente, che sarebbe occorsa

entro sei settimane circa, e mi avrebbe procurato qualche vantaggio

pecuniario. Pensai naturalmente a mio padre, assai avanzato negli anni, la cui

personalità Mrs. Piper aveva tratteggiata con mirabile evidenza alcune

settimane prima, per quanto lo avesse fatto in guisa da far ritenere parlasse

non già di mio padre, ma semplicemente di persona a me vincolata da stretta

parentela. Chiesi pertanto se la persona che doveva morire fosse quella

medesima descritta in quella circostanza, ma essa si schermì in modo che

nulla pervenni a sapere. Pochi giorni dopo occorse alla mia futura sposa di

recarsi da Mrs. Piper, e questa allora preannunciò senza reticenze che mio

padre sarebbe morto entro poche settimane.

«Verso la metà di maggio, mio padre il quale andava rimettendosi da un lieve

attacco bronchiale, venne improvvisamente a morire a Londra, a seguito di

paralisi cardiaca; il che occorse nel giorno stesso in cui era stato dai medici

dichiarato fuori pericolo.

«Anteriormente a ciò, “Phinuit”, pel tramite di Mrs. Piper, avevami

annunciato che si sarebbe recato presso mio padre onde esercitare su di lui la

propria influenza al riguardo di certe disposizioni testamentarie da lui prese.

Due giorni dopo ch’ebbi ricevuto la partecipazione telegrafica di morte, mi

recai con mia moglie da Mrs. Piper, e “Phinuit” riferì che mio padre si trovava

presente, e che la sua venuta nel mondo degli spiriti era stata improvvisa.

Dopo di che, mi assicurò di essersi adoperato presso mio padre onde

persuaderlo in merito alle disposizioni testamentarie accennate. Indi mi

ragguagliò circa il contenuto del testamento, descrisse le sembianze del

principale esecutore testamentario, e disse che questi, non appena io fossi

giunto a Londra, avrebbe avanzato una certa proposta in mio favore, da

sottomettersi al consenso degli altri due esecutori.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

106

«Tre settimane dopo, io mi trovavo a Londra. L’esecutore testamentario

principale risultò precisamente quel medesimo descritto da “Phinuit”; il

testamento apparve redatto nei termini ch’egli aveva preannunciato; la

proposta a mio favore venne effettivamente avanzata, e mia sorella la quale

non erasi mai staccata dal capezzale di mio padre durante gli ultimi tre giorni,

raccontò com’egli si fosse ripetutamente lagnato della presenza di un vecchio

ai piedi del letto, il quale lo importunava col voler discutere i suoi privati

interessi».

(Firmati: M. N., e Mrs. N. N.).

Anche al riguardo del citato episodio, è pur forza convenire come esso si

presti mirabilmente ad essere spiegato con l’ipotesi spiritica.

Nondimeno, còmpito nostro è quello d’indagare spassionatamente fino a qual

punto l’ipotesi telepatica pervenga a darne ragione; anzitutto dal punto di

vista del fenomeno di apparizione al letto di morte; poi, degli altri incidenti in

quanto si collegano indirettamente al fenomeno principale. E già si

comprende che con l’ipotesi telepatica si perverrebbe ancora a spiegare il

complesso dei fatti; purché, bene inteso, ci si astenga dal sottilizzare intorno

all’artificiosità più o meno eccessiva di talune congetture messe in campo.

A norma pertanto di siffatta ipotesi, e per quanto riguarda la coincidenza

impressionante tra l’apparizione al letto di morte e il preannuncio datone

dalla Piper, si avrebbe a presumere che la subcoscienza della medium in

trans, impersonando la sedicente personalità spiritica del “dott. Phinuit”, e

obbiettivandola sotto forma di un vecchio, abbia trasmesso telepaticamente ai

centri d’ideazione dell’infermo la identica obbiettivazione allucinatoria; e

tutto ciò attraverso l’oceano Atlantico. Nel qual caso l’indispensabile

“rapporto psichico” tra la medium e l’infermo lontano da lei non conosciuto,

sarebbe avvenuto pel tramite del figlio presente, il quale pertanto avrebbe

funzionato da “oggetto psicometrizzabile”.

In merito all’incidente veridico della profezia di morte, si avrebbe a ricercarne

la genesi in un fenomeno di percezione telestesica del vizio cardiaco insidiante

a breve scadenza la vita del padre del consultante.

Al riguardo, infine, degli altri incidenti veridici, quali la descrizione

dell’aspetto personale di uno tra gli esecutori testamentari, la rivelazione del

contenuto del testamento, e la proposta avanzata in favore del signor M. N.,

rimarrebbe da fare audacemente capo alla ipotesi della lettura del pensiero a

distanza, sempre attraverso l’oceano Atlantico.

Come si vede, gli episodi tutti, per quanto d’ordine sensazionale, si

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

107

mostrerebbero più o meno suscettibili di venire dilucidati con l’ipotesi

telepatica considerata nelle molteplici sue modalità di estrinsecazione, tanto

le autentiche quanto le supposte.

Comunque, prima di avventurarsi oltre i confini dell’ipotesi stessa, tali

possibilità meritano di essere prese in considerazione.

Non è men vero però, che se si pervenne a tutto dilucidare con la telepatia, ciò

accadde per avere conferito alla medesima poteri siffattamente lati e

meravigliosi da ritrovarci tornati per un’altra via - quella della subcoscienza -

sulla soglia di quel trascendentale spiritualista che pur con ogni cura si voleva

eludere.

CASO LXIV - Il seguente notevole episodio io lo ricavo da un aureo

volumetto intitolato: No More Tears (Non più lagrime) (1), di cui è autrice

Mrs. A. Stuart, una madre il cui unico figlio diciottenne, aviatore nella Grande

Guerra del 1914, venne ridotto a brandelli dallo scoppio di un obice ad alta

potenza, togliendo alla mamma anche l’estremo conforto di una tomba sulla

quale pregare e piangere.

(1) Non più lagrime: esperienze psichice di una madre coi suoi cari morti.

Edizioni «Alaya», Milano, 1936, pag. 95. Traduzione di Gina Mignani (G. D.

B.).

Ed essa pianse, pregò, disperò nella solitudine delle mura domestiche, fino a

quando le avvenne - per pura coincidenza fortuita - d’iniziarsi alle indagini

medianiche, ottenendo tali e tante prove di identificazione personale del

proprio figlio, da riacquistare come per incanto la pace perduta, combinata

alla gloriosa certezza che un giorno si sarebbe riunita al figlio adorato.

Ritenne pertanto suo sacro dovere d’impartire al mondo la grande novella che

questa volta poteva affermarsi sulla base dei fatti che «la morte non esiste»;

ciò a conforto di tante madri che come lei colpite dalla sventura, soffrivano,

piangevano, e, purtroppo, dubitavano sull’avvenire della tomba, giacché la

fede dei loro padri, nella quale ritenevano credere fermamente, erasi rivelata

deficiente nell’ora della prova.

Il volumetto ebbe una diffusione enorme, trovò una grande ammiratrice nella

regina d’Inghilterra, e fu tradotto in dieci lingue, compresa la nostra.

Nelle lunghe conversazioni medianiche del figlio con la mamma, ottenute con

la “psicografia”, con la “chiaroveggenza”, con la “incorporazione”, con la “voce

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

108

diretta”, e in forma materializzata, conversazioni dalle quali scaturivano a

gettito ininterrotto prove d’ogni sorta d’indentificazione personale, si realizzò

pure un incidente in cui il figlio preconizzando la morte della nonna materna,

designò anche quali sarebbero stati i defunti venuti ad accoglierla al letto di

morte, ponendo anche se stesso tra questi.

La relatrice ne riferisce nei termini seguenti:

«Mia madre non tardò a seguire mio marito nel mondo spirituale; e di

quest’ultimo evento “Laddie” preannunciò il giorno e l’ora precisa in cui

doveva avvenire.

«Mia madre era stata in vita una seguace intransigente dell’ortodossia

religiosa, e aveva educato me nella identica guisa. Sapeva che io mi occupavo

di ricerche medianiche, ma non si parlava mai di tale argomento, per lei

ripulsivo... Una sera in cui si teneva seduta nel nostro circolo privato, mio

figlio si rivolse a me dicendo: - Mamma, nel prossimo sabato non

abbandonare mai il capezzale della nonna, per nessun motivo. Pochi minuti

prima delle dieci pomeridiane (questa è l’approssimazione massima che mi

sia possibile in questo ambiente in cui non esiste il tempo terreno), noi

interverremo in sei ad accoglierla nel mondo spirituale.

«Tornando a casa dissi all’infermiera ciò che aveva preannunciato mio figlio.

Essa non era spiritualista, ma ne rimase impressionata, e rispose che in quel

giorno si sarebbe trattenuta oltre l’ora abituale, in attesa degli eventi.

«Mia madre non era malata; solo vecchia di 88 anni, ma conservava integre le

facoltà mentali. Quando giunse il sabato fatidico, rilevammo entrambe che

mia madre non era mai stata così bene, e non pareva certo che dovesse

estinguersi in capo a qualche ora. Senonché quando si approssimarono le ore

dieci, essa prese a guardare intorno con espressione di sorpresa; quindi

osservò bruscamente: - Ma perché vengono a me tutte queste persone? -

L’infermiera le si avvicinò, domandando: - Signora, a quali persone allude? -

Mia madre parve stupirsi della domanda, e rispose: - Alludo a tutte queste

persone defunte che mi circondano. - L’infermiera chiese ancora: - Quante

sono? - Gli occhi di mia madre percorsero lentamente lo spazio intorno al

letto, mentre con la voce contava: - Uno, due, tre, quattro... -, per indi

concludere: - Sono in sei. - Io e l’infermiera ci scambiammo uno sguardo di

stupore eloquente. Quindi l’infermiera, aggiustando i guanciali, consigliò: -

Cara signora, procuri di dormire. - Allora io chiesi: - Chi sono, mamma, le

persone che tu vedi? E di che cosa parlano? - Rispose: - Oh, parlano dei vostri

misteri, ed io non ho nessuna simpatia per tali sorta di misteri. Vedo tuo

padre, i miei figli, e il caro mio nipote. E’ lui che mi parla in questo momento.

Dice: Cara nonna, tu pensi che sei prossima a morire; ma ciò non è vero. Non

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

109

c’è morte, nonna cara. Tu non farai che sonnecchiare, per poi risvegliarti in

ambiente spirituale...».

«Ciò detto mia madre chiuse gli occhi, cantando sommessamente la prima

strofa dell’inno: Gesù, mio grande amore. Quindi li riaperse e ci sorrise.

Siccome sembrava che avesse desiderio di dormire, abbassammo la luce, e

sedemmo in silenzio... Passarono altri venti minuti; dopo di che, la vedemmo

agitarsi debolmente. Accorremmo al di lei capezzale. Dopo qualche istante

essa tornò a chiudere gli occhi, e questa volta per sempre... Io e l’infermiera

guardammo silenziosamente l’orologio a pendolo, e ci comprendevamo senza

parlare: mancavano dieci minuti alle dieci...» (Ivi, pagg. 71-79).

In questo semplice, ma pur sempre notevolissimo episodio di “apparizione di

defunti al letto di morte” è rilevabile la circostanza del figlio il quale

preannuncia alla madre che sarebbero intervenuti in sei ad accogliere lo

spirito della morente, e conformemente, si riscontra che la morente, invitata a

contare gli spiriti che scorgeva intorno a sé, ne conta precisamente sei, tra i

quali il di lei nipote adorato. Ciò è interessante e suggestivo, per quanto gli

oppositori potrebbero ancora obbiettare che la madre e l’infermiera, presenti

al letto di morte, erano informate al riguardo. Senonché tale obiezione,

implicante un fenomeno di trasmissione telepatica del pensiero alla morente,

risulta bensì teoricamente legittima, ma, nel caso speciale, appare

praticamente gratuita, ed anzi insostenibile, visto che non si trattava della

trasmissione pura e semplice di un momento, bensì della presenza

obbiettivata intorno al letto della morente, di sei forme spirituali di parenti

defunti, dimodoché in simili contingenze, la trasmissione telepatica del

numero in discorso avrebbe dovuto creare nel sensorio della morente una

sestuplice allucinazione di altrettanti parenti defunti; il che appare

inverosimile fino all’assurdo.

E ciò tanto più se si considera tale episodio in unione all’altro complementare

della rivelazione del giorno, dell’ora e del minuto in cui la morente doveva

esalare l’ultimo respiro. Si pretenderebbe, forse, che la realizzazione di

quest’altro annuncio veridico fosse stata conseguita a sua volta per ausilio

della trasmissione del pensiero? Sarebbe, dunque, stata la relatrice che

avrebbe provocato la morte di sua madre suggestionandole l’ora precisa in cui

doveva esalare l’ultimo respiro? Immagino che neanche tra i più irriducibili

oppositori della sopravivenza umana, possa rinvenirsi chi abbia l’audacia di

propugnare una simile aberrazione teorica. E se così è, se questo secondo

episodio esclude in modo categorico l’interpretazione telepatica sotto tutte le

forme, allora anche nei riguardi del primo deve escludersi tale ipotesi;

dimodoché l’interpretazione spiritualista dell’episodio in esame risulta l’unica

suscettibile di spiegare il complesso dei fatti.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

110

Si noti infine, che a volersi attenere rigorosamente ai metodi d’indagine

scientifica, il presente episodio non avrebbe dovuto considerarsi allo stato

isolato, bensì in unione alla serie intera delle esperienze in cui si trova

incastonato; nel qual caso le conclusioni spiritualiste a cui si pervenne

analizzandolo allo stato isolato per motivi di classificazione, diverrebbero

letteralmente incrollabili.

CASO LXV - Lo ricavo dal libro di Natacha Rambova: Rudy, nel quale essa

narra la vita del proprio consorte Rodolfo Valentino, il celebre artista

cinematografico, facendolo seguire dai messaggi medianici conseguiti dal

defunto nel proprio circolo privato d’indagini.

Dal punto di vista generico delle “rivelazioni trascendentali”, il libro presenta

un grande interesse, in quanto risulta una mirabile sintesi di quanto venne

sempre affermato dagli altri defunti comunicanti.

Si apprende dal libro che Rodolfo Valentino si occupava in vita di esperienze

medianiche, ed era egli stesso un medium scrivente e “veggente”

notevolissimo.

I messaggi medianici qui considerati furono ottenuti dalla Rambova nella

residenza paterna, situata nei dintorni di Nizza, pel tramite del medium nordamericano

Giorgio Benjamin Wehner.

Dal punto di vista qui considerato, giova accennare all’incidente iniziale

avvenuto allorché il Valentino versava in condizioni gravissime a New-York.

In quella sera, nel circolo familiare di Nizza, si manifestò lo spirito di una

defunta di nome “Jenny”, grande amica di famiglia, informando di essere

stata al capezzale del morente Rodolfo, il quale l’aveva vista allorché lo

trasportavano alla Casa di Salute.

Infine, il defunto stesso, nei primi suoi messaggi medianici, riferisce di aver

visto “Jenny”, e di averla chiamata.

Si tratta pertanto di una triplice conferma della medesima “apparizione di

defunta al letto di morte”, in cui la prima venne trasmessa medianicamente,

qualche ora dopo, alla consorte del morente residente a Nizza, e chi gliela

trasmise fu la stessa defunta che gli si era manifestata a New-York, mentre la

notizia medesima veniva debitamente convalidata per lettera, una settimana

dopo, dalla sorella della consorte del Valentino; e, per soprappiù, veniva in

ultimo riconfermata dal defunto stesso nel primo messaggio da lui trasmesso

medianicamente alla consorte.

