L'Eucaristia di Fabrizio Solazzi |
L’EUCARISTIA NELLA
CAVALLERIA E NELL’ALCHIMIA
L’eucaristia,
rappresenta senza dubbio il sacramento centrale della Religione Cristiana,
in quanto esprime e realizza la promessa fatta da Gesù, cioè, la
Resurrezione e la Salvezza
dopo la morte. Gesù disse:
"Io sono il pane di vita,... il
pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno,
e il pane che io darò, è la mia carne per la vita del mondo... Chi
mangia la mia carne e beve il
mio sangue, dimora in Me e Io in lui”. Difatti,
scopo dell’Eucaristia, è l’unione del Cristo con i fedeli; cioè, di un
principio Divino con l’uomo. Per fedeli, deve qui intendersi uomini di
buona volontà, che lottano e camminano lungo il sentiero della
reintegrazione, verso la Casa del Padre. Come spiegheremo più avanti,
l’unione dell’uomo con il Divino, e così la sua salvezza, sono state
sempre a disposizione dell’uomo, anche in tempi anteriori alla nascita di
Gesù Cristo. La Chiesa, si
è sempre guardata dal fare una distinzione tra questi due nomi, il primo
ebraico, il secondo greco. Vi è da pensare che il primo sia un comune nome
ebraico, seppur dal significato profondamente cabalistico, come d’altronde
tutti i nomi ebraici; il secondo, un nome iniziatico, corrispondente ad un
altissimo grado evolutivo, come ad esempio quello di Krishna o di Budda; i
cui nomi, ci riportano ai vari miti solari. Possiamo
quindi, certamente, associare Cristo al Sole, ed i dodici discepoli ai
dodici segni zodiacali. Anche Leonardo da Vinci, al quale lo studio
dell’esoterismo non doveva esser sfuggito, si accorse di tale simbolismo;
nell’ultima cena, i dodici discepoli sono disposti in quattro gruppi da
tre, ad indicare oltre ai dodici mesi dell’anno, le quattro stagioni.
I miti della
storia, vissuti sempre tra realtà e leggenda, ci riportano a tale
concetto, (quello eliocentrico del sole, ipotizzato per la prima volta nel
1543 da Copernico, in seguito sostenuto da Galileo), come ad esempio Re
Artù, e i dodici cavalieri della Tavola Rotonda, avente per nobile fine la
ricerca del Santo Graal, portata a termine, solo da tre nobilissimi e puri
cavalieri, Bors, Parsifal e Galahad. Nel Parsifal
è scritto: "Una fanciulla molto
bella, slanciata e ben adorna, veniva coi valletti e aveva tra le mani un
Graal. Quando fu entrata nella
stanza col Graal che teneva, si diffuse una luce sì grande che le candele
persero il chiarore, come stelle quando si leva il sole o la luna." E
ancora: "Sopra un achmardi
verdescuro portava la Perfezione del Paradiso, radice e ramo. Questa era
una cosa chiamata Graal, che supera ogni perfezione terrena. E' chiamata
lapis exillis. Grazie al potere di quella pietra, la fenice arde e si
riduce in cenere, ma la cenere le ridona vita. La pietra è
chiamata
anche Graal". Il Graal, ci
riconduce alla stessa coppa con la quale Giuseppe d’Arimatea, raccolse il
sangue del Salvatore, sgorgante dalla ferita al costato di Gesù, prodotta
dal colpo di lancia del centurione Longino. Nel libro, “La storia del
Graal” Arimatea chiede al Signore: "Signore Iddio, sono dunque degno di
custodire il vaso preziosissimo nel quale feci colare il vostro sangue?"
"Tu ne sarai il depositario Giuseppe, e dopo di te coloro che designerai", rispose Gesù.
Il Graal, fu
chiamato con diversi nomi, come ad esempio: Lapis ex Coellis (Pietra
venuta dal cielo) o Lapis Exilis, una variante di Lapis Elixir, (Pietra
filosofale degli alchimisti). In antichi manoscritti, fu anche chiamato
Sangraal o Sangreal, da qui doveva poi derivare la parola Sang Real cioè Sangue
Reale. Riguardo alla Pietra venuta
dal cielo, una leggenda narra che quando Lucifero si ribellò a Dio, un
enorme rubino che si trovava sul suo elmo, venne colpito dalla spada di
San Michele, e cadde negli oceani della terra. Tale Pietra, fu poi
ritrovata dal saggio Re Salomone, che la trasformò in una coppa, la stessa
coppa, che Gesù adoperò
nell’ultima cena, e che in seguito venne affidata a Giuseppe d’Arimatea,
che la portò in Inghilterra, e da lì se ne persero le tracce.
Il simbolismo
della Pietra è antichissimo, passa dall’Alchimia alla Massoneria e si
ritrova quasi in tutte le Religioni. Famosissima è la frase evangelica di
Gesù: “ Tu sei Pietro, e su questa
pietra (in aramaico Kefàs)
edificherò la mia chiesa, ” o nell’Apocalisse: “Colui che stava seduto, era simile
nell'aspetto alla Pietra di diaspro e di sardonico; e intorno al trono
c'era un arcobaleno che, a vederlo, era simile allo smeraldo”, chiara
allusione al Sole, ed ai sette Pianeti che gli ruotano intorno.
Infiniti sono
gli esempi e le assonanze, per non parlare poi di quei colossali Libri di
Pietra, che sono le Cattedrali Gotiche, e che in accordo con
Fulcanelli, rappresentano con
le loro decorazioni, e le forme geometriche, il processo alchemico della
Grande Opera, ovvero, il percorso iniziatico per trasmutare l’uomo in un
Dio, ciò che significa appunto, trasformare i metalli vili in Oro.
Ma cosa
significa realmente, trasformare i metalli vili in Oro? Considerato che
ogni metallo, corrisponde ad un preciso pianeta, e ogni pianeta ha una sua
propria e particolare caratteristica e natura, l’Oro viceversa, metallo nobile,
corrispondente al Sole, che trovandosi al centro del sistema
interplanetario, sembra equilibrare in lui tutte le diverse influenze e
caratteristiche dei pianeti. E’ da dedurre quindi, che i metalli corrispondano all’individualità,ed il Sole alla “SUPERINDIVIDUALITA ’ ” propria del Cristo, o dell’iniziato giunto al grado di Maestro, cioè di colui, che pur mantenendo una sua individualità, non appartiene più a se stesso ma come un Re, al suo Regno, col quale è uno. Nello Yoga, lo stesso stadio, si raggiunge realizzando il Samadhi: coscienza cosmica. In sintesi, cos’è il Graal? Gli
alchimisti ed i ricercatori in generale, sembrano a prima vista essere
discordanti, e con le loro astruse deduzioni, confondono sempre più il
ricercatore incredulo, che crede di trovare in loro, l’ultima parola
sull’arcano finora mai svelato, ma solo rivelato, cioè velato due volte.
Alcuni, e questi sono la maggioranza, ne hanno fatto una coppa, altri un
liquido miracoloso quale bevanda d’immortalità, altri ancora ne hanno
fatto una pietra preziosa, quale materia prima dei filosofi.
Il Graal,
sembra essere ognuna di queste cose e nello stesso tempo tutte. Dobbiamo
dedurre seguendo un filo logico, e sempre facendo delle ipotesi, che a
nulla servirebbe al filosofo la <materia prima> dell’opera, ed a
nulla servirebbe la coppa (Graal) o vaso, se non conoscesse la procedura esatta
per fabbricare l’oro. Ciò che fa ricco un imprenditore, non è certo il
prodotto, ma la ricetta con la quale ha formato quel prodotto.
