Titolo originale:
Wie erlangt man Erkenritnisse der hőheren Welten?
Traduzione
di EMMELINA DE RENZIS
Seconda
edizione riveduta
Printed
in Italy
Tipografia
Fratelli BOCCA Editori - Milano - Marzo l946
In
questa nuova edizione di Come si consegue la conoscenza dei mondi superiori,
si sono nuovamente rivedute ed elaborate in tutti i loro singoli particolari le
descrizioni stese dieci anni addietro.
Quando
si deve parlare d’esperienze o d’indirizzi dell’anima del genere di quelli di
cui tratta il presente libro, è naturalmente sempre una necessità procedere a
un siffatto lavoro di aggiornamento.
Di
tutte le notizie che si danno, non ve n’è una che possa non rimanere intimamente
legata all’anima di chi le comunica, e non contenere qualche elemento che in
quest’anima vada perseguendo il proprio lavoro; non è dunque possibile che a
questo lavoro animico non sì accompagni, nell’autore, l’aspirazione di rendere
con sempre maggior chiarezza e lucidità ciò che già anni prima aveva descritto.
A
questa aspirazione si deve ciò che, nella presente nuova edizione, io ho
cercato di fare per questo libro.
Certamente,
tutto quanto vi era di essenziale nelle spiegazioni e tutti i fatti principali
esposti sono rimasti quali erano; ciò nondimeno, si sono introdotte delle
modificazioni importanti.
In
alcuni punti mi è riuscito di dare una descrizione più precisa dei singoli
particolari, e questo mi è parso interessante, perché se vi è chi voglia applicare
alla propria vita spirituale ciò che nel libro vien comunicato, è utile che le
vie animiche, delle quali in esso si fa parola, gli si presentino descritte con
la maggior possibile
esattezza.
È in effetti assai più
facile essere fraintesi quando si parla di questi processi interiori
spirituali, che non quando si descrivono fatti del mondo fisico; la mobilità
stessa della vita dell’anima, la necessità di non perdere mai di fronte ad essa
la coscienza di quanto essa differisca da ogni qualsiasi vita nel mondo fisico,
e molte altre cose, sono quelle che rendono possibili tali malintesi.
Ora in questa nuova edizione io mi sono preoccupato, di ricercare le
parti del libro, dove tali malintesi potrebbero sorgere, e mi sono sforzato di eliminarne
le cause.
Quando scrissi gli articoli,
che formano ora il contenuto di questo libro, era, anche per le sopra dette
ragioni, necessario parlare di molte cose diversamente da quel che non sia
possibile di fare adesso; perché a quel tempo non potevo accennare al contenuto
di ciò che durante questi ultimi dieci anni ho pubblicato sui particolari delle
conoscenze dei mondi spirituali, se non in modo differente da quel che non mi
sia consentito dopo che tali pubblicazioni sono avvenute.
Nei miei libri: Scienza
occulta, La direzione spirituale dell’uomo e dell’umanità, Una via per l’uomo
alla conoscenza di sé stesso, e specialmente nella Soglia del mondo
spirituale, come pure in altri miei scritti, si trovano descritti processi
spirituali, alla cui esistenza questo libro, ha dovuto accennare già dieci anni
prima, ma con parole diverse da quelle che oggi sembrano giuste.
E di molle cose, che nel
libro allora non vennero descritte,dovetti dire che non se ne poteva aver
conoscenza che per «comunicazioni orali».
Oggi invece parecchie delle notizie, alle quali avevo fatto cenno in quella forma, sono state già pubblicate; ma è appunto quel modo di farne cenno, che forse più si presta a suscitare nei lettori giudizi errati, perché può infatti indurli ad attribuire un valore assai più essenziale di quel che in realtà non meriti, alla natura personale delle relazioni che corrono fra l’aspirante all’educazione occulta e il tale o il talaltro maestro.
In questa nuova edizione, io
spero, con la speciale descrizione di alcuni particolari, di essere riuscito a
spiegare in modo più chiaro, che a coloro, i quali aspirano in guisa conforme
alle condizioni spirituali della epoca presente alla disciplina occulta,
importa più di mettersi in immediata relazione col mondo spirituale obbiettivo,
che non con la personalità di un maestro.
Quest’ultimo infatti nel
corso della disciplina occulta è chiamato ad assumere sempre più la parte di un
assistente, quale ogni studente, secondo gli usi correnti, può trovare in
qualsiasi altro ramo d’insegnamento.
Mi pare dunque di aver così
spiegato in maniera abbastanza chiara, che nell’educazione occulta l’autorità
del maestro, e la fiducia che l’allievo ripone in lui, non debbono
rappresentare una parte diversa da quella che rappresenterebbero in
qualsivoglia altro campo della conoscenza e della vita.
Mi sembra particolarmente
importante, che si giudichi sempre più esattamente questo rapporto che deve
intercedere fra l’occultista e coloro che s’interessano ai risultati delle sue
ricerche.
Credo dunque di avere
migliorato il libro in quelle parti, nelle quali, dopo dieci anni, ho potuto
trovare ciò che conveniva migliorare.
(l9l4)
Si trovano riuniti in questo
libro i saggi da me pubblicati originariamente come singoli articoli sotto il
titolo di Conte si consegue la conoscenza dei mondi superiori?
Questo volume rappresenta la prima parte dell’opera, un secondo (l) ne conterrà la continuazione
Questo studio
sull’evoluzione dell’uomo per arrivare alla comprensione dei mondi soprasensibili
non deve presentarsi al mondo in questo suo nuovo aspetto senza essere
preceduto da alcune parole di introduzione.
Le comunicazioni che esso
contiene sullo sviluppo animico dell’uomo possono riuscire utili in diverse
occorrenze.
Anzitutto esse mirano a dare
qualche soddisfazione alle persone, le quali si sentono attirate verso i
risultati dell’investigazione occulta e a cui s’impone il quesito: da dove
attingono il loro sapere coloro che credono di poter risolvere i supremi enimmi
della vita?
La scienza dello spirito
fornisce una risposta a questi enimmi.
Chi vuol osservare i fatti,
a cui s’ispirano queste osservazioni, deve elevarsi alla conoscenza
soprasensibile; deve seguire la via che questo libro ha cercato di descrivere.
Sarebbe però un errore credere,
che le comunicazioni della scienza dello spirito non abbiano valore anche per
chi non ha la tendenza o la possibilità di seguire egli stesso questa via.
(l) Cfr.
I gradi della conoscenza superiore.
Per investigare i
fatti, occorre avere la capacità di penetrare nei mondi soprasensibili; ma se
dopo essere stati investigati, questi fatti vengono comunicati agli altri,
ognuno può procurarsi una soddisfacente convinzione della loro verità, anche
senza percepirli egli stesso.
Gran parte di essi possono essere senz’altro dimostrati, purché si
giudichino veramente con imparzialità e con sano criterio.
Occorre però non lasciarsi
disturbare dagl’innumerevoli preconcetti che hanno tanta parte nella vita
umana.
Potrà succedere facilmente,
per esempio, che taluno trovi che questa o quella notizia non si accordi con
certi risultati scientifici dell’epoca presente; in realtà, non vi è nessun
risultato, scientifico in contraddizione con l’investigazione spirituale.
Si può nondimeno credere
facilmente che questo o quel giudizio scientifico non si accordi con le comunicazioni
che concernono i mondi superiori, se non si sanno esaminare i risultati
scientifici imparzialmente e in tutti i loro vari aspetti.
Ci si accorgerà, anzi, che
quanto più si confronta spregiudicatamente la scienza dello spirito con le
conquiste positive della scienza, tanto più se ne può constatare il completo
accordo.
Un’altra parte delle
comunicazioni scientificospirituali sfugge indubbiamente in misura maggiore o
minore al semplice giudizio dell’intelletto; ma anche questa si riuscirà
facilmente a intendere, purché ci si convinca che non il solo intelletto, ma
anche il sano sentimento può essere buon giudice della verità; e il giudizio
del sentimento è giusto, quando quest’ultimo non si lascia fuorviare dalla simpatia
e dall’antipatia per questa o quella opinione, ma si apre con vera imparzialità
all’azione delle conoscenze dei mondi soprasensibili.
Vi sono anche altri mezzi di
verificare queste conoscenze, adatti per quelle persone, le quali non possono
né vogliono percorrere la via che conduce ai mondi soprasensibili.
Tali persone possono
tuttavia sentire quale valore queste conoscenze abbiano per la vita, anche
quando le ricevono dalle comunicazioni di un occultista.
A nessuno è dato di divenire
a un tratto un veggente; ma le cognizioni del veggente sono un nutrimento sano
per la vita, perché ognuno può applicarle; e chi le applica, presto si accorge
di ciò che la vita acquista con esse in tutti i campi, e di quanto perde senza
di esse.
Le cognizioni dei mondi
soprasensibili, se applicate giustamente nella vita, anziché poco pratiche, si
dimostrano di somma praticità.
Se dunque qualcuno non vuole
percorrere egli stesso il sentiero superiore della conoscenza, ma si sente
attirato verso ì i fatti che su quel sentiero si osservano, può chiedere: come
arriva il veggente a questi fatti?
Per chi s’interessa a questa
domanda, questo libro offre una descrizione di ciò che si deve intraprendere
per imparare veramente a conoscere il mondo soprasensibile.
Questo libro si propone di
descrivere la via che vi conduce, in modo che anche senza percorrerla, ai possa
acquistare fiducia nelle comunicazioni di chi l’ha seguita.
Difatti, se si sa come
procede l’investigatore spirituale, ci si può rendere conto che batte la via
giusta, e dire a sé stessi: la descrizione della via che conduce ai mondi
superiori fa su di me tale impressione, che posso comprendere perché i fatti
comunicati mi sembrino, plausibili.
Questo libro perciò deve
servire a coloro che desiderano acquistare forza e sicurezza nella loro
comprensione e nel loro sentimento della verità dei mondi superiori.
Esso deve riuscire però
altrettanto utile anche a coloro che cercano da sé la via delle conoscenze
soprasensibili.
Le persone che mettono in
pratica gl’insegnamenti qui descritti, saranno maggiormente in grado di sperimentarne
la verità.
Chi ha tale intenzione farà
bene di ripetere sempre a sé stesso, che quando si tratta di una descrizione
dell’evoluzione del l’anima, non basta una semplice lettura del contenuto della
descrizione, come per altri argomenti, ma è necessario di penetrare intimamente
nella descrizione stessa.
Si deve partire dalla
premessa, che per comprendere i singoli particolari non ci si deve servire
soltanto di ciò che riguardo a ognuno di essi sta detto, ma anche di ciò che ci
viene comunicato riguardo a cose affatto diverse.
Si acquisterà così il
concetto, che l’essenziale non risiede in una singola verità, ma nell’accordo
di tutte le verità.
Chi vuol praticare degli
esercizi deve seriamente tener conto di questo fatto.
Un esercizio può essere
compreso, e anche eseguito bene; nondimeno può agire in modo non giusto, se chi
lo pratica non aggiunge ad esso un altro esercizio che corregga e risolva
l’unilateralità del primo in un’armonia dell’anima.
Chi legge, questo libro
profondamente, in modo che la lettura diventi per lui quasi un’esperienza
interiore, non soltanto arriverà a conoscerne il contenuto, ma, a seconda dei
vari punti, sperimenterà diversi sentimenti; per mezzo di ciò riconoscerà il
diverso valore che per l’evoluzione dell’anima deve attribuirsi a ognuno di
essi.
Si accorgerà pure, in quale
i il forma adatta alla sua speciale individualità gli convenga di praticare
questo o quell’esercizio.
Quando, come in questo caso,
si tratta di studiare descrizioni di processi che devono essere sperimentati, è
evidente la necessità di tornare sempre a riesaminarne il contenuto; allora ci
si convincerà che molte cose si arrivano a comprendere in modo soddisfacente
soltanto dopo averle praticate; e che dopo averle provate, se ne osservano
certe sfumature, che prima necessariamente ci sfuggivano.
Anche i lettori che non
hanno intenzione di seguire la via, che qui è tracciata, troveranno in questo
libro molte cose utili per la vita interiore: norme, indicazioni, spiegazioni
di vari problemi, ecc.
E taluno, che per mezzo di
questa o di quella esperienza della stia vita ha ricevuto sotto molti rapporti
una vera iniziazione, sentirà una certa soddisfazione nel trovare spiegato il
nesso fra molti problemi, di cui non aveva presentito che singoli particolari,
e fra cognizioni che già aveva, senza forse aver potuto dar loro una forma
concreta soddisfacente.
COME SI CONSEGUE LA
CONOSCENZA
DEl MONDI SUPERIORI?
In ogni uomo esistono facoltà latenti, per
mezzo delle quali egli può acquistarsi cognizioni di mondi superiori.
Il
mistico, lo gnostico, il teosofo parlano continuamente di un mondo delle anime
e di un mondo degli spiriti, che sono per loro altrettanto reali quanto quello
che si può vedere con gli occhi fisici e che si può toccar con mano.
Chi
li ascolta ha diritto di dire; «Queste esperienze di cui mi parlano, io pure le
posso avere, se sviluppo
talune forze che ancora dormono in me».
Si tratta soltanto di sapere come occorra
adoperarsi per sviluppare tali facoltà; un consiglio al riguardo potrà venir
dato soltanto da coloro che già posseggono quelle forze.
Da
quando esiste il genere umano vi sono sempre state delle scuole, nelle quali
chi possedeva le facoltà superiori istruiva coloro che aspiravano alle medesime.
Queste
scuole vengono chiamate occulte; e l’insegnamento che si impartisce in queste
scuole si chiama insegnamento occulto.
Tale
denominazione si presta naturalmente a malintesi; chi la ode può facilmente
essere indotto a credere che gli uomini capaci d’impartire tale insegnamento
vogliano rappresentare una classe specialmente privilegiata, che trattiene arbitrariamente
il proprio sapere dai vuoi simili.
Anzi
può essere perfino tentato di credere, che dietro a questo sapere non si
nasconda forse niente d’importante, poiché se si trattasse di vera conoscenza
non occorrerebbe farne un segreto; si potrebbe comunicarla apertamente e
renderne accessibile il beneficio a tutti gli uomini.
Coloro
che sono iniziati nella natura della scienza occulta non si meravigliano
affatto che i non iniziati possano pensare a quel modo.
In
che cosa consista il segreto dell’iniziazione può essere compreso soltanto da
colui, il quale abbia egli stesso sperimentato, fino a un determinato grado,
questa iniziazione nei misteri più elevati dell’esistenza.
Ora,
si può chiedere: in queste condizioni, come potrà mai il non iniziato
sviluppare un interesse umano qualsiasi per questa cosiddetta conoscenza occulta?
Perché
e come dovrebbe egli cercare una cosa della cui natura non può formarsi alcuna
idea?
Ma
una domanda siffatta già poggia sopra un concetto completamente erroneo della
natura della conoscenza occulta.
In
realtà non vi è differenza fra la conoscenza occulta e ogni altra conoscenza o
capacità dell’uomo.
Questa
conoscenza occulta è un mistero per l’uomo medio soltanto nel senso in cui la
scrittura è un mistero per colui che non l’ha imparata.
E
come ognuno può imparare a scrivere, purché scelga la via giusta, così ognuno
può diventare un discepolo, e magari anche un maestro di occultismo, purché
cerchi la giusta via.
Sotto
un solo riguardo le condizioni sono in questo caso diverse da quelle della
conoscenza e della capacità esteriore.
La
povertà, o le condizioni culturali del suo ambiente, possono privare una
persona della possibilità di acquistare l’arte della scrittura; ma per
l’acquisto della conoscenza e delle capacità nei mondi superiori non esiste
ostacolo, per chi seriamente le ricerchi.
Molti
credono che occorra andare qua e là in cerca dei maestri della conoscenza
superiore per riceverne spiegazioni.
Ma
vi sono due verità da tener presenti: anzitutto colui che aspira seriamente alla conoscenza
superiore non paventerà nessuna fatica, nessun ostacolo, per cercare un
iniziato che lo possa guidare nei segreti superiori del mondo.
D’altra parte ognuno può anche essere sicuro che in qualunque caso, gli
giungerà, purché vi sia in lui seria e degna aspirazione alla conoscenza.
Perché esiste una legge
naturale per tutti gli iniziati,
che li spinge a non negare a
nessun vero aspirante la conoscenza che gli è dovuta.
Ma vi è pure un’altra legge
altrettanto naturale, che inibisce che venga comunicato alcunché della
conoscenza occulta a chi non ne sia degno.
E un iniziato tanto più è
perfetto, quanto maggiore severità pone nell’osservare queste due leggi.
La catena spirituale che
abbraccia tutti gl’iniziati non è esteriore, ma le due leggi succitate formano
solide grappe, che tengono assieme le parti che costituiscono quella catena.
Potrai vivere in intima amicizia
con un iniziato, ma rimarrai separato dal vero suo essere finché tu stesso non
sia iniziato.
Potrai godere pienamente del
cuore e dell’affetto di un iniziato, ma egli ti affiderà il suo segreto
soltanto quando sarai diventato maturo per accoglierlo.
Lo potrai adulare, lo potrai
torturare; nulla varrà a determinarlo a svelarti qualche cosa, elle egli sa di
non doverti confidare, perché al gradino dell’evoluzione a cui ti trovi non sei
ancora in grado di accogliere in modo giusto quel mistero nella tua anima.
Le vie che rendono l’uomo
maturo ad accogliere un segreto sono ben determinate.
La loro direzione è
tracciata con lettere indelebili ed eterne nei mondi dello spirito, dove
gl’iniziati custodiscono gli arcani superiori.
Nei tempi antichi anteriori alla
nostra «storia» i templi dello spirito erano anche esteriormente visibili: oggi
che la nostra vita è diventata così vuota di spiritualità, essi non esistono
nel mondo che è visibile all’occhio esteriore; ma spiritualmente esistono dappertutto,
e chiunque li cerca può trovarli.
Soltanto nella propria anima
l’uomo può trovare i mezzi che gli schiudano la parola degl’iniziati.
Egli deve sviluppare in sé
stesso fino a un determinato grado, certe facoltà; allora potranno essergli
partecipati i tesori più elevati dello spirito.
Un determinato atteggiamento
fondamentale dell’anima deve servire d’inizio.
L’occultista chiama questa
disposizione fondamentale il sentiero della venerazione, della
devozione, di fronte alla verità e alla conoscenza.
Soltanto chi possiede questa
disposizione fondamentale può divenire discepolo dell’occultismo.
Chi ha esperienza in questo
campo sa quali tendenze si possono osservare fin dall’infanzia in coloro che diventano
più tardi discepoli dell’occultismo.
Vi sono bambini che alzano
lo sguardo con santo timore a determinate persone che essi venerano; il
rispetto che sentono per loro è così grande, che nel più profondo del cuore
vieta loro di albergare pensiero alcuno di critica o di opposizione.
Tali ragazzi, crescendo,
diventano giovanetti e giovanette, ai quali farà bene al cuore di poter alzare
lo sguardo verso qualche cosa che sia degna di venerazione.
Dalle file di questi giovani
provengono molti discepoli dell’occultismo.
Se vi siete mai trovati
dinanzi alla porta di una persona venerata e avete provato a questa prima
vostra visita un sacro timore nel girare la maniglia per entrare nella camera,
che per voi è un «santuario», si è, in tal caso, manifestato in voi un
sentimento che può essere il germe del vostro futuro noviziato nell’occultismo.
Per ogni giovane in via di
evoluzione è, una fortuna portare in sé tali sentimenti come tendenze.
Non si deve però credere,
che queste tendenze siano germi di sottomissione o di schiavitù.
Quella che era venerazione
infantile di fronte agli uomini si trasforma più tardi in venerazione per la
verità e la conoscenza.
L’esperienza c’insegna che
gli uomini, i quali meglio sanno tenere alta la fronte, sono appunto quelli,
che hanno imparato a venerare dove la venerazione è al suo posto; ed è al suo
posto, ovunque sorga dalle profondità del cuore.
Se non sviluppiamo in noi il
profondo sentimento che esiste qualcosa di superiore a noi, non troveremo neppure
la forza di svilupparci fino a qualcosa di più elevato.
L’iniziato si è conquistato
la forza di sollevare la testa fino alle vette della conoscenza soltanto perché
ha condotto il suo cuore nelle profondità della venerazione e della devozione.
Si può ascendere alle
!altezze dello spirito soltanto attraverso la porta dell’umiltà.
Non puoi raggiungere una
giusta conoscenza, se prima non hai imparato a rispettarla.
L’uomo ha certamente il
diritto di affisare gli occhi nella luce, ma questo diritto se lo deve
acquistare.
Nella vita spirituale vi
sono leggi come nella materiale.
Una bacchetta di vetro, strofinata
con una stoffa adatta, diventa elettrica, cioè acquista la forza di attirare
corpuscoli; ciò corrisponde a una legge di natura; basta conoscere un poco di
fisica per saperlo.
Similmente chi ha imparato i
principii fondame-ntali della scienza occulta sa, che ogni sentimento di vera devozione
che si sviluppa nell’anima evolve una forza che presto o tardi può condurre al
progresso nella conoscenza.
Chi ha disposizione a
sentimenti di devozione, o ha la fortuna di acquistarli a mezzo di una giusta
educazione, porta seco una buona preparazione per quando cercherà più tardi
nella vita l’accesso alle conoscenze superiori.
Chi non porta seco una tale
preparazione si trova di fronte a difficoltà fin dal primo gradino del sentiero
della conoscenza, a meno che non si accinga energicamente, per mezzo
dell’auto-educazione, a creare in sé l’atteggiamento di devozione.
Ai nostri tempi è di
speciale importanza che su questo punto si rivolga la massima attenzione.
La nostra civiltà è
piuttosto proclive a criticare, a giudicare, a sentenziare, e tende poco alla
devozione, alla completa venerazione.
I nostri figli si danno già
molto più alla critica, che non a una devota venerazione.
Ma ogni critica, ogni
censura danneggia le forze dell’anima per la sua conoscenza superiore
altrettanto quanto invece le sviluppa la devota venerazione.
Non intendo con ciò dire
niente contro la nostra civiltà; non si tratta qui affatto di criticarla.
Proprio alla critica, al
consapevole giudizio umano, al concetto di «vagliare tutto e conservare ciò che
vi ha di meglio» siamo debitori della grandezza della nostra civiltà.
L’uomo non sarebbe mai
arrivato alla scienza, all’industria, al commercio, all’ordinamento giuridico
della nostra epoca, se non avesse esercitato ovunque la sua capacità di critica
e non avesse applicato ovunque la norma del suo criterio.
Ma abbiamo dovuto scontare
quanto di civiltà esteriore abbiamo acquistato con una corrispondente perdita
di conoscenza superiore, di vita spirituale.
Occorre però notare, che nei
riguardi della conoscenza superiore, non si tratta di venerare gli uomini, ma
la verità e la conoscenza.
Di una cosa conviene
rendersi ben conto: che un uomo completamente immerso nella civiltà tutta
esteriore della nostra epoca incontra gravi difficoltà per giungere alla
conoscenza dei mondi superiori; vi riesce soltanto, se esplica un energico
lavoro su sé stesso.
Ai tempi in cui le
condizioni della vita materiale erano, semplici, era anche più facile
conseguire un’elevazione spirituale.
Ciò che meritava venerazione,
ciò che era da considerarsi come sacro, emergeva maggiormente sulle condizioni
ordinarie del mondo circostante.
In epoca di critica gli
ideali si abbassano, altri sentimenti subentrano alla venerazione, al rispetto,
alla devozione e all’ammirazione, che dalla nostra epoca vengono respinti
sempre più indietro, di guisa che la vita giornaliera consente assai di rado
all’uomo di venir con essi in contatto.
Chi cerca la conoscenza
superiore deve crearla in sé; deve infonderla da sé nella propria anima.
A questo non si giunge con
lo studio, ma soltanto con la vita.
Chi vuol diventare discepolo
dell’occultismo deve perciò educarsi energicamente all’atteggiamento devozionale.
Nell’ambiente che lo
circonda, nelle proprie esperienze, egli deve cercare ovunque ciò che può
imporgli ammirazione, rispetto.
Se incontro un uomo e
biasimo le sue debolezze, mi tolgo forza per acquistare conoscenze superiori;
se cerco invece amorevolmente di approfondirmi nelle sue qualità, accumulo tale
forza.
Il discepolo deve sempre
ricordarsi di seguire questo consiglio.
Gli occultisti esperti sanno
di quanta forza vadano debitori alla circostanza, che di fronte a tutte le cose
essi guardano sempre al lato buono, e si astengono dal giudicare.
Questa non deve però
rimanere una semplice norma esteriore della vita, ma deve impossessarsi
dell’interiorità più profonda dell’anima nostra.
L’uomo ha in sé la facoltà
di perfezionarsi, di trasformarsi col tempo completamente; ma questa trasformazione
deve compiersi nella sua interiorità più profonda, nella vita del suo pensiero.
Non basta che esteriormente,
col mio contegno, io dimostri rispetto verso una persona; devo avere questo rispetto
nel mio pensiero.
Il discepolo dell’occultismo
deve appunto cominciare dall’accogliere la devozione nella vita dei suoi
pensieri.
Deve sorvegliare i pensieri
di irriverenza e di censura nella sua coscienza; e appunto a questo scopo deve
coltivare in sé pensieri di devozione.
Ogni volta che ci si adopera
a scoprire nella propria coscienza ciò che essa alberga di censura, di biasimo
e di critica sul mondo e sulla vita, tale esame ci porta di un passo più vicino
alla conoscenza superiore; e l’ascesa diventa rapida, se in tali momenti
riempiamo la nostra coscienza soltanto di pensieri che destino in noi
ammirazione, rispetto, venerazione per il mondo e la vita.
Chi ha esperienza di queste
cose sa, che in ognuno di questi momenti si destano nell’uomo forze, che altrimenti
resterebbero latenti.
Con questo mezzo vengono
aperti gli occhi spirituali nell’uomo; egli comincia a vedere attorno a sé
cose, che prima non poteva vedere, comincia a comprendere che prima egli non
vedeva che una parte del mondo circostante.
Ogni uomo che incontra gli
si palesa come una figura affatto diversa da quella di prima.
Naturalmente, per mezzo di
questa sola norma, egli non sarà ancora in grado di vedere ciò che, per
esempio, è stato descritto dell’aura umana, perché per giungere a tanto è
necessario seguire una disciplina ancora più elevata.
Ma egli può appunto salire a
questa disciplina più elevata, quando abbia prima esercitato una disciplina energica
nella devozione (l).
Il cammino del discepolo
dell’occultismo per il «sentiero della conoscenza» si compie in modo silenzioso
e inosservato dal mondo esteriore.
Non occorre che alcuno
scorga in lui un cambiamento; egli continua a compiere i consueti doveri e
provvede ai suoi affari come prima.
La trasformazione si svolge
esclusivamente nella parte interna dell’anima, che sfugge allo sguardo
esteriore.
(l) Nell’ultimo capitolo del mio libro Introduzione alla conoscenza soprasensibile del mondo e del destino umano si trova descritto il «sentiero della conoscenza».
Qui non verranno dati che singoli punti di vista pratici.
Dapprima l’intiera vita
affettiva dell’uomo viene completamente irradiata da questa disposizione
fondamentale alla devozione per tutto ciò che è degno di venerazione; in
quest’unico sentimento fondamentale tutta la vita della sua anima trova il proprio
centro.
Come il sole vivifica coi
suoi raggi tutto ciò che vive, così nel discepolo la devozione vivifica tutti i
sentimenti dell’anima.
Da principio l’uomo stenterà
a credere, che sentimenti come il rispetto, la venerazione, ecc., possano avere
a che, fare con la sua facoltà di conoscenza.
Ciò dipende dal fatto, che
si è disposti a considerare la conoscenza come una facoltà a sé, che non ha
relazione alcuna con ciò che suole svolgersi nell’anima.
Ma non si riflette che è l’anima
quella che conosce, e per l’anima i sentimenti sono ciò che per il corpo sono
le sostanze che ne formano il nutrimento.
Se al corpo si danno pietre
invece di pane, la sua attività perisce; così avviene per l’anima.
Per essa la venerazione, il
rispetto, la devozione sono sostanze nutrienti, che la rendono sana, forte;
forte anzitutto per l’attività della conoscenza.
L’irriverenza, l’antipatia,
la svalutazione della conoscenza effettuano la paralisi e la morte
dell’attività conoscitiva.
Per l’occultista questo
fatto è visibile nell’aura.
Un’anima che adotta
sentimenti di venerazione e di devozione effettua una trasformazione nella
propria aura.
Talune sfumature cromatiche
spirituali che possono indicarsi come rosso-giallastre, rosso-brune spariscono
e vengono sostituite da sfumature di colore rosso-turchino.
In tal modo però si apre la
capacità conoscitiva e accoglie notizie di fatti dell’ambiente circostante, di
cui prima non aveva sentore.
La venerazione desta una
forza simpatica nell’anima, e per mezzo di di questa vengono attirate, dagli
esseri che ci circondano, qualità che altrimenti rimarrebbero nascoste.
Diventa ancora più efficace
ciò che si può conseguire per mezzo della devozione quando vi si aggiunga un altro
genere di sentimento; il quale consiste nell’imparare ad abbandonarsi sempre
meno alle impressioni del mondo esteriore e a sviluppare invece un’attiva vita
interiore.
Un uomo che corre da
un’impressione del mondo esteriore all’altra, sempre in cerca di «distrazione»,
non trova la via alla scienza occulta.
Il discepolo dell’occultismo
non deve rendersi insensibile al mondo esteriore; ma la sua ricca vita
interiore deve indicargli la direzione in cui abbandonarsi alle impressioni di
esso.
Quando un uomo dotato di
sentimenti e di animo profondo attraversa un bel paesaggio alpino, ciò che egli
sperimenta è diverso da quello che può sperimentare un uomo di poco sentimento.
Soltanto ciò che
sperimentiamo interiormente ci dà la chiave delle bellezze del mondo esteriore.
C’è, chi, navigando, non
sperimenta nella sua anima esperienze interiori profonde, altri invece sente
sul mare l’eterno linguaggio dello spirito cosmico che gli svela profondi
misteri della creazione.
Bisogna aver imparato a
regolare i propri sentimenti e le proprie rappresentazioni, se si vuole
sviluppare un rapporto profondo con il mondo esteriore.
Questo, in ogni suo
fenomeno, è riempito di splendore divino; ma occorre avere prima sperimentato
il divino nella propria anima, per poterlo trovare nell’ambiente che ci
attornia.
Al discepolo dell’occultismo
s’insegna a riservarsi nella vita dei momenti, in cui solo e tranquillo possa
concentrarsi in sé medesimo; in tali momenti però egli non deve dedicarsi alle
vicende del proprio Io, perché ciò raggiungerebbe l’effetto opposto allo scopo
prefisso.
Egli deve piuttosto
ascoltare con perfetta calma l’eco di ciò che ha sperimentato, di quanto il
mondo esteriore gli ha detto.
Ogni fiore, ogni animale,
ogni azione gli svelerà, in tali momenti di calma, arcani insospettati che lo
prepareranno a ricevere nuove impressioni del mondo esteriore e a vederle con
occhi affatto diversi da prima.
Chi vuol soltanto godere
delle varie impressioni che si succedono, attutisce la propria capacità
conoscitiva; chi invece, dopo aver goduto, lascia che il godimento gli riveli
qualche cosa, coltiva ed educa la propria capacità conoscitiva.
Egli deve però -abituarsi a
non dare soltanto ascolto all’eco del godimento, ma, rinunziando a
gioirne ulteriormente, deve elaborare il goduto per mezzo dell’attività
interiore.
Qui lo scoglio è assai
grande e pericoloso.
Invece di lavorare in sé stesso, il discepolo può facilmente cadere nell’errore
di cercare soltanto di sfruttare completamente il godimen!o.
Non si svaluti il fatto, che
gli si schiudono qui sorgenti imprescindibili di errore, poiché egli deve
attraversare una schiera di tentazioni per la sua anima, che tendono tutte a
indurire il suo «Io», a chiuderlo in sé stesso.
Egli deve invece aprirlo per
il mondo; egli deve cercare il godimento, perché il mondo esteriore gli si
avvicina soltanto per mezzo di esso.
Se egli si rende insensibile
al godimento, diventerà come una pianta che non sia più capace di attirare
dall’ambiente circostante alcuna sostanza nutritiva.
Se invece egli si arresta al
godimento, si chiude in sé stesso, e avrà valore soltanto per sé, non per il
mondo.
Per quanto egli possa allora
vivere in sé, per quanto possa coltivare il proprio «Io», il mondo lo espelle,
per il mondo egli è morto.
L’occultista considera il
godimento soltanto come un mezzo di nobilitarsi per il mondo.
Il godimento è per lui un
ammaestratore che gli fornisce informazioni sul mondo; ma l’insegnamento
ricavato dal godimento gli serve per progredire nel lavoro.
Egli non impara per
accumulare tesori di sapienza, ma per mettere ciò che ha imparato a servizio
del mondo.
Vi è una massima
fondamentale in ogni scienza occulta, che non è permesso di trasgredire, se si
vuol raggiungere un qualche fine.
Ogni disciplina occulta deve
imprimerla nel discepolo.
Questa massima dice: «Ogni
conoscenza che tu cerchi al solo fine di arricchire il tuo sapere, di
accumulare tesori, ti fa deviare dalla tua strada; ogni conoscenza però, che tu
cerchi per maturarti sulla via della nobilitazione dell’uomo e dell’evoluzione
del mondo, ti porta avanti di un passo».
Questa legge esige
inflessibilmente obbedienza; né si può essere discepolo dell’occultismo prima
di averla adottata come norma di vita.
Si può riassumere questa
verità della disciplina occulta brevemente come segue: «Ogni idea, che non
diventa per te un ideale, uccide una forza della tua anima; ogni idea invece
che diventa un ideale, crea in te forze vitali».
DELLA CALMA INTERIORE
Il discepolo dell’occultismo viene avviato fin dall’inizio del suo
cammino sulla via della venerazione, e della evoluzione della vita interiore.
La scienza dello spirito
fornisce anche norme pratiche, per mezzo delle quali si può seguire
quella via e sviluppare la vita interiore.
Queste regole pratiche non
sono dettate arbitrariainente, ma provengono da esperienze remotissime e da un
antichissimo sapere.
Dovunque si tratti d’indicare le vie alla conoscenza superiore, esse vengono
date allo stesso modo.
Tutti i veri maestri della
vita spirituale sono d’accordo sul contenuto essenziale di queste regole, anche
quando non le presentino sempre con le medesime parole.
Questa differenza
secondaria, e veramente soltanto apparente, deriva da circostanze che qui non
occorre considerare.
Nessun maestro della vita
spirituale vuol esercitare per mezzo di queste regole un ascendente sugli altri
uomini; non vuol ledere l’indipendenza di alcuno; perché non v’è chi apprezzi e
custodisca l’indipendenza umana meglio di un occultista.
Nelle prime pagine di questo
libro è stato detto, che la catena che avvince tutti gli iniziati è spirituale,
e che due leggi naturali formano le grappe che tengono uniti gli anelli di
questa catena.
Non -appena però l’iniziato
esce, dal suo recinto spirituale e si presenta al mondo, egli deve tener conto
di una terza legge, la quale dice: sorveglia ogni tua azione, ogni tua parola,
in modo che per opera tua non si rechi offesa alla libera volontà di alcuno.
Chi ha compreso, come un
vero maestro dell’occultismo abbia l’anima completamente compenetrata da questo
atteggiamento, sa anche di non rinunziare affatto alla propria indipendenza
quando segue le regole pratiche che gli vengono consigliate.
Una delle prime di tali
regole può essere espressa con le seguenti parole del nostro linguaggio:
«Procurati momenti di calma interiore e in questi momenti impara a distinguere l’essenziale
dal non essenziale».
È stato detto espressamente,
che questa regola pratica può essere così riassunta in «parole del nostro
linguaggio», perché originariamente, tutte le regole e gl’insegnamenti della
scienza dello spirito venivano comunicati in un linguaggio di segni simbolici.
E chi vuole imparare a
conoscere l’intiera portata e tutto il significato di questo linguaggio
simbolico, deve prima acquistarne la comprensione, la quale è però subordinata
al fatto, che egli già abbia iniziato i primi passi nella scienza dello
spirito,.
Egli può però percorrere
questi passi, se segue scrupolosamente le regole che qui vengono date; la via è
aperta a chiunque abbia ferma volontà.
Semplice è la regola
suddetta, riguardo ai momenti di calma interiore, semplice anche la sua
osservanza.
Ma essa conduce alla meta
soltanto se viene intrapresa con serietà e severità pari alla sua
semplicità.
Verrà perciò detto senza
preamboli il modo in cui questa regola debba essere seguita.
Il discepolo della scuola
occulta deve, nella sua vita quotidiana, isolarsi ogni giorno per breve tempo,
per occuparsi di cose affatto diverse da quelle che formano la sua ordinaria
occupazione, e anche il modo in cui se ne occupa deve essere completamente
differente da queflo che adopera nelle occupazioni che riempiono la sua
giornata.
Questo non va inteso nel
senso, che ciò che egli compie in quei momenti d’isolamento non abbia a che
fare col contenuto del suo lavoro quotidiano.
Al contrario: l’uomo che
cerca nel giusto modo tali momenti di calma, osserva ben presto che da
essi appunto egli riceve appieno la forza per il suo compito giornaliero.
Né si deve credere che
l’osservanza di questa regola possa veramente sottrarre ad alcuno il tempo per
attendere ai propri doveri.
Se una persona non disponesse realmente di altro tempo, cinque minuti al giorno sarebbero sufficienti.
Tutto dipende dal modo in cui
questi cinque minuii verranno impiegati.
Durante tale periodo, l’uomo
deve completamente staccarsi dalla sua vita giornaliera; i suoi pensieri e i
suoi sentimenti, devono acquistare un colorito diverso dal consueto.
Egli deve passare con
l’anima in rassegna le sue gioie, i suoi dolori, le sue pene, le sue
esperienze, le sue azioni, e atteggiarsi di fronte ad esse in modo da
considerare tutto ciò, che di solito sperimenta, da un punto di vista superiore.
Basta riflettere come nella
vita ordinaria si considerino le esperienze e le azioni degli altri in modo
affatto diverso da quello in cui si considerano le proprie.
E non potrebbe essere
altrimenti, perché in ciò che noi stessi sperimentiamo e operiamo, ci troviamo
intessuti, mentre l’esperienza e l’azione degli altri viene da noi soltanto
contemplata.
Durante quei momenti di
isolamento occorre perciò sforzarci di considerare e giudicare, le proprie
esperienze e azioni come se non fossero state da noi stessi sperimentate, ma
come se si trattasse di esperienze e di azioni altrui.
Immaginiamoci, per esempio,
che qualcuno sia stato colpito da grave sventura.
Quanto diversamente non si
contiene egli di fronte a quella disgrazia di quello che non farebbe, se essa
avesse invece colpito un’altra persona?
Non si può fargliene una
colpa; ciò è inerente alla natura umana.
E come in questi casi
straordinari, così è nelle vicende quotidiane della vita.
Il discepolo della scienza
occulta deve acquistare la forza di porsi, in determinati momenti, di fronte a
sé stesso, come a un estraneo.
Egli deve osservare sé
stesso con la calma interiore di un critico; se vi riesce, le sue esperienze
gli si palesano sotto una nuova luce.
Fintantoché si è intessuti
con esse, e si fa parte di esse, ci si trova altrettanto legati all’essenziale
quanto al non essenziale.
Ma quando si consegue la calma
interiore propria di una visione generale, l’essenziale si scinde dal non
essenziale.
Dolore e gioia, ogni
pensiero, ogni proposito ci si palesano diversamente quardo ci si pone in tal
modo di fronte a sé stessi.
È come se per una giornata
intiera si fosse rimasti fermi in una località, e se ne fossero guardate le
parti piccole altrettanto da vicino come le grandi; e poi la sera, saliti sopra
una vicina altura, si desse uno sguardo d’assieme sull’intiera regione.
Il rapporto fra le parti
appare allora ben diverso ila quando ci si era dentro.
Con le vicende più recenti,
non si arriva a questa esperienza, né occorre arrivarvi, ma con quelle più
lontane occorre che il discepolo della vita spirituale si sforzi di riuscirvi.
Il valore di tale tranquilla
auto-osservazione interiore non dipende tanto da ciò che con essa si
vede, quanto piuttosto dal trovare in sé la forza che sviluppa tale
calma interiore.
Perché ogni uomo porta nella
propria interiorità, allato, per così dire, del suo uomo comune, anche un uomo
superiore.
Questo uomo superiore rimane nascosto finché non venga destato, e ogni
uomo non lo può risvegliare in sé che da sé stesso.
Finché però quest’uomo
superiore non è stato destato, anche le capacità superiori, che sono latenti in
ogni uomo, e che conducono alle conoscenze superiori, rimarranno nascoste.
Finché il discepolo non
sente il frutto della calma interiore, egli deve continuare a seguire
seriamente e severamente la regola sopra prescritta.
Per ogni uomo che persevera,
arriverà il giorno, in cui spiritualmente gli si farà la luce attorno; in cui a
un occhio, che egli finora non conosceva in sé, si dischiuderà un mondo completamente
nuovo.
Non occorre che si verifichi
alcun cambiamento nella viia esteriore del discepolo per il fatto che egli
comincia a seguire questa regola.
Egli attende ai suoi doveri
come per il passato; e dapprima continua a sopportare i medesimi dolori e a
sperimentare le medesime gioie.
L’osservanza di quella norma
non lo potrà in nessun modo allontanare dalla «vita».
Anzi, egli potrà dedicarvisi
tanto più pienamente nel resto del giorno, in quanto nei suoi momenti
d’isolamento gode di una «vita superiore».
Gradatamente questa «vita
superiore» esercita la sua influenza su quella ordinaria; la calma dei momenti
di isolamento eserciterà la sua azione anche sulla vita quotidiana.
L’intiero uomo diventerà più
calmo, acquisterà sicurezza in tutte le sue azioni, non si lascerà più turbare
da ogni qualsiasi incidente.
Gradatamente, il discepolo
dell’occultismo, così avviato, diventerà sempre più capace, per dir così, di
guidare sé stesso, e meno soggetto a lasciarsi guidare dalle circostanze e
dalle influenze esteriori.
Valuterà ben presto quanta
sorgente di forza siano per lui quei brevi periodi di contemplazione; comincerà
a non irritarsi più d’inezie che prima l’irritavano; molte cose che prima
paventava non susciteranno più in lui nessun timore.
Egli acquista una concezione
completamente nuova della vita.
Prima egli si accingeva
forse timidamente a questa o a quell’impresa e diceva a sé stesso: «Mi manca la
forza per compiere questo lavoro nel modo che vorrei».
Ora invece questa idea non
gli si presenta più, anzi gliene viene una affatto diversa.
Egli dice ormai a sé stesso:
«Raccoglierò tutta la mia forza per eseguire questo lavoro quanto meglio mi è
possibile», e soffoca il pensiero che potrebbe renderlo sgomento, perché sa che
potrebbe nuocere al suo lavoro e ad ogni modo non potrebbe contribuire per
niente a migliorarne la riuscita.
In tal modo un pensiero dopo
l’altro si fa strada nella concezione che il discepolo dell’occultismo ha della
vita, ed essi tutti sono fecondi e proficui per l’intiera sua vita; essi
sostituiscono quelli che l’ostacolavano e lo indebolivano.
Egli comincia a guidare la
propria navicella con direzione ferma e sicura tra i flutti della vita, mentre
prima essa veniva sbattuta in qua e in là dalle onde.
Tale calma e sicurezza
reagiscono anche sull’intero esssere umano; a mezzo di esse cresce l’uomo interiore,
e con lui crescono quelle facoltà interiori che conducono alle condizioni superiori.
Perché, in virtù del
progresso conseguito in tale direzione, il discepolo dell’occultismo arriva
gradatamente a determinare egli stesso come le impressioni del mondo esteriore
debbano agire su di lui.
Egli ode, per esempio, una
parola detta con l’intenzione di offenderlo o d’irritarlo.
Prima del suo discepolato
nell’occultismo egli ne sarebbe rimasto veramente offeso o irritato, ma ora che
persegue il sentiero del discepolato occulto, è capace di estrarre da quella
parola il pungiglione offensivo e irritante, prima che possa penetrare nella
sua interiorità.
Citerò un altro esempio:
l’attesa rende l’uomo facilmente impaziente; ma se egli si è avviato sul
sentiero dell’occultismo, si sentirà talmente compenetrato, durante i suoi
momenti di calma, dal senso della inutilità dell’impazienza, che questo senso
lo invaderà ogni qualvolta egli sperimenti impazienza.