Nel suo messaggio, il defunto così ne scrive:

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

111

«Allorché versavo in condizioni gravissime, ma prima che si sapesse per certo

ch’io dovevo morire, io vidi improvvisamente sorgermi dinanzi il fantasma di

“Jenny”. Ne fui così sorpreso, che credo di averla chiamata ad alta voce. Mi si

manifestò circonfusa da una luminosità colorata in rosa. Mi guardò

sorridendo - proprio come faceva in vita, quando si avvedeva che abbisognavo

d’incoraggiamento -, e mi stese le braccia. Con quel sorriso essa pareva dirmi:

- Non ti crucciare! - Tuttavia non la udii parlare. La visione si dileguò in un

secondo, ma con ciò io conobbi che dovevo morire. Dall’intimo dell’essere

mio, ebbi l’intuizione che la mia carriera terrestre era giunta al suo termine.

Ne rimasi costernato: io non volevo morire...

«In questi ultimi giorni di vita, sebbene qualche volta mi sentissi in forze, mi

gravava sull’anima un senso di paura inesplicabile... Venne il tuo messaggio

telegrafico, che mi confortò grandemente. Io ebbi allora una strana

intuizione: quella che ben presto ti avrei riveduta, e che, da un momento

all’altro ti avrei vista entrare nella camera. In seguito, la mia “guida spirituale”

mi spiegò che sentivo così perché in realtà dovevo essere io quello che

ben presto sarebbe venuto a te...

«Poi le persone a me intorno divennero indistinte: Silenzio, Tenebre,

Incoscienza... Non posso valutare il tempo in cui rimasi in quello stato, ma

quando mi risvegliai, quando apersi gli occhi, mi ritrovai circonfuso da una

meravigliosa luminosità azzurina. Quindi mi vidi venire incontro “Black

Feather” (lo spirito-guida indiano del Valentino stesso), la mia buona

“Jenny”, e Gabriella: la mamma mia! Io ero morto! Io ero vivo!...

«Questi, Natacha, i primi ricordi del mio trapasso».

La narrazione del defunto Valentino intorno alle proprie sensazioni durante la

crisi della morte, ed alle proprie impressioni circa il suo primo ingresso nel

mondo spirituale è interessantissima, ma si prolunga per una decina di

pagine, e sarebbe fuori luogo il riprodurla.

Dal nostro punto di vista, ciò che interessa è quanto si è riferito intorno al

triplice incidente teoricamente notevolissimo riguardante la percezione

improvvisa, da parte dell’infermo, del fantasma della defunta amica “Jenny”,

incidente subito comunicato medianicamente dalla medesima entità di

defunta, alla consorte dell’infermo residente a Nizza; mentre una settimana

dopo l’incidente veniva comunicato per lettera alla consorte della propria

sorella residente a New-York; ciò che valeva a convalidarlo scientificamente

quale fenomeno realmente avvenuto. Infine, lo spirito del defunto stesso

riconfermava l’evento, comunicando medianicamente con la propria consorte

a Nizza.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

112

Ora, ciò che dal punto di vista teorico deve soprattutto rilevarsi in questo non

comune complesso di convalidazioni fenomeniche, è l’incidente della defunta

“Jenny” che nella sera medesima del giorno in cui si manifestava all’infermo,

ne trasmetteva medianicamente notizia alla consorte residente a Nizza,

precisando di essersi manifestata al Valentino, il quale l’aveva vista allorché lo

trasportavano alla Casa di Salute.

Si consideri che il fenomeno essendosi svolto a New-York, ne deriva che se la

personalità spirituale di “Jenny” ne diede notizia, qualche ora dopo, alla

moglie del morente residente a Nizza, ciò dimostra che lungi dal trattarsi di

una personificazione subcosciente del medium, chi si manifestò era invece

l’autentica personalità spirituale della defunta, trasportatasi fulmineamente a

Nizza per informarne i parenti; ciò che naturalmente equivale a riconoscere

l’obbiettività del fantasma visto dal Valentino sul letto di morte. E tanto ci

basta.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

113

CATEGORIA V

Casi in cui i familiari del morente sottostanno essi soli alla

percezione di fantasmi di defunti.

I casi della natura qui considerati risultano piuttosto rari, ed è naturale che

ciò avvenga, giacché nell’ordine delle probabilità noi dovremmo attenderci a

che nella grande maggioranza delle manifestazioni in esame il solo

moribondo abbia ad esserne il percipiente, e che relativamente rare abbiano

ad essere le apparizioni percepite collettivamente dal moribondo e dai

presenti, e più rare ancora quelle percepite dai soli presenti.

In merito all’interpretazione teorica dei fatti, e da un punto di vista

rigorosamente scientifico, essi appariscono ancora suscettibili di venire

spiegati con l’ipotesi telepatica, presupponendo un fenomeno di trasmissione

del pensiero dell’infermo rivolto in quel momento con intensità di affetto alla

persona defunta visualizzata dagli assistenti, salvo sempre circostanze

speciali.

CASO LXVI - In questo primo episodio, l’assistente ha la percezione di un

fantasma rudimentale, presumibilmente in via di formazione.

Lo tolgo dal Journal of the S. P. R. (1908, pag. 312). La relatrice e

percipiente è sorella di un membro della società in discorso. Essa scrive:

«Il primo giorno di novembre 1905, io mi trovavo di servizio, in qualità

d’infermiera all’ospedale, ed ebbi un’esperienza interessante.

«Assistevo una signora S., inferma per carcinoma, degente da sei mesi

all’ospedale, e in quel mattino apparentemente agli estremi. Essa giaceva in

condizioni comatose da circa cinque ore, e il ritmo del respiro erasi ridotto a

tre aspirazioni al minuto. Io fui lasciata sola ad assisterla, con l’attribuzione di

sorvegliare ogni mutamento nelle sue condizioni, e di proteggerla dal fastidio

delle mosche.

«Sedevo accanto al letto, leggendo un articolo di rivista, ed ogni tanto

guardando l’inferma. Verso le dodici e cinque minuti (non eravi orologio

nella camera), mentre rivolgevo lo sguardo alla morente, vidi dall’altra parte

del letto una figura umana; dico “una figura umana” perché era

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

114

indubbiamente tale per la forma, sebbene non si distinguessero in essa le

sembianze, e nell’insieme apparisse costituita di nebbia o vapori condensati,

con margini incerti e confusi. L’altezza era a un dipresso la mia (5 piedi e 7

pollici). Vi era una finestra a ciascun lato del letto, e un paravento di legno

rivestito di tela si trovava dietro la forma. Notai che le orlature del paravento

erano visibili attraverso il corpo vaporoso del fantasma. Non fui colta da

senso alcuno di terrore, per quanto non mi sentissi propensa a interrogare

l’apparizione. Deposi la rivista che leggevo, rimanendo completamente

assorta nella contemplazione del fantasma, per un tempo che giudico

valutabile a dieci o quindici minuti. Dopo di che, un’altra infermiera entrò

nella corsia, e la figura cominciò a diradarsi, ad attenuarsi rapidamente, fino a

che si dileguò.

«Presi il polso nel collo della morente, e trovai che si avvertiva ancora, per

quanto essa avesse cessato di respirare. Quando la forma era presente essa

respirava ancora...».

Data la natura incipiente del fantasma visualizzato dall’infermiera, nulla, o

ben poco si rinviene di teoricamente suggestivo nell’episodio citato, salvo la

durata non comune del fenomeno, il quale persistendo un quarto d’ora circa,

permise alla percipiente di osservarne le alternative di svolgimento in guisa

minuziosa ed istruttiva.

Dal punto di vista teorico, ciò che può affermarsi legittimamente consiste

nell’osservazione che non sembra lecito propugnare l’interpretazione

telepatica del fenomeno, nel senso di attribuirne la genesi alla proiezione del

pensiero della morente, dal momento ch’essa giaceva da cinque ore in

condizioni comatose profonde. Comunque, in assenza di circostanze di

estrinsecazione sufficientemente definite, miglior partito è quello di astenersi

prudentemente dal pronunciare giudizio in proposito.

CASO LXVII - Lo ricavo dal Light (1928, pag. 81). Il signor W. J. Farmer

riferisce alcune manifestazioni supernormali realizzatesi alla morte del

proprio nonno, e da tale narrazione io mi limito a ricavare il brano seguente

che ci concerne:

«Allorché mio nonno giaceva gravemente infermo e prossimo alla morte, la

nonna vide entrare dalla porta aperta una signora, la quale si avvicinò al letto

del degente, e prese a guardarlo in silenzio per qualche tempo, con

espressione ansiosa ed amorosa. Mia nonna pensò che quella signora fosse

un’amica dell’infermo, la quale risiedesse in località lontana; e quando la

visitatrice tornò sui propri passi dirigendosi alla porta, mia nonna le tenne

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

115

dietro al fine di aiutarla a togliersi gli indumenti, e invitarla a rifocillarsi.

Senonché vide sparire a sé dinanzi l’ospite! Enormemente impressionata,

volle informarsi presso la servitù, riscontrando che nessuno dei componenti la

famiglia aveva segnalata la presenza di una visitatrice.

«Qualche ora dopo mia nonna si decise a parlare del l’evento con l’infermo,

descrivendo minuziosamente l’aspetto della signora apparsa, e l’infermo

osservò meravigliato: - Tu descrivesti in modo perfetto la madre mia. Tu l’hai

vista, ma come mai ciò è possibile, dal momento ch’essa è morta da tanti

anni?

«Dopo di che, mio nonno informò la moglie che una delle peculiarità

caratteristiche della madre sua, consisteva nell’attorcigliarsi sovente un

piccolo fazzoletto da naso intorno al dito mignolo; ora la forma spirituale

manifestatasi portava un fazzoletto minuscolo attorcigliato al dito mignolo!

Mia nonna affermò costantemente che la visitatrice-fantasma appariva in

tutto una donna in carne ed ossa».

Colgo l’occasione offertami dall’episodio esposto onde osservare che la

circostanza degli infermi prossimi a morire, i quali talvolta, ancorché svegli e

coscienti, non vedono le forme spirituali dei loro defunti, le quali, invece, sono

scorte da persone presenti, significa unicamente che tra i presenti si

trovavano persone “sensitive”, laddove l’infermo non possedeva tale

prerogativa psichica; o, in altre parole, dimostra che se lo stato preagonico

determina sovente negli infermi l’emersione anticipata delle facoltà di visione

spirituale, facoltà esistenti allo stato latente nelle subcoscienze di tutti, non è

detto però che tale emersione debba realizzarsi costantemente.

Dal punto di vista teorico, noto che se il morente, quando ascoltò la

descrizione del fantasma visualizzato della moglie, ne rimase meravigliato

riscontrando com’essa avesse descritto esattamente la madre sua, ciò

dimostra che in quel momento il suo pensiero era lontano dal rievocare il

ricordo della madre defunta, giacché in tal caso egli non avrebbe mancato di

rilevare la coincidenza occorsa tra il suo pensiero rivolto con intensità di

affetto alla madre defunta, e la di lei apparizione in forma alla propria moglie.

Al che deve aggiungersi che se l’apparizione in forma erasi avvicinata

all’infermo guardandolo in silenzio per qualche tempo con espressione

ansiosa ed amorosa, un simile comportamento risulta quello che avrebbe

dimostrato qualunque madre al letto di morte del figlio, laddove il

comportamento stesso non si saprebbe come farlo originare dalla mentalità di

un figlio il quale rivolga semplicemente il pensiero alla madre defunta.

Perché, infatti, una simile condizione mentale avrebbe dovuto estrinsecarsi e

obbiettivarsi nella forma allucinatoria materna che si avvicina al capezzale del

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

116

figlio con espressione di ansietà effettiva? Né bisogna dimenticare l’altro

particolare suggestivo del fantasma il quale erasi intenzionalmente

manifestato usando il contrassegno d’intensificazione del fazzoletto

attorcigliato intorno al dito mignolo, quasiché si fosse proposto con ciò di

farsi meglio identificare dal figlio allorché la percipiente lo avrebbe informato

intorno alla visione avuta.

CASO LXVIII - Lo desumo dal libro di Camillo Flammarion: L’Inconnu et

les problèmes psychiques (L’Ignoto e i Problemi dell’Anima) (1).

(1) Ernest Flammarion Editeur, Park, 1900, pag. 585. L’edizione italiana fu

pubblicata dal Laterza di Bari (ora esaurito, ma in corso di ristampa)

(G.D.B.).

La signora R. de L. di Lacapelle, scrive al Flammarion:

«Avevo una figlia quindicenne, la quale era la mia gioia e il mio orgoglio.

Durante un breve viaggio, l’avevo lasciata in compagnia di mia madre. Dovevo

essere di ritorno il giorno 18 maggio 1894; e nella notte del 16, io sognai che

mia figlia era gravemente malata, che mi chiamava e m’invocava piangendo.

Mi risvegliai agitatissima, ripetendo a me stessa la solita frase proverbiale che

“tout songe et mensonge”.

«Nella giornata io ricevetti una lettera di mia figlia, in cui mi ragguagliava

sulle vicende domestiche, senza lagnarsi di nulla.

«Il domani, arrivando a casa, non vidi mia figlia venirmi incontro; e la

cameriera mi informò che una indisposizione improvvisa l’aveva colta. Salii

nella sua camera, e la trovai sofferente per un fortissimo dolore di capo. La

feci subito coricare; ed ahimè!, non si alzò più. Due giorni dopo si dichiarò

un’angina membranosa, e malgrado le cure prodigate, ella si estinse il giorno

29 maggio.

«Ora, due notti prima della catastrofe, io mi ero sdraiata sopra un letto

separato per una porta dalla camera di mia figlia. Avevo chiusi gli occhi, ma

non dormivo; mia figlia si era assopita, e l’infermiera vegliava. All’improvviso

una vivida luce, paragonabile al sole di mezzogiorno nel mese di agosto,

rischiarò la camera. Chiamai subito l’infermiera, che indugiò qualche tempo a

rispondere. Durante l’indugio, io mi ero precipitata nella camera di mia figlia,

ma la luce erasi spenta. L’infermiera pareva atterrita, e non rispondeva alle

mie domande, ma il domani essa parlò coi familiari, poi con me, quindi con

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

117

tutti, ripetendo impressionatissima ch’essa aveva visto mio marito, morto sei

mesi prima, ai piedi del letto di mia figlia.

«L’infermiera in discorso è tuttora vivente; ha quarantasei anni, ed è pronta a

ripetere il racconto a chiunque voglia intenderlo».

Nel caso esposto, durante la manifestazione supernormale, la figlia inferma

erasi assopita, dimodoché è presumibile ch’essa pure abbia percepito

l’apparizione sotto forma di sogno. Dal che ne deriverebbe la presunzione

legittima che si trattasse di un puro sogno dell’inferma il quale avesse

determinato una corrispondente allucinazione obbiettivata nell’infermiera.

Senonché, in tal caso, come darsi ragione della «vivida luce, paragonabile al

sole di mezzogiorno», percepita simultaneamente dalla madre dell’inferma?

Non può certo pretendersi che il sogno della dormiente siasi trasformato in

un fenomeno allucinatorio luminoso per la madre di lei. Ciò è assurdo,

laddove nella casistica medianica si hanno esempi altamente suggestivi di

analoghe trasformazioni percettive nei casi d’identificazione personale dei

defunti.

Così, ad esempio, in un episodio riferito nei Proceedings of the S. P. R.,

tre giovinette ebbero simultaneamente la percezione dell’intervento in mezzo

a loro di una carissima amica morta da poco; senonché una di tali percipienti

ne scorse la forma spirituale che trasvolò rapida nell’ambiente; una seconda,

ne udì la voce che profferì distintamente una frase di saluto all’indirizzo delle

amiche, e una terza, percepì un delizioso profumo di viole mammole. Ora, a

proposito di quest’ultima percezione olfattiva, si venne a conoscere che la

salma della defunta su l letto di morte era stata letteralmente coperta di viole

mammole. E’ palese pertanto che la percezione olfattiva in discorso non

potrebbe interpretarsi senonché ammettendo la presenza di un’entità

spirituale la quale avrebbe trasmesso telepaticamente a ciascuna delle

percipienti la sensazione allucinatorio-veridica corrispondente alle

idiosincrasie psichiche speciali a ciascuna di esse. E siccome si trattava di una

defunta si era condotti forzatamente ad ammettere la presenza reale sul posto

quale unica ipotesi capace di spingere il complesso dei fatti.