Quando i
cavalieri della tavola rotonda, si misero alla ricerca del Graal, si
misero in ricerca soprattutto dell’arcano perduto, cioè della ricetta, o
conoscenza necessaria al compimento dell’Opera. Detto ciò, diamo qui di
seguito le tappe storiche, che la reliquia avrebbe seguito. Esse sono
descritte in un testo medievale dello scrittore Robert de Boron,
intitolato “Joseph d'Arimathie”. Queste, sono in breve le vicende seguite
dal Graal:
STORIA DEL SANTO GRAAL
“Quando Gesù
risorse, i Giudei accusarono Giuseppe d'Arimatea (proprietario della tomba
ove Cristo fu deposto) di aver rubato il cadavere. Egli fu dunque
imprigionato in una torre, e privato del cibo. All'interno della prigione,
apparve Gesù in un limbo di luce, affidando a Giuseppe la sua coppa. Lo
istruì ai misteri dell'Eucaristia e, dopo avergli confidato alcuni
segreti, svanì. Giuseppe, poté sopravvivere grazie ad una colomba, che
ogni giorno, entrava nella cella e depositava un'ostia all'interno della
coppa. Nel 70 d.C.
fu rilasciato, grazie all'intervento dell'imperatore romano Vespasiano, e
insieme a sua sorella e a suo cognato Bron, andò in esilio oltre il mare,
con un piccolo gruppo di seguaci. Qui venne costruita una tavola, che
venne chiamata Prima Tavola del Graal. Essa doveva ricordare il cenacolo,
e infatti c'erano tredici posti di cui uno era occupato da un pesce, che
rappresentava Gesù, e un altro, che rappresentava il seggio di Giuda,
nominato "Seggio periglioso". Giuseppe partì per le terre inglesi, dove a
Glastonbury fondò la prima chiesa Cristiana, che dedicò alla Madre di
Cristo. Qui il Graal, venne custodito e
utilizzato come calice, durante la celebrazione della Messa, alla quale
partecipava l'intera compagnia. Alla morte
di Giuseppe, la custodia passò a Bron, il quale divenne celebre con il
nome di "Ricco pescatore", per aver saziato l'intera compagnia con un
pesce che, posto nel Graal, si era miracolosamente moltiplicato. La
compagnia si insediò ad Avalon, un luogo che ancora oggi non è stato
identificato,( si pensa comunque, che si trovi nel nord Europa).
Qui, alla
morte di Bron, divenne terzo custode del Graal un uomo di nome Alain.
Venne costruito un castello a Muntsalvach, la Montagna della Salvezza (la
cui ubicazione è sconosciuta), proprio per custodire il Graal, e nacque
uno specifico ordine cavalleresco, chiamato Ordine dei Cavalieri del
Graal, sorto con lo scopo di proteggere il calice. Essi, sedevano alla
Seconda Tavola del Graal, ove la reliquia dispensava a tutti ostie
consacrate. Il custode del Graal, assunse il titolo di Re e Sacerdote.
Dopo alcune
generazioni, divenne re un uomo chiamato Anfortas, il quale ricevette una
misteriosa ferita che lo rese sterile; sulle cause della ferita, ci sono
diverse versioni,( secondo alcuni avrebbe perso la fede, secondo altri,
avrebbe rotto il voto di castità per amore di una donna, secondo altri,
sarebbe stato colpito accidentalmente da una lancia, da parte di uno
straniero che si stava difendendo). Il re, divenne celebre con il nome di
Re Ferito, e la terra su cui regnava venne colpita da un periodo di
sterilità. Si parla, a proposito di questo periodo, di Terra Desolata
(Waste Land). La lancia con cui il re venne colpito, fu identificata con
la Lancia di Longino, il soldato Romano che, secondo la tradizione biblica
avrebbe trafitto il costato di Cristo sulla croce. Essa, venne custodita
all'interno del Castello del Graal insieme ad una spada, al piatto che
sorresse la testa di Giovanni Battista, e al Graal. Questi quattro
oggetti, influenzarono molto profondamente la cultura successiva, tanto
che nei semi delle carte da gioco italiane, compaiono ancora le coppe (il
Graal), le spade (la spada), i denari (il piatto) e i bastoni (la lancia
di Longino). Al fine di ritrovare il Graal, il mago Merlino, fondò la
Terza Tavola del Graal, chiamata Tavola Rotonda. Dopo aver educato il
giovane Artù, il quale divenne re di Camelot, e si circondò di una
compagnia di cavalieri, che presero il nome di "Cavalieri della Tavola
Rotonda". Il giorno di Pentecoste, il Graal apparve nel centro della
Tavola, avvolto in un limbo di luce, scomparendo dopo breve. I cavalieri
allora, si impegnarono in una ricerca iniziatica del Calice, i più celebri
furono Lancillotto, Galvano, Bors, Perceval e Galahad.
Lancillotto,
fu in grado di avvicinarsi al Graal, ma venne colpito da cecità a causa
del suo adulterio, con la moglie di Artù, Ginevra. Galvano, arrivò al
Castello del Graal, ma non riuscì a raggiungere il Graal a causa della sua
natura, troppo legata alle cose terrene, poiché era privo di quella
semplicità, richiesta al ricercatore. Soltanto in tre, raggiunsero il
Graal e furono in grado di partecipare ai suoi misteri: Galahad, cavaliere
vergine, Perceval, l'Innocente, e Bors, l'uomo comune, che fu l'unico a
ritornare alla corte di Artù per portare la notizia del ritrovamento.
Nessuno di essi però, poté impadronirsene.
Perceval, dopo aver vagabondato per
cinque anni, ritrovò la strada per il castello del Re Ferito (anche
chiamato Re Pescatore), e dopo avergli posto una misteriosa domanda: "Chi
serve il Graal?" - risanò la ferita del sovrano. L'acqua, tornò a scorrere
nella Terra Desolata, facendola fiorire. Galahad,
Perceval e Bors ripresero la ricerca, raggiungendo la città orientale di
Sarras, la città del Paradiso, dove il Graal era stato trasferito.
Qui, parteciparono ad una
Messa durante la quale Cristo apparve, in una visione dapprima come
celebrante, poi come un bambino, e infine come un uomo crocifisso;
Goalahad, in seguito alla visione, morì e venne portato direttamente in
cielo. Perceval, ritornò al castello del Re Pescatore, e alla morte di
costui, lo sostituì sul trono. Bors, invece, ritornò a
Camelot. Il Graal, riposò così,
per i secoli successivi a Sarras, una città che ancora oggi non è stata
identificata”. Questa
storia, come ben si nota, racchiude profondi significati, e ci sarà più
facile ora, comprendere la “Preghiera del Santo Graal”. La diamo qui di
seguito ai lettori, sicuri che coloro che la leggeranno con cuore puro e
sincero, potranno rivivere quei memorabili momenti di gloria e di
fratellanza, che vissero quei nobilissimi cavalieri, della Tavola
Rotonda. CUSTODE DEL S. GRAAL PREGHIERA DEL SANTO
GRAAL
Dio
Immortale, Dio Eterno, Re Invincibile del Cielo, Signore Onnipotente e
Misericordioso, io Ti prego. Fammi degno, del Santo Ordine di Cavalleria,
come San Giorgio, il Tuo buon Cavaliere! Fammi degno
della schiera di Artù e della santa ricerca del Graal! Fa o Signore che io
possa legittimamente impugnare la Santa Lancia Graalica, quella dai tre
fiumi di sangue, e sedere alla Tavola dai dodici posti, la Pietra rotonda
aurea e solare in qui tutto l’universo trova
riposo. Fa che io sia
ammesso a cibarmi dei Santi Salmoni di Sapienza del Re Pescatore, e a bere
dell’infuocata bevanda del Graal. Fammi degno e capace di superare la
prova della Veglia Eterna. Fa, o
Signore, che io possa sedere senza danno al Posto Pericoloso, ed essere
riconosciuto da Titurel come il più vivo di tutti. Fa che io possa, come
Galahad, il migliore del mondo, estrarre la spada dalla roccia per riporla
nel suo fodero “Memoria del Sangue”; fa che io possa rinsaldare i tronconi
della spada spezzata e usarla vittoriosamente per la buona causa del Tuo
Nome! Fa, ti prego, che io sappia porre al servo designato e al giusto momento, la questione che rivendica e che risana, che restaura e che consola, e per questo l’Imperatore Vulnerabile esca dal suo sonno secolare e si incontri col Prete Gianni. Fa che l’albero Solico Centrale per l’atto mio possa rifiorire e che riappaia il Graal per dare cibo abbondante al Ricco Pescatore e a tutti i Cavalieri. Fa che Uggeri
il Danese, ci sia restituito da Avalon la bella, e corra a salvare
l’Europa nell’ora del bisogno. Fammi degno o Signore del Tuo servizio,
fammi degno di Arturo, di Merlino e di Excalibur, fa che io possa
impugnare questa magica spada in difesa del Diritto e della giusta causa,
e assistimi nell’ora della mia gloriosa e santa
morte. Non nobis,
Domine, non nobis, sed Nomini Tuo da Gloriam
AMEN
EXCALIBUR
La parola
EXCALIBUR, racchiude vari significati, che come tanti altri
simbolismi, aiutano il ricercatore a familiarizzare sempre più, con il
linguaggio dell’esoterismo, esposto in tal caso, nell’affascinante gergo alchemico cavalleresco.