L’impazienza che voleva
manifestarsi svanisce, e il tempo, che altrimenti sarebbe andato perduto per le
fisime dell’impazienza, verrà durante l’attesa forse impiegato per qualche
osservazione utile.
Occorre ora rendersi conto
della portata di tutto ciò; occorre riflettere che «l’uomo superiore» si trova
in continua evoluzione nell’uomo, ma la possibilità di una evoluzione regolare
gli viene fornita soltanto dalla sopra descritta calma e sicurezza.
Le onde della vita esteriore
premono sull’uomo interiore da tutte le parti, se invece di dominar questa
vita, l’uomo si lascia dominare da essi.
Un uomo siffatto può essere
paragonato a una pianta co stretta a svilupparsi nella fessura di una roccia;
essa languisce, finché non le si procuri spazio.
All’uomo interiore nessuna
forza esteriore può procurare spazio; glielo può dare soltanto la calma
interiore di cui egli provvede la sua anima.
Le condizioni esteriori possono modificare soltanto la situazione esteriore
della sua vita; ma non potranno mai destare «l’uomo spirituale» in lui.
Il discepolo dell’occultismo
deve generare in sé stesso un uomo nuovo, superiore.
Questo «uomo superiore»
diventa allora il «sovrano interiore», che guida con mano sicura le condizioni
dell’uomo esteriore.
Finché l’uomo esteriore
conserva il predominio e la direzione, quello «interiore» è suo schiavo e non
può perciò sviluppare le proprie forze.
Se il destarsi della mia
collera dipende da altri che da me, ciò significa che non sono padrone di me
stesso, oppure - per dir meglio - che non ho ancora trovato il sovrano in me.
Devo sviluppare la capacità
di non permettere alle impressioni del mondo esteriore di avvicinarsi a me, se
non nel modo che io stesso ho determinato; allora soltanto potrò diventare
discepolo dell’occultismo.
E solo per quel tanto che il
discepolo cercherà seriamente quella forza, egli potrà giungere alla meta; poco
importa quanto progresso egli faccia in un determinato tempo; importa soltanto
che egli cerchi seriamente.
Molte persone già da anni
seguono con lena quella via, senza osservare in sé stesse nessun notevole
progresso; molte di esse però, le quali non hanno disperato, ma sono rimaste
costanti, hanno poi conseguito d’un tratto il «trionfo interiore».
Certo, in molte situazioni
della vita occorre assai forza per procurarsi dei momenti di calma interiore.
Ma quanto maggiore è la
forza necessaria, tanto più è importante ciò che si consegue.
Nel sentiero dell’occultismo
tutto dipende dall’energia, dalla verità interiore e completa sincerità, con
cui il discepolo è capace di contemplare sé stesso, le proprie gesta e le
proprie azioni, come se si trovasse di fronte a una persona completamente
estranea.
Ma con la descrizione della
nascita del suo proprio uomo superiore, non si viene a caratterizzare che una
parte dell’attività interiore del discepolo dell’occultismo; occorre aggiungervi
dell’altro.
Quando, cioè, l’uomo
contempla sé stesso come se si trovasse di fronte a un estraneo, egli non
osserva tuttavia che sé medesimo; egli vede quelle esperienze e
azioni con cui si è trovato connesso per le condizioni particolari della sua
vita: occorre che le superi e che si elevi a un punto di vista puramente umano,
che non abbia più nulla a che fare con la sua situazione particolare.
Egli deve ascendere alla
contemplazione di quelle cose, che lo concernerebbero in generale come essere
umano, anche se egli vivesse in condizioni completamente diverse, in tutt’altra
situazione.
In questo modo viene
suscitato in lui qualcosa, che trascende la sua personalità; egli, così, dirige
lo sguardo verso mondi superiori a quelli coi quali viene in contatto nella
vita quotidiana, e comincia allora a sentire, a sperimentare, che appartiene a
tali mondi superiori.
Si tratta di mondi, dei
quali i suoi sensi, le sue occupazioni quotidiane, non gli possono dir niente.
Allora soltanto l’uomo
comincia a trasferire il centro del suo essere nella propria interiorità.
Egli ascolta le voci
interiori che gli parlano nei momenti della calma e coltiva nella propria
interiorità una corrispondenza con il mondo spirituale.
Egli è rimosso dalla vita
quotidiana, e il rumore di essa è per lui attutito; attorno a lui vi è
silenzio.
Egli, respinge tutto ciò che
gli ricorda tali impressioni esteriori.
La sua anima si riempie
tutta di calma contemplazione interiore, di dialogo con il puro mondo
spirituale.
Tale serena contemplazione deve
diventare per il discepolo dell’occultismo una necessità naturale della vita.
Egli, a tutta prima, è
completamente immerso in un mondo di pensieri, e deve sviluppare un sentimento
vivo per questa serena attività del pensiero.
Deve imparare ad amare ciò
che gli affluisce dallo spirito.
Ben presto, egli smette di
sentire questo mondo del pensiero come meno reale delle cose abituali che lo circondano;
comincia a trattare i suoi pensieri come le cose nello spazio.
Si avvicina allora per lui
anche il momento, in cui comincia a sentire che ciò che gli si rivela nella
calma dell’intimo lavoro del pensiero è più elevato, più reale delle cose che
esistono nello spazio.
Egli viene a conoscere che
ciò che si esprime in questo mondo del pensiero è vita, e si accorge che nei
pensieri non vivono semplici fantasmi, ma che attraverso di essi parlano a lui
entità nascoste.
Delle voci cominciano a
parlargli dal silenzio; prima i suoni gli pervenivano soltanto a mezzo
dell’orecchio, ora gli risuonano attraverso l’anima.
Un linguaggio interiore, una
parola interiore gli si è rivelata.
La prima volta che il
discepolo sperimenta questo momento, si sente invaso da beatitudine infinita.
Una luce interiore si
riversa sull’intero suo mondo esteriore, e s’inizia per lui una seconda vita.
La corrente di un mondo
divino, apportatore di divina beatitudine, scorre attraverso di lui.
Questa vita, che l’anima
svolge in pensieri, e che sempre più si va allargando fino a diventar vita che
si svolge nell’essenza spirituale, dalla gnosi e dalla scienza dello spirito è
chiamata meditazione (riflessione contemplativa).
Questa meditazione è il
mezzo per arrivare alla conoscenza soprasensibile.
Ma in tali momenti il
discepolo non deve abbandonarsi ai sentimenti; non deve albergare nell’anima
sentimenti incerti; ciò non potrebbe che impedirgli di arrivare alla vera
conoscenza spirituale.
I suoi pensieri devono
formarsi con chiarezza, e nettamente determinati; gli servirà di aiuto a tal
fine il non abbandonarsi ciecamente ai pensieri che sorgono in lui.
Egli deve piuttosto
compenetrarsi di pensieri elevati che gli uomini progrediti, già penetrati
nello spirito, hanno pensato durante simili momenti.
Come punto di partenza egli
deve prendere gli scritti che sono essi stessi derivati dalle rivelazioni di
siffatta meditazione.
Il discepolo
dell’occultismo, troverà oggi tali scritti nella letteratura mistica, gnostica
e in quella scientifico-spirituale; da essi potrà attingere la sostanza per la
sua meditazione.
Gli stessi cultori dello
spirito hanno riposto in tali scritti i pensieri della scienza divina: lo
Spirito li ha fatti rivelare al mondo per mezzo dei suoi messi.
Per mezzo di tale
meditazione si verifica nel discepolo una completa trasformazione.
Egli comincia a formarsi
rappresentazioni completamente nuove sulla realtà; tutte le cose acquistano per
lui un valore diverso.
Conviene sempre ripetere che
tale trasformazione non lo rende estraneo al mondo; egli non viene affatto allontanato
dalla cerchia giornaliera dei suoi doveri.
Perché impara a vedere che
la più piccola azione da lui compiuta, la più piccola esperienza che gli si
presenta, sia in connessione con le grandi entità cosmiche e con i grandi
eventi cosmici.
Quando, per virtù dei suoi
momenti di contemplazione, questo rapporto diventa per lui evidente, egli si
dedica con nuova e maggior forza alla cerchia giornaliera della sua attività.
Perché ora il discepolo sa:
ciò che egli opera, ciò che egli soffre vien da lui operato e sofferto per
amore di un grande insieme spirituale cosmico.
Non indolenza, ma forza per
la vita, scaturisce dalla meditazione.
Il discepolo dell’occultismo
attraversa la vita con passo sicuro; qualsiasi prova essa gli apporti, egli
procede diritto.
Prima egli non sapeva perché
lavorava, perché soffriva; ora lo sa.
È evidente che tale attività
meditativa conduce meglio allo scopo, quando viene esercitata sotto la
direzione di uomini sperimentati, i quali sanno di scienza propria come
convenga meglio procedere.
Si cerchi dunque il
consiglio e la direzione di tali uomini; non per questo si perde la propria
libertà.
Mentre non si potrebbe
procedere sul nostro cammino che in modo incerto, e a tastoni, per mezzo di
tale direzione il nostro lavoro procede sicuro verso la meta.
Chi è in cerca degli uomini
dotati di conoscenza ed esperienza in tale direzione, non cercherà mai invano,
ma deve rendersi ben conto che egli cerca il consiglio di un amico e non la
prepotenza di un dominatore.
Si potrà sempre constatare
che gli uomini, i quali veramente sanno, sono i più modesti, e che ben lungi da
loro è il desiderio di ciò che gli uomini chiamano il potere.
Chi si eleva per mezzo della
meditazione a ciò che congiunge l’uomo allo spirito, comincia a dar vita in sé
all’elemento eterno, il quale non è limitato né dalla nascita né dalla morte.
Possono dubitare di tale
elemento eterno soltanto coloro che non lo hanno essi stessi sperimentato.
La meditazione è dunque la
via che conduce l’uomo anche alla conoscenza, alla visione del nocciolo eterno
indistruttibile del proprio essere, e soltanto per mezzo di essa l’uomo può
arrivare a tale visione.
La gnosi, la scienza dello
spirito parlano dell’eternità di questo nocciolo dell’essere, e della
reincarnazione di esso.
Spesso si chiede: perché
l’uomo non sa niente delle esperienze che si svolgono al di là della nascita e
della morte?
La domanda non va posta in
quel modo, ma piuttosto in quest’altro: come si consegue tale conoscenza?
La giusta meditazione ne
apre la via; a mezzo di essa risorge il ricordo di esperienze che giacciono al
di là della nascita e della morte.
Ognuno può acquistarsi
questo sapere; ognuno di noi possiede la capacità di conoscere e di vedere da
sé ciò che viene insegnato dal vero misticismo, dalla scienza dello spirito,
dall’antroposofia e dalla gnosi.
Occorre però scegliere i
mezzi adatti.
Soltanto un essere munito di
orecchi e di occhi può percepire suoni e colori, e anche l’occhio non può
vedere se viene a mancare la luce, che rende le cose visibili.
La scienza occulta dà i
mezzi per sviluppare gli orecchi e gli occhi spirituali e per accendere la luce
spirituale.
L’insegnamento della
disciplina spirituale può dirsi costituito da tre stadii:
l) la preparazione,
che sviluppa i sensi spirituali;
2) l’illuminazione,
che accende la luce spirituale;
3) la iniziazione,
che ci apre le relazioni con le entità superiori dello spirito.
Le comunicazioni che seguono
fan parte di una disciplina spirituale, il nome e la natura della quale riesce
chiaro a tutti coloro che l’applicano giustamente.
Essi si riferiscono ai tre
gradini, per cui la scuola della vita spirituale conduce a un certo grado
d’iniziazione.
Qui però si troveranno
soltanto quelle istruzioni, che possono venir comunicate apertamente; non si
tratterà che di cenni attinti da un insegnamento molto più intimo e profondo.
Nella disciplina occulta
stessa si segue un corso d’istruzione ben determinato.
Alcune pratiche servono a
condurre l’anima dell’uomo a comunicare coscientemente col mondo spirituale.
Queste pratiche hanno un
rapporio con ciò che verrà qui comunicato, a un dipresso uguale a quello che
l’insegnamento impartito in una scuola superiore, severamente disciplinata, può
avere con l’istruzione data in una scuola preparatoria.
Nondimeno, l’osservanza
seria e perseverante di quanto qui viene accennato, può guidare alla vera
disciplina occulta.
I tentativi impazienti,
senza serietà e perseveranza, non conducono certamente a niente.
Lo studio dell’occultismo
può dare risultati soltanto a chi, sopra ogni altra cosa, osservi ciò che già è
stato detto e proceda alla stregua di quelle norme.
I tre gradini, che la
tradizione sopra citata ci indica, sono i seguenti:
l) la preparazione,
2) l’illuminazione,
3) l’iniziazione.
Non è assolutamente
necessario che questi tre gradini si susseguano in modo che per iniziare il
secondo si debba avere già completamente percorso il primo, e per il terzo, il
secondo.
Sotto certi riguardi si può
partecipare all’illuminazione e perfino all’iniziazione, mentre per altri ci si
può ancora trovare nello stadio della preparazione.
Nondimeno, occorrerà
trascorrere un certo tempo nella preparazione, prima che alcuna illuminazione
possa presentarsi; e occorre per lo meno avere un certo grado d’illuminazione,
prima di poter arrivare al principio dell’iniziazione.
Ma nel descriverli dovremo,
per semplicità, considerare i tre gradini successivamente.
l) - LA PREPARAZIONE
La preparazione consiste in un’educazione ben determinata della vita del
sentimento e di quella del pensiero.
Per mezzo di questa
educazione il corpo dell’anima e quello dello spirito vengono dotati di
strumenti sensori superiori e di organi superiori di attività, allo stesso modo
come le forze della natura traggono dalla materia vivente, informe, gli organi
di cui provvedono il corpo fisico.
Occorre cominciare col
dirigere l’attenzione dell’anima su determinati processi del mondo che ci
circonda, e cioè, da un canto, sulla vita germogliate, crescente e fiorente, e
dall’altro su tutti i fenomeni connessi con l’appassire, lo sfiorire e il
morire.
Ovunque l’uomo rivolga lo
sguardo, questi processi gli si palesano simultaneamente, e dappertutto destano
in lui naturalmente dei sentimenti e dei pensieri.
Ma nelle circostanze
ordinarie, l’uomo non si dedica abbastanza a questi sentimenti e pensieri;
corre con troppa fretta da un’impressione all’altra.
Occorre che con piena
coscienza egli diriga in modo intenso la sua attenzione su quei fatti.
Ovunque l’uomo percepisca un
determinato genere di crescita e di rigoglio, deve eliminare dall’anima tutto
il resto, e abbandonarsi per breve tempo soltanto a quella unica impressione.
Allora constaterà che un
sentimento, che prima in un caso simile si sarebbe appena affacciato alla sua
anima, ora si fa grande e assume forma forte ed energica.
Egli deve poi permettere che
questa nuova forma di sentimento risuoni tranquillamente in lui, nel mentre
egli fa completamente tacere la sua interiorità; deve astrarsi dal resto del
mondo esteriore, e seguire soltanto ciò che la sua anima gli dice in ordine a
quella crescita e a quel rigoglio.
Non bisogna però credere che
sia un grande progresso attutire i nostri sensi nei riguardi del mondo.
Bisogna anzi osservare prima
le cose con la maggiore intensità ed esattezza possibile, e dopo, soltanto, abbandonarsi
ai sentimenti che si destano nell’anima e ai pensieri che sorgono.
Ciò che importa è di
dirigere la propria attenzione sopra entrambi i momenti, con completo
equilibrio interiore.
Se il discepolo raggiunge la
calma interiore e si abbandona a ciò che sorge nell’anima, allora, dopo un dato
tempo, sperimenterà quanto segue: vedrà sorgere nella propria interiorità nuovi
generi di sentimenti e di pensieri, che prima non conosceva, e quanto più
spesso dirigerà in tal modo la sua attenzione alternativamente sopra ciò che è
in via d; crescita, di fioritura, di prosperità, e poi su ciò che è in via di
appassire, di decadere, tanto più questi sentimenti diventeranno vivaci.
E dai sentimenti e dai
pensieri che nascono in tal modo si vengono a costituire gli organi della
chiaroveggenza, così come gli occhi e gli orecchi del corpo fisico vengono
costruiti dalla sostanza vivente, per opera delle forze della natura.
Una forma ben determinata di
sentimenti si connette col crescere e col divenire, e un’altra parimente determinata
con l’appassire e il decadere; ma perché ciò si verifichi, occorre che questi
sentimenti vengano coltivati nel modo descritto.
È possibile dare una
descrizione approssimativamente giusta di questi sentimenti.
A chiunque è dato
procurarsene una rappresentazione completa, attraversando queste esperienze
interiori.
In chi abbia, diretto spesso
la sua attenzione sul processo dei divenire, dello svilupparsi, del fiorire,
sorgerà alcunché di lontanamente somigliante all’impressione che desta
in noi lo spuntar del sole; e il processo dell’appassire, del decadere, desterà
in lui un’esperienza che si può paragonare, allo stesso modo, al lento alzarsi
della luna sull’orizzonte.
Questi due sentimenti sono
due forze, le quali, se coltivate giustamente, ed elaborate in modo sempre più
vivo, possono condurre a risultati spirituali dei più importanti.
Chi si abbandona
reiteratamente in modo sistematico e deliberato a questi sentimenti, vede
schiudersi un nuovo mondo.
Il mondo delle anime, il
cosiddetto piano astrale, comincia ad albeggiare dinanzi a lui.
Il crescere e l’appassire
non sono ormai più per lui dei fatti che gli producono le impressioni
indeterminate di prima, ma prendono forma piuttosto di linee e figure
spirituali, di cui prima egli non aveva sentore.
E queste linee e queste
figure hanno forme differenti, a seconda dei diversi fenomeni.
Un fiore sbocciato evoca
nella sua anima una linea ben determinata, così pure un animale che sta
crescendo, o un albero in via di morire.
Il mondo delle anime (il
piano astrale) gli si squaderna lentamente dinanzi.
Queste linee e queste figure
non sono affatto arbitrarie; due discepoli dell’occultismo, che si trovino al
medesimo grado di sviluppo, vedranno in un medesimo processo sempre le medesime
linee e figure.
Come due uomini dotati di
vista sana vedranno che una tavola rotonda è tonda, e a nessuno dei due essa
sembrerà quadrata, così con altrettanta certezza la vista di un fiore sbocciato
palesa a due anime diverse, la medesima figura spirituale.
Come le forme delle piante e
degli animali vengono descritte nei soliti libri di storia naturale, così
l’occultista descrive o disegna le forme spirituali dei processi del crescere e
del decadere, ripartendole per genere e per specie.
Quando il discepolo è
progredito al punto di poter vedere tali forme spirituali dei fenomeni che si
palesano al suo occhio esteriore anche fisicamente, egli non è più lontano dal
gradino, in cui potrà vedere cose che non hanno esistenza fisica, le quali perciò
devono rimanere completamente nascoste (occulte) per chi non abbia ricevuto alcun
insegnamento della dottrina occulta.
Occorre però osservare che
il discepolo non deve perdersi in riflessioni sul significato di questa
o di quella cosa; un tale lavoro intellettuale non può che allontanarlo dalla
strada giusta.
Egli deve osservare il mondo
sensibile con perspicacia, con freschezza d’impressioni e con buon senso, e poi
abbandonarsi ai suoi sentimenti; non deve speculare con la sua mente per
cercare d’intendere ciò che le cose significano, ma se lo deve far dire dalle
cose stesse (l).
Altra cosa importante è ciò
che la scienza occulta chiama l’orientamento nei mondi superiori.
Lo si consegue quando ci si compenetra completamente della conoscenza,
che sentimenti e pensieri sono cose altrettanto reali, quanto le tavole e le
sedie nel mondo fisico-sensibile.
Nel mondo animico e in
quello dei pensieri, sentimenti e pensieri agiscono reciprocamente gli uni
siigli altri, come le cose sensibili in quello, fisico,.
(l) Occorre notare che il sentimento artistico, accompagnato da una natura calma e introspettiva, è la migliore base per l’evoluzione delle capacità spirituali; esso penetra attraverso la superficie delle cose e raggiunge in tal modo i segreti di esse.
Finché un uomo, non è, vivamente permeato da questa coscienza, non vorrà
credere che un suo pensiero cattivo possa esercitare un’azione altrettanto distruttiva
sugli altri pensieri che riempiono lo spazio dei pensieri, quanto una palla da
fucile sparata alla cieca sugli oggetti fisici che colpisce; egli che forse non
si permetterebbe mai di compiere un’azione fisica visibile che reputasse
irragionevole, non si asterrà invece dall’albergare pensieri o sentimenti
cattivi, perché questi gli sembrano innocui per il resto del mondo.
Nella scienza occulta però
non si può progredire, se non sorvegliando i propri sentimenti e pensieri con
la medesima cura, con cui si sorvegliano i propri passi nel mondo fisico.
Se qualcuno vede un muro,
non cerca di passarci attraverso, ma vi gira intorno, dirigendo i suoi passi
appunto in ordine alle leggi del mondo fisico.
Ora, leggi simili esistono
anche -per i mondi del sentimento e del pensiero, ma in questi ultimi esse non
possono imporsi all’uomo dal di fuori, devono affluire in lui dalla vita stessa
della sua propria anima; e a tanto si -arriva, quando ci si inibisce ognora di
albergare sentimenti e pensieri cattivi, astenendoci da ogni vagare arbitrario
del pensiero, da ogni incerto fantasticare, da ogni accidentale fluttuare di
sentimenti.
Non per questo si diventa
sentimentalmente aridi; anzi, ben presto ci si accorge che ci si arricchisce di
sentimenti e di vera fantasia creativa soltanto quando si regola in tal modo la
vita nella propria interiorità.
Al posto di meschini
sentimentalismi e di superficiali associazioni di idee, sorgono sentimenti
importanti e pensieri fecondi.
Questi Sentimenti e questi
pensieri conducono l’uomo ad orientarsi nel mondo spirituale.
Egli così si mette -In
giusto rapporto con le cose del mondo dello spirito, e ne risulta per lui un
effetto ben determinato.
Come l’uomo fisico trova la
sua via fra le cose fisiche, così ora il suo sentiero lo conduce attraverso i
fenomeni del crescere e del deperire, che egli ha imparato a
conoscere nel modo sopra indicato.
Egli segue allora tutto ciò
che cresce e si sviluppa e d’altra parte ciò che appassisce e muore, nel modo
più proficuo per lui stesso e per il mondo.
Il discepolo dell’occultismo
deve inoltre dedicare una speciale cura al mondo dei suoni.
Occorre distinguere fra il suono prodotto dalle cose cosiddette inanimate
(un oggetto che cade, una campana, o uno strumento musicale) e quello che proviene
da un essere vivente (un animale, un uomo).
Chi ode una campana, ne
percepisce il suono e ricollega ad esso un sentimento gradevole; chi ode il
grido di un animale, oltre a quel sentimento scorgerà anche nel suono la
manifestazione di un’esperienza interiore dell’animale, di piacere o di dolore.
Di quest’ultimo genere di
suoni deve occuparsi il discepolo.
Egli deve concentrare tutta
la sua attenzione perché il suono gli comunichi qualcosa che risiede al di
fuori della sua propria anima, e deve immergersi in questo elemento estraneo.
Deve collegare profondamente
il proprio sentimento con il dolore o il piacere che gli vengono rivelati dal
suono, non curandosi di ciò che il suono è per lui, se piacevole o
spiacevole, gradito o sgradito; la sua anima deve riempirsi soltanto di ciò che
si svolge nell’essere dal quale proviene il suono.
Chi esegue sistematicamente
e deliberatamente tali esercizi acquisterà per tal mezzo la capacità di
fondersi, per così dire, con l’essere dal quale proviene il suono.
Un’educazione siffatta della
propria vita affettiva riuscirà più facile ad un uomo dotato di senso musicale
che ad altri, ma non si deve credere che il senso musicale basti per sé stesso
a sostituire tale educazione.
Come discepolo
dell’occultismo, occorre imparare a sviluppare questo modo di sentire nei
riguardi dell’intiera natura.
In tal modo si viene a
sviluppare una nuova facoltà nel mondo del sentimento e del pensiero.
L’intiera natura comincia
con i suoi suoni a sussurrare dei segreti all’uomo.
Ciò che fino allora era per
la sua anima un frastuono incomprensibile, diventa a quel modo un linguaggio significativo
della natura.
E dove prima, al risuonare delle cosiddette cose inanimate, non udiva che
suoni, ora egli si accorge di un nuovo linguaggio dell’anima, e se continua a
progredire più oltre in tale educazione dei suoi sentimenti, si avvede ben
presto che può udire ciò di cui prima non sospettava l’esistenza.
Egli comincia a udire con
l’anima.
A questo deve aggiungersi dell’atro per poter arrivare al sommo della
vetta raggiungibile in questo campo.
Di particolare importanza
per l’educazione del discepolo è il modo come egli ascolta gli altri uomini
quando parlano.
Egli deve abituarsi, quando
ascolta, a far tacere, completamente la propria interiorità.
Quando qualcuno esprime
un’opinione, e un altro lo ascolta, nell’interiorità di quest’ultimo sorge in
generale un sentimento di approvazione o di opposizione, e molti si sentiranno
subito spinti a esternare il loro consenso o, specialmente, la loro opinione
contraria.
Il discepolo deve mettere a
tacere ogni siffatta approvazione o opposizione.
Non si tratta per lui di
modificare a un tratto il suo modo di vivere per cercare continuamente di
conseguire tale silenzio fondamentale interiore.
Egli dovrà principiare con
l’esercitarsi in alcuni casi da lui deliberatamente scelti.
Allora lentamente e
gradatamente, di per sé stesso, questo nuovo modo di ascoltare s’insinuerà
nelle sue abitudini.
Nell’indagine spirituale
questa disciplina viene praticata sistematicamente.
I discepoli si sentono in
dovere di esercitarsi, in determinati momenti, ad ascoltare i pensieri più
contraddittori, astenendosi da qualsiasi approvazione e soprattutto da
qualsiasi giudizio contrario.
Si tratta di mettere a
tacere non soltanto ogni giudizio razionale, ma anche ogni sentimento di
dissenso, di negazione e anche di approvazione.
Il discepolo deve
specialmente sorvegliarsi con cura per osservare se tali sentimenti, pur non
affiorando alla superficie, perdurino nondimeno nell’interiorità più intima
della sua anima.
Egli deve, per esempio,
ascoltare il parere di uomini, che sotto, un qualsiasi riguardo, sono molto
inferiori a lui, facendo tacere in sé ogni sentimento della propria superiore
conoscenza o capacità.
È utile per tutti ascoltare
in tal modo ì bambini; anche l’uomo più saggio può imparare moltissimo da essi.
L’uomo riesce in tal modo ad
ascoltare le parole degli altri con perfetta imparzialità, facendo completa
astrazione dalla propria persona, e dalle opinioni e dal modo di sentire di
essa.
Se si esercita in questo
modo ad ascoltare senza criticare, anche quando viene esposta un’opinione
completamente opposta alla sua, anche quando si svolgono dinanzi a lui le
maggiori stravaganze, egli impara a poco a poco a fondersi completamente con
l’essere di altre persone, a penetrare completamente in esse.
Egli ode allora attraverso
le parole l’anima dell’altra persona.
È soltanto con un esercizio
prolungato di questo genere, che il suono diventa il mezzo giusto per percepire
l’anima e lo spirito.
Indubbiamente occorre per
questo una severissima autodisciplina, ma essa conduce a un’alta meta.
Se, cioè, questi esercizi
vengono eseguiti unitamente agli altri già descritti che riguardano i suoni
nella natura, si sviluppa nell’anima im nuovo senso uditivo.
Essa diventa capace di
percepire comunicazioni dal.mondo spirituale, le quali non trovano espressione
nei suoni esteriori percepibili per l’orecchio fisico.
Si desta la percezione della
«parola interiore».
Delle verità si rivelano
gradatamente al discepolo dal mondo spirituale; egli le ode in modo spirituale
(l).
Per mezzo di tale
«comunicazione interiore» si conseguono tutte le verità superiori, e
gl’insegnamenti che potremo ricevere da ogni vero occultista sono stati a lui
sperimentati a quel modo.
Questo non significa che
prima di essere noi stessi capaci di intendere a quel modo le «comunicazioni
interiori» sia inutile occuparsi delle opere che trattano di scienza occulta.
Al contrario, leggere tali
scritti, e ascoltare gli insegnamenti degli occultisti, sono pure dei mezzi per
arrivare noi stessi alla conoscenza diretta.
Ogni massima della scienza
occulta, che l’uomo ode, è diretta a volgere la sua mente verso ciò ch’egli
deve raggiungere, perché la sua anima possa sperimentare un vero progresso.
A tutto ciò che è stato
detto converrà aggiungere lo studio intenso di quanto gli occultisti comunicano
al mondo.
In ogni educazione occulta
occorre un siffatto stadio di preparazione, e chi volesse adoperare atri mezzi
non arriverebbe mai allo scopo, se non accogliendo in sé gl’insegnamenti degli
occultisti.
Perché questi insegnamenti,
per il fatto che sono tratti dalla «parola interiore» vivente, dalla
«comunicazione vivente», posseggono essi stessi vita spirituale.
Non sono semplici parole,
sono forze viventi.
E mentre tu segui le parole
di un occultista, mentre leggi un libro che deriva da una vera esperienza
interiore, agiscono nella tua anima delle forze, che ti rendono chiaroveggente
allo stesso modo come le forze della natura hanno formato i tuoi occhi e i tuoi
orecchi dalla sostanza vivente.
(l) Le entità superiori, di cui si tratta nella scienza occulta, possono parlare soltanto a colui il quale, ascoltando imparzialmente, sia capace veramente di accogliere interiormente con calma, senza l’emozione di un’opinione personale o di un sentimento personale.le loro comunicazioni.
Finché gli uomini oppongono a queste una opinione o un sentimento qualsiasi, le entità del mondo spirituale tacciono
2) - L’ILLUMINAZIONE
L’illuminazione deriva da
processi molto semplici; anche per questa si tratta di sviluppare certi
sentimenti e pensieri, che sono latenti in ogni uomo, e devono essere
risvegliati.
Soltanto chi persegue questi
processi semplici con molta pazienza, severità e perseveranza, potrà da essi
venir condotto alle percezioni della luce interiore.
Il primo passo consiste
nell’osservare in un determinato modo varii esseri della natura, come, per
esempio: una pietra trasparente di bella forma (un cristallo), una pianta e un
animale.
Occorre anzitutto cercare di
concentrare nel seguente modo tutta la propria attenzione sopra il confronto
fra la pietra e l’animale.
I pensieri che ora verranno
indicati devono attraversare l’anima accompagnati da vivaci sentimenti; nessun
altro pensiero, nessun altro sentimento deve frammischiarsi e disturbare
l’intensità dell’osservazione.
Si deve dire a sé stessi:
«La pietra ha una forma; l’animale ha pure una forma.
La pietra rimane immobile al
suo posto; l’animale cambia di posto.
È mi impulso (il desiderio)
che spinge l’animale a cambiar di posto ed è alla soddisfazione appunto di
questo impulso che serve la forma dell’animale.
I suoi organi, i suoi
strumenti sono formati in conformità di questi impulsi.
La forma della pietra invece
non è foggiata dai desideri, ma da una forza scevra di passioni (l).
(l) Il fatto qui descritto, in quanto si riferisce all’osservazione dei cristalli, è stato travisato in vari modi da coloro che ne hanno inteso parlare soltanto in modo esteriore (exoterico) e ha dato perciò origine a delle pratiche, come, per esempio, quella della «lettura nei cristalli».
Simili manipolazioni poggiano su un malinteso; sono state descritte in molti libri, ma non formano mai parte del vero, (esoterico) insegnamento dell’occultismo.
Se ci si immerge profondamente in questi pensieri e si osserva con
intensa attenzione la pietra e l’animale, sorgono nell’anima due generi completamente
diversi di sentimenti.
Dalla pietra fluisce
nell’anima un genere di sentimento, dall’animale l’altro.
Probabilmente, dapprincipio,
l’esperimento non riuscirà, ma a poco a poco, con un esercizio veramente paziente,
questi sentimenti si affacceranno.
Occorre solo continuare
sempre ad esercitarsi.
Dapprima i sentimenti
perdurano soltanto finché dura la contemplazione; più tardi però la loro azione
si estende più oltre, e finalmente diventano qualcosa che permane vivente
nell’anima.
Basta allora che l’uomo si
concentri, perché i due sentimenti sorgano sempre, anche senza la contemplazione
di un oggetto esteriore.
Da questi sentimenti, e dai
pensieri che vi si ricollegano vengono formati gli organi della
chiaroveggenza.
Se poi si estende quest’esercizio anche all’osservazione della pianta, si
potrà osservare che il sentimento che emana da questa, per qualità e per intensità,
sta a metà fra quello che emana dalla pietra e quello che emana dall’animale.
Gli organi, che si formano a
questo modo, sono gli occhi spirituali.
Con essi s’impara
gradatamente a vedere colori animici e spirituali.
Finché l’uomo ha ,assimilato
soltanto ciò che è stata chiamata la «preparazione», il mondo spirituale, con
le sue linee e le sue figure, rimane oscuro; per mezzo dell’illuminazione
diventa chiaro.
Anche qui occorre osservare
che le parole «oscuro» e «chiaro», come pure gli altri termini adoperati,
esprimono soltanto approssimativamente ciò che si vuol significare.
Ma dovendoci servire del
linguaggio ordinario, non è possibile esprimersi diversamente; questo
linguaggio, difatti, è stato creato soltanto per le condizioni fisiche.
La scienza occulta indica
ciò che emana dalla pietra e si palesa all’organo chiaroveggente come
«turchino» o «turchino-rossiccio», e ciò che fluisce invece dall’animale come
«rosso» o «rosso-giallastro».
In realtà i colori veduti a quel
modo sono «di genere spirituale».
Il colore che emana dalle
piante è «verde», e si trasforma a poco a poca in un «rosa rossiccio» eterico
chiaro.
La pianta difatti è l’essere
naturale, le cui proprietà nel mondo spirituale somigliano, sotto un determinato
rapporto, a quelle che ha nel mondo fisico.
Non è così per la pietra e
l’animale.
Bisogna però rendersi conto
che quelle sopra citate non indicano che le sfumature principali del colore dei
diversi regni delle pietre, delle piante e degli animali.
In realtà esistono
innumerevoli sfumature intermedie.
Ogni pietra, ogni pianta,
ogni animale ha una sfumatura di colore sua propria, ben determinata.
Vi sono inoltre gli esseri
dei mondi superiori, che non s’incarnano mai, e che hanno colori, a volte
meravigliosi, ma spesso anche orribili.
Effettivamente la varietà
dei colori è infinitamente più grande nei mondi superiori che nel mondo fisico.
Quando l’uomo ha acquistato
la capacità di vedere con gli «occhi dello spirito», egli incontra pure, o
prima o poi, i sopra menzionati esseri superiori, ed anche altri inferiori
all’uomo, i quali non calcano mai il piano della realtà fisica.
Quando l’uomo è progredito
al punto ora descritto, si vede schiudere dinanzi molte vie.
Ma non gli si può mai
consigliare di procedere più oltre senza l’accurata osservanza di quanto
dall’occultista è stato detto o altrimenti comunicato; ed anche per quanto
finora è stato detto, è meglio seguire le norme tracciate da una guida esperta.
Del resto, se l’uomo
possiede la forza e la perseveranza di progredire in conformità dei gradini
elementari dell’illuminazione qui descritti, egli certamente si cercherà una
buona guida e la troverà.
In ogni caso, una
precauzione è necessaria, e chi non la volesse osservare farebbe meglio a
rinunciare a qualsiasi passo nella scienza occulta.
È necessario che l’uomo, il
quale diventa seguace dell’occultismo, conservi tutte le sua qualità di uomo
nobile, buono e ricettivo per tutte le realtà fisiche; anzi, durante il suo
discepolato, egli deve continuamente intensificare la sua forza morale, la sua
purezza interiore e la sua capacità di osservazione.
Citerò un solo esempio:
durante gli esercizi elementari per conseguire l’illuminazione, il discepolo
deve cercare di sviluppare sempre più la simpatia e la compassione verso gli
uomini e gli animali, e la sensibilità per la bellezza della natura.
Se non provvede a ciò, quei
sentimenti sempre più si attutiscono sotto l’azione di quegli esercizi, il
cuore si indurisce, il sentimento diventa ottuso, e potrebbero risultarne
conseguenze pericolose.
Come l’illuminazione si
presenti, quando ci ci eleva nel senso degli esercizi indicali, dalla pietra
alla pianta, all’animale, fino all’uomo, e come, dopo l’illuminazione, avvenga
immancabilmente, o prima o poi, l’unione dell’anima col mondo spirituale, e
conduca all’iniziazione, sarà detto, per quanto è possibile parlarne, nei
prossimi capitoli.
All’epoca, nostra la via
della scienza occulta viene cercata da molti uomini, e in diversi modi, anche
per mezzo di pratiche molto pericolose e perfino riprovevoli.
Coloro, perciò, che sanno di
avere conoscenza di qualche verità su queste cose, devono dare ad altri la possibilità
d’imparare alcunché della disciplina occulta.
Qui comunicheremo soltanto
ciò che basta per dare questa possibilità.
È necessario che parte,della
verità venga conosciuta, per evitare che l’errore possa diventare causa di
grave danno.
Le vie indicate in questo
libro, se seguite con misura, non riescono pericolose per nessuno.
Occorre però che una norma
venga osservata: nessuno deve dedicare a esercizi occulti tempo e forza
superiori a quelli di cui la sua situazione nella vita, e i suoi doveri gli
permettano di disporre.
Nessuno deve modificare a un
tratto, per seguire il sentiero occulto alcunché nelle condizi-oni esteriori
della propria vita.
Se si desiderano veri
risultati, occorre pazienza; dopo avere eseguito per qualche minuto un
esercizio, bisogna poterlo interrompere per compiere tranquillamente il lavoro
quotidiano, e nessun pensiero relativo a quelle pratiche deve frammischiarsi al
lavoro della giornata.
Chi non ha imparato, nel
senso migliore e più elevato, -ad aspettare, non è adatto alla disciplina
occulta e non arriverà mai a risultati di qualche valore.
CONTROLLO DEI PENSIERI E DEI
SENTIMENTI
Quando qualcuno cerca le vie
della scienza occulta coi mezzi descritti nel capitolo precedente, non deve trascurare
di fortificarsi durante tutto il corso del suo ,cammino per mezzo della
costante azione di questo pensiero: deve cioè tener sempre presente che dopo
qualche tempo può aver fatto dei progressi importanti, senza che questi gli si
palesino nel modo ch’egli forse si aspettava.
Chi non rifletta a questo,
perderà facilmente la costanza e rinunzierà dopo poco tempo a qualsiasi
tentativo.
Le forze e le capacità che
si devono sviluppare, sono dapprima di natura tenue e delicata, e la loro
essenza è affatto diversa da ciò che l’uomo si poteva prima rappresentare.
Egli difatti era abituato ad
occuparsi soltanto del mondo fisico; quello spirituale e quello animico
sfuggivano ai suoi sguardi ed anche ai suoi concetti.
Non vi è dunque da
meravigliarsi, se egli non sì accorge subito delle forze spirituali ed animiche
che ora si sviluppano in lui.
In questo fatto risiede la
possibilità di un errore per chi, senza attenersi alle esperienze raccolte
dagli occultisti esperti, si avvia sul sentiero dell’occultismo.
L’occultista conosce i
progressi conseguiti dal discepolo molto tempo prima che questi ne diventi a
sua volta consapevole; egli sa che i delicati occhi spirituali si stanno
formando, prima che lo sappia il discepolo.
E gran parte delle
istruzioni date dall’occultista consistono appunto nel provvedere a che il
discepolo non perda la fiducia, la pazienza e la perseveranza, prima di
arrivare alla conoscenza del proprio progresso.
L’occultista non può
veramente dare al suo allievo niente che già in questo - nascostamente - non
risieda; non può che guidarlo verso lo sviluppo delle capacità latenti.
Ma ciò che egli comunica
delle proprie esperienze servirà di appoggio a colui, il quale dall’oscurità
vuol penetrare nella luce.
Molti abbandonano il
sentiero della scienza occulta poco tempo dopo esservi entrati, perché il
progresso raggiunto non riesce loro immediatamente visibile.
E anche quando le prime
esperienze superiori diventano percepibili per l’allievo, questi spesso le
considera illusioni, perché sono completamente diverse dall’idea ch’egli sì è
fatta di ciò che deve sperimentare.
Egli perde coraggio, o
perché non attribuisce valore a quelle prime esperienze, o perché le giudica
talmente insignificanti da non e credere che possano condurlo in tempo
prevedibile a risultati importanti.
Ma il coraggio e la fiducia
in sé stesso sono due fiaccole, che non si devono lasciar spegnere sulla via
della scienza occulta.
Chi non sa risolversi a
ripetere sempre di nuovo con pazienza un esercizio, che sembra esser fallito
innumerevoli volte, non potrà arrivar lontano.
Molto prima che il discepolo
abbia la percezione chiara dei progressi conseguiti, sorge in lui oscuramente
il senso di trovarsi sulla via giusta.
E questo sentimento deve
essere custodito e coltivato, perché può diventare una guida sicura.
Anzitutto conviene liberarsi
dall’idea che accorrano pratiche strane e misteriose per arrivare a conoscenze
superiori.
Ci si deve rendere
chiaramente conto, che come punto di partenza, si devono prendere i sentimenti
e i pensieri con cui l’uomo vIve continuamente, e che si tratta soltanto di
dare a questi sentimenti e a questi pensieri una direzione diversa da quella abituale.
Ci si deve dire anzitutto:
nel inondo dei miei sentimenti e del mio pensiero stanno nascosti i misteri più
alti; ma fino ad ora non li ho potuti scorgere.
In ultima analisi, tutto si
risolve nel fatto che l’uomo porta seco continuamente corpo, anima e spirito,
ma ch’egli è chiaramente cosci,ente soltanto del proprio corpo, e non della sua
anima e del suo spirito.
Invece l’occultista diventa
cosciente della sua anima e del suo spirito, come l’uomo solito lo è del
proprio corpo.
Questa è la ragione per cui
importa,dare ai sentimenti e ai pensieri la giusta direzione, perché allora si
sviluppa la facoltà di percepire ciò che è invisibile nella vita ordinaria.
Verrà ora indicata una delle
vie per raggiungere quello scopo.
Si tratta anche questa volta
di un mezzo semplice come quasi tutto ciò che finora è stato comunicato, ma che
produce importanti risultati se viene praticato con costanza e se l’uomo è
capace di dedicarvisi col giusto atteggiamento intimo dell’anima.
Ci si ponga dinanzi il
piccolo seme di una pianta; si tratta ora, di fronte a questo oggetto
insignificante, di sviluppare con intensità giusti pensieri, e per mezzo di
questi, determinati sentimenti.
Anzitutto bisogna rendersi
chiaramente conto di ciò che realmente si vede con gli occhi.
Occorre descriversi la
forma, il colore e tutte le altre proprietà del seme, e poi fare le seguenti
riflessioni: da questo granellino, se seminato nella terra, sorgerà il
complesso organismo di una pianta.
Ci si rappresenti la pianta
costruendola nella propria fantasia, e poi si pensi: ciò che ora io mi
rappresento con la fantasia, verrà più tardi, dalle forze della terra e della:
luce, realmente tratto fuori dal seme.
Se avessi davanti a me un
oggetto artificiale che imitasse quel granellino con tale perfezione, che i miei
occhi non potessero distinguerlo da un seme vero, nessuna forza della terra e
della luce varrebbe a trarne fuori una pianta.
Chi comprende chiaramente
questa idea, e la sperimenta interiormente potrà anche col giusto sentimento formare
il seguente pensiero.
Egli dirà a sé stesso,: «Nel
seme già riposa, nascostamente - come forza dell’intera pianta - ciò che più
tardi crescerà da esso; nell’imitazione artificiale questa forza non c’è;
nondimeno, per i miei occhi, quello e questa sembrano uguali.
Il vero seme contiene dunque
alcunché di invisibile, che non esiste nell’imitazione».
Su questo invisibile occorre
volgere il sentimento e i pensieri (l).
Il discepolo si rappresenti
quanto segue: «Quest’invisibile si trasformerà più tardi in pianta visibile,
che mi apparirà con forma e colore».
Ci si fermi su questo
pensiero: «l’invisibile diventerà visibile».
Se io non potessi pensare,
non mi si potrebbe neppure palesare fin d’ora ciò che diventerà visibile
soltanto più tardi.