Nel caso in esame, invece, si sarebbe trattato di una dormiente che sogna, e in

conseguenza ciò trae a concluderne che un presunto sogno del padre defunto

non avrebbe potuto determinare la seconda manifestazione supernormale in

discorso, visto che se è lecito presumere che il sognare di un dato individuo

defunto abbia a provocare qualche volta un’allucinazione corrispondente in

una persona presente, apparirebbe assurdo il presumere che col sogno

medesimo si pervenisse a provocare in una persona presente un’allucinazione

di luminosità abbagliante. La cosa, invece, è ben diversa nel caso delle

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

118

manifestazioni dei defunti, visto che ammettendone la presenza spirituale sul

posto, appare razionale che il defunto si proponga di manifestarsi ai presenti

impressionandoli telepaticamente a seconda delle loro idiosincrasie psichice,

unico mezzo per lui di conseguire lo scopo, giacché non bisogna mai

dimenticare che i defunti si manifestano come possono, non già come

vogliono.

CASO LXIX - Lo tolgo dal Journal of the American S. P. R. (1918, pag.

608). Il signor S. M. Bennett comunica al prof. Hyslop il fatto seguente:

«Una delle più antiche residenze nel quartiere di West Pittston era una

signora vedova M., la quale era madre di due figlie, l’una delle quali vivente e

maritata in Merriman; l’altra, di nome Stella, era morta di febbre tifoidea

nell’anno 1876.

«Durante la malattia di sua madre, la signora Merriman fu quasi sempre al

suo capezzale. Vi si trovavano pure suo figlio, e un’infermiera di media età,

donna pratica e seria. Una notte, quando la malata era agli estremi, la signora

Merriman si era coricata per un momento nella camera adiacente, dietro a

una cortina, mentre l’infermiera si era posta a sedere nella camera della

morente in guisa da scorgere il letto, malgrado la luce fioca.

«A un dato momento, essa vide una donna ritta ai piedi del letto, che

guardava intensamente l’inferma, e vi persisteva per un tempo abbastanza

lungo. L’infermiera, supponendo che fosse la signora Merriman, non si alzò.

Ma poco dopo essa vide quella forma divenire confusa e poi dileguarsi. Allora

rifletté che la statura e la corporatura della persona da lei vista non

corrispondevano alla figura matronale della signora Merriman, e perciò si

recò a investigare nella camera attigua, riscontrando che la signora in

discorso dormiva tranquillamente.

«Allorché l’infermiera descrisse alla signora Merriman l’aspetto del fantasma

da lei visto, essa riconobbe meravigliando che l’infermiera aveva descritto il

sembiante della propria sorella defunta».

Anche in questo episodio, in cui la descrizione del fantasma percepito

dall’infermiera corrispondeva esattamente all’aspetto della sorella defunta

della relatrice, tutto concorre a dimostrare che si trattava dell’intervento reale

sul posto della defunta in discorso; ma, purtroppo, la relazione è troppo

riassuntiva, e in conseguenza troppo deficiente nei ragguagli indispensabili a

una disamina scientifica dei fenomeni in esame. Meglio pertanto astenersi dal

pronunciare giudizio in proposito.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

119

CASO LXX - Lo traggo dal Light (1916, pag. 301). Sir George Kekewich,

l’eminente professore di letteratura classica greco-latina, definisce in

un’intervista il suo modo di pensare intorno all’esistenza e sopravvivenza

dell’anima, che sarebbe quello di un indagatore spregiudicato in attesa di

saperne di più prima di arrivare a una conclusione definitiva. In pari tempo

egli dichiara che il tema lo interessa in modo particolare, e ciò in conseguenza

di alcune esperienze straordinarie occorse a lui medesimo ed agli amici suoi.

Ed egli racconta qualcuna di siffatte esperienze, la prima delle quali avvenne

al letto di morte della propria madre. Egli riferisce:

«Mia sorella minore, la quale si trovava nella camera accanto al momento

della di lei morte, venne a me dicendo: - Al momento in cui la mamma esalava

l’ultimo respiro, vidi liberarsi al di sopra di lei un fantasma dai capelli rossi; il

che è maggiormente inesplicabile inquantoché, come ben sai, nostra madre

aveva una speciale avversione per le persone dai capelli rossi.

«Io risposi: - E’ vero che nostra madre aveva una speciale avversione per le

persone dai capelli rossi; ma io avrei dovuto dirti che la di lei sorella minore a

cui essa era appassionatamente affezionata, aveva appunto i capelli rossi.

Essa è morta giovane, con immenso cordoglio di nostra madre; dimodoché se

nell’Al di là vi è persona cui essa avrebbe desiderato ardentemente di

ricongiungersi, è proprio lei.

«A parer mio, l’inferenza irresistibile da trarsi da un evento simile sarebbe

che la sorella defunta sia venuta a riceverla per servirle da guida nell’Al di là».

Come si vede, anche il prof. Kekewich è condotto razionalmente a trarre dai

fatti quelle inferenze spontanee e naturali a cui tutti giungono, a condizione di

non avere le vie cerebrali obnubilate per troppo lunga e fiduciosa familiarità

con le più audaci, nonché gratuite varietà dell’ipotesi telepatico-allucinatoria,

di cui tanto si abusa odiernamente.

F. nel nostro caso la varietà dell’ipotesi telepatico-allucinatoria a cui si

appiglierebbero gli oppositori della sopravvivenza umana, risulterebbe

sempre quella di una presumibile trasmissione alla percipiente di una forma

allucinatoria originata nella mentalità della moribonda.

Ma siccome la percipiente dice di aver visto il fantasma dai capelli rossi al

momento in cui la mamma esalava l’ultimo respiro, allora non è possibile che

la mentalità della morente fosse ancora capace di allucinarsi all’istante

matematico in cui cessava totalmente di funzionare l’organo del pensiero.

CASO LXXI - Il seguente episodio è teoricamente importante, inquantoché

il morente e il percipiente sono entrambi bambini in tenerissima età.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

120

Il rev. William Stainton Moses riferisce nel Light (del 7 aprile 1888),

l’episodio seguente, occorso alla figlia di un altro ministro della chiesa

anglicana, e da questa narrato verbalmente al Moses:

«Miss H. assisteva un bambino morente nella parrocchia del padre suo. Nella

camera vi erano due letti, l’uno dei quali era una culla in cui dormiva un

bimbo di tre o quattro anni, fratellino dell’altro infermo, il quale da parecchie

ore giaceva assopito.

«Miss H., con la mamma dei bimbi, stata accanto al letto in cui giaceva il

bambino morente, già in preda agli spasimi dell’agonia. Ad un tratto una

piccola voce strillò dalla culla, e le due donne volgendosi, videro il fratellino

seduto sul letto, completamente sveglio, che puntava col ditino nel vuoto, ed

aveva il volto irradiato da una gioia estatica. Egli gridava: - Oh, mammina,

mammina, che belle signore intorno al fratellino! Belle signore! Mammina,

mammina, esse vogliono prendersi il fratellino!

«Quando le due donne rivolsero nuovamente gli sguardi al letto del bimbo

morente, riscontrarono ch’egli era spirato».

Il Moses fa seguire questi commenti:

«In vista del criticismo prevalente contro i fenomeni medianici, sarebbe di

grande importanza raccogliere casi analoghi al precedente tenuto conto che i

bambini di tre anni e quelli lattanti non possono gabellarsi per prestigiatori e

truccatori».

I quali commenti del Moses dovrebbero completarsi osservando che i bambini

stessi non potrebbero neanche gabellarsi per telepatizzatori di fantasmi.

Al qual proposito è deplorevole che il Moses abbia trascurato di riferire l’età

del bimbo morente; ma siccome nei commenti egli parla di bimbi lattanti, è

lecito inferirne che tale dovesse risultare la di lui condizione.

CASO LXXII - Ecco un secondo episodio in cui il morente e il percipiente

sono entrambi bambini in tenerissima età; e questo secondo episodio è più

importante del primo, inquantoché in esso viene indicata l’età del bimbo

morente (quattro mesi); ciò che pone in grado di escludere in modo

categorico qualsiasi forma di autosuggestione nel morente, con la relativa

trasmissione telepatica alla bimba percipiente; e l’età di quest’ultima (tre

anni) esclude a sua volta la possibilità che abbia potuto autosuggestionarsi al

punto di scorgere fantasmi allucinatori per proprio conto, visto che la sua

piccola mente non arriva certo a concepire la possibilità di apparizioni

trascendentali al letto di morte del fratellino.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

121

Tolgo il caso dalla rivista Ultra (1909, pag. 91). Il signor Pelusi, ordinatore

della Regia Biblioteca Vittorio Emanuele, in Roma scrive in data 12 dicembre

1908:

«Nella casa in Roma, via Reggio, N. 21, scala C., int. 1, abitata dalla famiglia

Nasca, è in subaffitto il signor G. Notari ammogliato con prole, e con sua

madre vedova.

«Al signor Notari, il giorno 6 dicembre scorso, morì un bambino di mesi

quattro, verso le ore 22.45. Attorno al letto del piccolo morente erano il padre,

la madre, la nonna, la padrona di casa signora Giulia Nasca, e la sorellina

Ippolita, di tre anni, mezzo paralitica, la quale, seduta sul lettuccio del piccolo

morente, se lo guardava con compassione.

«Ad un certo punto, e proprio quindici minuti prima che la morte avesse

posto fine a quella tenera esistenza, la sorellina Ippolita proterge le braccia

verso un angolo della camera, e grida: - Mamma: vedi zia Olga? - e si mosse

per scendere dal letto e andare ad abbracciarla.

«Gli astanti rimasero allibiti, e domandarono alla bimba: - Ma dov’è? Ma

dov’è? - E la piccola a ripetere: - Eccola là! Eccola là! - e volle a forza scendere

il letto per andarle incontro. Il padre l’aiutò a scendere, ed essa corse ad una

sedia vuota; ma ivi giunta rimase perplessa, poiché la visione erasi portata in

altro punto della camera. E la piccina vi si rivolse, dicendo: - Eccola là, zia

Olga! - Poi si acquetò quando sopravvenne lo strazio del pargoletto che

spirava.

«Codesta zia Olga, sorella della madre della piccina, si avvelenò or fa un anno

per amore, e il fidanzato assente, come seppe la morte della sua diletta, dopo

tre mesi di lagrime, si suicidò; e nella stessa notte del suicidio comparve in

sogno alla sorella della Olga, cioè la madre della piccola chiaroveggente,

dicendole: - Vedi! Ora mi sposo Olga. - La mattina, dai giornali, fu appreso il

pietoso suicidio.

«Garantisco la verità dei fatti, essendomi stati ripetuti stasera nei minimi

particolari dalla famiglia Nasca, miei compari, e dalla nonna della piccola

chiaroveggente».

(Firmato: M. Pelusi)

Sono questi i casi che trassero il professore Charles Richet a dichiarare

francamente che se si pervenisse a raccoglierne un certo numero, in guisa da

poterli sottoporre ai metodi d’indagine scientifica dell’analisi comparata e

della convergenza delle prove, essi fornirebbero da soli la tanto auspicata

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

122

dimostrazione, sulla base dei fatti, della sopravvivenza umana, e ciò in quanto

gli episodi delle “apparizioni dei defunti al letto di morte”, in cui sono

protagonisti dei bimbi in tenera età, e soprattutto quelli - come i due citati - in

cui tanto il morente quanto il percipiente sono entrambi dei bimbi (ciò che

vale ad escludere qualsiasi forma di telepatia allucinante), non possono

spiegarsi in guisa alcuna con interpretazioni naturalistiche.

Al qual proposito giova ricordare che lo scrivente ha già registrato e

pubblicato un buon numero di casi - forse una cinquantina - in cui sono

percipienti dei bimbi in tenera età, casi che però appartengono a diverse

categorie di manifestazioni affini, tra le quali la più ricca di episodi del genere

è quella delle “apparizioni dei defunti poco dopo la loro morte”, categoria

complementare a quella qui considerata. E se così è, allora è palese come il

fatto di appartenere a diverse categorie di manifestazioni affini non impedisca

che gli episodi stessi rivestano cumulativamente un grande valore teorico, il

quale converge come a centro verso la dimostrazione sperimentale

dell’esistenza e sopravvivenza dello spirito umano.

Riuscirebbe pertanto interessante e proficuo riunirli tutti in una speciale

classificazione.

CASO LXXIII - Il noto pubblicista inglese William Stead, direttore della

Review of Reviews, nel suo libro intitolato: Real Ghost Stories (1),

riferisce il seguente episodio:

(1) New Edition Re-arranged and Introducted by Estelle W. Stead. - Stead’s

Publishing House, London, 1921, pag. 256 (G.D.B.).

«Concludo il capitolo con l’esposizione di una fra le più circostanziate

manifestazioni di fantasmi che siano occorse ai tempi odierni. E’ anche l’unica

manifestazione qui riferita ad illustrazione della consolante credenza che gli

spiriti delle persone a noi care vengano a riceverci al letto di morte per

servirci di guide nell’esistenza spirituale.

«Nell’estate del 1880, quattordici ufficiali del 5° reggimento Lancieri,

sedevano conversando nella sala della mensa, nella caserma di cavalleria ad

Aldershot. Erano circa le sette pomeridiane, e tornavano allora da una marcia,

quando videro entrare nella sala una signora vestita in costume da sera in seta

bianca, con un lungo velo da sposa sul volto; la quale sostò un momento a

capo della tavola, per poi dirigersi verso la cucina ed entrarvi.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

123

«Erasi mossa con passo rapido, ma i cinque ufficiali posti a capo della tavola

la videro tutti, e nessuno tra essi pensò un sol momento che non si trattasse di

una signora in carne ed ossa, capitata, non si sa come, in mezzo a loro.

«L’aiutante in campo, capitano Norton, si alzò di scatto e corse in cucina,

chiedendo al sergente dove si trovasse l a signora entrata in quel momento. –

Nessuno è entrato in cucina - rispose il sergente, e i cuochi e gli sguatteri

furono unanimi nell’affermarlo.

«Quando il capitano Norton riferì la stupefacente novella ai colleghi, si levò

tra di loro una discussione animatissima, e si finì per concludere che dovesse

trattarsi di un fantasma. Si discusse pure circa le sembianze dell’apparizione,

e coloro che la videro furono concordi nell’affermare ch’essa era bella, molto

bruna, e che in volto esprimeva una grande tristezza. Il colonnello Vandeleur,

che non l’aveva vista, ascoltando la descrizione delle sembianze, osservò: - Ma

questa è la moglie del veterinario X., morta nell’India. - L’ufficiale da lui

nominato era in quel momento - o meglio si supponeva che fosse - in licenza

di convalescenza. Comunque, anche se il fantasma apparso fosse stato quello

della moglie di lui, non si vedeva per quale motivo si fosse manifestata nella

sala della mensa in quella guisa strana.

«Nondimeno, si venne a sapere che l’ufficiale veterinario in questione era

tornato dalla licenza in quel medesimo pomeriggio, all’insaputa di tutti i

camerati, sebbene gli rimanessero ancora parecchie settimane di licenza. Si

venne pure a sapere ch’egli era salito alla sua camera, posta al di sopra della

cucina, aveva suonato per chiamare l’attendente, accusando un senso di

malessere, e ordinando una soda con “Brandy”.

«Il mattino seguente, verso le otto e mezzo, l’attendente salì alla camera

dell’ufficiale, e lo rinvenne morto nel letto.

«Al capitano Norton, nella sua qualità di aiutante di campo, toccò di entrare

nella camera per procedere all’inventario degli effetti lasciati dal defunto, e

apporre i sigilli alla camera. E il primo oggetto sul quale caddero gli sguardi

del capitano, fu la fotografia della signora da lui veduta la sera precedente,

vestita nell’identico costume da sposa.

«Ecco i nomi degli ufficiali che videro l’apparizione, e che firmarono la

relazione dell’evento: Capitano Norton, aiutante di campo; capitano Aubrey

File, del Club Esercito e Marina; capitano Joe Benion, del Club Esercito e

Marina; il dottore del reggimento (nome dimenticato); luogotenente Jack

Russel, redattore dello Sporting Times, sotto lo pseudonimo di “Brer

Rabbit”».