Anagrammando
le lettere della parola in questione, senza ovviamente allontanarci dal
soggetto, troviamo delle frasi molto significative, che si possono più o
meno così tradurre: RUBI - CALEX = ROSSO INFUOCATO, UBI - CAL - REY =
DOVUNQUE E’ IL CALICE DEL RE,
ed infine CALIX – EBUR = CALICE D’AVORIO. Ma cosa sia in realtà questo
calice, rimane un mistero. Si è sempre parlato molto del Graal, ma poco o
nulla di Excalibur, la spada del potere, che solo i Re potevano impugnare;
e della quale Merlino, nella leggenda Arturiana, dice: “Questa è la spada del potere
Excalibur! forgiata quando ancora il mondo era giovane e gli uccelli le
bestie i fiori erano tutt’ uno con l’uomo e la morte non era che un
sogno”. Il simbolismo della spada, lo ritroviamo in tutti i tempi e in
tutte le Religioni. Senza dubbio,
questo simbolo racchiude un gran segreto, non meno importante di quello
del Graal, anche se i due divengono un'unica cosa; considerando in questo
caso, che il Graal visto come coppa, esprime un principio passivo -
femminile, e la spada un principio attivo – maschile. Non a caso i
Samurai, tramite la celebrazione di un sacro rito, si univano in
matrimonio con la loro spada, detta Katana. Tale matrimonio, è analogo alle nozze alchemiche degli alchimisti, e cioè all’unione del Re e della Regina, o del Mercurio (anima) principio radicale passivo, ed umido che grazie allo Zolfo (spirito), principio attivo e fermentativo caldo, viene coagulato e poi dissolto e infine fissato nel Sale (corpo), terzo principio neutro. La spada, corrisponde anche al terzo seme dei tarocchi, (Bastone – Coppe – Spade – Denari) simboleggia appunto l’unione, tra i due elementi che la precedono, e che vengono dalla stessa rappresentati. L’asse verticale della spada, equivale a Bastoni, l’asse orizzontale a Coppe per poi, risolversi nel quarto seme di Denari o Siglo d’Oro, un cerchio con una croce all’interno, sintesi dei quattro semi o dei quattro elementi, fuoco, acqua, aria, terra. Il Siglo d’Oro, diviene quindi sinonimo di realizzazione o compimento. Ci indica l’alfa e l’omega, la fine e il principio, cioè la nascita di un nuovo ciclo, che possiamo identificare visto il colore del seme che è il giallo, con la nascita dell’era dell’età dell’Oro, caratterizzata da Saturno, (nel quale i metalli nobili come l’argento e l’oro, sono racchiusi, ed estratti tramite distillazione) presso i Romani custode dei tesori, e sotto il cui regime, secondo gli alchimisti, ha inizio l’Opera. Quest’era, è seguita da quella dell’età dell’argento, del bronzo e del ferro, nella quale attualmente ci troviamo; in attesa che ritorni l’era dell’età dell’Oro, era paradisiaca. Il Siglo d’Oro, è la pietra filosofale degli Alchimisti, o pietra cubica a punta della Tradizione Massonica, nonché pietra solare, in sintesi, è il Tutto che genera l’Uno, o l’Uno che genera il Tutto, pur rimanendo eternamente come Dio, Tutto e Uno, nello stesso tempo. Come ad esempio un bambino, rappresenterà il Padre e la Madre, pur
rimanendo da essi distinto, come distinti rimangono il Padre e la Madre
tra loro, pur unendosi per generare il figlio. Giacché la spada, non è
solo il simbolo dell’unione degli opposti ma anche della loro separazione,
per tale motivo Excalibur viene spezzata e riunita, nell’acqua del Lago
(Solve et Coagula), dal predestinato, come è ben descritto dalla sopra
citata preghiera del Santo Graal:“…fa che io
possa rinsaldare i tronconi della spada spezzata e usarla vittoriosamente
per la buona causa del Tuo
Nome…”! Ed è in questo Lago, detto anche “Giordano dei Saggi”, che il Re Pescatore, pesca quei pesci preziosi, che mangiati, donano l’immortalità, (stretta analogia col pasto sacro dell’Eucaristia), anche per questo il Cristo viene simboleggiato dal pesce, che ritroviamo impresso in molte catacombe dei primi cristiani, quale simbolo di risurrezione. Stranamente, lo stesso nome di Re Salomone, è assonante con Re Salmone, e poiché il Re equivale al Sole e all’Oro, è da dedurre che trattasi di un pesce d’oro di natura solare. La simbologia del pesce e del pescatore, è molto vasta e ne ritroviamo traccia un po’in tutte le tradizioni, nonché nei vangeli, con la moltiplicazione dei pani e dei pesci, o ancora, nella frase di Gesù: “Io vi farò pescatori di uomini”, attributo questo dato appunto, al Re Pescatore, quale depositario e trasmettitore della conoscenza o Arte Regale. I pesci, sembrano essere una equivalenza del Graal, e nella leggenda, osserviamo che i cavalieri si nutrivano anche di essi. E ciò è naturale poiché, il Lago ricco di pesci, è una espressione propria della natura del Graal, cioè, quella di essere un alimento inesauribile, di prorompente vitalità, alimento, che messo nel Graal, si moltiplica straordinariamente, qualità analoghe a quelle della “pietra dei saggi”. Possiamo dedurre, da quanto detto finora, che la ricerca del Graal, e il rituale dell’Eucaristia, in cui il sangue sotto forma di vino, che il Signore offre ai suoi discepoli in una coppa (Graal) e che viene trasformato da sangue, (principio seppur puro ma tellurico), in un principio solare quale bevanda di immortalità, (che ritroviamo nel vaso o coppa di verità della mitologia Celtica, vedi la leggenda della Dea Ceridwen), fu sempre trasmesso, lungo una infinita catena iniziatica, il cui anello iniziale si perde nella notte dei tempi. Considerando anche, che gli stessi alimenti dell’Eucaristia, il pane ed il vino, (di cui troviamo tracce storiche circa 3500 anni a.C.) ci ricollegano sia al Graal, che all’Oro potabile degli alchimisti, ”Aurum Merum” Oro Puro. La leggenda Arturiana, è molto simile a quella mitologica dell’eroe Teseo, figlio di Positone e di Etra. Egli, come Re Artù, venne in possesso di una straordinaria spada, nascosta insieme a dei sandali magici sotto una roccia; l’eroe in seguito, grazie anche all’aiuto di Arianna riuscì nelle sue difficili imprese; nonché ad uscire dal Labirinto. Dio, fonte di vita e di nutrimento spirituale, non ha mai abbandonato l’uomo, è l’uomo che si è allontanato dalla casa del Padre, come il figliol prodigo. Dio, questo ineffabile Padre, come lo chiamano i cabalisti, ci creò liberi, l’uomo decise di farsi schiavo, al fine di comprendere cos’era la libertà. Ritroviamo in tale espressione, la stella caduta dal cielo; gli antichi, chiamavano questa stella, Vespero quando appariva alla sera, viceversa quando appariva prima dell’alba veniva chiamata Lucifero o Phosphoros che in Greco significa <apportatore di luce>, la stessa luce del Genesi, simbolo dell’intelligenza, (per questo si dice: avere fosforo nel cervello). Possiamo quindi dire, che Lucifero viene