Si tenga particolarmente presente che ciò che così si pensa deve anche essere
intensamente sentito.
Nella calma, senza
intromissione disturbatrice di altri pensieri, bisogna sperimentare in sé il
pensiero sopra accennato; e ci si riservi il tempo necessario perché il
pensiero, e il sentimento che ad esso si ricollega si possano imprimere, in
certo qual modo, profondamente nell’anima.
(l) Chi volesse obiettare, in proposito, che un esame microscopico più esatto rivelerebbe la differenza fra l’imitazione e il seme vero, dimostrerebbe semplicemente- di non avere compreso ciò di cui si tratta.
Non ha importanza la precisa struttura fisica dell’oggetto che ci sta dinanzi, bensì il fatto di servirsi di quest’ultimo per sviluppare forze animiche spirituali.
Se si arriva ad effettuare
questo nel modo giusto, si comincerà dopo qualche tempo - probabilmente
soltanto dopo molti tentativi - a sentire interiormente una forza, e questa
forza provocherà in noi una nuova facoltà di visione.
Il granellino ci apparirà
come racchiuso in una piccola nube luminosa e dai sensi spirituali verrà
sentito come una specie di fiamma.
Dal centro di questa fiamma
si riceverà un’impressione, come quella che ci procura la vista del colore
lilla; dall’orlo di essa si riceverà l’impressione che ci procura il colore
azzurrognolo.
Appare così ciò che prima
non si vedeva e che è stato creato dalla forza dei pensieri e dei sentimenti
destati in noi.
Ciò che prima era invisibile
per i sensi, cioè la pianta, la quale diventerà visibile soltanto più tardi, si
rivela a noi in modo spiritualmente visibile.
È naturale che molte persone
considerino tutto ciò come illusione.
Molti diranno: «che me ne lo
di tali visioni, di tali fantasmi?».
E rinunzieranno a proseguire
il loro cammino.
Ma si tratta appunto,
durante queste tappe difficili dell’evoluzione umana, di saper discernere ciò
che è fantasia dalla realtà spirituale, e di avere inoltre il coraggio di
spingersi avanti senza timidezza e senza paura.
D’altra parte, però, bisogna
indubbiamente insistere sul fatto, che deve continuamente coltivarsi un
criterio sano, che distingua la verità dall’errore.
Durante tutti questi
esercizi l’uomo non deve mai perdere il pieno e cosciente dominio di sé stesso.
Egli deve continuare anche
allora a pensare con la medesima sicurezza con la quale pensa sulle cose e i processi
della vita quotidiana; sarebbe male ch’egli si abbandonasse a fantasticherie.
L’intelletto deve rimanere
continuamente chiaro, spassionato, e sarebbe massimo errore, se per mezzo di questi
esercizi l’uomo venisse a perdere il suo equilibrio, e non fosse più capace di
giudicare delle vicende della vita quotidiana con la consueta serenità e chiarezza.
Il discepolo dell’occultismo
deve perciò sempre di nuovo esaminarsi coscienziosamente, per verificare se non
ha perso il suo equilibrio, e se è rimasto il medesimo in mezzo alle
circostanze in cui si trova.
Egli deve conservarsi la
facoltà di poggiare saldamente in sé stesso, e di pensar chiaro su tutto.
Ad ogni modo, è necessario
stare bene attenti a non abbandonarsi a qualsiasi fantasticheria e a non
seguire ogni specie di esercizi.
Le direttive del pensiero
che verranno qui esposte sono state vagliate e praticate nelle scuole occulte
fin dai tempi primordiali, e queste soltanto verranno qui comunicate.
Chi volesse applicarne altre
di diverso genere, da lui stesso ideate o di cui avesse letto o sentito
parlare, cadrà in errore e presto si perderà in un pelago di vane
fantasticherie.
Un altro esercizio che si
può aggiungere a quelli già descritti è il seguente.
Ci si deve porre dinanzi a
una pianta che si trovi in stato di completo sviluppo, e compenetrarsi del
pensiero, che verrà un tempo in cui questa pianta morrà, dicendo: «nulla più vi
sarà di ciò che ora vedo dinanzi a me».
Ma questa pianta avrà allora
sviluppato dei semi, che alla loro volta diverranno piante.
E anche qui mi accorgo che
in ciò che vedo esiste alcunché di nascosto, che io non vedo.
Mi riempio completamente del
pensiero, che questa pianta, con la sua forma e i suoi colori, non esisterà più
nell’avvenire, ma l’idea che la pianta formi dei semi m’insegna che essa non
sparirà nel nulla.
Io non posso vedere coi miei
occhi ciò che la salva dall’annientamento, così come prima non potevo scorgere
la pianta nel granellino del seme.
Vi è dunque in essa qualche cosa che non posso vedere con gli occhi.
Se in me faccio vivere
questo pensiero e ad esso si unisce il sentimento che vi corrisponde, si
sviluppa a sua volta nella mia anima, dopo un determinato tempo, una forza che
si trasforma in una nuova percezione.
Dalla pianta scaturisce anche
qui una specie di fiamma; naturalmente più grande di quella prima descritta.
La parte centrale di questa
fiamma può essere sentita come celeste verdastra, e l’orlo esteriore come rosso
giallognolo.
Occorre insistere
esplicitamente sul fatto, che quanto qui viene indicato come «colore» non
appare nel modo in cui gli occhi fisici vedono i colori, ma che, per mezzo
della percezione spirituale, si sente qualcosa di simile all’impressione fisica
che si riceve del colore.
Percepire spiritualmente il
«turchino», significa sentire alcunché di simile a ciò che si sente, quando lo
sguardo dell’occhio fisico si posa sul colore «turchino», Chi desidera
realmente di assurgere via via alle percezioni spirituali, deve tener conto di
questo fatto.
Altrimenti, si aspetterà di
trovare nello spirito soltanto una ripetizione del fisico; e ciò lo porterebbe
ad amare delusioni.
Chi è arrivato a vedere
spiritualmente questi fenomeni ha acquistato molto.
Perché le cose gli si
rivelano non soltanto nel loro stato di esistenza attuale, ma anche nel loro
nascere e decadere.
Egli comincia a vedere
ovunque lo spirito di cui gli occhi fisici nulla possono sapere, e, in tal modo
ha fatto i primi passi per arrivare gradatamente alla visione diretta del
segreto che si nasconde dietro alla nascita e alla morte.
Per i sensi esteriori un
essere comincia la sua esistenza con la nascita e la termina con la morte, ma
questo succede soltanto perché quei sensi non percepiscono lo spirito nascosto
di quell’essere.
Per lo spirito, nascita e
morte non sono che, una trasformazione, come lo sbocciare del fiore è una
trasformazione che si svolge dinanzi agli occhi fisici; ma per conseguirne la
conoscenza diretta, occorre che l’uomo desti prima nel modo sopra indicato il
senso spirituale adatto.
Per togliere subito di mezzo
un’obiezione che potrebbe essere sollevata da molte persone dotate di qualche
esperienza animica (psichica), ammetto che vi sono vie più brevi e più
semplici, e che varie persone imparano a conoscere per visione diretta i
fenomeni della nascita e della morte senza passare per tutte le tappe qui
descritte.
Vi sono appunto persone
dotate di speciali disposizioni psichiche, alle quali basta un piccolo impulso,
per svilupparsi; ma sono eccezioni.
La via qui indicata, invece,
è accessibile a tutti e più sicura.
Si possono anche acquistare
per via eccezionale alcune cognizioni di chimica ma se si vuol veramente diventare
un chimico occorre seguire la via ordinaria e sicura.
Cadrebbe in grave errore chi
credesse di poter arrivare alla meta più comodamente con la semplice rappresentazione
del granellino del seme sopra citato o della pianta, cioè soltanto raffigurandoselo
nella fantasia.
Chi procede a questo modo
può pure arrivare alla meta, ma con meno sicurezza che per la via indicata; la
visione a cui -arriverà sarà nel maggior numero dei casi soltanto un’illusione,
e occorrerà aspettare ancora ch’essa si trasformi in visione spirituale.
Perché non si tratta ch’io
mi crei arbitrariamente delle visioni, ma che la realtà le crei in me.
La verità deve scaturire dalle profondità della mia anima; ma non il mio
Io abituale deve essere il mago che evoca la verità, bensì è agli esseri, di
cui voglio vedere la realtà spirituale, che spetta di evocarla.
Quando l’uomo, per mezzo di
tali esercizi, ha sviluppato in sé il primo inizio della visione spirituale,
egli deve ascendere alla contemplazione dell’uomo stesso, cominciando dallo
scegliere a tal uopo le manifestazioni più semplici della vita umana.
È necessario però, prima di
procedere innanzi, ch’egli lavori con speciale severità alla purificazione del
suo carattere morale.
Egli deve allontanare da sé
ogni idea di applicare le cognizioni a quel modo acquistate, a proprio
vantaggio personale; deve prendere la ferma risoluzione di non servirsi mai
della forza che potrebbe acquistare sui propri simili a fin di male.
Chiunque quindi cerchi di
penetrare per visione diretta nei segreti della natura umana, deve seguire
l’aurea regola della vera scienza occulta.
E questa aurea legge dice:
«Per ogni passo innanzi che fai nella conoscenza delle verità occulte, devi al
tempo stesso fare tre passi verso il perfezionamento morale dei tuo carattere».
Chi segue questa norma può
fare gli esercizi del genere di quello che ora verrà descritto.
Ci si rappresenti un uomo
che sia stato da noi qualche volta osservato nel momento in cui desiderava un oggetto,
e si concentri la nostra attenzione sul suo desiderio.
È meglio rievocare nella
memoria il momento che il desiderio era più intenso, e in cui non era ancora
certo che l’uomo potesse ottenere l’oggetto desiderato.
E poi ci si abbandoni
completamente alla rappresentazione di ciò che si osserva nel ricordo,
conservando la massima calma interiore nella propria anima.
Bisogna cercare, per quanto
è possibile, di essere ciechi e sordi per tutto ciò che si svolge attorno a noi
e di porre speciale cura perché la rappresentazione evocata desti nell’anima un
sentimento; e si lasci salire questo sentimento in noi come una nube sale su di
un orizzonte completamente sereno.
È naturale che, di solito,
l’osservazione rimanga interrotta per il fatto di non aver potuto osservare
abbastanza a lungo l’uomo sul quale è diretta la nostra attenzione, nello stato
d’animo sopra descritto.
Probabilmente faremo
centinaia e centinaia di prove inutili, ma non si deve perdere la pazienza.
Dopo molti tentativi si
arriverà a sperimentare nella propria anima un sentimento, che corrisponde allo
stato d’animo dell’uomo osservato.
Ma dopo qualche tempo si
osserverà pure che, per mezzo di questo sentimento, cresce nella nostra anima
una forza, che si trasforma in visione spirituale dello stato d’animo della
persona osservata.
Nel campo visivo sorgerà
un’immagine che verrà sentita come qualcosa di luminoso; e questa immagine spiritualmente
luminosa è la cosiddetta manifestazione astrale dello stato di desiderio
animico appunto osservato.
Questa immagine a sua volta
può essere descritta come simile a una fiamma, e il suo centro vieti sentito
come rosso giallognolo e la periferia come turchino rossiccia o lilla.
È importante trattare tali
visioni spirituali con grande delicatezza.
È meglio non parlarne
dapprima a nessuno fuorché al proprio maestro, se lo si ha.
Perché se si cerca di
descrivere un tale fenomeno con parole inadatte, ci si abbandona per lo più a
gravi illusioni.
Si adoperano le parole
comuni, le quali non sono destinate per tali cose e riescono perciò inadatte e
grossolane.
Ne risulta allora che il
tentativo stesso di riprodurre con parole l’esperienza avuta, c’induca
inconsciamente ad aggiungere, a quello che effettivamente si è visto, ogni
specie di fantasticherie e d’illusioni.
Un’altra norma importante
deve essere osservata dal discepolo dell’occultismo: egli deve imparare a non
parlare delle tue visioni.
È bene anzi tacere anche
verso se stesso.
Non si cerchi di rivestire
di parole ciò che sì vede nello spirito o d’interpretarlo con l’intelletto
inadeguato.
Ci si abbandoni liberamente
alla visione spirituale, e non la si disturbi con troppe riflessioni.
Perché occorre ricordare che
da principio le proprie riflessioni non sono affatto sviluppate al livello
della visione.
La capacità di riflettere è
stata finora acquistata dall’uomo soltanto nella vita che è limitata al mondo
fisico sensibile: le facoltà che si tratta ora di acquistare trascendono quel
limite.
Non si cerchi perciò di
applicare delle norme antiche a queste nuove esperienze superiori.
Soltanto chi ha già
conseguito una certa sicurezza nell’osservazione delle esperienze interiori
potrà parlarne, per stimolare gli altri con le proprie parole.
Gli esercizi descritti
possono essere completati dal seguente.
Il discepolo deve osservare
nel modo già dello un uomo, al quale appunto sia stato appagato un desiderio, esaudita
una speranza.
Se egli procede con le
medesime regole e precauzioni che sono state citate nel caso precedente,
arriverà anche questa volta a una visione spirituale; gli si affaccerà la forma
di una fiamma spirituale, il cui centro verrà sentito come giallo con un orlo
verdognolo.
La pratica di tali
osservazioni sui suoi simili può facilmente far cadere l’uomo in un errore di
morale, può farlo diventare incapace di amore.
Occorre adoperare ogni mezzo
per evitare che questo succeda.
Per praticare quelle
osservazioni occorre assolutamente già essere arrivati alla completa certezza
che i pensieri sono cose reali, e allora non ci è più permesso di aver, sui
nostri simili, pensieri che non siano compatibili col più alto rispetto della
dignità e della libertà umana.
L’idea che l’uomo possa
essere per noi soltanto un oggetto di osservazione, non deve passarci neppure
un istante per la mente.
Di pari passo con ogni
osservazione occulta sulla natura umana, l’autoeducazione deve condurre ad
apprezzare incondizionatamente il pieno valore di ogni singolo individuo; ciò
che risiede nell’uomo deve essere da noi considerato - anche nei nostri pensieri
e sentimenti - come sacro e intangibile.
Tutto ciò che è umano, anche
se lo pensiamo come ricordo, deve riempirci di un senso di profonda venerazione.
Per il momento vengono qui
citati soltanto questi due esempi, a dimostrare come nell’illuminazione si
possa giungere alla conoscenza della natura umana; essi però serviranno almeno
a indicare la via che conviene seguire.
Chi trova la necessaria
interiore tranquillità e calma, indispensabili per tali osservazioni, avrà, per
questo stesso fatto, già operato una grande trasformazione nella propria anima.
Questa trasformazione
arriverà presto al punto, che l’aumentato intimo valore del suo essere gli
conferirà sicurezza e calma anche nel suo contegno esteriore
E questo contegno esteriore
così trasformato reagirà a sua volta sulla sua anima, e aiuterà il suo
progresso ulteriore.
Egli troverà mezzi e vie per
penetrare sempre più nei segreti della natura umana che rimangono nascosti per
i sensi esteriori, e diventerà allora anche maturo per gettare uno sguardo nei
rapporti misteriosi che congiungono la natura umana con tutto il resto dell’universo.
Per questa via l’uomo si
avvicina sempre più al momento in cui può effettuare i primi passi nell’iniziazione;
prima che ciò si verifichi occorre però ancora una cosa, di cui, forse, la
necessità riuscirà dapprima poco evidente al discepolo dell’occultismo; più
tardi però egli la comprenderà.
Occorre, dunque, che l’iniziando sia provvisto sotto un certo riguardo di
un coraggio e di un’intrepidità specialmente sviluppati.
Il discepolo deve appunto
cercare delle occasioni favorevoli per lo sviluppo di queste qualità.
Nella disciplina occulta
esse devono essere sistematicamente coltivate, ma la vita stessa, specialmente
a questo riguardo, è una buona scuola occulta; forse la migliore.
Affrontare serenamente un
pericolo, cercare di superare le difficoltà senza sgomentarsi, - di questo deve
essere capace il discepolo.
Di fronte a un pericolo,
egli deve immediatamente sviluppare il sentimento: «il mio timore non serve a
niente, non devo avere affatto paura, ma pensare soltanto a ciò che vi è da
fare».
E deve educarsi a tal punto,
che nelle occasioni che prima gli incutevano timore, gli riesca ormai
impossibile «aver paura» o «perdere il coraggio», almeno come sentimento
interiore.
L’autoeducazione in questa
direzione sviluppa nell’uomo forze ben determinate, di cui ha bisogno se deve essere
iniziato nei misteri superiori.
Come l’uomo fisico ha
bisogno della forza nervosa per utilizzare i suoi sensi fisici, così l’uomo
animico ha bisogno di quella forza che, si sviluppa solo in nature coraggiose e
intrepide.
Chi penetra nei segreti
superiori vede, cioè, delle cose, che le illusioni dei sensi tengono nascoste
alla vista dell’uomo ordinario.
Difatti, sebbene i sensi
fisici non ci permettano di vedere la verità superiore, essi, appunto per
questo, sono anche i benefattori dell’uomo, perché gli nascondono cose che lo
spaventerebbero moltissimo e di cui egli, impreparato, non potrebbe sopportare
la vista.
Il discepolo deve essere
temprato a sopportare tale vista.
Egli perde nel mondo
esteriore appoggi ch’erano dovuti appunto al fatto di trovarsi imprigionato
nell’illusione.
Realmente e letteralmente
succede, come se si richiamasse l’attenzione di qualcuno su di un pericolo al
quale già da molto tempo, era esposto ma senza saperlo.
Prima egli non aveva paura:
ora però che sa del pericolo, viene assalito dalla paura, sebbene il fatto di
esserne a conoscenza non abbia aumentato il pericolo stesso.
Le forze del mondo sono
distruttrici e costruttrici; il destino degli esseri esteriori è di nascere e
perire.
Il savio deve osservare
l’azione di queste forze, il corso di questo destino.
Il velo che si stende nella
vita ordinaria davanti all’occhio spirituale deve essere allontanato.
L’uomo stesso però è
contessuto con queste forze, cori questo destino.
Nella sua propria natura
esistono forze distruttrici e costruttrici.
Come le cose tutte si
svelano all’occhio spirituale del veggente, così pure gli si svela la sua
propria anima.
Di fronte a tale
autoconoscenza il discepolo non deve smarrirsi, e, perché la forza non gli
venga a mancare, occorre ch’egli ne sia provvisto, ad esuberanza.
Per riuscire in questo
intento egli deve imparare a conservare la calma e, la sicurezza interiore
nelle condizioni difficili della vita; deve coltivare in sé una ferma fiducia
nelle forze benefiche dell’esistenza.
Egli deve prepararsi
all’idea che molti moventi che lo guidavano nel passato ormai gli verranno
meno, e convincersi, che il modo con cui egli spesso finora ha agito e pensalo
non era che frutto della sua ignoranza.
Le ragioni sii cui prima si
basava non avranno ormai più valore.
Se egli ha agito talora per
vanità, ora si accorge quanto la vanità sia assolutamente futile per il savio;
se ha agito talora per avidità, si avvede ormai che questa esercita un’azione
distruttrice; egli dovrà sviluppare dei moventi completamente nuovi per i suoi
atti e i suoi pensieri, e per far questo deve appunto avere coraggio e
intrepidità.
Si tratta soprattutto, di
coltivare questo coraggio e questa intrepidità nelle profondità più intime
della vita del pensiero.
Il discepolo dell’occultismo
deve imparare a non perdersi d’animo per un insuccesso e deve essere sempre capace
di pensare: «voglio dimenticare che ancora una volta questo tentativo non mi è
riuscito e tornare alla prova come se niente fosse successo».
Egli si conquista in tal
modo la convinzione che nel mondo le fonti di forza, alle quali può attingere,
sono inesauribili.
Per quanto fiacca e debole
si sia potuta palesare la parte terrena del suo essere, egli nondimeno aspira
sempre di nuovo allo, spirito, che lo solleverà e lo sosterrà.
Deve essere capace di andare
incontro all’avvenire senza lasciarsi disturbare nel suo cammino da alcuna esperienza
del passato.
Quando l’uomo possiede fino
a un determinato grado le qualità sopra descritte, egli è maturo per conoscere
i veri nomi delle cose, che sono la chiave del sapere superiore.
Giacché consiste appunto
nell’imparare a conoscere le cose del mondo con quei nomi che esse hanno nello
spirito dei loro, artefici divini.
Questi nomi contengono i
segreti delle cose.
Gl’iniziati perciò parlano
un linguaggio diverso dai non iniziati, e perché i primi conoscono i nomi per
mezzo di cui gli esseri stessi sono stati creati.
Il prossimo capitolo
tratterà dell’iniziazione per quanto di questa è permesso di parlare.
L’INIZIAZIONE
L’iniziazione è il graffino
più alto della disciplina occulta del quale sia consentito di dare in un libro
ancora qualche cenno, che in generale possa essere capito.
Le notizie che riguardano
tutto ciò che giace al di là dell’iniziazione riescono difficili a
comprendersi.
Ma chi è penetrato nei
misteri minori attraverso la preparazione, l’illuminazione e l’iniziazione, trova
la strade anche per arrivare a quelli superiori.
La conoscenza e il potere
che vengono conferiti all’uomo per mezzo dell’iniziazione, potrebbero, senza di
essa, essere da lui acquistati soltanto in un lontanissimo avvenire - dopo
molte incarnazioni - per tutt’altra via, ed anche in forma affatto diversa.
Oggidì, chi viene iniziato,
sperimenta qualcosa che altrimenti sperimenterebbe solo molto più tardi, in
condizioni completamente differenti.
Un uomo può realmente
conoscere dei segreti dell’esistenza solo quel tanto, che corrisponde al sue,
grado di maturità.
Questa soltanto è la ragione
degli ostacoli che s’incontrano per giungere ai gradini superiori del sapere e
dell’esser capace.
Un uomo non deve far uso di
un fucile, se prima non ha acquistato esperienza sufficiente per servirsene
senza recar danno a nessuno.
Se oggi qualcuno venisse
iniziato senza preparazione, gli mancherebbe l’esperienza che acquisterà
nell’avvenire attraverso le sue future incarnazioni, in cui gli verranno
svelati i segreti corrispondenti al corso regolare della sua evoluzione.
Perciò occorre che, alla
soglia dell’iniziazione, queste esperienze vengano sostituite da qualcosa
d’altro.
Le prime istruzioni
impartite ai candidati all’iniziazione mirano appunto a sostituire queste esperienze
future.
Sono le cosiddette «prove»,
che l’iniziando deve attraversare, e che vengono come naturale conseguenza della
vita dell’anima, quando si praticano regolarmente gli esercizi descritti nei
capitoli precedenti.
Di queste «prove» parlano
spesso anche i libri; è però facile capire che tali comunicazioni potranno per
lo più far sorgere sulla natura di esse rappresentazioni completamente errate.
Perché chi non ha
attraversato la preparazione e l’illuminazione, non ha mai sperimentato queste
prove e non può perciò descriverle giustamente.
All’iniziando devono
palesarsi talune cose e fatti che appartengono ai mondi superiori; egli però
può vederli e udirli soltanto quando sia capace di percepire spiritualmente le
figure, i colori, i suoni, ecc., descritti a proposito: della «preparazione» e
dell’«illuminazione».
La prima «prova» per il
discepolo consiste nell’acquisto di una percezione più vera, che non sia quella
della media degli uomini, delle qualità corporee dei corpi inanimati, e poi
delle piante, degli animali e dell’uomo.
Ma con ciò non si allude a
quella che oggi vien chiamata conoscenza scientifica, perché non si tratta di
scienza, ma di percezione.
Di solito il procedimento si
svolge in modo, che l’iniziando impara a conoscere come le cose della natura e
gli esseri viventi si manifestino all’orecchio spirituale e all’occhio
spirituale; in un certo modo queste cose gli si affacciano allora chiaramente
svelate, come nude.
Le proprietà che allora si
odono e si vedono, restano celate all’occhio fisico e all’orecchio fisico; per
la percezione fisica esse rimangono, come avvolte in un velo.
Questo velo viene tolto, per l’iniziando, in virtù di un processo che si
chiama di «combustione spirituale».
Perciò questa prima prova
vien chiamata la «prova del fuoco».
Per molti uomini già la vita
abituale è di per sé un processo più o meno incosciente d’iniziazione
attraverso la prova del fuoco.
Si tratta di coloro che
passano per svariate esperienze di genere tale che la loro fiducia in sé
stessi, il loro coraggio e la loro fermezza crescono nella direzione giusta, e
che imparano a sopportare con grandezza d’anima, e soprattutto con calma e
forza costante, il dolore, la delusione e l’insuccesso delle loro imprese.
Chi ha attraversato
esperienze di questo genere è già spesso, senza esserne chiaramente
consapevole, un iniziato; e poco più occorre, perché gli si dischiudano gli
orecchi e gli occhi spirituali, in guisa da diventare un chiaroveggente.
Perché bisogna rendersi
conto, che una vera «prova del fuoco» non è destinata a soddisfare la curiosità
del candidato.
Certamente, egli impara a
conoscere fatti straordinari di cui gli altri uomini non hanno idea alcuna; ma
questa conoscenza non è lo scopo, sibbene è il mezzo che conduce allo scopo.
Lo scopo si è che il candidato
acquisti, per mezzo della conoscenza dei mondi superiori, maggiore e più vera
fiducia in sé stesso, coraggio superiore e ben altra grandezza d’anima e
costanza che non sia generalmente possibile acquistare nel mondo inferiore.
Dopo la «prova del fuoco»
ogni candidato può ancora tornare indietro.
In tal caso egli proseguirà
la sua vita, fisicamente e spiritualmente rinvigorito, e conseguirà
l’iniziazione soltanto in una prossima sua incarnazione; in quella attuale,
egli sarà un elemento più utile della società umana di quanto non fosse prima.
In qualsiasi situazione egli
si trovi, la sua fermezza, la sua prudenza, la sua benefica influenza sui suoi
simili e la sua energia saranno grandemente cresciute.
Se dopo esser passato per la
prova del fuoco, il candidato vuoi proseguire la sua educazione occulta, gli
verrà rivelato un determinato sistema di scrittura di quelli in uso nelle
scuole occulte.
In questi sistemi di
scrittura sono rivelati i veri insegnamenti occulti, perché ciò che vi è di
veramente «segreto» (occulto) nelle cose, non può essere espresso direttamente
per mezzo delle parole del linguaggio abituale, né esposto per mezzo dei
sistemi ordinari di scrittura.
Coloro che hanno imparato
dagli iniziati, traducono, per quanto è possibile, gl’insegnamenti della
scienza occulta nel linguaggio ordinario.
La scrittura occulta si
manifesta all’anima, quando questa ha conseguito la percezione spirituale,
perché questa scrittura sta sempre scritta nel mondo spirituale.
Non la si può imparare, come
s’impara a leggere una scrittura artificiale.
Piuttosto si può dire, che
il discepolo va regolarmente crescendo verso la conoscenza chiaroveggente, e durante
questa crescita gli si sviluppa, come capacità animica, la forza che si sente
spinta a decifrare gli eventi e gli esseri del mondo spirituale come fossero i
caratteri di una scrittura.
Potrebbe darsi, che questa
forza, e con essa l’esperienza della «prova» corrispondente, si destino di per
sé stesse nel progressivo corso dell’evoluzione dell’anima.
Si arriva però più
sicuramente alla meta, quando si seguono le istruzioni degli occultisti esperti
che hanno abilità nel decifrare la scrittura occulta.
I segni della scrittura
occulta non sono ideati arbitrariamente, ma corrispondono alle forze che sono
attive nel mondo.
Per mezzo di questi segni
s’impara il linguaggio delle cose.
Il candidato ben presto si
accorge, che i segni che impara a conoscere corrispondono alle figure, ai
colori, ai suoni, ecc., ch’egli ha imparato a percepir,e durante la
preparazione e l’illuminazione.
Gli riesce evidente che
finora egli non ha imparato che a compitare, e che ora soltanto comincia a
leggere nel mondo superiore.
Tutto ciò che prima egli
vedeva come singole figure, suoni e colori, gli si rivela ora connesso in un
grande Insieme.
Ora soltanto acquista la
giusta sicurezza nell’osservare i mondi superiori.
Prima non poteva mai sapere
con certezza se le cose da lui viste fossero state vedute giustamente; ed ora
soltanto, fra candidato e iniziato, può stabilirsi un’intesa regolare nel campo
della conoscenza superiore, perché, qualunque sia il rapporto di convivenza
nella vita ordinaria fra un iniziato e gli altri uomini, egli non può
comunicare il sapere superiore, nella sua forma diretta, se non per mezzo dei
segni del linguaggio sopra descritto.
Per mezzo di questo
linguaggio il discepolo impara a conoscere anche talune norme per la condotta
nella vita, e determinati doveri dei quali prima era del tutto ignaro.
E quando ha imparato a
conoscere queste norme, egli può compiere azioni di un’importanza mai raggiunta
da quelle di un non iniziato.
Egli opera dai mondi
superiori, e le istruzioni che riguardano tali azioni possono essere comprese
soltanto nella scrittura sopra indicata.
Occorre però far notare che
vi sono persone capaci di eseguire tali azioni incoscientemente, sebbene non abbiano
seguito nessuna disciplina occulta.
Tali «aiutatori del mondo e
dell’umanità» attraversano la vita benedicendo e beneficando; a loro, per
ragioni che qui non è il caso di spiegare, sono state concesse doti che
sembrano soprannaturali.
Ciò che li distingue dal
discepolo dell’occultismo è, il solo fatto che quest’ultimo agisce
coscientemente, con piena visione dell’insieme; egli consegue, per mezzo
appunto della disciplina, ciò che ai primi è stato donato dalle potenze
superiori per il bene del mondo.
Questi uomini benedetti da
Dio meritano sincera venerazione, ma non per questo il lavoro della disciplina
occulta dovrà essere considerato superfluo.
Quando il discepolo ha
imparato la sopra descritta scrittura a segni, gli si presenta una nuova
«prova».
Questa dovrà dimostrare se
egli sia in grado di muoversi liberamente e con sicurezza nel mondo superiore.
Nella vita ordinaria l’uomo
viene spinto da impulsi esteriori alle sue azioni; egli esegue tale o tal altro
lavoro, perché le circostanze gl’impongono, questo, o quell’altro còmpito.
Non occorre certo ripetere
che il discepolo dell’occultismo, per il fatto di vivere nei mondi superiori,
non deve trascurare nessun dovere della sua vita ordinaria; non vi è dovere nel
mondo superiore che possa obbligarlo a trascurare uno solo dei suoi doveri nel
mondo ordinario.
Il padre di famiglia rimane
ugualmente buon padre di famiglia, la madre rimane ugualmente buona madre,
l’impiegato non è impedito di assolvere i suoi obblighi e neppure il soldato o
qualsiasi altra persona che,voglia seguire l’occultismo.
Al contrario, tutte le
qualità che temprano l’uomo per la vita, s’intensificano nel discepolo
dell’occultismo a un grado, di cui il non iniziato non può farsi un’idea.
E sebbene questa
intensificazione risulti raramente evidente al non iniziato, ciò è da
attribuirsi al fatto che questi non è sempre capace di farsi un giudizio giusto
sul conto dell’iniziato, le azioni del quale talvolta non gli riescono immediatamente
chiare.
Ma anche questo, come à si è
detto, non succede che in casi speciali.
Per colui che è arrivato al
gradino suddescritto dell’iniziazione, vi sono ormai dei doveri ai quali egli
non è spinto da nessun impulso esteriore.
Egli non viene indotto ad
adempierli da condizioni esteriori, ma soltanto da quelle norme di condotta che
gli vengono rivelate nella scrittura «occulta».
Ora, per mezzo della seconda
«prova», egli deve dimostrare che, sotto la guida di -tali norme, la sua azione
è altrettanto sicura e ferma, quanto quella di un impiegato che sbriga i doveri
che gli incombono.
A questo fine il candidato
si sentirà posto dalla disciplina occulta di fronte a un determinato còmpito.
Egli dovrà compiere un’azione in seguito a osservazioni che ha potuto
fare sulla base di quanto ha imparato sul gradino della preparazione e
dell’illuminazione; e deve comprendere quale sia quest’azione per mezzo della
scrittura occulta sopra descritta, che ormai conosce.
Se il candidato sa
discernere il proprio còmpito e agire giustamente, è riuscito nella prova.
Il suo successo può
riconoscersi dalla trasformazione che si verifica, per virtù dell’azione
compiuta, nelle percezioni sentite come figure, colori e suoni dagli orecchi e
dagli occhi spirituali.
Nel progressivo corso dell’educazione
occulta viene esattamente detto quale aspetto queste figure, ecc., assumano
dopo l’azione, e come vengano sentite; e il candidato deve sapere come
provocare tale trasformazione.
Questa prova è chiamata la
«prova dell’acqua», perché nell’attività che si svolge in queste regioni
superiori, viene a mancare all’uomo l’appoggio delle condizioni esteriori, così
come manca l’appoggio, a chi si muove nell’acqua senza arrivare a toccare il
fondo.
Il processo deve essere
ripetuto, finché il candidato non abbia acquistato completa sicurezza.
Con questa prova si tratta
pure di acquistare una qualità, e per mezzo delle sue esperienze nel mondo
superiore l’uomo la sviluppa in breve tempo a tale altissimo grado, che per
raggiungerlo nel corso, normale della sua evoluzione avrebbe avuto bisogno di
molte incarnazioni.
Ciò che veramente è
importante è che al candidato, per produrre nel campo superiore dell’esistenza
la trasformazione descritta, non è permesso seguire altre indicazioni, se non
quelle che gli risultano dalla sua percezione superiore e dalla lettura della
scrittura occulta.
Se, durante questa sua
azione, il candidato si lascia influenzare dai suoi desideri, opinioni, ecc.,
se, per un solo istante, non segue le leggi da lui riconosciute giuste, ma si
abbandona al proprio arbitrio, le conseguenze che risultano in tal caso sono
affatto diverse da quelle desiderate., il candidato non sa più orientarsi verso
il suo scopo e cade nella massima confusione.
Per mezzo di questa prova
l’uomo ha dunque ampia occasione di sviluppare la padronanza di sé stesso, e di
questo appunto si tratta.
Perciò questa prova, a sua
volta potrà essere sopportata meglio da chi, prima dell’iniziazione, abbia
attraversato una vita che gli ha permesso di sviluppare tale padronanza di sé.
Chi ha acquistato la capacità di seguire i principi
e gli ideali superiori, senza curarsi dei propri desideri e scopi personali;
chi sa sempre compiere il suo dovere , anche quando inclinazione e simpatia vi
si oppongono, è già nella vita abituale incoscientemente un iniziato e
ben poco gli mancherà per poter superare la prova descritta.
Anzi si può dire che un determinato grado di iniziazione acquistato incoscientemente nella vita è generalmente necessario per poter superare la seconda prova; perché come per molti uomini che non hanno imparato a scrivere da giovani, diventa difficile impararlo più tardi, quando hanno raggiunto l’età matura, così diventa pure difficile per l’uomo di sviluppare sufficiente padronanza di sé quando penetra nei mondi superiori, se già prima, nella vita quotidiana, non ha già sviluppato questa qualità fino ad un determinato grado.
Le cose dei mondo fisico non
cambiano a seconda della nostra volontà o dei desideri o delle nostre tendenze.
Nei mondi superiori, invece,
i nostri desideri, passioni e tendenze esercitano un’azione sulle cose.
Chi in questi mondi vuole
agire sulle cose in modo adeguato , deve avere completo dominio su sé stesso, e
deve seguire le giuste norme direttive senza lasciarsi guidare dal proprio
arbitrio.
Una qualità di cui, a questo gradino dell’iniziazione, è di
particolare importanza che l’uomo sia provvisto, è quella di un
discernimento sano e assolutamente sicuro.
Occorre aver coltivato questa qualità fin dai primi gradini, perché ormai
deve dimostrarsi, se il candidato l’abbia sviluppata sufficientemente, per
poter progredire più oltre sulla vera via della conoscenza.
Egli può progredire soltanto se è capace di distinguere le illusioni.
Le vuote creazioni della fantasia, la superstizione e altri errori simili,
dalla vera realtà.
Sui gradini superiori
dell’esistenza ciò riesce dapprima più difficile che su quelli inferiori,
perché ivi ogni pregiudizio, ogni preferenza riguardo alle cose di cui si
tratta deve sparire, e la verità unica e sola deve servire di guida.
Il candidato deve essere assolutamente pronto all’immediata rinunzia a
ogni pensiero, opinione e tendenza, quando il pensiero logico lo esiga.
La sicurezza nei mondi
superiori si può conseguire soltanto se si rinunzia a dar troppo peso alla
propria opinione.
Gli uomini, di cui l’abito
mentale tende al fantastico, alla superstizione, non possono fare alcun
progresso sulla via occulta.
Per il discepolo
dell’occultismo si tratta veramente di guadagnarsi un bene prezioso; ogni
dubbio sui mondi superiori gli viene tolto; quei inondi si svelano al suo
sguardo con le loro leggi.
Egli però non può conseguire
questo bene, finché rimane in balia degli errori e delle illusioni; sarebbe
pericoloso per lui, se la fantasia e i pregiudizi sopraffacessero il suo intelletto.
Sognatori e visionari sono
altrettanto inadatti per il sentiero occulto, quanto le persone superstiziose;
e su questo non si insisterà mai abbastanza.
Perché le fantasticherie e i
pregiudizi sono i peggiori nemici; che insidiano l’uomo sulla via della
conoscenza dei mondi superiori.
Non bisogna però credere,
che il discepolo dell’occultismo debba perdere la poesia della vita e la
capacità dell’entusiasmo, perché sulla porta che conduce alla seconda prova
dell’iniziazione stanno scritte le
parole: «ogni pregiudizio deve essere da te abbandonato», e perché sulla porta
d’entrata della prima prova, egli ha potuto leggere: «se non hai sano buon
senso, i tuoi sforzi sono vani».
Quando il candidato è a
questo modo sufficientemente progredito, si trova di fronte alla terza prova;
in questa, nessuno scopo gli viene indicato, tutto dipende dalla sua
iniziativa.
Egli si trova in una situazione in cui non vi è nulla che lo stimoli all’azione, deve da solo trovare la propria strada; non vi sono né cose né persone che lo incitino; da niente e da nessuno ormai egli può attingere la forza che gli abbisogna, se non da sé medesimo.
Se
non trova in sé stesso questa forza, si vede ben presto ritornato al punto di
prima.
Bisogna
però dire che pochi soltanto di coloro che hanno superato le prime prove si
trovano a questo punto privi di questa forza; o si rimane indietro prima, o si
è capaci di superare anche questa prova.
Quel
che occorre è di saper prendere con prontezza una risoluzione, perché bisogna
fare appello al proprio «Sé superiore» nel più vero senso della parola.
Bisogna
decidersi prontamente a dare ascolto in tutte, le cose ai suggerimenti dello
spirito; ormai non è più tempo di dubbi, riflessioni, ecc.; ogni istante di esitazione
dimostra soltanto che il candidato non è ancora maturo.
Ciò
che impedisce di dare ascolto allo spirito deve essere energicamente superato;
occorre in questa situazione dar prova di presenza di spirito, e questa
difatti è la qualità che deve essere completamente perfezionata a questo punto
dell’evoluzione.
Tutte le tentazioni a cui l’uomo era abituato e che lo adescavano all’azione, o anche al pensiero, gli vengono meno,; per non rimanere inattivo, egli deve conservare il dominio, di sé stesso, perché soltanto in sé può trovare quell’unico saldo punto di appoggio, al quale attaccarsi.
Chi
legge questa descrizione, senza una vera conoscenza dell’argomento, non
dovrebbe sentir ripugnanza per questa necessità di poggiare unicamente su sé
stesso; perché nel superare tale prova il discepolo gode della più perfetta
felicità.
Come
negli altri casi, in questo pure la vita ordinaria è già per molti uomini una
vera disciplina occulta.
Per
persone, le quali siano progredite a tal punta, che, all’improvviso di fronte a
nuovi còmpiti nella vita, sono capaci, senza esitazione, senza soverchia riflessione,
di prendere una pronta decisione, la vita è veramente una disciplina occulta.
Le
situazioni di cui si tratta sono quelle in cui ogni azione è destinata a fallire
se l’uomo non interviene prontamente.
Chi
è pronto a intervenire di fronte all’improvvisa minaccia di una disgrazia, in
cui un istante di esitazione potrebbe determinare una catastrofe, e chi ha acquisito
come qualità permanente siffatta prontezza di decisione, ha conseguito inconsapevolmente
la maturità per la terza «prova», perché questa tende appunto allo sviluppo
dell’assoluta presenza di spirito.
Nelle
scuole occulte viene chiamata la «prova dell’aria», perché in essa il candidato
non si può appoggiare né sul terreno solido delle occasioni esteriori, né su
ciò che gli risulta dai colori, forme, ecc., che ha imparato a conoscere per
mezzo, della preparazione e della illuminazione, ma deve appoggiarsi unicamente
su sé stesso.
Se
il discepolo ha superato questa prova, gli è per messo di penetrare nel «Tempio
della conoscenza superiore».
Di
quanto ancora vi sarebbe da dire sull’argomento non si può dare che un
lievissimo accenno.
Ciò
che ora si richiede dal discepolo è stato spesso espresso coi dire, che egli
deve prestar «giuramento» di non «tradire» nessuno degl’insegnamenti occulti.
Però
le parole «giuramento» e «tradire» non sono affatto giuste e possono,a tutta
prima indurre in errore.
Non
si tratta di nessun «giuramento» nel senso ordinario della parola; è piuttosto
un’esperienza che si attraversa a questo gradino dell’evoluzione.
S’impara
come si applicano gl’insegnamenti occulti per metterli ai servizio
dell’umanità; si comincia allora soltanto a comprendere giustamente il mondo.
Non
si tratta di «tacere» le verità superiori, ma piuttosto di rappresentarle nel
modo giusto e col tatto necessario.
Ciò
di cui s’impara e «tacere» è qualcosa di affatto diverso.
Si acquista, cioè, quella
bellissima qualità riguardo a molte cose di cui prima si parlava, e soprattutto
nei riguardi del modo, in cui se ne parlava.
Sarebbe un cattivo iniziato
chi non volesse porre i segreti sperimentati a servizio del mondo, nel modo
migliore e più largo possibile.
L’unico ostacolo alle
comunicazioni che si possono fare in questo campo, è la mancanza di
comprensione di coloro che devono accoglierle.
Naturalmente, i segreti
superiori non sono adatti per conversazioni oziose.
Ma non è «proibito» di
parlarne ad alcuno che abbia raggiunto il gradino descritto di evoluzione.
Nessun uomo e nessun essere
impone in proposito al candidato un «giuramento»; tutto è affidato alla sua responsabilità.
Ciò ch’egli impara, è di
saper scoprire per propria iniziativa, e in qualsiasi situazione egli si trovi,
ciò che vi è da fare, e il «giuramento» significa soltanto che il candidato è
ormai maturo per sostenere tale responsabilità.
Quando il candidato è maturo
per quanto, è stato descritto, egli riceve ciò che simbolicamente si chiama «la
bevanda dell’oblio»; egli viene cioè iniziato al segreto sul modo di agire
senza essere continuamente disturbato dalla memoria inferiore.
Ciò è necessario per
l’iniziato, perché deve avere sempre completa fiducia nell’attualità immediata.
Egli deve poter distruggere
i veli del ricordo, che in ogni istante della vita si avvolgono attorno
all’uomo.
Se io giudico quello che mi
succede oggi, alla stregua di ciò che ho sperimentato ieri, mi espongo a
infiniti errori.
Naturalmente questo non va
interpretato come se si dovesse rinunziare all’esperienza acquistata nella
vita; bisogna, anzi, quanto più si può, -tenerla sempre presente.
Ma, come iniziato, occorre
avere la capacità di giudicare ogni nuova esperienza completamente di per sé
stessa, e di lasciare ch’essa agisca su di noi senza essere turbata dai ricordi
del passato.
Bisogna essere in ogni
istante preparati al fatto, che ogni cosa o essere può recarci una rivelazione
completamente nuova.
Se giudico il nuovo alla
stregua dell’antico, sono soggetto all’errore.
Il ricordo di antiche
esperienze mi è specialmente utile appunto perché mi rende capace di vedere
il nuovo.
Se non avessi avuto una
determinata esperienza, non potrei forse neppure vedere la qualità di
una cosa o di un, essere che mi si presenta; l’esperienza deve servire a vedere
il nuovo, non a giudicarlo sulla base dell’antico.
A questo riguardo l’iniziato consegue qualità ben
determinate, per mezzo delle quali gli si svelano molte cose che rimangono
nascoste per chi non è iniziato.