Il particolare teoricamente importante nell’episodio esposto, è quello di un

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

124

fantasma sconosciuto ai percipienti e identificato in seguito a un ritratto;

particolare che in apparenza conferirebbe all’episodio il valore di un caso

autentico d’identificazione spiritica; e nulla osta che risulti tale

effettivamente.

Senonché, dal punto di vista scientifico, non è possibile esimersi

dall’osservare che con l’ipotesi telepatica si sarebbe ancora in grado di

spiegare l’evento. Infatti, tenuto conto che al piano superiore, e precisamente

sopra la cucina in cui era entrata l’apparizione, si trovava il marito della

defunta apparsa ai camerati, è lecito presumere che l’apparizione in discorso

risultasse un’allucinazione telepatica originata nel di lui pensiero rivolto in

quel momento alla cara defunta.

Ciò posto per la correttezza scientifica nella discussione delle ipotesi, giova

notare che l’evento si realizzò nell’imminenza della morte di chi era stato il

marito della defunta apparsa; dimodoché l’evento stesso assumerebbe il

carattere di preannuncio di morte imminente, e di visitazione di defunto al

letto di morte; due circostanze altamente suggestive, e di cui non si può non

tenere il debito conto. Che se l’apparizione fosse avvenuta nella prossimità del

marito della defunta ma senza la circostanza di morte di quest’ultimo, allora

la spiegazione puramente telepatica dell’evento risulterebbe più verosimile.

Si noti bene, però, ch’io mi esprimo in omaggio alle opinioni negativiste degli

oppositori irriducibili, ma sta di fatto che in realtà la spiegazione puramente

telepatica dell’evento non è sostenibile in causa delle seguenti considerazioni

(valevoli altresì per l a classe intera delle manifestazioni in esame).

In primo luogo, perché le allucinazioni telepatiche tra viventi si realizzano di

regola tra persone vincolate da sensi affettivi profondi, condizione essenziale

a che si stabilisca l’indispensabile “rapporto psichico” tra “l’agente” e il

“percipiente”; e tali vincoli affettivi mancano nell’episodio esposto.

In secondo luogo, perché, salvo rarissime eccezioni che non infirmano la

regola, la ricchissima, svariatissima, esuberante casistica della “telepatia tra

viventi” è costituita da manifestazioni che si estrinsecano costantemente in

guisa identica, nel senso che l’agente trasmette al percipiente il fantasma

allucinatorio di se medesimo, giammai quello di terzi a cui egli

pensi; quasiché si trattasse della trasmissione di un’allucinazione vedirica

che non sarebbe determinata dal suo pensiero cosciente (il quale non è affatto

fissato sull’idea di apparire al percipiente), bensì dalla sua volontà

subcosciente, la quale agirebbe trasmettendo telepaticamente al percipiente

una rappresentazione simbolica di quanto avviene a suo riguardo,

rappresentazione consistente nella proiezione allucinatoria del fantasma

dell’agente. Mi riservo a svolgere la tesi importante nel capitolo conclusionale.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

125

Ovvero, potrebbe anche presumersi che ci si trovasse in presenza di un

fenomeno incipiente di esteriorazione e proiezione a distanza, in direzione

della persona pensata, di un condensamento di elementi psichici combinati a

fluidi sottilissimi capaci di assumere la forma fantasmogena dell’agente;

fenomeno quest’ultimo che non era sfuggito alla penetrazione analitica del

Myers, il quale lo aveva segnalato denominandolo col neologismo di

“psicorragia”; ciò allo scopo di distinguerlo dall’altro fenomeno affine dello

“sdoppiamento del corpo eterico” (bilocazione), il quale rappresenterebbe il

fenomeno stesso nella sua piena estrinsecazione. In quest’ultimo caso, però, il

fenomeno non potrebbe realizzarsi senza che il soggetto entri in condizioni di

sonno profondo: naturale, sonnambolico, medianico, laddove ciò non sarebbe

necessario nella fase incipiente qui considerata, che perverrebbe ancora ad

estrinsecarsi in condizioni di veglia, salvo talora uno stato fugace di “assenza

psichica”.

Queste due nuove ipotesi intese a schiarire il mistero che avvolge le modalità

con cui si estrinsecano i fenomeni telepatici, presentano entrambe il

vantaggio di raggiungere razionalmente tale scopo, e presumibilmente

risultano entrambe fondate, quindi entrambe applicabili, a seconda delle

circostanze, alle manifestazioni del genere.

Comunque sia di ciò, e dal punto di vista che ci concerne, sta di fatto che se i

fenomeni delle “apparizioni dei defunti al letto di morte” trassero origine

dalla circostanza che il morente pensando con intensità di affetto a un caro

defunto ne trasmette telepaticamente ai presenti il fantasma allucinatorio,

allora, conformemente, la casistica telepatica tra viventi dovrebbe risultare

costituita da episodi in cui gli “agenti” anziché trasmettere il fantasma

allucinatorio di se medesimi alla persona lontana a cui pensano, dovrebbero

trasmetterle il fantasma allucinatorio della persona pensata, e siccome la

persona pensata è colui che percepisce, quest’ultimo dovrebbe scorgere a sé

dinanzi il fantasma allucinatorio... di se medesimo! Ora ciò non avvenne mai!

Noto che le considerazioni esposte riguardanti il perturbante enigma

telepatico in esame, si riferiscono a una circostanza di fatto a tutti nota; il che

non impedisce che gli oppositori della sopravvivenza umana persistano ad

abusare in guisa irragionevole e incomprensibile dell’ipotesi telepatica per

l’interpretazione dei casi delle “apparizioni dei defunti al letto di morte”,

sebbene il farlo risulti in aperta contraddizione con le modalità con cui si

estrinsecano i fenomeni telepatici in massa!

Concludendo: In base a quanto esposto, sta di fatto che se nel caso qui

considerato si fosse trattato di “telepatia”, i camerati del morente avrebbero

dovuto scorgere il fantasma di quest’ultimo, e non mai quello della di lui

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

126

moglie; ma siccome fu invece la moglie defunta che apparve ai medesimi,

allora, sempre in base a quanto si venne esponendo, dovrà inferirsene che ci

si trova in presenza di un caso autentico di “apparizione dei defunti al letto di

morte”.

CASO LXXIV - Lo ricavo dai Proceedings of the S. P. R. (vol. VI, pag.

293). Venne comunicato a detta società da Miss Walker, cugina della

protagonista. Questa scrive:

«I miei genitori ebbero molti figli, di cui la maggior parte morirono

nell’infanzia. Sopravvissero Susanna, Carlotta ed io. In causa di siffatte

numerose lacune, Susanna era a me maggiore di vent’anni.

«Mio padre era proprietario di un feudo inalienabile; dimodoché la morte dei

suoi figli maschi, William e John - il primo morto nella fanciullezza, l’altro

nell’infanzia - era stata la più grande sventura della sua vita.

«Susanna si ricordava di entrambi i fanciulli. William era nato e morto molto

tempo prima che io venissi alla luce; John era morto all’età di due anni,

quando da poco io ero nata. Di William non esistevano ritratti; quanto al

ritratto di John, tu lo conosci. Si tratta di quel dipinto a olio in cui è

raffigurato in grandezza naturale un bimbo malfermo sui piedini,

biancovestito, con le scarpette turchine, al lato del quale si vede un levriere

accoccolato, e di fronte, un arancio che gli rotola ai piedi...

«Io avevo raggiunta l’età di vent’anni; Susanna ne aveva quaranta, Carlotta

trenta. La salute di nostro padre declinava rapidamente. Si viveva allora uniti

e felici in una deliziosa casetta sui confini del comune di Harrogate.

«Nel giorno di cui ora si tratta, Carlotta erasi sentita indisposta; dei brividi

subitanei l’avevano colta, e il dottore aveva consigliato si ponesse a letto. Nel

dopo pranzo, essa dormiva tranquillamente, ed io con Susanna sedevamo ai

lati del letto. Il sole era tramontato; l’aria imbruniva, per quanto non si fosse

ancora nella oscurità. Non so da quanto tempo ci si trovava ivi sedute,

allorché avvenne a me di alzare il capo, e scorsi una luminosità purpurea al di

sopra del capezzale di Carlotta, e circonfusi in quella luminosità mi apparvero

due visetti di Cherubini i quali si affissavano intensamente nell’inferma.

Rimasi qualche istante a guardare estatica, né la visione accennava a

dileguarsi. Alfine, stendendo la mano a Susanna al di sopra del letto, dissi

semplicemente questo: - Susanna, guarda in alto. - Essa guardò, e

atteggiandosi in volto ad espressione d’immenso stupore, esclamò: - Oh,

Emmelina: essi sono William e John!

«Continuammo entrambe ad affissarci come affascinate in quella visione, fino

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

127

a quando tutto disparve alla guisa di un dipinto che si dissolva sul posto.

«Poche ore dopo, Carlotta veniva colta da improvviso accesso, e in brevi

istanti spirava».

(Firmate: Emmelina W. e Susanna W.)

Il caso esposto venne raccolto e investigato dal Podmore, il quale osserva

come a dare ragione della visione occorsa, non sia necessario inferire la

presenza spirituale dei fratellini defunti, e ciò in quanto si può presupporre

con probabilità maggiore che la visione stessa sia stata i l riflesso del pensiero

dell’inferma.

Come si vede, ci si trova sempre in presenza della medesima inferenza teorica

superficiale e sbagliata nella quale incolgono anche taluni fra i più eminenti

cultori delle indagini psichiche, quale indubbiamente era il Podmore, per

quanto la sua irriducibile avversione preconcetta per l’interpretazione

spiritualista di qualsiasi manifestazione supernormale, annebbiasse troppo

sovente le sue facoltà di penetrazione analitica.

Comunque, nel caso in esame si rileva una circostanza di fatto sfuggita al

Podmore, la quale può valere anche da sola quale indiretta, ma efficace

dimostrazione che l’apparizione occorsa non poteva risultare il riflesso del

pensiero della morente; e tale circostanza è rappresentata dal paragrafo in cui

è detto che la sorella Susanna si ricordava di entrambi i fanciulli, che la

relatrice non ricordava né l’uno né l’altro, e che non esistevano ritratti del

fratellino maggiore. Ora, ove ben si consideri, tutto ciò vale a significare che

l’altra sorella Carlotta - più giovane di dieci anni di Susanna - non doveva

ricordare che il fratellino John, poiché, in caso diverso, la relatrice avrebbe

immancabilmente scritto ch’entrambe le proprie sorelle - non già Susanna

sola - si ricordavano dei due fanciulli. Non avendolo fatto, risulta manifesto

che la sorella Carlotta non era nella situazione della sorella maggiore

Susanna, e neppure in quella della sorella minore, la quale non ricordava né il

primo, né il secondo fratellino; dimodoché la giustezza della mia deduzione

appare incontestabile. E qualora fosse accolta, ne deriverebbe che la visione

percepita dalla relatrice non poteva essere il riflesso del pensiero della sorella

morente, dal momento che quest’ultima ignorava le sembianze del maggiore

tra i fratellini apparsi; dimodoché, anche a volersi mantenere nell’orbita

dell’interpretazione telepatica secondo il Podmore, si dovrebbe far capo

ugualmente alla genesi estrinseca, o spiritica, dell’interessante episodio

esposto.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

128

CASO LXXV - La celebre cantante Nellie Melba pubblicò recentemente un

libro interessante di “memorie”, il quale s’intitola: Melodies and

Memories. Nei ricordi della propria adolescenza si contiene il seguente

episodio della natura qui considerata:

«Mia madre venne a morte quando io ero ancora giovinetta; e sebbene fosse

inferma da parecchi anni, per me la morte era stata fino a quel giorno un puro

nome; dimodoché col ferale evento si addensò nell’animo mio un tumulto di

preoccupazioni insospettate e di quesiti da risolvere.

«Al momento solenne della morte, la madre mia aveva chiamato intorno a sé i

componenti la famiglia, ed aveva impartito a ciascuno un consiglio o una

raccomandazione speciale. Il mio messaggio fu questo: - Comportati sempre

come una madre con Vera. - Quest’ultima era la mia sorellina, in età di

quattro anni.

«Mi confermai subito al desiderio della mamma, trasportando nella mia

camera il lettuccio della bimba.

«Tre mesi dopo, Vera cadde improvvisamente ammalata. Io, con l’istitutrice,

la ponemmo a letto, e facemmo del nostro meglio onde provvedere alle prime

cure consigliate dalla circostanza. L’ora era troppo inoltrata per mandare a

chiamare un dottore; per cui pensai di coricarmi, in attesa che giungesse il

mattino, sperando trovare migliorata la sorellina inferma.

«Accatastai legna nel camino, e mi posi a letto, giacendo per lungo tempo

sveglia, osservando distrattamente le luminosità vaganti nel soffitto al

bagliore fluttuante delle fiamme del focolare. D’improvviso ebbi l’impressione

che nella camera si fosse introdotta una terza persona, e guardando attorno in

quella mezza luce, vidi che questa terza persona era la madre mia, la quale mi

apparve vestita nel costume nero ch’essa indossava prima di porsi a letto.

Ammutolita e trepidante per lo spavento, io la guardavo. Attraversò

lentamente la camera, recandosi presso il lettuccio della piccola inferma. Ivi

giunta, si arrestò, alzò la mano puntando il dito verso la bimba malata, e

facendo quindi un gesto misterioso col braccio e con la mano, come di cosa

spazzata via. Dopo di che, disparve.

«Col cuore che mi scoppiava in petto, accorsi al letto della sorellina,

riscontrando che dormiva placidamente, e pareva migliorata.

«Giunto il mattino, narrai l’occorso al padre mio, manifestando il timore che

la visione della mamma significasse che la malattia di Vera fosse più seria di

quanto si supponeva, e in conseguenza, che si dovesse chiamare d’urgenza un

dottore. Ma il padre mi redarguì severamente, dicendo: - Le tue parole sono

follia, e tu devi scacciare dalla testa simili superstizioni: Quanto al dottore, lo

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

129

porterò con me questa sera.

«Quando giunse la sera, era troppo tardi: mia sorella moriva alle quattro

pomeridiane».

In questo interessante episodio ci si trova in presenza di un terzo caso in cui

“l’apparizione dei defunti al letto di morte” avviene al capezzale di una bimba

in tenerissima età; il che vale ad escludere l’ipotesi secondo la quale

l’apparizione stessa sarebbe stata la proiezione obbiettiva di un’allucinazione

generatasi nella mentalità della persona morente, visto che una bimbetta di

quattro anni, ignara di essere prossima a morire, ed anche di ciò che significhi

morire, non potrebbe certo allucinarsi per paura della morte; il che, nel caso

nostro, appare sempre meglio dimostrato dal gesto eloquente con cui

l’apparizione fece comprendere alla relatrice che la piccola inferma doveva

morire; gesto che rivelando un’intenzionalità ben definita in colei che si

manifestava, non poteva certo originare nella mentalità infantile della

bimbetta inferma; ciò che vale ad escludere altresì l’altra variante dell’ipotesi

telepatico-allucinatoria proposta dal Podmore, secondo la quale, in

circostanze simili, dovrebbe presumersi che si trattasse “del riflesso del

pensiero” della morente.

Si aggiunga infine che la relatrice, prima di scorgere l’apparizione della

mamma, ebbe l’impressione che nella camera si trovasse una terza persona,

impressione che non può certo attribuirsi “al riflesso del pensiero” della

bimbetta inferma, profondamente addormentata, mentre è razionale

attribuirla alla volontà telepatizzante della madre presente in ispirito, e in

conseguenza ansiosa di farsi riconoscere dalla figlia.

In breve: anche questa volta ci si trova in presenza di un episodio il quale

prova in guisa inconfutabile l’intervento reale sul posto della defunta apparsa.

CASO LXXVI - Il caso che segue, rigorosamente controllato e molto

interessante, risulta tale da lasciare perplessi circa l’ipotesi con cui spiegare i

fantasmi manifestatisi al percipiente, e che probabilmente rivestono carattere

simbolico.