ad indicare, quell’intelligenza superiore che si acquisisce solo grazie all’esperienza della vita, quindi della caduta nella materia. Nella storia dell’umanità, vi sono stati periodi di illuminismo e di oscurantismo, nel periodo di Gesù Cristo, l’uomo si trovava nel totale buio dell’ignoranza, il Cristo, allora discese come la Shechinah (incarnazione dello Spirito Santo), per illuminare il mondo e per ridonare all’uomo ciò che era andato perduto o dimenticato. Dobbiamo a tal punto, fare una distinzione tra Gesù e Cristo, il primo seppur evoluto ed adatto a svolgere una così importante missione, rappresenta semplicemente un uomo, il secondo viceversa rappresenta un principio superiore, che trascende totalmente l’uomo e cioè Divino, manifestatosi e disceso nella figura e nel corpo di Gesù Nazareno, che accettando così grande missione, doveva contenerlo, nello stesso modo nel quale la bevanda d’immortalità è contenuta nella coppa del Graal. E’ così che Gesù Cristo, rappresenta in una sola persona, l’uomo divinizzato o Uomo - Dio. L’Eucaristia quindi, esprime in noi, come in Gesù, la nascita, tramite transustanziazione di Cristo, e così di Dio (chi riceve Me riceve colui che mi a mandato), diventiamo corpo del suo corpo e sangue del suo sangue. Dice S. Alberto Magno: "diventiamo ossa delle sue ossa, carne della sua carne, membra delle sue membra". In sintesi efficace dice S. Tommaso d’Aquino: "L’effetto proprio della Eucaristia è - per partecipazione - la trasformazione dell’uomo in Dio". Ma l’Eucaristia, non ha il solo fine di trasformare l’uomo in Dio,
ma anche quello di riunire l’umanità, in una sola famiglia, la famiglia di
Dio; proprio come il Graal, riunì i cavalieri intorno alla Tavola Rotonda;
ciò che viene espresso con la comunione tra i fratelli affinché, come dice
S. Paolo: “L’Eucaristia è istituita perché diventiamo fratelli, perché da
estranei, dispersi e indifferenti gli uni agli altri, noi diventiamo
uniti, eguali ed amici; è a noi data perché, da massa apatica, egoista,
gente fra sé divisa e avversaria, noi diventiamo un popolo, un vero
popolo, credente e amoroso, di un cuore solo e un’anima sola".
E’ in queste semplici parole, che si racchiude il volere di Dio, quello, di realizzare l’Unità tra gli uomini e tutte le cose. Dobbiamo allora, desiderare più d’ogni altra cosa, il BENE, poiché è il bene che unisce, il male divide. Dio vuole un solo popolo, una sola anima ed una sola Religione; ciò non significa che una sola Religione deve predominare e le altre scomparire, come erroneamente si potrebbe pensare, ma semplicemente, che esse devono amarsi ed essere unite nella diversità dei loro aspetti, quali pezzi unici di un'unica verità, e di un unico corpo quello di Dio, proprio come ogni membro del nostro corpo, è tutt’uno con noi. I saggi, hanno già realizzato tale concetto, ma affinché l’Opera di Dio si realizzi completamente, occorre che venga realizzato da tutti gli uomini, ed è qui che rientra il lavoro dei Maestri, messaggeri di verità, strumenti preziosi nelle mani del Grande Architetto dell’Universo. E’ proprio nella mancanza di desiderio nel realizzare questa
unione, che ogni male mette le sue radici nel mondo. Ad esempio,
quando un corpo si ammala, è perché viene attaccato da agenti esterni,
come i virus, il corpo (macchina quasi perfetta) comincia allora, a
mettere in moto una serie di processi di difesa (sistema immunitario), per
ripristinare l’equilibrio che forze esterne cercano di distruggere,
colpendo inizialmente il corpo fisico, terreno fertile per il male, poi
per conseguenza l’anima, cioè la nostra sfera emozionale, ed in fine lo
spirito. Per spirito,
intendiamo quel principio intelligente che muove tutto il sistema uomo, è
il cocchiere in confronto al cavallo (anima) e alla carrozza (corpo), tanto
intelligentemente spiegati, nelle sue varie opere, da uno dei più noti
occultisti francesi al finire del XVIII sec., Gérard Encausse, con
pseudonimo di Papus. Lo spirito, trovandosi in tale condizione, perde la
sua lucidità e armonia; mancandogli le energie necessarie, non può più
comunicare bene con il corpo e con l’anima, di conseguenza con il mondo
esterno. In questa
dura lotta, lo spirito deve essere forte, non farsi coinvolgere da questo
increscioso evento, (anche se in realtà lo spirito, il Se, è al di fuori
di tutto ciò che riguarda il nostro Io inferiore. Maya ci inganna, ci
identifica con ciò che in realtà non siamo), deve da parte sua, aiutare il
corpo a ripristinare la salute, ma anche se mancherà a tale compito, il
corpo cercherà ugualmente fino all’impossibile, di realizzare da solo la
guarigione, madre natura sa cosa deve fare. Questo
concetto, per dire che il mondo dovrebbe essere unito come il nostro
corpo. L’uomo che attacca un altro uomo, in realtà attacca se stesso,
rallentando sia la guarigione che l’evoluzione di questo immenso corpo
sociale, da noi chiamato umanità, e del quale tutti siamo parte
integrante. Quando la Chiesa, afferma che la salvezza è solo in Gesù
Cristo, da un punto di vista
dice il vero, poiché la salvezza è in questo principio Divino, scintilla
Divina, Atma, Se, che vive in ogni uomo e in ogni cosa.
L’errore,
nasce quando si crede e si afferma, come è successo, che questo principio
si trova solo nella Religione Cristiana. Quanto ancora bisogna faticare,
per comprendere il vero messaggio di Cristo. Nell’ultima cena, Gesù disse:
”fate questo in memoria di me”,
ed è grazie al Sacerdote che l’atto eucaristico si perpetua nel tempo,
senza il Sacerdote il sacrificio di Gesù, diverrebbe nullo.
Come già
detto, il Graal fu chiamato anche Sangreal, cioè Sangue Reale; per questo
il custode del Graal anticamente, era chiamato Re e Sacerdote, perché solo
lui possedeva questo Sangue Reale
dai poteri miracolosi, e con il quale come dice la leggenda,
nutriva i suoi cavalieri, come oggi il comune Sacerdote nutre i fedeli
durante la celebrazione dell’Eucaristia. Non ha
importanza, ai fini eucaristici, che il Sacerdote sia buono o cattivo, ciò
riguarda l’Ordine della Chiesa e non il fedele, la cosa importante è che
la celebrazione dell’Eucaristia, sia eseguita dall’inizio alla fine senza
un minimo errore, solo così tale rito liturgico, potrà esprime tutto il
suo valore e potere. Essere
Sacerdote, significa essere uomo di Dio, scelto da Dio, da Lui consacrato
Sacerdote in eterno, per questo i fedeli devono credere fermamente nel
Sacerdote, perché credere in Lui significa credere in
Dio. S. Cipriano,
dice: “Lo Spirito Santo configura
l’anima del Sacerdote a Gesù, impersona Gesù in lui, di modo che il
Sacerdote all’altare operi nella stessa Persona di Gesù”.