La seconda «bevanda» che
viene offerta all’iniziato è la «bevanda della memoria».
Per essa egli consegue la
capacità di tener sempre presenti nello spirito i segreti superiori.
La memoria abituale non
arriverebbe a tanto.
Bisogna ch’egli diventi
tutt’uno con le verità su superiori; occorre non soltanto che egli le conosca,
ma che possa disporne nella sua attività vissuta, con quella completa
naturalezza con citi l’uomo normale mangia e beve.
Esse devono diventare per
lui pratica, abitudine, tendenza.
Non deve affatto occorrere
ch’egli vi rifletta sopra, nel senso ordinario della parola; esse dovranno
manifestarsi per mezzo dell’uomo stesso e fluire attraverso di lui, come le
funzioni vitali del suo organismo.
In tal modo egli si
avvicina, in senso spirituale, sempre più alla perfezione che la Natura, gli ha
conferita nel fisico.
PUNTI DI VISTA PRATICI
Se l’uomo coltiva
l’educazione dei suoi sentimenti, pensieri e stati d’animo nel modo descritto
nei capitoli sulla preparazione, l’illuminazione e l’iniziazione, egli effettua
nella propria anima e nel proprio spirito una organizzazione simile a quella
che la natura ha prodotta nel suo corpo fisico.
Prima di quella
elaborazione, l’anima e lo spirito sono masse non organizzate; il
chiaroveggente le percepisce come vortici nebulosi a spirale, che s’intersecano
e si presentano per lo più con debole lucentezza rossiccia, bruno-rossiccia, o
anche rossiccia-giallastra; dopo quell’educazione cominciano a risplendere
spiritualmente come a colori verde-giallognolo, o turchino-verdastro, e
presentano una struttura regolare.
L’uomo arriva a tale
struttura regolare e, con essa, alla conoscenza superiore, se stabilisce nei
suoi sentimenti, pensieri e stati d’animo un ordine analogo a quello che la
natura ha stabilito nei suoi organi corporei, per mezzo dei quali egli può
vedere, udire, digerire, parlare, ecc.
Il discepolo dell’occultisnio
impara gradatamente a respirare e a vedere, ecc., covi l’anima, a udire e a
parlare, ecc., con lo spirito.
Qui esamineremo più
particolarmente soltanto alcuni dei punti di vista pratici pertinenti
all’educazione superiore dell’anima e dello spirito.
Sono tali che ognuno,
effettivamente, può seguirli, a prescindere dalle altre norme, e che per mezzo
di essi può penetrare alquanto nella scienza occulta.
Bisogna tendere a uno
speciale sviluppo della pazìenza.
Ogni moto d’impazienza esercita un effetto paralizzante, anzi letale,
sulle capacità superiori latenti nell’uomo.
Non si deve pretendere che
dall’oggi al domani si schiudano a noi orizzonti infiniti nei mondi superiori,
perché allora, di regola, non si rivelano affatto; invece la nostra anima deve
essere sempre più piena di suddisfazione per ogni più piccolo risultato ottenuto,
di calma e di serenità.
Si può comprendere che il
discepolo aspetti con impazienza dei risultati, ma egli non arriverà a niente
finché non avrà dominato la sua impa zienza.
Né serve lottare contro
questa impazienza nel senso ordinario della parola; essa, in tal caso, non fa
che crescere; ci s’illude di averla vinta, mentre invece si è insediata senipre
più nelle profondità dell’anima.
Non si arriva a superarla
che coll’abbandonarsi continuamente a un determinato pensiero, assimilandolo completamente:
«io devo far di tutto per educare la mia anima e il mio spirito, ma aspetterò
con calma che le, potenze superiori mi giudichino maturo per una certa
illuminazione».
Se questo pensiero assume
tale forza nell’uomo da formare parte integrale del suo carattere, egli è sulla
giusta strada, e questa disposizione del carattere gli si manifesta anche
nell’esteriore.
Lo sguardo dell’occhio
diventa calmo, i movimenti sicuri, le decisioni esatte, e tutto ciò che usa
chiamarsi nervosità, sparisce gradatamente dall’uomo.
Meritano allora di essere
prese in considerazione piccole nerme apparentemente insignificanti.
Supponiamo, per esempio, che
qualcuno ci offenda.
Prima della nostra
educazione occulta, il nostro risentimento si sarebbe volto contro l’offensore,
e la collera avrebbe invaso la nostra anima.
Invece, nel seguace
dell’occultismo sorge subito, in simile occasione, il pensiero: «questa offesa
non cambia nulla al mio valore», ed egli compie allora ciò che vi è da fare per
far fronte all’offesa, con calma e serenità, senza essere animato dalla
collera.
Non si tratta naturalmente
di sopportare semplicemente qualsiasi offesa, ma di rimanere altrettanto calmi
e fermi nel punire un’offesa contro la propria persona, quanto lo sì sarebbe se
quell’offesa fosse stata diretta contro altri, e si avesse il diritto d’intervenire.
Bisogna sempre tener conto
che l’educazione occulta non si svolge in procedimenti esteriori grossolani, ma
in trasformazioni delicate della vita del sentimento e del pensiero.
La pazienza esercita
un’azione di attrazione sui tesori del sapere superiore, l’impazienza invece li
respinge; nelle regioni superiori non si consegue niente con la fretta e
l’irrequietezza.
Prima di ogni altra cosa
bisogna far tacere ogni desiderio, ogni passione.
Queste sono qualità dell’aninta dinanzi alle quali ogni sapere superiore
si ritira timidamente.
Per quanto grande sia il
valore della conoscenza superiore, non bigogna chiederla, se essa deve venire a
noi.
Chi la dosidera per
soddisfazione propria, non la consegue mai.
Occorre perciò anzitutto che
nelle profondità dell’anima si sia sinceri con sé stessi, non ci
s’illuda in alcun modo sul proprio conto.
Con sincerità interiore il
candidato deve guardar in faccia i propri difetti, debolezze e mancanze.
Nel momento in cui cerca di
scusare davanti a sé stesso qualche sua debolezza, egli si pone un ostacolo
sulla via che deve condurlo in alto; e può rimuovere tali ostacoli soltanto per
inezzo della conoscenza di sé medesimo.
Esiste una sola via
per spogliarsi dei propri difetti e debolezze: quella di riconoscerli
esattamente.
Tutto è dormiente nell’anima
umana e può essere destato.
L’uomo può migliorare anche
il suo intelletto e il suo criterio, se si rende conto con calma e serenità
della causa della propria debolezza.
Tale autoconoscenza
naturalmente è difficile, perché la tentazione a illudersi sul proprio conto è
straordinariamente grande.
Chi si abilua alla verità
verso sé stesso, si apre la porta alla visione superiore.
Deve svanire qualsiasi
curiosità nel discepolo dell’occultismo; egli deve perdere l’abitudine, per
quanto è possibile, di fare domande su argomenti che desidera conoscere
soltanto per propria soddisfazione, e deve lim;tarsi a chiedere di ciò che può
servire al perfezionamento della propria entità, ai fini dell’evoluzione.
La gioia però che egli prova
nella conoscenza e la sua de vozione alla medesima non devono affatto venir
meno; egli deve ascoltare con attenzione tutto ciò che serve a raggiungere tale
scopo e cercare ogni occasione per dedilarvisi.
Per il perfezionamento
occulto è di speciale importarza educare la vita del desiderio.
Non si tratta di spogliarsì
di ogni desiderio, poiché tutto ciò che dobbiamo conseguire deve essere da noi
anche desiderato; e un desiderlo verrà sempre esaudito se dietro di esso sta
una particolare forza; questa forza proviene dalla giusta conoscenza.
La massima: «Non desiderare
punto, prima di aver conosciuto quel ch’è giusto in un dato, campo», è una delle
norme auree per il discepolo dell’occultismo.
Il savio impara prima a
conoscere le leggi del mondo; allora i suoi desideri diventano forze che si
avverano.
Diamo quii un esempio di cui
è chiara la portata.
Certamente molte persone
desiderano conoscere, per visione propria, alcunché della loro vita prima della
nascita.
Un tale desiderio non ha
scopo né risultato, finché la persona in questione non abbia assimilato, per
mezzo dello studio scientifico-spirituale, la conoscenza delle leggi - e
precisamente nel loro carattere più delicato e più intimo - dell’essenza dell’eternità.
Se, però, ha veramente
acquistato questa conoscenza e se allora vuole avanzare più oltre, lo
potrà fare per mezzo del suo desiderio nobilitalo e purificato.
Non giova neppure dire:
«desidero conoscere la mia vita precedente, e studio appunto con questo scopo».
Si deve piuttosto saper
rinunziare a questo desiderio, a eliminarlo completamente, e mettersia i
mparare senza quel fine.
Bisogna sviluppare
devozione, piacere per ciò che s’impara, senza mirare allo scopo di cui sopra,
perché cosi soltanto s’impara al tempo stesso a sviluppare il desiderio, in
modo ch’esso possa portar seco il proprio esaudimento.
* * *
Se sono in collera o
mi irrito, erigo attorno a me un bastione nel mondo animico, e le forze
che devono sviluppare i miei occhi animici non mi si possono avvicinare.
Se un uomo, per esempio, mi
irrita, egli emana una corrente animica nel mondo animico; ed io non potrò vedere
questa corrente finché sarò ancora capace di adirarmi; la mia collera me la
nasconde.
Non devo però credere che,
non arrabbiandomi più, io possa immedialamente percepire un fenomeno animico
(astrale); per vederlo, occorre che in me si sia prima sviluppato l’occhio animico.
La disposizione per
quest’occhio animico è latente in ogni uomo; ma esso rimane inattivo finché
l’uomo ha la capacità di irritarsi; però non diventa immediatamente attivo, se
l’uomo ha solo cominciato a lottare contro la collera; egli deve
proseguire in questa lotta contro la collera e continuarla con pazienza; un
giorno finalmente osserverà che quest’occhio animico si è sviluppato.
Certo non è contro la sola
collera che occorre lottare per raggiungere questo fine.
Molti diventano impazienti e
increduli perché hanno combattuto per molti anni alcune disposizioni
dell’anima, senza che per ciò la chiaroveggenza sia stata raggiunta.
Essi hanno perfezionato
alcune qualità, lasciandone però, nello stesso tempo, ingrandire altre.
Il dono della chiaroveggenza
sì presenta soltanto quando sono state soppresse tutte le qualità che non permettono
alle capacità latenti di svilupparsi.
Indubbiamente, qualche
inizio di tale vista (o udito) si palesa anche prima; ma si tratta di tènere
pianticelle, facilmente soggette a ogni genere di errore, e che muoiono ben presto,
se non sono coltìvate con cura.
Fra le qualità che bisogna
combattere altrettanto quanto la collera e l’irritazione, sono la paura, la
superstizione e il pregiudizio, la vanità e l’ambizione, la curiosità e le
chiacchiere inutili, la tendenza a stabilire distinzioni fra gli uomini in
ordine alla loro posizione esteriore, alla loro razza, alla loro discendenza,
ecc.
Ai nostri tempi riuscirà
difficile comprendere come la lotta, contro tali qualità abbia a che fare con
l’intensificazione della capacità cognitiva.
Ma ogni occultista sa che
tali cose esercitano un’influenza molto più grande che non l’aumento
dell’intelligenza e la pratica di esercizi artificiali.
Un malinteso può assai
facilmente nascere, ove si ritenga che per essere coraggiosi occorra diventare
temerari, o che per lottare contro i pregiudizi di casta, di razza, ecc., si
debbano ignorare completamente le differenze che vi sono fra gli uomini;
s’impara piuttosto a giudicare giustamente quando non si è più vincolati dai
pregiudizi.
Anche dal punto di vista
comune è vero che la paura impedisce di giudicare chiaramente un fenomeno, e
che un pregiudizio di razza impedisce di penetrare con lo sguardo nell’anima di
un altro uomo.
Il discepolo dell’occultismo
deve sviluppare in sé stesso questo, punto di vista comune, affinandolo al massimo
di delicatezza e d’intensità.
Altro impedimento sulla via
dell’educazione occulta è per l’uomo tutto ciò ch’egli dice, senza avere prima
riflettuto profondamente e con chiarezza sulle sue parole.
A questo proposito va tenuto
anche conto di un fatto, che si può spiegare bene soltanto con l’aiuto dì, un esempio.
Se taluno mi dice qualcosa a
cui debbo rispondere, devo preoccuparmi di tener maggior conto dell’opinione,
del sentimento e anche dei pregiudizi del mio interlocutore, che non di ciò
ch’io stesso avrei da dire in quel momento sul soggetto in discussione.
Si tratta qui di una
finissima educazione del tatto a cui l’occultista deve dedicarsi.
Egli deve poter giudicare
dell’importanza che l’espressione della sua opinione, contraria a quella del
suo interlocutore, potrà avere su quest’ultimo.
Non deve trattenersi
dall’esporre la propria opinione; non si tratta affatto di questo, ma occorre
che ascolti con la massima attenzione, per foggiare su ciò che gli vien detto,
la forma della propria risposta.
Nei casi di questo genere vi
è un pensiero che torna sempre ad affacciarsi alla mente del discepolo
dell’occultismo, e quando questo pensiero vive così profondamente in lui da
diventare una tendenza naturale del suo carattere, egli si trova sulla giusta
strada.
Il pensiero è questo «Non ha
importanza che la mia opinione sia diversa da quella del mio interlocutore; ciò
che importa è che col contributo che gli posso recare, egli riesca a trovare da
sé l’interpretazione giusta».
Per mezzo di pensieri di
questo genere s’imprime nel carattere e nel modo di agire del discepolo la
virtù della mitezza, che è un mezzo essenziale per qualsiasi disciplina
occulta.
«La durezza scaccia via da
te le figure animiche che devono destare il tuo occhio animico; la mitezza
invece elimina gli ostacoli e apre i tuoi organi».
E di pari passo con la mitezza
si andrà ben presto formando un’altra tendenza nell’anima del discepolo, cioè
l’osservazione calma di tutte le sfumature della vita animica dell’ambiente
circostante, mentre regna completo il silenzio nelle emozioni della sua propria
anima.
E quando un uomo è arrivato
a tanto, le emozioni animiche dell’ambiente circostante agiscono su di lui in
modo che la sua anima cresce e si organizza così come si sviluppa la pianta alla
luce del sole.
La mitezza e il silenzio,
congiunti in vera pazienza, aprono l’anima al mondo delle anime, e lo spirito
al mondo degli spiriti.
«Aspetta nella calma e nel
raccoglimento, chiudi i sensi a ciò che essi ti hanno trasmesso prima della tua
educazione occulta, imponi silenzio a tutti i pensieri che per antica abitudine
si agitavano in te, diventa calmo e silenzioso e aspetta con pazienza; allora i
mondi superiori cominciano a formare i tuoi occhi animici e i tuoi orecchi
spirituali.
Non devi credere di poter
vedere e udire immediatamente nel mondo animico e in quello spirituale, perché
tutto ciò che fai contribuisce soltanto alla formazione dei tuoi sensi superiori.
Ma potrai vedere
animicamente e udire spiritualmente soltanto quando possederai questi sensi.
Dopo avere aspettato per
qualche tempo nella calma e nel raccoglimento, ritorna pure alle consuete occupazioni
quotidiane, imprimendo prima profondamente in te questo pensiero: ciò che mi
deve accadere mi accadrà, quando sarò maturo.
Evita assolutamente di
attirare a te, con la tua volontà, le potenze superiori».
Queste sono istruzioni elle
ogni discepolo dell’occultismo riceve dal suo maestro all’inizio della via.
Se le osserva, egli si
perfeziona; se invece non le osserva, ogni suo lavoro riesce inutile; esse però
sono difficili soltanto per chi difetti di pazienza e di perseveranza.
Non vi sono altri ostacoli,
se non quelli che ognuno pone a sé medesimo sulla via, e che ognuno può
evitare, purché‚ veramente lo voglia; è necessario sempre insistere su questo
fatto, perché molte persone si formano un’idea completamente sbagliata delle
difficoltà mano un e, della via occulta.
In un certo senso, è più
facile percorrere i primi gradini di questa via, che non superare, senza avere
avuto educazione occulta, le difficoltà quotidiane della vita.
Peraltro qui vengono
divulgate solo le pratiche che non recano alcun genere di pericolo per la
salute del corpo o dell’anima.
Vi sono anche altre vie che
conducono più rapidamente alla meta; ma queste non hanno nulla in comune con
quanto qui è indicato, perché possono avere sulle persone effetti che
l’occultista esperto non può desiderare.
Siccome alcune di queste vie
arrivano spesso alla conoscenza del pubblico, è necessario ammonire chiaramente
che non conviene seguirle.
Per ragioni, che soltanto
l’iniziato può comprendere, quelle vie non possono mai essere comunicate al
pubblico nella loro vera forma, e le poche notizie frammentarie che qua e là
vengono comunicate non possono condurre a nessun profitto, ma piuttosto alla
distruzione della salute, della felicità
e della serenità dell’anima.
Chi i non vuole affidarsi a
potenze affatto tenebrose, delle quali non può conoscere né la vera natura, né
l’origine, rinunzi a occuparsi di quelle cose.
Si può dire ancora qualcosa
dell’ambiente in cui conviene eseguire gli esercizi della disciplina occulta,
perché ciò ha pure un’importanza, sebbene la cosa si presenti diversa quasi per
ogni uomo.
Chi si esercita in un
ambiente pieno d’interessi egoistici, qual è, per esempio, la lotta moderna per
l’esistenza, deve rendersi conto che questi interessi esercitano un’influenza
sullo sviluppo dei suoi organi animici.
A dire il vero, le leggi
interiori di questi organi sono talmente forti, che questa influenza non può
riuscire eccessivamente nociva.
Come un giglio, per quanto
inadatto possa essere l’ambiente in cui si trova, non potrà mai diventare
un’ortica, così l’occhio animico non potrà svilupparsi se non a ciò a cui è
destinato, per quanto deleteria possa essere l’influenza che gl’interessi egoistici
delle città moderne esercitano su di esso.
Ma, in ogni caso, è bene che
il discepolo dell’occultismo ricorra, di tempo in tempo, all’ambiente della
silenziosa calma, della dignità interiore e della vaghezza della natura.
Sono specialmente favorevoli
le condizioni di colui che può svolgere la sua educazione occulta in mezzo al
verdeggiante mondo vegetale, o tra monti soleggiati, in mezzo al ritmo semplice
della natura.
Ciò porta gli organi
interiori a un’armonia che non raggiungono mai nella città moderna.
Si trova già in posizione
alquanto migliore dell’uomo di città colui il quale, almeno nell’infanzia, ha
respirato l’aria degli abeti, ha contemplato le cime nevose delle montagne e ha
potuto osservare le silenziose attività degli animali e degl’insetti nelle foreste.
Nessuno di coloro, però, che
sono obbligati a vivere in città, deve trascurare di fornire ai suoi organi
animici e spirituali in corso di formazione il cibo degli insegnamenti ispirati
dell’indagine occulta.
Gli occhi di colui che, ogni
primavera, non può seguire giorno per giorno lo spuntare del verde fogliame nei
boschi, dovrebbe come compenso accogliere nel suo cuore i sublimi insegnamenti
della Bhagavad Gita, del Vangelo di Giovanni, di Tommaso da Kempis, e la
descrizione dei risultati ottenuti dalla scienza dello spirito.
Vi sono molte vie per
arrivare all’apice della conoscenza, ma una giusta scelta è indispensabile.
L’occultista conosce di
queste vie molte cose che potrebbero sembrare strane al non iniziato.
Può succedere, per esempio,
che qualcuno sia molto progredito sulla via occulta, che si trovi, per così
dire, proprio alla vigilia dello schiudersi degli occhi animici e degli orecchi
spirituali; può allora aver la fortuna di fare un viaggio sul mare calmo, o
forse anche tempestoso, e a un tratto, la benda gli cade dagli occhi, diventa
veggente.
Altri, invece, è ugualmente
progredito, occorre soltanto che la benda si sciolga, e ciò si verifica per
mezzo di un colpo inatteso della sorte.
Mentre a un altro uomo quel
colpo avrebbe potuto paralizzare la forza, minare l’energia, per il discepolo
dell’occultismo, invece, diventa la causa che determina la illuminazione.
Un terzo aspetta per lunghi
anni con pazienza, senza raccogliere alcun risultato evidente.
A un tratto, mentre siede
tranquillamente nella sua camera silenziosa, attorno a lui si fa luce
spirituale; le pareti spariscono, diventano animicamente trasparenti, e un
nuovo mondo si stende dinanzi al suo occhio divenuto veggente, o risuona al suo
dischiuso orecchio spirituale.
LE CONDIZIONI NECESSARIE
PER L’EDUCAZIONE OCCULTA
Le condizioni per
l’ammissione alla scuola occulta non sono tali da poter essere stabilite
arbitrariamente da alcuno, ma sono determinate dalla natura stessa del sapere
occulto.
Come un uomo non può
diventare pittore se si rifiuta di prendere in mano il pennello, così pure
nessuno può ricevere l’educazione occulta, se non vuol,adempiere alle richieste
che il suo maestro ritiene necessarie.
In ultima analisi il maestro
dell’occultismo non può dare che dei consigli, e in questo senso appunto si
deve accogliere tutto ciò che egli dice.
Egli ha già percorso le vie
preparatorie che conducono alla conoscenza dei mondi superiori, e sa per
esperienza ciò che è necessario; dipende completamente dalla libera volontà
di ogni singola persona di decidere, se le convenga o meno di seguire quelle
medesime vie.
Chi volesse chiedere a un
maestro d’insegnargli la disciplina occulta, senza volerne però accettare le
condizioni, somiglierebbe proprio a una persona che dicesse: insegnatemi a
dipingere, ma non mi chiedete di toccar un pennello.
Il maestro dell’occultismo non può dare niente, se non d’accordo con la
libera volontà del candidato; occorre però rilevare che il desiderio generico
di conseguire la conoscenza superiore non basta; questo desiderio, naturalmente,
è comune a molte persone .
Chi ha soltanto
questo desiderio, senza la volontà di accettare le condizioni speciali
della disciplina occulta, non potrà intanto arrivare a niente.
A questo dovrebbero riflettere coloro i quali si lagnano che la
disciplina occulta non viene loro resa facile.
Chi non può o non vuole
adempiere a quelle severe condizioni deve rinunziare, per il momento, alla
disciplina occulta.
Le condizioni sono severe,
ma non dure, poiché l’adempimento di esse non soltanto dovrebbe, ma deve
assolutamente essere un atto di libera volontà.
Per chi non riflette a
questo, le condizioni richieste per l’educazione occulta potranno facilmente
sembrare Una coercizione dell’anima o della coscienza.
La disciplina consiste
infatti in una elaborazione della vita interiore; l’occultista deve
perciò dare dei consigli che si riferiscono a questa vita interiore.
Ma non può considerarsi come
una coercizione ciò che si richiede come emanazione di un atto libero di volontà.
Se qualcuno chiedesse al
maestro: «Comunicami i tuoi segreti, ma lascia ch’io rimanga con i miei
sentimenti, emozioni e rappresentazioni abituali», egli chiederebbe appunto
qualcosa di assolutamente impossibile; perché in tal caso cercherebbe soltanto
di soddisfare la sua curiosità, il suo desiderio di conoscenza.
Ma con un -atteggiamento
siffatto non si può mai conseguire il sapere occulto.
Enumeriamo ora per ordine le
condizioni che vengono imposte al discepolo dell’occultismo.
Conviene ripetere che di
nessuna di queste condizioni si richiede il completo adempimento, ma unicamente
lo sforzo verso un tale adempimento.
Nessuno può adempiere completamente
quelle condizioni, ma ognuno può incamminarsi sulla via del loro adempimento.
Ciò che importa è la
volontà, l’intenzione di avviarsi su quella strada.
La prima condizione è di
promuovere la salute del corpo e dello spirito.
Non dipende naturalmente da
noi avere più o meno salute, ma ad ognuno è possibile di cercare di
migliorarla.
Soltanto in un uomo sano la
conoscenza può essere sana.
La scuola occulta non
respinge un uomo che non è sano, richiede però che il discepolo abbia la
volontà di vivere sano.
A questo riguardo l’uomo
deve arrivare alla maggiore indipendenza possibile.
I buoni consigli degli altri
che ognuno riceve, per lo più non richiesti, sono generalmente superflui.
Ognuno deve sforzarsi è,
sorvegliare sé stesso.
In quanto al fisico, si
tratta più che altro di evitare influenze dannose.
Per compiere i nostri doveri
dobbiamo spesso imporci cose non favorevoli alla nostra salute.
L’uomo deve, al momento
giusto, saper porre il dovere al di sopra della cura della propria salute.
Ma con un poco di buona
volontà a quante mai cose si può rinunciare!
Il dovere dev’essere
collocato in molti casi al di sopra della salute, anzi spesso al di sopra della
vita; ma il discepolo non deve mai porre il piacere al primo posto.
Per lui il piacere non può
essere che un mezzo utile per la salute e per la vita; e a questo riguardo è
assolutamente necessario che il discepolo sia completamente leale e sincero con
sé medesimo.
La vita ascetica non serve a
niente se è ispirata dai medesimi moventi degli altri piaceri.
Una persona può trovare
soddisfazione nell’ascetismo come una altra ne trova nel vino, ma non potrà
certo sperare che tale ascetismo l’aiuti a conseguire la conoscenza superiore.
Molti attribuiscono tutto
ciò che apparentemente ostacola il loro progresso in questa direzione alle
condizioni speciali della loro vita.
Essi dicono: «Nelle
condizioni di vita in cui mi trovo non mi posso evolvere».
Sotto altri riguardi può
essere effettivamente desiderabile, per molli, un cambiamento nelle condizioni
della loro vita, ma per poter seguire la disciplina occulta questo cambiamento
non è affatto necessario.
Per raggiungere questo scopo
basta che ognuno, nella condizione in cui si trova, faccia quarto più gli è
possibile per la salute del suo corpo e della sua anima.
Ogni genere di lavoro può
riuscire utile all’umanità intera; , ed è molto superiore l’anima umana che si
rende conto dell’utilità di un lavoro modestissimo, forse anche brutto, per
l’umanità intera, che non quella che pensa: «Questo lavoro è troppo modesto per
me, sono destinato ad altro».
È particolarmente
;importante che il discepolo dell’occultismo aspiri alla completa salute
spirituale.
Una vita mentale o affettiva
malsana, lo allontana in tutti i casi dalle vie della conoscenza superiore, per
seguire le quali occorre che egli si basi sulla calma e la chiarezza nel pensiero
e la sicurezza nelle impressioni e nel sentimento.
Nulla il discepolo deve
evitare quanto la tendenza al fantasticare, all’eccitazione, alla nervosità,
all’esaltazione, al fanatismo.
Deve considerare con sana
visione tutte le condizioni della vita e orientarsi in essa con sicurezza,
lasciando con calma che le cose parlino e agiscano su di lui.
Deve sforzarsi, sempre che
sia necessario, di essere giusto con la vita, ed evitare ogni esagerazione o
unilateralità nel suo giudizio e nel suo sentimento.
Se questa, condizione non
venisse osservata, il discepolo rischierebbe di trovarsi, anziché nei mondi
superiori, in quelli creati dalla sua propria immaginazione, e invece della
verità si affermerebbero in lui le sue opinioni predilette.
È meglio per il discepolo
essere «pedante», che non esaltato o fantastico.
La seconda condizione è di
sentirsi come un membro della vita collettiva; l’adempimento di questa condizione
ha una portata molto vasta, ma ogni singola persona può adempierla soltanto nel
proprio modo.
Se sono un educatore e il
mio allievo non, corrisponde a ciò che mi propongo di ottenerne, non devo
volgere il mio risentimento contro l’allievo, ma contro me stesso.
Devo sentirmi talmente
tutt’uno con l’allievo, da chiedere- i me stesso: «Ciò che difetta all’allievo
non, è forse conseguenza dell’opera mia?» - Invece di risentirmi con lui,
rifletterò piuttosto come io stesso mi debba regolare, perché in avvenire
l’allievo possa eorrispondere meglio alle mie esigenze.
Da un modo di pensare d
questo genere viene gradatamente a trasformarsi l’intero atteggiamento mentale
dell’uomo, tanto rispetto agli eventi piccoli quanto ai grandi.
Con tale disposizione del
pensiero, per esempio, considero, un malfattore diversamente da prima; non mi
permetto di giudicarlo e dico a me stesso: «Io sono un uomo come lui, e forse
soltanto l’educazione che le circostanze mi hanno per messo di avere, mi ha
salvato da un destino pari al suo».
Arrivo allora anche al
pensiero che quesito mio fratello umano sarebbe divenuto diverso, se i maestri
che mi hanno prodigato le loro cure le avessero rivolte a lui.
Rifletterò che mi stato concesso qualcosa che a lui è stato
sottratto, e che vado appunto debitore della mia superiorità al fatto che egli
ne è rimasto privo.
Non sarà allora lontana da
me l’idea che io sono un membro dell’ intiera umanità e perciò corresponsabile
di tutto quello che succede.
Ciò non significa che tale
pensiero debba immediatamente tradursi in agitazione o azione esteriore; deve
piuttosto essere coltivato nel silenzio dell’anima.
Allora gradatamente si
esprimerà nella condotta esteriore dell’uomo, e a tale riguardo ogni persona
può iniziare questa riforma soltanto su sé stessa, poiché a nulla giova, in
ordine a tali pensieri, cercare d’imporre degli obblighi all’umanità in
generale.
È facile formarsi un
criterio di ciò che gli uomini dovrebbero essere; il discepolo dell’occultismo
lavora però nella profondità, non alla superficie; sarebbe perciò un errore di
voler stabilire un rapporto fra questa condizione imposta dall’occultista e
qualsiasi altro obbligo esteriore, ad esempio politico, col quale la disciplina
occulta nulla ha a che fare.
Gli agitatori politici di
solito «sanno» bene ciò che vogliono «chiedere» agli altri uomini, ma parlano
poco degli obblighi che devono imporre a sé stessi.
Questo fatto è direttamente
connesso con la terza condizione della disciplina occulta.
L’allievo deve potersi
elevare all’idea, che i suoi pensieri e i suoi sentimenti hanno per il mondo
altrettanta importanza quanto le sue azioni; egli deve riconoscere che è altrettanto
nocivo odiare il prossimo quanto colpirlo.
Allora arriverà anche a
comprendere, che quando l’uomo lavora al proprio perfezionamento, compie
un’opera utile non soltanto per sé stesso, ma anche per il mondo; dalla purezza
dei suoi sentimenti e dei suoi pensieri il mondo ritrae altrettanto vantaggio
quanto dalla sua buona condotta.
Finché l’uomo non può
credere a questa importanza universale della propria vita interiore, egli non è
atto a essere discepolo dell’occultismo.
La giusta convinzione
dell’importanza della mia vita interiore e della mia anima, si manifesta in me
soltanto quando mi adopero nell’elaborazione di esse, attribuendo loro per lo
meno altrettanta realtà quanto alle cose esteriori.
Devo ammettere che il mio
sentimento ha un effetto come lo ha un’azione della mia mano.
Ciò che ora è stato detto
già esprime la quarta condizione: la convinzione, cioè, che la vera entità
dell’uomo non risiede nel suo essere esteriore, ma nel suo essere interiore.
Chi considera sé stesso
soltanto, come un prodotto del mondo esteriore, come un risultato del mondo
fisico, non può progredire nella disciplina occulta; il sentimento della
propria essenza animico-spirituale è a base di tale disciplina.
Chi riesce a sviluppare questo
sentimento diventa capace di distinguere fra il dovere interiore e il risultato
esteriore; impara a riconoscere che l’uno non può essere direttamente
commisurato all’altro.
Il discepolo dell’occultismo
deve trovare la giusta via di mezzo, fra ciò che le condizioni esteriori gli
impongono, e la condotta che egli ritiene di dover seguire.
Non deve imporre al suo
ambiente ciò che questo non è atto a comprendere, ma deve anche essere completamente
libero dal desiderio di fare soltanto ciò che può essere apprezzato dalle persone
che lo attorniano.
Egli deve cercare il
riconoscimento delle sue verità unicamente nella voce sincera della sua anima,
assetata di conoscenza.
Dal suo ambiente però deve
imparare quanto più gli è possibile, per scoprire ciò che ad esso può giovare e
riuscire utile, e in tal modo, svilupperà in sé stesso ciò che la scienza
occulta chiama la «bilancia spirituale».
Sopra uno dei piatti della
bilancia giace un «cuore aperto» alle necessità del mondo esteriore, sull’altro
«fermezza interiore e incrollabile perseveranza».
Queste qualità già si
riferiscono alla quinta condizione: la costanza nell’esecuzione di una
decisione presa.
Nulla deve indurre il
discepolo ad abbandonare una decisione presa, tranne la constatazione di essere
caduto in errore.
Ogni decisione è una forza,
e anche se questa forza non porta seco un risultato immediato nella direzione desiderata,
essa nondimeno agisce a suo modo.
Il risultato ha importanza
decisiva solo quando si compia un’azione per passione; ma tutte le azioni
compiute per passione non hanno valore rispetto al mondo superiore.
In questo è soltanto l’amore
che determina a un’azione.
In questo amore deve esplicarsi tutto ciò che spinge il discepolo
a un’azione; in tal caso, pure, egli non si stancherà di tornar sempre a
trasformare le sue decisioni in azione, malgrado i numerosi insuccessi che
potrà aver sperimentati.
Egli arriva in questo modo a
non aspettare gli effetti esteriori delle sue azioni, ma a trovare
soddisfazione nelle azioni stesse.
Egli imparerà a sacrificare al mondo le sue azioni, il suo intero essere,
senza curarsi di come il mondo accetterà questo suo sacrificio.
Chi vuol diventare un
discepolo dell’occultismo deve dichiararsi pronto a quest’opera di sacrificio.
Una sesta condizione è lo
sviluppo del sentimento di riconoscenza per tutto ciò che l’uomo riceve.
Bisogna considerare la propria esistenza come un dono dall’intero
universo.
Quanto mai occorre perché
ognuno di noi possa ricevere e conservare la sua esistenza!
Di quanto mai andiamo debitori
alla natura e agli altri uomini!
A tali pensieri devono
essere disposti coloro che desiderano seguire la disciplina occulta; chi non
può abbandonarvisi non è capace di sviluppare l’amore universale che è
necessario per arrivare alla conoscenza supersiore.
Ciò che, io non amo, non mi
si può manifestare; e ogni manifestazione deve colmarmi di gratitudine, perché
essa mi arricchisce.
Tutte le condizioni finora
citate devono riunirsi in una settima: quella di considerare costantemente la
vita alla stregua di queste condizioni.
Con ciò l’allievo si procura
la possibilità di dare un’impronta unitaria alla propria vita.
Le sue diverse
manifestazioni nella vita saranno fra, di loro in armonia, e non in
contraddizione, ed egli si troverà così preparato alla calma che gli occorre
conseguire durante i primi passi nella disciplina occulta.
Se qualcuno ha volontà seria
e leale di adempiere alle, condizioni suddescritte, può decidersi a seguire la
disciplina occulta, e si troverà pronto ad accogliere i consigli indicati.
A molti, alcuni di questi
consigli potranno sembrare qualcosa di esteriore; qualcuno potrebbe forse dire
che riteneva che la disciplina dovesse svolgersi con forme meno severe.
Ma tutto ciò che è
interiore, deve esplicarsi nell’esteriore; e come un dipinto non è, finché
esiste soltanto nella mente del pittore, così pure non può esservi una
disciplina occulta senza espressione esteriore.
Le forme severe esteriori
sono tenute in poco cento soltanto da coloro che non sanno che ciò che è
interiore deve esprimersi nell’esteriore.
È vero che è lo spirito che
importa, e non la forma, ma come la forma è vacua senza lo spirito, così pure
lo spirito rimarrebbe inerte se non si creasse una forma.
Le condizioni suindicate
sono adatte a rendere il discepolo dell’occultismo abbastanza forte da poter
soddisfare anche alle ulteriori esigenze che gli verranno poste dalla scuola occulta.
Se non adempie a queste
condizioni, dinanzi a ogni nuovo obbligo egli rimarrà titubante.
Senza di esse egli non può
avere la fiducia negli uomini che gli è necessaria; ed ogni aspirazione verso
la verità deve essere edificata sulla fiducia e sul vero amore per l’umanità;
deve essere edificata su queste, sebbene non possa scaturire da esse, ma
soltanto dalla forza della propria anima.
E l’amore dell’umanità deve
gradatamente estendersi all’amore per tutti gli esseri, anzi per tutta
l’esistenza.
Chi non adempie alle
condizioni citate non sentirà neppure il completo amore per ogni costruzione
per ogni creazione, e la tendenza ad astenersi da qualsiasi annientamento e
distruzione come tale.
Il discepolo
dell’occultismo, tanto con le sue azioni, quanto con le parole, i sentimenti, o
i pensieri, deve diventare incapace di distruggere alcuna cosa per puro amore
di distruzione.
A lui tutto ciò che è crescita
e divenire deve procurare gioia, ed egli deve prestarsi a opera di distruzione
nel solo caso in cui da essa possa trarre il modo di favorire vita novella.
Questo non significa che il
discepolo debba assistere impassibile al trionfo del male, egli deve cercare
quegli aspetti che gli permettano trasformarlo in bene.
Egli si renderà conto sempre
più, che il miglior modo di combattere il male e l’imperfezione è la creazione
del bene e della perfezione.
Il discepolo sa che non si
può creare nulla dal nulla, ma ciò che è imperfetto può essere trasformato in
perfetto.
Chi sviluppa in sé stesso la
tendenza a creare, trova ben presto la capacità di comportarsi giustamente di
fronte al male.
Chi si avvia alla disciplina
occulta deve rendersi conto, ch’essa deve servire ad edificare e non a
distruggere; egli deve perciò portar seco la volontà di dedicarsi a un lavoro
leale e disinteressato, senza desiderio di criticare o di distruggere.
Deve essere capace di devozione,
perché bisogna imparare ciò che ancora non si sa, e guardar con devozione ciò
che si rivela.
Amore
per il lavoro, e devozione, sono i sentimenti fondamentali che la disciplina
occulta esige nel discepolo.
Taluno
si accorgerà di non progredire nell’istruzione, per quanto sia convinto di
averci dedicato lavoro indefesso; ciò dipende dal fatto ch’egli non ha compreso
che cosa si debba intendere per lavoro e devozione.
Minimi
sono i risultati del lavoro, quando è compiuto per desiderio di successo, e
l’insegnamento seguito senza devozione reca poco vantaggio al discepolo.
È
l’amore per il lavoro, non l’amore per il risultato, quello che fa progredire.
Se
il discepolo cerca di sviluppare dei pensieri sani e un criterio giusto, non
deve turbare la sua devozione col dubbio e la diffidenza.
Il
fatto di non opporre immediatamente la propria opinione a una comunicazione che
ci viene fatta, ma di accoglierla con devota calma e benevolenza, non implica
affatto una servile rinunzia all’indipendenza del proprio giudizio.
Coloro
che sono arrivati a un certo grado di conoscenza sanno, ch’essi non lo hanno
raggiunto per virtù del loro ostinato giudizio personale, ma che il loro
successo è dovuto al fatto di avere ascoltato, ed elaborato tutto con calma.
Bisogna
sempre tener presente, che non occorre più imparare ciò che si è già capaci di
giudicare.
Se
dunque si vuol soltanto giudicare non si può più imparare.
Nella
disciplina occulta però si tratta di imparare; occorre avere assolutamente
volontà di studiare, e se vi è qualcosa che non si può comprendere, è meglio
non esprimere alcun giudizio, anziché un giudizio temerario; comprenderemo in
seguito a tempo giusto.
Quanto
più in alto il discepolo sale per i gradini della conoscenza, tanto più gli è
necessaria questa facoltà di ascoltare con devozione e calma.
Ogni
conoscenza della verità, ogni modo di vivere e di agire nel mondo dello spirito, diventa, nelle
regioni superiori, sottile e delicato, in confronto dell’attività
dell’ordinaria intelligenza e della vita nel mondo fisico.
Più si allarga la sfera
dell’attività dell’uomo, e più sono delicati i compiti che gli sono assegnati.
Questa appunto è la ragione
per cui gli uomini hanno nei riguardi delle regioni superiori «opinioni» e
«punti di vista» così diversi.
Ma anche sulle verità
superiori vi è in realtà una sola opinione, e si può arrivare a questa unica
opinione quando, per mezzo del lavoro e della devozione, ci si è elevati al
punto, di poter scorgere realmente la verità.
A un punto di vista diverso
dall’unico che sia vero potrà arrivare soltanto chi, per non essere sufficientemente
preparato, giudichi alla stregua dei suoi preconcetti, delle sue idee abituali,
ecc.
Come per un teorema di
matematica, così pure per le cose dei mondi superiori, non è possibile che una
sola opinione; ma bisogna prima prepararsi per potere arrivare a siffatta
«opinione».
Se si riflette a tutto
questo, le condizioni imposte dal maestro di occultismo non sembreranno strane
a nessuno.
É perfettamente vero, che la
verità e la vita superiore risiedono in ogni uomo, e che uno da per sé può e
deve trovarle.
Ma giacciono nel fondo
dell’anima e non è possibile trarle su dalle profondità, se non dopo avere
scartato tutti gli ostacoli.
I consigli su come ciò debba
effettuarsi, possono essere dati soltanto da chi ha esperienza nella scienza
occulta.
Questa scienza appunto dà
tali consigli; essa non impone a nessuna una verità, non proclama nessun dogma,
ma indica una via.
Chiunque, a dire il vero -
forse però soltanto dopo molte incarnazioni - potrebbe trovare questa via da
solo; ma ciò che si acquista con la disciplina occulta abbrevia il cammino.
Per mezzo di essa l’uomo
arriva più presto a un punto da cui può collaborare nei mondi in cui la
salvezza e l’evoluzione de-gli uomini vengono aiutate dal lavoro spirituale.
Questi sono i primi accenni
che occorreva dare per il conseguimento della conoscenza dei mondi superiori.
Nel prossimo capitolo, nel
proseguimento di questo studio, verrà mostrato ciò che si svolge negli elementi
costitutivi superiori della natura umana (nell’organismo animico, o corpo astrale,
e nello spirito o corpo mentale) durante tale evoluzione.
Così queste comunicazioni
saranno messe in una nuova luce, e sarà possibile penetrare in esse in un senso
più profondo.
Una delle massime
fondamentali della vera scienza occulta dice, che chiunque si dedica allo
studio della medesima, lo faccia con piena consapevolezza; non deve imprendere
a praticare niente di cui non conosca la portata.
L’occultista, il quale dà al
discepolo un consiglio, o un’istruzione, gli dirà al tempo stesso quale effetto
quella pratica potrà produrre nel corpo, nell’anima o nello spirito di chi
aspira alla conoscenza superiore.
Qui diremo soltanto di
alcuni degli effetti che si verificano sull’anima del seguace dell’occultismo.
Solo chi conosce le cose che
verranno ora comunicate può iniziare con piena comprensione le pratiche che
conducono alla conoscenza dei mondi soprasensibili; e soltanto una persona
siffatta può essere un vero discepolo dell’occultismo.
Ogni brancolare nel buio è,
severamente proibito nella ve-ra disciplina occulta.
Chi non vuole compiere la
sua istruzione con gli occhi aperti potrà diventare un medium; alla vera
chiaroveggenza, nel senso della scienza occulta, non potrà arrivare.
Nell’uomo che segue in
questo senso gli esercizi descritti nei capitoli precedenti (sull’acquisto
delle conoscenze superiori) si effettuano anzitutto certe modificazioni del
cosiddetto organismo animico; ma quest’organismo non può essere percepito che
dal chiaroveggente.
Lo si può paragonare a una
nube animico-spirituale più o meno luminosa, in mezzo alla quale sta il corpo
fisico dell’uomo (l).
In questo organismo gli
istinti, i desideri, le passioni, le rappresentazioni, ecc., diventano
spiritualmente visibili.
Gli appetiti sensuali, per
esempio, si palesano in esso come irradiazioni rossicce-scure di una
determinata forma.
Un pensiero puro, nobile, si
esprime in un’irradiazione viola-rossiccia; il concetto preciso di un pensatore
logico si presenta come una figura giallastra a contorni ben determinati,
mentre il pensiero confuso di un cervello disordinato si manifesta come una
figura con contorni incerti.
(l) Se ne trova una descrizione nel mio libro Introduzione alla conoscenza soprasensibile del mondo e del destino umano.