Tolgo il caso dal Journal of the S. P. R. (1908, pagg. 308-311). Il dottore

O. Burgess invia al dottor Hodgson il seguente episodio, occorso in presenza

del dott. Renz, specialista delle malattie nervose. Il signor G., protagonista

dell’episodio, scrive:

«Ciò che si svolse a me dinanzi durante le ultime cinque ore di vita della

povera moglie mia, si converte per me nel seguente quesito molto dibattuto e

che mai perverrò a risolvere: se, cioè, io fossi mentalmente allucinato, o se

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

130

invece mi fosse accordato il dono della visione chiaroveggente.

«Prima di descrivere gli eventi, e nell’interesse di chiunque legga queste

pagine, tengo a dichiarare ch’io non faccio uso di bevande alcooliche, né di

cocaina o morfina, e che sono e fui sempre morigerato in tutto; come pure che

non sono di temperamento nervoso, che la mia mentalità è tutt’altro che

immaginosa, e che fui sempre reputato un uomo misurato, calmo e risoluto.

Aggiungo che non solo non credetti mai a ciò che si denomina “spiritismo”,

coi relativi fenomeni delle “materializzazioni medianiche”, e del “corpo

astrale” visibile, ma che fui sempre ostile a siffatte teorie.

«Mia moglie è morta alle ore 23.45 di venerdì 23 maggio 1902; e solamente

verso le quattro pomeridiane di quel medesimo giorno io mi convinsi che ogni

speranza era perduta.

«Riuniti intorno al letto, in attesa dell’ora fatale, stavano alcuni amici, il

dottore curante e due infermiere. Io sedevo al capezzale della morente,

stringendo la destra di lei fra le mie mani. Gli amici erano sparsi per la

camera, taluni seduti, altri in piedi. Nessuno parlava, tutti vigilando

ansiosamente il ritmo del di lei respiro che si faceva sempre più debole.

Passarono così due ore, senza che si avvertisse nulla di mutato. I servi

annunciarono che il pranzo era imbandito, ma nessuno pareva disposto a

cibarsi. Alle sei e mezzo, io pregai insistentemente gli amici, il dottore e

l’infermiera, di recarsi a pranzo senza più indugiare, visto che l’attesa poteva

prolungarsi molto tempo ancora. Tutti, meno due, seguirono il mio consiglio.

«Quindici minuti dopo, vale a dire alle 6.45 (sono sicuro dell’ora perché un

orologio stava a me dinanzi sullo stipo), mi accadde di volgere lo sguardo alla

porta d’ingresso, e scorsi sulla soglia, sospese in aria, tre nubecole

distintissime disposte orizzontalmente, ciascuna delle quali appariva lunga

circa quattro piedi, con sei od otto pollici di volume. La più prossima al suolo

ne distava di circa due piedi; le altre seguivano ad intervalli di circa sei pollici.

«Il mio primo pensiero fu che gli amici (e chiedo loro scusa per questo mio

giudizio avventato) si fossero posti a fumare al di là della soglia, in guisa che

il fumo dei loro sigari penetrasse nella camera. Mi alzai di scatto per

rimproverarli, e trovai che sulla soglia della porta, nel corridoio e nella

camera adiacenti non eravi alcuno. Invaso da stupore, mi rivolsi a guardare le

nubecole, le quali lentamente ma positivamente si andavano approssimando

al letto, fino a che lo avvilupparono completamente. Guardando attraverso a

quella nebulosa, mi avvidi che a lato della moribonda stava una figura di

donna non più alta di tre piedi, trasparente, ma in pari tempo risplendente di

una luce dai riflessi dorati; e dall’aspetto a tal segno nobile e glorioso da non

esservi parole adeguate per descriverla. Indossava un costume greco, dalle

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

131

maniche lunghe, larghe, spioventi, e sopra il capo portava una corona. Quella

figura rimaneva immobile come statua nello splendore della sua bellezza, con

le mani protese sopra il capo di mia moglie, e nell’attitudine di chi riceve un

ospite dandogli il benvenuto, lietamente ma serenamente. Due figure

biancovestite stavano genuflesse ai lati del letto, sorvegliando amorosamente

mia moglie, mentre altre forme più o meno distinte si libravano intorno al

letto stesso.

«Sovrastante a mia moglie, stava sospesa in posizione orizzontale una bianca

forma ignuda, la quale era vincolata al corpo di lei da un cordone che riferiva

al di sopra dell’occhio sinistro; quasiché si trattasse del di lei “corpo astrale”.

In dati periodi la figura sovrastante rimaneva perfettamente immobile; quindi

si contraeva e diminuiva fino a ridursi a proporzioni minuscole, non superiori

a diciotto pollici di lunghezza, ma pur sempre conservando la forma

esattissima di donna: capo perfetto, corpo perfetto, braccia e gambe perfette.

Quando il “corpo astrale” si contraeva e diminuiva, esso iniziava una lotta

violenta, con agitazioni e manovre degli arti, nell’intento evidente di

divincolarsi e liberarsi dal corpo. E la lotta persisteva fino a quando pareva

esaurirsi; allora subentrava un periodo di calma; quindi il “corpo astrale”

ricominciava ad ingrandire, ma solo per diminuire nuovamente, e riprendere

la lotta.

«Durante le ultime cinque ore di vita di mia moglie, io assistetti senza

interruzione a tale stupefacente visione; o, se visione non era, altri la definisca

come meglio crede. Non vi era modo di farla dileguare ai miei sguardi; se mi

distraevo conversando con gli amici, se chiudevo le palpebre, se mi volgevo da

un’altra parte, quando tornavo a guardare il letto di morte, rivedevo

integralmente la medesima visione. Nel corso di quelle cinque ore io provavo

uno strano senso di oppressione al capo e alle membra; sentivo le palpebre

pesanti, come quando si è presi dal sonno, e le sensazioni provate, unite al

fatto della persistenza di quella visione, mi facevano temere per la mia

ragione; talché mi rivolgevo sovente al dottore curante, dicendogli: - Dottore,

io divengo pazzo.

«Finalmente giunse l’ora fatale. Dopo un ultimo spasimo, la moribonda cessò

di respirare, e simultaneamente io vidi la “forma astrale” raddoppiare gli

sforzi per liberarsi. Apparentemente mia moglie sembrava morta; ma pochi

secondi dopo essa riprese a respirare, e così avvenne per due o tre volte;

quindi tutto fu finito. Con l’ultimo respiro e l’ultimo spasimo, il cordone

fluidico che la vincolava al “corpo astrale” si spezzò, e il “corpo astrale” si

dileguò alla mia vista. Anche le altre forme spirituali, nonché la nebulosità da

cui l’ambiente era invaso, svanirono subitamente; e, strano a dirsi, anche

l’oppressione di cui soffrivo, svanì come per incanto, e tornai a sentirmi quale

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

132

fui sempre: calmo, misurato, risoluto; dimodoché fui in grado d’impartire

ordini e dirigere le preparazioni pietose consigliate dalle circostanze.

«Io lascio i lettori liberi di giudicare se effettivamente io mi trovassi in preda a

un accesso allucinatorio determinato dall’ansietà, dal dolore e dalla

stanchezza, o se, per avventura, non fosse a me concesso di scorgere un lembo

dell’esistenza spirituale con la sua pace, la sua felicità e la sua bellezza».

Il dottor Renz, testimone dei fatti, scrive una lunga lettera di conferma, dalla

quale stralcio questo brano:

«Non appena l’inferma si spense, il signor G., che per sei ore sedette

immobile al capezzale di lei, si alzò ed impartì gli ordini per la circostanza con

espressione siffattamente calma da uomo d’affari, che i presenti ne rimasero

sorpresi. Qualora pertanto egli avesse sottostato per cinque ore ad un accesso

allucinatorio, la sua mente non sarebbe tornata chiara e normale da un istante

all’altro. Sono ora trascorsi diciassette giorni dalla morte della di lui consorte

e dalla visione avuta, e il signor G. continua a dimostrarsi perfettamente sano

e normale di corpo e di mente...».

(Firmato: Dottore curante, C. Renz)

Il caso esposto appare tanto interessante quanto imbarazzante. Infatti nella

descrizione del “corpo astrale” visto sovrastante alla moribonda, si

riscontrano particolari da non potersi spiegare con l’ipotesi allucinatoria, per

la considerazione che concordano con altre descrizioni del genere conseguite

da percipienti di cui l’uno non sapeva dell’altro, e nel tempo risultano

abbastanza strani e inaspettati da non potersi spiegare con l’ipotesi delle

“fortuite coincidenze”. Di tal natura è il particolare delle alternative di

accrescimento e di riduzione subite dal “corpo astrale” prima di esteriorarsi

definitivamente, e ciò a seconda del flusso e del riflusso della vitalità della

moribonda. Si è citato in precedenza (caso XLVIII) una descrizione analoga

occorsa al letto di morte di una bambina, e nella monografia su I Fenomeni

di Bilocazione (caso XL), io ho riferito un’altra descrizione analoga di cui fu

percipiente il rev. William Stainton Moses, al letto di morte del padre suo; e

un quarto episodio del genere si contiene nel caso che se-guirà, caso che io

m’induco a riferire integralmente a titolo di convalidazione ulteriore di un

fenomeno che in fondo risulta complementare ai casi delle “apparizioni dei

defunti al letto di morte”. Ripeto pertanto che siccome ciascuno dei

percipienti nominati ignorava le esperienze degli altri, e siccome tali

concordanze non possono ascriversi a “coincidenze fortuite”, si è condotti ad

ammettere com’essi testifichino sulla obbiettività dei fenomeni percepiti.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

133

Ne consegue che nel caso esposto, la visione dello “sdoppiamento fluidico”

della morente dovrebbe ritenersi per genuinamente tale. Ciò posto, come

spiegare l’apparizione di una minuscola forma femminea, vestita in costume

dell’antica Grecia, con una corona in capo? Tale insieme di particolari tende a

far presumere che la figura in parola rivestisse carattere simbolico; nel qual

caso, in che cosa consisteva essa? Si trattava di una creazione allucinatoria

della mentalità del percipiente, oppure, di una proiezione telepatico-simbolica

originata nella volontà di un’entità spirituale? Nella casistica metapsichica si

riscontra un certo numero di siffatte proiezioni telepatico-simboliche aventi

presumibilmente origine trascendentale, e ciò specialmente nel gruppo delle

premonizioni; dimodoché l’esempio riferito rientrerebbe in un ordine di fatti

conosciuti.

Comunque sia di ciò, tale Frammento episodico nell’esperienza del

percipiente appare abbastanza strano e misterioso per consigliare a

sospendere ogni giudizio in proposito, in attesa che altri episodi analoghi

vengano raccolti in misura adeguata onde permettere di sottoporli

proficuamente ai metodi d’indagine scientifica “dell’analisi comparata” e della

“convergenza delle prove”, metodi meravigliosi, coi quali lo scrivente

pervenne sempre a risolvere qualsiasi perplessità teorica.

CASO LXXVII - Come avevo preannunciato nei commenti al caso che

precede, in quest’altro episodio oltre a contenersi un interessante episodio di

“apparizione dei defunti al letto di morte”, si contiene altresì una lunga

descrizione riguardante un altro fenomeno di “esteriorizzazione del corpo

spirituale al letto di morte”, descrizione ch’io m’induco a riportare quasi

integralmente a convalidazione ulteriore di quella che precede, e ciò tanto più

che gli episodi di tal natura possono considerarsi complementari di quelli qui

considerati, mentre risultano di un’importanza fondamentale per la

dimostrazione sulla base dei fatti, della sopravvivenza umana.

Tolgo il caso dal Light (1935, pagg. 209-211). Il relatore-percipiente è il

dottore in medicina Riblet B. Hout, residente nella città di Goshen (Stati

Uniti). Egli fa precedere la sua relazione dal seguente preambolo:

«A titolo di schiarimento intorno a quanto mi accingo a riferire, mi preme si

sappia ch’io non sono un medium, ma soltanto un “sensitivo”, il quale non ha

mai dichiarato pubblicamente d’interessarsi alle indagini psichiche. Fui tratto

a farlo in base alle mie non cercate personali esperienze al riguardo, le quali

mi convinsero trattarsi di un ordine importantissimo di manifestazioni

supernormali che attendono di essere indagate scientificamente,

manifestazioni di cui l’odierna scienza materialista si è sempre inutilmente

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

134

sforzata a porne in dubbio l’esistenza.

«Debbo aggiungere che prima dell’evento cui ebbi recentemente ad assistere,

e che ritengo mio dovere di pubblicare a vantaggio dell’umanità pensante,

evento riguardante il fenomeno dell’esteriorazione al letto di morte del “corpo

spirituale”, che pel tramite di un “cordone fluidico” rimane unito al “corpo

fisico” fino a quando la sua formazione non risulti compiuta, io non avevo mai

letto nulla di simile, né udito parlarne, giacché - come dissi -, fino a quel

giorno io mi ero unicamente interessato di ciò che di supernormale avveniva

spontaneamente intorno a me.

«Si tenga conto pertanto che tutto quanto mi accingo a riferire non potrebbe

attribuirsi a un fenomeno di drammatizzazione allucinatoria in un momento

di crisi emozionale, dal momento che il fenomeno cui ebbi ad assistere era

totalmente ignorato tanto dalla mia mentalità cosciente quanto da quella

subcosciente.

«Ciò premesso, passo a riferire la mia esperienza circa le modalità con cui

avviene l’esteriorazione del “corpo spirituale” dal “corpo fluidico” al letto di

morte, esteriorazione la quale si va lentamente concretando al di sopra del

“corpo fisico”.

* * *

«Forse la manifestazione cui ebbi ad assistere risulta unica per ciò che

riguarda la lentezza con cui si svolse il fenomeno della concrezione del “corpo

spirituale” esteriorato. Infatti, l’agonia dell’inferma si prolungò per dodici ore:

dalle sette della sera alle sette del mattino; e lungo il corso intero della notte,

io, coi membri della famiglia, sedetti al capezzale della morente, la quale era

l’unica mia zia, osservando attonito le due fasi solenni in cui si estrinsecava la

crisi della morte: da una parte, il fenomeno della vitalità che si andava

gradatamente spegnendo, e dall’altra parte, il fenomeno sincronico della

vitalità stessa che simultaneamente rinasceva rianimando un “corpo

spirituale” il quale andava concretandosi al di sopra del “corpo fisico”.

«Senonché i membri della mia famiglia assisterono unicamente alla prima

fase del grandioso fenomeno, laddove io scorsi l’una e l’altra fase in ogni sua

graduatoria di sviluppo sincronicamente combinata. In altre parole: io

assistetti all’intero processo per il quale gli elementi fluidici del “corpo

spirituale” si estrinsecarono gradatamente dal “corpo fisico” per reintegrarsi

immediatamente in un “corpo spirituale” il quale va lentamente riprendendo

forma e vitalità, sovrastando di circa due piedi dall’altro che si estingue...

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

135

«La morente aveva 73 anni, ed era stata in guisa non comune sempre giovane

ed attiva fino agli ultimi dieci giorni di vita, in cui erasi bruscamente rivelata

la esistenza di un carcinoma gastrico, che non lasciava adito a possibilità di

guarigione, per quanto né io né gli altri dottori chiamati a consulto potevamo

immaginare un aggravamento tanto rapido dell’insidioso male.

«Quando giunsi a casa in quella sera, mia zia pareva comparativamente in

forze, ed io non sospettavo affatto di dovere assistere una morente. L’inferma

era in pieno possesso delle sue facoltà mentali, e benché sofferente,

conversammo a lungo insieme.

«Dopo circa un’ora in cui mi trovavo al suo capezzale, io divenni consapevole,

in guisa più intuitiva che pratica, che si prospettava un brusco e gravissimo

mutamento nelle condizioni dell’inferma, la quale sarebbe entrata

rapidamente in agonia. Procedetti a un esame clinico rigoroso della degente:

il polso che un’ora prima appariva regolare e ritmico, era divenuto filiforme e

irregolare; la respirazione, corta e affannosa. Compresi di trovarmi al

capezzale di una morente.