E ancora, il
S. Curato d’Ars cita: “Si dà un
gran valore agli oggetti che sono stati deposti, a Loreto, nella scodella
della Vergine Santa e del Bambino Gesù. Ma le dita del Sacerdote, che
hanno toccato la Carne adorabile di Gesù Cristo, che si sono affondate nel
calice, dove è stato il suo Sangue, nella pisside dove è stato il suo
Corpo, non sono forse più preziose?”. Sacerdote, è
colui che sacrifica se stesso per gli uomini, è l’Agnello di Dio; è il
buon Pastore che da’ la sua vita per le sue pecore, è una missione così
grande che il fraticello d’Assisi, Francesco non volle intraprendere, si
riteneva troppo indegno di così eccelsa vocazione. Si dice, che egli
venerasse i Sacerdoti come suoi Signori, in essi Francesco, vedeva il
Figlio di Dio, venerava le
loro mani le baciava, baciava i loro piedi e perfino le stesse orme dove
era passato un Sacerdote.
KUNDALINI E LA PIETRA DEI SAGGI In un
precedente scritto, dicemmo che l’eroe Ercole, grazie ai pomi d’Oro
dell’Esperiti, poté portare a conclusione la difficile Opera da lui
iniziata, sviluppando e perfezionando, il suo Corpo di Gloria, grazie al
quale, poté raggiungere l’Olimpo, o Mondo Divino.
Tale
realizzazione, come già accennato non è propria dell’ermetismo
occidentale, ma si ritrova sotto altri aspetti, in tutte le vie di
realizzazione nate tra Oriente e Occidente. La Pietra miracolosa, o
polvere magica, di cui abbiamo parlato, rappresenta l’essenza intrinseca,
che risiede nei corpi. Essa è quadrupla, poiché ha in se i quattro
elementi della natura, nello
stesso tempo è duale avendo una sua doppia polarità, ed una sua doppia
natura solare e lunare, nonché materiale e spirituale, pur rimanendo in
sostanza una. Si può dissolvere o coagulare, a seconda della direzione
datagli dalla nostra volontà, anzi è grazie a tale processo che raggiunge
la sua perfezione. Tuttavia, la maggior parte degli uomini, usa tale
energia indirizzandola solo
verso il basso, al solo scopo fisico. Viceversa,
indirizzata verso l’alto, e tramite un continuo solve et coagula, che
ritroviamo anche nelle due correnti inverse della respirazione Yoga, Ida e pingala, (necessarie al risveglio
della Kundalini) una ascendente <fredda> coagulante, ed una
discendente <calda> solvente, viene lungo il suo cammino, seguendo
il canale centrale detto sushumna, nel quale, tali energie
devono incontrarsi e fondersi, formando una nuova e terza energia neutra
(come nel caduceo), ad accendere e purificare i centri energetici chiamati
chakra, porte di ingresso a
realtà superiori. Queste porte
in numero di sette, numero che ritroviamo in tutte le tradizioni, ci
indicano sette stati di sviluppo spirituale, da raggiungere
progressivamente, stati evolutivi, ma nello stesso tempo involutivi, o
meglio di degradamento spirituale.Poiché le chiavi necessarie, possono si
aprire tali porte, ma se girate in senso inverso possono chiuderle,
sigillarle, ciò che determina appunto la caduta nella materia, o discesa
al mondo del divenire. Vi sono
quindi due settenari, indicati anche dalle sette lettere doppie
dell’alfabeto ebraico, ed è grazie al primo di questi due settenari,
quello di discesa, che potremo raggiungere il secondo, quello di ascesa.
Da qui, i sette sigilli dell’Apocalisse, da aprire opponendo ai sette
vizi, le corrispondenti ed opposte virtù, o le sette porte dei misteri di
Mitra, o le sette maggiori fatiche di Ercole, sennonché, le sette
fondamentali operazioni alchemiche. Vi è un filo
invisibile e imperituro, che lega tutte le tradizioni, per tale motivo il
vero esoterista, cerca e vede la verità celata in ogni cosa, così
l’alchimista che lavora sui sette metalli da sublimare, equivale allo
yogi che lavora sui sette
chakra, o fiori di loto da aprire; il primo, lavora sulla <materia
prima> o <pietra grezza>, il secondo sulla kundalini. Ora, come
l’oro è racchiuso nel piombo, sul quale metallo, invero prezioso,
l’alchimista inizia il suo lavoro, così in modo analogo, la kundalini è
racchiusa nel chakra muladhara, sul quale, lo yogi grazie a determinate e
ben precise <tecniche iniziatiche> comincia a risvegliare la potente
energia kundalini. Se
osserviamo, il simbolo che rappresenta il chakra muladhara (vedi
pinacoteca di Esonet), troveremo molte assonanze con i simboli alchemici –
ermetici, nonché una stretta analogia tra la <kundalini> e la
<materia prima> degli alchimisti; ricordiamo, che analogo, non
significa uguale. Esaminiamo velocemente il simbolo muladhara: i quattro
petali, nei quali su ciascuno è iscritta una sillaba sanscrita,
rappresentano quattro diverse vibrazioni, complementari tra loro; che
ritroviamo nelle quattro lettere del tetragramma divino (YHVH) simbolo del
quaternario; nonché delle quattro operazioni del verbo umano:
affermazione, negazione, discussione, soluzione, equivalenti all’uomo,
alla donna, il loro amore, e il figlio. Dopo di che,
troviamo un cerchio, simbolo del caos primordiale contenente il tutto;
tale caos, corrisponde al primo stadio della <materia>, prima che
l’artista dia inizio alla sua opera. In un’ode alchemica, risalente al
XVII secolo leggiamo: “Era dal
nulla uscito il tenebroso chaos, massa difforme al primo suon
d’Omnipotente Labro: parea, che partorito il disordin l’havesse, anzi che
Fabro stato ne fosse un Dio; tanto era informe. Stavano inoperose in lui
tutte le cose, e senza Spirto Divisor, confuso ogni elemento in lui stava
racchiuso”… Dentro il
cerchio, vi è un quadrato. Oltre, a ricordarci i cicli connessi alle
quattro stagioni, (cicli lunari e solari) vuole indicare che nel caos
risiedono appunto i quattro elementi, fondamentali alla realizzazione
dell’opera alchemica. All’interno del quadrato, vi è un triangolo rivolto
verso il basso, simbolo dell’utero universale, della Dea Madre, nel quale
interno vi è un Lingan, aspetto
maschile della Divinità e simbolo di fertilità, uno degli aspetti
in cui il Dio Shiva viene venerato. Vediamo in
questi due aspetti, i due principi alchemici zolfo e mercurio. Ed è
intorno al lingan che il serpente kundalini, si trova avvolto in stato di
sonno, compiendo intorno ad esso, tre giri e mezzo. Al disotto di tale
figura, appare il mitico elefante Airavata, dalle sette proboscidi,
simbolo della potenza intrinseca che la <materia prima> possiede,
allo stato primitivo. Questa potenza, equivale ai sette metalli da
sublimare, o ai sette sigilli da aprire, nonché ai sette cieli da
conquistare, e che appunto in noi sono racchiusi, cioè, nella nostra
materia prima o nel nostro <piombo> o nell’equivalente chakra
<muladhara>, nel quale centro tutto si trova, come in un seme, dal
quale tutto dovrà poi
svilupparsi ed evolversi.