I pensieri degli uomini con
opinioni unilaterali e ristrette si palesano, con contorni duri, immobili,
mentre quelli delle persone che sono accessibili alle opinioni altrui hanno
contorni mobili, che si trasformano ‘ ecc. (2).
Quanto, più l’uomo
progredisce nell’evoluzione della sua anima, tanto più il suo organismo animico
si costituisce regolarmente.
Nell’uomo la cui vita
animica non è sviluppata, esso è confuso, non organizzato.
Ma anche in un organismo
animico non organizzato, il chiaroveggente può percepire una figura che emerge
chiaramente da ciò che la circonda.
Essa si estende
dall’interiore della testa fino alla metà del corpo fisico; si palesa come una
specie di corpo indipendente dotato di determinati organi.
Gli organi di cui ora verrà
parlato, vengono percepiti spiritualmente nella vicinanza delle seguenti parti
del corpo fisico: il primo, fra i due occhi; il secondo, vicino alla laringe;
il terzo, nella regione del cuore; il quarto, vicino alla cosiddetta bocca
dello stomaco; il quinto e il sesto risiedono nell’addome.
Queste figure vengono
dall’occultista chiamate «ruote» (chakrams), o anche «fiori di loto».
Sono così denominate per la loro somiglianza con le ruote o i fiori; bisogna
però rendersi chiaramente conto che tali espressioni sono altrettanto poco
esatte quanto, per esempio, la denominazione di «ali», che si suole applicare
alle due parti dei polmoni.
(2) In tutte l, descrizioni che seguiranno bisogna tener conto che, per esempio, quando è stato detto «vedere un colore» s’intende parlare di «vista spirituale» (veggenza). Quando il chiaroveggente dice: «Io vedo rosso», ciò significa: «Nel mondo animico spirituale ho un’esperienza simile a quella che mi procura fisicamente l’impressione del colore rosso». Poiché alla conoscenza chiaroveggente, in tal caso, riesce naturale di dire: «io vedo rosso», si adopera questo modo di esprimersi. Chi non riflette a questo, può facilmente scambiare una visione di colori con una vera esperienza chiaroveggente.
Come in quest’ultimo caso si
sa che non si tratta di «ali», così anche nel primo ci si deve ricordare che
quelle espressioni sono adoperate figurativamente.
Ora nell’uomo non evoluto
questi «fiori di loto» sono di colore oscuro, e stanno fermi, senza movimento;
nel chiaroveggente, invece, sono in movimento e hanno sfumature luminose di
colori.
Anche nel medium succede
qualcosa di simile, ma in modo diverso; non daremo, qui altre spiegazioni in proposito.
Quando dunque un discepolo
dell’occultismo inizia i suoi esercizi, succede anzitutto che i fiori di loto
si schiariscono; più tardi cominciano a roteare.
Quando quest’ultimo fatto si
verifica, incomincia la capacità della chiaroveggenza.
Perché questi «fiori» sono
gli organi sensori dell’anima (l), e la loro.rotazione significa che la
percezione- nel soprasensibile, è in attività.
Nessuno, può vedere alcunché di soprasensibile, se non dopo che i suoi
sensi astrali si siano in tal modo sviluppati.
L’organo sensorio spirituale che risiede nella vicinanza della laringe dà
la possibilità di penetrare con lo sguardo chiaroveggente nel pensiero di un
altro essere animico; esso schiude pure una visione più profonda nelle vere
leggi dei fenomeni naturali.
L’organo nelle vicinanze del
cuore conferisce la conoscenza chiaroveggente dei sentimenti delle altre anime.
Chi lo ha sviluppato può
anche riconoscere talune forze più profonde negli animali e nelle piante.
Per mezzo del senso, che
risiede nelle vicinanze della cosiddetta «bocca dello stomaco», si consegue la
conoscenza delle capacità e delle doti delle anime; esso permette
pure di scorgere la parte che animali, piante, pietre, metalli e fenomeni
atmosferici, ecc., hanno nell’armonica economia della natura.
(l) Ciò che è stato detto nella precedente annotazione circa la «vista dei colori», si applica anche a queste percezioni della «rotazione», come pure a quelle dei «fiori di loto».
L’organo vicino alla laringe
ha sedici «petali», o «raggi», quello nella regione del cuore ne ha dodici, e
quello nella vicinanza della bocca dello stomaco ne ha dieci.
Ora, alcune attività
animiche sono, connesse allo sviluppo di questi organi sensori, e chi le
pratica in un determinato modo dà un certo contributo allo sviluppo del
relativo organo sensorio spirituale.
Del «fiore di loto a sedici
petali», otto petali vennero già formati nel remotissimo passato, durante uno
stadio anteriore della evoluzione dell’uomo, e a questo sviluppo egli non ha
portato nessun contributo.
L’uomo li ha ricevuti come
un dono della natura, quando ancora era in uno stato di coscienza trasognato e
ottuso, e a quel gradino della evoluzione dell’umanità essi già erano in stato
di attività.
Quel genere di attività però
era soltanto adatto allo stato ottuso di coscienza, e quando più tardi la
coscienza si è rischiarata, quei petali si oscurarono e posero termine alla
loro attività.
Gli altri otto petali,
l’uomo li può sviluppare da sé per mezzo di esercizi, e allora l’intiero fiore
di loto diventa luminoso e mobile.
Al singolo sviluppo di
ognuno dei sedici petali è collegato l’acquisto di determinate capacità, ma,
come appunto è stato accennato, l’uomo non può svilupparne coscientemente che
otto, gli altri otto ricompaiono poi spontaneamente.
Il loro sviluppo si svolge
nel modo seguente: l’uomo deve porre cura e attenzione a certi processi
animici, che egli compie di solito senza fermarci il pensiero; tali processi
sono appunto otto.
Il primo riguarda il modo di
appropriarsi di rappresentazioni.
Generalmente l’uomo a questo
riguardo se ne rimette completamente al caso; egli ode, o vede, questa o quella
cosa, e forma in ordine ad essa i suoi concetti.
Finché, procede a questo
modo, il suo fiore di loto a sedici petali rimane completamente inattivo;
soltanto quando egli intraprende la propria auto-educazione in questa
direzione, esso comincia a diventare attivo.
A questo fine, egli deve
sorvegliare le proprie rappresentazioni; ogni singola rappresentazione deve
acquistare per lui un significato; in ognuna egli deve scorgere un determinato
messaggio, una comunicazione intorno alle cose del mondo esteriore.
Non deve contentarsi di
rappresentazioni che non abbiano tale significato.
Egli deve dirigere l’intiera
sua vita concettuale in modo ch’essa diventi uno specchio fedele del mondo esteriore,
e deve adoperarsi ad allontanare dalla sua anima le rappresentazioni errate.
Il secondo processo animico
concerne, in modo analogo, le risoluzioni del discepolo.
Egli non deve prendere una
risoluzione, anche in ordine alle cose più insignificanti, se non dopo matura e
seria riflessione; deva tenere lontano dall’anima sua ogni azione meno che
pensata, ogni attività non ragionata; ogni suo atto deve poggiare su motivi ben
vagliati, ed egli deve rinunziare a ciò che non è determinato da una ragione
valida.
Il terzo processo si
riferisce alla favella.
Le labbra del discepolo
devono proferire soltanto, ciò che ha senso e importanza.
Ogni discorrere per semplice
piacere di parlare lo distrae dalla sua via.
L’abituale modo di
intrattenersi, in cui si suol discorrere alla rinfusa dei soggetti più
svariati, deve essere evitato dal discepola.
Egli non deve però
rinunziare alle relazioni coi suoi simili, per ché appunto intrattenendosi con
essi la sua conversazione può diventare significativa.
Egli discorre e risponde a
ognuno, ma lo, fa con riflessione, a ragion veduta; non parla mai a caso, e cerca
di non usare né troppe né troppo poche parole.
Il quarto processo animico
riguarda il modo di regolare l’attività esteriore.
Il seguace dell’occultismo
cerca di disporre la sua attività in modo, che armonizzi con quella dei suoi
simili e con le peculiarità del suo ambiente.
Egli rinunzia alle azioni
che possono turbare gli altri, o che sono in antagonismo con ciò che si svolge
attorno a lui; cerca di disporre la propria attività in modo ch’essa
s’inserisca armonicamente nell’ambiente, nella sua situazione nella vita, ecc.
Quando è stimolato
all’azione da qualche movente esteriore, egli esamina con cura come meglio gli
convenga comportarsi in quell’occasione; se agisce, invece, per iniziativa
propria, egli pesa e valuta gli effetti del suo modo di agire con la maggiore
chiarezza.
Il quinto punto da
considerare riguarda l’organizzazione dell’intiera vita.
Il discepolo cerca di vivere
in conformità con la natura e con lo spirito; non ha mai troppa fretta, ma non
trascura niente, e si tiene ugualmente lontano dal soverchio affaccendarsi,
quanto dalla indolenza.
Considera la vita come un
mezzo al lavoro e si regola in conseguenza, organizza la cura della sua salute,
le sue abitudini, ecc., in modo da farne risultare una vita armonica.
La sesta condizione si riferisce
alle aspirazioni umane.
Il discepolo esamina le sue
facoltà e le sue capacità e si regola secondo tale auto-conoscenza; cerca di
non fare niente che ecceda le sue forze, ma non trascura neppure alcuna cosa
che risieda nei limiti di esse.
D’altra parte, egli si
prefigge degli scopi che coincidono con gli ideali, con gli alti doveri
dell’uomo; non si limita alla parte di semplice ruota nella macchina sociale,
ma cerca di comprendere i suoi compiti e di elevare lo sguardo al di sopra
della vita quotidiana.
Egli aspira ad eseguire i
suoi doveri sempre meglio e con maggior perfezione.
La settima condizione
imposta alla vita animica del discepolo riguarda lo sforzo con cui egli deve
tendere a imparare quanto più è possibile dalla vita; nulla si svolge dinanzi a
lui che non gli serva di stimolo per raccogliere esperienze che gli saranno
utili per la vita.
Se ha compiuto qualche
azione sbagliata e imperfetta, deve trarne occasione per compierla in seguito
in modo giusto e perfetto; e al medesimo fine deve osservare anche l’agire
degli altri; deve insomma cercare di raccogliere una ricca messe di
osservazioni da cui attingere con cura nell’avvenire utile ammaestramento.
Non deve compiere azione
alcuna senza consultare quelle passate esperienze che possono essergli di aiuto
per le sue decisioni e attività.
L’ottava condizione
finalmente richiede che il discepolo dell’occultismo volga di tempo in tempo
uno sguardo nella propria interiorità; egli deve immergersi in sé stesso,
chiedere seriamente consiglio a sé medesimo, formare e valutare i principi su
cui fonda la propria vita, passare mentalmente in rassegna le proprie cognizioni,
esaminare i suoi doveri, riflettere sul contenuto e sullo scopo della vita,
ecc. .
Di tutte queste cose, del
resto, si è già parlato nei capitoli precedenti; torniamo qui a enumerarle
soltanto nei riguardi dello sviluppo del fiore di loto a sedici petali.
Esercitandolo, questo fiore
diventa sempre più perfetto, perché da tali esercizi dipende lo sviluppo della
facoltà della chiaroveggenza.
Quanto più, per esempio, i
pensieri e le parole di un uomo sono in armonia con i processi del mondo
esteriore, tanto più, presto si sviluppa quella facoltà.
Chi pensa o dice cosa non
vera, uccide qualcosa nel germoglio del fiore di loto a sedici petali.
La veracità, la lealtà,
l’onestà, sono, a questo riguardo, forze costruttrici; la menzogna, la falsità,
la slealtà sono forze distruttrici.
E il discepolo deve sapere
che in questo campo non basta la «buona intenzione», ma occorre vera azione.
Se ciò che penso o dico non
si accorda con la realtà, distruggo qualcosa nel mio organo sensorio
spirituale, anche se credo di essere animato dalle migliori intenzioni.
Succede come al bambino, che
si scotta quando mette la mano sul fuoco, sebbene lo faccia solo per ignoranza.
Il modo sopra descritto,
secondo il quale sono ordinati i suddetti processi animici, permette al fiore
di loto a sedici petali d’irradiare bellissimi colori e gli conferisce un
movimento regolare.
Occorre però osservare che
la facoltà della chiaroveggenza, di cui si è parlato, non può affacciarsi prima
che sia stato raggiunto un determinato grado di perfezionamento dell’anima.
Finché l’uomo trova
difficoltà a orientare la vita in tale direzione, la chiaroveggenza non si
presenta; finché gli occorre dedicare molta cura ai processi descritti, non è
maturo; soltanto quando è progredito al punto di vivere nel modo descritto,
altrettanto abitudinariamente quanto nella vita ordinaria, si affacciano in lui
i primi segni della chiaroveggenza.
Allora quel modo di vivere
non deve più riuscire faticoso, ma deve essere divenuto naturale: non deve più
occorrere di esercitare una continua sorveglianza su sé stesso e di stimolarsi
a quella vita; essa deve essere diventata un’abitudine.
Vi sono alcuni metodi per
mezzo di cui lo sviluppo del fiore di loto a sedici petali può essere prodotto
in altro modo, ma la vera scienza occulta li respinge, perché conducono alla
distruzione della salute del corpo e alla perversione del senso morale.
Essi sono più facili ad
eseguire che non quelli qui descritti, i quali sono noiosi e faticosi, ma
conducono a mèta sicura e non possono che fortificare il morale.
Lo sviluppo irregolare di un
fiore di loto, quando sorge una certa facoltà di chiaroveggenza, non produce soltanto
illusioni e idee fantastiche, ma anche errori e mancanza di equilibrio nella vita
ordinaria.
Per causa di tale sviluppo
si può diventare paurosi, invidiosi, vanitosi, superbi, ostinati, ecc., mentre
prima non si avevano affatto queste qualità.
È stato detto, del fiore di
loto a sedici petali, che otto di questi erano già sviluppati in un remotissimo
passato e che si ripresentano spontaneamente nel corso dell’educazione occulta;
ormai, dunque il discepolo deve volgere ogni sua cura sugli altri otto petali.
Quando la disciplina non è
giusta, può succedere facilmente che tornino a presentarsi soltanto i petali
anticamente sviluppati, mentre quelli che ancora si devono formare rimangono
atrofizzati.
Ciò si verifica soprattutto
quando l’istruzione non cura abbastanza il pensiero logico e razionale.
È di somma importanza che il
discepolo sia un uomo ragionevole, con lucidità di pensiero, ed è ancora più
importante ch’egli manifesti questa chiarezza nelle sue parole.
Gli uomini, i quali
cominciano a presentire alcunché del mondo soprasensibile, ne parlano spesso e
volentieri, ma, così facendo, impediscono la propria giusta evoluzione.
Quanto meno si parla di
queste cose, tanto meglio sarà; dovrebbe parlarne soltanto chi ha raggiunto in
proposito un determinato grado di chiarezza.
Al principio
dell’insegnamento i discepoli dell’occultismo sono sorpresi, di solito, nel
vedere quanto poco la persona già spiritualmente evoluta sia «curiosa» di
conoscere le loro esperienze.
Sarebbe meglio per essi
appunto di non raccontare affatto le loro esperienze e di parlare soltanto
della maggiore o minore difficoltà che incontrano nel compiere i loro esercizi
o nel seguire le istruzioni; perché la persona spiritualmente evoluta ha mezzi
ben diversi per giudicare dei loro progressi che non le loro dirette comunicazioni.
Gli otto petali in questione
riescono alquanto induriti da tali comunicazioni, mentre dovrebbero conservarsi
morbidi e flessibili.
Per spiegarci meglio citerò
un esempio che, per maggior chiarezza, non verrà tratto dal mondo soprasensibile,
ma dalla vita ordinaria.
Vogliamo supporre che io oda
una notizia e mi formi subito un giudizio in proposito.
Poco dopo mi viene riferita
un’altra notizia sul medesimo argomento che non concorda con la prima, e mi trovo
perciò costretto a modificare il giudizio che mi ero formato.
Questo fatto esercita
un’influenza non favorevole sul mio fiore di loto a sedici petali.
Tutto ciò sarebbe invece
andato ben diversamente se da principio avessi aspettato a formarmi un
giudizio, se avessi «serbato silenzio» interiormente con i pensieri, come pure
esteriormente con le parole, sulla intera vicenda, fino al momento in cui
potessi avere elementi assolutamente sicuri sui quali basare il mio giudizio.
La prudenza nel formare ed
esprimere dei giudizi diventa gradatamente la caratteristica speciale del
discepolo dell’occultismo.
Per contro, cresce la sua
ricettività per le impressioni e le vicende ch’e gli lascia sfilare dinanzi a
sé silenziosamente, al fine di crearsi la maggior copia possibile di esperienze
alle quali attenersi quando gli è necessario di giudicare.
Tale modo prudente di agire
produce nei petali del fiore di loto delle sfumature rosso-azzurrognole e
rosso-rosee, mentre nel caso opposto le sfumature che :si presentano sono, di
colore rosso-scuro, o arancione.
In modo analogo al fiore di
loto a sedici petali (l) si forma pure il fiore di loto a dodici petali che
risiede nelle vicinanze del cuore.
Anche in questo la metà dei petali già esisteva ed era in attività in un
passato stadio di evoluzione dell’uomo; questi sei petali perciò non richiedono
una speciale elaborazione durante la disciplina occulta; essi compariscono
spontaneamente e cominciano a roteare non appena gli altri sei vengono elaborati.
(l)Una persona pratica dell’argomento riconoscerà nelle condizioni per l’evoluzione del «fiore di loto a sedici petali» le istruzioni che il Buddha ha dato ai suoi discepoli per il «sentiero». Ma qui non si tratta d’insegnare del «Buddismo», ma di esporre delle condizioni di evoluzione che risultano dalla scienza occulta stessa. Che esse si accordino con alcuni insegnamenti del Buddha, non impedisce che si riconoscano come vere per sé stesse.
Anche per favorire lo sviluppo di questi ultimi occorre che l’uomo dia
coscientemente una determinata direzione ad alcune speciali attività
dell’anima.
Bisogna rendersi ora
chiaramente conto che le percezioni dei singoli sensi spirituali o animici
hanno caratteri diversi.
La percezione del fiore di
loto a dodici petali è diversa da quella del fiore che ne ha sedici.
Quest’ultimo percepisce le
figure, i pensieri di un’anima, le leggi in ordine alle quali un fenomeno
naturale si effettua, si palesano al fiore di loto a sedici petali in forma di
figure.
Ma queste figure non sono
rigide, immobili, bensì attive, piene di vita.
Il chiaroveggente in cui è
sviluppato questo senso, può dire, per ogni genere di pensiero, per ogni legge
della natura, la forma in cui si esprime.
Un pensiero di vendetta, per
esempio, assume una figura di freccia, dentellata; un pensiero benevolo ha spesso
la forma di un fiore che si schiude, ecc.
I pensieri esatti,
significativi, di solito hanno forma regolare, simmetrica; i concetti poco,
chiari hanno contorni confusi e incerti.
Per mezzo del fiore di loto
a dodici petali si ottengono percezioni affatto diverse.
La natura di queste
percezioni si può caratterizzare a un dipresso paragonandole a calore e a
freddo dell’anima.
Un chiaroveggente dotato di
questo senso sente emanare, dalle figure che percepisce per mezzo del fiore di
loto a sedici petali, tale calore animico o freddo animico.
Immaginiamo ora che un
chiaroveggente abbia sviluppato il solo fiore di loto a sedici petali e non
quello di dodici; in questo caso egli, di un pensiero benevolo, vedrebbe
soltanto la figura sopra descritta, mentre chi ha sviluppato ambo i sensi
osserva anche quell’emanazione del pensiero che appunto si può solo indicare
come calore dell’anima.
Occorre però far notare che,
nella disciplina occulta un senso non viene mai sviluppato senza l’altro,
sicché l’esempio citato non è che ipotetico, e mira soltanto ad arrivare a
maggiore chiarezza.
Per mezzo della formazione
del fiore di loto a dodici petali, si sviluppa nel chiaroveggente anche una
profonda comprensione dei processi della natura.
Tutto ciò che è in via di
crescere, di svilupparsi, emana calore animico; tutto ciò che è in via di
appassire, deperire, morire, si presenta col carattere di freddo animico.
Lo sviluppo di questo senso
può essere accelerato nel seguente modo.
Occorre anzi tutto che il
discepolo regoli il corso dei propri pensieri (il cosiddetto; dominio del
pensiero).
Come il fiore di loto a
sedici petali viene sviluppato per mezzo di pensieri veri, significativi, così
quello a dodici petali viene sviluppato per mezzo dell’interiore padronanza del
corso, dei pensieri.
I pensieri erranti, che non
si susseguono in modo assennato e logico, ma che sono associati per puro caso,
guastano la forma di questo fiore di loto.
Quanto più un pensiero fa
seguito all’altro, quanto più tutto ciò che non è logico viene tolto di mezzo,
tanto più quest’organo sensorio consegue la giusta sua forma.
Quando dei pensieri non
logici vengono espressi davanti al discepolo, egli deve mentalmente subito
correggerli, pensando a quelli giusti.
Per favorire la propria
evoluzione, egli non deve, con poco spirito di carità, evitare la compagnia
delle persone poco logiche, né deve sentirsi spinto a correggere immediatamente
tutto ciò che vi è di non logico nel suo ambiente; dovrà piuttosto riordinare
interiormente, con completa calma, i pensieri che lo assalgono dall’esteriore,
e dar loro una direzione logica e assennata.
Nei propri pensieri, pure,
egli si sforza di conservare ovunque questa direzione.
La seconda qualità che il
discepolo deve sviluppare è quella d’introdurre nelle proprie azioni il
medesimo ordine di giusta consecutività (controllo delle azioni).
Ogni instabilità e
disarmonia dell’azione conduce a rovina il fiore di loto di cui ora parliamo.
Il discepolo
dell’occultismo, dopo ogni sua azione, deve regolare quella seguente in guisa
che risulti in modo logico dalla prima; chi agisce un giorno in senso contrario
all’altro non svilupperà mai la facoltà sopra descritta.
La terza qualità è, lo
sviluppo della perseveranza.
Il discepolo dell’occultismo
non lascia mai che alcuna influenza lo devii dallo scopo che si è imposto,
finché continua a ritenerlo giusto; gli ostacoli lo inciteranno a perseverare,
non saranno mai per lui un impedimento.
La quarta qualità è
l’indulgenza (tolleranza) verso gli uomini, verso gli altri esseri, e anche di
fronte ai fatti.
Il discepolo reprime ogni
superflua critica di ciò che è imperfetto, brutto o cattivo, e cerca piuttosto
di comprendere tutto ciò che gli si avvicina.
Come il sole non nega la sua
luce al brutto e al male, così egli pure non può mai negare il suo
interessamento comprensivo.
Se il discepolo si trova di
fronte a qualche contrarietà, non si perde, in critiche sfavorevoli, ma si
adatta alle circostanze e cerca, per quanto la sua forza glielo permetta, di
volgere la cosa in bene.
Non considera le altrui
opinioni soltanto dal proprio punto di vista, ma cerca di considerarle dal
punto di vista degli altri.
La quinta qualità è,
l’obiettività di fronte ai fenomeni della vita.
A, questo riguardo si usa
parlare anche della «fede», o della «fiducia».
Il discepolo muove incontro
a ogni uomo, a ogni essere con questa fiducia, e di essa s’impregna per ogni
sua attività; quando qualcosa gli viene comunicato, non dice mai a sé stesso:
«non credo a questo, perché è contrario all’opinione che ho avuta finora».
È piuttosto, sempre pronto a
rivedere la sua opinione e il suo punto di vista e a correggerlo.
Il discepolo si mantiene
sempre in uno stato di recettività verso tutto ciò che gli si avvicina, e ha
fiducia nella efficacia di ciò che intraprende.
Scaccia dal suo essere la
timidità e il dubbio; se nutre qualche proposito, e cento insuccessi non
valgono a togliergli questa fede.
Questa è quella «fede che è
capace di muovere le montagne».
La sesta qualità è
l’acquisto di un certo equilibrio nella vita (imperturbabilità).
Il discepolo si sforza di
conservare un’equilibrata serenità così nel dolore come nella gioia; perde
l’abitudine di oscillare fra una gioia esagerata e una depressione mortale.
La sventura e il pericolo lo
trovano corazzato quanto la gioia e la prosperità.
I lettori di opere
scientifico-spirituali trovano ciò che è stato qui descritto, enumerato nelle
«sei qualità» che chi aspira al deve sviluppare in sé.
Qui occorreva esporre il
loro rapporto con il senso animico, che si chiama il fiore di loto a dodici
petali.
La disciplina occulta può
anche dare le speciali istruzioni che accelerano la maturazione di questo
fiore, ma anche qui la struttura regolare della forma di quest’organo sensorio
dipende dall’evoluzione delle qualità sopra citate; e se a questa evoluzione
non è stato provveduto, l’organo assume forme di vera caricatura; in tal caso,
con lo svilupparsi di una certa chiaroveggenza, le suddette qualità possono
volgersi al male, anziché al bene.
L’uomo può diventare
particolarmente intollerante, pauroso, contrario al suo ambiente.
Per esempio, può arrivare a
scorgere i sentimenti delle altre anime e in conseguenza ad allontanarsene, o a
odiarle; e questo può giungere a tal punto, che per il freddo che gl’invade
l’anima di fronte alle opinioni opposte alle sue, egli non è in grado di ascoltarle,
o assume un atteggiamento ostile verso di esse.
Se a tutto ciò che è stato
detto, il discepolo dell’occultismo aggiunge l’osservanza di alcune istruzioni
che può ricevere dal suo maestro soltanto a voce, egli determina un
corrispondente acceleramento nello sviluppo del fiore di loto.
Tuttavia le indicazioni che
qui vengono date conducono assolutamente alla vera disciplina occulta.
Anche per colui però che non
vuole, o non può seguire una disciplina occulta, riesce utile organizzare la
vita nella direzione indicata, perché l’effetto sull’organismo animico si
verifica in tutti i casi, sia pure lentamente; per il discepolo dell’occultismo
l’osservanza di queste massime fondamentali è indispensabile.
Se egli seguisse una
disciplina occulta senza osservarle, penetrerebbe nei mondi superiori con un
occhio mentale difettoso; e invece di riconoscere la verità, andrebbe in tal
caso soggetto soltanto a errori e illusioni.
Diventerebbe, sotto un certo
riguardo, chiaroveggente, ma in realtà cadrebbe vittima di una cecità maggiore
di prima.
Perché fino allora, per lo
meno, egli si teneva forte nel mondo sensibile, e in questo aveva un
determinato appoggio; ora invece vede dietro al mondo sensibile e di esso
comincia a dubitare, prima di trovarsi sicuro in un mon do superiore.
Gli potrà allora anche
succedere di non poter più distinguere il vero dal falso e di perdere ogni
direttiva nella vita; per questa ragione, appunto, la pazienza è tanto
necessaria in queste cose.
Bisogna sempre riflettere
che alla scienza occulta non è permesso d’impartire le sue istruzioni, se non
in misura corrispondente alla buona volontà che il discepolo dimostra per
l’evoluzione regolare dei «fiori di loto».
Si svilupperebbero vere
caricature di questi fiori, se venissero portati a maturità prima di avere
conseguito con tranquillità la forma che ad essi spetta di avere.
Perché le istruzioni
speciali della scienza occulta favoriscono la maturazione; la forma, però,
viene data dal genere di vita descritto.
È particolarmente delicata
la natura dell’educazione che è necessario dare all’anima per lo sviluppo del
fiore di loto a dieci petali, perché si tratta ora d’imparare a dominare da sé
stessi, in modo cosciente, le impressioni dei sensi.
Per il chiaroveggente
principiante questo è specialmente indispensabile, perché così soltanto egli
sarà in grado di evitare una sorgente d’innumerevoli illusioni e di errori
spirituali.
L’uomo generalmente non si
rende affatto conto da quali cose le sue idee, i suoi ricordi siano dominati, e
da quali cause vengano determinati.
Consideriamo il seguente
esempio.
Qualcuno viaggia in ferrovia
ed è assorto in un pensiero; a un tratto il suo pensiero prende una direzione affatto
diversa: egli si ricorda di un’esperienza avuta molti anni prima e la intreccia
coi suoi pensieri attuali.
Non si è però accorto
affatto, che i suoi occhi si sono volti verso il finestrino, e che il suo
sguardo si è fermato sopra una persona che somigliava a un’altra che aveva
preso parte all’esperienza ricordata.
Ciò ch’egli ha veduto non
affiora affatto nella sua coscienza; gli se ne presenta soltanto l’effetto, e
così egli crede che il ricordo sia sorto spontaneamente in lui.
Quanti mai casi di questo
genere non succedono nella vita; quante cose da noi sperimentate o lette
esplicano un’azione nella nostra vita, senza che se ne possa rintracciare
coscientemente il rapporto.
Qualcuno, per es., ha
antipatia per un determinato colore, ma non sa che la sua avversione deriva dal
fatto che un maestro, che lo ha tormentato molti anni prima, portava un abito
di quel colore.
Infinite illusioni poggiano
sopra associazioni d’idee di questo genere; molti fatti s’imprimono nell’anima
senza che per questo penetrino anche nella coscienza.
Può succedere, per esempio,
che qualcuno legga in un giornale la notizia della morte di una persona conosciuta
e s’immagini di avere già previsto quella morte «il giorno prima», sebbene non
avesse udito né veduto niente che potesse suscitargli tale idea; ed è vero,
infatti, che il giorno prima era sorto in lui, come «spontaneamente», il
pensiero che quella persona morirebbe.
Ma egli non tiene conto
della circostanza che un paio di ore prima di avere quel pensiero, era andato a
far visita a un amico, sulla tavola del quale si trovava un giornale; e pur
senza leggerlo, incoscientemente il suo sguardo si era posato sulla notizia
della grave malattia della persona in questione; quell’impressione non penetrò
nella sua coscienza, e tuttavia ne è derivato il «presentimento».
Se si riflette su tali
circostanze, ci si l può render conto di quale profonda sorgente esse possano
essere di illusioni e di fantasticherie.
E questa sorgente deve
essere eliminata da colui che vuol formare il suo fiore di loto a dieci petali,
perché per mezzo di questo fiore il discepolo può percepire qualità
profondamente nascoste nelle anime altrui, ma non può fare assegnamento sulla
verità di queste sue percezioni, se non dopo essersi completamene liberato
dalle illusioni su descritte.
A tal fine occorre acquistare
completa padronanza su ciò che dal mondo esteriore agisce su di noi, e acquistarla
a tal punto che le impressioni che non si vogliono ricevere non siano da noi
effettivamente accolte.
Una capacità siffatta può
conseguirsi soltanto per mezzo di una forte vita interiore.
Bisogna che la nostra
volontà acquisti l’abito di lasciare agire su di noi soltanto le cose sulle
quali è volta la nostra attenzione, e di sottrarci invece completamente alle
impressioni che volontariamente non abbiamo cercate.
Ciò che si vede, dobbiamo
volerlo vedere; e ciò su cui non volgiamo la nostra attenzione deve effettiva
mente non esistere per noi.
Quanto più il lavoro
interiore dell’anima diventa vitale ed energico, tanto più riusciremo a
conseguire questo risultato.
Il discepolo deve evitare
ogni oziosa divagazione della vista e dell’udito; devono esistere per lui
soltanto quelle cose verso le quali ha diretto volontariamente l’occhio e
l’orecchio.
Deve esercitarsi, anche nel
massimo frastuono a non udire affatto, a meno che non voglia udire, e deve far
sì che il suo occhio non possa ricevere le impressioni di ciò che egli non ha
intenzione di vedere; deve essere difeso, come da una corazza psichica, contro
tutte le impressioni incoscienti.
In questa direzione occorre
che rivolga speciale cura alla vita del pensiero.
Egli si propone un pensiero,
e cerca poi di pensare soltanto a ciò che coscientemente, e pienamente libero,
può riconnettere a quel pensiero; allontana da sé ogni idea capricciosa.
Se desidera stabilire un
qualsiasi rapporto fra quel pensiero e qualche altro che gli è sopravvenuto,
deve esaminare attentamente donde quest’ultimo gli è pervenuto.
Anzi, va oltre; se, per
esempio, sente una determinata antipatia verso qualche cosa, la combatte, e
cerca di stabilire con quella cosa una relazione cosciente.
In questo modo gli elementi
incoscienti penetrano, sempre meno nella sua vita animica, e soltanto per mezzo
di tale severa autodisciplina il fiore di loto a dieci petali consegue la sua
giusta forma.
La vita animica del discepolo
dell’occultismo deve diventare una vita di continua attenzione; egli deve imparare
ad allontanare da sé tutto ciò che non vuole, o non deve osservare.
Se a tale autodisciplina si
aggiunge una meditazione conforme alle istruzioni della scienza occulta, allora
il fiore di loto che si trova nella regione epigastrica matura in modo giusto,
e ciò che per mezzo degli organi sensori spirituali prima descritti non aveva
che forma e calore, acquista spiritualmente luce e colore.
Così si rivelano, per
esempio, doti e capacità di anime, forze e qualità occulte della natura; l’aura
colorata degli esseri viventi diventa così visibile, e ciò che ci attornia
manifesta in tal modo le sue qualità animiche.
È evidente che proprio in
questo speciale campo il nostro sviluppo richiede la massima cura, perché
l’attività dei ricordi incoscienti vi è infinitamente intensa.
Se così non fosse, molti
uomini possederebbero il senso di cui ora parliamo, perché esso si affaccia
quasi subito, non appena l’uomo acquista veramente tale padronanza sulle
impressioni dei suoi sensi, che esse non sono più soggette se non alla sua
attenzione o disattenzione.
Questo senso animico rimane
inattivo soltanto fino a quando la forza dei sensi esteriori lo conservi in uno
stato di soggezione e di ottusità.
Più difficile dello sviluppo
del fiore di loto, or ora descritto, riesce quello del, fiore a sei petali, che
risiede al centro del corpo; perché, per la formazione di esso, occorre che il
discepolo si sferzi di acquistare, per mezzo dell’autocoscienza, completa
padronanza sull’intera sua personalità, in modo che corpo, anima e spirito si
trovino in lui in perfetta armonia.
Le funzioni del corpo, le
inclinazioni e le passioni dell’anima, i pensieri e le idee della spirito
devono essere portate a perfetto accordo fra loro.
Il corpo deve essere
nobilitato e purificato in modo che i suoi organi non stimolino ad altro che a
ciò che può servire all’anima, e allo spirito.
L’anima non deve essere
spinta dal corpo a desideri e a passioni che contraddicano a un pensare puro e
nobile.
Lo spirito, però coi suoi
doveri e le sue leggi, non deve dominare sull’anima, come fosse una sua
schiava; è questa, invece, che, per propria libera inclinazione, deve seguire
quei doveri e quelle leggi.
Il dovere non deve apparire al
discepolo come qualcosa a cui egli si adatta a malincuore, ma come qualcosa che
egli compie, perché l’ama.
Il discepolo deve sviluppare
un’anima libera, che stia in equilibrio fra la materialità e la spiritualità;
deve arrivare a potersi abbandonare alla vita dei suoi sensi perché questa è
talmente purificata da aver perduto la forza di attirarlo in basso a sé.
Non deve essergli più
necessario di frenare le sue passioni, perché queste seguono spontaneamente la
direzione giusta.
Finché l’uomo ha bisogno di
mortificarsi, non può, come discepolo, superare un determinato gradino, perché
una virtù, la cui pratica costa ancora sforzo, non ha per l’occultismo alcun
valore.
Finché il discepolo ha dei
desideri, questi disturbano il suo progresso, anche se egli si adopera a non
assecondarli; e poco importa che questi riguardino il corpo o l’anima.
Se, per esempio, qualcuno
evita uno speciale eccitante, al fine di purificarsi attraverso la rinunzia a
quel piacere, questa astinenza gli sarà di aiuto soltanto se non Sarà causa di
sofferenza per il suo corpo.
Se questo invece ne soffre,
vuol dire che corpo brama quell’eccitante, e la rinunzia allora non ha
valore.
In questo caso può anche
succedere che l’uomo debba rin-unziare a tutta prima allo scopo a cui tende,
fino a quando non si presentino condizioni materiali più favorevoli; e ciò
potrebbe verificarsi forse soltanto in un’altra vita.
In certe situazioni, una
rinunzia ragionevole favorisce maggiormente l’evoluzione che non lo sforzo
ostinato e inutile.
Chi ha sviluppato il fiore
di loto a sei petali entra in comunicazione con esseri appartenenti ai mondi
superiori, ma soltanto quando la loro esistenza si palesa nel mondo delle
anime.
La disciplina occulta però
non consiglia di sviluppare questo fiore ;di loto, se prima il discepolo non
sia talmente progredito da poter elevare il suo spirito fino a un mondo
ancora più alto.
Questa penetrazione nel vero
mondo dello spirito deve, cioè, sempre accompagnare la formazione dei fiori di
loto, senza di che il discepolo potrebbe- cadere nella confusione e
nell’incertezza, imparerebbe indubbiamente a vedere, ma gli mancherebbe
la capacità di giudicare in modo giusto ciò che vede.
Ora, le qualità necessarie
per lo giusto el sviluppo del fiore di loto a sei petali già ci offrono una
certa garanzia contro, la confusione e l’instabilità; perché non sarà facile
far cadere in tale confusione una persona che abbia conseguito un perfetto
equilibrio fra senso (corpo), passione (anima), e idea (spirito).
Neppure questa garanzia è
però sufficiente quando lo sviluppo del fiore di loto a sei petali permette
all’uomo di percepire degli esseri, dotati di vita e d’indipendenza, i quali
appartengono a un mondo così radicalmente diverso da quelle dei suoi sensi
fisici.
Per trovare sicurezza in
questi mondi, non gli basta le, sviluppo dei fiori di loto; gli occorre poter
disporre di organi ancora più elevati.
Parleremo ora dello sviluppo, di questi organi superiori, dopo potremo
parlare anche degli altri fiori di loto e dell’ulteriore organizzazione del
corpo animico (l).
Lo sviluppo del corpo
animico, quale appunto è stato descritto, permette all’uomo di percepire dei
fenomeni soprasensibili; ma chi vuole orientarsi veramente in questo nuovo
mondo non deve fermarsi a questo gradino di evoluzione.
La semplice mobilità dei
fiori di loto non basta.
L’uomo deve essere in grado
di regolare e di dominare i movimenti dei suoi organi spirituali con indipendenza
e con piena coscienza; altrimenti si trova in balìa delle forze e delle potenze
esteriori.
Per evitare questo pericolo,
deve acquistarsi la capacità d’intendere la cosiddetta «parola interiore», e
per riuscirvi occorre che sviluppi, non soltanto il corpo animico, ma anche il
corpo eterico.
Questo è quel corpo tenue
che si palesa al chiaroveggente come una specie di doppio del corpo fisico; è,
in certo qual modo, un gradino, intermedio fra corpo fisico e corpo animico
(2).
Se si è dotati di facoltà
chiaroveggenti, si è capaci, coscientemente, di prescindere dal corpo fisico di
un uomo che ci stia dinanzi, in modo da non vederlo più.
Questa esperienza
corrisponde, in una sfera superiore, a ciò che a un grado inferiore è
l’esercizio dell’attenzione.
(l) È evidente che, stando al significato della parola, il termino «corpo animico» (come molti altri simili termini della scienza occulta) contiene in sé una contraddizione. Esso viene nondimeno adoperato, perché la conoscenza chiaroveggente percepisce qualche cosa che si sperimenta nel campo spirituale allo stesso modo come si percepisce il corpo nel campo fisico.
(2) Si paragoni a questa descrizione quella che è nel mio libro Introduzione alla conoscenza soprasensibile del mondo e del destino umano.
Come l’uomo può distogliere
la sua attenzione da qualcosa che gli sta davanti, in modo che per lui non
esista, così il chiaroveggente è capace di cancellare completamente qualsiasi
corpo fisico dalla sua percezione, in modo ch’esso diventi per lui completamente
trasparente.
Se il chiaroveggente
esercita questa sua capacità sopra un uomo che, gli sta dinanzi, il suo occhio
spirituale scorge tuttavia ancora il cosiddetto corpo eterico, oltre al corpo
animico, il quale è più grande di tutti e due e da cui ambedue sono
interpenetrati.
Il corpo eterico ha
approssimativamente la grandezza e la forma del corpo fisico, di modo che
riempie a un dipresso il medesimo spazio di quello occupato, dal corpo fisico.
È un organismo di estrema
delicatezza e tenuità (l).
Il suo colore fondamentale è
diverso dai sette colori contenuti nell’arcobaleno.
Chi lo può osservare, impara
a conoscere un colore che non esiste affatto per l’occhio fisico, e che non si
può meglio paragonare che al colore dei giovani fiori di pesco.
Se si desidera osservare
unicamente il corpo eterico, occorre cancellare dal proprio campo visuale, per
mezzo di un esercizio dell’attenzione uguale a quello precedentemente
descritto, anche il corpo animico perché altrimenti l’aspetto del corpo eterico
appare trasformato dal corpo animico, che lo interpenetra completamente.
Ora, le particelle del corpo
eterico sono nell’uomo in continuo movimento; innumerevoli correnti le attraversano
in ogni senso; da queste correnti la vita viene alimentata e regolata.
Ogni corpo, che vive, ha un
corpo eterico siffatto; le piante e gli animali lo hanno pure; anzi, perfino
nei minerali l’osservatore accurato può scorgerne le tracce.
(l) Prego i cultori della fisica di non adontarsi per il termine «corpo eterico». Con la parola «etere» non intendo indicare che la tenuità dell’organismo in questione.Ciò di cui qui si parla non -,i riferisce all’«etere» ipotetico della fisica.
Le correnti e i movimenti
ora citati sono dapprima completamente indipendenti dalla volontà e dalla
coscienza dell’uomo, così come l’attività del cuore e dello stomaco è nel corpo
fisico -indipendente dalla sua volontà.
E questa indipendenza
perdura fintantoché‚ l’uomo non si assuma la direzione del proprio sviluppo,
per l’acquisto di capacità soprasensibili ; perché, giunta a un determinata
grado, l’evoluzione superiore consiste appunto nel fatto che nel corpo eterico,
alle correnti e ai movimenti indipendenti dalla coscienza, se ne _aggiungono
altri, che l’uomo produce in modo cosciente.
Quando l’educazione occulta
è progredita al punto, che i fiori di loto precedentemente descritti cominciano
a muoversi, il discepolo ha già effettuato molto, di quanto serve a far nascere
delle correnti e dei movimenti ben determinati nel suo corpo eterico.
Questo sviluppo mira a
formare nelle vicinanze del cuore fisico una specie di punto centrale, dal
quale partono correnti e movimenti con colori e forme spirituali svariatissime.
Questo centro, in realtà,
non è un semplice punto, ma una struttura molto complicata, un organo
meraviglioso.
Esso risplende e scintilla
spiritualmente nei più svariati colori e palesa forme di grande regolarità, che
si possono trasformare rapidamente.
Ed altre forme e correnti di
colore scorrono da quest’organo nelle rimanenti parti del corpo e anche lo
sorpassano, mentre pervadono e illuminano l’intiero corpo animico.
Di queste correnti, però, le
più importanti vanno ai fiori di loto; esse pervadono i singoli petali di
questi fiori e ne regolano la rotazione; poi scorrono fuori dalle punte dei
petali per perdersi nello spazio esteriore.
Quanta più un uomo è,
evoluto, tanto più vasto è il campo in cui queste correnti si estendono.
Il punto centrale sopra
descritto sta in un rapporto particolarmente stretto col fiore di loto a dodici
petali.
In questo confluiscono
direttamente le correnti, delle quali, attraverso di esso, alcune scorrono da
una parte verso il fiore di loto a sedici petali e quello a due petali, e
dall’altra parte (quella inferiore) verso i fiori di loto a otto, sei e quattro
petali.
Questa distribuzione spiega
la ragione per cui la disciplina occulta deve sorvegliare con cura speciale lo
sviluppo del fiore di loto a dodici petali, perché se vi si verificasse
un’imperfezione, l’intero sistema si svilupperebbe in modo disordinato.
Da quanto è stato detto si
può valutare l’intima e delicata natura della disciplina occulta, e la
necessità della massima precisione perché tutto si possa svolgere in modo
adeguato.
Riesce pure evidente che
l’istruzione per lo sviluppo delle facoltà soprasensibili può essere impartita
soltanto da chi abbia già personalmente sperimentato tutto quello ch’egli ha da
sviluppare negli altri, e che si trovi perciò completamente in condizioni di sapere
se le sue istruzioni conducano o no al giusto risultato.
Quando il discepolo segue
ciò che gli è stato prescritto dalle istruzioni impartitegli, egli produce nel
suo corpo eterico delle correnti e dei movimenti che sono in armonia con le
leggi e l’evoluzione dei mondo, al quale l’uomo,appartiene.