«Ne avvertii subito i familiari, che si adunarono costernati intorno al letto.

«Lungo l’intera notte tutti sedemmo in silenzio, vigilando e meditando sul

mistero solenne della vita e della morte.

«Io contemplavo tristemente, con occhio professionale, l’avvicendarsi delle

varie contrazioni muscolari nella laboriosa agonia, mentre la morente era già

passata in condizioni comatose, allorché divenni all’improvviso consapevole

che in quell’ambiente si andava estrinsecando qualche cosa d’altro non

percepibile agli occhi normali del corpo. Guardando casualmente in alto,

avevo scorto un alcunché d’inesplicabile che pareva concretarsi a circa due

piedi al di sopra del letto, e consisteva in una vaga sostanza, simile a nebbia,

che pareva condensarsi in quel punto. Aveva aspetto di una nubecola fumosa

ed immobile sospesa in aria, la quale, a misura che il tempo passava, andava

positivamente divenendo sempre più opaca, assumendo una forma oblunga.

Quindi, con mio crescente stupore, rilevai che andava assumendo certe linee,

certe curve, certe forme ben definite che le conferivano una simmetria

caratteristica e suggestiva, fino a quando non mi fu possibile dubitarne: quella

nubecola andava assumendo forme umanoidi.

«Sedetti in silenzio per parecchie ore contemplando l’emozionante spettacolo,

e quando quella trasformazione divenne sufficientemente evoluta nel corpo e

nel sembiante, riconobbi in quella forma il corpo fisico e le sembianze di mia

zia! Non era possibile ingannarsi: era quello il “corpo spirituale” di lei,

sospeso in aria, in posizione orizzontale, a due piedi dal corpo fisico. Aveva

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

136

espressione serena, riposata, tranquilla, in aperto contrasto col corpo fisico

agitato da moti riflessi convulsi e contrazioni penose.

«Riscontrai che il polso della morente, per quanto apparisse sempre più

debole e intermittente, rimaneva ancora abbastanza vivace per prolungare di

qualche ora la vita dell’agonizzante, la quale aveva cessato di emettere gemiti,

assumendo un’espressione di calma relativa.

«Io vigilavo con immenso interesse le modalità con cui continuava a

svilupparsi il “corpo spirituale”, il quale ora appariva avvolto nei

drappeggiamenti di una sorta di tessuto che ne modellava esattamente le

forme. Scorgevo chiaramente le sembianze di quel volto, ed erano bensì le

sembianze di mia zia, ma ravvivate da un’espressione di vigore giovanile e di

serena tranquillità, in aperto contrasto con le impronte della vecchiaia e

l’espressione sofferente del sembiante fisico. Gli occhi erano chiusi, quasiché

fosse immersa in placido sonno ristoratore, mentre una misteriosa luminosità

emanava dal quel “corpo spirituale” sovrastante al corpo fisico.

«Mentre contemplavo con raddoppiato interesse misto a riverenza e stupore,

tale manifestazione, mi avvenne di rilevare per la prima volta che una sorta di

cordone fluidica, dal colore perlaceo, scaturiva dal capo della morente e

andava a congiungersi al capo della “forma spirituale”. Compresi che quel

cordone fluidica doveva funzionare da tubo conduttore per la trasfusione dal

corpo fisico a quello spirituale degli elementi costituenti quest’ultimo. Ciò mi

ricordò il biblico “cordone d’argento” di cui parlano le Sacre Scritture, e per la

prima volta conobbi il vero significato di tale espressione: il biblico “cordone

d’argento” era quello che congiungeva il “corpo fisico” al “corpo spirituale” in

formazione, così come il “cordone ombelicale” congiunge il corpo della madre

a quello del bimbo in gestazione.

«Rivolsi allora tutta la mia attenzione a quel “cordone”, e alle modalità con

cui si congiungeva ai due corpi. Riscontrai che fuoriusciva dalla protuberanza

occipitale alla base del cranio. Potevo anche discernere il modo con cui quel

cordone s’inseriva nel cranio. Vi si inseriva dilatandosi a ventaglio e

suddividendosi in numerosi filamenti indipendenti che penetravano nel

cranio, o meglio, che scaturivano dal medesimo. A breve distanza dal cranio

tali filamenti divenivano un solo cordone, il cui diametro era di circa un

pollice. Appariva traslucente, ed emanava una luminosità perlacea. Quel

cordone pareva animato da un’attivissima energia vibratoria, ed io ero in

grado di rilevare altresì l’esistenza di lente pulsazioni ritmiche della sostanza

perlacea, con direzione che dal corpo fisico giungeva al “doppio spirituale”.

Quando tali pulsazioni si sprigionavano dalla base del cranio, emanavano nel

tragitto una luminosità che diveniva luce all’altra estremità del processo. E ad

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

137

ogni pulsazione che arrivava alla meta, il “corpo spirituale” diveniva

visibilmente più vibrante di vita e più denso, mentre, per converso, il “corpo

fisico” diveniva in misura corrispondente sempre meno vitale.

«I fenomeni descritti si prolungarono per tutta la notte; ma non erano i soli

ad estrinsecarsi, poiché attorno al letto della morente apparvero altre forme

spirituali indipendenti dalla metamorfosi che andava compiendosi.

«Infatti, io divenni ben presto consapevole della presenza nell’ambiente di

entità spirituali. Avevo anzitutto percepito l’eco attenuata di cori a molte voci i

quali intonavano cantiche mistiche, di cui non distinguevo le parole. Guardai

nella direzione da cui mi giungevano quei cori, e con immenso mio stupore

scorsi i volti di molti cari congiunti i quali da tempo più o meno lungo erano

passati a miglior vita. Tra essi, ravvisai mio zio, cioè il marito della morente, il

quale si avvicinò per primo al capezzale di lei. Eravi pure il di lei figlio, morto

da molti anni, il quale pareva vigilare in silenzio il processo per cui la vita si

trasfonde dal “corpo fisico” a quello “spirituale”. Tre altre zie, sorelle della

morente, erano venute ad accoglierla nel mondo spirituale. Infine io mi vidi in

presenza della forma vivente, esultante, radiosa della madre mia, morta da

cinque anni.

«Tutta da nostra famiglia trovavasi pertanto riunita: i membri viventi della

medesima per assistere al trapasso di una cara congiunta, e i membri defunti,

per darle la benvenuta in ambiente spirituale.

«E così uniti, vegliammo l’intera notte in attesa dell’ora fatidica.

«Ad un dato momento, avvenne una manifestazione simbolica. Fui come

attratto intuitivamente a guardare in alto, e vidi scendere lentamente una fitta

pioggerella di petali di rose rosse, che vennero a posarsi sul letto della

morente. Ne compresi subito il significato: quel “letto di morte” era in realtà

“un letto di rinascita”, e il rosso fiammante dei petali di rosa simboleggiava

l’inizio di un’altra vita esente da ogni infermità.

«Accadde inoltre un altro incidente che m’interessò grandemente, ed è che

mia sorella si dimostrò capace di distinguere delle “luci di vario colore”

disposte qua e là nell’ambiente, e dov’ella localizzava una di tali luci, ivi, per

me, trovavasi uno degli spiriti presenti. Ora emerge palese che se il punto in

cui mia sorella localizzava una luce, corrispondeva sempre all’esistenza in

quel punto di uno spirito, allora ciò si risolve in una convalidazione inattesa

dell’obbiettività di quanto scorgevamo entrambi: essa, cioè, perveniva a

scorgere soltanto la luminosità emanata dalle forme spirituali, ed io scorgevo

invece tanto la luminosità, quanto gli spiriti.

«Allorché sorgeva l’alba del nuovo giorno, io mi avvidi che la grande ora si

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

138

avvicinava: sul volto della morente erano apparsi i segni precursori della

imminente estinzione della vita, e ne diedi avviso ai convenuti.

«Quindi la mia attenzione si concentrò nell’osservazione del “corpo

spirituale” che in quel momento era invero meraviglioso a contemplarsi. I

drappeggiamenti del tessuto spirituale lo avvolgevano morbidamente, mentre

le sembianze distintissime esprimevano un atteggiamento di sereno riposo.

Ma il grande contrasto che impressionava era quello esistente tra i due corpi

appartenenti alla medesima individualità, contrasto che non consisteva

unicamente nella differenza esistente tra vita e morte, bensì nella circostanza

che l’uno era contrassegnato dalle impronte della tarda vecchiaia, laddove

l’altro era animato dal vigore e dalla freschezza giovanili, e mentre l’uno

appariva vibrante di una vitalità rigogliosa, l’altro aveva cessato ogni moto

riflesso, e cominciava a irrigidirsi in una immobilità preludiante alla morte.

«Nel contempo erano cessate le pulsazioni ritmiche del “cordone fluidico” il

quale appariva afflosciato e poco luminoso. Comunque, rimaneva ancora

congiunto ai due corpi.

«Mentre osservavo in silenzio, mi accadde di udire una voce che mi sussurrò

all’orecchio: - Ancora dieci minuti di vita.

«Comunicai ai presenti quanto avevo udito, e attesi con l’orologio alla mano,

vigilando attentamente il “cordone fluidico” nel punto in cui s’inseriva alla

base del cranio, diffondendosi a ventaglio suddiviso in numerosi filamenti.

Non tardai a riscontrare che questi ultimi cominciavano a rompersi l’uno

dopo l’altro, ritraendosi, attorcigliandosi e scomparendo, così come

avverrebbe di un filamento molto elastico e molto teso che improvvisamente

venisse reciso. Quando furono tutti strappati, fatta eccezione per un solo

filamento centrale, guardai l’orologio. I dieci minuti erano trascorsi: l’ultimo

strappo stava per compiersi. Attendevo ansiosamente. Ed ecco apparirmi

un’altra visione simbolica, consistente in un paio di forbici d’oro, le quali si

apersero e si richiusero a me dinanzi. Simultaneamente, l’ultimo filamento si

strappò e scomparve: lo spirito neonato era libero!

«Allora il “corpo spirituale” il quale si allungava in posizione supina,

sovrastante al “corpo fisico”, si raddrizzò, discese a lato del proprio cadavere,

sostò qualche tempo in quel punto, ed aperse gli occhi, rivolgendosi a me

sorridendo. Fece un largo cenno di saluto che pareva rivolto a tutti i suoi cari

ed al mondo che abbandonava, per poi elevarsi e sparire insieme agli spiriti

venuti ad accoglierlo...».

Questi brani essenziali della interessantissima relazione del dottore Riblet

Hout intorno al fenomeno dello “sdoppiamento fluidico al letto di morte” cui

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

139

ebbe ad assistere, relazione che dal punto di vista dell’accurata descrizione nei

particolari forniti sull’evento solenne, ricorda le famose esperienze analoghe

del celebre veggente nord-americano Andrew Jackson Davis, nonché

l’esperienza del rev. William Stainton Moses al letto di morte del padre suo.

I lettori i quali abbiano letto il mio libro su I Fenomeni di Bilocazione, in

cui si contengono numerosi altri casi del genere, potranno riscontrare come la

descrizione che del fenomeno pubblica il relatore risulti conforme in ogni

particolare essenziale, a tutte le altre ivi contenute; e siccome si tratta, in

massima parte, di manifestazioni conseguite da sensitivi i quali tutto

ignoravano in argomento, emerge palese che tale mirabile concordanza nei

particolari forniti, si risolva in una prova inconfutabile sulla realtà obbiettiva

degli eventi cui ebbero ad assistere.

Si aggiunga che si conoscono relazioni intorno ad eventi del genere occorsi nel

mezzo a tribù selvagge o primitive, relazioni dovute ad esploratori africani e a

missionari, le quali risultano a loro volta conformi a quelle qui considerate; e

nel libro sopra nominato ebbi cura di riferirne qualche saggio. Ora, una

concordanza simile, assurge al valore di un’ottima prova in favore della realtà

obbiettiva dei fenomeni in esame, visto che i popoli primitivi e quelli selvaggi

non possono ritenersi vittime di autosuggestioni allucinatorie derivate da

reminescenze di letture, ovvero da conversazioni coi popoli civili, i quali - si

noti bene -, salvo pochi iniziati, ignorano in massa l’esistenza di simili fatti.

Niun dubbio pertanto sulla realtà obbiettiva del grandioso fenomeno, il quale

risolve da solo, in senso affermativo, il formidabile quesito della

sopravvivenza umana; il che equivale a dire che il grande mistero è già da ora

risolto, e attende soltanto che i rappresentanti della scienza ufficiale si

decidano a prenderlo in considerazione per indagarlo e convalidarlo a loro

volta, divulgando dalle cattedre universitarie la lieta novella all’umanità

pensante e a quella dolorante.

Ciò stabilito, da un punto di vista d’ordine generale, passo a commentare

brevemente il caso speciale qui considerato, rilevando anzitutto che non è

esatto quanto il relatore afferma in principio circa il fenomeno da lui

osservato, il quale risulterebbe unico per la lentezza in cui si svolse l’agonia

della morente, e in conseguenza, per la durata con cui si svolge il processo di

“sdoppiamento”. E’ invece nella natura del fenomeno che così avvenga

normalmente, e nel caso del padre del rev. William Stainton Moses, il

processo dello “sdoppiamento del corpo spirituale” si prolungò, con

alternative continue di evoluzione e involuzione, per dodici giorni e dodici

notti; dimodoché soltanto per quest’ultimo caso potrebbe asserirsi ch’esso

ebbe una durata eccezionale; il che, presumibilmente avvenne in causa della

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

140

circostanza che il vecchio padre del relatore non si estinse per malattia, ma

unicamente in conseguenza dell’età molto avanzata.

Ritenni di dover segnalare questa insignificante inesattezza del relatore, in

quanto concorre a convalidare la sua importante affermazione ch’egli tutto

ignorava intorno all’esistenza del fenomeno cui ebbe ad assistere.

Quanto a ciò che riguarda i particolari da lui riferiti intorno ai processi con cui

si svolse il fenomeno dello “sdoppiamento fluidico al letto di morte”, nonché

alle alternative dello svolgimento, come pure all’esistenza di un “cordone

fluidico” che congiungeva il corpo fisico al corpo spirituale in formazione, o al

fatto di quest’ultimo il quale si andava concretando al di sopra del corpo fisico

assumendo la posizione supina, per indi, dopo avvenuto lo strappo dell’ultimo

filamento fluidico, discendere a lato del cadavere, rimanervi qualche tempo,

per poi elevarsi e sparire insieme agli spiriti dei defunti venuti ad accoglierlo;

in merito a tutti questi particolari, ripeto che la narrazione del relatore

concorda mirabilmente con tutte le altre del genere.

Giova inoltre osservare come in queste ultime si riscontrino altresì incidenti

di visualizzazioni simboliche, e ciò palesemente, nell’intento da parte delle

personalità medianiche presenti, di supplire mediante rappresentazioni

espressive di un pensiero, alla impossibilità di farlo a parole o per iscritto.

Infine, rimane da segnalare l’incidente teoricamente più importante nella

narrazione in esame, ed è quello in cui il relatore riferisce come la di lui

sorella scorgesse delle «luci di vario colore» disposte qua e là per l’ambiente,

le quali corrispondevano esattamente alla localizzazione di altrettanti spiriti

di defunti da lui scorti. Si è visto come il relatore ne abbia giustamente

inferito che tale combinazione dei due fenomeni di veggenza, in apparenza

radicalmente diversi, ma in realtà complementari l’uno dell’altro, dimostrava

in guisa inequivocabile l’obbiettività di quanto scorgevano entrambi; vale a

dire che sua sorella scorgeva soltanto la luminosità emanata dalle forme

spirituali dei defunti ivi convenuti, laddove lui scorgeva tanto la luminosità

quanto gli spiriti.