Ritornando
all’alchimia, vediamo che tutto il processo alchemico, si svolge
all’interno di noi stessi, precisamente nel nostro vaso indispensabile
alla trasmutazione dei metalli. Il vaso, deve essere chiuso ermeticamente,
affinché agenti esterni non vengano ad inquinare l’Opera in corso, ma
soprattutto affinché come dicono gli alchimisti tutti, la parte volatile
della pietra, chiamata anche “angelo”, dividendosi dal corpo (pietra), per
mezzo del principio igneo somministrato con prudenza, e nei tempi indicati
dall’arte, non sfugga via, ma urtando contro la chiusura superiore del
vaso, chiamato anche alambicco, si condensi e ritorni in basso come
pioggia, lavando, cioè purificando la pietra che da nera diventerà grigia
e poi bianca, finché, grazie alle seguenti operazioni, non diventerà
rossa. Difatti, così
disse Artefio: “Non lasciar esalare
lo Spirito, perché se uscisse dal vaso la tua opera ne andrebbe del tutto
distrutta”. E’ durante tale fusione, che il metallo assume le sue
diverse sfumature, colori, e caratteristiche. I molti passaggi dell’Opera,
che gli alchimisti hanno indicato nei loro spesso indecifrabili scritti,
in realtà si riducono a tre, che possiamo far corrispondere ai primi tre
gradi della Massoneria: Apprendista, Compagno, Maestro.
I gradi
successivi Massonici, servono solo ed esclusivamente per ricalcare i tre
precedenti, che spesso si ricevono solo teoricamente, senza possederli
realmente. Così, per ricevere il grado di Apprendista, il Recipiendario,
viene posto nel Gabinetto di Riflessione, chiuso nel più profondo di se
stesso, ed isolato da ogni influenza esteriore.
Il Gabinetto
di Riflessione, diventerà la tomba, dove lascerà il suo corpo putrefare, e
dal quale rinascerà di nuovo quale iniziato, o figlio della putrefazione,
prima morte mistica. Questa fase, corrisponde al VITRIOL (Visita Interiora
Terrae Rectificandoque Invenies Occultum Lapidem) degli alchimisti, vera
discesa agli inferi, prima via da seguire detta purgativa, ed indicata dal
color nero, (Nigredo). Gli strumenti
dell’Apprendista, sono il Maglietto (volontà) e lo Scalpello (intelletto),
indispensabili alla lavorazione della pietra. Solo il vero Apprendista,
può aspirare al grado di Compagno, questo grado corrisponde all’iniziato,
che cadendogli la benda dagli occhi, e scoprendo la luce, la segue
attivamente ed intelligentemente, egli al contrario dell’Apprendista, non
pensa più a se stesso, con quell’egoismo necessario come quello di un
neonato, che avidamente
succhia il latte dal seno della madre, ma acquistato le conoscenze, la
forza morale, e le virtù necessarie, si rende partecipe ai lavori del
tempio, nonché alla Grande Opera Universale. Questa fase è
detta illuminativa, ed è indicata dal color bianco, (Albedo). Il Compagno,
viene rappresentato oltre che con il Maglietto e lo Scalpello, con la
Leva, (volontà inflessibile usata intelligentemente per il bene), questa,
aiuta ad innalzare le pietre più pesanti e grezze, in via di
perfezionamento. Il compagno, pone il suo discernimento al servizio di
coloro, che per la prima volta bussano energicamente alla porta del
Tempio. Il terzo
grado, corrispondente a quello di Maestro, è ben delineato dal dodicesimo
arcano dei Tarocchi, cioè l’Appeso che nella sua forma geroglifica, ci
ricorda il segno del compimento della Grande Opera, un triangolo con la
punta in basso, sormontato da una croce. Il Maestro, come l’Appeso non è
più attivo fisicamente, i suoi piedi non toccano più il terreno, questo
perché dirige i lavori col
suo pensiero illuminato, ed unificato a quello del Grande Architetto,
unione mistica, corrispondente all’Uomo-Dio, alla quale ci è impossibile
esprimerci oltre. Questa fase,
è detta unitiva, ed è indicata dal color rosso,(Rubedo). Molto vi sarebbe
da dire, sulla simbologia Massonica, ma non essendo questo il luogo,
vorrei semplicemente concludere, che la Massoneria, rappresenta, nella sua forma più
pura, una vera ed indispensabile scuola di vita.
Ogni
Discepolo della Saggezza, soprattutto all’inizio del suo cammino
evolutivo, dovrebbe approfondirne seriamente il simbolismo. Ritorniamo
quindi, dopo aver dato un accenno sui tre primi gradi Massonici,
all’alchimia. Il piccolo Athanor, di cui in precedenza parlammo, è
analogo al grande Athanor,
(uomo – cosmico) crogiuolo - uovo universale, dove i metalli questa volta,
vengono rappresentati dai sette pianeti della Tradizione Ermetica: Luna –
Marte – Mercurio – Giove – Venere – Saturno – Sole.
Centri o
ruote (chakra cosmici) che ci ricordano il Castello ruotante dalle quattro
torri, della leggenda Graalica. Sono questi, i pianeti che principalmente
e settimanalmente in un ciclo chiuso e ripetitivo, come il serpente che si
morde la coda, vengono ad influenzare l’uomo, tramite la legge del
settenario che ritroviamo in tutta la natura, abbiamo così, i sette colori
dell’arcobaleno, i sette giorni della settimana, i sette metalli, le sette
virtù, i sette sigilli dell’Apocalisse, ecc. Il concetto
della pietra, che brucia le
mani di chi l’afferra, o della infuocata bevanda del Graal, si ricollega
allo stesso già citato principio Kundalini, che gli Yogi di tutti i tempi,
cercarono e cercano di risvegliare tramite millenarie e ben precise
tecniche Yoga, o tramite quella via operativa, che Raphael chiama la
triplice Via del Fuoco.
Lo stesso
fuoco, deve agire sul
Mercurio, che diviene in tal caso, un principio attivo mobile,
quale messaggero degli Dei, che gli Egizi, chiamarono Ermete, il tre volte
grande, in quanto come Mercurio (il triplice mercurio), possiede le tre
principali essenze dell’universo, (Zolfo – Mercurio – Sale) senza le quali
nulla potrebbe esistere. Risvegliare
la Kundalini, come ben dicono i Maestri è assai pericoloso, è come
risvegliare un serpente o un drago che dorme nelle profondità della terra, se
non si ha il potere di dominarlo e vincerlo, egli dominerà noi,
divorandoci con la sua brama. Da qui, i vari combattimenti dei cavalieri,
contro draghi e mostri simili.
“O Yama, tu
che conosci il Fuoco che conduce al Cielo, rivelalo a me, che sono pieno
di fede”. “Io t’insegnerò quel
Fuoco, o Naciketas, che t’innalza al Cielo. Sappi che il Fuoco è il mezzo
per ottenere mondi infiniti; Esso costituisce il loro stesso fondamento ed
è nascosto in un segreto luogo”. Allora gli svelò quel Fuoco, sorgente del
mondo.
(Katha upanisad:I, 13-14-15). Vedremo ora,
servendoci dell’analogia, quali sono i principali elementi che
costituiscono l’Eucaristia, e come alcuni di essi in particolare,
corrispondano ai quattro elementi della natura: fuoco, acqua, aria, terra.