Perciò le istruzioni sono
l’espressione delle grandi leggi dell’evoluzione del mondo.
Esse sono costituite dalle
meditazioni e dagli esercizi di concentrazione già esposti, e da altri simili,
i quali tutti, praticati giustamente, producono gli effetti descritti.
Il discepolo
dell’occultismo, in determina!i momenti, deve compenetrare completamente la sua
anima col contenuto degli esercizi, e, in certo qual modo, riempirsene del
tutto interiormente.
Si comincia con cose
semplici, specialmente adatte a rendere più profondo il pensiero intelligente e
assennato della testa, a interiorizzarlo.
Questo pensiero è reso, in
tal modo, libero e indipendente da tutte le impressioni e le esperienze
sensibili, e viene, in certo qual modo, concentrato in un punto, del quale
l’uomo ha completa padronanza.
Così viene creato un punto
centrale provvisorio per le correnti del corpo eterico; questo punto centrale
dapprincipio non è nella regione del cuore, ma nella testa, e vi si palesa al
chiaroveggente come punto di partenza di movimenti.
Soltanto quella disciplina
occulta che si dedica fin dall’inizio alla creazione di questo punto centrale,
potrà conseguire un risultato completo.
Se il detto punto centrale
venisse posto fin da principio nella regione del cuore, il chiaroveggente in
questione potrebbe effettivamente penetrare qualche volta con lo sguardo nei
mondi superiori, ma non potrebbe acquistarsi nessuna giusta contezza del rapporto
di questi mondi superiori col nostro mondo sensibile, mentre, all’attuale
stadio dell’evoluzione del mondo, questa conoscenza è per gli uomini di
assoluta necessità.
Al chiaroveggente non è
consentito di diventare un sognatore; egli deve poggiare coi piedi su terreno
solido.
Il punto centrale nella
testa, quando è giustamente consolidato, viene poi trasferito più in basso,
nella regione della laringe, e questo cambiamento si effettua con l’ulteriore
applicazione degli esercizi di concentrazione.
Allora i movimenti più sopra
descritti del corpo eterico irradiano da questa regione, e illuminano lo spazio
animico, nell’ambiente che attornia l’uomo.
Con ulteriore esercizio il
discepolo acquista la capacità di determinare da sé la posizione del suo corpo
eterico.
Prima di allora questa
posizione dipende dalle forze provenienti dall’esterno ed emananti dal corpo
fisico; poi, evolvendosi ulteriormente, l’uomo diventa capace di girare il
corpo eterico da tutte le parti.
Questa capacità si esercita
per mezzo di correnti che scorrono a un dipresso lungo le due mani, e che hanno
il loro centro nel fiore di loto a due petali nella regione degli occhi.
Tutto ciò si verifica per il
fatto, che le irradiazioni che emanano dalla laringe assumono forme rotonde,
delle quali un certo numero vanno al fiore di loto a due petali e da lì si
avviano come correnti ondeggianti lungo le mani.
Come conseguenza ulteriore,
queste correnti si ramificano e si diramano in modo sottilissimo e
s’intrecciano a guisa di tessuto, formando una specie di rete (o pellicola) che
si stende come un limite intorno all’intero corpo eterico.
Mentre questo prima non
aveva nulla che lo chiudesse e lo isolasse dall’esterno, di guisa che
dall’oceano universale della vita le correnti vitali direttamente entravano in
esso e ne uscivano, ormai le influenze esteriori devono passare attraverso
questa pellicola.
Per via di ciò l’uomo
diventa sensibile a queste correnti esteriori, le può percepire.
Ormai è, arrivato anche il
momento di dare all’intiero sistema di correnti e di movimenti, come punto
centrale, la regione del cuore, e ciò si verifica a sua volta col proseguimento
dell’esercizio della concentrazione e della meditazione; allora si è anche
raggiunto il gradino su cui l’uomo viene dotato della parola interiore.
Tutte le cose acquistano
ormai per l’uomo un nuovo significato; egli ne ode spiritualmente, in certo
qual modo, l’intima essenza; esse gli parlano della loro vera natura.
Le correnti sopra descritte
lo mettono in rapporto con l’interiorità del mondo al quale egli appartiene.
Egli comincia a partecipare
alla vita dell’ambiente che lo attornia e può farla riverberare nel movimento
dei suoi fiori di loto.
Così l’uomo penetra nel
mondo spirituale.
A questo punto egli acquista
una nuova comprensione per tutto ciò che è stato detto dai grandi maestri
dell’umanità.
I discorsi del Buddha e i
Vangeli, per esempio, esercitano ora su di lui un’azione nuova; lo pervadono di
una beatitudine di cui egli prima non aveva idea.
Perché il suono delle loro
parole segue i movimenti e i ritmi ch’egli ha ormai formati in sé stesso; egli
può ora sapere direttamente che un uomo come il Buddha, o come gli
scrittori dei Vangeli, non esprime le proprie rivelazioni, bensì quelle che a
lui sono affluite dalla più intima essenza delle cose.
Richiamo ora la vostra
attenzione sopra un fatto che si può intendere soltanto con l’aiuto di quanto finora
è stato detto.
All’uomo che si trova allo
stadio attuale della nostra cultura riesce poco chiara la ragione delle
numerose ripetizioni che si trovano nei discorsi del Buddha.
Per il discepolo
dell’occultismo, invece, esse diventano qualcosa su cui egli riposa volentieri
con il suo senso interiore, perché corrispondono a determinati movimenti
ritmici nel corpo eterico.
Se egli si abbandona ad esse
con perfetta calma interiore, potrà godere anche di un armonico accordo con
quei movimenti, e, essendo essi la riproduzione di determinati ritmi cosmici,
che alla loro volta rappresentano in certi punti delle ripetizioni e dei regolari
ritorni a ritmi più antichi, l’uomo, nell’ascoltare quel modo di parlare del
Buddha, penetra nell’armonia dei segreti cosmici.
La scienza occulta parla di
quattro qualità che l’uomo deve acquistarsi nella cosiddetta via delle prove,
per potere ascendere alla conoscenza superiore.
La prima di queste è la
capacità di scindere nei pensieri il vero dalla parvenza, la verità dalla
semplice opinione.
La seconda qualità è la
«valutazione» giusta del vero e del reale, rispetto alla parvenza.
La terza capacità consiste
nell’esercizio - già descritto nel capitolo precedente - delle sei qualità:
controllo del pensiero, controllo dell’azione, perseveranza., pazienza, fede e
imperturbabilità.
La quarta è ’amore della
libertà interiore.
La semplice comprensione
intellettuale del contenuto di queste qualità non serve a niente.
Esse devono formare parte
così integrante dell’anima, da perdurare come abitudini interiori.
Prendiamo per esempio, la
prima qualità: il discernimento della realtà dalla parvenza.
L’uomo deve educarsi in modo
da discernere naturalmente, di fronte a ogni singola cosa che gli si presenta
dinanzi, ciò che non è essenziale da ciò che ha importanza.
Per potersi così educare,
occorre che, con completa calma e pazienza, egli torni sempre a sottoporre a
questa prova le sue osservazioni del mondo esteriore.
Alla fine lo sguardo si
ferma in modo naturale sulla realtà, così come prima si contentava di ciò che
non era essenziale.
«Tutto l’effimero non è che
un simbolo»: questa verità diventa una convinzione naturale dell’anima, e così
pure lo devono divenire le altre delle quattro qualità suddette.
Ora il delicato corpo
eterica dell’uomo si trasforma effettivamente sotto l’influenza di queste
quattro abitudini dell’anima.
Per mezzo della prima:
«discernimento della realtà dalla parvenza», vien creato il già descritto punto
centrale nella testa e viene preparato quello _nella laringe.
Certo, per il loro vero
sviluppo sono necessari gli esercizi, di concentrazione di cui prima si è
parlato; essi danno l’impulso formatore; le quattro abitudini portano a
maturazione.
Preparato che sia il punto
centrale nella regione della laringe, quella libera padronanza del corpo
eterico, della quale abbiamo parlato, e il rivestimento e la limitazione di
esso con la pellicola reticolata, si compie per mezzo della giusta valutazione
del vero, di contro alla parvenza transitoria.
Se l’uomo si eleva al punto
di fare tale valutazione, arriva gradatamente a percepire i fatti spirituali;
non deve credere, però, di essere chiamato a compiere soltanto azioni che a
giudizio della ragione possano sembrare importanti.
L’azione più insignificante,
il più piccolo gesto, ha la sua importanza nella grande economia dell’universo;
importa soltanto avere coscienza di questa importanza.
Non si tratta di svalutare
le pratiche quotidiane della vita, ma di valutarle giusta mente.
Delle sei virtù, che
costituiscono la terza qualità, si è già parlato; esse sono connesse con lo
sviluppo, del fiore di loto a dodici petali nella regione del cuore, verso il
quale, come è stato dimostrato, si deve effettivamente dirigere la corrente
vitale del corpo eterico.
La quarta qualità: il
desiderio della liberazione, serve allora .a far maturare l’organo eterico
nelle vicinanze del cuore.
Quando questa qualità
diventa un’abitudine dell’anima, allora l’uomo si libera da tutto ciò che sta
in relazione soltanto con le capacità della sua natura personale; non l24
considera più le cose dal suo proprio particolare, punto di vista.
Spariscono i confini del suo
angusto sé, che lo vincolano a quel punto di vista; i segreti del mondo
spirituale trovano accesso alla sua interiorità.
Questa è, la liberazione.
Giacché quei vincoli
costringono l’uomo :a considerare le cose e gli esseri in modo conforme alla
sua personalità, e il discepolo deve diventare indipendente, deve liberarsi da
questo suo modo personale di considerare le cose.
Da tutto ciò risulta
evidente, che !e istruzioni, che emanano dalla scienza occulta, esercitano
un’azione profonda e determinante nella più intima natura dell’uomo, e le
istruzioni che si riferiscono alle quattro qualità sopra citate sono appunto di
questo genere.
In una forma più o meno
diversa, esse si ritrovano in tutte le concezioni dell’universo che tengono
conto del mondo spirituale.
I fondatori di tali, concezioni
dell’universo non hanno dato agli uomini quelle istruzioni per virtù di un sentimento
oscuro della verità, ma piuttosto perché erano dei grandi iniziati.
È dalla conoscenza ch’essi
hanno foggiato le loro istruzioni morali; sapevano come queste agiscano sulla
natura più delicata dell’uomo, e volevano che i loro seguaci sviluppassero
gradatamente questa natura più delicata.
Vivere nell’osservanza di
tali concezioni dell’universo significa lavorare al proprio perfezionamento
spirituale, ed è con questo lavoro soltanto che l’uomo può servire all’intiero
universo.
Perfezionarsi non è affatto
egoismo, perché l’uomo imperfetto è anche un servo imperfetto dell’umanità e
del mondo.
La nostra opera riuscirà
tanto più utile al mondo, quanto più saremo perfetti.
Qui vale il detto: «quando
la rosa adorna sé stessa adorna anche il giardino».
I fondatori delle importanti
concezioni dell’universo sono perciò i grandi iniziati.
Ciò che da essi proviene
scorre dentro alle anime umane, e in tal modo, con l’umanità, progredisce
l’intiero mondo.
Gli iniziati hanno lavorato
coscientemente a questo processo evolutivo della umanità.
Si comprende il contenuto
delle loro istruzioni soltanto quando si osserva ch’esse sono tratte dalla
conoscenza della natura più profonda e intima dell’uomo.
Grandi sapienti erano gli
iniziati e dalla loro sapienza hanno coniato gli ideali dell’umanità.
L’uomo però si avvicina a
queste guide quando si eleva, con la propria evoluzione, alla loro altezza.
Quando l’uomo ha cominciato
a sviluppare il corpo eterico, nel modo precedentemente descritto, gli si schiude
una vita completamente nuova.
E dall’insegnamento occulto
egli deve ricevere al momento giusto le istruzioni, che lo rendano capace di orientarsi
in questa nuova vita.
Per mezzo del fiore di loto
a sedici petali egli vede, per esempio, spiritualmente, delle figure di un
mondo superiore; deve rendersi chiaramente conto della diversità di queste
figure, a seconda ch’esse sono provocate da questi o da quegli oggetti o
esseri.
A tutta prima la sua
attenzione può essere richiamata dal fatto, ch’egli può esercitare una forte
influenza, per mezzo dei propri pensieri e sentimenti, sopra una determinata
specie di queste figure, mentre non può esercitarla affatto, o appena in misura
minima, su delle altre.
Una specie di queste figure
si trasforma subito, se chi le vede scorgere comincia col pensare: «questa è
bella», e poi modifica quel pensiero nel seguente: «questa è utile».
Soprattutto le figure che
provengono da minerali o da oggetti artificialmente costruiti hanno la
peculiarità di modificarsi a seconda di ogni pensiero o di ogni sentimento che
sorge in chi le osserva.
Ciò si verifica meno nelle
figure che appartengono alle piante, e meno ancora in quelle che corrispondono
agli animali.
Anche queste figure sono
mobili e piene di vita, ma questa mobilità proviene soltanto per una parte
dall’influenza dei pensieri e dei sentimenti umani, e per l’altra viene
effettuata da cause su cui l’uomo non ha influenza.
Entro l’ambito di questo
intiero mondo di figure sorge anche una specie di forme, le quali dapprima
sfuggono quasi completamente all’influenza dell’uomo.
Il discepolo dell’occultismo
ha modo di convincersi che queste figure non provengono né da minerali, né da
oggetti artificiali, come pure non dalle piante né dagli animali.
Per arrivare a completa
chiarezza al riguardo, egli deve osservare le figure, delle quali può sapere
che sono prodotte dai sentimenti, dagli istinti, dalle passioni, ecc., degli
altri uomini.
Ma si accorge che anche su
queste figure i suoi pensieri e i suoi sentimenti esercitano ancora qualche, se
pur minima, influenza.
Nel mondo delle figure
rimane sempre un residuo, sul quale questa influenza va sempre più diminuendo.
Anzi questo residuo
costituisce, al principio del cammino del discepolo, proprio una gran parte di
ciò ch’egli generalmente può vedere, e della natura di essa egli può ora
rendersi conto soltanto per mezzo dell’osservazione di sé medesimo.
Allora scopre quali figure
sono state prodotte da lui stesso; ciò ch’egli stesso fa, vuole, desidera,
ecc., si esprime in quelle figure.
Un istinto che in lui
risiede, un desiderio che egli alberga, un proposito che egli nutre, ecc.,
tutto ciò si manifesta, in tali figure.
Veramente l’intiero, suo
carattere si esprime in tale mondo, di figure.
L’uomo dunque, per mezzo dei
suoi pensieri e dei suoi sentimenti coscienti, può esercitare un’influenza
sopra tutte le figure che non emanano da lui stesso; su quelle però, che
produce nel mondo superiore per mezzo della propria natura, dal momento che le
ha create, egli non ha alcuna influenza.
Da quanto è stata detto
risulta pure che, per la percezione superiore, la vita interiore dell’uomo, i
suoi istinti, i suoi desideri e l’intiero mondo delle sue rappresentazioni,
tutto ciò si esprime in forme esteriori, proprio come gli altri oggetti e gli
altri esseri.
Per la conoscenza superiore,
il mondo interiore diventa parte del mondo esteriore.
Come nel mondo fisico, un
uomo che fosse circondato da specchi potrebbe contemplare a quel modo la propria
forma fisica, così nel mondo superiore l’entità animica dell’uomo si presenta a
lui come un’immagine riflessa.
Su questo gradino
dell’evoluzione è -arrivato per il discepolo il momento in cui egi supera
l’illusione che deriva dalla limitazione della sua personalità.
Egli, ormai, può considerare
come mondo esteriore ciò che è nella sua personalità, così come considerava prima
mondo esteriore ciò che agiva sui suoi sensi; e impara così gradatamente con
l’esperienza a trattare sé stesso come prima trattava gli esseri attorno a sé.
Se all’uomo si aprisse lo
sguardo in questo mondo dello spirito prima ch’egli fosse sufficientemente
preparato., si troverebbe a tutta prima dinanzi all’immagine già descritta
della sua propria anima, come di fronte a un enigma, perché i suoi istinti e le
sue passioni gli si presenterebbero allora con figure che gli sembrerebbero
animali o - più di rado - forme umane.
A dire il vero, le figure
animali di quel mondo non sono mai completamente uguali a quelle del mondo
fisico, nondimeno hanno con queste una lontana somiglianza e dagli osservatori
inesperti possono spesso essere considerate come uguali.
Quando si penetra in quel
mondo bisogna adottare un modo completamente diverso di giudicare.
Perché a prescindere dal
fatto che le cose, appartenenti effettivamente all’interiorità umana, vi si
palesano come mondo esteriore, esse si presentano anche come immagini riflesso
di ciò che realmente sono.
Quando, per esempio, vi si
vede un numero, bisogna leggerlo a rovescio, come si fa per un’immagine
riflessa da uno specchio; il 265, per es., ,vi significherebbe realmente il
numero 562.
Una sfera è veduta come se
ci si trovasse al centro di essa; occorre poi interpretare giustamente questa
visione percepita dal di dentro.
Ma anche le qualità animiche
compariscono come immagini riflesse.
Un desiderio che si
riferisce a qualcosa di esteriore, si presenta come una figura che muove
incontro alla persona che l’ha desiderata.
Le passioni, che hanno la
loro sede nella natura inferiore dell’uomo, possono assumere forma di animali o
di figure simili, che si avventano contro di lui.
In realtà queste passioni
tendono verso l’esteriore; esse cercano l’oggetto della loro soddisfazione nel
mondo esteriore.
Ma questa ricerca verso
l’esteriore si palesa nell’immagine riflessa come un assalto rivolto contro la
persona stessa che alberga la passione.
Se il discepolo
dell’occultismo, prima di ascendere alla visione superiore, ha imparato, per
-mezzo di un’auto-osservazione calma e obiettiva, a conoscere le proprie qualità,
allora, al momento in cui la sua interiorità si si presenta come immagine
esteriore riflessa, troverà il coraggio e la forza di comportarsi in modo giusto.
Gli uomini che non hanno
acquistato per mezzo di tale introspezione una conoscenza sufficiente della
propria interiorità, non riconosceranno sé stessi in quella loro immagine
riflessa e crederanno che si tratti di una realtà a loro estranea.
Quella vista incuterà loro
timore e, non potendo sopportarla, cercheranno di persuadersi che tutto ciò non
è che una creazione fantastica che non conduce a niente.
In ambi i casi, il prematuro
arrivo dell’uomo ú un determinato stadio del suo sviluppo sarebbe di ostacolo
all’ulteriore sua evoluzione.
* * *
È assolutamente necessario
che il discepolo dell’occultismo attraversi quest’esperienza della visione
spirituale della propria anima, per poter poi ascendere più in alto, poiché nel
proprio Sé egli possiede quell’elemento animico-spirituale di cui meglio può giudicare.
Se ha cominciato con
l’acquistare nel mondo fisico una solida conoscenza della propria personalità,
e poi l’immagine di questa sua personalità gli si affaccia prima di ogni altra
nel mondo superiore, egli può fare un confronto fra le due: può riferire la
superiore a quella che già conosce, e sarà in grado per tal modo di partire da
un terreno sicuro.
Se invece gli si
presentassero molte altre entità spirituali, egli non sarebbe a tutta prima in
grado di spiegarsi la loro natura ed entità e si sentirebbe presto sfuggire, il
terreno di sotto i piedi.
Non si ripeterà perciò mai
abbastanza, che la via sicura verso il mondo superiore è quella che passa
attraverso una seria conoscenza e valutazione della propria entità.
Sono immagini
spirituali, dunque, quelle che l’uomo incontra dapprincipio sul cammino verso
il mondo superiore, perché la realtà che corrisponde a quelle immagini è
difatti in lui stesso.
Il discepolo deve perciò essere maturo per non chiedere, a questo primo
gradino, concrete realtà, e considerare invece le immagini come la cosa giusta.
Ma dentro a questo
mondo di immagini egli impara presto a conoscere qualcosa di nuovo; il suo Sé
inferiore gli sia dinanzi soltanto come immagine riflessa da uno specchio;
ma nel centro di questa immagine riflessa appare la vera realtà del Sé
superiore.
Dall’immagine della personalità inferiore risulta visibile la figura
dell’Io spirituale, ed è soltanto da quest’ultimo che i fili si stendono verso
altre realtà spirituali superiori.
Ormai è venuto il momento di
servirsi del fiore di loto a due petali che sta nella regione degli occhi.
Se esso comincia a muoversi,
l’uomo acquista la possibilità di mettere il suo lo superiore in rapporto con
entità spirituali superiori.
Le correnti che emanano la
questo fiore di loto si muovono verso realtà superiori in modo che l’uomo è completamente
cosciente dei relativi movimenti.
Come la luce rende gli
oggetti fisici visibili all’occhio, così queste correnti rendono visibili gli
esseri spirituali dei mondi superiori.
Immergendosi nelle
rappresentazioni che provengono dalla scienza occulta, e che contengono verità
fondamentali, il discepolo impara a mettere in movimento e a dirigere le
correnti del fiore di loto degli occhi.
Che cosa sia sano criterio,
educazione chiara e logica, si manifesta in special modo a questo gradino
dell’evoluzione.
Basta riflettere che su quel
gradino il Sé superiore, che ha dormito fino allora nell’uomo inconsciamente, come
un germe, nasce a esistenza cosciente; e non si tratta in senso figurato di una
nascita nel mondo spirituale, ma in un senso del tutto reale.
E per poter essere vitale,
questo nuovo essere, il Sé superiore, deve venire al mondo provvisto di tutti
gli organi e le disposizioni necessarie.
Come la natura deve
provvedere perché un bambino venga al mondo con orecchi e occhi ben formati,
così le leggi dell’auto-evoluzione di un individuo, devono aver cura che il suo
Sé superiore entri nell’esistenza con tutte le capacità necessarie.
E queste leggi che
provvedono allo sviluppo degli organi superiori dello spirito stesso, altro non
sono chie le sane leggi della ragione e della morale del mondo fisico.
Come il bambino si matura
nel grembo materno, così l’uomo spirituale nel Sé fisico.
La salute del bambino
dipende dall’attività normale delle leggi della natura nel grembo materno; in
modo analogo la salute dell’uomo spirituale dipende dalle leggi
dell’intelligenza ordinaria e della ragione operante nella villa fisica.
Non può generare un Sé
superiore sano chi non viva e non pensi in modo sano nel mondo fisico.
Una vita conforme alla
natura e alla ragione sta a base di ogni vera evoluzione spirituale.
Come il bambino nel grembo
della madre già vive in conformità delle forze della natura ch’egli percepirà dopo
la sua nascita con i suoi organi sensori, così il Sé superiore dell’uomo vive
già in conformità delle leggi del mondo spirituale durante la sua esistenza
fisica.
E come il bambino, per virtù
di un oscuro sentimento vitale, assimila le forze che gli sono necessarie, così
l’uomo assimila le forze del mondo spirituale prima che il suo Sé superiore sia
nato.
Egli anzi deve fare così,
perché quest’ultimo possa venire al mondo come un essere completamente sviluppato.
Sarebbe in errore chi
dicesse: «non posso accogliere gli insegnamenti della scienza occulta, se prima
non vedo io stesso», perché se egli non approfondisce la ricerca spirituale,
non potrà arrivare alla vera conoscenza superiore.
Si troverebbe allora nella
medesima condizione di un bambino nel grembo materno, il quale rifiutasse di adoperare
le forze trasmessegli dalla madre, perché vuole aspettare di potersele procacciare
da sé.
Come l’embrione del bambino
sperimenta per virtù del suo sentimento vitale la bontà di ciò che gli viene offerto,
così l’uomo non ancora veggente sperimenta la verità degl’insegnamenti della
scienza occulta.
Vi è un intendimento che si
basa sopra un sentimento di verità e un’intelligenza chiara, sana, e
universalmente critica, il quale permette di penetrare in questi insegnamenti
anche quando ancora non si vedono le cose spirituali.
Occorre prima imparare le conoscenze,
mistiche e con questo studio appunto prepararsi alla veggenza.
Un uomo che arrivasse alla
veggenza prima di essersi preparato a quel modo, somiglierebbe a un bambino, nato
con occhi e orecchi, ma senza cervello.
L’intiero mondo di colori e
di suoni gli si squadernerebbe dinanzi, ma egli non saprebbe che farne.
Ciò dunque che prima
riusciva evidente all’uomo per virtù del suo sentimento di verità, della sua
intelligenza e della sua ragione, diventa, a questo graffino dei discepolato,
esperienza sua propria.
Egli ha ora conoscenza
diretta del suo sé superiore, e, impara a riconoscere che questo Sé superiore è
in rapporto con entità spirituali di genere superiore, e con esse è tutt’uno.
Vede, perciò, come il Sé
inferiore derivi da ,in inondo superiore, e gli si palesa che la sua natura
superiore sopravvive all’inferiore.
Può ormai distinguere da sé
ciò che in lui è perituro, da ciò che è permanente.
Ciò significa che egli
impara per visione diretta la dottrina dell’incorporazione (incarnazione) del
Sé superiore in quello inferiore.
Gli risulta ora evidente
ch’egli è situato in un complesso spirituale superiore e che le sue qualità e i
suoi destini sono determinati da questo insieme.
Egli impara a conoscere la
legge della sua vita, il karma; si avvede che il suo sé inferiore, che
costituisce attualmente la sua esistenza, non è che una delle figure che il suo
essere superiore può assumere, e scorge dinanzi a sé la possibilità di
elaborare sé stesso per mezzo del suo Sé superiore, per diventare sempre più perfetto.
È ormai in condizione di
vedere anche la grande diversità che esiste fra gli uomini nei riguardi del
loro grado di perfezione, e si accorge che vi sono uomini al di sopra di lui, i
quali già hanno superato i gradini ch’egli ancora deve salire.
Si avvede ancora, che gli
insegnamenti e le azioni di tali uomini provengono dalle ispirazioni di un
mondo superiore; tutto ciò gli si rivela nella prima sua visione diretta di
questo mondo superiore.
Coloro che si chiamano «i
grandi iniziati dell’umanità» cominceranno ormai ad essere per lui un fatto
reale.
Questi sono i doni conferiti
al discepolo dell’occultismo a questo gradino della sua evoluzione: cognizione esatta
del Sé superiore, della dottrina dell’incorporazione o incarnazione di questo
Sé superiore in uno inferiore, della legge in conformità della quale la vita è
regolata nel mondo fisico secondo rapporti spirituali - la legge del karma - e
finalmente dell’esistenza dei grandi iniziati.
Di un discepolo che ha
raggiunto questo gradino, si dice perciò che non conosce più il dubbio.
Mentre prima egli poteva
formarsi una fede sopra ragioni logiche e pensieri sani, ormai, al posto di
questa fede, subentra la piena conoscenza e la visione che niente potrà
alterare.
Le religioni, nelle loro
cerimonie, sacramenti e riti, hanno riprodotto in modo esteriormente visibile
le immagini di processi e di esseri spirituali superiori.
Soltanto chi non è ancora
penetrato nelle profondità delle grandi religioni può disconoscerle.
Chi però penetra con lo
sguardo nella realtà spirituale stessa comprenderà anche il profondo
significato di quelle pratiche esteriormente visibili, e allora il rito
religioso diventa per lui un’immagine della sua propria comunicazione col mondo
spirituale superiore.
Così si vede come il
discepolo dell’occultismo, col raggiungimento di questo gradino, sia diventato
veramente un uomo nuovo.
Egli può orma; maturarsi
gradatamente, per mezzo delle correnti del suo corpo eterico, fino a dirigere
il vero elemento vitale superiore e a conseguire in tal modo un alto grado di
indipendenza dal suo corpo fisico.
MODIFICAZIONI NELLA VITA DI
SOGNO
DEL DISCEPOLO
Un segno che il discepolo dell’occultismo ha raggiunto il gradino di
evoluzione descritto nel capitolo precedente, o che sta per raggiungerlo, consiste
nella trasformazione che si verifica nella vita dei suoi sogni.
Questi erano prima confusi e
arbitrari, ora cominciano ,ad assumere un carattere regolare.
Le loro immagini cominciano
ad avere una concatenazione e un senso, al pari delle rappresentazioni della
vita quotidiana.
Il discepolo può riconoscere
in essi legge, causa ed effetto.
Anche il contenuto dei sogni
si modifica.
Mentre prima non vi
percepiva che ripercussioni della vita quotidiana, impressioni trasformate
dell’ambiente, o dello stato del proprio corpo, ora le immagini che sorgono
dinanzi a lui provengono da un mondo che finora non conosceva.
Dapprima, indubbiamente,
permane il carattere generale della vita di sogno, in quanto il sogno si
differenzia dalla rappresentazione della veglia per il fatto di manifestare
simbolicamente ciò che vuole esprimere.
A chi studia attentamente la
vita di sogno questo simbolismo non può passare inosservato.
Si sogna, per esempio, di
aver catturato una brutta bestia e di avere una sensazione sgradevole nella
mano.
Ci si sveglia, e ci si
avvede di stringere nella mano un lembo della coperta del letto.
La percezione non si esprime
dunque direttamente, ma attraverso l’immagine simbolica suddescritta.
Si può anche sognare di
fuggire da qualcuno che c’insegue, e di aver paura.
Svegliandoci, ci accorgiamo
che durante il sonno siamo stati colti da una palpitazione di cuore.
Lo stomaco carico di cibi
indigesti, determina nel sogno immagini spaventose.
Anche fatti che si svolgono
vicino al dormiente si riflettono simbolicamente nel sogno.
Il battito di un orologio
può provocare l’immagine di un reggimento di soldati che marciano a suon di
tamburo.
La caduta di una sedia può
dare origine nel sogno a un intiero dramma, in cui il rumore della caduta si trasforma
in una fucilata, ecc.
Questo modo allegorico di
esprimersi è proprio anche del sogno regolato di un uomo il cui corpo eterico comincia
ad evolversi.
Ma esso, in tal caso, non
rispecchia più semplici fatti dell’ambiente fisico o del proprio corpo
materiale.
Mentre i sogni che devono la
loro origine a queste cose diventano regolari, si frammischIano ad essi anche
delle immagini che sono espressione di cose e di condizioni di un altro mondo.
È così che il discepolo può
avere dapprima esperienze che non sono accessibili alla coscienza ordinaria
diurna.
Non bisogna però affatto
credere che un vero mistico basi i suoi insegnamenti intorno al mondo superiore
su ciò che in tal modo egli sperimenta nel sogno.
Queste esperienze nel sogno
non devono essere considerate che come i primi indizi di un’evoluzione superiore.
Ben presto, come ulteriore
conseguenza, si verifica il fatto che le immagini sognate dal discepolo non
sfuggono più, come prima alla direzione dell’intelligenza assennata, ma possono
essere da questa dirette e ordinatamente osservate, come le rappresentazioni e
i sentimenti della coscienza di veglia.
Insomma, la differenza fra
la coscienza di sogno e lo stato di veglia tende sempre più a diminuire.
Colui che sogna diventa, nel
pieno senso della parola, sveglio durante la sua vita di sogno, cioè si sente padrone
e guida delle sue, rappresentazioni figurate.
Durante il sogno l’uomo si
trova, effettivamente in un mondo diverso da quello dei suoi sensi fisici.
Ma se i suoi organi
spirituali non sono sviluppati, egli è capace di formarsi di quel mondo
soltanto le rappresentazioni confuse sopra descritte.
Quel mondo esiste per lui
come il mondo materiale potrebbe esistere per un essere dotato solamente dei primissimi
rudimenti degli occhi; perciò anche l’uomo può vedere in quel mondo soltanto
delle riverberazioni e dei riflessi della vita ordinaria; li può vedere nel
sogno, perché la sua anima stessa imprime le proprie percezioni diurne, sotto
forma d’immagini, nelle sostanze di cui quell’altro mondo è costituito.
Bisogna cioè rendersi
chiaramente conto, che l’uomo, oltre alla sua vita diurna cosciente ordinaria,
ne svolge una seconda, incosciente, nel mondo a cui era si è accennato.
Tutto ciò ch’egli percepisce
e pensa viene da lui impresso in quel mondo, ma si possono, vedere queste impressioni
soltanto quando i fiori di loto sono sviluppati.
Ora, in ogni uomo si trovano
sempre alcune disposizioni rudimentali ai fiori di loto; ma durante la
coscienza diurna esse non valgono a fargli avere delle percezioni, perché le
impressioni che ne riceve sono debolissime.
Come, durante il giorno, non
si vedono le stelle, perché di fronte alla possente forza della luce solare, esse
non risaltano alla percezione, così le deboli impressioni spirituali non
arrivano a farsi sentire di fronte alle potenti impressioni dei sensi fisici.
Quando poi nel sonno le
porte dei sensi esteriori sono chiuse, quelle impressioni emergono in modo
confuso, e il sognatore si avvede allora di esperienze che vengono fatte in un
altro mondo.
Ma, come è stato detto, da
prima quelle esperienze altro non sono se non ciò ch’è stato impresso nel mondo
spirituale dalle rappresentazioni collegate alle percezioni fisiche.
Solo dopo il loro sviluppo i
fiori di loto danno la possibilità alle manifestazioni non appartenenti al
mondo fisico d’imprimersi in quello spirituale.
E allora, per mezzo del
corpo eterico sviluppato, il discepolo acquista la completa conoscenza di
quelle impressioni, provenienti da altri mondi.
In tal modo s’iniziano le
relazioni dell’uomo con un mondo nuovo.
Ed ora - per mezzo dello
istruzioni della scuola occulta - egli deve tendere a un duplice scopo: anzi
tutto deve acquistarsi la possibilità di fare le osservazioni durante il sogno
in modo altrettanto completo come se fosse in stato di veglia; quando vi è
riuscito, dovrà lare le medesime osservazioni anche durante l’ordinario stato
di veglia.
La sua attenzione vien
diretta verso le impressioni spirituali in modo che queste impressioni non
svaniscano più di fronte a quelle fisiche, ma possano sempre rimanere allato e
assieme a queste ultime.
Quando il discepolo ha
acquistato questa capacità, sorge dinanzi ai suoi occhi spirituali alcunché del
quadro che è stato descritto nel capitolo precedente.
Egli può ormai percepire ciò
che esiste nel mondo spirituale come causa di quello fisico, e può soprattutto
riconoscere in quel mondo il proprio Sé superiore.
Il suo prossimo compito
ormai è di elevarsi e di penetrare, in certo qual modo, in questo Sé superiore,
cioè di considerarlo realmente come la sua vera entità e di comportarsi pure in
conseguenza.
Egli si compenetra sempre
più dell’idea e del vivo sentimento che il suo corpo fisico, e ciò (ho prima
egli ha chiamato il suo «lo», _non è che u no strumento dell’Io superiore.
Di fronte al Sé, inferiore
egli sperimenta un sentimento analoga a quello che l’uomo limitato al mondo
sensibile ha di fronte a uno strumento o a un veicolo, di cui si serve.
Come questi non considera la
carrozza in cui viaggia come il suo «io», sebbene dica: «io viaggio», così come
dice «io cammino», similmente l’uomo evoluto, quando dice: «io passo attraverso
quella porta», ha effettivmente l’idea: «io conduco il mio corpo per quella
porta».
Questa idea deve però
diventare per lui talmente naturale, che in nessun momento egli perda la solida
base del mondo fisico, né mai sorga in lui un sentimento di allontanamento
rispetto , mondo sensibile.
Se il discepolo non vuol
diventare un sognatore o un visionario, egli, per mezzo della sua coscienza
superiore, non deve impoverire la sua vita nel mondo fisico, ma arricchirla,
cosi l’arricchisce colui il quale invece di servirsi delle sue gambe, si serve
della ferrovia per fare un viaggio.
Quando il discepolo si è
elevato a questo mnodo di vivere nel suo Io superiore - o piuttosto già durante
l’acquisto della coscienza superiore - gli risulta evidente come egli possa
destare l’esistenza della forza spirituale di percezione nell’organo che è
stato creato nella regione del cuore, e come la possa dirigere per mezzo delle
correnti descritte nel capitolo precedente.
Questa forza di percezione è
un elemento di sostanzialità superiore che emana dall’organo sopra citato e scorre
risplendente di bellezza, attraverso i fiori di loto in movimento, e anche
attraverso gli altri canali del corpo eterico evoluto.
Da lì essa irradia
esteriormente nel mondo spirituale circostante, e lo rende spiritualmente
visibile, così come la luce solare, che dall’esteriore si posa sugli oggetti,
rende questi ultimi fisicamente visibili.
Come questa forza di
percezione venga creata nell’organo del cuore, non può essere compreso che
gradatamente, durante il corso dello sviluppo stesso.
Il mondo spirituale, in
realtà, diventa chiaramente percettibile coi suoi oggetti e i suoi esseri,
soltanto all’individuo che sia capace di proiettare in tal modo nel mondo
esteriore, attraverso il suo corpo eterico, l’organo di percezione
suddescritto, per illuminare con esso gli oggetti.
Da ciò si vede che la
coscienza completa di un oggetto del mondo spirituale è subordinata alla
condizione che l’uomo stesso proietti su di esso la luce spirituale.
In realtà l’««Io», che crea
quest’organo di percezione, non dimora affatto nel corpo fisico umano, bensì,
come è stato mostrato, al di fuori di esso.
L’organo del cuore non è che
il centro in cui l’uomo, dal di fuori, accende questo organo spirituale di
luce.
Se, invece che nel cuore,
egli lo accendesse altrove, le percezioni spirituali da esso prodotte non
avrebbero alcun rapporto col mondo fisico.
Ma l’uomo deve riferire
appunto ogni spiritualità superiore al mondo fisico e farla agire attraverso sé
medesimo su quest’ultimo.
L’organo del cuore è proprio
quello attraverso il quale l’Io superiore si serve del Sé sensibile come di uno
strumento, e per mezzo di cui dirige quest’ultimo.
Il sentimento, che l’uomo evoluto
ha ormai di fronte alle cose del mondo spirituale, è diverso da quello che è
proprio dell’uomo ordinario fisico di fronte al mondo fisico.
Quest’ultimo si sente in un
dato punto del mondo sensibile, e gli oggetti che percepisce gli appaiono
«fuori» di lui.
L’uomo spiritualmente
evoluto invece si sente come unito agli oggetti spirituali che percepisce, si
sente come «dentro» i medesimi.
Si aggira affettivamente
nello spazio spirituale da un posto all’altro, e perciò nel linguaggio, della
scienza occulta viene chiamato il «viandante».
In nessun luogo è a casa
propria.
Se si fermasse a questo
semplice stadio vagante, non potrebbe veramente individuare nessun oggetto
nello spazio spirituale; perché, come nello spazio fisico, per determinare un
oggetto o una località, occorre prendere la mossa da un determinato punto di
partenza, così pure si deve fare nel mondo spirituale quando lo si è
rag,giunto.
Anche in questo il discepolo
deve cercarsi un posto, investigarlo con cura, e prenderne possesso spiritualmente.
In questa località deve
fondare la sua patria spirituale e mettere tutto il resto in rapporto con essa.
Anche l’uomo che vive nel
mondo fisico vede tutto attraverso le lenti delle rappresentazioni della sua
patria fisica.
Involontariamente un
berlinese descriverà Londra in modo diverso da un parigino.
Ma vi è una differenza fra
la patria spirituale e quella fisica.
In quest’ultima l’uomo nasce
involontariamente, e durante l’infanzia accoglie in essa istintivamente una
serie di rappresentazioni, le quali, indipendentemente dalla sua volontà,
getteranno da allora in poi la loro luce su tutto ciò che vede.
La patria spirituale,
invece, l’uomo se la forma coscientemente; ed è perciò che, prendendola come
punto di partenza, egli giudica con piena e luminosa libertà.
Formarsi una patria
spirituale si dice, nel linguaggio della scienza occulta, «edificarsi una
capanna».
La veggenza spirituale, a
questo stadio, si estende a tutta prima ai riscontri spirituali del mondo
fisico, in quanto questi riscontri esistono nel così detto mondo astrale.
In questo mondo risiede
tutto ciò elle per sua natura è affine agli istinti, sentimenti, desideri e
passioni umane.
Perché tutte le cose
sensibili attorno all’uomo posseggono anche forze che sono affini a quelle
umane; per esempio, un cristallo riceve la sua forma da forze che alla visione
superiore sì palesano simili a un impulso che agisce nell’uomo.
E forze analoghe fanno
circolare il succo nei vasi linfatici della pianta, sbocciare i fiori,
germogliare i semi.
Tutte queste forze assumono
forma e colore per gli organi sviluppati della percezione spirituale, così come
gli oggetti del mondo fisico hanno forma e colore per l’occhio fisico.
Il discepolo
dell’occultismo, allo stadio di evoluzione che abbiamo descritto, non vede soltanto
il cristallo, o la pianta, ma anche le suddette forze spirituali; e vede
gl’impulsi degli animali e degli uomini, non soltanto attraverso le
manifestazioni fisiche della loro vita esteriore, bensì anche direttamente,
sotto forma di oggetti, come nel inondo fisico vede tavole e sedie.
L’intero mondo d’istinti,
impulsi, desideri e passioni di un animale o di un uomo diventa l’aura, la nube
astrale, in cui questo è avviluppato.
A questo gradino della sua
evoluzione, il chiaroveggente percepisce inoltre delle cose che sfuggono completamente,
o quasi, alla comprensione sensibile.
Egli può per esempio,
osservare la diversità astrale fra uno spazio che sia per la maggior parte
riempito da uomini di livello mentale inferiore, e uno spazio, in cui si
trovino raccolte persone di mente elevata.
In un ospedale, non soltanto
l’atmosfera fisica, ma anche la spirituale, è diversa da quella di una sala da
ballo; una città mercantile ha un’aria astrale diversa da quella di un centro
universitario.
Da principio la facoltà
percettiva dell’uomo divenuto chiaroveggente non è che debolmente sviluppata
per questo genere di osservazioni; essa si trova, nei riguardi di lati cose,
come la coscienza di sogno dell’uomo dei sensi rispetto alla sua coscienza di
veglia; ma grado a grado, anche in questo stadio il chiaroveggente si desta completamente.
La conquista più alta del
chiaroveggente, il quale sia arrivato al grado suddescritto di veggenza,
consiste nel fatto che diventano per lui visibili le reazioni astrali degli
impulsi e delle passioni animali e umane.
Un’azione amorevole è
accompagnata da una forma astrale diversa da quella che emana dall’odio.
Un desiderio insensato
determina di sé anche un brutto riscontro astrale, mentre un sentimento elevato
ne produce uno bello.
Durante la vita fisica
dell’uomo questi riscontri astrali non sono che debolmente visibili, perché la
vita nel mondo fisico nuoce alla loro forza.
Il desiderio per un
particolare oggetto crea, per esempio, una tale immagine riflessa, all’infuori
di quella con cui questo, stesso desiderio si manifesta nel mondo astrale.
Ma se il desiderio viene
appagato per mezzo del possesso dell’oggetto fisico, o se per lo meno vi è la
possibilità di tale appamento, allora l’immagine riflessa non sarà che
debolissima.
Essa si affermerà
completamente soltanto dopo la morte dell’uomo, quando l’anima, per sua natura,
continuerà ad albergare quel desiderio, ma non lo potrà più appagare, perché le
mancheranno tanto l’organo fisico quanto l’oggetto stesso,.
L’uomo con tendenze sensuali,
per esempio, anche dopo la morte avrà il desiderio dei godimenti della gola, ma
gli mancherà la possibilità di soddisfarlo, poiché non avrà più palato.
Ne viene di conseguenza che
il desiderio genera una contro-immagine astrale particolarmente violenta, da
cui l’anima viene tormentata.
Queste esperienze, prodotte
dopo la morte dalle immagini riflesse della natura animica inferiore, si
chiamano le esperienze nel regno delle anime, più particolarmente nella regione
delle brame.
Esse spariscono soltanto quando
l’anima si è purificata da tutti i desideri volti verso il mondo fisico.
Allora soltanto l’anima
ascende alla regione superiore (mondo dello spirito).
Per quanto queste immagini
possano essere deboli nell’uomo fisico vivente, esse tuttavia esistono, e lo accompagnano
come ,germi di desideri, così come la cometa è accompagnata dalla sua coda; il
chiaroveggente può vederle, quando è giunto al gradino di evoluzione adeguato.
In tali esperienze, e in
tutte quelle ad esse affini, il discepolo vive durante lo stadio che è stato
descritto.
A questo gradino della sua
evoluzione, egli non può giungere a esperienze spirituali ancor più elevate;
occorre che da quello stadio egli ascenda ancor più in alto.