Ora osservo in proposito che tale inferenza razionale e inconfutabile, risulta

ulteriormente convalidata dalla circostanza che il medesimo fenomeno delle

percezioni in apparenza diverse, ma in realtà complementari tra di loro, si

riscontra identico in altri episodi della casistica in esame, ma soprattutto nelle

manifestazioni sperimentali medianiche. Così, ad esempio, nelle famose

esperienze del rev. Stainton Moses, il medium scorgeva nell’ambiente la

maestosa figura del proprio “spirito-guida” Imperator irradiante una

luminosità azzurrina, mentre il dottor Speer nulla scorgeva, e Mrs. Speer

scorgeva in quel punto una colonna di luminosità azzurrina dell’altezza di un

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

141

uomo; e siccome la scorgeva anche dietro al medium, prima che quest’ultimo

segnalasse la presenza del suo “spirito-guida”, come pure, siccome ne

designava infallibilmente tutti gli spostamenti nell’ambiente, non è proprio il

caso di sofisticare in proposito.

Ne deriva che siffatti incidenti di percezioni in apparenza diverse del

medesimo fenomeno, ma in realtà complementari tra di loro, convalidandosi

a vicenda, rendono addirittura incrollabile l’inferenza circa l’obiettività del

fenomeno osservato, e in conseguenza circa l’obbiettività dei fenomeni di

“sdoppiamento fluidico”, nonché delle concomitanti “apparizioni dei defunti

al letto di morte”.

Concludendo: l’episodio esposto, sebbene nulla contenga di nuovo, deve

accogliersi quale un valido contributo alla casistica dello “sdoppiamento

fluidico al letto di morte”, e in conseguenza anche un valido apporto alla

classe dei fenomeni di “bilocazione”, giacché la casistica qui considerata non è

che una branca di questa ultima classe di manifestazioni supernormali, per

quanto ne risulti la branca di gran lunga più importante; ciò in quanto le altre

branche dei fenomeni di bilocazione realizzandosi durante il corso della vita

vissuta, risultano sempre di natura transitoria e fugace, quindi rivestono un

valore teorico minore di quel che non avvenga ogni qual che volta il fenomeno

di bilocazione si determini al letto di morte; nel qual caso i processi con cui si

estrinseca lo “sdoppiamento fluidico” risultano radicalmente diversi da tutte

le altre forme transitorie con cui il fenomeno medesimo si estrinseca nel corso

della vita vissuta; vale a dire che in quest’ultimo caso il “corpo eterico” quello

che emerge in piena forma dal corpo fisico, rimanendo unito ad esso con un

filamento fluidico sottilissimo di una elasticità portentosa, laddove al letto di

morte - come si è visto - il “corpo eterico” va lentamente rivestendo la forma

permanente e sostanziale di “corpo spirituale”, sottraendo l’essenza vitale al

corpo fisico, il quale si estingue. Ne deriva che solo in questo ultimo caso

emerge palese ciò che rappresentano nel mistero dell’Essere i fenomeni di

“bilocazione”: Essi forniscono la prova cruciale della sopravvivenza

umana.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

142

CATEGORIA VI

Esempi di apparizioni di defunti occorse dopo breve tempo da un

evento di morte, e percepite nella casa medesima in cui giace la

salma

CASO LXXVIII - A niuno sfuggirà la grande importanza teorica particolare

ai casi del genere indicato. Qualora si pervenisse a raccoglierli in numero

adeguato, rappresenterebbero un contributo prezioso in favore della tesi

spiritualista. Per ora, nondimeno, tale possibilità si dimostra assai lontana, e i

casi stessi risultano tra i più rari che si conoscano; il che non deve far

meraviglia, tenuto conto delle condizioni che si richiedono onde possano

realizzarsi.

Il caso seguente, ch’io tolgo dal vol. V, pag. 422 dei Proceedings of the S.

P. R., è anche l’unico che figurerà nella presente categoria. Avverto

nondimeno di averne citato un altro in precedenza (caso XXXIV), in cui

«l’apparizione di un defunto occorsa dopo breve tempo da un caso di morte, e

percepita nella casa medesima in cui giace la salma», non venne precisamente

percepita dai viventi, ma fu positivamente dimostrata dalla “lastra

fotografica”.

Nel caso qui considerato, la relatrice Mrs. Bacchus scrive in questi termini, in

data dell’agosto 1886:

«Nel giorno di sabato, 24 ottobre 1867, ci congedammo dagli amici marchesi

De Lys, coi quali si stava a Malvern Well, per recarci a Cheltenham, dimora di

un cognato di mio marito, Mr. Giorgio Copeland. Egli era da tempo infermo

in seguito a un attacco di paralisi che lo aveva ridotto all’impotenza, per

quanto in lui rimanessero inalterate le facoltà mentali. Tale ultima circostanza

spingeva gli amici a recarsi sovente a trovarlo onde lenire in qualche modo la

sua sventura.

«Approfittando della vicinanza, deliberammo a nostra volta di fare

altrettanto. Eravamo informati però, ch’egli aveva altri ospiti in casa; per cui

risolvemmo di recarci a Cheltenham senza prevenirlo, allo scopo di fissarvi un

alloggio prima che un invito da sua parte sopravvenisse a impedirlo.

Prendemmo in affitto alcune camere situate in vicinanza dell’abitazione stessa

di Mr. Copeland. Ciò fatto, stavamo per assentarci dall’albergo, allorché ci

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

143

caddero sott’occhio alcune fiale di medicinali disposte sopra un tavolo.

Domandammo se nella casa vi fossero ammalati, e fummo informati che una

certa Mrs. R., ivi alloggiata con la propria figlia, era da qualche tempo

inferma, per quanto si trattasse di cosa lieve, e non esistessero pericoli di

sorta.

«Con ciò non vi pensammo più.

«Si andò poco dopo da Mr. Copeland, ove nel corso della serata avvenne di

fare il nome delle gentildonne nostre vicine di alloggio. Mr. Copeland disse

conoscere Mrs. C.; spiegò ch’essa era vedova di un dottore in medicina

praticante in Cheltenham, e che una di lei figlia era andata sposa a un maestro

di collegio, di nome Mr. N. Ricordai allora di aver conosciuta Mrs. N. in

occasione di un trattenimento in casa del dottor Barry, e di averla notata per

la sua bellezza mentre stava conversando con la padrona di casa. Questo era

quanto io sapevo in merito a quelle signore.

«Nel mattino della domenica, all’ora di colazione, notai che mio marito

pareva soprapensieri. Terminato l’asciolvere, egli domandò: - Hai tu sentito

trascinare una sedia un momento fa? La vecchia signora che ci sta sotto è

morta sulla propria sedia nella notte scorsa, e l’hanno trascinata su di essa

nella propria camera. - Io rimasi assai male; era la prima volta che mi trovavo

in prossimità di un cadavere; desideravo quindi sloggiare senza indugio.

Parecchi amici, non sì tosto appresero il fatto, avevano gentilmente offerto la

loro ospitalità; tuttavia mio marito vi si opponeva. Egli osservava che un

trasloco era sempre un disturbo, che le mie paure erano sciocchezze, ch’egli

non aveva piacere a muoversi di domenica, che non era tratto generoso

l’andarsene perché una persona era morta, e che ove ciò fosse stato fatto a

noi, non avremmo mancato di adontarcene. In breve: fu giuocoforza restare.

«Spesi il giorno intero in compagnia del cognato e delle nipoti. Non

tornammo all’albergo che all’ora di andarsene a letto.

«Dopo essermi addormentata subito, come d’abitudine, mi risvegliai nel

cuore della notte senza causa apparente, e vidi distintamente ai piedi del letto

un vecchio gentiluomo dalla rosea faccia paffuta e sorridente, col cappello in

mano, vestito di un soprabito color celeste, dal taglio antico, guarnito di

bottoni metallici, e al di sotto un panciotto chiaro con pantaloni analoghi. Più

lo guardavo e meglio discernevo ogni più minuta particolarità del volto e del

vestito. Non mi sentivo troppo impressionato. Dopo qualche tempo provai a

chiudere gli occhi per un minuto o due; quando li riapersi, il vecchio

gentiluomo era sparito.

«Dopo breve tempo mi riaddormentai. Giunto il mattino, mi proposi di non

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

144

far parola dell’occorso con nessuno fino a quando non avessi visto una delle

mie nipoti alla quale intendevo esporre il fatto onde sapere se per avventura

non vi fosse rassomiglianza tra il dottor R. e il gentiluomo della mia visione.

Per quanto l’idea mi sembrasse assurda, volevo sincerarmene.

«Incontrai mia nipote, Mary Copeland (ora Mrs. Brandling) di ritorno dalla

chiesa, e tosto domandai: - Il dottor R. aveva forse l’aspetto di un vecchio

gentiluomo dalla rosea faccia paffuta e sorridente, ecc.? - Essa trasalì per lo

stupore, esclamando: - Chi può avertelo detto? Noi dicevamo infatti ch’egli

somigliava più a un buon fattore di campagna, che a un dottore in medicina.

Com’è strano che un uomo dall’aspetto così volgare abbia avuto per figlia una

creatura così bella!

«Tale il racconto fedelissimo del caso a me occorso... Le mie due nipoti sono

tuttora viventi, e debbono ricordare esattamente ogni cosa. Naturalmente io

non sono in grado di dare ragione del fatto. La salma della vecchia signora

giaceva nella camera sottostante. Ciò che più mi sorprese, fu la circostanza

ch’io rimasi così poco impressionata per l’accaduto, da riprendere sonno poco

dopo, senza disturbare alcuno».

(Firmata: Mrs. Bacchus)

Il marito di Mrs. Bacchus così conferma:

«Leaminghton, 27 settembre, 1895. - Lessi la relazione di mia moglie in

merito a quanto occorse a Cheltenham allorché si era colà nell’ottobre del

1886, relazione che risponde esattamente a quanto mia moglie ebbe a

raccontarmi a viva voce nel mattino successivo al fatto; del che mi ricordo

perfettamente, così come ricordo ch’essa narrò ogni cosa a sua nipote in quel

mattino medesimo».

(Firmato: Mr. Henry Bacchus)

Per ulteriori ragguagli, ed altre prove testimoniali, rimando ai Proceedings,

luogo citato.

Nel caso esposto il particolare più importante, dal punto di vista teorico,

consiste nella dichiarazione della percipiente di non avere mai conosciuto, né

avere altrimenti avuto alcuna idea dell’apparenza personale del defunto

dottor R., il che trae a inferirne la realtà obbiettiva dell’apparizione, restando

eliminata l’ipotesi di un fenomeno di autosuggestione allucinatoria provocata

in Mrs. Bacchus dal pensiero sgradevole di avere a sé vicino il cadavere di

Mrs. R.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

145

E qui, in base alle argomentazioni svolte nei commenti al caso LXXIII, ritengo

tempo perso il tornare a far cenno alle presumibili interpretazioni

dell’episodio in esame presupponendo un fenomeno di trasmissione

telepatica del pensiero da parte della figlia di Mrs. R., pensiero rivolto, per

ipotesi, alla memoria del proprio padre; ovvero, alla trasmissione di analoga

visualizzazione occorsa in sogno alla persona medesima.

Vale a dire che con le argomentazioni da me svolte nella circostanza indicata,

ritengo di avere dimostrato, sulla base dei fatti, che tali peregrine

elucubrazioni di cui si valgono gli oppositori irriducibili, non sono soltanto

gratuite, ma contrarie alle modalità con cui si estrinsecano i fenomeni

telepatici.

Comunque, mi propongo di svolgere ulteriormente la tesi importantissima nel

capitolo conclusionale che segue.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

146

CONCLUSIONI

Pervenuto al termine di questa breve classificazione, nella quale tenni conto

soltanto di una piccola percentuale selezionata dei casi raccolti, non mi

rimane che sintetizzare in poche pagine le risultanze teoriche venute in luce in

virtù dei processi dell’analisi comparata applicati ai casi citati.

Come si è visto, nel corso intero della classificazione, io mi attenni

rigorosamente alla regola di provare costantemente le capacità dilucidative

dell’ipotesi allucinatoria combinata a un fenomeno di trasmissione telepatica

del pensiero, applicandola ad ogni singolo caso; a ciò determinandomi la

considerazione che per la natura stessa dei fenomeni analizzati, non risultava

sempre facile lo sceverarli da quelli d’ordine allucinatorio, o telepaticoallucinatorio;

ipotesi queste ultime patrocinate dagli oppositori della

sopravvivenza umana. Ne derivava che urgeva di non dimenticare mai

l’esistenza di tali possibilità teoriche, applicandole costantemente, salvo a

rilevare le circostanze episodiche che tendevano a provarne l’insufficienza, a

tutto vantaggio dell’interpretazione spiritualista.

Tali circostanze episodiche acquistavano il loro valore dimostrativo in forza

delle modalità con cui si estrinsecavano, sia perché l’infermo versava talora in

condizioni comatose, le quali escludevano la possibilità che le visioni degli

assistenti fossero una proiezione del di lui pensiero; sia perché il degente e gli

assistenti ignoravano la morte della persona apparsa, circostanza la quale

escludeva ogni forma di autosuggestione e suggestione; sia perché il defunto

manifestatosi era sconosciuto al percipiente, e veniva identificato da un

ritratto; sia perché il fantasma assumeva carattere di manifestazione

premonitoria, altra circostanza inesplicabile con le ipotesi allucinatoria,

suggestiva e telepatica; sia perché si ottenevano talora convalidazioni

indirette circa la veridicità delle apparizioni, sotto forma di preannunci o

riconferme conseguite medianicamente, metodo che riconduceva i fenomeni

in esame sulla via dell’esperimentazione scientifica; sia perché tali riconferme

indirette si ottenevano qualche volta con la “fotografia trascendentale”, in cui

rimaneva impresso sulla “lastra fotografica” il medesimo fantasma di defunto

visualizzato qualche ora prima dal morente; sia perché il morente o il

percipiente, e talora entrambi, erano bambini in tenerissima età, quindi

incapaci di autosuggestionarsi, o suggestionare gli altri in ordine ad eventi

trascendentali che la loro piccola mente non poteva comprendere; sia, infine,

perché si conoscevano casi interessantissimi di percezioni supernormali

collettive al letto di morte, percezioni che talora risultavano radicalmente

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

147

diverse, ma pur sempre complementari tra di loro, con ciò convalidando in

guisa inequivocabile l’obbiettività dell’evento occorso. E questi tre ultimi

gruppi di prove risultavano i più importanti, inquantoché escludevano in

guisa risolutiva qualsiasi ipotesi ed obbiezione avversaria; dimodoché era

lecito affermare che pochi casi ben controllati di tal natura bastavano a

demolire irrevocabilmente l’ipotesi telepatico-allucinatoria quale spiegazione

legittima dei fenomeni in esame, considerati nel loro complesso.

A tali inferenze emergenti direttamente dai fatti, si univano le considerazioni

d’ordine generale, quale quella che se i fenomeni in esame avessero per

causale il pensiero del moribondo rivolto ai propri cari, in tal caso il

moribondo, anziché sottostare esclusivamente a forme allucinatorie

raffiguranti defunti, avrebbe dovuto soggiacere con maggiore frequenza a

forme allucinatorie raffiguranti persone viventi; ciò che non si verificava mai.

Ovvero, l’altra considerazione che se nella crisi della morte si realizzavano

fenomeni di visualizzazione allucinatoria, era altrettanto vero che si

conseguivano fenomeni di telepatia, telestesia, lucidità, precognizione,

bilocazione, e via dicendo; tutte manifestazioni d’ordine supernormale e che

perciò rendevano assai meno improbabile che le apparizioni dei defunti

risultassero a loro volta supernormali.

Alle quali considerazioni non sarà inutile aggiungere quest’altra; ed è che se

l’ipotesi allucinatoria applicata ai casi delle visioni di fantasmi in generale,

appariva formidabile prima dell’avvento delle indagini metapsichiche, ora

non è più così, tenuto conto del numero sempre crescente di visioni di tal

natura per le quali è dimostrata la loro origine veridica, a cominciare dai

fantasmi telepatici, per passare a quelli di natura premonitoria, e finire alle

visioni delle case infestate, in cui il medesimo fantasma, vestito nel medesimo

costume, si manifesta successivamente a una moltitudine di persone, di cui

l’una ignora l’esperienza dell’altra, con ciò dimostrandosi l’obbiettività sui

generis del fantasma stesso, e l’impotenza dell’ipotesi allucinatoria a

spiegarlo.