Come non vedere nel primo arcano dei tarocchi, cioè il Bagatto, lo stesso
Sacerdote celebrante? I vari personaggi, che compongono i Tarocchi, in
realtà rappresentano sempre lo stesso personaggio cioè l’iniziato, nelle
sue diverse fasi evolutive, così nel dodicesimo arcano, troviamo lo stesso
Bagatto nella figura dell’Appeso, simbolo di un sacrificio volontario, in
quanto scelta del suo libero arbitrio, analoga a quella del Cristo morente
sulla croce. Questo
personaggio, al contrario del Bagatto o Mago che aspira più a comandare
per affermare se stesso, aspira ad obbedire, “Padre, sia fatta la Tua volontà non la
mia”. Il numero corrispondente all’Appeso, è il dodici, numero divino
simbolo del ciclo perfetto, è la scienza di Dio, o il suo Verbo. Il
dodici, come vedremo è generato dal quattro, la croce, il cui centro è la
sorgente della vita, (quintessenza) e dal quale scaturiscono i quattro
fiumi dell’Eden, (i quattro
elementi e le quattro correnti astrali simboleggiate dalla X platonica,
che riproduce la Tau ebraica primitiva) è anche il simbolo del sacrificio
necessario, al quale ogni uomo è chiamato per redimere se stesso, sul
piano del quaternario. La croce,
girando su se stessa produce il cerchio, e con il cerchio le quattro
stagioni, la circonferenza del cerchio, simbolo del limite dal quale
sembra ci è vietato uscire, come il limite delle nostre ristrettezze
mentali, dovrebbe poi, tracciarsi in modo tratteggiato per invitare
l’uomo, nel suo continuo ed irreversibile flusso evolutivo, verso una più
ampia veduta spirituale, indicata ed espressa nel concetto d’infinito.
L’Assoluto, per esser tale, deve contenere in Lui tutto, il finito e
l’infinito. Ci è impossibile concepire la vita, senza questi due principi,
ogni essere spirituale, deve necessariamente avere un corpo un veicolo, un
contenitore, (non necessariamente visibile) più o meno limitato, per non
perdersi nell’oceano dell’infinito, il nulla.
E d’altro
canto, deve avere in lui un principio superiore illimitato e infinito, lo spirito,
il Se, che lo spinga verso l’evoluzione, ricerca senza fine di se stesso,
la cui meta senza meta, è appunto l’eterno ed armonico abbraccio tra i
due. Il frutto di tale unione, trascenderà i due stessi principi, facendo
del finito e infinito una realtà superiore, dalla quale il concetto di
finito e infinito cessa di esistere, o meglio esisterà in una scala assai
più superiore e sottile. Quando, si
comincia a filosofare intorno all’Assoluto, le parole diventano vane e
ingannatrici, a queste altezze bisogna affidarsi ai simboli, che senza
parole esprimono e ci comunicano la nuda ed eterna verità delle cose. Non
ci resta, che meditare su di essi quindi, per realizzare e assimilare
quello che verbalmente, non si può esprimere.
Ritornando
quindi agli elementi dell’Eucaristia, essi si trovano oltre che nei
quattro oggetti raffigurati
nella carta del Bagatto: Bastone, Spada, Coppa, Denari; nello stesso modo
nei quattro oggetti principali della leggenda Arturiana: La Lancia di
Longino, la Coppa Graal, la Spada Excalibur, e la Tavola Rotonda. La
Lancia di Longino, o Lancia Gralica, dai tre fiumi di sangue, (Zolfo,
Mercurio e Sale), simboleggia la forza attiva e solare quindi maschile,
del Sacerdote celebrante. E’ lo Yod, prima lettera del Tetragramma Divino,
corrisponde a sua volta al seme di Bastoni. Il simbolismo
della Lancia, la ritroviamo ancora nello Scettro Regale, o nella Pastorale
del Vescovo, dal Greco: Episcopus, che significa
sorvegliante, guardiano, figura analoga quindi a quella di Giuseppe
d’Arimatea, Sacerdote e guardiano del Graal. Per non parlare poi, della
prodigiosa Verga o Bastone di Mosè, con il quale percosse una pietra e ne
fece uscire acqua per dissetarsi nel deserto. Vi è una stretta analogia,
tra ciò che abbiamo appena detto, e la Lancia di Longino che colpisce il
Cristo (vera pietra), al costato facendone uscire sangue, si legge nella
Sacra Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno rifiutata è
diventata pietra angolare” ed ancora nelle
lettere di Pietro: “Stringetevi a
lui,< pietra vivente>, rifiutata dagli uomini, ma davanti a Dio
scelta e preziosa”. Lo Scettro e
la Spada, e non solo, sono simboli di potere propri del Re, il primo è il
segno della Clemenza ed il secondo del Rigore. Questi, li ritroviamo in tutte le tradizioni
da quella Egizia a quella Greca, come in quella Ebraica e Cristiana. In
quella Ebraica, sono espresse dalle due Sephiroth dell’Albero della Vita o
Adam Kadmon: Chesed: Misericordia, e Geburah: Forza e Severità. Nel
Faraone Egizio, gli stessi simboli vengono chiamati Hekat – Scettro a
uncino simile alla Pastorale del Vescovo, e Nekhekh: Flagello a tre code,
simbolo della trinità e delle tre fasi evolutive dell’Opera alchemica,
indicate dai tre colori: verde (in alternativa col nero) bianco e rosso.
I tre colori,
ci ricordano la bandiera nazionale italiana, nata molto probabilmente
dalla Massoneria, lo stesso Leonardo da Vinci, in una sua opera, raffigurò il
Cristo portante uno stendardo dagli stessi colori.
IL FARAONE La Coppa
Graal, è il Calice contenente il Sacro Pasto. La Spada, simbolo di unione,
oltre a corrispondere alla croce posta sull’altare, esprime più
precisamente il segno della croce effettuato dal Sacerdote celebrante sul
calice, dopo aver imposto su di lui le mani, al fine di far discendere su
di esso dopo averle captate, le energie necessarie alla consacrazione del
Sacro Cibo. Dobbiamo ricordare, che la Spada corrisponde nei tarocchi
all’elemento aria, ed Ermete ci dice in proposito: “Il Vento lo portò nel suo ventre; la
Terra è la sua nutrice”. La Tavola
Rotonda infine, corrisponde alla Patena, piccolo piatto avente per fine,
quello di conservare il Pane offerto a Dio, durante la Divina Liturgia. La
Patena (corrispondente anche al seme di Denari, o Siglo d’Oro) è la
rappresentazione materiale, della rotonda Ostia Solare, simbolo della
Divina Monade discesa nella materia, cioè la Coppa, unione quindi, del Se
superiore, con l’Io inferiore. Per
avvicinarci il più possibile, al significato occulto del Graal, e dei vari
simboli a lui connessi, bisogna uscire dal tempo e dallo spazio, cioè
dalla sua forma letteraria e storica, e confrontarlo, grazie allo
strumento dell’analogia, con i diversi simboli, viventi ed immanenti,
nella Tradizione Ermetica, la sola depositaria della verità, una ed
eterna, quindi al di là del tempo e dello spazio. Così facendo, il
ricercatore, potrà farsi un quadro molto più ampio della verità, e potrà
assimilare in modo più esauriente, il significato occulto di quel simbolo
che risulta più chiaro e più in risalto in una tradizione che in un’altra,
li dove è rimasto oscurato. Ad esempio, lo stesso Graal, lo possiamo rintracciare nell’Apocalisse di Giovanni, o Prete Gianni, sotto l’allegorico e misterioso “Libro da divorare”, come descritto: “Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo: «Và, prendi il libro aperto dalla mano dell'angelo che sta ritto sul mare e sulla terra». Allora mi avvicinai all'angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: «Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele». Presi quel piccolo libro dalla mano dell'angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l'ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l'amarezza”. Si tratta qui,
dello stesso libro dai sette sigilli, che solo il
predestinato può aprire (progressivamente, dal primo a l’ultimo sigillo,
cioè dalla prima, all’ultima fase dell’Opera, fasi equivalenti alla
sublimazione dei sette metalli, nonché ai sette giorni della creazione) ed
il predestinato è l’Agnello di Dio, “Agnus Dei”, colui che come Prometeo,
a saputo rubare, (interiorizzare) il Fuoco Divino dal cielo e se ne serve
sapientemente. Difatti, la
stessa parola Agnello designa il fuoco, se consideriamo, che la sua
etimologia deriva dal latino Agnus, in Sanscrito Agni, Dio del fuoco,
avente forma simile a quella dell’Ariete, primo segno dello Zodiaco,
connesso alla rinascita della Natura ed all’inizio delle stagioni.
