Guigo II il Certosino, Meditatio V (SCh 163, p. 148ss).
In
principio, Signore, tu fondasti il cielo e la terra (cf. Gen 1,1), cioè creasti la natura degli angeli e quella degli
uomini; ma dopo questa menzione degli angeli, la tua parola si rivolge soltanto
all’uomo. La terra, dice la
Scrittura, era deserta e vuota, e le
tenebre ricoprivano la superficie dell’abisso (Gen 1,2). Noi guardiamo, Signore, ed ecco che si presenta ai nostri sensi
questa grande e ammirabile macchina del mondo, che non cessa di proclamare con
la sua bellezza e la sua grandezza la tua sapienza e la tua forza e la tua
bontà immensa, incomprensibile ed eterna. E veramente, anche se questo supera
tutto ciò che possono comprendere ed esprimere i mortali, lo scopo è piuttosto
di dirigere le forze dello spirito umano verso i cieli nuovi e la terra nuova,
che tu stesso ora affermi di creare (cf. Is 65,17; 66,22; 2 Pt 3,13).
Dici
infatti nel tuo vangelo: Il Padre mio
opera sempre, e anch’io opero (Gv 5,17). Qual’è
quest’opera se non i cieli nuovi e la terra nuova? Dagli abissi infatti tu
formi la terra e dalla terra i cieli (cf.
Gen 1,6-10). Il peccatore è l’abisso; ma quando tu fai splendere la luce
dalle tenebre (2 Cor 4,6), perché noi rigettiamo le
opere delle tenebre e ci rivestiamo delle armi della luce (Rom
13,12), allora dimostri di avere creato dei cieli nuovi e una terra nuova.
Ecco:
mi accorgo, Signore, che la terra del mio spirito è ancora inconsistente e
vuota, che le tenebre ricoprono la superficie dell’abisso. E’ inconsistente, perché
fluttua in una misera inquietudine in balia della vanità delle sue sciocchezze
e dei suoi pensieri; è vuota del frutto delle buone opere. Oppure, come dice
un’altra versione della Scrittura, è invisibile e informe. Essa è infatti nella
confusione come in una specie di caos spaventoso ed oscuro, ignorando sia il
suo fine sia la sua origine e il modo della sua natura, se non fosse che essa
crede di essere stata meravigliosamente creata dal nulla dal sommo Creatore, e
che dopo questa vita sarà trasferita o all’inferno per i suoi meriti o nel
cielo per la misericordia del suo creatore. Essa è del tutto informe, perché
non sa conservare la bellezza delle virtù e la forma della divina immagine di
cui aveva ricevuto la somiglianza (cf. Gen
1,26). Perciò è confinata nell’abisso della sua cecità, e il suo volto è
oscurato dalle tenebre delle sue illusioni.
Così
è la mia anima, Dio mio, così è la mia anima: una terra deserta e vuota,
invisibile e informe, e le tenebre sono sulla superficie dell’abisso. Ma questo
abisso fa ancora udire la sua voce (Ab 3,10), e l’abisso inferiore e oscuro
chiama l’abisso superiore (cf. Ps 41,8), cioè te che sorpassi ogni intelligenza (cf. Fil 4,7); l’abisso del mio spirito
invoca te, o Signore, affinché tu crei anche da me cieli nuovi e terra nuova.
E’
ciò che invocava Davide, e noi lo domandiamo con lui: Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito retto (Ps 50,12). Sapeva
che qualcosa era già stato fatto, ma supplicava di essere trasformato in una
nuova creatura, un nuovo cielo e una nuova terra.
Con le nostre orecchie
abbiamo udito e i nostri padri ci hanno raccontato l’opera che hai compiuto ai
loro giorni (Ps 43,2). E’
l’opera di cui dici: Il Padre mio opera
sempre, e anch’io opero (Gv 5,17). Tu hai plasmato, infatti, il cuore di ciascuno di essi (Ps 32,15), creando in essi la luce e separando questa luce
dalle tenebre, chiamando la luce giorno e le tenebre notte (cf. Gen 1,3-5). Questa è l’opera che hai
compiuto ai loro giorni. La Scrittura ricorda come il vecchio Abramo e molti
altri si siano saziati di quei giorni, come anche coloro di cui diceva
l’Apostolo: Un tempo siete stati tenebre,
ma ora siete luce nel Signore (Ef 5,8).
O
ottimo Creatore, se fino ad oggi continui a compiere quest’opera che hai fatto
nei giorni antichi (cf. Ps 43,2) , perché non la compi anche nella mia anima? La
mia anima è deserta e vuota, e le tenebre sono sulla superficie dell’abisso.
Di’ che sia la luce e la luce sarà (cf.
Gen 1,3). Tu hai compiuto quest’opera in Lazzaro e in Paolo. Il volto del primo era avvolto in un sudario (Gv 11,44),
perché le tenebre coprivano la superficie dell’abisso; dagli occhi del secondo caddero
come delle squame al momento del suo battesimo (Atti 9,18), perché contemplasse a viso scoperto la gloria del
Signore (2 Cor 3,18). Sono queste squame che fanno continuamente dormire il mio cuore
davanti a te. A causa di esse anche gli apostoli dormivano durante la tua
agonia: Infatti i loro occhi, dice la
Scrittura, erano appesantiti (Mt 26,43).
Ma ormai è l’ora, Signore, di risvegliarci dal sonno (Rom 13,11), poiché
la tua tromba suona con più insistenza: Risvegliati,
tu che dormi, sorgi dai morti e ti illuminerà Cristo (Ef
5,14). Illumina, Signore, le mie tenebre (Ps
17,29); di’ alla mia anima: Sia la luce, e la luce sarà!