Infine, a proposito di quanto si disse intorno al valore teorico dei casi d’ordine

collettivo, i quali quando sono osservati da parecchi percipienti escludono

categoricamente l’interpretazione allucinatoria sotto tutte le forme, giova

avvertire preventivamente che nei trattati di patologia mentale si rinvengono

registrati alcuni rari esempi di allucinazioni collettive occorsi nelle crisi di

esaltazione mistica tra le folle, ma che ciò si realizza immancabilmente per via

di suggestione verbale, e non mai per via di trasmissione telepatica

del pensiero. Non solo, ma si apprende altresì come ciò si determini

unicamente nei riguardi di soggetti isterici o psicopatici, e non mai tra le folle

propriamente dette; del che informano e discutono due grandi autorità in

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

148

psichiatria: i professori Charles Richet ed Enrico Morselli, terminando

entrambi col negare recisamente la esistenza di allucinazioni patologiche

d’ordine collettivo telepaticamente indotte.

Ne consegue che in base a quanto si venne esponendo si è tratti a concluderne

che l’ipotesi allucinatoria applicata ai casi delle apparizioni dei defunti al letto

di morte, perde ogni diritto di esclusività, a tutto vantaggio

dell’interpretazione spiritica di molte fra le apparizioni stesse.

E tutto ciò non basta, poiché se si analizzano le modalità di estrinsecazione

della telepatia - su cui si fondano tutte le presunzioni della tesi avversaria - si

arriva alla conclusione che le medesime sono contrarie all’ipotesi allucinatoria

applicata ai fenomeni in esame. Infatti, comparando tra di loro le molte

migliaia di casi telepatici raccolti, si rileva che una legge indiscutibile li

governa, ed è che, salvo rarissime eccezioni da non tenersi in conto alcuno

nello stabilire una legge, è sempre il fantasma dell’agente che si manifesta al

percipiente; laddove nei casi di apparizioni dei defunti al letto di morte, la

legge altrettanto indiscutibile è diametralmente opposta; vale a dire, che sono

sempre fantasmi di defunti quelli che si manifestano ai percipienti.

Ciò posto, vediamo a che conduce una siffatta constatazione. In base ad essa,

comincio col rilevare che sebbene nel corso intero della presente

classificazione, io abbia concesso alla tesi avversaria la presunzione che

avvengano di regola trasmissioni telepatiche di fantasmi di persone a cui si

pensi con intensità di affetto, ora giova insistere sul fatto che tale presunzione

è assolutamente infondata, ed anzi che risulta un errore grossolano, il quale

non regge alla prova dei fatti; dai quali emerge che quando una persona pensa

intensamente a un’altra lontana, vi è la probabilità che a questa ultima si

manifesti il fantasma telepatico della prima, e non mai che la prima trasmetta

a terzi il fantasma della persona pensata. Tra i due ordini di fatti s’interpone

un abisso; con questo di aggravante, che il primo soltanto è reale, l’altro

fantastico. Eppure i propugnatori ad oltranza dell’ipotesi telepatica

presuppongono costantemente siffatta eventualità, quasiché si trattasse di

una regola stabilita.

E qui se mi si chiedesse come mai avvenga il fenomeno imbarazzante della

trasmissione telepatica del proprio fantasma alla persona a cui si pensa,

laddove, teoricamente parlando, quando si concentra il pensiero sopra una

data persona lontana, dovrebbe concretarsi nel sensorio l’immagine

subbiettiva della persona pensata, e in conseguenza, dovrebbe trasmettersi

telepaticamente l’immagine di quest’ultima persona, e non mai l’immagine di

colui che la pensa; se mi si chiedesse come dunque si realizzi nella pratica

una simile contraddizione della teoria, io risponderei che nessuno ne sa

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

149

nulla, poiché nessuno pervenne ancora a risolvere l’arduo quesito. E se si

considera che la teoria del Fouillée sulle “idee-forza” è divenuta classica in

ambiente psicologico, e che in ambiente metapsichico venne dimostrato che il

pensiero e la volontà sono forze plasticizzanti e organizzanti mentre la

“fotografia del pensiero” ha provato inappellabilmente che i pensieri si

concretizzano in immagini fotografabili; se si considera tutto ciò, allora si

raggiunge la certezza teorica e pratica che nel caso nostro il fatto di pensare

intensamente a una persona lontana determina nel sensorio una

rappresentazione subbiettiva - ma in qualche guisa concreta ed esteriorabile -

della persona a cui si pensa, nonché suscettibile di essere proiettata

telepaticamente a distanza, e percepita dalla persona a cui si pensa. In altre

parole, dal punto di vista qui considerato, e teoricamente parlando, si

dovrebbe inferirne che la persona lontana sulla quale l’agente concentra il

pensiero, debba percepire il fantasma di se medesima proiettato

telepaticamente dall’agente! Il che è ben lungi dall’essere, e tutti sanno che al

percipiente si manifesta invece il fantasma dell’agente, così come tutti sanno

che non si è mai dato il caso di un percipiente che in circostanze simili abbia

visualizzato il fantasma di se medesimo!

Come darsi ragione di una siffatta stridente contraddizione tra la pratica e la

teoria? Ricordo che in occasione di un commento da me apposto a un

episodio citato in precedenza (caso LXXIII), mi ero già adoperato a formulare

in abbozzo due ipotesi capaci di risolvere il formidabile quesito in esame, ed

ora mi dispongo a svolgere adeguatamente la tesi importantissima,

cominciando con l’osservare che all’interrogativo esposto non può darsi che

una sola risposta: Se le modalità fenomeniche di cui si tratta non si sono mai

realizzate nella pratica, allora ciò significa che i fantasmi telepatici non

sono la concrezione esteriorata del pensiero cosciente dell’agente.

Si noti che tale conclusione, in apparenza stupefacente, è invece convalidata

dalle numerose e laboriose esperienze intorno alla così detta “telepatia

sperimentale”, esperienze sempre poco concludenti, ma che però valsero a

dimostrare come il pensiero risulti trasmissibile alla condizione che

l’agente concentri intensamente il pensiero sull’immagine da

trasmettere al percipiente; ciò che diversifica radicalmente tra di loro le

due serie di esperienze in esame, la prima delle quali risulterebbe una serie di

esperienze vere e proprie di “trasmissione del pensiero”, e non mai di

esperienze di “telepatia sperimentale”; mentre la seconda consisterebbe in

una serie di “manifestazioni vere e proprie di telepatia fra viventi” non

suscettibili di conseguirsi sperimentalmente, vale a dire

sistematicamente da sperimentatori in condizioni di veglia. In altri termini:

Nel primo caso entra in funzione il pensiero cosciente dell’agente; nel secondo

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

150

caso, emerge ed opera la volontà subcosciente del medesimo.

Ora tali considerazioni forniscono la soluzione dello enigma teorico qui

considerato, in quanto traggono a inferirne che se la circostanza fenomenica

del percipiente al quale si manifesti il fantasma di se medesimo non si è mai

realizzata nella pratica, ciò significa precisamente che i fantasmi telepatici

non sono la concrezione esteriorata del pensiero cosciente

dell’agente, visto che quest’ultimo potrebbe soltanto apparire in persona al

percipiente a condizione di concentrare intensamente il pensiero sull’idea di

apparire al medesimo; vale a dire, facendo con ciò un’esperienza di

trasmissione del pensiero in cui l’immagine pensata è quella di se stesso.

E di quest’ultima possibilità si hanno buone prove sperimentali; ricordo in

proposito la relazione classica riferita nei Phantasms of the Living (caso

Verity), in cui il percipiente si propose di apparire in persona a una signora

amica concentrando intensamente il pensiero sull’idea di apparirle, e

ottenendo pienamente lo scopo ripetute volte.

Per converso, quando l’idea di apparire al percipiente non esiste, allora -

sempre teoricamente parlando - non dovrebbe mai avvenire che l’agente, pur

pensando intensamente al percipiente, abbia da apparire a questo ultimo in

persona, visto che il fatto di concentrare il pensiero sul percipiente provoca

invece nel di lui sensorio la creazione dell’immagine della persona a cui pensa,

e così stando le cose, sarebbe questa l’immagine che dovrebbe apparire al

percipiente. Che se nella pratica avviene invece che in siffatte condizioni di

concentrazione del pensiero, l’agente proietta inconsapevolmente il proprio

fantasma al percipiente, allora emerge palese che in simili contingenze non

può trattarsi di trasmissione del pensiero cosciente, bensì

dell’estrinsecazione di un fenomeno telepatico propriamente detto, in

cui l’agente, col fatto di pensare intensamente a una persona designata,

provoca in se medesimo l’emergenza delle facoltà supernormali subcoscienti,

per ausilio delle quali si estrinseca uno dei consueti, frequenti, normali

fenomeni telepatici consistenti nell’apparizione del fantasma dell’agente al

percipiente; il che palesemente è dovuto al fatto che quando la mentalità di un

individuo è in siffatte condizioni di “monoideismo affettivo” determina con

ciò una corrente subcosciente di “vibrazioni psichiche” viaggianti all’infinito

in onde concentriche - così come avviene nella radiofonia per le “vibrazioni

fisiche” - le quali, in quanto si espandono globalmente, raggiungono

infallibilmente la meta.

Ora, questo è quanto avviene nelle circostanze indicate, vale a dire che la

subcoscienza del percipiente riceve un fascio di vibrazioni psichiche sui

generis provenienti dall’agente in discorso, le quali emergono dalla

subcoscienza nella coscienza normale, si trasformano automaticamente nella

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

151

obbiettivazione allucinatoria del fantasma dell’agente stesso, così come nella

“radiofonia” le “onde elettro-magnetiche” trasmesse dalla stazione agente, si

trasformano nella “voce”, o nella “musica” che le aveva generate.

Questa la prima ipotesi dilucidativa da me proposta per la soluzione del

quesito in esame; alla quale ne feci seguire una seconda, in cui rilevavo che

potrebbe anche inferirsi col Myers che nel caso nostro non si tratti puramente

di vibrazioni psichiche, ma che ci si trovi in presenza di un fenomeno iniziale

di “psicorragia”, vale a dire, di esteriorazione e proiezione a distanza, in

direzione della persona pensata, di un condensamento di elementi psichici

combinati a fluidi sottilissimi capaci di assumere automaticamente la forma

fantasmogena dell’agente telepatizzante; nel qual caso ci si troverebbe in

presenza di una modalità incipiente di “sdoppiamento fluidico” che non

rivestirebbe ancora il carattere di un fenomeno di “bilocazione”, ma ne

sarebbe l’inizio rudimentale.

Queste le ipotesi da me proposte, entrambe metapsichicamente legittime,

complementari l’una dell’altra, ed entrambe utilizzabili a seconda delle

circostanze.

Si ponga mente infine che la discussione esposta si converte in una magnifica

quanto inattesa dimostrazione ulteriore circa l’assurdità di quanto sostengono

gli oppositori i quali vorrebbero spiegare i casi delle “apparizioni dei defunti

al letto di morte visualizzate dai presenti collettivamente al morente”,

ricorrendo all’ipotesi della trasmissione telepatica del pensiero del morente,

laddove - come si è visto - risulta sperimentalmente dimostrato che “i

fantasmi telepatici non sono concrezione del pensiero esteriorato dell’agente”;

e così stando le cose, l’ipotesi in discorso, la quale è anche l’unica di cui

dispongano i negatori della sopravvivenza umana, decade inesorabilmente e

per sempre.

Riassumendo:

Con la presente monografia sui fenomeni delle “apparizioni dei defunti al

letto di morte”, io mi sono cimentato nell’ardua impresa di accumulare in

numero adeguato episodi del genere accuratamente selezionati dal punto di

vista della loro autenticità come fatti, per indi classificarli, analizzarli,

compararli, e inferirne le leggi che li governano.

Queste le conclusioni d’ordine generale a cui pervenni:

In base ai processi dell’analisi comparata tra i fenomeni telepatici e le “visioni

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

152

dei moribondi”, appare dimostrato che quando le visioni stesse sono percepite

unicamente dagli assistenti, oppure collettivamente dal moribondo e dagli

assistenti, è da escludere in linea di massima che ciò avvenga per effetto di

trasmissione telepatica del pensiero del morente; dal che ne deriva per logica

conseguenza che le visioni percepite unicamente dal morente non possono

avere una genesi diversa dalle altre, e che pertanto, in tesi generale, al gruppo

intero dei fenomeni in esame deve attribuirsi la medesima origine. E di qual

sorta essa risulti, tendono a dimostrarlo i casi di visione collettiva, in cui

l’identità del fantasma non potendosi spiegare con la trasmissione del

pensiero allucinato del moribondo, assume necessariamente valore di prova;

come pure tendono a dimostrarlo le modalità di estrinsecazione dei fenomeni

stessi, troppo sovente inconciliabili con l’ipotesi allucinatoria.

In altri termini: In base all’indagine analitica delle manifestazioni in esame, si

è pervenuti a provare che le ipotesi allucinatoria e telepatico-allucinatoria

risultano insufficienti a spiegare il complesso dei fatti, e per converso, che a

tale scopo si presta mirabilmente l’ipotesi spiritica. Senonché tale laborioso

còmpito a cui mi sottoposi nell’intento di provare il mio asserto ricorrendo a

induzioni e deduzioni ricavate dai fatti, è divenuto all’improvviso felicemente

superfluo per effetto delle considerazioni or ora esposte, con le quali viene

provato sulla base dei fatti che i “fantasmi telepatici” non sono la concrezione

esteriorata del pensiero cosciente dell’agente; ciò che vale a demolire

inesorabilmente l’obbiezione telepatico - allucinatoria sotto tutte le forme.

E questa volta - sempre da un punto di vista generale - la tesi qui propugnata

sulla obbiettività delle “apparizioni dei defunti al letto di morte” assume

aspetto di verità dimostrata, con le conseguenze teoriche che ne derivano.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

153

Cenni biografici su Ernesto Bozzano

ERNESTO BOZZANO nacque a Genova il 9 gennaio 1862 e mori in quella

città (dopo un periodo trascorso a Savona) il 24 giugno 1943. Visse sempre

solo e si dedicò tutto, con grande passione, allo studio della parapsicologia:

condusse la sua esistenza in casa di un fratello ricco, e sposato con figlie, e

così egli poté esprimere il meglio del suo intelletto in un ambiente adatto.

Indagò ogni ramo della parapsicologia, senza limitazioni di sorta,

pubblicando una cinquantina di monografie sui più vari temi ed argomenti

offertici da essa.

Fu collaboratore di tutte le più importanti riviste estere, e di Luce e Ombra in

particolare, nella quale ebbe a scrivere dal 1906 al 1939, pubblicando in essa

3700 pagine.

Essendosi dedicato alla parapsicologia ogni ora del giorno, senza perdere mai

un solo minuto, riuscì ad assimilare, nel corso di 52 anni, una quantità

enorme di materiale utile, divenendo così uno dei più grandi eruditi in campo

di parapsicologia.

 LE VISIONI DEI MORENTI di Ernesto Bozzano

154

Pagina INDICE

1 Prefazione

3 Introduzione

5 Categoria I

56 Categoria II

68 Categoria III

93 Categoria IV

113 Categoria V

142 Categoria VI

146 Conclusioni

153 Cenni biografici su Ernesto Bozzano

154 Indice

Preghiera al Padre - 20/01/2001

Padre Dolce,

Padre Buono.

Tu che sei nell’universo,

Tu che sei nelle cose,

Tu che sei in noi.

Tu che nutri il nostro corpo materiale,

Tu che nutri il nostro corpo spirituale;

Aiutaci in questa esistenza.

Aiutaci a perdonare per il male che ci fanno, perché

anche noi abbiamo fatto del male.

Aiutaci a cercare cibo per il corpo fisico e pane per la

nostra anima.

Aiutaci a superare le prove della vita con serenità;

e che Tu, assieme ai nostri fratelli spirituali, ci sia

sempre vicino.

Amen.