Diversamente, nella religione Ebraica la Coppa Graal, ed il contenuto,
vengono rappresentati dall’Arca dell’alleanza e dalle Sacre leggi in essa
riposte. In realtà, ciò che all’interno è riposto è ciò che all’esterno è
rivelato, così è per la Sfinge, per le Piramidi, e per tutti i tesori che
ci sono stati lasciati. Per questo,
si dice che bisogna fare l’esterno come l’interno, e l’interno come
l’esterno, cioè bisogna unire ciò che è separato per formare la cosa
unica, fonte assoluta di ogni bene. Esterno e interno, in esoterismo
equivalgono a destra e sinistra, alto e basso, maschile e femminile,
positivo e negativo. Il Graal,
sembra essere anche il Vello d’Oro, conquistato dall’eroe Giasone; tutte
le fatiche che l’eroe compie per raggiungere ed impadronirsi del Vello
d’Oro, come quella di abbattere due Tori che vomitano fuoco, e di
sconfiggere il feroce Drago, (nomi questi dati alla materia dei filosofi)
corrispondono ugualmente a quelle eroiche imprese, che i cavalieri della
Tavola Rotonda compirono
durante la ricerca del Graal; le stesse che in sintesi deve compiere
l’alchimista o l’iniziato, per arrivare alla Pietra Filosofale.
Per tale
motivo, la via iniziatica non deve vedersi solo come via devozionale o
mistica, ma anche come via eroica propria del guerriero, per questo si
dava ai custodi del Graal l’appellativo di <Re-Sacerdote>, in quanto
avevano realizzato in loro, l’archetipo interpretato nelle più
significative e svariate leggende mitologiche. In sintesi, e necessario
per arrivare alla meta che ci siamo proposti, oltre essere eroi ed
aspirare a diventare Re, (sovrani di noi stessi) essere puri aspirando al
Sacerdozio. Due cose queste, all’apparenza opposte ma che, nell’ermetismo
si complimentano.
Abbiamo
visto, da questa scritto, come il concetto di Eucaristia, sia
rintracciabile nel simbolismo cavalleresco della leggenda Graalica, ed
altrove, e come il tutto si ritrovi poi concentrato nell’alchimia, quale
scienza iniziatica e sapienzale, con fine di trasmutare i metalli vili in
oro, quindi arte metallurgica, della quale, in tempi anteriori il Fabbro
era considerato Maestro. L’alchimista,
visto come tale quindi, aveva come fine quello di fabbricare l’oro tramite
la sua arte, oro che era assai differente dall’oro volgare e grezzo quale
in natura si trova. L’Alchimia, sembra esser stata fondata da Ermete, per
questo gli alchimisti spesso vengono chiamati “figli di Ermete”, nonché
figli di Mercurio (acqua di vita) l’Ermete dei Romani.
Secondo
Evola, gli stessi concetti, finora trattati, si ritrovano nel simbolismo
di quei famosi alberi spesso citati nelle più svariate leggende che dal
passato ci sono state tramandate. Nella Bhagavad Gita, troviamo “L’Albero
Eterno” ashvattha,
rappresentato capovolto, con le radici verso il cielo, a significare che l’origine della vita è in
alto, dai suoi rami stilla il nettare dell’immortalità (soma) alimento dei
saggi, il cui potere, è quello di conferire all’uomo la comunione con il
Mondo Divino; stretta analogia con l’Ostia Cattolica ed il Graal.
Odino, Re
degli Dei fu appeso ad un albero, flagellato, sacrificato e poi liberato,
come descritto in queste strofe che riproducono in breve le prove
iniziatiche dell’Opera Alchemica: “So disse
Odino stesso, so di essere stato appeso all’albero flagellato dai venti
nove intere notti, ferito da lancia e sacrificato a Odino, io stesso a me
stesso! Non mi gratificarono con pane o idromele, espiai sopra di me. Feci
alzare le rune, lo feci chiamandole, e allora caddi dall’albero”.
Il simbolismo
dell’albero, è molto ricorrente nella tradizione esoterica, raggiungerlo e
coglierne i frutti, è visto spesso come ricevere un potere sovraumano,
nonché la conoscenza e l’immortalità; di cui l’albero sembra esserne
depositario. Visto da tale ottica, l’albero esprime un principio femminile
che ritroviamo nella Madre Natura, o Divina Sophia, nonché nella Madonna, che in lingua
provenzale significa mia donna, cioè la donna dei filosofi,
personificazione del Mercurio dei filosofi, o acqua di vita, che fa
risuscitare i morti (rinascita spirituale). Funzione
questa, che anche il Graal secondo la leggenda dovrebbe avere, visto il
rimarginare della ferita del Re Pescatore, chiamato anche Re Ferito; il
quale, riprese a vivere nello spirito, dopo aver bevuto l’infuocata
bevanda del Graal, che grazie al
cavaliere Parsifal, il
Puro, ritornò a splendere nel castello del Re e tra i cavalieri
della Tavola Rotonda, i quali, come i templari ne dovevano essere i
custodi. Per mettersi
alla ricerca del Graal, bisogna esser cavalieri, quindi aver ricevuto
dall’alto un certo potere reale, proprio dell’iniziato, per questo nelle
varie leggende mitologiche sono sempre eroi, coloro destinati a compiere
audaci e più impossibili imprese. Lo stesso potere, questa volta Regale,
Dio stesso lo conferì ad Adamo, il quale come Ercole, che prese le mele
d’oro dall’albero delle esperidi, che si trovavano in un giardino analogo
a quello dell’Eden, prese i frutti
dall’albero della Scienza del Bene e del Male, ma lì dove Ercole
riesce, Adamo fallisce, ed invece di salire all’Olimpo o in termine
gnostico Pleroma, viene precipitato nella materia e sottomesso alle
vicissitudini del tempo. Ecco che
l’Albero, come il Graal, come il Vello d’Oro, e come la ricerca stessa
della Pietra Filosofale, può dare l’immortalità, ma può anche accecare,
distruggere, uccidere (spiritualmente che è assai più grave che
materialmente), chi erroneamente e senza purezza ad esso si avvicina, da
qui tutti i moniti dei filosofi. Adamo, deve esser visto quindi, come uno
di questi eroi, con un suo proprio e preliminare grado evolutivo, che se
pur sconfitto e disceso nella materia, con la possibilità di reintegrarsi.
Egli, come i
vari eroi che combattono contro mostri e draghi, deve combattere
intelligentemente contro il cherubino, al fine di oltrepassare quei
limiti, che Dio stesso gli impose, per custodire la via che conduce
all’albero della vita. Combattere contro il cherubino, significa
combattere contro Dio stesso, cosa che esotericamente significa: fare
violenza ai cieli. Ma una cosa
ci dovrebbe essere a tutti di conforto, quella che, quando l’uomo usando
il suo libero arbitrio, decide
di combattere contro Dio e Dio di conseguenza contro l’uomo, (ciò
che significa intraprendere la via iniziatica), Dio pone sempre dei pesi
proporzionati ai nostri sforzi, cosi’ volendo Egli lottare contro
Giacobbe, lotta che finirà non senza ferite per Giacobbe, Dio si manifesta
in un Angelo.
Nei momenti
più difficili del nostro ascensio, dobbiamo ricordarci che l’Eterno Padre,
non solo ci attende per stringerci con le sue braccia, nel suo cuore
infuocato d’amore, ma sempre ci cerca, come il <vero pastore> cerca
la pecorella smarrita, e non smette di cercarla, finché non l’ha trovata.
Egli, altro
non volle, che un sol atto d’Amore.
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