Stefano Beverini

Buddhismo e medianità

Gli aspetti fondamentali della dottrina.
Regole buddhiste e consigli medianici.
Il fine ultimo della conoscenza.




" E' indubbiamente piacevole ammirare le immagini ieratiche del Buddha che campeggiano nell'""esplosione"" di tonalità cromatiche dell'artistica iconografia orientale. Esse sono le testimonianze visive di un qualcosa che si è impresso da secoli, indelebilmente, nel cammino del pensiero umano. Il buddhismo, come è noto, in questi ultimi tempi sta facendo diversi proseliti, con gran preoccupazione degli esponenti di altri culti. Il motivo di tale successo - a parte l'indubbia validità dei contenuti - va forse ricercato nel fatto che la dottrina buddhista, dal punto di vista delle interpretazioni, si può adattare alle diverse esigenze dei suoi assertori. Sino a giungere a a una sorta di ""spiritualismo ateo"", compromesso accettato da alcuni convinti, ma forse insoddisfatti materialisti. "
" Il processo storico del buddhismo inizia con Gautama, conosciuto anche come Shakyamuni o Siddharta, il quale, dopo l'illuminazione, decise di condividere con gli altri la propria esperienza spirituale liberatoria, iniziando così la predicazione. Del buddhismo, che si è scisso in diverse diramazioni espandendosi anche in differenti zone geografiche, tre sono considerate le grandi correnti: Hinayana (piccolo veicolo), Mahayana (grande veicolo) e Vajrayana. Nell'Hinayana, l'illuminazione è perseguita dall'Arhat, che tende a raggiungere isolatamente la liberazione personale. Mentre il bodhisattva, del Buddhismo Mahayana, rinuncia temporaneamente al Nirvana per aiutare gli altri esseri, rimanendo nella manifestazione. Tuttavia, secondo alcune interpretazioni, egli si troverebbe già nel Nirvana. In ogni caso, è importante comprendere che il Nirvana non è un luogo, ma è uno stato di coscienza!"
" Il buddhismo più antico è l'Hinayana, mentre il Mahayana ha interessato maggiormente le masse per il suo aspetto umanitario. Le due correnti si sono a lungo scontrate dimostrando talvolta un atteggiamento lontano dalla proclamata serenità buddhista. Ma anche i movimenti spirituali hanno le loro debolezze... Il Vajrayana (la terza corrente) è detto anche Mantrayana per l'importanza assegnata alla recitazione dei mantra. Esso si è diffuso soprattutto nel Tibet, avvalendosi di pratiche meditative dello yoga e di elementi ricavati dalla autoctona religione bön, dal carattere sciamanico."
" Il buddhismo insegna l'emancipazione dalla catena delle ripetute esistenze (samsara), subordinata alle azioni compiute anche nelle vite precedenti, e regolata dalla legge del karma. L'uomo, in base a questa dottrina, dovrà affrancarsi dalla schiavitù di una catena fatta di dolore  (duhkha) e di ignoranza (avidya) e prodotta dal desiderio (trishna). Elementi, questi, che avviluppano inesorabilmente l'essere nei tormenti dell'esistenza condizionata. Per la salvezza è indispensabile la comprensione delle quattro nobili verità enunciate dal Buddha Gautama, nel suo primo sermone di Benares. La prima verità esprime che tutto è dolore: la nascita, la malattia, la morte, la separazione da ciò che si ama e l'unione con ciò che ripugna. Per la seconda, la causa del dolore è il desiderio. La terza verità indica come annullare ogni passione. La quarta, infine, è la via che conduce alla cessazione del dolore e alla liberazione tramite astanga-marga (l'ottuplice sentiero)."
" Per il buddhismo è soprattutto indispensabile non identificare più nulla con il nostro ""io fittizio"" e mutevole, di cui è negata l'esistenza. Proprio queste erronee attribuzioni di identità arrecherebbero alienazione e sofferenza. Grande è l'analogia con l'insegnamento del Cerchio Firenze 77, e con altre fonti medianiche, a dimostrazione che lo spiritismo non è sempre così banale come molti vorrebbero far credere."

" «La mente può cessare di arrecare dolore all'uomo e ciò accade quando finisce di creare e mantenere in vita l'io. La causa e l'oggetto della sofferenza è l'io, è l'io che soffre ed è l'illusione della separatività il soggetto della sofferenza ... Per capire la causa della sofferenza, consideriamo che cos'è l'io. L'uomo ha un corpo fisico... Ha poi un altro nucleo di sensazioni come l'irritabilità, l'ansietà e via dicendo. Ha ancora la possibilità di pensare, cioè di interpretare personalmente la realtà ponendo in relazione gli uni con gli altri fatti  e pensieri e sensazioni, traendone delle conclusioni. Tutte queste cose,  il corpo, le sensazioni, i pensieri, creano l'io. Non è l'io che pensi, se mai è il contrario. L'io non trova riscontro, non ha un'esistenza propria, contrariamente a quanto affermano gli studiosi della psiche...» (Cerchio Firenze 77)"