L’ACQUISTO DELLA CONTINUITÀ
DELLA COSCIENZA
La vita dell’uomo si svolge alternandosi fra tre stati: la veglia, il
sonno popolato di sogni, e il sonno profondo senza sogni.
Si può comprendere come si
arrivi alle cognizioni superiori dei mondi spirituali, quando ci si forma
un’idea delle trasformazioni che, in chi cerca tali conoscenze, devono
svolgersi nei riguardi di questi tre stati.
Prima che l’uomo si sia
sottoposto a una disciplina per arrivare a questa conoscenza, la sua coscienza
è continuamente interrotta dalle soste di riposo del sonno.
Durante queste soste l’anima
non sa niente dal mondo esteriore e neppure di sé stessa.
Soltanto a momenti, dal
grande oceano dell’incoscienza emergono i sogni, i quali si riconnettono a
processi del mondo esteriore o a condizioni del proprio corpo.
Da prima non si vede nei
sogni che una speciale manifestazione della vita di sonno, e si parla perciò
generalmente soltanto di due stati: sonno e veglia.
Per la scienza occulta,
però, il sogno ha un significato a sé, a lato degli altri due stati.
Nel capitolo precedente è stata
descritta la modificazione che si verifica nella vita di sogno dell’uomo che intraprende
l’ascesa verso la conoscenza superiore.
I suoi sogni perdono il loro
carattere insignificante, disordinato e incoerente, e assumono sempre più
l’aspetto di un mondo regolato e coerente.
Nell’ulteriore corso
dell’evoluzione, questo nuovo mondo, nato da quello dei sogni, non si palesa,
in fatto di verità interiore, da meno di quello della
realtà esteriore sensibile, ché anzi si manifestano in esso dei fatti che, nel
pieno senso della parola, rappresentano una realtà superiore.
Nel
mondo sensibile stanno, ovunque, nascosti dei segreti e degli enimmi.
Questo
mondo palesa, bensì, gli effetti di determinati fatti superiori, ma l'uomo, il
quale limita la sua percezIone soltanto ai propri sensi, non può penetrare fino
alle cause.
Al
discepolo occultista queste cause si rivelano in parte, durante lo stato già
descritto che si forma dalla vita di sogno, ma che non si ferma a quella.
L'uomo,
certo, non deve attribuire a queste rivelazioni il valore di vere cognizioni,
fino a quando esse non gli si palesino anche durante la vita abituale di veglia;
arriverà però anche a questo.
Egli
sviluppa la capacità di trasportare nella coscienza di veglia la stato ch'egli
si è creato dalla vita di sogno; il mondo dei sensi, allora, si, arricchisce
per lui di qualcosa di assolutamente nuovo.
Come
un uomo che, nato cieco, avendo acquistato la vista per mezzo, di un'operazione
vede le cose dell'ambiente circostante arricchite dalle nuove percezioni della
vista, così l'uomo divenuto veggente, nel modo sopra descritto, vede l'intero
mondo che lo circonda arricchito di nuove qualità, cose, esseri, ecc.
Non
occorre orinai più ch’egli aspetti il sogno, per vivere in un altro mondo, ma
può sempre trasferirsi a volontà in quello stato di percezione superiore.
Questo
stato ha allora per l'uomo un significato analogo a quello che ha nella vita
ordinaria la percezione delle cose che danno i sensi desti, in confronto di
quella che se ne ha coi sensi inattivi.
Si
può dire veramente: il discepolo dell'occultismo apre i sensi della sua anima e
vede le cose che devono rimanere nascoste ai sensi corporei.
Questo
stato rappresenta per il discepolo soltanto un passaggio verso gradini ancora
più elevati di conoscenza.
Se
egli continua a praticare gli esercizi che servono per disciplina occulta,
troverà dopo un adeguato periodo di tempo che la profonda trasformazione sopra
descritta non si svolge soltanto nella sua vita di sogno, ma si estende anche a
quello che prima era sonno profondo senza sogni.
Egli
osserverà che la completa incoscienza, in cui prima si trovava durante questo
sonno, è ormai interrotta da esperienze coscienti isolate.
Dalle
profonde tenebre del sonno affiorano percezioni di un genere che prima non conosceva.
Naturalmente
non è facile descrivere queste percezioni, perché il nostro linguaggio è creato
soltanto per il mondo dei sensi, e non si possono perciò trovare che parole
approssimative per ciò che non appartiene affatto a questo mondo dei sensi.
E
nondimeno, bisogna pur far uso di parole per descrivere i mondi superiori, e
anche con esse non è, possibile riuscirvi se non ricorrendo a similitudini; ma
poiché nel mondo ogni cosa è affine all'altra, si potrà con questo mezzo raggiungere
l'intento.
Le
cose e gli esseri dei mondi superiori sono, per lo meno, abbastanza affini a
quelle del mondo sensibile, perché con buona volontà, si possa tuttavia riuscire
a formarsi un'idea si di superiori, anche per mezzo delle parole usate per il
mondo dei sensi; conviene però essere sempre coscienti, che in tali descrizioni
dei mondi soprasensibili vi è molto che deve necessariamente essere detto per
via di similitudine e di simbolo.
La
disciplina occulta stessa si compie perciò soltanto in parte per mezzo delle
parole del linguaggio ordinario; per l'altra parte il discepolo impara, per la
sua ascesa, un modo di esprimersi simbolico che gli si affaccia come naturalmente.
Egli
se lo deve acquistare da sé durante la disciplina occulta.
Ciò
non impedisce, però, che per mezzo di semplici descrizioni, come quelle che qui
si danno, si possa imparare qualcosa dei mondi superiori.
Per
dare un'idea delle esperienze sopra descritte, che sorgono a tutta prima dal
mare dell'incoscienza durante
il sonno profondo,
non si può far meglio che paragonarle a una specie di «udito»; se ne può
parlare come di suoni e di parole che si percepiscono.
Come le esperienze dei sogni
si possono indicare giustamente come un modo di vedere, paragonabile alle percezioni
sensibili degli occhi, così i fatti del sonno profondo si possono paragonare
alle impressioni auditive.
(Fra parentesi occorre
osservare che la visione è anche per i mondi superiori ciò che vi è di più
elevato; i colori, anche in quei mondi, sono qualcosa di superiore ai suoni e
alle parole.
Ma, nel corso della sua
disciplina occulta, il discepolo non percepisce dapprincipio nel mondo
spirituale i colori superiori, bensì i suoni inferiori.
E soltanto perché l’uomo,
per la sua evoluzione generale, è già più adatto,al mondo che si manifesta nel
sonno popolato di sogni, egli vi percepisce contemporaneamente anche i colori.
Per il mondo superiore,
però, che si svela nel sonno profondo, egli è ancora poco adatto, e perciò esso
gli si rivela da prima in suoni :e parole; solo più tardi egli potrà elevarsi
anche qui ai colori e alle forme).
Quando ormai il discepolo si
avvede di avere tali esperienze nel sonno profondo, è primo suo compito di rendersele
quanto più possibile definite e chiare.
Da prima ciò riesce molto
difficile, perché la percezione di ciò che si sperimenta in quello stato è,
all’inizio, straordinariamente debole.
Destandosi, si sa di avere
sperimentato qualcosa, ma non si può affatto precisare che cosa fosse.
L’importante, durante questo
stato iniziale, è di rimanere tranquilli e sereni e di non abbandonarsi,
neanche per un momento, all’irrequietezza e all’impazienza, perché, in ogni
caso, queste non potrebbero che nuocere; non possono difatti mai accelerare
l’evoluzione ulteriore ma la ritardano.
Bisogna, per così dire,
abbandonarsi tranquillamente a ciò che ci viene dato o regalato; ogni violenza
deve essere repressa.
Se, in un dato periodo, non
ci si può ricordare delle esperienze del sonno, si aspetti con pazienza che ciò
diventi possibile, perché questo momento verrà certamente.
E se il discepolo è stato
paziente, acquista la facoltà percettiva in modo permanente, mentre se si è
spinto innanzi con violenza, può goderla veramente par una volta, ma poi la
perde di nuovo completamente per lungo tempo.
Quando la facoltà percettiva
si è finalmente manifestata e le esperienze del sonno si affacciano nitide e
chiare dinanzi alla coscienza di veglia, il discepolo deve volgere la sua
attenzione a quanto segue.
Queste esperienze possono
sceverarsi nettamente in due specie.
Una di queste è completamente
estranea a tutto ciò che fino ad allora si è conosciuto; il discepolo può da prima
rallegrarsi di queste esperienze, trovarvi piacere; ma non deve attardarvisi.
Esse sono foriere del mondo
spirituale superiore, nel quale egli non si potrà orientare che più tardi.
L’altra specie di esperienze
rivelerà però all’osservatore attento una certa affinità col mondo abituale in
cui vive.
I problemi su cui riflette
durante la vita, ciò che delle cose dell’ambiente circostante egli vorrebbe
conoscere, ma che, col suo intelletto ordinario non arriva a comprendere, tutto
questo, gli viene rivelato da codeste esperienze del sonno.
L’uomo, durante la vita
quotidiana, riflette su ciò che lo attornia; si forma delle rappresentazioni
per capire il nesso fra le cose.
Egli cerca di comprendere
col pensiero ciò che i suoi sensi percepiscono.
Le esperienze del sonno si
riferiscono per l’appunto a tali rappresentazioni e concetti.
Ciò che prima era un
concetto oscuro, nebuloso, acquista alcunché di sonoro e di vitale, che si può
paragonare soltanto ai suoni e alle parole del mondo, sensibile.
Sempre più pare al discepolo
che la soluzione degli enimmi sui quali riflette, gli venga sussurrata da un
mondo superiore in suoni e parole; egli è allora capace di ricollegare con la
vita ordinaria ciò che gli giunge da quell’altro mondo.
Ciò a cui prima poteva
arrivare soltanto col pensiero, è ora per lui un’esperienza altrettanto vivente
e significativa quanto qualsiasi esperienza del mondo sensibile.
Le cose e gli esseri del mondo
sensibile non sono semplicemente ciò che sembrano essere per la percezione
sensoria: essi sono l’espressione e l’emanazione di un mondo spirituale.
Questo mondo spirituale, che
prima era nascosto, risuona ormai per il discepolo dall’intero ambiente che lo,
circonda.
È facile vedere che
l’acquisto di questa facoltà percettiva superiore può essere una benedizione
per il discepolo soltanto quando i sensi animici che gli si sono dischiusi
siano sviluppati in modo regolare, così come l’uomo, per un’accurata osservazione
del mondo, non può servirsi dei suoi strumenti sensori ordinari, se essi non
sono regolarmente costituiti.
Ora, l’uomo stesso si forma
questi sensi superiori a mezzo degli esercizi indicati dalla disciplina
occulta.
A questi esercizi appartiene
la concentrazione, che consiste nel dirigere l’attenzione su rappresentazioni e
concetti ben determinati, che sono connessi con i segreti dell’universo; vi
appartiene pure la meditazione, che è, il vivere in quelle idee, il completo
immergersi in esse nel modo prescritto.
Con la concentrazione e la
meditazione l’uomo elabora la propria anima, e sviluppa in essa gli organi
animici della percezione.
Mentre egli si dedica alla
pratica della meditazione e della concentrazione, la sua anima cresce nel suo
corpo, come l’embrione umano cresce nel corpo della madre.
Quando poi le singole
esperienze già descritte si presentano durante il sonno, è vicino il momento
della nascita dell’anima fattasi libera, che per mezzo di quegli esercizi è
letteralmente diventata un altro essere che l’uomo fa germogliare e maturare in
sé.
Gli sforzi per la
concentrazione e la meditazione devono perciò essere diretti e regolati con
cura, poiché essi sono le leggi per la germinazione e la maturazione
dell’essere superiore animico umano sopra descritto.
E questo, al suo nascere,
deve essere un organismo in sé armonico e correttamente costituito.
Ma se nelle istruzioni vi è
qual errore, questo essere vivente regolare non si presenta, ma viene creato
invece nel inondo spirituale un aborto senza capacità di vita.
Che la nascita di questo
essere animico superiore debba verificarsi a tutta prima durante il sonno
profondo, riuscirà evidente, quando si rifletta che quell’organismo delicato,
con poca capacità di resistenza, non arriverebbe ad affermarsi in una sua
eventuale comparsa in mezzo agli eventi brutali e violenti della vita fisica
quotidiana.
La sua attività non potrebbe
farsi valere di fronte all’attività del corpo fisico.
Nel sonno, invece, quando il
corpo riposa per quel tanto della sua attività che dipende dalla percezione
sensoria, l’attività dapprima così delicata e impercettibile dell’anima
superiore ha possibilità di affiorare.
Ancora una volta però bisogna ripetere, che
il discepolo non deve considerare le esperienze del sonno come conoscenze
completamente valevoli, finché egli non sia capace di trasportare anche nella
coscienza diurna l’anima superiore ormai destatasi.
Quando, sia giunto a tanto,
il discepolo è altresì capace di percepire, fra le esperienze del giorno, e
perfino attraverso di esse, il mondo spirituale nel suo vero carattere, cioè
può cogliere per via animica i segreti dell’ambiente circostante sotto forma di
suoni e parole.
Ora, a questo grado
dell’evoluzione, bisogna rendersi conto che da prima si ha a che fare con
esperienze spirituali isolate, più o meno sconnesse, e che conviene perciò
evitare di basare su di esse alcun sistema completo, oppure soltanto coerente
di conoscenza, perché si rischierebbe d’introdurre nel mondo animico
rappresentazioni e idee fantastiche di vario genere, e di costruirsi in tal
modo facilmente un mondo che nulla avrebbe a che fare con quello vero spirituale.
Il discepolo deve esercitare
continuamente una severa vigilanza su sé stesso.
Il miglior partito a cui
attenersi, è quello di acquistare sempre maggior chiarezza sul conto delle vere
singole esperienze che si hanno, e di aspettare che ad esse, se ne aggiungano
spontaneamente altre le quali si riconnettano spontaneamente con le prime.
Per virtù della forza del
mondo spirituale, in cui ormai il discepolo è penetrato, e degli esercizi
prescritti ch’egli ha praticati, si verifica, durante il sonno profondo, un
allargamento sempre più ampio della sua coscienza.
Le esperienze che emergono
dall’incoscienza diventano sempre più numerose e sempre più brevi i periodi che
nella vita di sonno rimangono incoscienti.
In tal modo le sin gole
esperienze del sonno si vanno sempre più ricollegando spontaneamente fra loro,
senza che questa naturale connessione venga disturbata da ogni specie di
combinazioni e di deduzioni che potrebbero provenire solo dall’intelletto adusato
al mondo sensibile.
Quanto meno le abitudini
mentali di questo mondo sensibile s’intromettono in modo non giustificato nelle
esperienze superiori, tanto meglio sarà.
Se ci si regola a questo
modo, ci si avvicina a quel gradino della via della conoscenza superiore al
quale degli stati prima soltanto incoscienti nella vita di sonno, vengono
trasformati in stati completamente coscienti.
Allora, quando il corpo
riposa, si vive nel sonno una vita altrettanto reale quanto quella del la
veglia.
È superfluo osservare che
durante il sonno stesso si ha a che fare a tutta prima con una realtà diversa
da quella dell’ambiente sensibile in cui il corpo si trova.
Ricollegare le esperienze
superiori del sonno con l’ambiente sensibile circostante è cosa che s’impara, e
che si deve imparare, per rimanere saldi sul terreno del mondo sensibile e non
diventare visionari; ma, da prima, il mondo sperimentato nel sonno è, una
rivelazione completamente nuova.
Questo importante gradino
che consiste nella consapevolezza della vita nel sonno, si chiama, in scienza
occulta, la continuità (la non interruzione.) della coscienza (l).
In un uomo che ha raggiunto
questo gradino, le esperienze e le vicende non subiscono sosta durante i
periodi in cui il corpo fisico riposa, e in cui nessuna impressione viene
comunicata all’anima attraverso gli strumenti sensori.
(l) Ciò, cui qui si accenna, si presenta al discepolo, a un determinato gradino dell’evoluzione, come una specie di «ideale», che si scorge al termine di una lunga via. Il discepolo impara anzitutto a conoscere due stati di coscienza: acquista, cioè, coscienza durante una condizione animica, in cui prima non gli erano possibili che sogni disordinati, e coscienza durante un’altra condizione, in cui prima gli era possibile soltanto il sonno incosciente senza sogni.
DURANTE LA DISCIPLINA
SPIRITUALE
Durante il sonno l’anima
umana non accoglie comunicazioni per mezzo degli strumenti sensori fisici; le
percezioni del mondo esteriore ordinario non affluiscono a lei durante quello
stato.
Essa, in realtà, sotto un
determinato rapporto, sta al di fuori di quella parte della entità umana, del
così detto corpo fisico, che durante la veglia trasmette le percezioni dei
sensi e il pensiero.
Essa è allora soltanto in
rapporto con i corpi più tenui (corpo eterico e corpo astrale) che sfuggono,
all’osservazione dei sensi fisici.
Ma l’attività di questi
corpi più tenui non si ferma durante il sonno, e come il corpo fisico sta in
rapporto con le cose e gli esseri del mondo fisico, ne accoglie le influenze e
reagisce su di essi, così l’anima vive in un mondo superiore e prosegue questa
sua vita durante il sonno.
Effettivamente l’anima,
durante il sonno, è in piena attività; ma l’uomo nulla può sapere di questa sua
propria attività, finché non possegga organi spirituali di percezione, per
mezzo dei quali, durante il sonno, possa osservare ciò che si svolge attorno a
lui e ciò ch’egli stesso fa, così come può osservarlo nella vita diurna con i
suoi sensi ordinari nel proprio ambiente fisico.
La disciplina occulta
consiste (come è stato mostrato nei capitoli precedenti) nello sviluppare gli
strumenti spirituali sensori.
Quando la vita di sonno
dell’uomo si è trasformata, per mezzo della disciplina occulta, nel modo
descritto nel capitolo precedente, egli può seguire coscientemente tutto ciò
che si svolge attorno a lui durante quello stato, e può orientarsi per volontà
propria nel suo ambiente, così come fa con le sue esperienze nella vita
quotidiana di veglia, per mezzo dei sensi ordinari.
Al riguardo è però da
notarsi, che la percezione dell’ambiente sensibile ordinario presuppone già un
grado superiore di chiaroveggenza.
Al principio della sua
evoluzione, il discepolo percepisce soltanto le cose che appartengono a un
altro mondo, senza poterne osservare il nesso con gli oggetti del suo ambiente
sensibile quotidiano.
Ciò che siffatti esempi
caratteristici della vita di sogno e di sonno ci palesano, si verifica
continuamente nell’uomo.
L’anima vive
ininterrottamente in mondi superiori ed è attiva entro di essi, e da questi
mondi superiori trae gli stimoli a mezzo dei quali agisce di continuo sul corpo
fisico.
Mentre l’uomo rimane incosciente
di questa sua vita superiore, il discepolo dell’occultismo invece ne diventa
cosciente, e in tal modo tutta la sua vita viene ad essere trasformata.
Finché l’anima non è
veggente nel senso superiore, essa è guidata da esseri cosmici superiori; e come
la vita di un cieco, che abbia acquistato la vista per mezzo di un’operazione,
diventa diversa da quella che era prima, quando egli doveva dipendere
dall’altrui guida, così la vita dell’uomo si trasforma con la disciplina
occulta.
Ormai il discepolo non ha
più chi lo guidi e deve assumere la direzione di sé stesso, ma appena questo
succede, egli si trova, come è naturale, esposto a errori di cui la coscienza
ordinaria non ha sentore.
Egli esercita ora la sua
azione da un mondo, dal quale lo guidavano prima, a sua insaputa, forze
superiori.
Queste forze superiori sono
disciplinate dall’armonia cosmica universale, e appunto da questa armonia cosmica
il discepolo ora emerge per compiere da sé quelle cose che prima venivano per
lui compiute senza sua cooperazione.
Questa è la ragione per cui
i libri che trattano di questi argomenti parlano molto dei pericoli cui va
incontro chi ascende ai mondi superiori.
Le descrizioni, che talvolta
vi si trovano di tali pericoli, si prestano veramente a far sì che le anime
timide considerino con terrore questa vita superiore.
Ma occorre dire che questi
pericoli esistono soltanto quando vengano trascurate le necessarie cautele.
Se invece i consigli
suggeriti dalla giusta disciplina occulta sono seguiti con cura, l’ascesa si svolge
bensì attraverso esperienze che trascendono per potenza e grandezza tutto ciò
che la fantasia più audace dell’uomo dei sensi possa immaginare, ma delle quali
non è davvero il caso di dire che possano recare danno alla salute o alla vita.
L’uomo impara a conoscere
forze orribili che minacciano la vita da ogni parte; acquista la possibilità di
servirsi egli stesso di talune forze ed esseri che sfuggono alla percezione dei
sensi.
Ed è grande la tentazione
d’impossessarsi di queste forze per favorire qualche illecito interesse, o
d’impiegarle, per insufficiente conoscenza dei mondi superiori, in modo,
errato.
Di alcune di queste
esperienze specialmente importanti (per es., dell’incontro col «guardiano della
soglia») si darà in seguito la descrizione.
Bisogna però tener presente
che le potenze nemiche della vita esistono anche quando non se ne abbia conoscenza.
È bensì vero che in questo
caso il loro rapporto con l’uomo vien determinato da forze superiori, mentre
questo rapporto si modifica quando egli penetra cosciente in quel mondo che
prima gli era nascosto, ma in compenso s’intensifica allora anche la sua esistenza,
e la cerchia della sua vita si arricchisce di un vastissimo campo.
Vero pericolo vi è soltanto
quando il discepolo, per impazienza o presunzione, assume innanzi tempo una certa
indipendenza di fronte alle esperienze del mondo superiore, né può aspettare di
avere acquistato conoscenza sufficiente delle leggi soprasensibili.
In questo campo appunto la
modestia e l’umiltà hanno valore più reale che non nella vita ordinaria.
Ma se il discepolo possiede
quelle virtù nel loro senso più alto, può essere sicuro che la sua ascesa alla
vita superiore si effettuerà senza pericolo per ciò che suol chiamarsi «salute»
e «vita».
Prima di ogni altra cosa,
non deve sorgere discordanza alcuna fra le esperienze superiori e gli eventi e
le esigenze della vita quotidiana.
Il còmpito dell’uomo deve
assolutamente cercarsi su questa terra, e chi si vuol sottrarre ai doveri di
questa terra e rifugiarsi in un altro mondo, può essere sicuro di non
raggiungere il suo scopo.
Ma ciò che i sensi
percepiscono non è che una parte del mondo; le entità che si esprimono nei
fatti del mondo sensibile risiedono nello spirito; bisogna divenire
compartecipi dello spirito, per poterne portare le rivelazioni nel mondo
sensibile.
L’uomo trasforma la terra,
col piantare in essa ciò che ha conosciuto dal mondo degli spiriti; questo è il
suo còmpito.
E perché la terra fisica
dipende dal mondo spirituale, perché si può esercitare un’azione efficace sulla
terra soltanto quando si prende parte a quei mondi in cui stanno nascoste le
forze creatrici, per questo soltanto dobbiamo cercare di ascendere a quelle
regioni superiori.
Se ci si avvicina alla
disciplina occulta con questo atteggiamento dell’anima, e non si devia in alcun
momento dalla direzione tracciata, non si ha da temere il minimo pericolo.
Nessuno dovrebbe lasciarsi
distogliere dalla disciplina occulta per tema dei possibili pericoli a cui
andrebbe incontro; questa prospettiva dovrebbe piuttosto servirgli di serio
incitamento all’acquisto di quelle qualità che il vero discepolo
dell’occultismo deve possedere.
Dopo queste premesse, atte a
fare svanire ogni timore, daremo ora una descrizione di alcuni di questi così
detti «pericoli».
Grandi trasformazioni si
verificano indubbiamente nei sopra citati corpi più sottili del discepolo.
Tali trasformazioni sono
connesse con determinati processi di evoluzione delle tre forze fondamentali
dell’anima, volere, sentire e pensare.
Queste tre forze, prima
dell’educazione occulta dell’uomo, stanno fra loro in una relazione ben
determinata, regolata da leggi cosmiche superiori.
L’uomo non vuole, né sente,
né pensa arbitrariamente.
Se, per esempio, una
determinata rappresentazione affiora nella coscienza, si unisce ad essa, per
legge naturale, un dato sentimento, o le fa seguito una determinazione della
volontà, che è pure ad essa regolarmente connessa: si entra in una camera, vi
si trova un’aria viziata, e si apre la finestra; ci si sente chiamare per nome e
ci si volge alla chiamata; si è interrogati e si dà risposta; si sente che una
cosa esala cattivo odore, e se ne riceve un senso di disgusto.
Queste sono semplici
connessioni fra pensiero, sentimento e volontà.
Quando però si considera la
vita dell’uomo nel suo assieme, ci si accorge che tutto poggia in essa su tali
connessioni.
Anzi, la vita di un uomo è
considerata «normale» soltanto quando vi si scorge quella connessione fra
pensare, sentire e volere, che è fondata sulle leggi della natura umana.
Si considererebbe in
contrasto con queste leggi un uomo che, per esempio, godesse alla vista di un
oggetto che esala cattivo odore, o non rispondesse alle domande che gli vengono
rivolte.
Il risultato che ci si
ripromette da una corretta educazione, o da un giusto insegnamento, poggia
sulla premessa, che sia possibile in tal modo stabilire nell’allievo una
relazione adeguata alla natura umana fra pensare, sentire e volere.
Quando si presentano a un
allievo determinate idee, lo si fa perché si suppone che, in seguito, esse si
collegheranno regolarmente coi suoi sentimenti e con le sue determinazioni
volitive.
Tutto ciò proviene dal fatto
che nei corpi animici più sottili dell’uomo, i punti centrali delle tre forze
(pensare, sentire e volere) sono fra loro uniti in un determinato modo, e
questa unione che si verifica nell’organismo animico più sottile si rispecchia
pure nel corpo fisico materiale.
Anche in quest’ultimo gli
organi del volere stanno in una determinata regolare unione con quelli del
pensare e del sentire.
Un dato pensiero provoca
regolarmente un sentimento o una attività volitiva.
Nel corso dell’evoluzione
superiore dell’uomo i fili che uniscono quelle tre forze fondamentali vengono
interrotti.
Da prima questa interruzione
si verifica soltanto nell’organismo animico più sottile suddescritto; ma
durante l’ulteriore ascesa questo distacco si estende anche al corpo fisico.
(Effettivamente con la
evoluzione spirituale superiore il cervello dell’uomo, per esempio, si scinde
in tre parti separate. La scissione è di genere tale che la vista sensibile
ordinaria non può percepirla, né gli strumenti materiali più perfezionati
valgono a dimostrarla; tuttavia essa si verifica, e il chiaroveggente ha mezzi
per osservarla. Il cervello del chiaroveggente superiore si scinde in tre
entità indipendentemente attive: il cervello pensante, il cervello senziente e
il cervello volitivo).
Gli organi del pensare,
sentire e volere si trovano allora completamente liberi l’uno dall’altro e la
loro unione non viene ormai più mantenuta da alcuna legge congenita, ma deve
provvedervi la coscienza superiore che si è destata nell’uomo stesso.
Questa è appunto la
trasformazione che il discepolo dell’occultismo osserva in sé: che, cioè, fra
una rappresentazione e un sentimento, o fra un sentimento e una decisione
volitiva, ecc., non si stabilisce più alcun rapporto se non sia egli stesso a
volerlo.
Nessun impulso lo spinge da
un pensiero all’azione, se egli stesso volontariamente non lo determina.
Egli può ormai rimanere
completamente indifferente di fronte a un fatto che, prima della disciplina
occulta, gli avrebbe ispirato amore ardente o odio violento; può rimanere
inerte di fronte a un pensiero che prima lo avrebbe spinto, come
spontaneamente, a una azione.
E per decisione della
propria volontà egli può compiere azioni alle quali un uomo, che non sia
passato per la disciplina occulta, non si sentirebbe affatto disposto.
Il grande progresso che il
discepolo dell’occultismo consegue, è quello di acquistare completa padronanza
sulla collaborazione delle tre forze animiche; ma appunto per ciò questa collaborazione
ricade completamente sotto la sua responsabilità.
Solamente con tale
trasformazione del suo essere, l’uomo può entrare in rapporto cosciente con
certe forze ed entità soprasensibili.
Perché le sue forze animiche
corrispondono per affinità ad alcune forze fondamentali del mondo.
La forza, per esempio, che
risiede nella volontà, può esercitare un’azione su determinate cose ed entità
del mondo superiore, e può anche percepirle; ma può far ciò soltanto quando
nell’ambito dell’anima si sia liberata dalla sua unione col sentire e col
pensare.
Non appena questa unione si
è sciolta, l’azione della volontà si svolge all’esterno; parimenti succede per
le forze del pensare e del sentire.
Se un uomo emana un
sentimento di odio, questo sentimento è visibile al chiaroveggente sotto la
forma di una tenue nube luminosa di un determinato colore, e il chiaroveggente
può difendersi da questo sentimento di odio, così come un uomo fisico può parare
un colpo fisico diretto a colpirlo.
L’odio, nel mondo
soprasensibile, diventa un fenomeno visibile.
Ma il chiaroveggente lo può
percepire soltanto, in quanto sia capace di dirigere verso l’esterno la forza
che risiede nel proprio sentimento, così come l’uomo dei sensi dirige
all’esterno la facoltà ricettiva del proprio occhio.
Ciò che diciamo dell’odio
vale pure per altri fatti ben più importanti del mondo sensibile.
L’uomo può entrare in
comunicazione cosciente con essi se rende libere le forze fondamentali della sua
anima.
Per via della sopra
descritta dissociazione delle forze del pensare, sentire e volere, e quando non
si osservino le istruzioni della scienza occulta, diventa possibile che un
triplice errore s’insinui nell’evoluzione dell’uomo.
Questo può avvenire quando
si distruggano i legami di congiungimento fra le suddette forze prima che la coscienza
superiore sia abbastanza progredita nella conoscenza, da essere in grado di
tener con fermezza le redini destinate a stabilire una collaborazione libera e
armonica fra le forze così separate.
Perché, di regola, in uno
stesso momento della vita, le tre forze fondamentali dell’uomo non si trovano ugualmente
progredite nella loro evoluzione.
In taluno è più progredi-to
il pensare che non il sentire e il volere; in un altro, invece, è una di queste
due ultime forze che predomina sulle sue compagne.
Fintantoché rimane integro
il rapporto che leggi cosmiche superiori hanno stabilito fra quelle forze,
nessun perturbamento che in senso superiore sia nocivo, può derivare dal
predominio di una o dell’altra di esse.
Nell’uomo volitivo, per
esempio, il pensiero e il sentimento, per virtù di quelle leggi, esercitano
un’azione compensatrice, e impediscono che la volontà preponderante tenda a
degenerare.
Se un uomo volitivo di quel
genere entra però nella scuola occulta, l’influenza normale del sentimento e
del pensiero non esercita più la sua azione sulle manifestazioni impetuose
della sfrenata forza della volontà.
E se l’uomo allora non è
progredito al punto di aver acquistalo completa padronanza della coscienza
superiore, in modo da potere egli stesso provocare l’armonia necessaria, allora
la volontà segue la sua via sregolata e lo soggioga continuamente.
Il sentimento e il pensiero
cadono in una completa impotenza; l’uomo rimane soggetto alle sferzate della volontà
dominatrice di cui è schiavo.
Ne risulta una natura
violenta che passa da un’azione sfrenata all’altra.
Un secondo errore si
verifica, se il sentimento si libera in modo eccessivo da ogni freno regolare.
Una persona incline a
venerare gli altri, può allora cadere in uno stato di assoluta dipendenza, fino
a perdere ogni propria volontà, o pensiero.
Invece della conoscenza
superiore, la sorte riserva ad una tale persona la più compassionevole vacuità
e debolezza.
Oppure, sempre nel caso di
una vita in cui predomini il sentimento, può darsi che una natura che tende
alla pietà e all’aspirazione religiosa cada in una mania religiosa che la
dilani.
Il terzo errore si forma
quando predomina il pensiero; ne risulta, in tal caso, una natura contemplativa
ostile alla vita e chiusa in sé stessa.
Per tali uomini il mondo
sembra avere significato soltanto in quanto offre loro gli oggetti per la
soddisfazione della loro smisurata brama di saggezza.
Nessun pensiero li stimola a
un’azione o a un sentimento; ovunque si presentano come nature fredde, indifferenti.
Essi rifuggono da qualunque
contatto con le cose della realtà quotidiana, come se ne sentissero disgusto o
come se esse, per lo meno, avessero perso per loro qualsiasi significato.
Queste sono le tre direzioni
nelle quali il discepolo può traviare: il prepotere della volontà, la voluttà
del sentimento, la fredda, spietata aspirazione alla sapienza.
Per un metodo di
osservazione esteriore - anche per quello materialistico della medicina
ufficiale - l’aspetto di una persona che si è persa in queste vie traverse
differisce poco, sopra tutto di grado, da quella di un pazzo, o per lo meno di
un uomo molto «malato di nervi».
Il discepolo
dell’occultismo, ben inteso, non deve somigliargli; importa che in lui le tre
forze fondamentali dell’anima - pensare, sentire e volere - abbiano compiuto
un’evoluzione armonica, prima di essere disciolte dalla loro ingenita unione e
di essere assoggettate alla coscienza superiore di fresco destatasi.
Perché dal momento che
l’errore si verifica, e che una delle suddette forze fondamentali viene a
perdere ogni freno, l’anima superiore nasce deforme.
La forza scatenata invade
allora l’intiera personalità del discepolo e per molto tempo è inutile sperare
di poter ristabilire l’equilibrio.
Ciò che nell’uno è una
caratteristica innocua finché egli non segue la disciplina occulta, e cioè il
fatto che nella sua natura predomini o !a volontà, o il sentimento, o il
pensiero, s’intensifica invece nel discepolo dell’occultismo, in modo che
l’elemento universale di umanità, così necessario nella vita, sparisce in lui
completamente.
A dire il vero, il pericolo
diventa reale e serio soltanto nel momento in cui il discepolo acquista la
capacità di far sorgere dinanzi a sé, anche allo stato di veglia, le esperienze
che ha durante la coscienza di sonno.
Finché egli non è andato al
di là dello stadio del l’illuminazione degli intervalli di sonno, la vita dei
sensi, regolata dalle leggi universali cosmiche, esercita durante lo stato di
veglia un’azione compensatrice che ristabilisce l’equilibrio turbato dell’anima.
Perciò è tanto necessario
che la vita di veglia del discepolo sia sana e regolare in tutte le direzioni.
Quanto più egli corrisponde
a ciò che il mondo esteriore esige da una formazione sana e forte del corpo,
dell’anima e dello spirito, tanto meglio è per lui.
Può essere al contrario di
grave danno, al discepolo, se la vita di veglia quotidiana agisce su di lui in
modo da eccitarlo o irritarlo, se, dunque, alle grandi trasformazioni che si
svolgono nella sua interiorità si aggiungono altre influenze disturbatrici o
limitatrici provenienti dalla vita esteriore.
Egli deve ricercare tutto
ciò che corrisponde alle sue forze e alle sue capacità, ciò che lo conduce a
una convivenza armonica con il suo ambiente, e deve evitare tutto ciò che
pregiudica questa armonia, ciò che porta irrequietezza e agitazione nella sua vita.
In proposito, piuttosto che
rimuovere in senso esteriore- questa irrequietezza e questa agitazione, si tratta
di provvedere a che l’atteggiamento, le intenzioni, i pensieri dell’anima e la
salute del corpo non siano esposti, per causa di esse, a continue oscillazioni.
Tutto ciò riesce all’uomo,
durante la sua educazione occulta, meno facile di prima; perché le esperienze
superiori, che ormai s’intessono nella sua vita, agiscono senza interruzione
sull’intera sua esistenza; se in queste esperienze superiori tutto non è a
posto, l’irregolarità lo insidia di continuo, e alla prima occasione può farlo
deviare dalla giusta strada.
Perciò il discepolo non deve
trascurare niente che possa assicurargli la padronanza sull’intiero suo essere;
la presenza di spirito, la considerazione calma di tutte le situazioni di cui
va tenuto conto nella vita, non devono mai venirgli meno.
Ma, in ultima analisi, la
vera disciplina occulta genera tutte queste qualità di per sé stessa; durante
il corso di essa s’imparano a conoscere i pericoli soltanto al momento giusto,
quando appunto si acquista piena forza per toglierli di mezzo.
Fra le esperienze più
importanti che accompagnano l’ascesa ai mondi superiori, sono gl’incontri con
il «guardiano della soglia»; essenzialmente ve ne sono due, uno «piccolo», e un
altro «grande».
Il discepolo incontra il
primo, quando i fili che uniscono volontà, pensiero e sentimento si cominciano
a disciogliere nei corpi più sottili (corpo astrale e corpo eterico), come è
stato descritto nel capitolo precedente.
Il discepolo incontra il
«grande guardiano, della soglia», quando il discioglimento dei legami si
estende fin dentro alle parti fisiche del corpo (cioè, sopra tutto, al
cervello).
Il «piccolo guardiano della
soglia» è un essere indipendente; non esiste per l’uomo, fino a quando questi
non abbia raggiunto un adeguato gradino di evoluzione.
Se ne possono indicare qui
soltanto alcune fra le peculiarità più essenziali.
Anzi tutto si cercherà di
descrivere, in forma narrativa, l’incontro del discepolo col «guardiano della
soglia».
Soltanto per mezzo di questo
incontro il discepolo si accorge, che pensare, sentire e volere si sono in lui
disciolti dalla loro ingenita unione.
Al discepolo si presenta un
essere veramente orribile, spettrale, ed egli ha bisogno di tutta la presenza
di spirito e di tutta quella fede nella sicurezza della via della conoscenza
che si è acquistate durante il corso del suo discepolato nell’occultismo.
Il «guardiano» rivela il
proprio significato a un dipresso con le seguenti parole:
«Fino ad ora ti dominavano
potenze che ti erano invisibili.
«Esse operavano in modo che
durante il corso delle tue vite passate ogni tua opera buona avesse la sua ricompensa
e ogni tua cattiva azione avesse tristi conseguenze.
«Per virtù della loro
influenza il tuo carattere si è formato col frutto delle esperienze della tua
vita e dei tuoi pensieri; queste potenze furono le cause del tuo destino.
«Esse determinarono la
misura di gioia e di dolore che ti veniva assegnata in ognuna delle tue
incarnazioni, a seconda della tua condotta nelle incarnazioni precedenti, e ti
dominavano sotto la forma della legge universale del karma.
«Queste potenze
abbandoneranno adesso una parte della loro direzione, e parte dei lavoro
ch’esse hanno fatto su di te, devi ormai compierlo da solo.
«Molle sventure ti hanno
finora colpito, e non ne sapevi il perché; erano altrettante conseguenze di tue
cattive azioni nel corso di qualche tua vita precedente.
«Tu hai trovato felicità e
gioia e le hai accolte; esse pure erano l’effetto di azioni passate.
«Nel tuo carattere hai molti
lati belli, molte macchie brutte; così degli uni come delle altre sei tu stesso
la causa per via delle tue esperienze e dei tuoi pensieri passati; finora non
conoscevi le cause, ti erano manifesti solo i loro effetti.
«Ma le potenze karmiche
vedevano tutte le azioni delle tue vite precedenti, i tuoi pensieri e
sentimenti più reconditi, e a seconda di questi hanno determinato ciò che ora
tu sei, e la tua vita presente.
«Ora però devono esserti
rivelati tutti gli aspetti buoni e cattivi delle tue vite passate.
«Essi erano fino ad ora
intessuti nella tua stessa entità, erano in te, e tuttavia non li potevi
vedere, come fisicamente non puoi vedere il tuo proprio cervello.
«Ora però si liberano da te,
escono dalla tua personalità; assumono una forma indipendente che tu puoi vedere,
così come vedi le pietre e le piante del mondo esteriore.
«E sono io stesso l’entità
che si è formata un corpo con le tue azioni nobili e con quelle cattive.
«La mia figura spettrale è
tratta dal libro del dare e avere della tua propria vita; mi hai portato invisibile
in te fino ad ora, ma era per il tuo bene che così fosse; poiché la saggezza
del destino che ti rimaneva nascosto ha lavorato fino ad ora in te
all’estinzione delle macchie brutte della mia figura.
«Ora, poiché sono uscito
fuori di te, anche questa saggezza nascosta ti ha abbandonato; essa, d’ora
innanzi, non si occuperà più di te, e affiderà il lavoro alle tue proprie mani.
«lo devo diventare un’entità
perfetta e splendida, se mi voglio salvare dalla distruzione, ma se
quest’ultima mi cogliesse, trascinerei meco anche te in un mondo oscuro e
guasto.
«Per evitare tale iattura,
occorre che la tua propria saggezza diventi ormai tanto grande, da essere in
grado di assumersi il còmpito di quella saggezza che ti era nascosta e che ti
ha abbandonato.
«Quando tu avrai varcato la
mia soglia, io, come figura visibile, non mi staccherò più per un solo istante
dal tuo fianco.
«E se da ora in poi opererai
o penserai cose cattive, vedrai subito questa tua colpa riflettersi in un
contorcimento orribile e demoniaco della mia figura.
«Soltanto quando avrai
compensato tutti i tuoi passati errori, e ti sarai purificato in modo che ti
sia impossibile commettere altri peccati, allora soltanto il mio essere si
trasformerà in bellezza risplendente, e per il bene della tua ulteriore
attività, potrò unirmi di nuovo con te in un unico essere.
«La mia soglia però è
costruita di tutti quei sentimenti di paura che sono ancora in te, del tuo
timore della forza che ti occorre per assumere la completa responsabilità delle
tue azioni e dei tuoi pensieri.
«Finché ti manca il coraggio
di prendere da te la direzione della tua sorte, la costruzione di questa soglia
non è completa, qualcosa ancora le manca; e finché la costruzione difetta sia
pure di un sol mattone, tu sarai condannato a rimanere relegato fuori di questa
soglia o a inciampare all’atto di volerla varcare.
«Non tentare dunque di
varcarla, prima di esserti completamente liberato dalla paura e di sentirti
pronto ad assumere la più alta responsabilità.
«Fino ad ora uscivo dalla
tua personalità soltanto quando la morte ti richiamava dal corso di una vita
terrena; ma anche allora la mia figura rimaneva per te velata.
«Potevano vedermi soltanto
le potenze del destino che ti dirigevano, e, a seconda del mio aspetto, nelle
pause intermedie fra la morte e una nuova nascita, potevano elaborare in te
forza e capacità affinché in una nuova vita terrena tu potessi lavorare
all’abbellimento della mia figura per il bene della tua evoluzione.
«Ed ero io stesso che, per
la mia imperfezione, costringevo le potenze del destino a ricondurti sempre in
nuove incarnazioni sulla terra.
«Quando tu morivi, io
rimanevo; e per causa mia i dirigenti del karma determinavano la tua rinascita.
«Solo col trasformarsi
attraverso sempre nuove vite, portandomi in questo modo inconsapevolmente a
perfezione, ti saresti liberato dalle potenze della morte, e, unendoti
completamente a me, saresti passato all’immortalità.
«Eccomi oggi visibile
dinanzi a te, così come invisibile ti sono stato sempre vicino nell’ora della
morte.
«Quando avrai varcato la mia
soglia, penetrerai nei regni in cui prima penetravi soltanto dopo la morte
fisica.
«Tu penetri in essi con
piena coscienza, e, da ora in poi, mentre ti aggiri esteriormente visibile
sulla terra, tu ti aggirerai contemporaneamente nel regno della morte, che però
è il regno della vita eterna.
«lo sono realmente anche
l’angelo della morte, ma sono al tempo stesso il portatore di una vita
superiore imperitura.
«Pur vivendo il tuo corpo,
morirai per mezzo mio in esso, per sperimentare la rinascita nell’esistenza
imperitura.
««Nel regno in cui ormai tu
penetri, conoscerai esseri soprasensibili, e godrai della beatitudine.
«Ma la prima conoscenza che
farai in questo nuovo mondo devo essere io stesso; io, che sono la tua creatura.
«Prima vivevo della tua
propria vita; ma ora per mezzo tuo mi sono destato a un’esistenza mia propria,
e ti sto dinanzi come giudice visibile delle tue azioni avvenire, forse anche
come tuo costante rimprovero.
«Tu hai potuto crearmi; ma
hai assunto al tempo stesso il dovere di trasformarmi».
Ciò che qui è stato esposto,
in forma narrativa, non bisogna rappresentarselo come alcunché di simbolico, ma
come un’esperienza della massima realtà per il discepolo (l).