" Il dolore, per il buddhista, è la causa inesorabile delle scelte dell'individuo non ""liberato"", che manifesta il proprio attaccamento agli aspetti transeunti. Sta di fatto che, per chi è legato alle apparenze illusorie della vita il dolore esiste sempre. Persino il ricco può essere tormentato dall'angoscia di perdere i propri beni o di non avere amicizie sincere. Chi è giovane e sano può temere la decadenza fisica della vecchiaia, o della malattia. Chi non è famoso può sentirsi una nullità, ma anche la celebrità, alla lunga può diventare esiziale. Gli esempi sono innumerevoli..."
" Torniamo adesso all'ottuplice sentiero. La retta visione è il primo degli otto enunciati, che insegna a superare la soggettività della realtà. Nella ""favola dell'upupa"" - che dà nome al titolo di uno dei libri medianici del Cerchio Ifior di Genova - alcune persone avevano attribuito diversi significati a ciò che credevano fosse il canto di un'upupa. Mentre il suono proveniente dal bosco era prodotto da un bambino che si divertiva a soffiare in una canna. Segue il retto pensiero. Esso è da intendersi senza desideri, né ira, né volontà di nuocere. Poi la retta parola: ovvero il far coincidere la parola all'oggetto enunciato, evitando la menzogna, la maldicenza, la malignità, il ciarlare  inutilmente..."

" «Il linguaggio è un dono di Dio allorché viene usato per dare più facilmente ai propri simili, per farsi comprendere e per comprendere più compiutamente, ma quanto spesso viene male usato in mille modi diversi e tutti sbagliati! ... Così non vi dico di non parlare molto ma vi dico che c'è modo e modo per farlo: se la parola diventa causa di se stessa, se diventa un bozzolo in cui avvolgersi, se diventa un impedimento all'evoluzione della persona, della coscienza e della consapevolezza, allora si trasforma in un difetto e non in un pregio...» (Cerchio Ifior)"


" Seguono altri tre precetti: retta azione, retto modo di vivere e retto sforzo. Quindi la retta presenza di spirito, che indica un metodo di autodisciplina imperniato sull'attenzione, importante in ogni atto della vita quotidiana. Infine la retta pratica della meditazione: l'ottava e ultima regola del sentiero."
" Il buddhismo affronta in maniera profonda e singolare anche il tema dell'insconscio. Descrive, infatti, i concetti di samskara (da non confondersi con samsara) e di vasana. I samskara sono forze istintive derivate dal karma, e tali da produrne ulteriormente. Sono tendenze originate da esperienze precedenti, o attuali, che concorrono a formare il carattere dell'individuo. Le vasana sono le abitudini inveterate, le impressioni mentali inconsce dovute a pensieri e azioni trascorse. La cessazione del dolore sarà quindi ottenuta con l'arresto dei samskara, e con l'annientamento delle vasana. L'essere viene considerato come una successione (santana) di stati di coscienza, espressione di un io mutevole e illusorio.  "
" «La successione degli stati di coscienza non è una successione temporale come voi la intendete: è una suc-cessione logica e pur essa è un'illusione» (Cerchio Firenze)"


" La questione che rimane insoluta è quella del sé sostanziale e permanente. In alcune antiche scuole il silenzio del Buddha su tale interrogativo, venne interpretato come una negazione. L'atman rifiutato dal buddhismo, però, nucleo essenziale della personalità, non sarebbe quello affermato dal Vedanta. Questa è l'interpretazione di Julius Evola, secondo il quale l'atman del Vedanta sarebbe ciò che il buddhismo considera come una realtà non presente nell'uomo comune: una meta, che solo eccezionalmente può essere raggiunta."

" «Da che cosa nasce il senso dell'io? E' chiaro che parlare di io significa parlare di livello di evoluzione umana. Nel superuomo, cioè in colui che ha già lasciato la ruota delle nascite e delle morti, non esiste più l'io, ma ciò non significa che non esiste la consapevolezza di sé. L'io nasce innanzi tutto dalla limitata percezione che l'uomo ha; ossia dal ristretto  campo della sensibilità ricettiva.» (Cerchio Firenze) "


" Abbiamo prima accennato al Nirvana: non corrisponde a un luogo fisico, ma a uno stato di quiete della coscienza, privo di dolore; è l'uscita definitiva dal ciclo delle morti e delle rinascite. Spesso frainteso dalla mentalità occidentale, che lo ha concepito come un'estinzione totale dell'individuo. In questa interpretazione rientrano anche quei materialisti insoddisfatti, menzionati all'inizio. Il Nirvana è in relazione anche al concetto di Shunyata (vacuità), tipico del buddhismo Mahayana e dello Zen. Il  ""vuoto"" del buddhismo si identifica con lo stato di Nirguna, ovvero dell'Assoluto ""senza attributi"", senza limitazioni: è il Supremo Brahman. Tale ""espansione della coscienza"" si attua con l'annullamento di ogni relatività, cioè nel Nirvana."
" Per concludere, Hermann Hesse - l'autore del celebre romanzo Siddharta,  il cui titolo deriva proprio da uno dei nomi del Buddha storico - precisò: «Contro la morte io non ho bisogno di alcuna arma, perché la morte non esiste. C'è però una cosa: la paura della morte. Ma da questa si può guarire»"
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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE SUL BUDDHISMO:
-Buddhadasa Il cuore dell'albero della bodhi, Roma, Ubaldini, 1991.- Chang C.C. La dottrina buddhista della Totalità, Roma, Ubaldini, 1974.- Conze E. Il buddhismo, Mondadori, 1955.- Evola J. Maschera e volto dello Spiritualismo Contemporaneo, Roma, Medite