Il «guardiano» lo deve
ammonire di non procedere più oltre, se non sente in sé la forza di soddisfare
alle richieste contenute nel discorso su citato.
Per quanto orribile possa essere la figura di questo «guardiano», essa
tuttavia non è che l’effetto delle passate vite del discepolo stesso, non è che
il suo proprio carattere, destato a vita indipendente, al di fuori di lui, e
questo risveglio si verifica per via del cessato collegamento fra volontà,
pensiero e sentimento.
È già un’esperienza
profondamente significativa quella di sentire, per la prima volta, di avere da
noi stessi generato un essere spirituale.
(l) Da quanto sopra è stato detto, è evidente che il su descritto «guardiano della soglia» è una figura (astrale) che si manifesta alla veggenza superiore in via di risveglio nel discepolo, e appunto a questo incontro soprasensibile conduce la scienza occulta. Una pratica della magia inferiore consiste nel rendere il «guardiano della soglia» visibile anche ai sensi fisici; si tratta in tal caso di produrre una nube di sostanza sottile, un fumo agglomerato, costituito da una determinata miscela di una serie di sostanze. La forza sviluppata dal mago è allora capace di plasmare quella nube di fumo e di vivificarne la sostanza col karma non ancora scontato dell’uomo. Chi è sufficientemente preparato per la veggenza superiore non ha più bisogno di siffatte visioni sensibili; mentre colui, il quale prima di essere abbastanza preparato si vedesse comparire dinanzi il suo karma non ancora scontato, nella forma sensibile di un essere vivente, correrebbe pericolo di smarrire la buona via; perciò non deve aspirare a quella visione. Nel romanzo occulto Zanoni di Bulwer (F.lli Bocca Editori) è data una descrizione di questo «guardiano della soglia».
La preparazione del
discepolo deve mirare a poter sopportare senza alcun timore la spaventosa
visione, e a sentire, nel momento dell’incontro, la propria forza cresciuta a
tal segno, da potere in piena coscienza incaricarsi del perfezionamento del
«guardiano».
Come conseguenza di aver
felicemente superato l’incontro, col «guardiano della soglia», la prossima
morte fisica dei discepolo diventa un evento completamente diverso dalle sue
morti precedenti.
Egli sperimenta
coscientemente la morte, in quanto depone il corpo fisico così come ci si
spoglia di un abito usato, o diventato inservibile per uno strappo improvviso.
Questa sua morte fisica è
allora, per così dire, un fatto importante soltanto per coloro che vivono con
lui, e le cui percezioni sono ancora completamente limitate al mondo sensibile.
Per essi il discepolo
«muore»; per lui stesso però nulla si modifica d’importante nell’ambiente che
lo circonda.
Tutto il mondo
soprasensibile in cui egli entra, stava aperto dinanzi a lui anche prima
ch’egli morisse, e continua perciò a stare aperto dinanzi a lui anche dopo la
,sua morte.
Il «guardiano della soglia»
però è connesso anche con altri fatti.
L’uomo appartiene a una
famiglia, a un popolo, a una razza; la sua azione in questo mondo è collegata
al fatto ch’egli appartiene a una tale collettività; vi si ricollega anche la
peculiarità del suo carattere.
E l’azione cosciente dei
singoli uomini non è affatto l’unico elemento che occorre considerare in una
famiglia, in una stirpe, in un popolo, in una razza; esiste un destino della
famiglia, della razza, ecc., così come vi è pure un carattere di famiglia, di
razza, ecc.
Per l’uomo che è limitato ai
suoi sensi, queste cose rappresentano concetti generici, e il pensatore
materialista, coi suoi pregiudizi, considererà con disprezzo l’occultista,
quando gli sentirà dire che il carattere della famiglia, del popolo, il destino
della stirpe, o della razza, sono da assegnarsi a esseri reali, così come il
carattere e il destino del singolo uomo sono da attribuirsi a una vera
personalità.
L’ occultista impara appunto
a conoscere mondi superiori, dei quali le singole persone sono come membra, tal
quale le braccia, le gambe e la testa sono membra dell’uomo.
E nella vita di una
famiglia, di un popolo, di una razza, oltre all’azione dei singoli uomini,
agiscono anche le anime realmente esistenti della famiglia, del popolo, e gli
spiriti delle razze.
Anzi, in un certo senso, i
singoli uomini non sono che gli organi esecutivi di queste anime delle famiglie
e di questi spiriti delle razze, ecc.
Con completa verità, per
esempio, si può dire che l’anima di un popolo si serve del singolo individuo
appartenente al suo popolo per l’esecuzione di determinati còmpiti.
Le anime dei popoli non
discendono fino alla realtà sensibile, ma si muovono nei mondi superiori; per
agire nel mondo fisico sensibile, si servono, come organi fisici, dei singoli
individui.
Fanno, in un senso
superiore, proprio come un architetto che si serve degli operai per costruire i
particolari di un edificio.
A ogni uomo, nel più vero
senso della parola, viene assegnato un còmpito dall’anima della famiglia, del
popolo o della razza.
L’uomo limitato dai sensi,
però, non viene affatto iniziato ai disegni superiori a cui la sua opera deve
servire, egli lavora incoscientemente per i fini che le anime del popolo, della
razza, ecc., si propongono.
D.al momento in cui il
discepolo incontra il «guardiano della soglia», egli non deve soltanto
conoscere i còmpiti che personalmente gli spettano, ma deve collaborare
consapevolmente a quelli del suo popolo, della sua razza.
Ogni allargarsi del suo
orizzonte gli impone inderogabilmente maggiori doveri.
Ciò che effettivamente
succede, è che il discepolo aggiunge un nuovo corpo al suo corpo animico più
tenue, indossa un abito di più.
Fino ad allora, egli ha
percorso il inondo con gli involucri che la sua personalità rivestiva, e a ciò
ch’egli doveva compiere per la sua comunità, per il suo popolo, per la sua
razza, ecc., provvedevano gli spiriti superiori che si servivano della sua
personalità.
La nuova rivelazione che gli
viene fatta dal «guardiano della soglia» è che da ora in poi questi spiriti non
lo guideranno più; egli deve uscire totalmente dalla comunità.
Abbandonato a sé stesso,
egli s’irrigidirebbe completamente; andrebbe incontro alla propria distruzione,
se non si acquistasse ormai da solo le forze che sono proprie agli spiriti dei
popoli, delle razze, ecc..
Molti uomini diranno bensì:
Io mi sono completamente liberato da ogni vincolo di stirpe e di razza; voglio
essere soltanto «uomo», e «niente altro che uomo».
Ad essi però bisogna dire:
«Chi ti ha condotto a tale
libertà?
«Non è forse la famigli,a
che li ha collocato, nel mondo, nella posizione in cui ti trovi?
«La tua stirpe, il tuo
popolo, la tua razza non ti hanno essi fatto ciò che sei?
«Essi ti hanno educato; e se
tu sei superiore a tutti i pregiudizi, se sei un portatore di luce, un
benefattore della tua stirpe, o anche della tua razza, vai debitore di tutto
ciò alla loro educazione.
«Ed anche quando dici di te
stesso che sei «soltanto uomo», anche questo tu lo devi agli spiriti delle tue
comunità».
Solamente il discepolo
impara a conoscere ciò che significa essere abbandonato dagli spiriti del
popolo, della stirpe, della razza; egli solo sperimenta su di sé il non-valore
di ogni siffatta educazione per la vita che ormai gli sta davanti.
Perché tutto ciò ch’egli ha
ricevuto dall’educazione, si dissolve completamente in seguito alla rottura dei
fili di congiunzione fra volontà, pensiero e sentimento.
Egli volge indietro lo
sguardo su tutte le vicende dell’educazione passata, come si potrebbe guardare
una casa che si sta sgretolando nei suoi singoli mattoni, e che si deve ormai
riedificare in nuova forma.
Ancora una volta si tratta
di più che di un semplice simbolo, quando si dice: dopo che il «guardiano della
soglia» ha espresso le sue prime richieste, si scatena, dal posto dove egli si
trova, un vento vorticoso, che spegne tutte le luci spirituali che finora hanno
illuminato al discepolo il cammino della vita, e una oscurità completa si
stende dinanzi a lui.
Essa viene interrotta
soltanto dal chiarore che irradia dal «guardiano della soglia» stesso.
E dall’oscurità risuonano i
suoi moniti ulteriori: «Non varcare la mia soglia, se prima non sei sicuro di
potere tu stesso illuminare l’oscurità che ti sta dinanzi; non muovere un sol
passo innanzi, prima di avere acquistato la certezza di avere olio sufficiente
per la tua lampada, poiché quelle delle guide, che finora ti hanno illuminato,
ti verranno a mancare nell’avvenire».
Dopo queste parole, il
discepolo, deve voltarsi a guardare dietro a sé; il «guardiano della soglia»
ritira allora la cortina che fino a quel momento aveva nascosto profondi
segreti della vita.
Gli spiriti della stirpe,
del popolo e della razza si rivelano al discepolo nella loro piena attività;
egli vede chiaramente come finora sia stato da essi guidato, e si rende
contemporaneamente conto che, da ora in poi, non avrà più tale direzione.
Questo è un secondo
avvertimento che, dinanzi alla soglia, l’uomo riceve dal «guardiano» di essa.
Senza preparazione, nessuno
potrebbe sopportare la visione ora descritta; ma la disciplina superiore che dà
in generale all’uomo la possibilità di giungere fino alla soglia, lo pone a!
tempo stesso in condizione di trovare al momento giusto la forza necessaria.
Ed effettivamente questa
disciplina può essere talmente armonica, da togliere al passaggio nella nuova
vita ogni carattere di tumultuosa agitazione.
In tal caso, l’esperienza
dei discepolo dinanzi alla soglia è accompagnata da un presentimento della
beatitudine che formerà la nota dominante della sua nuova vita.
Il sentimento della libertà
acquistata predominerà su tutti gli altri e con esso i nuovi doveri e le nuove
responsabilità gli si paleseranno come obblighi che l’uomo deve assumersi a un
dato gradino della vita.
VITA E MORTE
IL GRANDE GUARDIANO DELLA
SOGLIA
È stato mostrato quanto sia importante per l’uomo l’incontro con il così
detto «piccolo guardiano della soglia», perché in esso, scorge un essere soprasensibile
che egli stesso, in certo qual modo, ha prodotto.
Il corpo di questo essere è
costituito dalle conseguenze, per lui finora invisibili, delle sue azioni,
sentimenti e pensieri.
Ma queste forze invisibili
sono -divenute le cause del suo destino e del suo carattere.
E l’uomo si rende ora conto,
come nel passato egli stesso abbia posto le basi del suo presente, e in tal
modo gli si rivela fino a un certo grado la sua propria natura.
In lui, per esempio,
esistono speciali tendenze e abitudini, e della causa di esse egli ora può
darsi ragione; lo hanno colpito talune sventure, ma egli riconosce ormai donde
provengono.
Egli diventa consapevole
della ragione per cui ama una persona, e invece ne odia un’altra; perché questa
o quella cosa lo renda felice o infelice.
La vita visibile gli diventa
comprensibile per mezzo delle cause invisibili.
Anche i fatti essenziali
della vita, malattia e salute, morte e nascita, si rivelano al suo sguardo.
Egli si accorge che prima
della sua nascita ha intessuto le cause che dovevano necessariamente ricondurlo
nella vita.
Conosce ormai in sé stesso,
l’entità che in questo mondo, visibile è costruita in modo imperfetto, ma che
può essere portata a perfezione soltanto in questo mondo visibile, perché in
nessun altro mondo si presenta l’occasione di lavorare al perfezionamento di
essa.
Vede, inoltre, che la morte
non può separarlo per sempre da questo mondo; deve dire a sé stesso: «Io sono
venuto per la prima volta in questo mondo, perché ero un essere che aveva
bisogno della vita di qui, per acquistarsi qualità che non avrebbe potuto conseguire
in nessun altro mondo.
«E devo rimanere collegato a
questo mondo, finché non avrò sviluppato in me tutto ciò che in esso può essere
acquistato.
«Potrò un giorno lavorare
utilmente in un altro mondo, soltanto però quando avrò acquistato nel mondo materiale
visibile tutte le capacità a ciò necessarie».
È una delle esperienze più
importanti dell’iniziato quella d’imparare a conoscere e ad apprezzare la
natura materiale visibile al suo vero valore, meglio di quanto egli non facesse
prima della sua educazione occulta.
Questa conoscenza gli
proviene appunto dalla sua visione del mondo soprasensibile.
Chi non ha avuto tale
visione e si lascia prendere perciò dal pensiero che le regioni soprasensibili
abbiano un valore infinitamente superiore, potrà non apprezzare il mondo
sensibile; chi invece è penetrato con lo sguardo nel mondo soprasensibile sa
che, senza le esperienze nella realtà visibile, egli si troverebbe ridotto
all’impotenza nella realtà invisibile.
Per poter vivere in
quest’ultima, egli deve possedere strumenti e capacità adatti a quella vita; ma
non può acquistarli se non nel mondo visibile.
Occorre ch’egli possa vedere
spiritualmente, per divenire cosciente nel mondo invisibile, ma questa facoltà
visiva nel mondo «superiore» non si sviluppa che gradatamente dalle esperienze
fatte in quello «inferiore».
Non si può nascere in un
mondo spirituale con gli occhi spirituali, se questi non sono stati da noi
sviluppati nel mondo sensibile, così come il bambino non potrebbe nascere con
gli occhi fisici, se questi non si fossero formati nel seno materno.
Da questo punto di vista si
potrà anche vedere, perché la «soglia» del mondo soprasensibile sia custodita
da un «guardiano».
Non deve infatti in nessun
caso essere concesso all’uomo di avere una vera visione in quelle regioni se
prima non ha acquistato le capacità necessarie.
Perciò,a ogni sua morte,
quando l’uomo penetra nell’altro mondo senza avere ancora acquistato la
capacità per lavorare in esso, gli viene steso dinanzi un velo che gliene
nasconda la visione; questa non deve essergli consentita se non dopo ch’egli
abbia conseguito la maturità necessaria.
Quando il discepolo è
penetrato nel mondo soprasensibile, la vita acquista per lui un significato
completamente nuovo; egli vede nel mondo sensibile il campo in cui germogliano
i semi per un mondo superiore; e, in un certo senso, questo mondo «superiore»
gli sembrerà incompleto senza quello «inferiore».
Gli si aprono due
prospettive: una nel passato, l’altra sull’avvenire.
Egli ,guarda in un passato
in cui questo mondo sensibile ancora non esisteva; perché à da molto tempo si è
liberato dal pregiudizio che il mondo soprasensibile si sia sviluppato da
quello sensibile.
Egli sa che esisteva prima
il soprasensibile, e che tutto il sensibile si è sviluppato da quello; e vede
ch’egli stesso, prima di penetrare per la prima volta nel mondo sensibile,
apparteneva al mondo soprasensibile.
Ma a questo antico mondo
soprasensibile accorreva attraversare questa fase sensibile; la sua ulteriore
evoluzione non sarebbe stata possibile senza tale passaggio.
E il mondo soprasensibile
potrà proseguire la sua evoluzione, soltanto quando nel mondo sensibile si
saranno sviluppati esseri dotati di capacita ad esso adeguate; questi esseri
sono gli uomini.
I quali perciò, così come
ora vivono, derivano da una forma imperfetta dell’esistenza spirituale e dentro
quella forma vengono condotti alla perfezione, mediante la quale diventeranno
abili all’ulteriore lavoro nel mondo superiore.
E qui appunto si apre l'orizzonte verso
l'avvenire; esso rivela un gradino superiore del mondo soprasensibile che
conterrà i frutti di ciò che è stato elaborato in quello sensibile.
Quest'ultimo, come tale, sarà superato; ma
i suoi risultati verranno incorporati in un mondo superiore.
Ciò che è stato esposto ci dà la
spiegazione della malattia e della morte nel mondo sensibile.
La morte, cioè, non è altro che
l'espressione del fatto, che l'antico mondo soprasensibile era arrivato a un punto
in cui, da sé, non poteva più progredire; sarebbe andato soggetto a una morte
generale, se non avesse ricevuto un nuovo impulso di vita.
Questa nuova vita, perciò, è diventata una
lotta contro la morte generale.
Dai residui di un mondo moribondo e in sé
irrigidito si sono sviluppati i germi di un mondo nuovo; perciò abbiamo in questo
mondo la morte e la vita.
La trasformazione delle cose procede
lentamente; le parti morenti del vecchio mondo sono ancora attaccate ai nuovi
germi di vita ch'esse stesse hanno prodotto.
Questo
fatto si esprime chiaramente nell'uomo; egli porta seco, come involucro, ciò
che si è conservato di quell'antico mondo; e dentro questo involucro si forma
il germe di quell'essere che vivrà nell'avvenire.
Egli è perciò un essere duplice, perituro
e imperituro; è perituro nel sua stato ultimo, imperituro in quello iniziale;
ma soltanto in questo duplice mondo che si esprime nel sensibile fisico, egli
può acquistare le capacità che varranno a ridargli il mondo dell'imperituro.
Il suo còmpito è appunto quello di trarre
dal mondo perituro stesso i frutti per quello imperituro.
Se dunque guarda il proprio essere, quale
egli stesso lo ha costruito nel passato, egli deve dire a sé stesso: «Ho in me
gli elementi di un mondo moribondo.
«Essi lavorano in me, e solo gradatamente
potrò spezzare il loro potere per mezzo dei nuovi elementi immortali che vanno
nascendo».
Così la via dell'uomo si svolge dalla
morte alla vita.
Se al momento della morte egli potesse, in
stato di piena coscienza, parlare a sé stesso, dovrebbe dire: «il perituro è
stato il mio maestro.
«Il mio morire è conseguenza dell'intiero
passato in cui sono intessuto; ma il campo del perituro ha maturato in me i
germi per l’imperituro, e li trasporto meco in in altro mondo.
«Se dipendesse soltanto dal passato, non
avrei mai potuto nascere.
«La vita del passato si chiude con la
nascita.
«La vita nel mondo sensibile è sottratta
alla morte universale da questo nuovo germe di vita.
«Il tempo fra nascita e morte non è che
l'espressione di ciò che la nuova vita ha potuto salvare dal passato moribondo;
la malattia non è che la continuazione dell'azione della parte morente di quel
passatoi».
Tutto c'io spiega perché solo gradatamente
l’uomo possa farsi strada dall'errore e dall'imperfezione alla verità e al
bene.
Le sue azioni, i suoi sentimenti e i
pensieri si trovano da prima sotto il dominio del transitorio e del perituro;
da questo sono formati i suoi organi sensibili fisici.
Perciò questi organi, e tutto ciò che li
stimola, vanno pure soggetti a corruzione.
Non già gli istinti, gli impulsi, o le
passioni, ecc., né gli organi che ad essi appartengono, rappresentano l'imperituro;
sarà imperituro il risultato dell'opera di quegli organi.
Solamente quando avrà elaborato dal
perituro tutto ciò che in esso vi è da elaborare, l'uomo potrà abbandonare la
base dalla quale è sorto e di cui è espressione il mondo fisico sensibile.
Così il primo «guardiano della soglia»
rappresenta l'immagine dell'uomo nella sua duplice natura, commista di perituro
e imperituro; e nel «guardiano» si palesa chiaramente ciò che ancora difetta
all'uomo prima di poter raggiungere la sublime figura di luce che potrà di
nuovo dimorare nel puro mondo spirituale.
Il grado in cui l'uomo si trova impigliato
nella natura fisico-sensibile, gli diventa visibile per mezzo del «guardiano
della soglia», e si esprime anzi tutto nell'esistenza degli
istinti, degli impulsi, delle brame e dei desideri egoistici sotto tutte le forme
dell’interesse persona!e, ecc.; si esprime pure nel vincolo che lega ad una
razza, a un popolo, ecc., perché popoli e razze non sono che i diversi gradini
di evoluzione verso la pura umanità.
Una razza, un popolo, tanto
più sono elevati, quanto più perfettamente i loro componenti esprimono il puro
tipo, ideale dell’umanità, e si sono innalzati col loro lavoro dal perituro
fisico all’imperituro soprasensibile.
L’evoluzione dell’uomo
attraverso reincarnazioni, in forme sempre superiori di popoli e di razze, è
perciò un processo di liberazione.
In ultimo l’uomo deve
apparire nella sua armonica perfezione.
In ogni modo analogo, il
passaggio attraverso forme concettuali sempre più pure, più morali e più
religiose è un perfezionamento.
Perché ogni gradino morale
intermedio contiene ancora la brama dei perituro accanto ai germi idealistici
dell’avvenire.
Così nel «guardiano della
soglia» si manifesta soltanto il risultato del tempo passato, e dei germi
dell’avvenire è in lui soltanto ciò che durante quel tempo si è in lui
intessuto.
Ma l’uomo deve portare seco
nel mondo soprasensibile avvenire tutto ciò ch’ egli può estrarre dal mondo sensibile.
Se volesse portar seco
soltanto ciò che del passato sta intessuto nell’immagine del suo «guardiano»,
egli avrebbe solo in parte compiuto la sua missione terrena.
Perciò, dopo qualche tempo,
al piccolo «guardiano della soglia» viene ad associarsi quello grande.
Di nuovo descriveremo, in
forma narrativa, ciò che si svolge nell’incontro con questo secondo «guardiano
della soglia».
Dopo, che l’uomo ha
riconosciuto ciò di cui si deve liberare, gli si presenta sul cammino una
sublime figura di luce, della quale le parole del nostro linguaggio sono
insufficienti a descrivere la bellezza.
Questo incontro avviene
quando gli organi del pensare, sentire e volere si sono, anche per il corpo
fisico, a tale punto sciolti gli uni dagli altri, che la dei loro reciproci
rapporti non è più da essi stessi determinata, ma si effettua per virtù della
coscienza superiore, che si è ormai completamente separata dalle condizioni fisiche.
Gli organi del pensare,
sentire e volere sono allora diventati strumenti in potere dell’anima umana,
che dalle regioni soprasensibili esercita il suo dominio su di essi.
A questa anima, che si è
liberata così da tutti i legami sensibili, si presenta ormai il secondo
«guardiano della soglia», e parla a un dipresso nel modo seguente:
«Tu ti sei liberata dal mondo
dei sensi.
«Ti sei acquistata il
diritto di dimora nel mondo soprasensibile; da questo puoi ormai esercitare la
tua azione.
«La corporeità fisica, nella
sua forma attuale, non ti è più necessaria per te medesima; perché se tu
desiderassi soltanto acquistarti la capacità di dimorare in questo mondo
soprasensibile, non avresti più bisogno di ritornare in quello sensibile.
«Ma guardami; vedi quanto
infinitamente superiore io sono a ciò a cui hai potuto evolvere te stessa.
«Sei arrivata al gradino
attuale del tuo perfezionamento per mezzo delle capacità che hai potuto
sviluppare nel mondo dei sensi, mentre ancora ti trovavi confinata in essa.
«Ormai, però, dovrà
cominciare per te un periodo in cui le tue forze liberate dovranno
ulteriormente lavorare su questo mondo dei sensi.
«Fino ad ora non hai
liberato che te stessa; ora, da libera, puoi lavorare alla liberazione di tutti
i tuoi compagni nel mondo sensibile.
«Fino ad oggi i tuoi sforzi
sono stati soltanto individuali, ma ora devi inserirti nel tutto, in modo da
portare nel mondo soprasensibile non soltanto te stessa, ma anche tutto ciò che
esiste in quello sensibile.
«Potrai una volta unirti
alla mia figura, ma io non posso essere felice finché vi siano ancora degli
infelici!
«Individualmente liberata,
vorresti fin da oggi penetrare per sempre nel regno del soprasensibile; allora
però dovresti abbassare lo sguardo sugli esseri irredenti del mondo dei sensi,
e avresti separato il tuo destino dal loro.
«Invece voi siete tutti
vincolati fra voi; tutti doveste discendere nel mondo dei sensi per attingerne
le forze per un mondo superiore.
«Se tu ti distaccassi dagli
altri, faresti cattivo uso delle forze che hai potuto sviluppare soltanto in
comune con loro.
«Se essi non fossero discesi
nemmeno tu avresti potuto discendere; senza di loro, ti sarebbero mancate le forze
per la tua esistenza soprasensibile.
«Devi spartire con loro le
forze che insieme con loro hai acquistate.
«Io ti inibirò perciò
l’entrata nelle regioni superiori del mondo soprasensibile, finché non avrai
impiegato, per la liberazione dei tuoi simili, tutte le forze da te acquistate.
«Con ciò che già hai
conseguito, puoi trattenerti nelle regioni inferiori del mondo soprasensibile;
ma davanti alla porta delle regioni superiori, sto io, «come il Cherubino con
la spada di fuoco davanti al Paradiso», a impedirtene l’entrata finché ti
rimarranno forze non impiegate nel mondo sensibile.
«E se non le vuoi impiegare,
verranno altri che le impiegheranno,; allora un mondo soprasensibile sublime raccoglierà
tutti i frutti di quello sensibile; a te però verrà sottratto il terreno sul quale
hai potuto crescere.
«Il mondo purificato si
svilupperà ulteriormente al di fuori di te, e tu ne rimarrai esclusa.
«Così la tua via sarà quella
nera; coloro invece che hai abbandonati seguono la via bianca».
Il «grande guardiano» della
soglia si annunzia a questo modo, poco tempo dopo avvenuto l’incontro col primo
«guardiano».
L’iniziato sa però
esattamente ciò che gl’incombe, se cede alla tentazione di una dimora prematura
nel mondo, soprasensibile.
Dal secondo «guardiano della
soglia» irradia uno splendore indescrivibile; l’unione con lui si presenta come
una meta lontana all’anima veggente; le si presenta però al tempo stesso la
certezza che questa unione si avvererà soltanto se l’iniziato avrà adoperato
tutte le forze che gli sono affluite da questo mondo, anche alla liberazione e
alla redenzione di questo mondo stesso.
Se si decide a ubbidire alle
esigenze della sublime figura di luce, egli potrà contribuire alla liberazione
del genere umano, e offrirà il sacrificio dei suoi doni sull’ara dell’umanità.
Se invece preferisce la
propria prematura ascesa al mondo soprasensibile, la corrente dell’umanità
scorrerà al di sopra di lui.
Dopo la sua liberazione dal
inondo dei sensi, egl non può più acquistare per sé nessuna nuova forza.
Se mette il proprio lavoro a
disposizione di quel mondo, deve rinunziare a trarre qualsiasi nuovo vantaggio
personale dall’ulteriore azione che svolgerà in quel campo.
Ora, non si può dire che sia
naturale che l’uomo scelga la via bianca, quando si trova posto, in tal modo, dinanzi
al bivio.
Tale scelta dipende
completamente dal fatto che prima di prendere, una decisione egli sia già
talmente purificato da non sentire la tentazione dell’egoismo che gli fa ritenere
desiderabili le seduzioni della beatitudine.
Perché queste seduzioni sono
straordinariamente forti, mentre l’altra alternativa, veramente, non presenta
speciali attrattive, e non ha niente che parli all’egoismo.
Ciò che l’uomo riceverà
nelle sfere più elevate del soprasensibile, non è niente che ridondi a lui, ma
è unicamente qualcosa che emana da lui: l’amore per i suoi simili.
Nulla di ciò che l’egoismo
desidera viene negato sulla via nera; anzi, i frutti di questa via consistono
appunto nella completa soddisfazione dell’egoismo, e se qualcuno desidera la
beatitudine soltanto per sé stesso, seguirà certamente questa via nera, perché
è quella per lui adatta.
Nessuno perciò deve chiedere
agli occultisti della via bianca che si prestino a fornirgli istruzioni per lo
sviluppo del suo Io egoistico.
La beatitudine del singolo
non li interessa affatto; ognuno è libero di procurarsela a volontà, e non è
compito degli occultisti bianchi di farne anticipare il godimento.
Questi s’interessano
unicamente dell’evoluzione e della liberazione di tutti gli esseri che sono
uomini, o compagni degli uomini.
Essi, perciò, danno soltanto
istruzioni atte a sviluppare le nostre forze per collaborare a tale opera, e
pongono la dedizione disinteressata e il desiderio di sacrificio al di sopra di
tutte le altre capacità.
Essi non respingono nessuno,
perché anche il più grande egoista può purificarsi; ma chi cerca qualcosa soltanto
con fine personale non riceverà niente dagli occultisti, finché, perdurerà in
quello stato d’animo.
Anche se questi non lo
privano del loro aiuto, egli stesso si toglie la possibilità di profittarne.
Chi perciò segue veramente
le indicazioni dei buoni maestri dell’occultismo, comprenderà, dopo varcata la
soglia, le esigenze del grande «guardiano»; chi però non segue queste
istruzioni, non deve neppure sperare di poter mai, per mezzo di esse, arrivare
alla soglia.
Le indicazioni di quei
maestri conducono al bene, appure a nulla; perché non rientra nell’ambito del
compito loro guidare alla beatitudine egoistica, e alla mera vita nel mondo soprasensibile.
Il loro compito, a priori,
è disposto in modo da tenere il discepolo lontano dal mondo ultraterreno,
finché- non vi penetri con la volontà di dedicarsi completamente a una
collaborazione disinteressata.
\La via alla conoscenza
soprasensibile, descritta in questo libro, conduce a uno sperimentare animico
nel quale è specialmente importante che il discepolo che vi aspira non si
abbandoni a nessuna illusione, o malinteso sul medesimo.
E in questo campo riesce
facile all’uomo di essere tratto in inganno.
Uno degli errori, e il più
importante, si verifica, se spostiamo l’intiero campo dello sperimentare
:animico, di cui si parla nella vera scienza dello spirito, in modo da sembrare
ch’esso si debba classificare col pregiudizio, coi sogni visionari, con la
medianità e con parecchi altri deviamenti dell’aspirazione umana.
Questo spostamento deriva
spesso dal fatto che alcuni uomini, i quali vorrebbero, in maniera non consona
alla vera aspirazione della conoscenza, cercare una strada che li conduca nella
realtà soprasensibile, cadono nei deviamenti su citati e vengono confusi con
gli altri, i quali seguono invece la via indicata in questo libro.
Ciò che viene sperimentato
dall’anima umana sulla via qui indicata si svolge completamente nel campo della
pura esperienza animico-spirituale.
È possibile per l’uomo di
vivere queste esperienze solamente se, anche per altre esperienze interiori,
egli può rendersi altrettanto libero e indipendente dalla vita corporea, quanto
lo è nello sperimentare della coscienza abituale, allorquando, su ciò che ha
percepito dall’esteriore, o su ciò che interiormente ha desiderato, sentito, o
voluto, egli si forma pensieri che non derivino dal percepito, sentito,
o voluto.
Vi sono uomini i quali non
credono all’esistenza di tali pensieri.
Essi credono che l’uomo non
possa pensare niente, se non ciò che è tratto dalla percezione esteriore, o
dalla vita interiore dipendente dal corpo; e che tutti i pensieri siano, in
certo qual modo, solo ombre e immagini di percezioni o di esperienze interiori.
Può credere questo soltanto
chi non abbia mai sviluppato la capacità di sperimentare nella sua anima la
pura vita del pensiero fondato su sé stesso.
Chi però l’ha sperimentata,
sa per esperienza che sempre, quando il pensare domina nella vita dell’anima, e
nella misura stessa in cui questo pensare interpreta altre funzioni dell’anima,
l’uomo si trova coinvolto in un’attività alla cui formazione il suo corpo non
partecipa.
Nella vita ordinaria
dell’anima, il pensare, quasi sempre commisto ad altre funzioni animiche:
percepire, sentire, volere, ecc..
Queste altre funzioni si
formano per mezzo del corpo, ma il pensiero prende parte in esse.
E nella medesima misura con
cui vi prende parte, si svolge nell’uomo e per mezzo dell’uomo qualcosa a cui
il corpo non prende parte.
Gli uomini che negano questo
non possono superare l’illusione che vien creata dal fatto ch’essi osservano
l’attività pensante sempre in unione ad altre funzioni.
Ma nell’esperienza interiore
ci si può anmicamente spingere a sperimentare la parte pensante della vita
interiore da sola, anche separata da tutto il resto.
Dall’ambito della vita
animica si può liberare qualcosa che è unicamente costituito di puro pensiero;
di pensiero che consiste in sé stesso, e dal quale è escluso tutto ciò ch’è
dato dalle percezioni, o dalla vita interiore dipendente dal corpo.
Pensieri siffatti si
rivelano da per sé stessi, per mezzo di ciò che sono, come qualcosa di
essenzialmente spirituale, di soprasensibile.
E l’anima che si unisce a
tali pensieri, in quanto durante questa unione esclude da sé ogni percezione,
ogni ricordo, ogni abituale vita interiore, sa di essere con il pensiero stesso
in una regione soprasensibile, e sperimenta sé stessa al di fuori del corpo.
Colui che abbraccia con lo
sguardo tutta intiera la questione, non può più porsi il quesito: «esiste uno
sperimentare dell’anima in un elemento soprasensibile al di fuori del corpo?»
perché sarebbe per lui negare ciò ch’egli sa per esperienza; per lui esiste
soltanto la domanda: «che cosa impedisce agli uomini di riconoscere un fatto
così certo?»
E a questa domanda trova la
risposa che il fatto in questione è di un genere tale che non si manifesta se
prima l’uomo non si pone in una disposizione di anima atta ad accogliere la
manifestazione stessa.
Ora, gli uomini diventano
subito diffidenti se devono cominciare col fare alcunché di puramente animico,
per poter avere la manifestazione di qualcosa che di per sé è indipendente da loro.
Credono in tal caso, per il
fatto di doversi preparare ad accogliere la manifestazione, ch’essi stessi ne
formino il contenuto.
Desiderano di fare delle
esperienze alle quali l’uomo non contribuisca per niente, di fronte alle quali
rimanga completamente passivo.
Se questi uomini, inoltre,
ancora ignorano le più semplici condizioni necessarie alla comprensione
scientifica di uno stato di fatto, allora vedono nei contenuti animici e nei
prodotti animici in cui l’anima è depressa al di sotto di quel grado di
auto-attività cosciente, che si trova nella percezione sensoria e nell’azione
volontaria, una manifestazione obiettiva di un’essenza non sensibile.
Tali contenuti animici sono
le esperienze visionarie, le manifestazioni medianiche.
Ciò che si palesa però
attraverso manifestazioni siffatte non è un mondo soprasensibile, è un
mondo subsensibile.
La vita di veglia dell’uomo
non si svolge completamente dentro al corpo; anzi tutto la parte più
cosciente di questa vita si svolge ai margini fra corpo e mondo esteriore
fisico; sicché la vita percettiva, per quanto, si svolge negli organi sensori,
è altrettanto l’introdursi di un processo extracorporeo nel corpo, quanto una penetrazione
di questo processo da pare del corpo stesso; e così pure dicasi della vita
volitiva, che poggia sul fatto che l’essere umano si colloca nell’essere cosmico,
sicché quanto succede nell’uomo, per mezzo della sua volontà è al tempo stesso
un organo del divenire cosmico.
In questo sperimentare
animico che si svolge al limite del corpo, l’uomo è in gran parte dipendente
dalla sua organizzazione corporea; ma in queste esperienze l’attività pensante
esercita la sua azione, e a seconda della misura in cui ciò succede, l’uomo si
rende indipendente dal corpo nella percezione sensoria e nella volontà.
Nello sperimentare
visionario e nelle produzioni medianiche, l’uomo si pone completamente alle
dipendenze del corpo.
Egli elimina dalla sua vita
animica ciò che lo rende indipendente dal corpo nella percezione e nella
volontà; e perciò i contenuti animici e le produzioni animiche diventano
semplici manifestazioni della vita corporea.
Lo sperimentare visionario e
la produzione medianica sono risultati del fatto che in questo sperimentare e
in questo produrre, l’uomo, con la sua anima, è meno indipendente dal corpo di
quello che, non sia nella vita abituale percettiva e volitiva.
Nello sperimentare del
soprasensibile, di cui si tratta in questo libro, l’evoluzione dello
sperimentare animico, procede in direzione opposta a quella dello sperimentare
visionario e medianico.
L’anima si rende
progressivamente più indipendente dal corpo, di quello, che non sia nella vita
percettiva e volitiva.
Arriva a quella indipendenza
che si può abbracciare nello sperimentare del pensiero puro, per darsi a un’attività
animica molto più vasta.
Per l’attività animica
soprasensibile, di cui si tratta qui, è di straordinaria importanza comprendere
con piena chiarezza lo sperimentare del pensiero puro.
Perché, in ultima analisi,
questo stesso sperimentare è già un’attività animica soprasensibile; però è
tale, che per mezzo di essa non si vede ancora niente di soprasensibile.
Si vive col pensiero puro
nel soprasensibile; ma è esso soltanto che si sperimenta in modo
soprasensibile; non si sperimenta ancora altro di soprasensibile.
E lo sperimentare
soprasensibile deve essere una continuazione, di quello sperimentare animico
che può già essere raggiunto nell’unione col pensiero puro.
Perciò è tanto importante di
potere sperimentare questa unione in modo giusto; perché appunto dalla comprensione
di questa unione risplende la luce che può anche recare una visione giusta
della natura della conoscenza soprasensibile.
Ma appena lo sperimentare
animico dovesse abbassarsi al di sotto della chiara coscienza che si esplica
nel pensiero, questa visione si troverebbe, per la vera conoscenza del mondo
soprasensibile, sopra una via sbagliata; essa verrebbe afferrata dalle funzioni
corporee.
Ciò che essa sperimenterebbe
e produrrebbe non sarebbe allora una manifestazione proveniente per suo mezzo
dal soprasensibile, ma una manifestazione corporea nel campo del mondo subsensibile.
* * *
Non appena l’anima penetra
con le sue esperienze nel campo del soprasensibile, queste esperienze diventano
di un genere tale che non è facile per esprimerle trovare parole adatte come
per quelle dei mondo sensibile.
Spesso, nel descrivere lo
sperimentare soprasensibile, bisogna rendersi conto che, in certo qual modo, le
parole di cui ci si serve si allontanano molto più dal vero stato di fatto che
si desidera esprimere, che non quando si tratta dello sperimentare fisico.
Bisogna arrivare a intendere
che molti termini non rendono che pallidamente, a guisa di simboli, ciò a cui
si riferiscono.
Così è stato detto in
principio di questo libro: «originariamente tutte le regole e gl’insegnamenti
della scienza dello spirito venivano comunicati in un linguaggio di segni
simbolici».
E altrove si è dovuto
parlare di un «determinato sistema di scrittura».
Ora può succedere facilmente
a qualcuno, di volere imparare tale scrittura in modo analogo a come s’imparano
i segni fonetici e la loro connessione, per la scrittura di un idioma abituale
fisico.
Certo, occorre dire che vi
sono state e vi sono scuole scientifico-spirituali e associazioni che sono in
possesso di segni simbolici per mezzo dei quali esprimono stati di fatto
soprasensibili.
E chi viene iniziato al
significato di questi simboli ha con essi un mezzo per dirigere il suo
sperimentare animico verso le verità soprasensibili in questione.
Ma per lo sperimentare
soprasensibile è piuttosto essenziale che quando esso è del genere di quello a
cui l’anima può arrivare per mezzo della realizzazione del contenuto di questo
libro, quest’anima, nella percezione del soprasensibile, acquisti per esperienza
propria la rivelazione di una tale scrittura.
Il soprasensibile dice
all’anima qualcosa, ch’essa deve tradurre in segni simbolici, per poterlo
contemplare con piena coscienza.
Si può dire che quanto viene
comunicato in questo libro può essere attuato da ogni anima.
E nel corso di tale attuazione, che l’anima può determinare da sé in conformità
delle istruzioni ricevute, si presentano i risultati che sono stati descritti.
Si consideri questo libro
come una conversazione fra l’autore e il lettore.
Quando si dice che il discepolo
dell’occultismo ha bisogno di una guida personale, ciò va interpretato nel senso
che il libro stesso rappresenti tale guida personale.
In tempi antichi vi erano
ragioni per cui tali istruzioni personali erano riservate all’insegnamento
occulto orale; attualmente però siamo arrivati a un gradino dell’evoluzione
dell’umanità, in cui la conoscenza scientifico-spirituale deve avere una
diffusione molto più estesa di prima.
Deve essere accessibile a
tutti, molto più che non fosse anticamente, e perciò il libro subentra al posto
dell’antica istruzione orale.
L’idea che, oltre a quanto è
detto nel libro, occorra anche un’istruzione personale, non è che parzialmente
giusta.
Taluno potrà bensì avere
bisogno di un aiuto personale per lui importante.
Ma sarebbe errore credere
che possa esservi alcunché di essenziale che non si trovi nel libro.
Occorre però leggere
giustamente e, soprattutto, completamente.
* * *
Le descrizioni di questo
libro appaiono quasi istruzioni intese a determinare una completa trasformazione
dell’uomo intero.
Chi le legge giustamente
troverà, però, che vogliono, indicare soltanto la disposizione animica
interiore nella quale un uomo deve trovarsi in quei momenti della sua vita in
cui vuol porsi di fronte al mondo soprasensibile.
Egli sviluppa in sé questa
disposizione d’anima come una seconda entità, mentre l’altra entità sana
prosegue il suo corso nell’antica maniera.
Egli sa tenere in piena
coscienza le due entità separate fra loro; le sa porre- giustamente in
posizione di reciproca azione.
Con ciò non si rende inutile
o inabile alla vita, così da perdere interesse e capacità per essa e da
dedicarsi l’intero, giorno all’indagine spirituale.
Certo, bisogna dire che lo
sperimentare nel mondo soprasensibile irradierà la sua luce sull’intera natura
dell’uomo; questo però non può avvenire in modo da allontanare dalla vita, ma
piuttosto in modo da rendere l’uomo, in essa, più abile e più fecondo.
Che nondimeno la descrizione
abbia dovuto essere fatta nel modo, come è stata fatta, dipende dalla circostanza
che, indubbiamente, qualsiasi processo di conoscenza rivolto al soprasensibile
concerne l’intero uomo, di modo che nel momento in cui egli si dedica a un
siffatto processo di conoscenza, deve darvisi con l’intero suo essere.
Come il processo della
percezione dei colori non concerne che il solo organo dell’occhio con il suo
prolungamento nervoso, così un processo di conoscenza soprasensibile concerne
l’intero uomo.
Questi diventa «tutto
occhio», oppure «tutto orecchio».
E perché è così, quando si
comunica alcunché intorno alla formazione dei processi della conoscenza soprasensibile,
sembra che si parli di una trasformazione dell’uomo; e che s’intenda dire che
l’uomo abituale non sia come deve essere; ma debba diventare completamente
diverso.
* * *
A quanto, ho detto su
«alcuni effetti dell’iniziazione», vorrei aggiungere ciò che, con qualche,
variante, può applicarsi anche ad altre istruzioni di questo libro.
A taluno potrebbe
affacciarsi l’idea: a che serve tale descrizione figurata dello sperimentare
soprasensibile; non si potrebbe descrivere questo sperimentare sotto forma di
idee, senza dare ad esso questo aspetto sensibile?
A questo si deve rispondere:
nello sperimentare la realtà soprasensibile, occorre tener presente che nel
soprasensibile l’uomo conosce anche sé stesso, come soprasensibile.
Se non avesse la visione
della propria entità soprasensibile, la realtà della quale si manifesta a suo
modo completamente nella descrizione qui data dei «fiori di loto» e del «corpo
eterico», l’uomo, nel soprasensibile, sperimenterebbe sé stesso così come se,
stando nel sensibile, vi percepisse la manifestazione delle cose e dei processi
attorno a lui, ma del proprio corpo non sapesse nulla.
Ciò ch’egli vede nel suo,
«corpo animico» o «corpo eterico» come sua figura soprasensibile, fa sì che nel
soprasensibile egli si trovi cosciente di sé stesso, allo stesso modo come, per
mezzo della percezione del suo corpo sensibile,.egli si trova cosciente di sé
stesso nel mondo sensibile.
Prefazione alla sesta edizione |
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3 |
Prefazione alla terza edizione |
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4 |
Come si consegue la conoscenza dei mondi superiori? |
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9 |
I gradini dell’iniziazione |
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19 |
L’Iniziazione |
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33 |
Punti di vista pratici |
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40 |
Le condizioni necessarie per l’educazione occulta |
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45 |
Alcuni effetti dell’iniziazione |
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51 |
Modificazioni nella vita di sogno del discepolo |
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70 |
L’acquisto della continuità della coscienza |
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75 |
La scissione della personalità durante la
disciplina spirituale |
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79 |
Il guardiano della soglia |
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85 |
Vita e morte - Il grande guardiano della soglia |
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90 |
Appendice all’edizione 1918 |
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95 |